10 - Sentiero della “Libertà e dei Caduti trevigiani” · Dopo il dominio di Venezia, Treviso...

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99 L’ambiente Il sentiero della Libertà e dei Caduti Trevigiani si snoda sul territorio comu- nale di Treviso Bresciano; con vari punti di appoggio e di ristoro, at- traverso località attraenti con boschi, praterie e pinete, si offre alla portata di tutti. Treviso Bresciano pare abbia logica etimologia dal latino Tres Vici, cioè tre villaggi; infatti, vari documenti danno come costituenti la località fin dall’an- tichità le tre frazioni di Vico, Trebbio e Facchetti, quest’ultima cosí denomi- nata, perché costituita da famiglie, tutte dello stesso cognome. Ma la denominazione piú antica del paese era Cacis – derivante dal termine longobardo gaz – che significa bosco. Un’etimologia forse piú leggendaria attribuisce la denominazione del paese ad attrezzi in legno che venivano pro- dotti quassú: le cassöle. Elemento predominante del terri- torio trevigiano è l’estensione dei boschi: questa doveva essere una sua caratteristica già nel X - XV secolo, dato che si prestava bene come riserva di caccia; frequenti, infatti, erano in quei tempi le battute di caccia all’orso, al daino, al capriolo, allo stambecco, animali che vivevano numerosi sui monti della Fobbia. Dopo il dominio di Venezia, Treviso passò sotto quello napoleonico e poi austriaco. Nel 1526 il paese vide il pas- saggio dei Lanzichenecchi, che profa- narono la chiesa e bruciarono alcune case. Con lo spostamento dei confini d’I- talia alla Val del Caffaro e alla Val Vestino, il Trevigiano divenne zona militare di prima linea (1915); il forte di Valledrane, costruito fra il 1912 e il 1914, fu concepito per contrastare quello austriaco di Lardaro. I principali nuclei urbani del comu- ne, Trebbio (sede comunale), Vico e Facchetti, sorgono nel versante orien- tale della Valle Sabbia in una conca verdeggiante di prati soleggiati e pro- fumate pinete. La località, ben esposta al sole e protetta dai venti, gode di un clima piuttosto mite con modeste oscil- lazioni di temperatura e bassa grada- zione di umidità; è il motivo per cui Tre- viso è stato considerato, con le strut- ture di Valledrane, centro climatico assai interessante. Per strada carroz- zabile vi si giunge da Vestone, da Idro, 10 - Sentiero della “Libertà e dei Caduti trevigiani”

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L’ambienteIl sentiero della Libertà e dei Ca duti

Trevigiani si snoda sul territorio comu-nale di Treviso Bresciano; con varipunti di appoggio e di risto ro, at -traverso località attraenti con boschi,praterie e pinete, si offre alla portata ditutti.

Treviso Bresciano pare abbia logicaetimologia dal latino Tres Vici, cioè trevillaggi; infatti, vari documenti dannocome costituenti la località fin dall’an-tichità le tre frazioni di Vico, Trebbioe Facchetti, quest’ultima cosí denomi-nata, perché costituita da famiglie, tuttedello stesso cognome.

Ma la denominazione piú antica delpaese era Cacis – derivante dal terminelongobardo gaz – che significa bosco.Un’etimologia forse piú leggendariaattribuisce la denominazione del paesead attrezzi in legno che venivano pro-dotti quassú: le cassöle.

Elemento predominante del terri-torio trevigiano è l’estensione deiboschi: questa doveva essere una suacaratteristica già nel X - XV secolo,dato che si prestava bene come riservadi caccia; frequenti, infatti, erano inquei tempi le battute di caccia all’orso,

al daino, al capriolo, allo stambecco,animali che vivevano numerosi suimonti della Fobbia.

Dopo il dominio di Venezia, Trevisopassò sotto quello napoleonico e poiaustriaco. Nel 1526 il paese vide il pas-saggio dei Lanzichenecchi, che profa-narono la chiesa e bruciarono alcunecase.

Con lo spostamento dei confini d’I-talia alla Val del Caffaro e alla ValVestino, il Trevigiano divenne zonamilitare di prima linea (1915); il forte diValledrane, costruito fra il 1912 e il1914, fu concepito per contrastarequello austriaco di Lardaro.

I principali nuclei urbani del comu -ne, Trebbio (sede comunale), Vi co eFac chetti, sorgono nel versante orien-tale della Valle Sabbia in una concaverdeggiante di prati soleggiati e pro-fumate pinete. La località, ben espostaal sole e protetta dai venti, gode di unclima piuttosto mite con modeste oscil-lazioni di temperatura e bassa grada-zione di umidità; è il motivo per cui Tre-viso è stato considerato, con le strut-ture di Valledrane, centro climaticoassai interessante. Per strada carroz-zabile vi si giunge da Vestone, da Idro,

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Forte Valledrane831

Comune di Treviso Bresciano

10 - Sentiero della “Libertà e dei Caduti trevigiani”Tempo medio di percorrenza: ore 12Lunghezza: km 36 circa

per Cocca Ve

e M. Manos

VICO730�

per P

rova

glio

V.S

.

Piei755S. Liberale

761

Dos de Mes731

M. Basiolo

Mulino diroccato

525

Roccoli707

M. Curma882

Tratti pericolosiattrezzati concorde fisse

Fienile Baregol650

Fienile Valle Scura710

Passo del Cul973

CimaFontana Calda

Cima Giavarina978

M. Puttola975

Santellone

Madonna delle Roane928

Ex caserma

Perlong

Mal

ga F

obbi

a

Cavacca1100

Carampello1037

Ruffo

FienileFobbia di Treviso

Ardec1050

Roccolo Tormini1017

Carpeneè

F. Rondaione

Ancisa1048

M. Bastia936La Cocca

751

Tratti pericolosi

M. Gallo1136

Passo del Cavallinodella Fobbia1090

ENO

DEGAGNA

TREBBIO681�

Torrente Gorgone

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per Capovall

per Vestone

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Legenda

Tracciato del sentiero

Variante

Strade principali

Luogo di partenza

Sentieri

Fiume, torrente

Direzione consigliata

Cima, monte

Ristoro

Telefono

Chiesa

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da Capovalle attraverso il Cavallinodella Fobbia e da Vobarno attraversola Val Degagna.

Il sentieroIl sentiero della Libertà e dei Cadu -

ti trevigiani, a differenza degli altri iti-nerari escursionistici dedicati alla Resi-stenza bresciana, non ricorda partico-

lari fatti d’arme, sanguinosi scontri ocaduti partigiani. Vuole essere unomag gio alla gente di Treviso Bre-sciano che, schierata dalla parte giustanella lotta per la conquista della libertà,era “partigiana”, “ribelle” per antono-masia; con grave rischio e pericolodella vita aveva aiutato, gli sbandatiprima, i gruppi partigiani poi.

Il tracciato primario, di circa 36 km,

può essere percorso nelle lunghe gior-nate estive in 10-12 ore. È in tersecatoda ben undici varianti segnalate che,oltre ad agevolare eventuali forzatirientri, consentono di raggiungere confacilità i centri abitati, nonché di effet-

tuare la gita a piú riprese.L’escursione si può intraprendere in

senso orario da una delle due frazioni,Trebbio (m 681) o Vico (m730); daambedue le località una variante con-giunge le due frazioni a La Cocca (m751), dove sorge la bella croce in legnoposta dagli alpini. Qui ha inizio la ValGrande, con la sorgente “Acqua Buna”la località Carpeneè e il roccolo Tor-

Trebbio, sede comunale di TrevisoBresciano.

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mini (m 1017); una variante da qui con-duce al Rondaione.

Si prosegue su una stradina in salita(sbarra per veicoli) e, oltrepassata unacasa rurale, si prende il sentiero nelbosco che sbuca presso il roccolo An -cisa (m 1048), dove un’altra variante sicongiunge piú a valle alla precedente.

Da Ancisa si prende la vecchia mulat-

tiera pianeggiante che attraversa tuttala bella conca prativa di Ardec e, pas-sando a ridosso dell’omonimo fienile, cisi inoltra nel bosco fino nei pressi delfienile Carampello (m 1037) dopo aver

La chiesetta di S. Liberale a Piei sulsentiero escursionistico dedicato ai“Caduti trevigiani”.

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superato dal basso il fienile Fobbia diTreviso. Tra questi due fienili un’altravariante – su strada – conduce in salitaalla località Cavacca dove vi sono duetrattorie; da qui si può prendere lavariante che, passando da malga Ruffo(punto di ap poggio e ristoro) conducesulla strada della Val Degagna.

Da Carampello invece, si prosegue

per la malga Fob bia, sita in una vastaradura erbosa che si attraversa per iner-picarsi poi a destra a prendere il sen-tiero che sbuca sulla strada asfaltata checonduce al passo Cavallino della Fobbia(m 1090) dove c”è un’altra trattoria.

Qui si effettua il giro di boa e si per-corre in discesa la strada della ValDegagna fino al bivio della Madonnadelle Roane (m 928), passando davanti

a una vecchia ca ser ma e al serbatoio diRuf, dove si diparte in salita la va riantegià citata di Cavacca-Perlonc-Ruffo.

Dalla Madonna di Roane (chiesettasul poggio dirimpettaio al monte Zin -

gla) si prende ora il sentiero che, inol-trandosi in un fitto bosco, conduce alSantellone (m 875). Qui s’incrocia lastrada asfaltata Treviso Bresciano-Eno di Degagna, che può eventual-mente servire come variante di rien -tro a Vico attraverso il Rondaione.

Dal Santellone, proseguendo inizial-mente su stradetta poi su sentiero quasiinteramente in cresta e con minimi dis-

La chiesetta della “Madonna diRoane”, una balconata sulla ValDegagna.

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livelli, si percorrono la cima Onés (m901), il monte Puttola (m 975), il montePorre (m 976) e la cima Giavarina (m978) dalla quale si divalla attraver-sando facili ghiaioni, risaliti i quali, ci sitrova sulle falde del solitario monte

Gallo, che si aggira a est fino al passodel Cul (m 973)1.

Per chi volesse invece salire a go -dere l’ampia panoramica del monteGallo, una trentina di minuti di cam-mino prima del Passo del Cul si im -bocca l’apposita variante che, giuntain vetta, poi scende dal co stone sud asu perare il cosiddetto “Vecchio rico-vero” per ricongiungersi nuovamenteal sentiero primario presso il passo delCul.

Subito dopo il passo, alcuni metrisulla destra, un comodo sentiero, dap-prima in falsopiano e poi in discesa,porta nella Val Bondo passando neipressi di un’am pia radura con fienile(detto di Val Scura). Da qui si pren de lamulattiera che, costeggiando un chia -ro ru scello che lambisce le scoscese

Coste del Diavolo, conduce al fienilettodi Baregol (m 650). La facile mulattiera,proseguendo sulla destra, diventa “va -riante” per rientrare a Trebbio.

Da Baregol, dunque, si procede sulsentiero che affianca il ruscello e quin -di lo attraversa diventando stradinache, passando presso alcuni fienili con-duce fino ai ruderi pericolanti del Vec-chio Mulino (m 525).

In quest’ultimo trat to altre due “va -rianti” di rientro conducono a Treb bio.

Dal Mulino, con una salita inzial-mente un po’ impegnativa attraversoboschi e abetaie, si raggiunge il roccoloDos de Mes (m 731) poi, su strada car-rareccia, si sbuca nei pressi della chie-setta seicentesca di S. Liberale (m 761,posta sull’imbocco delle strade per Tre-viso, Valledrane, Vestone).

Nei pressi c’è (località Piei) un puntodi ristoro. Da qui si procede verso l’exsanatorio ed il forte di Valledrane (m831) da dove il sentiero riprende, indirezione nord-est, attraverso boschi epianori, schiudendo a tratti la magni-fica panoramica del lago d’Idro. Si pro-segue cosí fino ai fienili di Porto sullavecchia mulattiera per Lavenone, chesbuca sulla strada asfaltata.

Piú avanti (ai Roccoli, m 707) lastrada scende a Idro e, nella direzioneopposta, a Trebbio. Dai Roccoli, con unabreve salita si va in direzione di casaGaia e, alla prima curva si procede dirit -ti sulla stradina che termina, poco dopo,all’altezza di una sbarra. Poco pri ma diquesta si deve imboccare a destra il sen-tiero nel bosco sul versante settentrio-nale del monte Curma per giungere,facilitati nell’attraversamento di alcuni

Il vecchio forte di Valledrane risa-lente alla guerra 1915-’18

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ghia ioni da 100 metri di cordina metal-lica fissa, al luogo di partenza.

1 Si segnala che alla fine della risalita dopo l’attra-versamento dei ghia ioni di Cima Giavarina, il sentieroperviene su uno spuntone a strapiombo sul versanteopposto. Qui è bene, per prudenza, non sostare.

Poco oltre, alle falde Nord-Est del monte Gallo, cisono tre brevi tratti (alcune decine di metri) di sentieroa mezzacosta su pen dio erboso molto scosceso e scivo-loso; pure qui si raccomanda di procedere con prudenzamantenendosi al centro del sentiero; benché escursioni-sticamente facili, questi tratti possono nasconderequalche insidia a chi cammini sbadatamente; sono co -munque segnalati sulla cartina di pagina…94.

Lungo il sentiero. S’intravede, asinistra, la cima del Monte Pizzoc-colo e, di fronte, i monti Spino eMamera.

A Treviso Bresciano

Eppure fu,che le tue contrade fosseroasilo a noi ribellidalle madri e padri tuoi.

Coi loro figli dispersi o prigionieri,nei tuoi fienili sepperoanimar quella Libertàdi cui oggi andiamo fieri.

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Quella prima neve del 1944

Sibilava, gelido, un vento fastidioso e penetrante. La polvere, confusaalle ultime foglie autunnali, ti rigava la faccia, portata a velocità; qualchegranello tentava di infiltrarsi, pervicace, nei nostri occhi cisposi, perla lunga vita alla macchia e sguarniti, per poter camminare. Col dorsodella mano, violaceo dal freddo, a malapena riuscivi a cancellarteli via.

Il cielo, prima d’un azzurro lucido, ora s’era incupito, terminando diricevere l’ultima cinerea luce da dietro gli sparsi nuvoloni che man manoavanzavano, s’ingrossavano, coprivano tutto.

In lontananza, si intravvedevano, tenui, i bagliori delle casupole dellecontrade travigiane: pochi dapprima, numerosi poi col cadere, su uominie bestie, assieme alla sera, del silenzio. Ci avviciniamo con la cautelafurtiva delle volpi. I tempi, scanditi da una lunga guerra, non aiutavanoi ribelli sui monti.

Pochi giorni prima i partigiani del Gruppo Mobile della Brigata XGiornate erano stati inseguiti dalle raffiche tedesche di micidialimachine-pistole nei pressi della Cavacca, per aver danneggiato, inazione di sabotaggio, attrezzature e materiale di casermaggio nei can-tieri Todt di Capovalle. La notizia s’era diffusa; se ne parlava in paesee fuori. Dappertutto la paura faceva capolino, entrava nelle case, si dipin-geva sui volti di anziani e bambini, di donne e giovinette, serpeggiavain ogni riposto angolo. Non mancavano le gesta di coraggio dei parti-giani. L’azione condotta al forte di Valledrane dalla Brigata Perlasca colprelievo di sei militi fascisti del locale presidio e col loro rilascio, spogli,però, di scarpe, armi e divise, aveva rincuorato e infuso segretamentecoraggio.

Il vento, ora, era cessato: il freddo non era piú cosí pungente. Bianchefalde s’appoggiavano quasi timidamente sul terreno scosceso, sulle grigecase, sui nudi alberi. Pian piano la neve avrebbe ricoperto tutto del suocandido manto. Sostiamo pensierosi per decidere il da farsi. Poi, attrattidal chiarore della cascina vicina, fuori da occhi indiscreti e magari tra-ditori, decidiamo di fermarci. Si bussa, tremebondi, alla porta, una, due,tre volte. I nostri sguardi, incrociandosi, s’interrogano, in un simultaneodesiderio di concessa ospitalità. La porta si apre di un palmo, cigolandosui cardini. Ci accolgono, sospettosi, due anziani genitori, inarcati dalladura fatica, tristi nei volti. Poche parole, poi, il sospetto vien meno,l’accenno è al sorriso, tirato, sincero. Ci intendiamo subito, quasi fos-simo figli.

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Da molto tempo non avevano notizie sulla sorte del loro figlio alpino.Ci veniva il nodo alla gola, mentre l’attempata madre, col pianto som-messo, evocando di tanto in tanto la figura del figlio, si adoperava nelporgerci quanto piú poteva. Il padre, con cadenzate domande, ci intrat-teneva nell’intento di saperne quanto piú, di come e quando sarebbefinita questa maledettissima, assurda guerra; si interessava ai nostriracconti, manifestava positive aspettative in base a cose che, di preciso,non potevamo sapere nemmeno noi.

Seguí un breve, ma ristoratore sonno fra le rustiche pareti della stalla,sul fieno, prossimo pasto alle bestie. L’umido calore bovino, reso ami-cale, ti pervadeva tutto col suo gradito tepore, rendendo piú sonnolentoil risveglio. L’ora, ancora buia, di governare la stalla era per noi quelladi sgattaiolare via. Una ciotola di latte appena munto e una fetta dipolenta nel tascapane furono il commiato, silenzioso e commosso, nel-l’intesa che quella notte doveva rimanere segreta.

Avevamo potuto ricambiare a tanta generosità almeno con il confortodi una rinnovata speranza nel ritorno del figlio. Il rammarico era di averliforse soltanto illusi.

Scivolammo via sulla fresca, rosata neve.

(Giuseppe Biati, dalla viva voce dei protagonisti)

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