10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto...

44
MAGAZINE n.215 / 20 10 FEBBRAIO 2020 DAZN Linea Diletta Dietro le quinte di un format di successo 09 29 29 Lenovo X1 Extreme 2 Purosangue da corsa SSD salva-MacBook a confronto IN PROVA IN QUESTO NUMERO Polichetti (ISS): “ 5G a rischio salute? Non c’è alcuna evidenza scientifica Siamo andati all’Istituto Superiore di Sanità per capire se c’è qualcosa di vero nelle tesi dei movimenti “No 5G”, parlandone con il Primo Ricercatore, dott. Alessandro Polichetti 04 Fatture a 28 giorni, la sentenza Il rimborso sarà automatico La sentenza del Consiglio di Stato sostiene la decisione dell’Agcom: i rimborsi agli utenti devono essere automatici e non solo per chi ne fa richiesta Vitec Imaging Solutions è partner tecnico di DDAY.it 10 WhatsApp Pay parte nel 2020: pagamenti e scambi di denaro 06 Modem libero, ora lo è davvero Modem libero, ora lo è davvero Ecco gli scenari possibili Ecco gli scenari possibili Il TAR del Lazio ha in gran parte respinto il ricorso di TIM e ora la delibera Agcom sul modem libero può essere attuata in tutte le sue parti, tranne una JBL Link Bar Soundbar “all in one” 31 31 LG e Samsung, linee di produzione LCD vendute ai cinesi 17 13 TCL X10, il QLED che vuole battere l’OLED 33 33 35 35 07 07 DDAY.it: i l nuovo lab DDAY.it: i l nuovo lab test per l’autonomia test per l’autonomia degli smartphone degli smartphone Toyota e Panasonic Insieme produrranno batterie per auto 38 38 02

Transcript of 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto...

Page 1: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

DAZN Linea Diletta Dietro le quinte di un format di successo09

2929

Lenovo X1 Extreme 2 Purosangue da corsa

SSD salva-MacBook a confronto

IN PROVA IN QUESTO NUMERO

Polichetti (ISS): “5G a rischio salute? Non c’è alcuna evidenza scientifica”Siamo andati all’Istituto Superiore di Sanità per capire se c’è qualcosa di vero nelle tesi dei movimenti “No 5G”, parlandone con il Primo Ricercatore, dott. Alessandro Polichetti

04

Fatture a 28 giorni, la sentenza Il rimborso sarà automatico La sentenza del Consiglio di Stato sostiene la decisione dell’Agcom: i rimborsi agli utenti devono essere automatici e non solo per chi ne fa richiesta

Vitec Imaging Solutions è partner tecnico di DDAY.it 10

WhatsApp Pay parte nel 2020: pagamenti e scambi di denaro 06

Modem libero, ora lo è davvero Modem libero, ora lo è davvero Ecco gli scenari possibiliEcco gli scenari possibiliIl TAR del Lazio ha in gran parte respinto il ricorso di TIM e ora la delibera Agcom sul modem libero può essere attuata in tutte le sue parti, tranne una

JBL Link Bar Soundbar “all in one”

3131

LG e Samsung, linee di produzione LCD vendute ai cinesi 17

13

TCL X10, il QLED che vuole battere l’OLED

3333 3535

1919

Il fotoxxxxxxIl fotoxxxxxx30 Pro

4848

0707

DDAY.it: i l nuovo lab DDAY.it: i l nuovo lab test per l’autonomia test per l’autonomia degli smartphonedegli smartphone

Toyota e Panasonic Insieme produrranno batterie per auto

3838

02

Page 2: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 2

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

Finalmente sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfattiLa casa madre di Google, Alphabet, ha comunicato per la prima volta i ricavi pubblicitari di YouTube. I risultati sono in crescita costante, ma gli azionisti e gli investitori si aspettavano di più di Massimiliano DI MARCO

Conoscere per la prima volta i ri-cavi pubblicitari di YouTube non ha avuto l’effetto sperato da Google. Alphabet, la casa madre, ha an-nunciato che YouTube ha generato 15 miliardi di dollari in pubblicità nel 2019; sono entrati 4,7 miliardi di dollari tra ottobre e dicembre 2019. Nel 2018 il fatturato di You-Tube è stato di 11 miliardi. Sebbene gli azionisti abbiano applaudito alla trasparenza finanziaria, si aspetta-vano valori molto più alti, attorno ai 25 miliardi di dollari all’anno. Ecco perché, a poche ore di distanza dal resoconto finanziario, il valore del-le azioni di Alphabet è calato del 3%. Anche la divisione Cloud non ha stupito gli azionisti: 8,9 miliardi di dollari di fatturato nell’anno fi-scale 2019 e 2,6 miliardi nel quarto trimestre. La crescita del cloud è stata del 53% su base trimestrale, inferiore a quella di Microsoft, che ha registrato un miglioramento del 62% nelle vendite trimestrali. C’è un altro aspetto: sia nel caso di YouTube sia in quello di Google Cloud, Alphabet non ha divulgato gli effettivi profitti. La CFO di Alpha-bet, Ruth Porat, ha sottolineato l’in-cremento complessivo dei ricavi del gruppo (+18%) su base annua. Per Pichai “i nostri investimenti nel-la deep computer science, inclusi l’intelligenza artificiale, l’ambiente computing e il cloud computing, offrono una base solida per la cre-scita costante e per nuove oppor-tunità per Alphabet”.

di Roberto PEZZALI

L a delibera Agcom per il modem libe-

ro non si tocca: il TAR ha dichiarato

inammissibile il ricorso degli operato-

ri contro la parte di delibera che stabilisce

cosa succede a tutti coloro che stanno

tutt’ora pagando un modem.

Una decisione importantissima che ri-

guarda tanti utenti: chi oggi sta pagando

un contratto con il modem, che sia recen-

te o attivo da più di un anno, può decide-

re di contattare l’operatore chiedendo di

passare ad un contratto senza modem in-

cluso. L’operatore, a quel punto, è tenuto

a fargli una proposta di contratto che non

prevede il modem e l’utente può sceglie-

re se accettarla o rifiutarla, esercitando un

diritto di recesso senza penali per passa-

re ad un altro operatore. Il modem, però,

andrà restituito e sarà dovere dell’utente

portarlo al negozio o spedirlo.

L’operatore può fare una proposta di con-

tratto senza modem, e sarà il consumato-

re che dovrà quindi acquistare un modem

a sua scelta tra quelli compatibili disponi-

bili sul mercato, oppure potrà formulare

una proposta dove il modem non è più

a pagamento ma in comodato, e ovvia-

mente la proposta dovrà essere econo-

micamente più vantaggiosa del contratto

attivo, dove il modem si paga.

Chi può smettere di pagare il modem

quindi? Tutti coloro che lo stanno pagan-

do e dove in fattura è presente una qual-

che voce o qualche opzione che prevede

il modem, ed è il caso ad esempio di Vo-

dafone Ready, che costa 6 euro al mese

e che prevede tra i vari vantaggi anche il

modem. La delibera Agcom è chiara: ogni

operatore deve formulare una offerta con

e senza modem, quindi chi attualmente

sta pagando Vodafone Ready può chie-

dere a Vodafone di migrare ad un contrat-

to che garantisce esattamente le stesse

cose che offre l’opzione Vodafone Ready

ma con la quota del modem scorporata.

Oppure può cambiare operatore, senza

penali. Il TAR ha annullato solo una parte

di delibera, che effettivamente era forzata:

Agcom prevedeva che chi aveva ricevuto

un modem in comodato gratuito poteva

tenerlo, ma il Tar ha riconosciuto il diritto

degli operatori di ottenere la restituzione

dell’apparato di rete al termine del con-

tratto o dopo il passaggio ad un altro ope-

ratore. C’è un ultimo punto da chiarire, e

riguarda tutti coloro che hanno cambiato

operatore e si sono visti chiedere, dal pre-

cedente, il pagamento delle rate residue

del modem. Un utente che ha dovuto

pagare il modem contro la sua volontà

ora potrebbe impugnare questa senten-

za cercando un risarcimento: su questo

punto stiamo cercando di indagare. Una

vittoria per il modem libero, anche se

pure gli operatori, soprattutto TIM, hanno

ottenuto quello che volevano: dal ricorso

alla sentenza è passato tanto tempo e in

tutto questo tempo chi aveva un vecchio

contratto con modem probabilmente ha

finito di pagarlo o mancano ancora po-

che rate. E non è previsto in alcun modo

che le rate pagate fino ad oggi vengano

restituite. Si potrebbe ora far ricorso, ma

non conviene: con i tempi della giustizia

il ricorso verrebbe gestito quando ormai

non c’è più nessuno che sta pagando il

modem senza volerlo, i nuovi contratti sti-

pulati dall’inizio dello scorso anno ormai

prevedono tutti la possibilità di avere il

modem opzionale.

MERCATO Il TAR dichiara inammissibile il ricorso degli operatori. Una vittoria per il modem libero

Modem libero: TIM e Wind perdono il ricorso Chi sta pagando il modem ora può renderloLa delibera resta valida in tutti i suoi punti, tranne uno, che effettivamente era forzato

MERCATO 52 milioni le console Switch vendute dal lancio

Nintendo Switch continua a volare Per ora, ha battuto anche SNES

di Pasquale AGIZZA

Quasi 11 milioni di console vendute

in tre mesi, per un totale di oltre

52 milioni dal lancio. Sono questi

i dati di vendita di Nintendo Switch, la

console ibrida del produttore giappo-

nese che arriva, così, sul podio delle

console Nintendo più vendute di sem-

pre. Nintendo Switch ha fatto segnare un +15% di vendite rispetto allo stesso perio-

do dello scorso anno. L’azienda attribuisce questa impennata di vendite al rilascio di

Switch Lite e agli ottimi numeri in terra cinese. I 52 milioni di Switch venduti portano la

console ibrida nell’Olimpo delle console casalinghe Nintendo più vendute. A coman-

dare la classifica c’è Wii, irraggiungibile con i suoi oltre 100 milioni di console vendute.

Secondo posto per NES con circa 62 milioni e al terzo posto Switch, che supera di

poco (per ora) le vendite di SNES. Questa classifica, però, vale solo se consideriamo le

console casalinghe di Nintendo. Se apriamo il campo anche a quelle portatili, invece,

Switch è molto lontano dalla vetta detenuta dal Nintendo DS con gli oltre 150 milioni di

dispositivi venduti. Lontani anche GameBoy (120 milioni circa) e Nintendo 3DS (75 mi-

lioni). La chiusura della trimestrale di Nintendo evidenzia anche l’enorme successo del

parco software di Switch. A fare la parte del leone è Pokémon Spada e Scudo, con oltre

16 milioni di copie. In chiusura, Nintendo 3DS ha venduto appena 260mila copie, a di-

mostrazione di come Switch sia ormai la console di riferimento anche in campo mobile.

Page 3: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 3

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Roberto PEZZALI

I l TAR del Lazio ha in gran parte respinto il ricorso di

TIM e ora la delibera Agcom sul modem libero può

essere attuata in tutte le sue parti. Il ricorso dell’ope-

ratore era legato ad una norma specifica della delibera,

l’Articolo 5, prima sospeso in attesa del pronunciamento

del TAR e ora a regime. La norma è la seguente:

Articolo 5 (Disposizioni transitorie):1. I fornitori di servizi di accesso ad Internet, entro 120

giorni dalla pubblicazione del presente atto, limitata-

mente ai contratti in essere che prevedono l’utilizzo

obbligatorio del terminale a titolo oneroso per l’utente

finale:

a. Propongono all’utente la variazione senza oneri della

propria offerta in una equivalente offerta commerciale

che preveda la fornitura dell’apparecchiatura terminale

a titolo gratuito o che non ne vincoli l’utilizzo attraverso

l’imputazione di costi del bene o dei servizi correlati al

terminale nella fatturazione;

b. In alternativa, consentono all’utente finale di recedere

dal contratto senza oneri diversi dalla mera restituzione

del terminale, dandone adeguata informativa.

Il termine previsto è stato poi esteso di 30 giorni, ma in

ogni caso al momento questa norma è attiva pertanto

si profilano diversi casi per gli utenti che in questi anni

hanno pagato un modem o stanno ancora pagando un

modem. La prima cosa però è capire a che condizioni

l’operatore ha dato il modem: era un comodato gratuito,

era un noleggio a rate o era un acquisto rateale?

Per poter smettere di pagare le rate o il noleggio del

modem restituendolo e per ottenere anche eventuali

rimborsi a seconda dei casi, é necessario che al tempo

della sottoscrizione del contratto il modem a titolo one-

roso fosse imposto, quindi che non ci fosse in vigore una

tariffa sottoscrivibile senza modem. L’utente può fare ri-

corso solo se non ha scelto lui di avere in modem, era

una scelta imposta. Per capire la condizione alla quale

è stato ceduto il modem è bene controllare la bolletta:

se esiste una riga che indica il prezzo del modem o se

ci sono pacchetti aggiuntivi nei quali è incluso anche il

modem a quel punto è facile ricondurre il tutto ad un

modem a pagamento. Resta il dubbio di cosa succede

per i clienti che hanno il modem in un pacchetto che

contiene opzioni multiple: il costo del modem non può

essere dedotto pertanto il cliente non può quantificare

il risparmio che scaturirebbe dalla restituzione del mo-

dem. È il caso ad esempio di Vodafone, dove il modem

è incluso in altre opzioni. Per questo solo AGCom potrà

dare un orientamento sui casi nei quali si può applicare

la condizione. Ecco i diversi casi.

1) Utente con contratto attivo che sta pagando un

modem sottoforma di noleggio o vendita

Questo è il caso più facile: l’utente con un contratto an-

cora attivo e con modem imposto a titolo oneroso (no-

leggio o vendita) può chiedere all’operatore di smettere

MERCATO Con la parziale bocciatura del ricorso al TAR del Lazio si aprono diversi interrogativi per chi paga o ha già pagato il modem

Modem libero, come chiedere il rimborso delle rate Il termine previsto è stato poi esteso di 30 giorni, ma al momento questa norma è attiva, quindi come fare? Ecco tutti i casi

di pagare le rate del modem, chiedendo la fornitura del

modem a titolo gratuito oppure restituendo il modem

all’operatore.

2)Utente con contratto attivo che sta pagando un

modem sottoforma di noleggio o vendita ma che

ha già chiesto negli ultimi mesi, quando ancora la

sentenza non era arrivata, di smettere di pagare.

Il caso è simile a quello sopra, ma se l’utente ha chiesto

all’operatore di smettere di pagare e esiste una qualche

forma di documentazione che lo prova, anche una mail,

può chiedere oltre a quanto gli spetta (vedi primo caso)

C’è però una nota a margine di questi due casi: un uten-

te con un contratto ancora attivo e con modem imposto

venduto potrebbe chiedere, in aggiunta alla trasforma-

zione del contratto di vendita del terminale in un con-

tratto di comodato gratuito o all’annullamento restituen-

do così il modem, anche la restituzione di tutte le rate

pagate. In linea teorica, se l’operatore stava vendendo

il modem a rate e la vendita viene ora annullata, par-

rebbe logico che, a fronte della restituzione del bene al

venditore, quest’ultimo rimborsi al compratore il prezzo

d’acquisto. Tuttavia in questo caso l’operatore potrebbe

porre resistenza, ma l’acquirente dovrebbe comunque

agire tramite una associazione dei consumatori o tramite

avvocati per ottenere quanto gli spetta. E le probabilità

di ottenere il rimborso sono buone. Ricordiamo anche

che in tutti questi casi di contratto attualmente in essere,

l’operatore può, alternativamente, consentire il recesso

dell’utente dal contratto, quindi l’utente può cambiare

operatore senza penali e senza altri oneri diversi dalla

sola restituzione del modem. Arrivano ora i casi più com-

plessi.

3) L’utente ha finito di pagare il modem, e/o non ha

più un contratto attivo, ma il contratto era attivo al

31/12/2018 e ha chiesto di non pagare il modem

Se questo utente ha chiesto di smettere di pagare il mo-

dem, potrebbe chiedere il rimborso dei canoni/rate del

modem corrisposti nel periodo intercorso dalla sua origi-

naria richiesta alla cessazione del contratto. Qui la situa-

zione è un po’ più complessa. L’operatore potrebbe far

spinta sul fatto che la condizione deve essere valutata

ad oggi, e non alla data di entrata in vigore della delibera

(poi sospesa). Tuttavia se l’utente aveva fatto esplicita

richiesta di smettere di pagare, con un reclamo o una

istanza di conciliazione, potrebbe avere buone probabi-

lità di ottenere quanto richiesto, ovvero la restituzione di

tutte le rate pagate.

4)L’utente ha finito di pagare il modem, e/o non ha

più un contratto attivo, ma il contratto era attivo

al 31/12/2018 e non ha mai chiesto di non pagare

il modem

Nel caso in cui il contratto è non più in essere, ma era in

essere al 31/12/2018, e non è mai stato chiesto all’opera-

tore di smettere di pagare il modem, potrebbe provare

comunque a chiedere il rimborso dei canoni di noleggio

pagati (almeno di quelli pagati da gennaio 2019 compre-

so) o dell’intero prezzo corrisposto per il bene, contro

la sua restituzione all’operatore. Questo caso è simile al

precedente, sicuramente ci sarà una forte resistenza da

parte degli operatori ad una richiesta simile e l’assen-

za di una richiesta esplicita da parte dell’utente rende

davvero difficile ottenere un eventuale rimborso. Qual-

cuno potrebbe chiedersi perché si parla di 31/12/2018

se la pubblicazione della /Delibera Agcom è avvenuta il

2/08/2018, e volendo un utente potrebbe tentare anche

una richiesta di risarcimento per contratto scaduti prima

del 31 dicembre 2018, ma sarà davvero difficile che una

richiesta tale possa venire accolta. Sarà molto importan-

te capire quali saranno i risultati dei primi reclami fatti da

parte degli utenti.

Come fare per ottenere il rimborsoLa prima cosa da fare è inviare un formale reclamo al-

l’operatore chiedendo quello che si può ottenere secon-

do i punti elencati sopra. Se un operatore rifiuta o non

accetta, o se entro 45 giorni dalla ricezione l’operatore

non ha fatto sapere nulla, è fondamentale aprire un pro-

cedimento su conciliaweb, la piattaforma dell’Autorità per

le garanzie nelle comunicazioni, semplice e interattiva,

per la risoluzione delle controversie tra utenti e operatori

di telefonia, Internet e Pay Tv. È anche importante, con-

testualmente al reclamo o all’apertura del procedimento,

segnalare la cosa direttamente ad AGCOM utilizzando il

modello D che si può compilare direttamente dal sito di

AGCOM: basta selezionare la voce “trasparenza tariffa-

ria”, indicare l’operatore e usare nel testo parole chiave

come “modem libero” o “Delibera 348/18/CONS”.

Page 4: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 4

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Massimiliano DI MARCO

L ’Antitrust ha accertato un’intesa an-

ticoncorrenziale tra Fastweb, TIM,

Vodafone e Wind Tre per mantenere

un aumento dei prezzi mensili nel passag-

gio dalla fatturazione a 28 giorni a quella

mensile, resa obbligatoria a fine 2017. Per

tale ragione, l’Agcom ha sanzionato i 4

operatori per complessivi 228 milioni di

euro: 114 milioni di euro per TIM, 59 milioni

per Vodafone, 38 milioni per Wind Tre e 14

milioni per Fastweb, proporzionalmente

ai ricavi delle singole società. Le quattro

aziende hanno concordato la loro posi-

zione collettiva sul tema sia prima dell’en-

trata in vigore della disposizione legislati-

va di dicembre 2017 sia dopo, in modo da

coordinare le proprie offerte commerciali

ed effettuare un aumento dell’8,6% sui

prezzi mensili. Nella sua indagine, l’Anti-

trust ha accertato un coordinamento “sot-

teso a mantenere il prezzo incrementato,

vanificando il confronto commer-

ciale e la mobilità dei clienti”. Se

soltanto un’azienda avesse alzato

i prezzi, infatti, gli utenti avrebbero

potuto valutare le proposte com-

merciali degli altri operatori: così

non è stato poiché tutti e quattro

gli operatori hanno aumentato il

prezzo mensile delle tariffe mo-

bile e di rete fissa dell’8,6%. Le

aziende non hanno negato i contatti, ma

hanno contestato la ricostruzione fattuale

dell’Autorità Garante della Concorrenza e

del Mercato. Esse, infatti, hanno ritenuto

che tali concetti fossero leciti in quanto

riconducibili “all’esercizio del diritto di di-

fesa e in parte necessari e prodromici a

una legittima attività di lobby di categoria

verso il regolatore e verso il legislatore”.

Tale difesa è stata rigettata dall’Antitrust

in quanto, il coordinamento accertato

“travalica i confini della legittima attività di

lobby”. Già a marzo 2018, l’Antitrust ave-va adottato delle misure cautelari volte

a impedire l’attuazione dell’intesa tra Fa-

stweb, TIM, Vodafone e Wind Tre. Ecco

perché nell’imporre le sanzioni l’Antitrust

ha tenuto conto di questa circostanza,

ma ha proseguito affinché la maxi-multa

funga da deterrente “rispetto a possibili

future condotte concertate tra i suddetti

operatori”. L’Autorità ha anche preso in

considerazione l’esigenza che le sanzioni

“non siano ingiustificatamente afflittive”.

MERCATO Accertato un cartello tra gli operatori per mantenere l’aumento dei prezzi mensili

Fatture a 28 giorni, multa di 228 milioni dall’Antitrust Fastweb, TIM, Vodafone e Wind Tre si sarebbero accordati a danno della concorenza e dei clienti

di Sergio DONATO

L a fatturazione a 28 giorni delle telco

aggiunge un nuovo capitolo alle de-

cisioni delle autorità competenti. La

recente sentenza del Consiglio di Stato

ha sostenuto il diritto dell’Autorità per le

Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) a

richiedere che i rimborsi agli utenti siano

automatici, e non destinati solo a chi ne

fa richiesta. Il Consiglio di Stato aveva

già stabilito a luglio 2019 che gli utenti avrebbero dovuto essere rimborsati per

gli importi aggiuntivi conseguenti alla fat-

turazione a 28 giorni degli operatori. Ma

le telco avevano interpretato la sentenza

come un rimborso su richiesta, cioè offer-

to a coloro che avrebbero compilato un

apposito modulo (solitamente) online.

Con la nuova sentenza, invece, il Consiglio

di Stato sostiene che i rimborsi delle fat-

turazioni a 28 giorni debbano essere au-

tomatici. Nel dettaglio, la sentenza 00879

del 2020 di cui si sta parlando respinge il

ricorso di Vodafone contro la delibera di

AGCOM sul diritto a rimborsare gli uten-

ti. Di fatto, la sentenza si

riferisce però a tutti gli

operatori, dato che l’atti-

vità di fatturazione a 28

giorni, nel suo comples-

so, è stata identificata

quale atto “sleale” e con

“aspetti eversivi”. Il Con-

siglio di Stato quindi ha

“spalleggiato” la decisio-

ne deliberata da Agcom

di rimborsare in modo automatico le vit-

time della fatturazione sleale, in quanto il

tipo di violazione richiede uno “strumento

della tutela indennitaria automatica di

massa a favore di tutti e ciascun utenti,

a fronte di violazioni generalizzate che

pregiudicarono una moltitudine di utenti

mediante un’unica e identica condotta

da parte dei più rilevanti operatori di te-

lefonia.” La sentenza fa anche scuola,

perché riconosce ad Agcom la possibi-

lità di stabilire una tutela indennitaria di

massa e di tipo automatico, eventualità

che non si è mai verificata prima d’ora.

Al di là delle multe a Fastweb, TIM,

Vodafone e Wind Tre di 228 milioni e

proprio per le fatture a 28 giorni, il qua-

dro generale delle recenti decisioni

del Consiglio di Stato sembra indicare

la consegna di un potere decisionale

più forte alle autorità competenti. Ne

è la prova la sentenza dell’AGCOM di fine gennaio che, puntellandosi sulla

n.8024/2019 del Consiglio di Stato, ha

sancito per la prima volta il principio se-

condo cui la variazione unilaterale a ope-

ra della telco può interessare solo servizi

già presenti nei contratti. Un potere nelle

mani delle autorità che tende ad aumen-

tare rispetto al passato.

MERCATO Il Consiglio di Stato supporta la decisione dell’Agcom: fatturazione a 28 giorni sleale

Consiglio di Stato sulle fatture a 28 giorni “I rimborsi devono essere automatici”Il quadro sembra indicare la consegna di un potere decisionale più forte alle autorità competenti

Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it

Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009

e

www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano

n. 308 del’8 novembre 2017

direttore responsabileGianfranco Giardina

editingMaria Chiara Candiago

EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl

via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154

Per [email protected]

Per la pubblicità[email protected]

MAGAZINE

MAGAZINE

L’offerta Ultra HD di tivùsat si espande. Debutta Travelxp 4K al 225Nuovi arrivi sulla piattaforma satellitare Tivùsat di Hot Bird: al numero 225 c’è ora Travelxp 4K, un interessante canale che tra-smette documentari e programmi dedicati al turismo, alla natura, al lifestyle e alla storia. Tutto in de-finizione 4K con HDR per la gioia di chi ha già un TV predisposto. Travelxp 4K si affianca agli altri canali che vengono trasmessi a risoluzione Ultra HD su tivùsat, come Rai 4K, MyZen 4K, Fashion TV e NASA Ultra HD. Per vedere il nuovo canale è necessaria la tessera nera di Tivùsat, l’ultima arrivata e predisposta per la visione dei canali Museum e MyZen tv. Il canale dovrebbe comparire automaticamente nella lista LCN oppure a seguito di una nuova sintonizzazione.

Page 5: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 5

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

BlackBerry si avvia alla fine. TCL smetterà di produrre i suoi telefoniTCL non produrrà e non venderà più i telefoni a marchio BlackBerry dal 31 agosto 2020. Il passaggio ad Android non è stato salvifico per BlackBerry, che rischia di scomparire di Sergio DONATO

La storia di BlackBerry sembra avvicinarsi alla fine. Almeno per la collaborazione con TCL Communi-cation, che il 31 agosto 2020 smet-terà di produrre e vendere telefoni a marchio BlackBerry. Ad annun-ciarlo è stata BlackBerry Limited sul suo profilo Twitter. La collabo-razione con TCL iniziata nel 2016 non è mai riuscita a riportare il mar-chio ai fasti dei primi anni duemila e con il picco massimo conquistato nel 2013, quando la società, allora ancora appartenente a RIM era riu-scita a vendere 6,8 milioni di tele-foni. Ma il BlackBerry OS ha soffer-to l’avanzata dei sistemi operativi concorrenti e la società si è dovuta servire di Android per rimanere in piedi. Si è poi consegnata definiti-vamente a TCL nel 2016, affidan-dole lo sviluppo, la produzione e la vendita dei telefoni successivi. Con TCL si è tentata anche la via dello smartphone “full touch”, ma l’iconica tastiera fisica era uno dei punti chiave e di immagine per la società, come anche la sicurezza. Pur tornando alla tastiera fisica, le cose non sono cambiate. BlackBerry ha definito il termine della collaborazione con TCL, ma non ha messo fine al nome Black-Berry, ma nel messaggio non c’è alcuna apertura circa i piani futuri, che non fa ben sperare.

di Massimiliano DI MARCO

L e vendite di PS4 calano preve-

dibilmente e i ricavi di Sony con

loro. La società ha annunciato un

fatturato trimestrale di 2.463,2 miliardi

di yen (20,5 miliardi euro), in aumento,

e un profitto operativo di 300,1 miliardi

di yen (2,5 miliardi di euro euro), in calo

rispetto al 2018. A riequilibrare il fisio-

lofico calo della divisione videoludica

ci hanno pensato i sensori fotografici

per smartphone. Il direttore finanziario

Hiroki Totoki ha sottolineato, anzi, che

nonostante le fabbriche di Sony abbia-

no lavorato alla massima efficienza non

sono riuscite a stare dietro all’enorme

domanda. Ormai sempre più smartpho-

ne adottano molteplici sensori, il che ha

sbilanciato l’equilibrio tra domanda e

offerta. Sony è il maggiore fornitore al

mondo di sensori per smartphone, che

vengono usati da produttori come Ap-

ple e Huawei. Sony ha toccato anche

l’argomento coronavirus, che in Cina

sta avendo un forte impatto economico

e logistico sulle filiere locali delle mul-

tinazionali. “Non possiamo escludere

la possibilità che la minaccia del virus

aumenti al punto da azzerare l’attuale

revisione al rialzo dei ricavi” ha detto

Totoki.

PS4, calo del 25%. Venduti anche meno smartphone, fotocamere e TVTra ottobre e dicembre 2019, Sony ha

venduto 6,1 milioni di PS4, in calo del

25% su base annua. Nell’intero 2019

sono state distribuite 14,7 milioni di

unità, meno del 2014, quando Sony ha

distribuito 15,4 milioni di console. Nel

2018 furono 17,7 milioni. Il calo delle

vendite di PS4 è fisiologico, perché

entro la fine dell’anno debutterà sul

mercato PS5.

I profitti derivanti dai sensori per smar-

tphone sono invece migliorati del 29%

su base fino a 298 miliardi di yen (circa

2,4 miliardi di euro). Sony ha citato un

miglioramento dell’offerta e un aumen-

to delle unità vendute come principali

catalizzatori della prestazione positiva.

Nel trimestre in esame, la società ha

venduto oltre 261 milioni di sensori;

erano 186,5 milioni nello stesso pe-

riodo del 2018. Notizie amare, invece,

per smartphone, TV e fotocamere,

racchiusi nella divisione Electronic Pro-

ducts & Solutions: i ricavi sono calati

del 9% a causa di un calo delle vendite

di smartphone e TV. Nello specifico,

nel trimestre ottobre-dicembre 2019,

Sony ha distribuito 1,3 milioni di smar-

tphone, 0,9 milioni di fotocamere e 3,4

milioni di TV. Nello stesso periodo del

2018 erano, rispettivamente, 1,8 milio-

ni, 1,1 milioni e 3,8 milioni. Nonostante

ciò, il profitto operativo della divisione

Electronics Products and Solutions è

migliorato; anzi, Sony è passata dal

passivo di 15,5 miliardi di yen del 2018

(128,9 milioni di euro) a un attivo di 7

miliardi di yen (58,2 milioni di euro),

dopo aver ulteriormente ridotto i co-

sti operativi legati alla vendita degli

smartphone. In ogni caso, Sony ha ab-

bassato del 2% la previsione dei ricavi

di questa divisione per l’anno fiscale

2019, che si chiuderà il 31 marzo 2020.

Come società, Sony ha invece alzato

del 5% il fatturato previsto per l’intero

anno fiscale.

MERCATO Il calo delle vendite hardware, da PS4 fino alle TV, bilanciato dai sensori per smartphone

Sony, ricavi su grazie ai sensori per smartphone Alzate le previsioni annuali del fatturato, ma le vendite di PS4, come prevedibile, calano

MERCATO Una commissione dovrà decidere le specifiche

Caricatore unico, l’Europa ha deciso Entro luglio arriveranno le regole

di Roberto PEZZALI

Troppi rifiuti elettronici, così l’Europa si prepara a fare una legge per obbligare i pro-

duttori ad utilizzare un caricatore che

sia compatibile con tutti i dispositivi.

Nella normativa non si fa alcun riferimento

al connettore: Apple, come altri produttori,

ha già rispettato il suggerimento che pre-

vede la separazione del cavo dal caricato-

re, pertanto l’unica cosa da fare sarà quella

di usare solo alimentatori con un connetto-

re che l’UE sceglierà, verosimilmente l’USB

Type C. Tutti gli alimentatori dovranno quindi avere da una parte la spina per attaccarlo

alle prese, e dall’altra un connettore USB Type C al quale collegare un cavo di ricari-

ca. Sarebbe impensabile obbligare il tipo di connettore sul dispositivo, anche perché

alcuni dispositivi di piccole dimensioni non possono avere un connettore standard.

L’Unione Europea ha anche tenuto in considerazione lo statement fatto da Apple relativo all’adozione di un caricatore unico, spiegando che terrà in considerazio-

ne anche l’evoluzione tecnologica dei prodotti. Anche se nessuno ha mai parlato del

connettore, tutta la partita fino ad oggi si è giocata sul caricatore. Apple, che è sempre

stata favorevole al caricatore unico, chiede di non regolamentare il connettore sugli

smartphone ma di limitarsi a rendere universale il caricatore per evitare sprechi. Se

l’Europa formulasse una legge dove i prodotti devono poter essere ricaricati con ogni

caricatore, questa legge impedirebbe ad esempio la creazione di prodotti privi di con-

nettore di ricarica, esclusivamente wireless.

Page 6: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 6

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Gianfranco GIARDINA

D DAY.it annuncia la creazione di una nuova part-

nership con Vitec Imaging Solutions. Infatti Vi-

tec, con tutti i suoi prestigiosi marchi, diventa

partner tecnico di DDAY.it: la redazione sarà infatti

supportata nel suo lavoro dagli accessori e dalle do-

tazioni di Vitec, come i treppiedi, i supporti e le borse

Manfrotto, gli sfondi Lastolite, zaini e trolley Lowepro,

i supporti Joby, gli slider motorizzati Syrp, tanto per

citare alcuni prodotti della vastissima gamma del

gruppo.

Uno studio fatto solo con Manfrotto e compagniLa partnership si articola principalmente su due

aspetti: il primo è stata la “sfida” di creare uno stu-

dio video interamente equipaggiato con materiale

Vitec, tranne ovviamente le camere, che Vitec non

produce. E così è stato: inauguriamo ufficialmente un

nuovo studio in redazione interamente equipaggiato

Vitec. In particolare: tutti i treppiedi e tutte le teste

sono Manfrotto; sempre Manfrotto sono le strutture

che abbiamo montato per reggere tutte le luci, la

camera a soffitto e far passare tutti i cavi, grazie al-

l’impiego degli AutoPole, pali estensibili che vanno

in compressione a misura tra pavimento e soffitto,

fissandosi in qualsiasi punto senza necessità di fare

alcun lavoro né alcun buco. E poi i famosissimi Magi-cArm di Manfrotto che permettono di fissare ogget-

ti, come le luci, in qualsiasi posizione nello spazio e

soprattutto di correggerla facilmente in qualsiasi mo-

mento, semplicemente svitando una sola ghiera per

abilitare tutti i movimenti. Le luci sono i Manfrotto Lykos Bi-color, pannelli LED modulabili in intensità e

in temperatura di colore; sempre a marchio Manfrot-

to ma di derivazione LitePanels, altra celebre società

del gruppo Vitec. Il fondale a sfondi intercambiabili

è invece il Panoramic Background di Lastolite, mol-

to ampio, facilmente smontabile e trasportabile al

bisogno e con fondali intercambiabili velocemente

sostituibili. nfine, lo slider Syrp MagicCarpet con una testa motorizzata a tre assi Genie II completa

la dotazione. In questo studio faremo tutte le ripre-

se degli unboxing, dei tutorial e delle recensioni di

prodotto indoor.

MERCATO Il gruppo che governa marchi del calibro di Manfrotto, Lowepro, Lastolite, Gitzo e altri, diventa partner tecnico di DDAY.it

Vitec Imaging Solutions partner tecnico di DDAY.itInauguriamo un nuovo studio in redazione interamente equipaggiato Vitec. Fornirà materiale tecnico per lo studio e le trasferte

Ben equipaggiati per le “esterne”Il secondo aspetto su cui avremo il supporto tecnico

di Vitec è quello relativo agli accessori che sono in-

dispensabili per le nostre tante trasferte, in giro per

fiere e conferenze stampa, dove serve avere tutta

l’attrezzatura sempre con sé e, contemporaneamen-

te muoversi comodi. In quest’ambito le borse, gli zaini e i trolley Manfrotto e Lowepro sono compa-

gni preziosi, unitamente ai treppiedi più leggeri di

Manfrotto e agli accessori, supporti e luci, di Joby.

DDAY.it racconterà il mondo Vitec Imaging Solutions Cosa dà DDAY.it in cambio? Una collaborazione an-

che qui su due fronti: il primo è quello di diventare

uno dei “laboratori” pratici di Vitec: ci impegniamo

infatti a fornire ai progettisti Vitec tutti i nostri feed-

back di vita reale sui prodotti impiegati sul campo, e

questo per contribuire al costante miglioramento e

messa a punto delle soluzioni Vitec.

Il secondo fronte è quello del racconto dei prodotti

più interessanti e innovativi a favore dei nostri lettori:

unboxing, recensioni, guide alla scelta più corretta,

a seconda delle esigenze. E ovviamente siamo a di-

sposizione dei nostri lettori per approfondire deter-

minati temi e rispondere alle domande sui prodotti

Vitec, con l’aiuto anche del dipartimento tecnico

dell’azienda.

Il supporto di Vitec non condiziona DDAY.itUn chiarimento è doveroso: non si tratta di un accordo

di sponsorship. Non è previsto alcun trasferimento di

denaro collegato a questo accordo, Vitec non paga

DDAY.it e DDAY.it si impegna a formulare considera-

zioni e giudizi sui prodotti Vitec senza alcun condizio-

namento dovuto alla partnership tecnica in atto. I nostri

lettori non devono temere: i nostri giudizi sui prodotti

Vitec, come anche su quelli dei marchi concorrenti,

resta del tutto indipendente, onesto e rigoroso. Certa-

mente - e di questo non ne facciamo mistero - ci saran-

no molte più occasioni di parlare dei prodotti Vitec che

di altri marchi: ma questa è una cosa naturale, avendo

a disposizione un ampio parco di prodotti da provare.

Vitec Imaging SolutionsCome funziona la partenrship

lab

video

IL PANORAMIC BACKGROUND DI LASTOLITE LO SLIDER SYRP MAGICCARPET I MAGICARM DI MANFROTTO

Page 7: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 7

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Roberto PEZZALI

Quali sono i criteri di scelta di uno smartphone di

oggi? Ce lo siamo chiesti, e siamo giunti alla con-

clusione che sono, estetica e sistema operativo a

parte, la qualità delle fotocamere, l’autonomia, la ricezio-

ne e la qualità delle chiamate. Tutti elementi che purtrop-

po è difficile valutare in modo oggettivo, fotocamera a

parte, e questo è un problema per chi come noi deve

dare un giudizio su prodotti che anno dopo anno miglio-

rano sempre di più. Uno dei punti sopra citati è sempre

stato un aspetto critico, quello legato all’autonomia, per-

ché i fattori che impattano sulla durata di uno smartpho-

ne sono tantissimi. Ecco perché, da più di un anno mesi,

abbiamo cercato di mettere a punto un test di laborato-

rio che fosse ripetibile, confrontabile e veritiero.

Dove siamo partiti, e dove siamo arrivatiSiamo partiti con la realizzazione di diversi robot che po-

tessero usare lo smartphone come noi, per fargli esegui-

re routine prestabilite, ma dopo svariati tentativi abbiamo

dovuto abbandonare l’idea.

Ago (foto 1), il primo robot che abbiamo stampato in

3D e progettato usando una configurazione a Delta e

una scheda Arduino, non era abbastanza grande per

gli schermi degli smartphone di ultima generazione, e

soprattutto richiedeva molte configurazioni e modifiche

per adattare le routine di test da un modello ad un altro.

Poi è arrivato Ago 2 (foto 2), un plotter cartesiano su

asse X/Y che al posto di usare una penna per scrivere

usava un pennino capacitivo: più efficace della prima

generazione, ma sempre complicato. Alla fine la scor-

sa estate abbiamo deciso di abbandonare la soluzione

“hardware” e siamo passati alla soluzione software, e

con la collaborazione di un partner tecnico che realizza

tool di automazione siamo riusciti finalmente a mettere

a punto quelli che sono veri e propri test di laboratorio

confrontabili che permettono di dare una valutazione

oggettiva e ripetibile. L’opposto di quanto viene fatto

oggi, dove valore come quello dell’autonomia sono cal-

colati con test assolutamente poco empirici e scientifici

o decisamente irreali. Uno sforzo enorme per mettere

MOBILE Dopo un anno di lavoro siamo riusciti a mettere a punto il primo vero test di laboratorio che simula un utilizzo “umano”

Arriva il test di autonomia degli smartphone No improvvisazione: valori confrontabili e ripetibiliI criteri di scelta di uno smartphone di oggi? Per noi, qualità delle fotocamere, autonomia, ricezione e qualità delle chiamate

a punto tutta la procedura per la misura, con continuo

aggiustamenti ai test e con diverse prove. Abbiamo fatto

le corse per arrivare ad una versione finale a inizio 2020,

e iniziare così a misurare i primi smartphone dell’anno

per poi proseguire con tutti i modelli più interessanti. Il

primo smartphone del 2020 che sarà misurato sarà con

ogni probabilità il Samsung Galaxy S20, ma anche le

prove che pubblicheremo le settimane prossime, quelle

di prodotti del 2019 come il G8X o il Realme X2 Pro. pas-

seranno dal laboratorio.

Come funziona esattamente il test della batteriaMa come funziona esattamente il test della batteria?

Semplice: grazie ad un tool di automazione e ad una se-

rie di scenari preparati e calibrati da noi ogni smartpho-

ne farà una serie di operazioni reali come se lo stesse

utilizzando un umano. Scattare foto, andare in standby,

mandare messaggi, scorrere le pagine di Facebook e

Instagram, fare telefonate e giocare. Le stesse cose, con

gli stessi tempi e gli stessi modi, ripetuti per tutti i model-

li. Siamo consapevoli che nessuno usa lo smartphone

allo stesso modo, e proprio per questo motivo abbiamo

scritto due diversi profili di utilizzo che restituiranno due

diversi valori di durata: un profilo “DDAY Medium”, pen-

sato per chi usa lo smartphone senza però averlo sem-

pre in mano e un profilo “DDAY Heavy”, pensato per chi

invece lo usa tantissimo. I profili sono simili, ma ci sono

alcune azioni, come ad esempio la ripresa video, che

vengono eseguite solo in alcuni scenari. Le condizioni

dei test saranno ovviamente le stesse per ogni smar-

tphone: ripristino dei dati di fabbrica e poi caricamento

di un backup con le stesse identiche applicazioni per

tutti gli smartphone. Le app precaricate, così come i ser-

vizi che ogni produttore attiva resteranno, ma è anche

giusto così: devono rientrare nelle varie valutazioni. Per

non falsare i risultati abbiamo preferito fare le misurazio-

ni partendo dalla batteria totalmente carica, 100%, fino al

10% di carica residua, anche per evitare che l’intervento

dei sistemi di risparmio energetico, più o meno aggressi-

vi, possa portare ad un risultato falsato.

Wi-fi, 4G e schermo come funzionano i nostri cicliQuando uno smartphone è carico inizia ad eseguire una

serie di cicli di azioni in autonomia, e si ferma solo quan-

do arriva al 10% di carica residua.

Uno smartphone non viene mai usato solo all’aperto,

sotto rete 4G, o al chiuso, sotto rete wi-fi, quindi abbia-

mo tenuto in considerazione anche questo fattore: ogni

ciclo prevede alcune operazioni sotto rete Wi-fi e sotto

rete 4G, e per avere uniformità di valori usiamo lo stesso

operatore, Vodafone, agganciato alla stessa cella. Ab-

biamo scelto Vodafone perché la zona dove abbiamo il

segue a pagina 08

1

2

lab

video

Lab test batteria di DDay.itL’unico test oggettivo

Page 8: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 8

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

laboratorio è coperta dalla rete 5G pertanto, sui prodotti

compatibili, potremo fare anche test di autonomia con

rete 5G, verificando per i terminali più evoluti la differen-

za di consumo tra la connessione 4G e quella 5G.

Ogni scenario viene eseguito con lo smartphone carico

al 100% e ripetuto fino a quando non raggiunge il 10% di

carica residua.

Scenario di uso “medio” – DDay MediumCiclo di azioni che simula un uso in casa o in ufficio: lo

smartphone è in Wi-fi e luminosità dello schermo impo-

stata a 200 nits

Telefonata di 5 minuti

Controllo di Whatsapp e invio di un messaggio

1 minuto di scroll della timeline di Facebook

3 minuti di gioco (partita veloce)

5 minuti di visualizzazione di siti web noti (DDay, Gazzet-

ta, DMove, Corriere e Repubblica)

1 minuto di scroll della timeline di Instagram

Controllo di Whatsapp e invio di un messaggio

Invio di due email

Controllo di Whatsapp e invio di un messaggio

2 minuti di visualizzazione di siti web noti (Google, Me-

diaworld)

5 minuto di streaming video da Youtube

30 minuti di stand-by

Ciclo di azioni che simula smartphone in esterno, con

connessione 4G e luminosità dello schermo impostata

al massimo

Telefonata di 5 minuti

Controllo di Whatsapp e invio di un messaggio

1 minuto di scroll della timeline di Facebook

3 minuti di gioco (partita veloce)

5 minuti di visualizzazione di siti web noti (DDay, Gazzet-

ta, DMove, Corriere e Repubblica)

1 minuto di scroll della timeline di Instagram

Controllo di Whatsapp e invio di un messaggio

Invio di due email

Scatto di due fotografie dalla fotocamera posteriore

Controllo di Whatsapp e invio di un messaggio

2 minuti di visualizzazione di siti web noti (Google, Me-

diaworld)

5 minuto di streaming video da Youtube

Scatto di un selfie e pubblicazione sui social

30 minuti di stand-by

Scenario di uso “pesante”, DDay HeavyCiclo che simula un uso in casa o in ufficio: lo

smartphone è in Wi-fi e luminosità dello scher-

mo impostata a 200 nits.

Telefonata di 10 minuti

Controllo di Whatsapp e invio di tre messaggi

2 minuto di scroll della timeline di Facebook

5 minuti di gioco

5 minuti di visualizzazione di siti web noti (DDay, Gazzet-

ta, DMove, Corriere e Repubblica)

2 minuto di scroll della timeline di Instagram

Controllo di Whatsapp e invio di tre messaggi

Ricezione delle email ed invio di quattro email

Scaricamento di 100 MB di dati per simulare una even-

tuale installazione app

Controllo di Whatsapp e invio di tre messaggi

5 minuti di visualizzazione di siti web noti (Google, Me-

diaworld, Pitchfork, Amazon, Gazzetta)

10 minuti di streaming video da Youtube

15 minuti di stand-by

Ciclo che simula smartphone in esterno, con connessio-

ne 4G e luminosità dello schermo impostata al massimo

Telefonata di 10 minuti

Controllo di Whatsapp e invio di tre messaggi

2 minuto di scroll della timeline di Facebook

5 minuti di gioco

Scatto di due fotografie dalla fotocamera posteriore

1 minuto di registrazione video

5 minuti di visualizzazione di siti web noti (DDay, Gazzet-

ta, DMove, Corriere e Repubblica)

2 minuto di scroll della timeline di Instagram

Controllo di Whatsapp e invio di tre messaggi

Ricezione delle email ed invio di quattro email

Scaricamento di 100 MB di dati per simulare una even-

tuale installazione app

Scatto di due fotografie dalla fotocamera posteriore

Controllo di Whatsapp e invio di tre messaggi

5 minuti di visualizzazione di siti web noti (Google, Me-

diaworld, Pitchfork, Amazon, Gazzetta)

10 minuti di streaming video da Youtube

Scatto di un selfie e pubblicazione sui social

15 minuti di stand-by

Differenze evidenti sugli smartphone provatiAbbiamo eseguito questi scenari su alcuni smartphone

in redazione, e per far capire quanto effettivamente sia-

no efficaci possiamo mostrare nel grafico A.Il Galaxy Note 10 dura circa 6 ore, lo Xiaomi Mi9T Pro

14 ore. Nelle stesse identiche condizioni e con il profilo

Heavy. Gli smartphone non sono tutti uguali, e anche a

parità di batterie le differenze ci sono.

Oltre al valore di autonomia espresso in minuti e ore riu-

sciamo ad avere anche altri dettagli interessanti, come la

temperatura raggiunta dal dispositivo durante il test e la

curva di consumo della batteria (schema B).Tuttavia non pubblicheremo questi grafici, sono a nostro

avviso poco pratici e leggibili: quello che vedrete al ter-

mine di ogni prova sarà una scheda simile a quella qui

sotto (che ha all’interno valori finti) che vi darà per ogni

smartphone la durata nei due diversi profili, medio e pe-

sante, e la temperatura media e massima raggiunta dalla

batteria durante il test, segno della bontà della dissipa-

zione e anche il risultato dei migliori smartphone.

Un test unico nel suo genere, ma ne arrivano altri a brevissimoPer la prima volta, come avete potuto leggere, riusciamo

a dare qualcosa di davvero unico e innovativo, qualcosa

che non si può trovare da altre parti: un valore di durata

basato su una simulazione di uso reale e ripetibile. Ci

sono come sempre altri elementi che impattano sull’au-

tonomia, ma con questi dati che tengono in conside-

razione Wi-fi, 4G, schermo, rete e ogni altro parametro

siamo finalmente in grado di rendere il valore confron-

tabile tra dispositivi diversi. Non solo: uno strumento di

questo tipo ci permetterà di dare valutazioni oggettive e

realistiche dell’impatto di alcune funzionalità sulle quali

si è sempre dato un giudizio soggettivo: quanto incide

l’Always on Display? E uno smartwatch collegato? E il

refresh dello schermo o un aggiornamento di Android?

Con uno strumento di questo tipo potremo ripetere lo

stesso test variando semplicemente una condizione.

E siamo solo all’inizio: come abbiamo scritto oltre all’au-

tonomia è difficile dare una valutazione della qualità della

rete, della bontà del GPS e della qualità delle chiamate.

Stay tuned, per quando uscirà la prova del Galaxy S20, e

manca poco, arriveranno anche quelle: test di laborato-

rio veri con dati che non troverete da nessun’altra parte.

A B

MOBILE

Il test di autonomia degli smartphonesegue Da pagina 07

Page 9: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 9

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Pasquale AGIZZA

I l 2020 sarà l’anno di WhatsApp Pay, al-

meno a sentire le dichiarazioni di Mark

Zuckerberg. Il dirigente americano, a

margine della conferenza sull’andamen-

to finanziario di Facebook, ufficializza

l’inizio delle operazioni entro i prossimi

sei mesi. “Nel 2018 abbiamo ottenuto

l’approvazione per testare WhatsApp

Pay con un milione di persone in India” la

dichiarazione del dirigente “E tantissime

persone hanno continuato a usarlo set-

timana dopo settimana. Sono davvero

entusiasta di questo, e mi aspetto che

inizi a diffondersi in un certo numero di

Paesi nei prossimi sei mesi”. Come evi-

denziato dalle parole di Zuckerberg, il

servizio è già disponibile per una selezio-

ne di utenti indiani. Il 2019 doveva essere

l’anno giusto per espandere il servizio a

tutta la popolazione dell’India, ma una

serie di beghe legislative hanno riman-

MOBILE L’annuncio è di Mark Zuckerberg, a margine della conferenza sui dati finanziari di Facebook

WhatsApp Pay partirà ufficialmente nel 2020 Pagamenti al bar e scambi di denaro tra privatiIl via entro i primi sei mesi del 2020, e l’Italia potrebbe essere fra le prime nazioni coinvolte

dato il lancio in grande stile del servizio.

In termini pratici, WhatsApp Pay è molto

simile ad altre piattaforme già diffuse. I

pagamenti passeranno, infatti, attraverso

la piattaforma WhatsApp, a cui va asso-

ciato un conto corrente o una carta di

credito. Consentirà non solo lo scambio

di soldi fra utenti, ma anche di pagare gli

esercenti e i siti di e-commerce che lo

supporteranno. Per chi è più attento alle

situazioni riguardanti l’Estremo Oriente,

WhatsApp Pay non può non ricordare

l’evoluzione di WeChat. L’applicazione

cinese, nata come semplice piattaforma

di scambio di messaggi, è diventata col

passare del tempo una piattaforma per il

business a 360 gradi.

Attraverso l’app gli utenti cinesi non solo

si scambiano soldi fra loro, ma pagano

anche le bollette, i biglietti del treno, gli

acquisti online, il conto del ristorante e

finanche le multe. Una storia di successo

che potrebbe guidare i prossimi passi di

Mark Zuckerberg.

Ecco come sarà Galaxy S20. Online le prime immagini ufficialiSamsung ha pubblicato per sbaglio la pagina relativa a Galaxy S20 sul sito tedesco. Confermate tutte le indiscrezioni, dal nome del prodotto allo schermo con il foro. A pochi giorni dal lancio si sa praticamente tutto di Pasquale AGIZZA

Schermo con foro centrale, settore fotografico rettangolare con le tre fotocamere in linea e, soprattutto, conferma del nome Galaxy S20 in-vece che S11. Tutte le indiscrezioni sui nuovi modelli top di gamma di Samsung hanno trovato la più au-torevole delle conferme.A togliere ogni dubbio è stata la stessa Samsung, che ha pubblica-to per errore la pagina relativa ai Galaxy S20 sul suo store tedesco. Dopo pochi minuti la pagina è stata rimossa, ma le immagini avevano fatto il giro del web. Oltre alla for-ma del telefono, le pagine hanno mostrato anche una nuova cover con griglia di LED simile a quella che il produttore aveva proposto per i vari modelli di S10. Questa pubblicazione arriva a pochi giorni dall’evento di San Francisco in cui Samsung svelerà i suoi nuovi top di gamma. L’appuntamento, infatti, è per l’11 febbraio e oltre ai nuovi Galaxy S20 c’è molta curiosità per la possibile presentazione di Gala-xy Z Flip. Samsung Galaxy S20 ar-riverà in tre versioni: normale, Plus e Ultra. Tutti i modelli utilizzeranno uno schermo con frequenza di aggiornamento di 120 Hz. La ver-sione più potente sarà il modello Ultra, che potrà contare anche su cinque fotocamere posteriori.

di Gaetano MERO

I l flusso di indiscrezioni in merito al Ga-

laxy Z Flip, nome provvisorio del pros-

simo smartphone pieghevole di Sam-

sung, sembra inarrestabile. A scatenare

l’entusiasmo degli utenti online è stata la

comparsa di alcuni render e la pubblica-

zione di una scheda tecnica dettagliata

a cura del magazine tedesco WinFuture.

Le immagini mostrano il Galaxy Z Flip nel-

le colorazioni purple e black che, secon-

do le informazioni, costituiranno due dei

quattro colori ufficiali dello smartphone.

Il design a conchiglia evidenzia, quando

il telefono è chiuso, una sorta di cornice

metallica sulla scocca che ha il compito

di conferire robustezza al Galaxy Z Flip

riparando dagli urti la parte centrale in

cui il display si flette. Passando ai dettagli

tecnici, Z Flip avrà un display AMOLED

da 6,7 pollici con risoluzione FHD+ e rap-

porto di 22:9, afferma WinFuture. Citato

anche l’Ultra Thin Glass di cui abbiamo già parlato, che proteggerà il display dai

MOBILE Non si placa la fuga di notizie sul nuovo smartphone pieghevole di Samsung, chiamato Flip

Galaxy Z Flip, il nuovo pieghevole di Samsung sarà così?In rete spuntano nuovi render e la scheda tecnica completa, a pochi giorni dalla presentazione

graffi e potrebbe a questo punto rappre-

sentare un materiale completamente

nuovo brevettato da Samsung per il set-

tore foldable. A bordo sarà presente qua-

si certamente il processore Snapdragon

855+, accompagnato da 8GB di RAM e

256GB per l’archiviazione interna, men-

tre sembra essere assente l’opportunità

di espandere la memoria con microSD.

Il comparto multimediale sarà costituito

da un doppio sensore 12MP+12MP gran-

dangolare, e una fotocamera interna da

10MP ricavata con un foro nel display e

dedicata chiaramente ai selfie. Conferma-

to il piccolo display di servizio esterno da

1’’ che si avvale della funzione Always On.

Galaxy Z Flip da aperto avrà uno spesso-

re di 7,2 mm, mentre con schermo piega-

to potrebbe raggiungere i 17 mm. Avanza-

te anche alcune ipotesi sulla batteria, con

una capienza da 3300 mAh, e sul prezzo

di lancio, attorno ai 1.500 euro.

Foto: winfuture.de

Page 10: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 10

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

I TV italiani Sony, LCD e OLED, ricevono finalmente AirPlay e HomeKitNovità nel firmware dei TV AF9 e AG9 e delle serie XG di Sony. Pieno supporto di AirPlay e Home Kit di Apple, e Dolby Atmos che può essere sfruttato dagli altoparlanti integrati di Sergio DONATO

Sony fa passare di livello i suoi TV LCD Bravia e OLED Master Series 2018-2019, distribuendo la “secon-da fase” dell’aggiornamento ad Android 9 Pie e integrando una serie di nuove compatibilità, tra cui AirPlay e Home Kit. Le serie inte-ressate dall’aggiornamento sono AF9, ZF9, AG9, ZG9, XG85/XG87 e XG95. La versione aggiornata del firmware che porta le migliorie è la v6.3598. Al suo interno sarà compreso il supporto di AirPlay e HomeKit di Apple, e di Dolby At-mos attraverso gli altoparlanti del televisore, ma che potrà trovare l’output anche via HDMI ARC. Ap-ple identifica come compatibili ad AirPlay 2 i modelli serie Z9G (2019) serie A9G (2019) X950G (2019) e serie X850G (2019, modelli da 85”, 75”, 65” e 55”). Nelle note dell’aggiornamento si legge che è stato aggiunto anche un menu “Restart”, che permette di riavvia-re il TV tenendo premuto il tasto di accensione sul telecomando. Inoltre sono stati risolti alcuni pro-blemi audio delle cuffie bluetooth quando venivano riprodotti conte-nuti Netflix in 4K o in Dolby Vision. Visitando questa pagina Sony è possibile avere una lista completa di cambiamenti previsti dall’ag-giornamento del firmware.

di Massimiliano DI MARCO

L a spinta dell’8K in Giappone è stata

sopravvalutata. Sharp ha annunciato

che inizierà a vendere in Giappone

anche TV OLED 4K che usano un pan-

nello prodotto da LG per estendere il ca-

talogo, a causa delle vendite inferiori alle

aspettative dei suoi TV 8K.

Il produttore nipponico è tra quelli che più

ha creduto nell’8K, specialmente dopo

che l’emittente nazionale giapponese,

la NHK, ha attivato un canale lineare che trasmette in 8K, tra cui soprattutto do-

cumentari. Eppure, la strategia di Sharp,

sostenitrice della tecnologia LCD, non ha

pagato: a settembre 2019 ha perso 3,6

punti rispetto a dicembre 2018, quando

deteneva una quota di mercato pari al

25,8%. In Giappone, Sharp è stata su-

perata da Sony e Panasonic per volume

di TV distribuite. Per tale

ragione, Sharp ha confer-

mato che includerà nella

sua offerta TV 4K OLED

da 55” e 65” al fine di

adattarsi alle richieste del

mercato. Dal 2017 Sharp

ha investito nella promo-

zione di TV 8K, che usano

un pannello LCD realizza-

to in proprio, ma i risultati commerciali

sono stati deludenti. Il prezzo, inoltre, è

molto elevato: 12.000 euro per un TV da 70”. A tale situazione ha contributo

un calo delle vendite nel segmento di

fascia alta, che per Sharp significa aver

venduto meno TV 8K del previsto. Pana-

sonic ha invece registrato una crescita

superiore al 30% delle TV OLED dai 55”

in su. Ottimi risultati anche per i TV OLED

Sony della stessa fascia. I contenuti di

NHK non rappresentano al momento una

base sufficiente per investire nelle TV

8K, soprattutto a casa di una scarsissima

presenza di contenuti online a questa

risoluzione. Le Olimpiadi 2020 di Tokyo

saranno trasmesse anche in 8K, eppure

a oggi i consumatori sembrano molto più

indirizzati verso le TV 4K, più versatili e

proposte a prezzi molto più contenuti.

TV E VIDEO Ci aveva creduto già nel 2017, ma ora Sharp è costretta a fare un passo indietro

L’8K non decolla in Giappone malgrado il canale NHK Sharp abbraccia anche l’OLED con pannello LGLa Casa giapponese, da sempre tra i principali sostenitori della tecnologia LCD, cede all’OLED

di Sergio DONATO

L a notizia è di quelle che può sposta-

re capitali ed è necessario prenderla

con le pinze. Le vendite delle linee

di produzione LCD di Samsung e LG ad

aziende cinesi sembrerebbero indicare

che i due colossi coreani abbiano inten-

zione di concentrarsi sulle “nuove” tecno-

logie: leggasi, Quantum Dot e OLED.

LCD dalla Corea alla CinaDalla Corea del Sud arrivano indicazioni

circa la vendita di apparecchiature per

le linee LCD di generazione 8.1 di Sam-

sung - appartenute al Campus Asan - a

un produttore cinese di pannelli chiamato

Efonlong, con sede a Shenzhen. Le ap-

parecchiature saranno spedite in Cina a

febbraio e saranno installate da Efonlong

entro agosto. Lo spazio liberato dalle linee

LCD “tradizionali” sarà occupato da quello

necessario alle linee per la produzione di

pannelli Quantum Dot, che riguarderan-

no probabilmente i tagli dai 65” in su. Se

la vendita di Samsung ha già i termini di

consegna e installazione, LG sembra sia

ancora in fase negoziale con un’azienda

cinese non definita che sarebbe disposta

ad acquistare una linea di produzione

LCD P8 di LG.

Il desiderio di “liberarsi” degli LCD, LG lo

aveva già sussurrato al CES 2020, quan-

do aveva dichiarato che era sua intenzio-

ne terminare la produzione di TV LCD in Corea e concentrarsi sulla produzione

in Cina, come risposta al calo dei prezzi

dei pannelli LCD e all’eccesso di offerta

globale. L’intenzione di LG sarebbe quella

di passare a una percentuale di vendita di

TV OLED dal 30% del 2018 al 50% entro

il 2021, e per farlo ha bisogno di iniziare

ad accelerarne la produzione. Non è

escluso che il calo dell’offerta di pannelli

LCD da parte di Samsung e LG non porti

a una prima fase in cui i prezzi degli stessi

potrebbero aumentare, per poi diminuire

nel momento in cui la produzione cinese

prendesse piede.

TV E VIDEO Dalla Corea del Sud arrivano indiscrezioni. Il panorama dei pannelli TV sta per cambiare

LG e Samsung dicono addio agli LCD Linee di produzione vendute ai cinesiLa scelta sembra anticipare il desiderio dei due colossi di dedicarsi a OLED e Quantum Dot

Page 11: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

Formation Duo, il primo sistema di altoparlanti senza fili per lo streaming che riesce a fornire la fedeltà "cablata" in modalità wireless,

per soddisfare l'audiofilo più esigente abituato allo standard Bowers & Wilkins.

W I R E D F I D E L I T Y, W I R E L E S S L Y.

www.audiogamma.it

133_bw_formation_pgp_DDY.qxp_- 18/11/19 15:23 Pagina 1

Page 12: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 12

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Paolo CENTOFANTI

Samsung al CES ha svelato in antepri-

ma i nuovi top di gamma 8K con cor-

nice ultra sottile, ma non si è lasciata

sfuggire nessuna anticipazione su quella

che sarà la gamma 2020 di televisori.

Giusto in tempo per il Super Bowl però,

Samsung ha annunciato in sordina negli

Stati Uniti la nuova serie Q60T, disponibi-

le per il momento solo in taglio da 85 pol-

lici. Si tratta di un TV con tecnologia QLED

e risoluzione 4K che introduce la nuova

retroilluminazione Dual LED, annunciata

da Samsung al CES parlando della nuova

gamma di TV Art. La tecnologia è stata

infatti sviluppata per offrire una più ricca

gamma cromatica, ma anche colori più na-

turali, e consiste essenzialmente nel mon-

tare due gruppi di LED “sintonizzati” su

temperature colore diverse, una più calda

e una più fredda, che verranno poi filtrati

dal “foglio” Quantum Dots per avere uno

spettro luminoso composto da sorgenti il

più possibile monocromatiche, il segreto

per avere un gamut più ampio. La serie

Q60T promette una copertura del 100%

in Ultra Wide Gamut e supporta i contenu-

ti masterizzati in HDR10+. Spulciando ulte-

riormente la scheda tecnica, intuiamo che

la serie Q60T offre tutte le novità annun-

ciate al CES per la piattaforma Smart TV

Tizen, con il supporto simultaneo per gli

assistenti vocali Amazon Alexa e Google

Assistant, oltre naturalmente a Bixby, inol-

tre si parla di “Supreme UHD Dimming” e

di “Quantum HDR 4x”, diciture simili ma

non del tutto a quelle utilizzate lo scorso

anno da Samsung, per cui non è chiaro se

il sostituto del Q60R diventa un Full LED o

rimane con retroilluminazione LED Edge.

Ricordiamo che la gamma QLED 2019 era

tutta full LED a partire dalla serie Q70R.

Ne sapremo sicuramente di più tra qual-

che settimana, quando Samsung dovreb-

be annunciare nel dettaglio tutte le novità

per gamma di TV 2020.

TV E VIDEO Già disponibile negli Stati Uniti la prima nuova serie 2020 di TV Samsung

Il primo TV 2020 di Samsung è il Q60T Presente la retroilluminazione Dual LEDEvoluzione del Q60R e che introduce la retroilluminazione Dual LED già presente sulla serie Art

di Sergio DONATO

Sembrano apparsi dal nulla i modelli

di TV OLED 4K denominati A85,

A87 e A89 da 55” e 65”. Non si era-

no visti nel corso del CES 2020, ma Sony

li ha esposti oggi sul proprio sito senza

indicarne il prezzo.

Le caratteristiche tecniche pubblicate

da Sony li rendono identici all’A8, quello

sì, visto a Las Vegas, e che è andato a

prendere il posto dell’AG8 presentato

nel 2019. Nel cuore degli A85, A87 e

A89 batte infatti lo stesso processore

X1 Ultimate che batte nella cassa tora-

cica dell’A8 e negli XH90, come anche

nel TV 8K ZG9. I pannelli da 55” e 65”

OLED 4K sono compatibili con l’HDR di

Dolby Vision e sono ovviamente prodot-

ti da LG Display. Piena compatibilità an-

che il suono Dolby Atmos, che proviene

direttamente dallo schermo grazie alla

tecnologia Acoustic Surface Audio che

riesce anche a rilevare la presenza de-

gli oggetti nella stanza al fine di ottimiz-

zare la resa audio del TV.

Il design è quello One Slate, il super

sottile di Sony con cornici altrettanto

minime, mentre il retro adotta lo stile

“Flush Surface” piatto, in modo da faci-

litare anche l’installazione a parete.

Il sistema operativo della serie A85,

A87 e A89 sarà ovviamente Android

TV 9, con piena integrazione con Alexa,

Google Assistant, AirPlay 2 e HomeKit

di Apple.

Sony non ha dato per il momento altre

indicazioni sul prezzo o sulla disponibilità

della nuova serie di TV OLED 4K.

TV E VIDEO Sono apparsi sul sito Sony tre nuovi modelli di OLED in due tagli, tutti della stessa serie

A85, A87 e A89: spuntano nuovi TV OLED 4K di Sony Fino a 65” con processore d’immagine X1 UltimateSono l’A85, A87 e A89 e sembrano identici all’A8, ma non si sono visti al CES 2020

AppleTV, l’app arriva sui televisori LG con video in 4K e Dolby VisionLG ha rilasciato in 80 paesi del mondo, Italia compresa, l’applicazione AppleTV per i suoi TV più recenti. Permette di accedere al servizio di streaming di Apple e alla libreria di contenuti onDemand, per la prima volta anche in Dolby Vision di Roberto PEZZALI

Da oggi, anche in Italia i possessori di una smart TV LG del 2019 pos-sono installare l’app di AppleTV e sottoscrivere i canali disponibili, AppleTV+ o Starz, o acquistare e film dalla library di iTunes alla mas-sima qualità, Dolby Vision incluso. LG è il primo partner di Apple a po-ter gestire su una periferica ester-na i contenuti di Apple TV in Dolby Vision: finora questo si poteva fare solo con il set top box Apple TV 4K. Manca solo il Dolby Atmos, che è ancora una “esclusiva” Apple. L’app è stata rilasciata per i TV del 2019 quindi le serie B9, C9, E9 e W9 OLED e per le serie di TV LCD Nanocell, SM9 e SM8. Nel corso dell’anno, verrà rilasciata anche per le UM7 e UM6, le serie LCD standard senza pannello NanoCell sempre 4K. Quando uscirà l’app per questi modelli, dopo l’estate forse, arriverà anche quella per i TV del 2018, mentre i TV del 2020 arriveranno con l’applicazione già installata. I TV del 2017 non saran-no supportati. Ora, grazie all’app, si possono vedere The Morning Show o For All Mankind dal TV, ba-sta solo fare l’account e sottoscri-vere il servizio da 5 euro al mese.

Page 13: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 13

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Paolo CENTOFANTI

L a strada verso la realizzazione in Italia delle reti

cellulari in tecnologia 5G è segnata dalla nascita di

movimenti di protesta e opposizione come non se

ne sono mai visti per tutte le generazioni precedenti di

telefonia mobile. Lo scorso 25 gennaio si è addirittura

tenuta una giornata mondiale per dire stop alla speri-

mentazione e implementazione della nuova tecnologia,

che rappresenterebbe “una minaccia biologica di mas-

sa”, spesso sulla base di false convinzioni che nulla han-

no a che fare con il metodo scientifico.

Per riportare appunto la Scienza al centro del dibattito e

fare luce su quali possano essere gli elementi della tec-

nologia 5G che potrebbero realmente destare preoccu-

pazione, ci siamo recati all’Istituto Superiore di Sanità,

per fare una chiacchierata con il Dott. Alessandro Poli-

chetti, Primo Ricercatore e titolare del progetto Salute e

Campi Elettromagnetici, promosso dal Centro Controllo

Malattie del Ministero della Salute. Il Dott. Polichetti ha

infatti alle spalle una lunga serie di pubblicazioni scienti-

fiche sull’interazione tra campi elettromagnetici e corpo

umano e sugli effetti sulla salute. Quello che segue è

un estratto dell’intervista, che tocca i temi principali della

lunga chicchierata.

DDay.it: Dott. Polichetti andiamo dritti al punto: esi-

ste un’emergenza 5G relativamente ai rischi per la

salute pubblica?

Dott. Alessandro Polichetti: “Se c’è un’emergenza è

un’emergenza relativa alle preoccupazioni della popo-

lazione. Il discorso è se c’è un reale motivo di preoc-

cupazione. Sono due gli elementi principali che hanno

preoccupato la popolazione: uno, il fatto che è prevista

l’installazione di

molte più antenne,

più numerose di

quelle attuali. L’al-

tro motivo è che

verranno utilizzate

anche frequenze

che sono un po’ più

elevate di quelle utilizzate attualmente dalla tecnologia

cellulare 4G.

Intanto perché ci sarà un aumento del numero delle

antenne: l’evoluzione della tecnologia cellulare, già fin

dal 4G, è stata caratterizzata dall’installazione di più

antenne ma meno potenti e in generale da una ridu-

zione dei livelli di esposizione e con il 5G si continuerà

questa tendenza. Il 5G sarà poi destinato anche all’in-

ternet delle cose, quindi aumenteranno ancora di più

gli utilizzatori per cella, motivo per cui sarà necessaria

una diminuzione ulteriore delle dimensioni delle celle e

quindi un maggior numero di antenne. Parte della popo-

lazione si è preoccupata pensando che a tante antenne

corrisponda un aumento dell’esposizione, ma in realtà

SCIENZA E FUTURO Siamo andati all’Istituto Superiore di Sanità per capire se c’è qualcosa di vero nelle tesi dei movimenti “No 5G”

Ecco la verità scientifica del dott. Polichetti (ISS) “Il 5G non fa male, non c’è alcuna evidenza”Ne abbiamo parlato con il Primo Ricercatore dott. Alessandro Polichetti, che smonta tutti i “teoremi” degli allarmisti

avere tante antenne significa una diminuzione dei livelli

di esposizione, perché le potenze di emissione saranno

più basse.

Poi l’altro fattore è quello dell’utilizzo delle cosiddette

onde millimetriche (in realtà

superiori ai 30 GHz). In Italia

saranno utilizzate delle bande

di frequenza abbastanza simili

a quelle attuali, più una banda

a circa 27 GHz e si è detto che

per queste diverse frequenze

non sappiamo nulla sugli effet-

ti per la salute perché si tratta di frequenze inesplorate,

ma anche questo non è vero”.

DDay.it: Quali sono gli effetti biologici dei campi elet-

tromagnetici e a questo proposito c’è un intervallo

di frequenze che interagisce più di altri con il corpo

umano?

Dott. Polichetti: “Allora, intanto per i campi a radiofre-

quenza frequenza si intendono onde tra 100 KHz e 300

GHz. In questo intervallo di frequenze gli effetti che sono

stati accertati dalla ricerca scientifica sono gli effetti

connessi al riscaldamento. Sappiamo che un’onda elet-

tromagnetica che investe il corpo umano viene in parte

riflessa in parte assorbita dal corpo venendo convertita

in calore. Questo calore può tradursi in un aumento di

temperatura dei tessuti, ma l’aumento di temperatura è

limitato a causa del fatto che noi abbiamo un sistema

termoregolatore. Quali sono i livelli di esposizione che

possono dare luogo a questi effetti? Si usa per caratte-

rizzare questi effetti una grandezza detta SAR (specific

absorption rate) che per l’esposizioni localizzate della

testa non deve superare il valore di 2 Watt/kg, ed è un

limite previsto da uno standard internazionale di prote-

zione, che è stato ottenuto tramite fattore di riduzione

della soglia di effetto che è molto più alta in realtà: si

pensi a un fattore di protezione pari a circa 50 volte

rispetto alla soglia di effetto. Per avere un reale effetto

termico bisognerebbe avere potenze molto ma molto

più elevate. Il 5G questi livelli di esposizione non li dà.

Ci sono delle frequenze dove c’è un maggiore assorbi-

mento di energia e vanno da qualche MHz a qualche de-

cina di MHz, perché il corpo umano in questo intervallo

si comporta come un’ antenna risonante e abbiamo un

picco nell’assorbimento di energia. Questo non significa

che siano pericolose: tutto dipende dall’intensità. Per le

onde millimetriche sappiamo che per queste frequenze

l’esposizione del corpo è limitata agli strati più esterni,

quindi tutto l’assorbimento è limitato alla pelle. Questo

di per sé però non significa che non possano esserci

rischi naturalmente. Faccio un esempio: la radiazione

ultravioletta solare è una radiazione accertata come

cancerogena, nonostante il fatto che anch’essa venga

assorbita totalmente a livello della pelle. Però in quel

caso sappiamo che la radiazione ultravioletta ha degli

effetti mutageni che possono dare luogo appunto a dei

danni del DNA e poi abbiamo forti evidenze epidemio-

logiche di aumenti di tumori della pelle in persone che

sono state esposte molto alla radiazione solare, eviden-

za che non c’è per i campi elettromagnetici. Non abbia-

mo l’indicazione di questo e possiamo dire che anche

alle nuove frequenze del 5G i meccanismi noti sono

solo quelli termici.

segue a pagina 14

L’intervista al dott. PolichettiVersione ridotta

lab

video

“In realtà avere tante antenne significa una di-minuzione dei livelli di esposizione, perché le potenze di emissione saranno più basse, quindi il numero di antenne non dovrebbe costituire un elemento di preoccupazione”

Page 14: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 14

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

Poi c’è tutto il problema aperto degli effetti a lungo ter-

mine come il possibile effetto cancerogeno dei campi

elettromagnetici, che è stato studiato ormai da decenni,

già prima dell’avvento della telefonia cellulare. Gli studi

sono sia sperimentali che epidemiologici, epidemio-

logici fatti sull’uomo direttamente esposto al campo

elettromagnetico, sperimentali su animali esposti in

laboratorio o su cellule

quando vogliamo capi-

re l’interazione a livello

di DNA. Ora, tutti questi

studi sono stati esami-

nati dall’Agenzia Inter-

nazionale per la ricerca

sul cancro nel 2011, che

sulla base di alcuni di

essi ha classificato i

campi elettromagnetici

a radiofrequenza come possibilmente cancerogeni per

gli esseri umani. Questi studi sono stati effettuati su casi

controllo di patologie molto rare, in cui invece di pren-

dere un campione di persone molto numeroso e andare

poi ad aspettare nel tempo di contare i casi di tumore, si

vanno a prendere già direttamente le persone malate,

creando un gruppo di controllo con un gruppo di per-

sone sane dalle simili caratteristiche sotto vari punti di

vista. Si va dunque a ricostruire l’esposizione nel passa-

to ai fattori di rischio, dieci anni in questo caso, e l’unico

modo che è stato ritenuto valido per farlo era quello di

utilizzare dei questionari.

L’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro esami-

nando questi studi su casi di glioma, tumore maligno del

cervello, e del neurinoma del nervo acustico, che è un

tumore benigno, ha determinato che questi risultati po-

tevano essere effettivamente dovuti a una relazione di

causa/effetto tra campo elettromagnetico e tumore, ma

anche ad altri problemi negli studi tra cui la distorsio-

ne del ricordo: in sostanza, le persone malate possono

ricordarsi eventi passati, diversamente da quelle sane,

sovrastimando l’esposizione a fattori di rischio. Non

potendo stabilire con certezza la relazione, si dice che

l’evidenza proveniente da questi studi è limitata, quindi

non sufficiente a stabilire nell’uomo la cancerogenicità

dei campi elettromagnetici, ma questa evidenza limitata

viene utilizzata per classificare i campi elettromagnetici

come possibilmente cancerogeni e non come probabil-

mente cancerogeni, classificazione che invece si utiliz-

za per gli agenti per i quali è stata dimostrata la cance-

rogenicità su alcuni animali da laboratorio”.

DDay.it: Parlando di studi scientifici ce ne sono due

che tipicamente i promotori della campagna “No

5G” portano a evidenza della pericolosità dei campi

elettromagnetici, uno è quello dell’Istituto Marazzini

e l’altro, complementare, della NTP americana. Sono

da ritenersi validi in questo dibattito?

Dott. Polichetti: “Sono degli studi importanti, come

sono importanti tutti gli studi, il problema è che di studi

sui campi elettromagnetici ne sono stati fatti decine di

migliaia, ma la cosa importante da tenere presente è

che ogni studio, per quanto sia valido e importante, va

sempre visto nel contesto di tutti gli altri studi per vedere

se ci sono delle coerenze con gli altri studi, se i risultati

sono consistenti o meno; se poi lo studio dà un risultato

molto diverso bisogna capirne il perché e magari è dav-

vero lo studio giusto al momento giusto che ha mostrato

qualche cosa di nuovo. Ora diciamo che se uno va a

vedere il complesso di tutti gli studi, compresi questi due

ultimi studi sugli animali, in realtà non sembra che cam-

bi totalmente il quadro delle cose, quindi non ci si può

affidare solo su questi due studi. Bisogna fare poi delle

osservazioni su quale sia il risultato di questi studi. Il ri-

sultato è un aumento su topi

da laboratorio dello schwan-

noma cardiaco, un tumore

delle cellule nervose in pra-

tica, simile e questo è impor-

tante al neurinoma del nervo

acustico che era stato preso

in considerazione dagli studi

sui telefoni cellulari, il che è

un punto a favore dell’impor-

tanza di questo studio”.

I test sono stati fatti su ratti maschi e femmine e su topi

maschi e femmine però gli aumenti di schwannoma

sono stati osservati solamente nel ratto maschio non

nel ratto femmina e non nel topo, quindi già c’è qualche

problema. Poi sono esperimenti su animali, importanti

perché in condizioni controllate, ma rimane il problema

dell’estrapolazione da una specie all’altra, in particola-

re estrapolazione all’uomo. Intanto appunto ripeto, non

si può estrapolare nemmeno dal ratto al topo perché

nel topo non è stato osservato un aumento, quindi c’è

già qualche problema da

questo punto di vista. Poi

c’è il problema dei livelli

di esposizione, visto che

questi animali sono sta-

ti esposti, in particolare

nello studio americano, a

livelli molto molto elevati,

con un SAR di 6 Watt/kg.

Un’altra cosa importante

è che questi topi sono stati

esposti nello studio ameri-

cano per due anni, e nello

studio italiano dell’istituto

Ramazzini per tutta la vita

dell’animale, quindi due tre

anni, con esposizioni molto

prolungate. Ora se questi sono stati esposti a livelli di

campo tali che c’è un aumento di temperatura si potreb-

be ritenere che questo effetto sia dovuto a questo, cosa

che non c’è nelle persone esposte al telefono cellula-

re. Poi ci sono varie altre considerazioni. Per esempio

nello studio americano è stato osservato che gli animali

di controllo, cioè quelli non esposti, morivano prima di

quelli esposti, per qualche motivo che non è mai stato

individuato. E questo può avere un effetto sull’analisi

statistica, perché se gli animali di controllo muoiono

prima, potrebbero non aver vissuto abbastanza per

sviluppare il tumore come gli animali esposti, andando

a sporcare i dati. Viceversa l’animale esposto poteva

presentare il tumore, perché si è sviluppato nell’ultimo

TEST

Polichetti (ISS): “Il 5G non fa male”segue Da pagina 13

periodo di vita, e magari non perché è stato maggior-

mente esposto al campo elettromagnetico, ma perché

ha vissuto di più. Questi studi, come tutti gli studi danno

informazioni, hanno i loro pro e i loro contro, ma vanno

valutati insieme a tutti gli altri, e presi da soli non han-

no alcuna valenza nel dire che ci sono degli effetti dei

campi elettromagnetici. Se proprio ci fosse un effetto

dei campi elettromagnetici sull’animale bisogna tene-

re conto che sono stati esposti a livelli molto ma molto

elevati, quindi non sono confrontabili con l’esposizione

dell’essere umano che utilizza il telefono cellulare nor-

malmente”.

DDay.it: Tra l’altro tornando alle nuove frequenze uti-

lizzate da 5G, il fatto che come lei diceva interagisco-

no al massimo sullo strato superficiale della pelle, fa

pensare che anche negli edifici probabilmente queste

onde non penetreranno, eppure comunque in Italia la

normativa ha imposto un limite massimo per l’esposi-

zione negli ambienti abitati molto più basso rispetto

agli standard europei e piatto su tutto l’intervallo di

frequenze. Ha senso un limite del genere?

Dott. Polichetti: “Il limite che è stato dettato dalla nor-

mativa italiana risale al 1998, in un decreto ministeriale

che fissava i limiti di radiofrequenza compatibili con la

salute umana. In Italia cioè c’è una legge ispirata al prin-

cipio di precauzione, con limiti finalizzati a proteggere

la salute da eventuali effetti non accertati. Già all’epoca

non è che ci fossero queste evidenze di effetti a lungo

termine, e non c’è una base scientifica per definire un

valore al di sopra del quale non siamo tutelati dagli ef-

fetti a lungo termine che ancora non conosciamo”.

È un limite definito a livello arbitrario e il criterio che è

stato adottato è che fosse più basso dei livelli d’espo-

sizione necessari per gli effetti accertati di

aumento della temperatura: è stato intro-

dotto un fattore 10 che è del tutto arbitrario

e senza tenere conto della frequenza. Se

si vanno a vedere i limiti internazionali dei

campi per gli effetti accettati si vede che i

limiti hanno effettivamente un andamento a

scalino a seconda degli intervalli di frequen-

za, in base all’effetto risonanza del corpo

umano. Il valore di campo elettrico di 6 V/m

è stato definito costante tirando una linea

dritta, perché era un valore che poteva es-

sere accettabile dal punto di vista tecnico,

perché non dava problemi alle installazioni

che c’erano all’epoca. È stata una decisione

non su basi scientifiche ma essenzialmente

politica.

Una cosa importante da tenere presente per chi si

preoccupa del 5G è proprio che in italia c’è questa le-

gislazione protettiva particolarmente restrittiva rispetto

agli standard internazionali, rispetto a quelli raccoman-

dati dall’Unione Europea per gli effetti accertati. Per

quante antenne si andranno a mettere per il 5G, anche

trascurando il fatto di cui abbiamo parlato prima della

riduzione della potenza, c’è comunque una legge na-

zionale che impone questo limite molto restrittivo che

non può essere superato”.

segue a pagina 15

“Cosa vuol dire “possibilmente cancerogeni”: vuol dire in pratica che c’è qualche studio che mostra qualche indicazione di un aumento del rischio, che però potrebbe essere dovuta ad altri fattori, inclusi problemi su come sono stati condotti gli studi stessi”

“Qualsiasi studio, per quanto sia valido e importante, va sem-pre visto nel contesto di tutte le altre ricerche, per vedere se ci sono delle coerenze con gli altri studi e se i risultati sono consi-stenti o meno. Presi da soli non hanno alcuna valenza nel dire che ci sono degli effetti dei cam-pi elettromagnetici”

Page 15: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 15

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

DDay.it: ha senso quindi alla luce di tutto ciò avere

dei comportamenti precauzionali, come l’utilizzare

un auricolare quando si parla con il cellulare?

Dott. Polichetti: “Gli effetti non sono dimostrati, per cui

neanche l’Organizzazione Mondiale della Sanità sug-

gerisce dei comportamenti precauzionali. Quello che

raccomanda l’Organizzazione Mondiale della Sanità

e anche il mio istituto è che si faccia un’informazione

corretta sui rischi per evitare an-

che allarmismi eccessivi: se io mi

voglio comunque cautelare del

rischio che non è dimostrato, lo

posso fare, è una mia scelta. Ma

almeno devo sapere quali sono

gli accorgimenti utili e quelli inu-

tili, perché se ne dicono tante di

cose infondate. Quindi, stabilito

che posso ridurre l’esposizione ma non il rischio, che

non è dimostrato, una cosa fondata è utilizzare l’aurico-

lare, perché si allontana il telefono e bastano già pochi

centimetri perché si riduca l’esposizione della persona,

perché bisogna sempre ricordare che la principale cau-

sa di esposizione della popolazione ai campi elettroma-

gnetici è data dall’utilizzo del telefono cellulare attac-

cato all’orecchio, e bisognerebbe dire anche quando

c’è l’emissione alla massima potenza, generalmente

quando c’è poca ricezione o all’inizio della chiamata.

Quando c’è una buona ricezione, quando c’è un buon

collegamento fra il telefono cellulare e l’antenna base,

la potenza viene ridotta anche per aumentare la durata

della batteria”.

DDay.it: Quindi in realtà anche in questo caso meglio

avere tante antenne…

Dott. Polichetti: “Certo, dal punto di vista dell’utilizzato-

re avere tante antenne è buono perché vuol dire ave-

re sempre un’antenna vicino e quindi bassa potenza

emessa dal cellulare. Ma in ogni caso, utilizzare l’aurico-

lare è un buon metodo per diminuire l’esposizione che

si avrebbe tenendo appoggiato il cellulare all’orecchio,

perché basta appunto allontanarlo di poco. Poi bisogna

però dire anche che se si utilizza un auricolare al fine di

ridurre l’esposizione è inutile che si metta il telefono in

tasca perché si sta spostando l’esposizione dalla testa

ad altre parti del corpo. Noi in realtà non abbiamo nes-

sun motivo biologico per definire che la testa sia a mag-

gior rischio: gli studi che hanno mostrato gli effetti sui

tumori della testa è perché erano studi relativi all’utilizzo

normale, soprattutto all’epoca, in cui il cellulare veniva

appoggiato all’orecchio, ma non c’è motivo di ritenere

che i tessuti cerebrali siano più a rischio, quindi se lo

mettete da un’altra parte del corpo è uguale. Se voglio

utilizzare l’auricolare per questo fine allora il cellulare lo

appoggio da qualche parte. Un altro accorgimento utile

è usare il viva voce per lo stesso motivo, si allontana te-

lefono. Oppure preferire messaggi vocali: anche se uno

parla col telefono abbastanza vicino alla bocca, mentre

parla non c’è nessuna emissione. L’emissione c’è solo

quando si invia, è un segnale molto breve.

Poi ci sono invece i consigli inutili. Un consiglio inutile e

ci tengo particolarmente a dirlo, è quello di comprare i

telefoni a bassa SAR; questa è una cosa che dal punto

di vista della protezione della salute non ha nessuna

base scientifica, perché intanto il SAR viene valutato in

un certo modo ai fini della protezione dagli effetti ter-

mici, in cui si hanno effetti a soglia e qui sappiamo che

se rispetto i 2 Watt/kg non succede nulla. Allora come

si fanno le valutazioni del SAR: i produttori fanno questi

test, si prende un fantoccio che simula dal punto di vista

elettromagnetico il corpo e la testa, si mette il telefono

vicino al telefono e viene attuata una condizione di

massima potenza continuativa, che non è quella reale:

è la massima potenza che il telefono può emettere, e si

vede se questo SAR supera

o meno la misura di 2 Watt/

kg, e non li deve superare.

Intanto la prima cosa: se io

ottengo 1 Watt/kg o 0,1 Watt/

kg, dal punto di vista degli ef-

fetti termici è la stessa cosa.

Perché basta che sono sotto

la soglia e non c’è riscalda-

mento eccessivo e non succede nulla. Per un’eventuale

protezione dagli effetti a lungo termine, questo tipo di

valutazione che viene fatta non è utile perché si valu-

ta ancora una volta il SAR a massima potenza, quindi

non sono nelle condizioni realistiche d’uso. Io posso

pensare che un telefono ad alto SAR sia più pericoloso

di un altro, ma magari è più efficiente di un altro tele-

fono a basso SAR e magari emette di meno. Quindi [in

condizioni normali] non

avrò quel SAR massimo,

avrò un SAR più basso.

Quindi non ho nessuna

indicazione dal valore

di SAR di quale sia più o

meno pericoloso. Quindi

quello che dico io è che

l’importante è che il SAR

rispetti il limite e se non

rispetta il limite non può

essere venduto e non può avere il marchio CE.

Altre cose che si dicono sono “non tenere il cellulare

in tasca”, ma se io sto semplicemente trasportando il

telefono cellulare in tasca quando vado da una parte

all’altra, questo telefono emette il segnale ogni tanto

per farsi riconoscere dalla rete, ma l’esposizione è del

tutto trascurabile. Oppure “non tenetelo acceso sul co-

modino”, ma pure lì: il telefono non sta trasmettendo.

Trasmette ogni tanto, quindi il fatto che durante la notte

questo telefono cellulare sia acceso dà un contributo

trascurabile all’esposizione”.

DDay.it E se è connesso a una rete Wi-Fi invece?

Dott. Polichetti: “Allora che cosa succede, con il tra-

sferimento dati il telefono cellulare emette solo se è in

upload e trasferisce i dati. Generalmente quando gli

smartphone sono accesi possono fare degli aggior-

namenti, ma con gli aggiornamenti si scaricano i dati

non si caricano, e quando si scarica si riceve, quindi

non c’è un aumento dell’emissione anzi non c’è proprio

un’emissione. Oppure quando si utilizza lo smartphone

per guardare i video, li si stanno ricevendo i dati, quindi

pure lì non c’è nessuna emissione”.

DDay.it visto che parliamo di wifi c’è anche chi la

notte sempre preferisce spegnere completamente il

router di casa oppure spegnere solo il Wi-Fi. Wi-Fi e

Bluetooth e simili, possono essere messi nello stesso

calderone dei cellulari o sono tutt’altra cosa?

Dott. Polichetti: “Noi ragioniamo sempre in termini di

esposizione, perché una volta premesso che i rischi non

sono accertati, anche in quel caso con il Wi-Fi l’esposi-

zione è molto bassa perché qui bisogna sempre tenere

conto delle potenze necessarie per coprire determinate

distanze. Mentre il telefono cellulare deve raggiungere

centinaia di metri, anche chilometri di distanza nelle si-

tuazioni peggiori di copertura, il Wi-Fi copre una venti-

na di metri, non più di tanto, quindi la potenza emessa

non è molto alta, proprio perché sarebbe inutile. Così

il Bluetooth, ancora meno: il Bluetooth copre una de-

cina di metri quindi potenza molto bassa. Infatti ci si

chiede, “ma l’auricolare Bluetooth io lo voglio utilizzare

per limitare l’esposizione, è un buon metodo visto che

lui emette?” Beh, diciamo che certo c’è un po’ di espo-

sizione rispetto all’auricolare a filo ma è sicuramente

molto più bassa dell’esposizione del telefono cellulare,

quindi anche l’auricolare Bluetooth comunque limita

di molto l’esposizione perché il campo che emette è

molto più basso rispetto a quello del telefono cellula-

re. Tenere acceso il Wi-Fi di notte... che poi le antenne

del Wi-Fi tra l’altro non solo hanno potenza più basse,

ma poi non viviamo vicino al modem e non abbiamo

l’antenna del modem vicino alla testa, è da qualche par-

te in casa. Qual è il problema se è acceso di notte? La

gente si preoccupa anche perché se prendo il telefono

cellulare, vedo tutte queste reti

Wi-Fi dei vicini di casa e penso

“chissà quanto c’è di esposizio-

ne”. In realtà sono valori molto

bassi perché praticamente i te-

lefoni cellulari e tutti i dispositivi

che utilizzano il Wi-Fi sono molto

sensibili, quindi il livello di campo

necessario per dire che c’è una

rete è molto basso.

DDay.it: Per concludere, un messaggio per quei sin-

daci che ci sono in italia che stanno ostacolando il 5G

dicendo no alle antenne, cosa possiamo dire loro?

Dott. Polichetti: “È ovvio che i sindaci si preoccupano

che sia tutelata la salute pubblica e soprattutto se ci

sono le persone in allarme nel loro comune, è tutto com-

prensibilissimo. Quello che però è importante capire è

che spesso si dice: “noi non faremo installare le anten-

ne finché non avremo la totale sicurezza di queste an-

tenne”. Allora, è un discorso che spesso non viene com-

preso: la sicurezza totale non si potrà mai determinare

per nessuna cosa. Quello che noi possiamo fare, e per

qualunque tecnologia, per qualunque agente, è cerca-

re evidenze di rischio. Noi cerchiamo queste evidenze,

studiamo, facciamo degli studi sulla base di conoscen-

ze scientifiche, che si applicano anche ai campi elettro-

magnetici del 5G. Al momento non abbiamo ragioni per

dire che ci siano motivi fondati di preoccupazione, più di

questo non si può dire. Poi è giusto, continuiamo le ricer-

che, però non fare installare l’antenna in attesa della ri-

cerca definitiva che dica al cento per cento che è sicuro,

vuol dire non installarle mai, perché non ci sarà mai una

ricerca che darà la sicurezza al cento per cento”.

TEST

Polichetti (ISS): “Il 5G non fa male”segue Da pagina 14

“Bisogna sempre ricordare che la prin-cipale causa di esposizione della po-polazione ai campi elettromagnetici è data dall’utilizzo del telefono cellulare attaccato all’orecchio”

“Non si ha nessuna indicazione dal valore di SAR pubblicato dai produttori su quale cellulare sia più o meno pericoloso. Un te-lefono ad alto SAR magari è più efficiente di un altro telefono a basso SAR e magari emette di meno in condizioni di normale utilizzo”

Page 16: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 16

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

Hyperloop sbarca in Italia: 6 tratte in studio. Il primo viaggio entro 10 anniGabriele Gresta, fondatore di Hyperloop TT in America, ha annunciato il debutto di Hyperloop Italia. Una nuova società che si metterà subito al lavoro per realizzare in Italia 6 tratte ad altissima velocità già in progetto di Alessandro CUCCA

Hyperloop arriva in Italia. Merito di Gabriele Gresta, già fondatore di HyperloopTT negli Stati Uniti. Gre-sta ha lanciato a Roma Hyperloop Italia, una nuova startup che vuole realizzare in Italia il treno che può viaggiare fino a 1.200 km/h. Hyper-loop è già al lavoro su 6 ipotetiche tratte per questo nuovo mezzo di trasporto superveloce ed ecologi-co. Il nuovo team si metterà presto al lavoro per stipulare gli accordi necessari con aziende ed enti lo-cali e partire con i primi studi di fat-tibilità. Gresta conta di realizzare in tempi brevi la prima tratta, forse in meno di 10 anni dall’inizio dei primi studi, e assicura che la produzione “avverrà anche in Italia: essendo un modello basato sulle licenze, noi portiamo la tecnologia e poi facciamo consorzi con dei partner locali”. I Partner con cui Hyperloop Italia dovrà interagire sono Anas, Fs, Ferrovie Nord, e sono già sta-ti interessati anche i presidenti di varie regioni. Tra le 6 tratte imma-ginate finora ci sarebbero le linee Milano Stazione Cadorna-Malpen-sa che verrà coperta in meno di 10 minuti e poi Verona-Trieste in mez-z’ora e quella Corsica-Sardegna che aveva vinto la “Global Challen-ge” nel 2017.

di Sergio DONATO

Quello che sembra un mucchio di

chicchi di grano o il dettaglio di

un croccante ai cereali, è in real-

tà il nostro Sole. È l’immagine a più alta

risoluzione della superficie del Sole mai

ottenuta ed è merito dell’Inouye Solar

Telescope, nelle isole Hawaii.

Le immagini sono state mostrate dal

National Solar Observatory (NSO) de-

gli Stati Uniti, che illustrano il successo

ottenuto dall’Inouye Solar Telescope,

appollaiato a 3.000 metri sul vulcano

Haleakala a Maui. Il telescopio ha uno

specchio di 4 metri di diametro che ren-

dono la sua area di raccolta sette volte

maggiore rispetto ai più grandi telesco-

pi solari presenti sul globo.

Plasma in continuo movimentoL’immagine della superficie del sole

ottenuta copre un’area quadrata di

36.500 km per lato (qui l’immagine da scaricare), mentre i “chicchi gialli” che

vengono mostrati sono in realtà celle

convettive, ciascuna grande circa 1.000

km, generate dai movimenti del plasma.

Le celle si chiamano infatti “granuli” e

si formano grazie al plasma che sale

al centro di esse per poi espandersi e

raffreddarsi.

I bordi più scuri dei granuli sono i cor-

ridoi in cui defluisce il plasma ormai

“freddo”. Di fatto, i corridoi sono lo stes-

so plasma che appare più scuro perché

la sua temperatura è più bassa di quella

del plasma che sta continuando a risa-

lire per mantenere la forma dei granuli.

Un ciclo continuo.

SCIENZA E FUTURO Mostrate da “vicino” le celle convettive del plasma sulla superficie solare

Ecco il sole come non l’abbiamo mai visto La foto a più alta risoluzione della superficie L’incredibile immagine è stata prodotta dall’Inouye Solar Telescope, nelle isole Hawaii

Che tempo che fa nello spazioAl di là della bellezza mozzafiato del-

l’immagine, la capacità del telescopio

Inouye permetterà di produrre mappe

del campo magnetico presente nella co-

rona solare al fine di ottenere previsioni

più accurate delle tempeste solari e so-

prattutto di quello che viene chiamato

“space weather”, ovvero “tempo meteo-

rologico dello spazio”.

Non significa che gli scienziati siano in-

tenzionati a prevedere la pioggia nello

spazio. Per “meteorologia spaziale” si

intende lo studio delle variazioni delle

condizioni dello spazio che possono

avere ripercussioni sulla Terra.

Un esempio è il vento solare, cioè il flus-

so di materia emesso costantemente

dalla nostra stella e che si propaga per

tutto il sistema solare, Terra compresa.

Il presidente di Aura (Association of Uni-

versities for Research in Astronomy),

l’ente che gestisce il telescopio Inouye,

a tal proposito, ha dichiarato: “Le nostre

previsioni (del meteo spaziale, ndr) sono

in ritardo di 50 anni rispetto al meteo ter-

restre, se non di più. Ciò di cui abbiamo

bisogno è di comprendere la fisica che

sta alla base del tempo meteorologico

spaziale, e questo inizia dal Sole, che è

ciò che il telescopio solare Inouye stu-

dierà nei prossimi decenni”.

Le difficoltà nel fotografare il soleScattare una foto al sole non è una pas-

seggiata. Si parla di “telescopi solari”

proprio perché devono avere caratteri-

stiche particolari per poter puntare una

stella come il sole e riuscire a estrarre

un’immagine senza soffrire dell’enor-

me calore focalizzato. Nello specifico,

l’Inouye Solar Telescope focalizza una

luce solare nel suo fuoco primario di ben

13 kW. Per disperdere il calore ricevuto

durante l’osservazione del sole, l’Inouye

si serve di 10 km di tubature nelle quali

circola un liquido refrigerante che raf-

fredda tutta la struttura. Il liquido stesso

viene continuamente mantenuto freddo

grazie al ghiaccio prodotto nei pressi del

telescopio nel corso della notte.

Lo specchio primario dell’Inouye Solar Telescope nel 2018 al termine del processo di alluminizzazione.

Page 17: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 17

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Roberto PEZZALI

D iletta Leotta intervista Francesco Totti. E Totti si

sbottona, ammettendo che con un cambio di

proprietà potrebbe anche tornare alla Roma da

dirigente. È successo tutto a Linea Diletta, nel corso

dell’ultimo episodio del format originale DAZN nato la

scorsa stagione e proseguito quest’anno che ha visto il

campione della Roma protagonista.

DAZN è conosciuta ormai in tutto il mondo come la

casa dello sport in streaming, ma di fianco agli even-

ti sportivi in diretta, dalla Serie A alla Boxe passando

per il football americano e la pallavolo, DAZN produce

contenuti di contorno di altissimo livello per raccon-

tare lo sport da diversi punti di vista. Chi ha visto un

episodio di Linea Diletta si sarà accorto dello stile mol-

to asciutto e particolare che contraddistingue questo

format, con interviste a campioni dello sport che ven-

gono “strappati” al loro habitat naturale, il campo da

gioco, e mostrati sotto una luce diversa.

Abbiamo seguito la produzione dell’episodio di Linea

Diletta partendo dal giorno delle riprese fino alla mes-

sa in onda del prodotto finito, per mostrarvi come vie-

ne realizzato e gestito un progetto apparentemente

semplice che però non è affatto semplice, anzi. La for-

za di Linea Diletta sta proprio nello spingere i prota-

gonisti a raccontarsi sotto una luce diversa senza filtri

e in modo diretto, un format inedito che però richiede

anche un ritmo incalzante, senza pause e con la prima

ripresa sempre buona.

Le sfide di un progetto simile sono molteplici e la prima,

come ci spiega Francesco Carabelli, autore e capopro-

getto, è quella forse più difficile: contattare gli sportivi

e organizzare il tutto, con tanto di scelta della location

per le riprese. La caccia all’intervistato può durare set-

timane, e spesso bisogna convincere non solo lo spor-

tivo ma anche tutto l’entourage a realizzare una inter-

vista non convenzionale, senza domande concordate

e assolutamente spontanea, in posti pure loro poco

convenziali. DAZN è stata però bravissima in questo,

perché il format piace, lo stile anche e si è scatenata

una sorta di reazione a catena che ha aiutato ad abbat-

ENTERTAINMENT DAZN produce anche contenuti originali e uno di questi, Linea Diletta, ha riscosso un enorme successo

Vi mostriamo come DAZN produce Linea Diletta Un format fatto con passione e cura dei dettagliViene trasmesso anche negli altri paesi del mondo dove c’è DAZN. Siamo andati sul set a vedere come nasce un episodio

tere qualche scoglio. Acchiappata la preda c’è lo script,

studiato nei minimi dettagli. L’autore della trasmissione

e Diletta Leotta studiano domande, stacchi, misurano

e pensano ai tempi giusti per piazzare le domande più

interessanti nel momento in cui l’intervistato, trascina-

to dalla spontaneità, è pronto a rivelare alcuni dettagli

legati ad aneddoti della sua vita che mai erano usciti

in altre trasmissioni. Le parole sono le assolute prota-

goniste, e la trasmissione ruota attorno alle parole e

all’intervista: per questo motivo DAZN mantiene uno

stile senza fronzoli, vuole essere diretto e tenere chi

guarda concentrato sulla scena.

Tre cameraman, un fonico e il regista. Ma se serve c’è anche un droneLa vera chicca di Linea Diletta è tuttavia la parte intro-

duttiva, dove il ritratto dell’intervistato viene dipinto

dalle voci della città che lo conosce e che lo ammira.

Nel caso della puntata con Francesco Totti le riprese

introduttive a Roma erano già state realizzate duran-

te la produzione dell’intervista a Ciro Immobile, e non

abbiamo assistito; per far raccontare il più grande

numero 10 della storia giallorossa dai tifosi DAZN si è

servita anche di droni. La produzione e la ripresa del-

l’intervista vera e propria richiede invece una troupe

di poche persone con equipaggia-

mento leggero: anche qui si cerca

di tenere una linea asciutta, proprio

per non creare troppa pressione su

chi viene intervistato: deve appari-

re una sorta di chiaccherata infor-

male, libera, spontanea, e un set

più imponente non sarebbe stato

d’aiuto. Con treppiedi e sei borso-

ni di equipaggiamento, il team è

arrivato alla Totti Soccer School di

Roma e dopo un breve sopralluogo

ha scelto insieme al regista Luigi

Montanaro la location per l’intervi-

sta. Una scelta guidata sia da esigenze artistiche sia

da esigenze tecniche, come lo studio della posizione

delle luci. La scelta, nel caso della Soccer School di

Totti, è caduta sul campo principale d’allenamento già

illuminato dai riflettori del campo al quale sono state

aggiunto, a supporto, alcune luci LED portatili.

Il gruppo è composto da tre operatori di camera e da

un fonico, che controlla costantemente i due canali dei

radiomicrofoni delle persone intervistate. La scelta, per

quanto riguarda le fotocamere, è caduta sulle ottime

Sony FS7, fotocamere XDCam Sony professional 4K

certificate anche da Netflix e di eccellente qualità.

Sulle fotocamere vengono utilizzate ottiche Canon

scelte a seconda delle diverse necessità, dai 24-105

f/4 ai 70-200 f/2.8L. A fianco delle camere professio-

nali come camera “leggera” viene usata una Sony

Alpha 7 III su un gimbal Ronin S DJI, gestito diretta-

mente dal regista.

Nonostante le camere possano riprendere in 4K, le

riprese vengono fatte a 1080p, più per una questione

di velocità in fase di editing.

segue a pagina 18

Page 18: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 18

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

Gli accorgimenti in fase di ripresa sono decisamen-

te semplici: bilanciamento del bianco allineato tra le

fotocamere per evitare di intervenire pesantemente

in fase di post produzione. Usando fotocamere dello

stesso tipo, e della stessa marca perché c’è sempre la

piccola mirrorless, non emergono problemi di sorta.

La fase di ripresa porta via circa un paio d’ore: lo stile

di Linea Diletta prevede che i cameraman possano

apparire all’interno dell’inquadratura, e tutta la punta-

ta viene registrata in una sola ripresa continua, senza

stacchi. Se si deve tagliare qualcosa lo si fa successi-

vamente, in fase di editing.

Migliaia di tagli in fase di editing. La missione: tenere alto il ritmo e il coinvolgimentoIl montaggio è la parte che richiede più accorgimen-

ti e anche più tempo. L’assemblaggio della puntata,

che dura circa 30 minuti, viene fatta direttamente dal

regista utilizzando una workstation Windows con Ado-

be Premiere. Il tempo richiesto per l’editing dell’intera

trasmissione è di circa una settimana, incluso il tempo

necessario per preparare le grafiche in After Effects.

Tutto il workflow di lavorazione viene gestito a 1080p

e 25 fps, con un datarate a 50 Mbps: il risultato è poi

quello che, con gli opportuni livelli di compressione

necessari per poter gestire ogni tipo di connessione,

viene distribuito agli utenti tramite DAZN.

Nonostante la durata tutto sommato ridotta il lavoro

in fase di post produzione è complesso, come si può

vedere dalla time line di Adobe Premiere: centinaia e

centinaia di tagli e accorgimenti per mantenere alto

il ritmo e l’attenzione, tutto ovviamente realizzato in

multicam. Il lavoro di produzione e montaggio però

non tocca in alcun modo lo spirito dell’intervista, che

deve apparire per quella che è, naturale e spontanea.

Proprio per questo motivo certi ritocchi che possono

aggiungere uno strato di artificialità vengono ridotti al

minimo. “Ho utilizzato pochissimo la color correction,

volevo solo dare un colore leggermente più vivace al-

l’erba del campo” ci ha spiegato il regista. Tutto qui,

nessun altro intervento su quello che è il feeling tra-

ENTERTAINMENT

DAZN Linea Dilettasegue Da pagina 17

smesso: chi guarda deve sentire il profumo dell’erba,

non deve trovarsi di fronte a qualcosa che sembra

un film. Quello che potrebbe sembrare un lavoro che

finisce con la messa in onda dell’episodio in realtà è

un lavoro che non finisce mai, perché nonostante ogni

puntata sia studiata per essere sempre fresca e godibi-

le, anche dopo un anno, nel mondo dello sport posso-

no sempre capitare cose imprevedibili, come allenatori

esonerati o società vendute. In questo caso DAZN è

costretta a rivedere alcuni frangenti di interviste dove

si fa riferimento a queste situazioni che: le interviste di

Linea Diletta deve sembrare sempre attuali. Produzioni

italiane come questa vengono poi inviate anche sull’in-

terno network DAZN: si pensi ad esempio all’intervista

fatta sempre da Diletta Leotta a Cristiano Ronaldo, un

contenuto che interessa anche fuori dai confini italiani.

Il lavoro di post-produzione non si ferma qui: dal video

realizzato in 16:9 vengono estratte anche clip per i so-

cial, quindi il contenuto viene rielaborato in altri formati,

che possono essere quello quadrato per Instagram o

il verticale per le storie. I contenuti originali prodotti da

DAZN sono multipiattaforma, e sfruttando tutti i conte-

nuti ripresi durante le interviste vengono poi realizzate

pillole ed estratti da sfruttare durante le settimane che

separano le puntate. Alcune domande vengono invece

pensate già per uno sfruttamento social, o per condivi-

derle con eventuali partner o in altri Paesi dove DAZN

è presente. Una produzione originale completamente

pensata, realizzata e finalizzata in Italia, e poi distribuita

in tutto il mondo. Per un network basato sullo streaming

come DAZN essere rapidi e snelli è fondamentale, e

non deve stupire quindi la relativa velocità della pro-

duzione: tra editing e riprese tutto porta via poco più

di una settimana, ma se si aggiungono anche i tempi di

pre-produzione e organizzazione si toccano le tre set-

timane. E non è poco: Linea Diletta è il programma su

cui DAZN investe di più a livello produttivo e logistico.

Linea Diletta è ormai al secondo anno ed è il contenuto

originale di DAZN di maggior successo, ma non è l’uni-

co. Da “Piedi X Terra”, a “Parliamo di calcio” passando

ai tutorial sui fondamentali della pallavolo con Andrea

Zorzi da oltre un anno sta producendo ore e ore di con-

tenuti settimanali.

Page 19: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 19

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Roberto PEZZALI

Chi oggi deve scegliere un set top box da attac-

care al televisore e vuole il modello più comple-

to possibile ha solo due opzioni: Apple TV 4K o

NVIDIA Shield. Entrambi sono ottimi, ma la Apple TV

4K, per i servizi a lei associati come Apple TV+, Apple

Arcade e la quantità di applicazioni di streaming che

si possono scaricare dallo store di tvOS, è senza dub-

bio un prodotto più commerciale del seppur valido set

top box NVIDIA.

Apple ha rilasciato tvOS 13.4 beta e all’interno del co-

dice sono stati trovati riferimenti a nuovi modelli di Ap-

ple TV. L’uscita potrebbe essere imminente, si parla di

un evento a metà marzo, ma non è escluso che, come

le AirPods Pro, la Apple TV versione 2020 possa arri-

vare all’improvviso. Un set top box per la fruizione di

contenuti, e per giocare, non segue necessariamente

lo stesso flusso di rinnovamento tecnologico di uno

smartphone e l’attuale Apple TV 4K è oggi più che

sufficiente per soddisfare le esigenze di tutti. Ci sono

tuttavia alcuni elementi che Apple potrebbe miglio-

rare. Il primo è il telecomando: lo storico telecoman-

do che accompagna da anni le Apple TV è tra tutti gli

elementi in orbita Apple TV il più criticato: l’attuale

forma ergonomica non rende immediato capire, al

buio, se lo si sta impugnando da verso giusto. E non

sarebbe male neppure avere una ricarica wireless

che ricarica il telecomando appoggiandolo sopra il

set top box.

Arriverà sicuramente un upgrade del processore:

il riferimento nel codice di tvOS 13.4 beta parla di

processore arm64e e questa architettura è stata

usata negli A12 e negli A13. L’A12X Bionic usato at-

tualmente sugli iPad Pro prenderà probabilmente il

posto dell’attuale, ma ancora valido, A10X Fusion;

inutile guardare all’A13 dell’iPhone 11, l’A12X Bionic è

più potente. A beneficiare di questo upgrade saran-

no i giochi, e per qualche platform dotato di grafica

semplice e ben ottimizzato con Metal si potrà ambire

anche ad una grafica in 4K.

ENTERTAINMENT All’interno della beta di iOS 13.4 sono stati trovati riferimenti a un nuovo modello di Apple TV 4K, in arrivo a breve

Sta per arrivare una nuova Apple TV Dove migliorare un media player già perfetto?Abbiamo pensato a quali sono le funzionalità che mancano alla versione attuale, ad oggi il più completo set top box al mondo

Sarebbe anche lecito pensare che la nuova Apple

TV possa gestire il codec AV1: Apple è nel consorzio

OpenMedia, e AV1 è il codec del futuro: Netflix ha

iniziato ad usarlo, e a breve lo farà anche Google. Ad

oggi non esistono processori Apple che gestiscono

la decodifica AV1, neppure il recente A13 riesce a

gestirla, ma è bene ricordare che da qualche anno

Apple ha tolto encoder e decoder hardware dal SoC

per spostarli all’interno del processore custom T1 e

T2. Nella nuova AppleTV 4K potrebbe debuttare un

nuovo T3 che gestisce, tra i vari codec, anche l’AV1.

AppleTV è oggi il set top box che meglio riesce ad

adattare il frame rate e il formato di uscita dei servizi

di streaming a quello dei televisori, ma usando al-

cune funzionalità dell’HDMI 2.1 come il Quick Media

Switching sarà possibile variare il frame rate senza

sgancio del segnale e senza che l’utente si accorga

di nulla. Sarebbe utile, anche in ottica Apple Arcade,

l’implementazione dell’Auto Low Latency Mode del-

l’HDMI 2.1, quindi la selezione automatica della mo-

dalità gaming e il Variable Refresh Rate. Fin dal 2017

Metal 2 e iOS per poter gestire il display ProMotion

degli iPad Pro gestiscono nativamente il frame rate

variabile oltre al refresh rate fino a 120 Hz: manca

solo la connessione verso il display, ma ora lo stan-

dard c’è.

Tutte le altre migliore richieste dagli utenti alla Apple

TV sono in realtà implementabili via software: il limite

più grande oggi della AppleTV 4K è l’impossibilità il

DTS-HD o il Dolby Atmos con le app di terze parti, ad

esempio Infuse o Plex, ma questo è dovuto all’attuale

implementazione di CoreAudio, non certo all’hard-

ware, e crediamo che verrà risolta già dalla prossima

major release di tvOS.

C’è poi la gestione dei 24p: la Apple TV gestisce

i contenuti a 23.976fps ma non a 24 fps, e questo

comporta un brevissimo e quasi inavvertibile saltino

che un occhio super allenato (1 su 1000) può notare:

anche qui la problematica è esclusivamente softwa-

re, e con le serie di AppleTV+ registrate in digitale a

24 fotogrammi al secondo ci aspettiamo una corre-

zione a breve.

C’è il supporto 4K di Youtube, che nemmeno la NVI-

DIA Shield al momento gestisce: qui è più colpa di

Google e del suo codec quasi proprietario VP9 che

di Apple e NVIDIA, e la cosa dovrebbe risolversi auto-

maticamente quando Google passerà all’AV1: ad

oggi la possibilità che Apple possa abbracciare

il VP9 è da escludere totalmente.

Infine c’è un ultima “correzione”, quella che ri-

guarda l’attuale incompatibilità di tvOS (e di iOS)

con il nuovo Pro Controller Elite 2 di Microsoft.

Anche se pochi lo ricordano, tvOS e iOS gesti-

scono perfettamente i controller dell’Xbox e del-

la PS4 che si possono usare per giocare su Ap-

ple TV, su iPhone e su iPad ai giochi di Arcade o

in remote streaming ai giochi delle console vere

e proprie, ma l’ultimo arrivato di casa Microsoft al

momento non si può collegare. Anche questa è

puramente software, nulla che abbia a che fare

con la Apple TV vera e propria.

Page 20: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 20

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Franco AQUINI

A entrare nell’istituto Eugenio Bona di Biella, clas-

se 1913, verrebbe in mente tutto tranne che uno

degli Istituti più all’avanguardia nell’educazione

alla gestione dello smartphone a scuola. Qualcosa che

in molti genitori potrebbero (stupidamente) giudicare

marginale, ma che invece è al centro di uno dei grossi

drammi sociali del nostro tempo.

Se ci si ferma a pensare a quali sono i principali pro-

blemi dei ragazzi in età adolescenziale, ma anche pre

e post adolescenziale, la mente va subito a fenome-

ni pericolosissimi come il Cyberbullismo e all’eco che

hanno avuto i casi più drammatici sulla cronaca nera di

tutta Italia. Ma ci sono anche problemi più subdoli, più

nascosti, che lavorano in sordina danneggiando per

sempre lo sviluppo e la crescita dei ragazzi nell’età più

delicata. Come la dipendenza dagli schermi e tutti quei

fenomeni sociali che portano all’isolamento e alla chiu-

sura totale nei confronti del mondo. Tutto ruota attorno

allo smartphone e alla scarsa educazione all’uso di uno

strumento che per i ragazzi rappresenta quello che per

la generazione dei quarantenni di oggi è stato il televi-

sore, con un rischio potenziato dal fatto che, a differen-

za del televisore, in uno smartphone ci sta un mondo

intero. Ci sono relazioni, affetti, ricordi, divertimento,

comunicazione. Se è vero che i genitori e più in gene-

rale le famiglie fanno ancora troppo poco, è anche vero

che la scuola ha cercato fino ad ora delle soluzioni più

o meno valide. Tra tutte ci ha colpito quella di un Isti-

tuto tecnico commerciale di una piccola provincia del

nord, Biella, dove una preside coraggiosa, insieme ai

suoi collaboratori, ha sperimentato una soluzione che

è semplice quanto brillante: il pannello appendi-smar-

tphone. Una soluzione che non viene percepita dallo

studente come un sequestro. Il telefono è lì, nessuno te

lo chiude nel cassetto. Semplicemente non puoi usarlo

durante le lezioni. DDAY.it ha deciso di raggiungere

la dirigente Raffaella Miori nell’ufficio di presidenza

dell’Istituto Eugenio Bona, un edificio, tra le altre cose,

notevole anche sotto il profilo storico e architettonico.

Così, tra una chiacchierata informale e un breve giro

tra i corridoi dell’Istituto, abbiamo respirato questa sin-

golare miscela tra la storicità del posto e un’apertura

mentale alle nuove tecnologie che ci ha davvero stupi-

ti. Passare da un targhetta metallica posta all’ingresso

del bagno femminile riportante la scritta “Spogliatoio

signorine” alle classi dotate di Lavagne Interattive Mul-

timediali (anche note come LIM) confonde un po’, ma

poi basta vedere i ragazzi, totalmente a loro agio, per

capire che a Biella ce l’hanno fatta.

DDAY.it: Buongiorno Preside, partiamo dall’inizio.

Da dove nasce l’idea di appendere gli smartphone

all’inizio delle lezioni?

Prof.ssa Raffaella Miori: “L’idea nasce da un viaggio.

GDGET All’Istituto Eugenio Bona di Biella, la preside ha torvato una soluzione per la gestione degli smartphone. L’abbiamo incontrata

Smartphone “appesi”, l’idea che funziona Come risolvere la questione dei telefoni in classeIn ogni classe, ogni mattina, i ragazzi depositano il telefono in un pannello porta smartphone. Una soluzione efficace e semplice

Siamo stati con Erasmus in una scuola olandese che

si occupa di progetti di inclusione. Eravamo lì per stu-

diare questi progetti e ci siamo accorte che in quella

scuola erano affissi in aula dei pannelli numerati. In

quei pannelli i ragazzi posavano gli smartphone. A noi

è parsa un’idea geniale, anche perché anche da noi

molte scuole si attrezzano con scatole per raccoglie-

re gli smartphone, per esempio durante le verifiche.

Anche durante gli esami di Stato ci si attrezza con dei

raccoglitori per i cellulari, per fare in modo che i ra-

gazzi non copino”.

DDAY.it: Come lo avete messo in pratica? Avete tro-

vato molti ostacoli burocratici?

Prof.ssa Miori: “Il viaggio avvenne a Maggio 2019,

una volta tornati abbiamo cercato dei pannelli di que-

sto genere. Ne abbiamo trovati, pensati ovviamente

per altri scopi, su Amazon e così li abbiamo acquistati.

Oggi tutte le aule del nostro istituto, che sono circa

una cinquantina, hanno questi pannelli. Il cui costo tra

l’altro è ridicolo”.

DDAY.it: Com’è stata l’accoglienza da parte del cor-

po docenti?

Prof.ssa Miori: “Quando tornammo dal viaggio in

Olanda portammo con noi uno di questi pannelli per

mostrarlo nel corso di un collegio docenti e lì è scatta-

to l’applauso perché è sembrata una buona soluzione

al problema”.

DDAY.it: La domanda più importante: come l’hanno

presa gli studenti? Hanno capito lo scopo di questa

iniziativa?

Prof.ssa Miori: “Con i ragazzi delle prime classi l’uso

è stato immediato, hanno iniziato subito a utilizzare

i pannelli. È stato invece più difficile nelle classi ter-

ze e quarte, dove i ragazzi si sono opposti all’uso dei

pannelli. Anche con gli insegnanti ci sono state diffi-

coltà, perché alcuni di loro si sono posti il problema se

fosse legittimo o meno chiedere ai ragazzi di posare

lo smartphone. Premetto subito che questo non è un

sequestro. Il pannello è affisso in classe vicino alla la-

vagna, quindi tutti possono vedere la LIM (la lavagna

interattiva) e il pannello con i telefoni, che sono quindi

a disposizione di tutti”.

DDAY.it: Non è stata vissuta come un’iniziativa pu-

nitiva?

Prof.ssa Miori: “La nostra è una soluzione educativa:

ha come scopo quello di educare i ragazzi a non uti-

lizzare lo smartphone durante alcuni momenti della

giornata, per esempio quando c’è la spiegazione. Gli

insegnanti entrano al mattino, chiedono agli studen-

ti di posare il cellulare nel pannello (se non devono

utilizzarlo per scopi didattici) e lo lasciano lì fino al-

l’intervallo, quando i ragazzi lo riprendono e succes-

sivamente lo riportano. Lo stesso se devono andare

in laboratorio o in palestra. Le tasche sono numerate,

perciò ognuno ha il suo numero. Altre volte invece gli

smartphone vengono utilizzati durante l’ora di lezione

per delle ricerche o altre attività didattiche, per cui i

ragazzi prendono il cellulare per utilizzarlo nel corso

della lezione. Sappiamo che non è così facile che i

segue a pagina 21

Page 21: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 21

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

ragazzi accettino di rinunciare al loro smartphone,

perché è una loro estensione che utilizzano per comu-

nicare, ma ripeto: la nostra è una proposta educativa,

non un sequestro”.

DDAY.it: Ha accennato a maggiori resistenze da par-

te dei ragazzi più grandi...

Prof.ssa Miori: “Sì, è vero. Nelle terze e nelle quarte

invece si è dovuto discutere molto con i ragazzi, per

far capire loro che non si trattava di una punizione. Gli

abbiamo spiegato che in una riunione di lavoro non si

può usare il cellulare per i messaggi personali. Lì sei

obbligato ad ascoltare, bisogna abituarsi. Allo stesso

modo a scuola, durante la lezione, non si può usare il

cellulare, bisogna attendere il termine delle lezioni per

le comunicazioni personali”.

DDAY.it: A nessuno studente è venuto in mente di

imitare la trasmissione Rai “Il Collegio” portando a

scuola due smartphone, uno da consegnare e l’altro

da usare “sotto banco”?

Prof.ssa Miori: “Sappiamo che alcuni ragazzi hanno

posato nel pannello le cover o i cellulari dismessi. In

questo caso l’insegnante ha segnalato con un anno-

tazione sul registro, anche perché la famiglia deve sa-

pere che il ragazzo ha posato la cover o un cellulare

dismesso; si tratta di un patto tra noi e la famiglia”.

DDAY.it: Come hanno reagito i genitori? C’è stata

collaborazione?

Prof.ssa Miori: “I genitori, durante le attività di orienta-

mento, hanno reagito positivamente. La notizia poi è

uscita anche sui giornali, non credevamo potesse ave-

re questa diffusione. È chiaro che la gestione scolasti-

ca è una questione interna, ma i genitori l’hanno vista

come una proposta e una risposta a un problema. Noi

vogliamo evitare il sequestro. Sappiamo che togliere

lo smartphone e portare il ragazzo in presidenza pone

dei problemi. Noi invece vogliamo educare i ragazzi.

Ci sono degli insegnanti che, per dare il buon esempio,

posano il cellulare nell’ultima tasca, anche a prezzo di

dimenticarselo e dover poi tornare a scuola il pomerig-

gio a riprenderlo. Da parte dei genitori, comunque, non

abbiamo avuto proteste significative. Abbiamo avuto

invece qualche protesta per venire a riprendere i cel-

lulari quando venivano sequestrati. Questo perché il

genitore, in quel caso, era costretto a venire a scuola

per avere indietro il telefono del figlio”.

DDAY.it: Questa iniziativa ha suscitato l’interesse di

altri istituti? Ha ricevuto chiamate o messaggi da al-

tri presidi? E il Ministero?

Prof.ssa Miori: “Negli anni passati tutti gli istituti si

sono dotati di un regolamento al riguardo. Altri presidi

ci hanno chiesto se questo sistema funzionasse dav-

vero e dove avevamo comprato i pannelli. Ovviamente

funzionano come ogni altra azione educativa: se dal-

l’altra parte incontra il favore e la disponibilità allora

funziona, se invece l’appoggio non c’è, non funziona.

Se le famiglie sostengono questa metodologia sicu-

ramente funziona, perché i ragazzi ricevono lo stesso

messaggio anche a casa. Se le famiglie sono indiffe-

renti non possiamo aspettarci che i ragazzi accettino

questa soluzione senza problemi. Il Miur non ci ha con-

tattati direttamente, ma il Dirigente Territoriale (che è

il Provveditore) si è espresso favorevolmente. Anche

altri dirigenti scolastici lo hanno fatto.”

DDAY.it: In definitiva, per voi docenti e dirigenti, lo

smartphone è più una minaccia e un rischio o può

essere anche un supporto che, se sfruttato corretta-

mente, può aiutare gli studenti?

Prof.ssa Miori: “Lo smartphone non può essere consi-

derato una minaccia. È sicuramente uno strumento uti-

le. Lei pensi a tutte le volte in cui dobbiamo verificare

un dato e andiamo a “googlare” un termine o una tra-

duzione. Abbiamo in tasca un riferimento

importantissimo. Impedire ai ragazzi di

usarlo sarebbe stupido proprio dal punto

di vista didattico. Abituarli a verificare le

informazioni è invece assolutamente im-

portante. Un dato posso citarlo a memo-

ria perché lo ricordo, ma è importante ve-

rificare che quello che ricordo sia ancora

attuale, così come verificare la veridicità

delle informazioni e delle fonti. Fare in

modo che i ragazzi diventino consape-

voli della quantità di informazioni che

gira e di come sia possibile rintracciare

i dati corretti. Sicuramente è importante

per la loro formazione ma anche per la

formazione all’uso dello strumento. Negare l’uso del

cellulare è sicuramente anacronistico. Diverso invece

è l’uso personale o peggio l’abuso. Riprendere i com-

pagni e diffondere in rete video, o peggio fare azioni

di bullismo. Su questo l’attività educativa delle scuole

c’è ed è presente da anni. Tutte le scuole fanno attività

di sensibilizzazione insieme alla polizia postale e alle

forze dell’ordine, ma questo è un altro discorso”.

DDAY.it: Cosa ne pensa delle classi che lavorano

esclusivamente col tablet?

Prof.ssa Miori: “Noi ce le abbiamo, sono le classi “iPad”.

Negli anni però è diventato sempre più difficile. Sono

più di otto anni che il nostro istituto ha le classi “iPad”

ed è sicuramente un metodo agevole di lavorare, ma i

primi anni i tablet erano collegati soltanto al Wi-Fi del-

l’istituto, quindi venivano utilizzati come strumenti per

l’attività didattica, in qualche modo controllati dalla

scuola. Oggi hanno tutti la SIM personale e si connet-

tono indipendentemente, per cui diventa difficile per

i docenti controllare che i ragazzi lo utilizzino per fini

didattici o meno. In quelle classi, comunque, la comu-

nicazione con i genitori è molto proficua. Abbiamo in

media una o due classi “iPad” ogni 10 ogni anno, quindi

stanno diventando residuali, anche perché l’iPad vie-

ne sostituito dallo smartphone. Io credo che negli anni

si sostituirà questa didattica specifica con una norma-

le gestione del cellulare in affiancamento al normale

libro cartaceo. La didattica con l’iPad però ha aiutato

molto gli studenti con disturbi dell’apprendimento. In

casi gravi di discalculia o dislessia, è indubbio che lo

strumento digitale abbia favorito l’apprendimento”.

DDAY.it: In che modo gli strumenti digitali favorisco-

no gli studenti con disturbi dell’apprendimento?

Prof.ssa Miori: “Favoriscono l’apprendimento perché

lo strumento digitale è, per questi studenti, uno stru-

mento compensativo. L’attività di scrittura e lettura è

agevolata sul tablet. In molti casi, infatti, l’utilizzo del

tablet è stato davvero molto utile, anche per abituarli

alla ricerca dei termini e delle informazioni. Abbiamo

comunque in ogni calasse una LIM, perciò i docenti

sono abituati a utilizzare internet per cercare informa-

zioni. Il libro di testo, nell’epoca di Google, ha sicura-

mente un utilizzo specifico, ma ha anche limiti nella

ricerca delle informazioni”.

Le scale che portano ai piani superiori, mix di storia e contemporaneità.

Le tasche dove gli studenti posano lo smartphone all’inizio delle lezioni

GADGET

Smartphone “appesi” in classesegue Da pagina 20

Page 22: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 22

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Sergio DONATO

L a EOS-1D X Mark III comincia a far

parlare di sé per il suo utilizzo sul

campo, e pare che Canon sia riusci-

ta a dare ai fotografi sportivi lo strumento

perfetto con la messa a fuoco perfetta,

che inchioda l’azione degli atleti. Dopo

l’annuncio, la Canon EOS-1D X Mark III è

finita finalmente tra le mani dei professio-

nisti che hanno potuto provarla nel corso

del loro lavoro. È il caso di Peter Read Miller, fotografo per Associated Press,

Sports Illustrated e la NFL. Miller ha po-

tuto provare la 1D X III proprio sui campi

da gioco del football americano, ed è ri-

masto impressionato dalle capacità della

macchina. È tutto il pacchetto ad alzare

l’asticella delle prestazioni, quindi il nuovo

sensore con processore Digic X che ot-

tiene uno stop in più negli ISO, mantenen-

do intatta la qualità; i 16 fps ottenuti con il

mirino che diventano 20 fps in Live View,

il supporto esclusivo

di schede CFexpress

che hanno un buffer

di 1.000 file e anche

al formato di immagi-

ni HEIF con 10 bit per

canale. Ma ciò che

ha impressionato Mil-

ler è stato l’autofocus

Dual Pixel (90% su un

asse e 100% sull’altro)

incorporato sul sensore e che Canon ha

istruito con routine di apprendimento in

grado di scattare immagini sportive come

non si erano mai viste. Miller afferma che

le 525 aree di messa a fuoco automatica

permettono al fotografo di concentrarsi

meglio sull’azione, invece che sentirsi im-

brigliato da un’area più piccola che spes-

so non dava i risultati sperati. Negli scatti,

Miller mostra come il soggetto, una volta

che viene “artigliato” dall’autofocus, non

viene più abbandonato dalla macchina.

Nel caso del football americano non è

insolito che molti giocatori si sovrappon-

gano sul piano focale del soggetto, ma la

1D Mark III è sempre riuscita a mantenere

il fuoco sul giocatore scelto da Miller, per

decine e decine di scatti. Miller ha chia-

mato la 1D Mark III una “game-changer”,

e pare proprio che, almeno nella fotogra-

fia sportiva, l’asticella da saltare sia stata

spostata molto in alto.

DIGITAL IMAGING Una manna per la fotografia sportiva, EOS-1D Mark III impressiona i professionisti

Canon EOS-1D Mark III, la “game-changer” La raffica con buffer da 1.000 file unita a un autofocus Dual Pixel “si incolla” al soggetto

di Sergio DONATO

F ujifilm ha annunciato la X100V, la

quinta generazione delle compatte a

ottica fissa che ormai hanno accumu-

lato un decennio di esperienza. La X100V

si presenta con lo stesso sensore APS-C

X-Trans da 26 MP della X-Pro3, rendendo-

la un “ibrido” di un certo interesse.

Il sensore è infatti quello già visto sulle

macchine premium a lenti intercambiabi-

li X-T3 e X-Pro3. Un BSI-CMOS formato

APS-C con il filtro colore proprietario di

Fujifilm, X-Trans e il processore d’immagi-

ne X-Processor 4. Il sensore porta con sé

un nuovo valore minimo di ISO: si parte da

160 e si sale fino a 12.800, che possono

diventare 51.200. La velocità del sensore

si manifesta in una raffica scatti di 20 fps

usando l’otturatore elettronico, che sale

a 30 fps se si sceglie di scattare con un

crop di 1,25x.

Il sensore dà nuove capacità all’autofo-

cus della X100V. Si tratta di un autofocus

a rilevamento di fase, come quello della

X-Pro3, con 425 punti

AF e tracciamento viso

e occhi. Trattandosi di

una compatta a lente

fissa, l’obiettivo merita

un’attenzione partico-

lare. Si tratta di un 23

mm f/2 che sulla carta

ha le stesse caratteri-

stiche della X100F che

l’ha preceduta, ma ha un nuovo design e

promette di migliorare il fuoco sui bordi

e gli scatti ravvicinati. L’aver ridisegnato

l’obiettivo non ha pregiudicato comunque

la compatibilità con le lenti di conversione

WCL-X100 e TCL-X100. Ancora presente il

filtro ND integrato da 4 stop che permette

di scattare a elevate aperture anche sotto

un’intensa luce solare. Il video conquista i

territori del 4K a 30p fino a 200 Mbps con

la simulazione della pellicola Eterna e la

possibilità di acquisire in F-Log, ma solo

in 8 bit. Il corpo macchina vede un mirino

ibrido ottico/elettronico preso in prestito

direttamente dalla X-Pro3 da 3,69 milioni

di punti e soprattutto OLED. Per la prima

volta in una X100, lo schermo posteriore

LCD diventa inclinabile e touch e ottiene

una risoluzione di 1,62 milioni di punti.

Novità importantissima: il corpo è protetto

dagli schizzi d’acqua. C’è anche la possi-

bilità di connettere un microfono con jack

da 3,5mm e fa capolino la nuova porta

USB-C per la ricarica e il collegamento a

un computer. Non ci sono Wi-Fi e Blue-

tooth, ma c’è l’HDMI. Fujifilm X100V sarà

disponibile da fine febbraio in due colori,

al prezzo indicativo di 1.529,99 euro

DIGITAL IMAGING La serie X100 di Fujifilm vive da 10 anni e la nuova X100V diventa “grande”

Fujifilm X100V è la compatta a ottica fissa che “saccheggia” tecnologie dalle macchine premiumSensore 26 MP X-Trans, 4K/30p e raffiche fino a 30 fps per la compatta a ottica fissa X100V

EOS R5 avrà stabilizzazione integrata e ripresa video 8K. Canon fa sul serioSi tratta di indiscrezioni, ma sembra che Canon abbia in cantiere per luglio di quest’anno una EOS R5 da 45 MP, stabilizzata IBIS e con la possibilità di acquisire video in 8K a 30 fps di Sergio DONATO

C’è aria di nuova EOS R in casa Canon. Almeno è quanto dice Ca-non Rumors, che ha ricevuto indi-screzioni circa lo sviluppo di una mirrorless full frame chiamata EOS R5 con sensore da 45 MP, raffica fino a 20 fps, con stabilizzatore IBIS, ma soprattutto con la possibi-lità di registrare video in 8K.Il sensore, dunque, sarà un CMOS full frame da 45 MP di cui non si sa molto altro. Gli scatti in raffica sono dati a una velocità di 12 fps con otturatore meccanico e 20 fps con otturatore elettronico.La stabilizzazione integrata IBIS sarebbe un’altra caratteristica da non sottovalutare, dato che finora Canon non era riuscita a trovare lo spazio necessario nelle proprie mirrorless per dare all’IBIS una casa. Colpisce anche l’acquisizio-ne di video in 8K a 30 fps in RAW e la possibilità di registrare in 4K fino a 120 fps. Ovviamente, non è chia-ro (sempre che le indiscrezioni ab-biano un fondo di verità) quali limiti potrà avere il RAW in 8K, anche in termini di banda, consumi e surri-scaldamento della macchina.Tra le indiscrezioni sembrerebbe esserci anche l’indicazione della data di lancio della EOS R5. Si par-la di luglio 2020.

Page 23: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

Profondità e dettagli mai visti

Scopri la profondità e i dettagli di una risoluzione senza confini.Trasforma i contenuti che più ami in immagini sempre perfette, incredibilmente vive e realistiche, grazie all’innovativo processore Quantum 8K con Intelligenza Artificiale. È la rivoluzione 8K di QLED. Samsung, da 50 anni sempre un passo avanti.

www.samsung.it/qled8K

Page 24: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 24

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Riccardo DANZO

Chi si approccia per la prima volta al mondo dello

streaming o chi vuole, più semplicemente, regi-

strare la propria sessione di gioco su console

deve per forza valutare l’acquisto di una scheda d’ac-

quisizione video. Nonostante si rivolgano ad un pubbli-

co di nicchia, infatti, queste schede d’acquisizione sono

molto utilizzate dai videogiocatori in generale e, più

precisamente, dagli streamers di Twitch e dagli YouTu-

ber che devono registrare la loro sessione di gioco.

La configurazione è semplice e veloce, tranne nel nostro casoUno dei punti di forza della scheda da noi in prova, la

ULTRA GC553, dovrebbe essere la semplicità di con-

figurazione. Collegando la console alla scheda tramite

HDMI e la scheda al computer tramite USB e alla televi-

sione tramite HDMI, infatti, il computer dovrebbe subito

rilevare la schermata di gioco. Nel nostro caso, però,

non è stato così semplice.

Per un problema legato ai driver della scheda, infatti, ab-

biamo perso diverso tempo a leggere sul sito ufficiale di

AverMedia come risolvere tale problema. In sostanza,

sembra che la scheda sia uscita dalla confezione senza

i driver installati o con dei driver danneggiati e abbiamo

dovuto provvedere noi a scaricarli dal sito ufficiale, spul-

ciando tra i vari forum per capire il problema. Si tratta

sicuramente di un problema legato esclusivamente alla

nostra scheda, ma per chi è un po’ meno esperto pote-

va essere un po’ più in difficoltà. Una volta risolto questo

problema, poi, è stato effettivamente tutto molto facile.

Appena il computer è riuscito a rilevare la scheda, in-

fatti, è stato possibile gestire la schermata di gioco tra-

mite il software AverMedia dedicato, RECentral oppure

tramite altri software simili come OBS o Streamlabs.

Utilizzando un Mac come computer abbiamo preferito

utilizzare OBS ma il comportamento della scheda è so-

stanzialmente uguale su tutti questi software.

Nella confezione, poi, oltre alla scheda, è presente tut-

to l’occorrente per utilizzarla fin da subito: un cavo USB

C - USB 2.0 per collegare la scheda (USB C) al compu-

ter (USB 2.0) e un cavo HDMI.

GAMING Abbiamo provato la migliore scheda d’acquisizione video portatile disponibile sul mercato trasmettendo in diretta su Twitch

AverMedia GC553 Ultra: acquisizione in 4K per trasmettere in diretta su Twitch. La prova La scheda non è economica, ma la qualità è altissima sia per lo streaming sia per registrare delle sessioni di gioco offline

La qualità di registrazione è alta e la scheda lavora in totale silenzioLa qualità massima che la scheda riesce a gestire è altis-

sima, fino a 4K HDR a 30 fps oppure, per chi preferisce

un frame-rate elevato, fino a 120 fps in Full HD. Ovvia-

mente, poi, la qualità dipende molto anche dalla con-

sole che si utilizza. Nel nostro caso abbiamo utilizzato

una Playstation 4 e, avviando una streaming su Twitch,

abbiamo ottenuto davvero un’ottima qualità di riprodu-

zione. Non solo, durante la trasmissione, che è durata

qualche ora, la scheda non è mai stata troppo rumorosa

e non ha mai dato alcun problema di surriscaldamento.

La latenza tra la schermata di gioco riprodotta in TV e

quella riprodotta sul computer, inoltre, è sostanzialmen-

te pari a zero. Anche per quanto riguarda la più sem-

plice registrazione video, la qualità rimane comunque

massima e la scheda rimane silenziosa e fredda. Con-

siderando le dimensioni davvero ridotte della scheda,

è sicuramente una qualità importante nel caso si abbia

la necessità di usare la scheda in mobilità o di cambiarla

spesso tra vari dispositivi. Sulla stessa scheda, inoltre, è

presente un led che cambia di colore a seconda delle

occasioni e che si colora di rosso nel caso la streaming

si sia bloccata per un errore dovuto proprio alla scheda.

Il software di AverMedia è un po’ acerbo per trasmettere su TwitchPer chi vuole trasmettere in diretta su Twitch, il pro-

gramma fornito da AverMedia, RECentral, è ancora un

po’ troppo acerbo. Oltre alla scheda video, infatti, RE-

Central permette di gestire solo la webcam e poco più.

Per funzioni più avanzate come l’utilizzo di immagini

GIF animate o il caricamento della chat del canale è si-

curamente meglio utilizzare altri software come Stream-

Labs su Windows e OBS su Mac. Per delle semplici re-

gistrazioni della schermata di gioco, invece, RECentral

va più che bene ed è anche più semplice ed intuitivo

da utilizzare rispetto ad altri programmi. Ovviamente la

scheda può essere utilizzata in qualsiasi modo, colle-

gando sorgenti diverse dalle console alla scheda ma la

maggioranza delle persone che acquista questo tipo di

dispositivo è per un utilizzo in ambito gaming. Tuttavia,

per esempio, per chi vuole trasportare i vecchi DVD o

VHS sul disco del proprio computer, questa GC553 po-

trebbe essere perfetta.

La scheda non costa poco ma la qualità c’èAttualmente il prezzo della scheda (che ufficialmente

costa 249 euro) si aggira intorno ai 180 euro. Non si

tratta di un prezzo proprio economico per la funzione

che svolge ma sicuramente si tratta di un dispositivo

di qualità, in competizione con i prodotti Elgato, la qua-

le ha recentemente annunciato l’arrivo di una nuova scheda di alta gamma al CES, dal prezzo sicuramen-

te più elevato rispetto a questa GC553. Le differenze

tra la nuova scheda Elgato e questa GC553 sono mini-

me e riguardano più che altro la possibilità di registrare

le schermate direttamente su una scheda SD, senza

la necessità di un computer. Se non siete interessati

a questa funzionalità, probabilmente questa scheda

di AverMedia è la migliore che possiate acquistare sul

mercato in questa fascia di prezzo. Chi vuole trasmet-

tere live su Twitch o piattaforme simili o chi vuole re-

gistrare le proprie sessioni di gioco si troverà di fronte

al dubbio di quale scheda video acquistare. La Ultra

GC553 di AverMedia non è di certo economica ma se

si vuole un risultato di qualità, senza impegnarsi trop-

po nella configurazione del set-up, questa è la scheda

d’acquisizione fa per voi.

Page 25: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 25

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Sergio DONATO

Jumpshot, una società sussidiaria

di Avast, sta vendendo i dati degli

utenti raccolti attraverso il program-

ma antivirus di Avast. I dati sarebbero ac-

quistati da clienti quali Google, Microsoft,

Pepsi, Sephora, Yelp.

L’indagine che ha portato a galla l’ac-

quisizione dei dati è opera di un lavoro

congiunto di Motherboard e PCMag. È

stato scoperto che, una volta collezio-

nati, Jumpshot “riconfeziona” i dati per

in pacchetti messi vendita a seconda

degli usi, tra cui l’”All Clicks Feed”, che

è in grado di tracciare il comportamento

dell’utente, i clic e gli spostamenti attra-

verso i siti web.

Ma la collezione dei dati di Jumpshot at-

traverso l’antivirus Avast comprende an-

che le ricerche su Google, le coordinate

GPS su Google Maps, i video YouTube

guardati e anche i termini di ricerca e le

visite sui siti pornografici.

Tutti i dati sono collezionati anonima-

mente. Non sono cioè associabili in

modo diretto a un utente: anche se i dati

stessi e la loro abbondanza potrebbero

fungere da “carta d’identità”.

L’attività societaria di Jumpshot è pro-

prio quella di “misuratrice di attività”

degli utenti in internet per servizi e piat-

tafrome come Netflix, Amazon, Google,

che poi sono acquistate dalle aziende

clienti per ottimizzare canali, migliorare

il marketing e la vendita di eventuali

prodotti. Il problema è che la raccolta di

dati non avviene attraverso un software

specifico o un servizio che ne dà nota,

ma attraverso il programma antivirus di

Avast. Sembra che Avast abbia iniziato

a chiedere il permesso per la raccolta

dati ai propri utenti. Ma sarebbe un po’

fuori tempo rispetto a quanto scoperto

dall’indagine, secondo la quale la col-

lezione dei dati avveniva all’insaputa

degli utenti.

Motherboard e PCMag hanno contat-

tato alcune delle società che hanno

acquistato i pacchetti da Jumpshot, per

avere contezza dell’attività di compra-

vendita. Microsoft non ha commentato

ma da detto che non ha rapporti corren-

ti con Jumpshot. Yelp ha risposto che si

è servita dei dati Jumpshot per stimare

l’impatto del comportamento anticon-

correnziale di Google. La stessa Goo-

gle, cliente di Jumphost, non ha offerto

alcun commento. Infine, le due testate

hanno posto domande dirette ad Avast,

la quale ha svicolato la maggior parte di

esse ma ha dichiarato: “Grazie al nostro

approccio, ci assicuriamo che Jumpshot

non acquisisca informazioni di identifi-

cazione personale, compresi nome, in-

dirizzo e-mail o dettagli di contatto, da

persone che utilizzano il nostro popola-

re software antivirus gratuito”.

Ha poi aggiunto: “Gli utenti hanno sem-

pre avuto la possibilità di scegliere di

non condividere i dati con Jumpshot. A

partire da luglio 2019, abbiamo già ini-

ziato a implementare una scelta esplici-

ta di opt-in per tutti i nuovi download del

nostro AV, e ora stiamo anche spingen-

do i nostri attuali utenti gratuiti a fare

una scelta esplicita, un processo che

sarà completato nel febbraio 2020.”

SOCIAL MEDIA E WEB L’indagine è opera di un lavoro congiunto di Motherboard e PCMag

L’antivirus Avast colleziona i dati degli utenti I dati raccolti erano poi rivenduti alle aziendeI dati sarebbero acquistati dai clienti, ta i quali Google, Microsoft, Pepsi, Sephora, Yelp

Così Linkiller difende la reputazione online dai link infamantiL’azienda italiana ha realizzato un servizio basato su app che aiuta gli utenti a eliminare dal web articoli infamanti, video e foto imbarazzanti, con la promessa di rimuovere i link sgraditi entro due settimane di Paolo CENTOFANTI

Si chiama Linkiller ed è un’applica-zione creata dalla startup bologne-se Tutela Digitale, che permette di far sparire link dalla rete, quelli che ci possono creare dei problemi. Non tutti i cittadini della rete hanno le conoscenze e gli strumenti per contrattaccare e difendersi: da qui l’idea di Tutela Digitale di offrire un meccanismo efficace, ma soprat-tutto veloce per aiutare chiunque a rimuovere link a contenuti offensivi contro la nostra persona: articoli, immagini, commenti, ma anche vio-lazioni di copyright. Il funzionamen-to dell’app è semplice: si segnala il tipo di problema (foto, video, ar-ticolo, etc,), il link al contenuto e i propri recapiti e il team di Linkiller si impegnerà a rispondere in 48 ore con un’analisi della situazione e fattibilità di rimozione dei conte-nuti sgraditi, con una proposta di contratto per far partire l’attività di rimozione. Linkiller lavora nell’am-bito del quadro normativo italiano, ma cerca di collaborare con le piat-taforme di contenuti rimanendo in campo extragiudiziale, proprio con l’obiettivo di velocizzare i tempi di rimozione dei link sgraditi. Soprat-tutto Facebook, YouTube, ma an-che quotidiani, blog, testate locali. Il costo per l’utente è a link rimos-so, ma il prezzo varia anche in fun-zione della difficoltà. Il pagamento avviene solo dopo la rimozione dei primi link individuati. Il costo per link può andare dai 50 euro fino a 190 euro.

SOCIAL MEDIA E WEB Progetto “Terms of Service; Didn’t Read”

Termini di servizio complessi? Questa estensione li semplifica

di Sergio DONATO

Se può capitare che lo si faccia per

le app o i programmi, è quasi certo

che i termini di servizio dei siti web

non li legge nessuno. Il progetto “Terms

of Service; Didn’t Read” (ToS;DR) prova

a venire in aiuto degli utenti di internet

collezionando in modo semplice le in-

formazioni raccolte dai siti, anche con

un estensione per browser. Il progetto

nasce nel 2011 e dal movimento Unho-sted, che si premura dell’esistenza di app che possano ridare il controllo dei dati sen-

sibili agli utenti, e ToS;DR si dice finanziato da piccole donazioni private e da società

non-profit. Visitando la pagina internet di ToS;DR è possibile cercare un sito e avere

come risultato una classificazione dello stesso secondo un etichetta alfabetica da A a

E, che definisce e separa i siti che rispettano i diritti e la privacy degli utenti, dagli altri

che invece sono considerati non trasparenti. Il riassunto espresso dall’etichetta viene

poi esploso in un elenco che può differire da sito a sito e con pollici in su verdi e pollici

versi rossi che indicano la trasparenza del sito in merito a diverse attività di navigazione.

Alcuni siti non hanno una classificazione perché la loro mappatura avviene grazie al

contributo degli utenti, possibile attraverso la pagina di ToS;DR e il tasto “Contribute”.

Le modifiche sono poi revisionate da un curatore del progetto.

Page 26: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 26

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Pasquale AGIZZA

U n rapporto dell’organizzazione

dedita alla tutela dei diritti digita-

li Electronic Frontier Foundation

(EFF), mostra come Ring, una delle socie-

tà più famose nell’ambito di videosorve-

glianza, raccolga in maniera fraudolenta

tutta una serie di dati degli utenti, ceden-

doli poi di nascosto a cinque società ame-

ricane. Ring è di proprietà di Amazon.

Il rapporto dell’EFF mostra come Ring

ceda i dati dei clienti a società come Fa-

cebook e Google. La pietra dello scanda-

lo è l’app che gestisce il funzionamento di

videocitofoni, campanelli e telecamere di

sicurezza. Secondo il rapporto, infatti, l’ap-

plicazione è piena di tracker di terze parti,

installati proprio per carpire ed inviare alle

società quanti più dati possibili degli uten-

ti. Fra i dati inviati ci sarebbero anche dati

sensibili come il nome dell’utente, l’indiriz-

zo IP e tutti i dati rilevati dai sensori dello

smartphone.

Secondo il rapporto, inoltre, ci sarebbero

altre tre aziende coin-

volte nel furto dati oltre

i due giganti california-

ni: Branch (una piatta-

forma di deep-linking),

AppsFlyer (una società

attiva nel campo del-

la raccolta di big data)

e MixPanel, che fra le

cinque sembrava quel-

la più interessata a dati

sensibili come i nomi completi degli utenti

e il loro indirizzo mail. Contattata per un

chiarimento, Ring non ha negato questa

pratica ma ha voluto minimizzare la porta-

ta degli eventi. In un’intervista concessa al

sito Gizmodo ha infatti dichiarato: “Come

molte aziende, Ring utilizza fornitori di

servizi di terze parti per valutare l’utilizzo

della nostra app mobile, che ci aiuta a

migliorare le funzionalità, ottimizzare l’e-

sperienza del cliente e valutare l’efficacia

del nostro marketing”. Ha concluso, poi,

dichiarando di aver lavorato duramente

per ridurre al minimo la quantità di dati

condivisi con i propri partner. Ring, ac-

quisita da Amazon nel 2018, è famosa

per i propri videocitofoni e campanelli

intelligenti in grado di mostrare sullo

smartphone ciò che succede fuori dalla

nostra porta o in casa nostra. Ma fin dal-

la sua fondazione la compagnia è stata

al centro di moltissime lamentele riguar-

danti la privacy. Sono più di 200, infatti,

le cause intentate alla compagnia dai

propri utenti per la cessione non auto-

rizzata di immagini e video alla polizia.

SMARTHOME Le accuse a Ring, di proprietà di Amazon, in un rapporto di Electronic Frontier Foundation

I dati rubati di citofoni e videocamere Ring Coinvolti Facebook e Google e non solo I dati rubati comprendono nomi e indirizzi mail degli utenti, indirizzi IP e dati dei sensori

di Franco AQUINI

Anche i condizionatori sposano gli as-

sistenti vocali di Google e Amazon.

Parliamo delle due nuove serie Ethe-

rea VKE e TZ WKE di Panasonic, che oltre

a caratteristiche di altro profilo sia a livello

tecnologico che di efficienza energetica,

integrano il supporto agli assistenti vocali

Google Assistant e Amazon Alexa tramite

rete Wi-Fi. Il primo dei due, appartenen-

te alla linea Etherea serie VKE è dedi-

cato a chi cerca linee estetiche pulite

e ricercate. Inoltre, grazie ai 194mm di

spessore, è molto discreto. Il sistema di

purificazione dell’aria “nanoe X” ha lo

scopo di ridurre i livelli di agenti patoge-

ni dell’aria, contribuendo a migliorarne

la qualità. Non è da meno l’efficienza

energetica, che con i modelli da 2,5 e

3,5W raggiunge la classe A+++ sia per

il raffrescamento che per il riscaldamen-

to. Valori confermati an-

che dagli indici specifici

SCOP (Seasonal Coeffi-

cent Of Performance) e

SEER (Seasonal Energy

Efficency Ratio) di 8,50

e 5,10. La linea TZ serie

WKE invece sono condi-

zionatori pensati per le

case più piccole, dove si

possono installare in spazi limitatissimi,

visto che i modelli da 2 e 4,2 kW sono

larghi appena 779 mm e possono esse-

re installati sulle porte. Si tratta inoltre

di modelli estremamente silenziosi, che

producono soltanto 20 dB(A) in raffre-

scamento (vale per i modelli da 2,0/2,5

e 3,5 kW).

Le due nuove soluzioni di controllo della

climatizzazione sono compatibili con IF-

TTT, il servizio che permette di combina-

re azioni relative a servizi diversi, colle-

gandole tra loro in una sorta di “ricette”.

L’uso di IFTTT permette, per esempio,

di legare l’accensione e lo spegnimento

automatico in base alla posizione del

porprio smartphone. Oppure inviando

una notifica o un’email allo scatenarsi

di certi eventi. I condizionatori permetto-

no inoltre di utilizzare altri dispositivi per

la Smart Home, per collegare il controllo

della temperatura, per esempio, al meteo;

ma permettono anche il controllo dell’illu-

minazione in base all’ora del tramonto.

SMARTHOME I condizionatori Panasonic della serie Etherea e TZ con Google Assistant e Alexa

Condizionatori Panasonic ora con gli assistenti vocaliC’è anche il supporto a IFTTT, per automatizzare l’accensione e il controllo del clima domestico

OKOKOMBI, la lavasciuga smart AEG, promette di risparmiare acqua e di non danneggiare i capiÖKOKOMBI serie 9000 di AEG integra l’assistente personale Care Advisor, capace di consigliare sempre la combinazione di programma lavaggio e asciugatura migliori di Franco AQUINI

AEG ha dotato la lavasciuga ÖKO-Kombi delll’assistente personale Care Advisor attraverso il supporto all’app My AEG Care, con la qua-le si potrà gestire anche la serie 9000 della lavasciuga a pompa di calore. Lavasciuga che rispetto ai modelli tradizionali riduce lo spre-co di acqua e energia del 40%. La novità dell’app però, è l’assi-stente personale Care Advisor, sviluppato da un team di tecnici che ha pensato alla cura dei capi attraverso la scelta corretta del programma di lavaggio e di asciu-gatura, consigliando la combina-zione migliore in base al tessuto, al colore e al grado di sporco. ÖKOKombi integra una serie di tecnologie di lavaggio e asciugatu-ra innovative. Come SensiDry, che permette di assorbire l’umidità dai tessuti ad una temperatura del 50% inferiore rispetto alle asciugatrici convenzionali. I sensori ProSense combinano le opzioni migliori di lavaggio e tempi di asciugatura in base al carico e alla tipologia di tessuti, mentre DualSense regola temperatura e movimenti del ce-stello a seconda dei cestelli.

Page 27: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 27

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Gianfranco GIARDINA

“La luce artificiale è stata uno dei più grandi

passi avanti dell’umanità - ci dice Jake Dy-

son, figlio del celebre fondatore dell’azienda

che porta il loro cognome -. Ci permette di estendere

le nostre attività anche oltre l’orario del tramonto. Ma

dobbiamo fare in modo che sia una luce ‘sana’. E noi

l’abbiamo fatto”.

Ecco la nuova sfida di “Re Mida” Dyson: la celebre

casa inglese ha presentato quest’oggi Lightcycle Mor-

ph, la nuova (e totalmente rivista) versione della pro-

pria lampada già in commercio, la Lightcycle. Si tratta

del prodotto che forse più di altri meritava un’evolu-

zione, visto che, complice un design forse un po’ trop-

po tecnico, la prima interpretazione di Lightcycle (che

è sbarcata nel settore consumer solo nel 2019) non ha

scatenato, almeno nelle prime battute di mercato, la

stessa “viralità” a cui ci hanno abituato aspirapolvere

e phon del marchio britannico.

Non si tratta di un semplice restyling malgrado anche

questo nuovo modello mantenga ben saldi i princi-

pi base della prima generazione. In realtà si tratta di

una completa reinterpretazione del tema guida che

ha portato Dyson a fare una lampada: la luce sem-

pre uguale è sbagliata - questo l’assunto alla base di

tutta la linea -: serve una luce che sappia adattarsi ai

momenti del giorno, al tipo di attività compiuta e alle

esigenze della persona che le compie, permettendo

di vedere senza fatica quando serve e che non dia

mai fastidio. Nel realizzare il nuovo prodotto, Jake

Dyson (il figlio del più celebre James; cura la divisio-

ne lighting da molti anni, ora integrata nella casa ma-

dre) ha deciso di andare oltre le linee decisamente

squadrate della prima generazione, che assomigliava

molto, nell’architettura, a una gru in miniatura.

La nuova Lightcycle Morph si basa invece su un brac-

cio snodato in grado di portare la luce ovunque nel

raggio d’azione e una testa girevole a 360 gradi per

orientare il fascio verso il basso, per esempio per il

lavoro da tavolo, o verso la parete o il soffitto, per

avere una morbida illuminazione diffusa. O anche

verso un punto specifico, per esempio un quadro, per

SMARTHOME Dyson lancia la nuova generazione della propria lampada Lightcycle. Morph è la nuova sfida di “Re Mida” Dyson

Lightcycle Morph, la lampada connessa di DysonLa luce giusta per ogni momento del giornoNon solo lampada da tavolo o da lettura, ma strumento polivalente, che si trasforma in base all’ora del giorno e all’età dell’utente

segue a pagina 28

funzionare come luce d’accento. La caratteristica più

importante e unica della Lightcycle Morph è quella

di rilevare la posizione della lampada (grazie alla lo-

calizzazione dello smartphone connesso), incrocian-

dola con l’ora del giorno in cui ci si trova: in questo

modo è in grado di ricreare la luce più coerente con il

periodo dell’anno e il luogo in cui ci si trova e di farla

evolvere nel tempo per non far mai sentire il “peso”

di un’illuminazione artificiale. Questo sulla base di un

milione di campionature di cicli luminosi in altrettanti

punti del mondo: in questo modo la lampada sa che

caratteristiche dovrebbe avere la luce in quel posto

in quel momento. Grazie alla connettività Wi-Fi e

Bluetooth, la lampada è anche in grado di interagi-

re con l’app Dyson e di rispondere ai comandi che

l’utente lancia, come per esempio richiamare uno dei

20 preset memorizzabili.

Non solo: sotto il braccio che regge la lampada c’è

un sensore che è in grado di rilevare la luminosità

del piano, quando la Lightcycle Morph è utilizzata

come lampada da tavolo. In questo modo, la lampa-

da può modulare l’emissione luminosa per centrare

sempre il livello di luminosità target: nel caso in cui

eventuale luce solare dovesse aumentare (per esem-

pio arriva un raggio di sole sul tavolo) la lampada

riduce la propria emissione fino a spegnersi pur di

mantenere costante la luminosità secondo le impo-

stazioni dell’utente. Sempre in modo adattativo, la

lampada può basarsi sull’età del proprio utente (che

conosce tramite l’app, correggendo i parametri per

meglio accordarsi alle mutate esigenze: un 65enne

- ci ha spiegato l’azienda - ha bisogno di una luce

quattro volte più intensa di un ventenne. Ci pensa la

lampada a creare le condizioni di miglior comfort; o

meglio a proporle, visto che poi l’utente può interve-

nire manualmente e correggere sia l’intensità che la

temperatura di colore come meglio crede operando

sui controlli touch presenti sulla parte terminale dello

stelo, vicino alla lampada.

A proposito di colori, vale la pena di citare anche

la modalità “precisione”, quella ottimizzata per fare

lavori al tavolo che richiedano la massimizzazione

dell’acuità visiva e ma la massima capacità di discer-

nere i colori: la Lightcycle Morph raggiunge un CRI

del 90% o superiore (l’indice di resa cromatica, ca-

ratteristica tra le più importanti delle fonti luminose),

posizionando l’apparecchio quindi in classe 1A, la

maggiore per questo tipo di valutazione.

Affinché la luce possa rendere giustizia a tutti i co-

lori (avendo quindi un alto CRI) devono essere ben

rappresentate tutte le frequenze dello spettro. Dy-

son sostiene che la luce di questa lampada è as-

solutamente “lineare”, ovverosia tutte le frequenze

sono presenti. Per dimostrarlo, almeno al grande

pubblico, ha fatto passare la luce emessa dalla lam-

pada attraverso un prisma che scompone la luce. E

il risultato quello nella foto 1. In realtà salta anche

Page 28: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 28

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

SMARTHOME

Dyson Lightcycle Morphsegue Da pagina 27

il concetto dello stelo semplicemente funzionale a

reggere il braccio: anche lo stelo diventa una super-

ficie di emissione luminosa, almeno nella modalità

“ambiente”, emette luce, grazie a una microforatura

dell’alluminio di cui è composto.

In realtà è la lampada stessa ad essere la fonte lu-

minosa per la modalità ambiente, quando la testa è

ripiegata sullo stelo: la luce entra dall’alto e viene

riproposta attraverso i fori dello stelo.

Questa modalità può essere attivata anche da un

sensore di presenza persone, posizionato vicino alla

sorgente luminosa. In particolare, i fori sono 4.950

nella versione da tavolo e addirittura 16.740 in quella

da terra. Si tratta in questo caso di una luce calda,

che può assumere anche le tinte di una candela a

1700 gradi kelvin, per creare un ambiente riposan-

te ed accogliente, magari preparatorio a un sonno

ristoratore.

La stessa lampada può essere utilizzata anche per

ripartire nel modo giusto: un’apposita routine ottimiz-

zata per garantire un risveglio “morbido” e naturale

può essere “puntata” all’ora desiderata per mimare

l’alba anche a finestre chiuse. L’altro tema già caro a

Dyson nella prima generazione è il raffreddamento: i

LED, contrariamente a quanto si pensi, hanno proble-

mi di surriscaldamento. Se non riescono a dissipare

bene il calore (conm succede spesso aile strip LED

montate su gomma o plastica), la loro durata quasi

infinita precipita e il guasto è dietro l’angolo. Nella

nuova Lightcycle Morph, i LED sono in connessio-

ne con una giuida di dissipazione che garantisce un

funzionamento senza problemi per almeno 60 anni. l

prezzo è leggermente più alto rispetto alla prima ge-

nerazione e certamente non è per tutti, come molti

prodotti Dyson: 599 euro nella versione da tavolo e

799 euro in quella da terra; finiture nero o bianco/

argento.

Sotto il braccio ci sono alcuni tasti che permettono l’attivazione di alcune funzioni, come l’auto on/off sulla base del sensore di presenza persone o regolare il ciclo circa-diano nel caso la lampada non sia connessa con la app.

Il braccio ha due calamite che fanno sì che la posizione di riposo (con la lampada che guarda verso lo stelo) sia raggiungibile semplicemente con un gesto: ci penserà la calamita a bloccare il braccio nella giusta posizione.

Quando la lampada è accesa e ripiegata su se stessa, la luce entra nello stelo e si diffonde nell’ambiente grazie a migliaia di microfori pra-ticati nel tubolare di alluminio che regge l’intera struttura.

Nello spaccato è facile vedere il condotto in rame massiccio che conduce il calore lontano dai LED che così non soffrono di surriscaldamento anche dopo molte ore di funzionamento continuo.

La luce rientra dall’alto (qui in una versione “se-zionata” della lampada a puro uso dimostrativo) e va ad illuminare lo stelo. C’è anche un filtro arancio che scalda ulteriormente la luce che quindi passa da neutra fino a molto calda, simile a quella di una candela.

Nella foto dello spaccato, è possibile vedere la cupola bianca che contiene il sensore di presenza persone. Alla sua destra un piccolo sensore che è in grado di rilevare l’intensità luminosa sul tavolo, in modo tale ma mante-nerla costante modulando la luce emessa, che va a miscelarsi con eventuale luce ambiente.

1

Page 29: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 29

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Roberto PEZZALI

L enovo X1 Extreme è stata una delle workstation più

apprezzate dell’ultimo anno per la sua versatilità e

l’ottimo rapporto dimensioni prestazioni. La secon-

da generazione, migliora sotto ogni punto di vista.

Negli ultimi anni moltissime workstation solitamente

orientate ad una pubblico business hanno preso una

derivazione consumer per offrire una alternativa a chi

usa Windows come sistema operativo, e tra questi i pro-

dotti più noti sono i Surface di Microsoft, i Dell XPS e la

serie Extreme di Lenovo. Il Lenovo X1 Extreme è arrivato

alla sua seconda generazione migliorando in tutto e per

tutto un prodotto comunque già eccellente: resta un ul-

tra portatile, ma sotto la scocca delle configurazione da

noi provata c’è un processore Core i7 Coffe Lake a sei

core di nona generazione affiancato da una GPU Nvidia

GTX1650 Max-Q da 35 watt che lo rendono una macchi-

na perfetta in ogni situazione.

Scocca robusta in carbonio e magnesioEsteticamente non è facile distinguere le due generazio-

ni di Lenovo Extreme X1: fatta eccezione per la camera

IR aggiuntiva nella parte alta, di fianco alla videocame-

ra che si può coprire con uno sportellino per ragioni di

privacy, sembrano esattamente identiche. La finitura è

quella a cui ci ha abituato Lenovo da tempo, quello chas-

sis in magnesio e fibra di carbonio che al tatto sembra

morbido e gentile, tanto da poter essere scambiato per

plastica. Ma non è così, è robusto, resistente agli sfregi

e ai graffi, sufficientemente rigido nella parte che rive-

ste e protegge lo schermo e nero, nerissimo. Il difetto

è una facilità fuori dal comune nel trattenere le impron-

te, soprattutto se si hanno le dita un po’ unte e umide:

usando per qualche settimana un Lenovo e un MacBook

Pro, che è il diretto concorrente se si guarda ad un altro

sistema operativo, il MacBook Pro con il suo alluminio

satinato sembra nuovo mentre il Lenovo ha già l’aria di

un notebook vissuto. Basta un panno umido per pulirlo,

ma resta il fatto che il coating superficiale poteva essere

pensato meglio.

Tante opzioni di schermo, ma forse la migliore è quella più banaleIl Lenovo X1 Extreme di seconda generazione può esse-

re ordinato con diverse configurazioni di schermo, tra le

TEST Abbiamo provato una delle workstation più leggere e potenti sul mercato, la seconda generazione dell’X1 Extreme di Lenovo

Lenovo X1 Extreme 2nd gen. Purosangue da corsaSiamo davanti ad una macchina eccezionale, forse uno dei migliori notebook “pro” con Windows che si possano acquistare oggi

quali c’è anche l’OLED. Lenovo ci ha fornito la versione

con schermo opaco 4K IPS, e dobbiamo dire che è uno

schermo davvero eccellente. Il nero non è impeccabi-

le, e la finitura opaca non aiuta perché il livello del nero

sembra agli occhi più alto di quello che una sonda po-

trebbe percepire, ma come resa cromatica e accuratez-

za ci troviamo davanti ad uno schermo impressionante.

La calibrazione di base è anche più precisa di quella del

MacBook Pro da 16” provato di recente, la luminosità

tocca i 480 nits ed è abbastanza uniforme su tutto il

quadro. Sconsigliamo l’OLED su un notebook, per di-

versi motivi: il primo è il refresh rate forzato a 60 Hz di

questo pannelli, il secondo è il timore di trovarsi da-

vanti ad uno schermo che può stamparsi con immagini

statiche e il terzo è il consumo. Perché su un notebook,

che ha immagini prevalentemente bianche e spesso

la luminosità è regolata pure al massimo per l’uso al-

l’aperto, uno schermo OLED potrebbe aumentare in

modo considerevole i consumi e il Lenovo X1 Extreme

ThinkPad X1 Extreme 2nd genTROVARE DI MEGLIO È DAVVERO DIFFICILE. E SI PUÒ MIGLIORARE ANCORA

2.200,00 €

Lenovo X1 Extreme non è un notebook “fighetto” come il MacBook Pro, e sebbene i materiali siano eccellenti esteticamente resta una workstation con un aspetto business. Non è brutta eh, ma non è nemmeno così appariscente. Se togliamo però l’aspetto estetico ci troviamo davanti ad una macchina per la produzione eccezionale, forse uno dei migliori notebook “pro” con Windows che si possano acquistare oggi. La tastiera è eccelsa, la qualità dello schermo ottima e parte dei problemi della prima generazione sono sorpassati. Si potrebbe migliorare an-cora, soprattutto in termini di autonomia e di ottimizzazione dei profili energetici perché in diversi casi emerge il power throttling, soprattutto quando il computer deve decidere se privilegiare la CPU o la GPU. Lenovo ha fatto una macchina versatile, un vero all-round che guarda a tutti gli aspetti, anche alla silenziosità e alla stabilità. Forse avrebbe potuto spingerlo un po’ di più, ma non senza sacrifici. Il consiglio è di non acquistare la nostra configurazione, quasi 2800 euro di notebook, ma di prendere quello con lo schermo Full HD da 500 nits: in questo caso il prezzo scende un po’. Qualcuno potrebbe anche pensare di pren-dere la configurazione minima con 256 GB di SSD e 8 GB di RAM da espandere successivamente, ma il prezzo a cui vende le opzioni Lenovo è allineato a quello di mercato, non ci si guadagna affatto.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 9 7 8 7 98.5COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEVersatilità massima grazie alla presenza di connessioni di ogni tipoPrestazioni bilanciate in ogni ambitoTastiera davvero eccellente come ergonomia

Qualche bug di troppo ancora irrisoltoPotrebbe andare più forte, ma i profili sono conservativiDisplay 4K inutile, sarebbe stato meglio avere un Full HD Touch

segue a pagina 30

Lenovo X1 Extreme 2nd Gen.La videorecensione

lab

video

Page 30: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 30

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

non è un portatile che ha bisogno di consumare troppo,

la batteria è da 80 wattora e il setup inteso come cpu e

gpu decisamente energivoro. Con il senno di poi, aven-

do provato la versione 4K, possiamo dire che forse la

miglior soluzione per questo Lenovo è lo schermo Full

HD da 500 nits: non solo consuma meno del 4K ma non

essendo uno schermo hiDPI gestisce molto meglio alcu-

ne applicazioni legacy che litigano un po’ con la risolu-

zione elevatissima del pannello.

La tastiera è una goduria. E ci sono porte a volontàGuardare i due profili del Lenovo X1 Extreme è una vera

e propria gioia per gli occhi: ci sono connessioni di ogni

tipo, e l’unica presa che necessita di un adattatore è

quella di rete ethernet. L’adattatore, però, è fornito nella

confezione. Sul lato destro ci sono due porte USB 3.1 di

tipo classico e c’è uno slot per le card SD, mentre sul

lato sinistro troviamo due thunderbolt 3 a piena banda,

4 lane PCI Express, un’uscita HDMI per collegare un mo-

nitor esterno, un jack audio con uscita anche ottica e la

porta per l’alimentatore da 135 watt. Come sempre non

è un alimentatore con connessione standard, ma c’è

una buona notizia: un normale caricatore power delivery

(PD) riesce a ricaricare il notebook anche da presa USB

Type C: all’utente viene segnalato che non sarà una rica-

rica veloce, ma si ricarica.

Lo abbiamo caricato con l’alimentatore di una Ninten-

do Switch, e con quello di un MacBook: zero problemi.

Ovviamente non si può pensare di sfruttare la macchina

a piena potenza collegata ad un alimentatore che non

è il suo e che non riesce a fornire 130 watt: la batteria

aiuta, ma dopo un paio d’ore il notebook si scarica. Con

il suo alimentatore, grazie alla tecnologia RapidCharge,

si carica in poco più di un’ora. Il vero fiore all’occhiello

del Lenovo X1 Extreme è la tastiera, una tastiera mera-

vigliosamente piacevole da usare. Il rumore dei tasti, il

feedback tattile, la distanza e la sagomatura data a que-

sti ultimi permettono di digitare velocemente e senza

errori. Gli unici errori si fanno per un bug: ogni tanto salta

qualche lettera, ci è capitato soprattutto con la N. E salta

anche qualche spazio. Inizialmente abbiamo pensato

alla necessità di adattamento. Poi ci siamo accorti che ci

sono decine di acquirenti sui forum Lenovo che lamen-

tano questo problema e per il quale ad oggi ancora non

c’è un fix. Ed è strano, perché Lenovo è molto attenta

ai consumatori e ha già risolto con diversi update alcu-

ne problematiche che abbiamo avuto durante le prime

settimane di prove. Velocissimo il sensore fingerprint

laterale e ottimo il trackpad, anche se sui portatili “pro”

Lenovo c’è chi preferisce usare il Trackpoint.

Non va fortissimo, ma è perfettamente bilanciatoLa versione da noi provata, come anticipato, è quella

con processore Intel Core i7 9750H a 2.6 GHz, nona ge-

nerazione e 6 core, unito a 32 GB di RAM a 2666 MHz

(2 banchi da 16 GB) e ad una GPU NVIDIA GeForce GTX

1650 Max-Q con 4 GB di GDDR5.

Abbiamo trattato l’Extreme X1 come una macchina

versatile, anche se la maggior parte dei nostri test ha

interessato l’aspetto di produzione video e editing fo-

tografico. Non ci siamo lasciati però scappare qualche

sessione di gioco, dove il notebook si è comportato in

modo eccellente per essere un notebook “pro” e non

specifico per gamer: con la 1650 si riescono ad esegui-

re giochi anche impegnatici con dettagli medi o medio

alti, a patto di sopportare qualche calo di frame rate e di

rinunciare alla risoluzione 4K.

Come sempre dalle prove dei notebook ci si aspetta

qualche benchmark, e noi li abbiamo fatti anche se i ri-

sultati non sono quelli che ci aspettavamo: il Lenovo X1

Extreme poteva andare un po’ più veloce. Invece Leno-

vo ha fatto una scelta ben precisa, quella di creare dei

profili termici molto conservativi che tengono la CPU

e la GPU attorno agli 80° senza però esagerare con il

raffreddamento attivo: anche quando il computer sta

facendo un rendering pesante, o sta girando Cineben-

ch R15, le ventole partono ma non si sentono troppo.

Senza questi profili, e probabilmente cancellando l’im-

magine installata da Lenovo e usando una immagine

pulita di Windows si può dimostrare, il computer riesce

ad andare un po’ più forte, dal 7% al 10% circa, ma la

rumorosità sale e anche il consumo. Come per molti

TEST

Lenovo X1 Extreme 2nd gen.segue Da pagina 29

notebook Windows chi è abile a “smanettare” può

poi ricorrere ad un po’ di undervolting per cercare di

migliorare ulteriormente autonomia e prestazioni, ma

come sempre la domanda da farsi è: “Se si può miglio-

rare il notebook perché Lenovo non ci ha pensato?”. La

realtà è che migliorando qualcosa si peggiora altro, e il

Lenovo X1 Extreme ci è sembrato perfettamente bilan-

ciato per quanto riguarda prestazioni e consumi in ogni

ambito. E se sta lavorando a pieno carico non sembra

di avere un elicottero che decolla sulla scrivania, con

la scocca che non diventa affatto rovente nella parte

inferiore come. Una nota sulla parte audio, che rientra

nella media dei notebook: non pessima ma neppure

eccellente, sicuramente non è uno dei prodotti con la

miglior resa acustica che ci sia capitato di provare. E

anche la pressione sonora non è eccelsa, e nonostan-

te si fregi della compatibilità Atmos non sembra affatto

un prodotto “hi-fi”. Tra le ultime cose da dire riguardo

a questo X1 Extreme ci sono la presenza di una sche-

da wireless Intel Wi-fi 6 e la possibilità di usarlo anche

con Linux. Un prodotto di questo tipo può interessare

molto gli sviluppatori, soprattutto chi lavora nell’ambito

del machine learning, e sebbene non sia semplicissi-

mo ci sono guide per caricare sul notebook diverse

distribuzioni. Unico accorgimento un kernel superiore

al 5.1 per gestire la scheda wireless Wi-fi 6 con i driver

iwlwifi e una corretta installazione dei driver NVIDIA:

con Ubuntu 19.10, nel nostro caso, abbiamo dovuto

mettere in blacklist i driver Nouveau di Ubuntu per

usare quelli proprietari NVIDIA. Nulla che chi usa linux

non possa fare.

Autonomia non esagerata, lo schermo 4K non aiutaL’interno del Lenovo X1 di seconda generazione

non colpisce per pulizia e ordine come quello di un

MacBook, ma rispetto ai prodotti Apple ha un van-

taggio che molti apprezzeranno: è completamente

modulare e può essere aggiornato after market senza

problemi. Le RAM, la scheda wireless e i due slot PCIe

NVMe permettono all’utente di acquistare una confi-

gurazione scarna per poi espanderla come meglio si

crede. Nella parte bassa trova spazio la grossa batteria

al litio da 80 Wh. Una batteria che nella configurazione

da noi provata permette una autonomia di circa 6 ore

se si eseguono applicativi standard, quindi suite office,

browsing e mail, ma che può anche ridursi a meno di

due ore si si usa ad esempio Adobe Premiere o si gio-

ca sfruttando la GPU discreta NVIDIA.

Page 31: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 31

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Roberto FAGGIANO

D i solito un diffusore del tipo soundbar ha il solo

compito di riprodurre l’audio del televisore, al

massimo troviamo anche la compatibilità con gli

assistenti vocali disponibili, ma JBL ha fatto di più per-

ché la sua Link Bar (prezzo di listino 399 euro) contiene

anche una completa sezione di Smart TV basata su

piattaforma Android TV.

Siamo quindi di fronte a un dispositivo che svolge ben

tre funzioni diverse, mantenendo aspetto e dimensioni

di una comune soundbar, molto interessante per chi

ha un televisore con qualche anno sulle spalle ma non

certo da rottamare. Le alternative alle singole tre fun-

zioni sono moltissime ma nessuno le ha riunite in un

solo dispositivo.

Esternamente la Link Bar appare come una comune

soundbar con subwoofer integrato, facilmente inseri-

bile davanti a un TV grande schermo oppure fissata a

parete. In dotazione troviamo un piccolo telecomando

che può essere utilizzato anche per attivare l’assisten-

te vocale di Google; il telecomando ha quindi un micro-

fono integrato che si attiva premendo il tasto con i pal-

lini colorati di Google. Sul lato superiore del diffusore

troviamo i tasti diretti per le funzioni essenziali, mentre

sotto la griglia frontale appaiono quattro punti luminosi

che indicano il livello del volume o l’interazione con il

telecomando. Il controllo completo avviene sullo scher-

mo del TV tramite un ampio menù che riunisce le im-

postazioni di tutte e tre le funzioni disponibili. Limitate

le opzioni della soundbar dal punto di vista acustico,

ridotte in sostanza a qualche elaborazione DSP e al

controllo del livello dei bassi. Sul telecomando però

non c’è un pulsante diretto per variare l’effetto DSP

del diffusore ma bisogna tornare al menù principale; lo

stesso vale per la regolazione dei bassi: decisamente

scomodo, tanto che alla fine in genere è meglio restare

sull’effetto standard e accontentarsi del risultato. Non

manca invece l’ormai ubiquo tasto dedicato al lancio

diretto dell’applicazione di Netflix.

TEST Abbiamo provato l’unica soundbar che unisce insieme le funzioni di diffusore, smart tv e assistente vocale di Google

Abbiamo provato la soundbar JBL Link Bar Il diffusore con Android TV e Google AssistantPerfetto per chi ha un TV datato ma ancora valido. Ma la resa sonora sarà stata sacrificata in nome delle altre funzioni?

Una soundbar sempliceDal punto di vista sonoro la Link Bar è un diffusore piut-

tosto semplice e usa un sistema due vie con accordo

reflex. In dettaglio ogni canale sfrutta due midwoofer

rettangolari da 44 x 80 mm e un tweeter da 20 mm

mentre ci sono due accordi reflex laterali che impon-

gono spazio libero ai lati in entrambe le direzioni. La

potenza massima erogata è di 100 watt. In tema di con-

nessioni non ci si può lamentare dato che sul retro tro-

viamo ben tre prese HDMI 2.0, un ingresso digitale ot-

tico e un mini-jack stereo; presente anche un pulsante

per l’abbinamento wireless di un eventuale subwoofer

esterno opzionale e c’è la presa di rete per il collega-

mento Ethernet cablato. Inoltre troviamo il Bluetooth in

versione 4.2 per collegare in riproduzione smartpho-

ne, tablet e altri dispositivi, e non manca la connettività

Wi-Fi 5 (802.11ac) per il collegamento alla propria rete

wireless in alternativa al cavo Ethernet.

Le dimensioni sono piuttosto abbondanti in larghezza,

raggiungendo gli 1,02 metri mentre il diffusore è com-

patto in altezza (solo 6 cm) e in profondità (nemmeno

10 cm). Possibile anche il posizionamento a parete con

dima di fissaggio in dotazione.

segue a pagina 32

TUTTO IN UNO O SOLUZIONI SEPARATE?

La Link Bar di JBL ha il merito di unire le funzioni di diffusore, smart tv e assistente vocale di Google in un solo diffusore, ma sarà una soluzio-ne utile per tutti considerando il prezzo di listino oppure conviene scegliere soluzioni separate? Se possedete un tv datato ma ancora valido la risposta è affermativa perché si ottengono tre funzioni in un colpo solo e tutte sono svolte in nodo soddisfacente. Se invece il vostro tv è da pensionare forse è meglio pensare a modello già smart e a una soundbar più economica ma con prestazioni simili, magari già predisposta per un assistente vocale. Comunque l’idea del tre in uno l’avuta JBL e bisogna sottolinearlo perché al momento non ci sono alternative in materia e le prestazioni sonore, specie con la musica, sono tipicamente da diffusore JBL; rimane non eccezionale il rapporto qualità/prezzo.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

8 8 7 8 8 77.7COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEPrestazioni sonore con programmi musicaliVersatilità ingressi e funzioniMenù funzioni su schermo

Funzionalità Google AssistantTelecomando con poche funzioniRapporto qualità/prezzo migliorabile

lab

video

JBL Link Bar 399,00 €

Page 32: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 32

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

TEST

JBL Link Barsegue Da pagina 31

Android TV e Google AssistantPer la funzione aggiuntiva di smart TV, JBL ha scelto la

piattaforma Android TV. Troviamo le applicazioni più

comuni e sponsorizzate come Netflix già preinstallate,

ma mancano quelle localizzate per il mercato italiano

come ad esempio RaiPlay che andrà scaricata ma-

nualmente da Google Play.

Il movimento all’interno del menù è semplice tramite il

telecomando e volendo ci si può affidare all’assistente

vocale, anche se la risposta non è sempre immediata

e bisogna prima registrarsi a tutte le app preferite pri-

ma di poterle utilizzare. Affidandosi completamente a

Google e accettando praticamente qualsiasi cosa in

termini di privacy, si accorciano i tempi per l’installa-

zione; per quanto riguarda l’assistente vo-

cale, se si vuole essere sicuri della propria

privacy, alla bisogna il microfono può esse-

re disattivato con un tasto fisico sulla soun-

dbar. Abbiamo subito testato l’assistente

chiedendo di portarci direttamente su tre

diverse trasmissioni ma con risultati poco

convincenti: anche se l’assistente com-

prende perfettamente ciò che vogliamo,

otteniamo cose diverse. Chiedendo “Fio-

rello su RaiPlay” veniamo invece portati su

You Tube per scegliere alcune clip di Viva

RaiPlay, chiedendo un noto programma su

DPlay ci viene incomprensibilmente rispo-

sto che non possiamo accedere a DPlay

– cosa che invece facciamo tranquillamente subito

dopo agendo manualmente sul menù –. Netflix inve-

ce viene trattato molto meglio: chiediamo di vedere

La casa di carta su Netflix e non solo veniamo portati

immediatamente sulla pagina dedicata di Netflix, ma

parte pure una breve introduzione dell’assistente vo-

cale sulla serie TV.

Prestazioni sonore soddisfacentiAbbiamo collegato la soundbar al nostro TV di riferi-

mento con il cavo HDMI in dotazione e poi abbiamo

seguito le istruzioni a schermo per la connessione,

piuttosto laboriosa anche inserendo l’account perso-

nale di Google. Si può usare l’app di Google Home

ma la sostanza non cambia e le funzioni di Android

TV rallentano la messa in opera. Poi però la Link Bar

è subito a disposizione per dare il suo contributo alla

resa sonora e si attiva automaticamente all’accensio-

ne del TV. La resa in generale è piuttosto buona e

superiore a quella ottenibile dal 90% dei televisori:

voce ben focalizzata al centro, un discreto effetto an-

teriore che allarga un poco la scena, gamma bassa

profonda e ben controllata che convince soprattutto

riproducendo musica e programmi musicali. Mancano

però gli effetti di circondamento e tutto resta molto

centrato sul diffusore. Per i film più spettacolari manca

invece il colpo allo stomaco in gamma bassa che solo

un subwoofer separato potrebbe portare.

Abbiamo provato le diverse soluzioni DSP, traendo

qualche vantaggio solo con la musica, per il resto la

resa non cambia molto e neppure l’opzione film rie-

sce a creare un minimo di effetto surround. Conviene

rimanere nella posizione standard e lasciare il livello

dei bassi sul valore impostato in fabbrica. Insomma

prestazioni buone ma da un diffusore di questo prez-

zo e con il marchio JBL ci si aspetta di più.

di Roberto FAGGIANO

Anche se i film realizzati con la codi-

fica Dolby Atmos sono ancora re-

lativamente pochi, molti produttori

di soundbar hanno proposto i loro diffu-

sori compatibili con l’ultima codifica di

casa Dolby. Però non è semplice otte-

nere dei risultati sonori all’altezza delle

aspettative da un diffusore vincolato a

precise dimensioni e collocamento in

ambiente. Forse per questo Creative

ha chiamato direttamente i laboratori

Dolby per aiutare lo sviluppo della sua

SXFi Carrier, una soundbar con su-

bwoofer che punta subito alla fascia più

alta del mercato con i suoi 1.000 dollari

di prezzo di listino.

La nuova SXFi Carrier si presenta con

dimensioni più contenute della media,

giungendo a soli 88 cm di larghezza; ri-

dotto anche l’ingombro in altezza dato

che sul alto superiore ci sono gli alto-

parlanti che diffondono verso l’alto gli

effetti tipici del Dolby Atmos.

Altri altoparlanti diffondono il suono

frontalmente, lateralmente e dal centro

della soundbar. In tutto nella SXFi Car-

rier sono utilizzati sette altoparlanti con

potenza complessiva di 450 watt. Non

sono previsti sistemi di calibrazione per

semplificare l’installazione plug & play

tramite un solo cavo HDMI eARC verso

il tv. Creative ha però inserito nella cir-

cuitazione il suo esclusivo sistema Su-

per X-Fi già utilizzato nella sua gamma

di cuffie per ottenere un suono ancora

più realistico tramite l’ascolto persona-

le in cuffia.

In tema di collegamenti la SXFi Carrier

ha pure due prese HDMI 2.1, un jack

per cuffie e una presa USB C; non man-

HI FI E HOME CINEMA La SXFi Carrier è stata realizzata in stretta collaborazione con Dolby. Il subwoofer wireless è già in dotazione

Creative, la soundbar Atmos progettata insieme a DolbyForse la strada migliore per ottenere i risultati sonori che registi e progettisti vogliono effettivamente presentare al pubblico

ca il bluetooth 5.0 per ulteriori sorgen-

ti. Il subwoofer monta un bel woofer

da 25 cm orientato lateralmente che

può contribuire in modo decisivo a

completare verso il basso la resa de-

gli effetti più spettacolari con il clas-

sico colpo allo stomaco. L’arrivo della

soundbar sul mercato è è previsto en-

tro l’estate.

Page 33: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 33

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Roberto PEZZALI

Se guardiamo a quello che offre oggi il mercato

dei TV ci sono ancora le due grandi categorie di

prodotto che si scontrano, almeno nel segmen-

to “Premium”: da una parte l’OLED, dall’altra l’LCD. Se

consideriamo quello che è successo però negli ulti-

mi due anni, è il segmento LCD quello che ha fatto

più passi in avanti, complici anche gli ottimi pannelli

OLED che restano gli stessi da diverse generazioni. Il

TCL X10, che siamo andati a provare nelle fabbriche di

TCL in Polonia, è senza alcun dubbio il TV LCD Quan-

tum Dots tecnologicamente più avanzato sul merca-

to. Qualcuno potrebbe azzardare un confronto con

Samsung, ma Samsung ha deciso da un paio d’anni

di sviluppare nuovi trend che uniscono tecnologia e

design, e ha portato sul mercato (o le sta portando)

innovazioni come il The Wall, il Sero o l’ottimo The

Frame, un televisore “quadro” unico sul mercato.

Mentre Samsung guarda al mercato e ai grandi nu-

meri, TCL ha deciso di spremere la tecnologia LCD al

massimo delle sue possibilità per andare a creare un

televisore che possa essere apprezzato soprattutto

da coloro che non sono interessati solo al design, al

form factor e a tutto il resto, vogliono solo la massima

qualità possibile.

E lo ha fatto perché oggi, negli studi di produzione di

tutto il mondo, molti reference monitor sono basati su

pannelli LCD, gli unici capaci di garantire la copertura

colore e il volume colore richiesti quando si effettua

la color correction di un contenuto HDR: se esistono

monitor LCD capaci di battere ogni display, possibile

che non si riesca a fare un TV simile?

TCL ha esperienza, produce pannelli da anni e ha

deciso di provare a inseguire questo traguardo: dare

all’appassionato un TV che possa colmare le lacune

degli OLED raggiungendo le stesse prestazioni degli

OLED nei segmenti dove questi ultimi sono ancora

imbattibili, vedi il nero. Il TCL X10, 65” e 2.499 euro

di prezzo di listino è il primo di questa nuova gene-

razione di TV che grazie alla tecnologia miniLED e al

pannello QLED riesce a raggiungere, almeno secon-

do TCL, la luminosità e il volume colore richiesti da

un contenuto HDR senza però sacrificare il nero, che

TEST Abbiamo trascorso una giornata insieme al top di gamma QLED della serie TCL, un TV promettente dal prezzo abbordabile

TCL X10, QLED e miniLED insieme per battere l’OLEDIl TV è il primo che, secondo TCL, grazie ai miniLED riesce a raggiungere le 768 zone di controllo con oltre 15.000 LED blu

grazie alla retroilluminazione FALD con un numero

elevato di zone dovrebbe rimanere eccellente. TCL

da buon brand cinese sta facendo un po’ quello che

ha fatto Huawei con gli smartphone a partire dal P10:

creare un prodotto con ottimi materiali e con tutta la

tecnologia possibile a bordo, ed effettivamente se si

guarda alla scheda tecnica e al prodotto difficilmente

ci si può lamentare.

È un TV in alluminio, con un design semplice e pulito

dotato di una soundbar nella parte bassa che funzio-

na anche da base. La soundbar è stata progettata in

collaborazione con Onkyo, un diffusore a 2.2 canali

con amplificazione digitale e compatibile Dolby At-

mos oltre che DTS.

Partendo dal pannello ci troviamo davanti ad un LCD

creato da TCL, con una retroilluminazione a LED blu

indispensabili per sollecitare il filtro quantum Dots

emettendo uno spettro cromatico quasi puro per le

tre componenti. Nella tabella A, la misura dello spet-

tro cromatico del TCL X10 QLED confrontato con

quello del Samsung Q90 e dell’OLED LG C9: TCL è la

linea continua, Samsung quella tratteggiata e l’OLED

LG quella con i punti.

I 15.000 LED vengono gestiti a zone perché al mo-

mento non è possibile fare meglio di così, ma già dal

prossimo anno con un controller a matrice attiva sarà

possibile aumentare ulteriormente il numero di zone

rendendole grandi un centimetro quadrato.

La luminosità di picco è di 1500 nits, ma

è un compromesso dovuto soprattutto

allo smaltimento del calore generato

dai LED e dal bilanciamento luminosità

/ blooming: più è alta la luminosità più

è difficile contenere il blooming, unico

vero difetto di molti TV Full Array Local

Dimming (FALD).

Il processore integrato è in grado di ge-

stire ogni tipo di HDR: noi lo abbiamo

provato via con Netflix in Dolby Vision

sia con Amazon Prime Video. Una nota:

se si guarda un contenuto su Amazon

Prime Video con HDR10+ e Dolby Vision

la precedenza viene data sempre al Dolby Vision se

il TV è in grado di gestire entrambi, quindi l’HDR10+

sul TCL X10 si può usare solo per quei contenuti in

HDR10+ per i quali non esiste anche la versione Dolby

Vision. Abbiamo poi guardato alcuni blu-ray in HDR0

standard.

Una nota, prima di passare alla visione, sulla parte

smart, basata su Android 9, con TCL che per la serie

X10 promette aggiornamenti fino ad Android 11. Non è

velocissima, il processore utilizzato è un classico SoC

per smart TV con una quantità di RAM base e una ve-

locità paragonabile a quella degli altri TV Android, ma

le app più importanti ci sono tutte. La fluidità di una

NVIDIA Shield è ancora invidiabile, nessun televisore

Android è riuscito a raggiungere tali livelli.

Il telecomando è nello standard, unità classica con

controllo vocale con una buona ergonomia ma nulla

di memorabile. C’è per un telecomando aggiuntivo

molto più pratico, anche se penso più per la fruizione

delle app che per l’uso come TV vera e propria. Per

quanto riguarda le connessioni ci troviamo davanti

ad un classico reparto di connettività con tre porte

HDMI 2.0, nessuna delle quali dispone di funzionali-

tà 2.1 come il VRR, il Quick Media Switching o l’Auto

Low Latency Mode. Il TCL X10 non è un TV pensato

esplicitamente per i giochi, anche se collegato ad una

console si comporta decisamente bene con un input

lag attorno ai 20 ms.

segue a pagina 34

A

Page 34: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 34

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

TEST

TCL X10, QLED e miniLED insiemesegue Da pagina 33

Come si vede il TCL X10 rispetto ad un OLED?Sono due i TV sul mercato che entrano direttamente

in concorrenza con questo TCL X10: il Samsung Q90,

che può contare su una luminosità superiore ma con

meno zone e il C9 di LG, che si trova attorno ai 2.000

euro nella versione da 65” e che oggi forse è il TV

con il miglior rapporto qualità prezzo sul mercato.

Sappiamo quasi sono i punti di forza e i punti deboli di

ognuno: il Samsung ha una luminosità di picco eccel-

lente, una copertura del gamut completa e un volume

colore pieno, ma con le poche zone a disposizione

non riesce ad essere convincente come un OLED sul

nero. L’OLED ha una bassa luminosità di picco e un

ridotto volume colore, ma riesce ad essere imbattibile

su nero e scene a bassa luminosità grazie ai pixel self

emitting. Il TCL X10 dovrebbe posizionarsi esattamen-

te tra i due, e le stesse misure fatte mettono in luce

un televisore che non ha nulla di meno di quello che

riescono a dare, nella modalità “film” preimpostata,

gli altri due televisori.

Abbiamo guardato diverse sequenze, passando da

contenuti a definizione standard fino ad arrivare al

4K passando dai servizi di streaming come Netflix

e Amazon Prime Video al blu-ray Ultra HD Oppo. Il

TCL X10 lavora molto bene sullo scaling: migliorare

la risoluzione dei contenuti, anche se di qualità molto

bassa come quelli trasmessi dalla nostra televisione,

non è più una missione complessa come lo era negli

anni passati. Anche il sistema di motion interpolation

(il pannello è a 100 Hz) non lavora affatto male, seb-

bene siamo propensi a regolarlo ad un livello dove

la risoluzione in movimento aumenta leggermente

senza però portare l’immagine ad essere completa-

mente innaturale.

I micro-scatti del 24p restano, così come resta il fee-

ling si immagine cinematografica. I 1500 nits di picco

restituiscono immagini HDR di altissimo livello, ottima

dinamica, ottimo spunto su certe sequenze senza

mai apparire troppo fastidioso anche in un ambiente

oscurato. Quello che sicuramente tutti vogliono sape-

re è come funziona il local dimming, e per metterlo

a dura prova abbiamo utilizzato alcune sequenze di

The Martian e alcune scene con titoli di testa molto

luminosi su fondo nero e cieli stellati. Il riassunto,

senza dilungarsi troppo, è che nel 75% dei casi se

si guarda il televisore di fronte il local dimming fa un

lavoro eccelso, non c’è ritardo nel gestire le zone di

retroilluminazione e sembra di trovarsi davanti ad un

TV con un nero perfetto e un ottimo contrasto. Il bloo-

ming c’è, non è visibile come in molte altre situazioni

ma fuori asse rispetto al pannello diventa evidente.

Le zone piccole aiutano, ma non può sparire del tut-

to: basta mettere un cielo stellato per vedere come le

stelle, che sull’OLED sono puntini luminosi dispersi in

un unica macchia nera sul TCL sono macchie. Quante

volte è capitato di trovarsi davanti ad una scena simi-

le? Non tantissime effettivamente, ma può succedere.

Il TCL X10 è un ottimo televisore, ma è comunque un

televisore che di listino costa 2499 euro: TCL lo ha

fatto per raggiungere la qualità dei monitor HDR da

studio, e il TV riesce a restituire immagini di ottima

qualità in tantissimi casi, anche se la differenza vera

rispetto ad altri televisori riesce a farla sono con ottimi

contenuti HDR dove chi ha fatto il master ha pensato

bene a come gestire la luminosità della scena. Con

contenuti standard resta un buon local dimming, ma

in questo caso un OLED riesce ad essere più versatile

e funzionale. L’X10 è meglio dell’OLED quando c’è un

contenuto HDR ben fatto, altrimenti l’OLED riesce a

dare ancora qualcosa in più e soprattutto, a fronte di

un prezzo di mercato più basso, è già dotato di alcu-

ne feature dell’HDMI che strizzano l’occhio ai gamer.

La prossima generazione di TCL dovrebbe aumen-

tare il numero delle zone, e se solo TCL riuscisse a

ridurre ancora il blooming, che al momento resta il

tallone d’Achille dell’X10 in alcune scene, la sfida si

farebbe davvero interessante. Solo il futuro dirà se il

miniLED è la strada giusta per portare avanti ancora

qualche anno gli LCD in attesa delle prossime ge-

nerazione di pannelli, ma al momento ci è sembrata

l’unica strada percorribile per costi e resa, perché

eventuali LCD a doppia modulazione alzerebbero

ulteriormente i costi (e nel frattempo i prezzi degli

OLED scenderebbero ancora di più).

Page 35: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 35

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Gianfranco GIARDINA

I l problema è un “grande classico” dei possessori di

MacBook (e non solo): il disco interno, che poi è un

SSD, non è mai abbastanza grande. E - come i pos-

sessori di questo notebook sanno - l’unità interna è

saldata sulla motherboard e non può essere oggetto di

upgrade.

Ovviamente sarebbe sempre meglio, potendoselo per-

mettere, scegliere in fase di configurazione e acquisto

il modello con il disco giusto, ovverosia un bel po’ più

grande delle proprie attuali necessità. Ma se il portafo-

glio sanguinante vi ha spinto verso un disco che pochi

mesi dopo si rivela troppo piccolo, la soluzione c’è: è un

SSD esterno, che oramai, grazie alle architetture NVMe,

ha raggiunto velocità paragonabili se non addirittura

superiori a quelli del disco interno. Certo - osserverà

qualcuno -, c’è la scomodità di avere un’unità esterna,

il cavetto, qualcosa da collegare… Ma è anche vero che

il disco esterno può tramutarsi facilmente anche in un

velocissimo “traghetto” per spostare grandi quantità

di file da un computer all’altro. O per impostare cicli di

lavoro “misti”, dove per esempio si inizia a lavorare sul

MacBook e si prosegue sull’iPad Pro, con piena condi-

visione dei dati. Lo scenario nel quale ci siamo messi è

quello di un lavoro su foto e file video su un MacBook

da 15” del 2018. Chi fa puro “office” difficilmente andrà

in grossa sofferenza di spazio; e se proprio capitasse,

può affidarsi con successo a supporti di memoria anche

meno performanti e capienti, come una buona chiavetta

USB. Nel nostro caso no, abbiamo ipotizzato di lavorare

di editing video direttamente sull’unità esterna senza

mai copiare sul disco interno i dati; allo stesso modo

abbiamo alloggiato sull’SSD esterno alcune immagini di

macchine virtuali di Parallels Desktop da attivare secon-

do necessità, anche queste da “lanciare” direttamente

dal disco esterno. Una vera estensione del disco inter-

no, a tutti gli effetti, che la tecnologia rende oggi possi-

bile, vera e propria “salvavita” (della vita del MacBook,

si intende) di macchine nate con la memoria interna un

po’ troppo stretta.

I quattro “champion” del mercato: Crucial, LaCie, Samsung e SanDiskAbbiamo analizzato quattro prodotti, i più importanti

sul mercato, apparentemente molto simili tra loro ma

in realtà con differenze importanti, sia di prezzo che di

prestazioni. E - come vedremo - ognuno si presta a dare

la soluzione più interessante a seconda dello scenario

di utilizzo. Abbiamo scelto in tutti i casi il taglio da 1 TB,

un giusto mezzo tra le poderose ma spesso costosissi-

me versioni da 2 TB e le non decisive sul fronte della

capienza da 500 GB. I prezzi sono molto diversi, diceva-

mo, ma comunque inferiori ai 500 euro che Apple chie-

de per passare da una configurazione di MacBook Pro

con 256 GB di disco al taglio da 1 TB. Tutti i dischi della

TEST Abbiamo messo sotto torchio 4 SSD esterni NVMe, ovverosia superveloci, soprattutto se si lavora con fotografie e video

Gli SSD superveloci salva-MacBook a confronto I 4 “campioni” Crucial, LaCie, Samsung e SanDiskAbbiamo scelto il taglio da 1 TB, ma prezzi e prestazioni diverse: ecco tutte le risposte nella nostra prova comparativa

comparativa sono in grado di collegarsi alla porta USB-

C del MacBook Pro: due però possono sfruttare tutta la

banda della connessione Thunderbolt 3 (40 Gbit/s teo-

rici), essendo compatibili con questo standard; gli altri

due dovranno “accontentarsi” (si fa per dire) della USB

3.1, che si ferma a 10 Gbit/s. La connessione, dicevamo,

resta la stessa, ma nel caso dei dischi Thunderbolt va

usato un cavetto adatto identificato dal classico “fulmi-

ne” sul connettore, pena la perdita della banda supple-

mentare.

Crucial X8, l’essenziale

Si tratta di un SSD esterno NVMe che bada decisamen-

te alla sostanza: interfaccia USB-C compatibile all’indie-

tro con i connettori di tipo A. Non è Thunderbolt 3, quin-

di, ma è in grado di collegarsi a porte in questo standard,

ovviamente alle velocità permesse dalla propria inter-

faccia. Piccolo e solido, ha un telaio in metallo, capace

di dissipare al meglio le temperature che il disco rag-

giunge in esercizio ed è totalmente nero, forse il meno

“sexy” del pool in prova sul fronte del design. Viene for-

nito, purtroppo, con il solo cavetto USB-C USB-A, per-

fetto per collegarsi a macchine più datate; andrà com-

prato a parte un cavetto USB-C USB-C del valore di

pochi euro: peccato non averlo incluso nella confezio-

ne. Certo, però, che il prezzo è assai convincente: l’unità

da 1 TB è l’unica del pool in prova a stare sotto i 200

euro (196,49 precisamente) e questo fa facilmente di-

menticare qualche concessione all’essenzialità.

LaCie Rugged SSD Pro, l’evoluto

Uno degli ultimi usciti, fa parte della linea Pro di LaCie ed

è quindi Thunderbolt 3. Questo ovviamente dovrebbe

sostanziarsi in velocità estreme se collegato a porte

Thunderbolt 3. Ma contrariamente ad altri prodotti simili

sul mercato, questo LaCie integra un controller in grado

di “rallentare” e rendersi compatibile anche con connes-

sioni USB 3.1. Attenzione, non USB generiche, ma solo in

versione 3.1, quindi su porta USB-C. Anche se buona

parte dei PC (e tutti i MacBook) con porta USB-C sono

anche Thunderbolt 3, una compatibiità di questo tipo

apre, per esempio, il mondo del facile travaso di dati tra

MacBook e iPad Pro, che appunto dispone, nelle ultime

versioni, di USB-C.

Il design il classico “rugged” di LaCie, con rivestimento

segue a pagina 36

Gli SSD salva-MacBookLa prova comparativa

lab

video

Page 36: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 36

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

TEST

Gli SSD superveloci salva-MacBooksegue Da pagina 35

in gomma antiurto, questa volta, dato il carattere “pro”,

con finitura nera e non la classica arancione. L’unità è

fornita con un cavetto Thunderbolt 3 molto corto, non

più di 20 cm: ci sta dovunque ma in alcuni frangenti qual-

che centimetro in più migliora l’usabilità. Prezzo al top

della comparativa: il taglio da 1 TB costringe a sborsare

480 euro. Sempre meno di quanto chiede Apple in fase

di configurazione per un upgrade da 750 GB, ma co-

munque un cifra non trascurabile.

Samsung X5, il rigoroso

È il primo disco SSD esterno con prestazioni davvero

estreme a essere arrivato sul mercato, un vero e proprio

missile, ed è caratterizzato dalla sola compatibilità con

Thunderbolt 3: non si collega a null’altro che una porta in

questo standard e rifiuta la connessione anche con

eventuali porte USB-C, malgrado condividano il medesi-

mo connettore. Perfetto quindi per chi ha un MacBook o

un PC con Thunderbolt 3 ma non per chi ha intenzione

di far risorgere un prodotto un po’ datato usando sempli-

ci porte USB-C o USB-A. Il design grigio rosso è molto

“stiloso” e la costruzione molto solida, con un telaio dal-

l’apparenza metallica e capace di dissipare bene il calo-

re. Le dimensioni però ne fanno l’unità più grande di

questa comparativa. Il Samsung X5 viene fornito con un

cavetto Thuderbolt 3 da mezzo metro: solo lui ha un va-

lore di mercato come minimo di 20 euro. Ma il prezzo del

Samsung X5 non è certo dei più bassi: questo disco nel

taglio da 1 TB ha un prezzo consigliato di 453,49 euro.

SanDisk Extreme Pro, il versatile

La proposta di SanDisk è all’insegna della versatilità:

l’unità disco, infatti è USB-C con performance USB 3.1

ma non è Thunderbolt. Se da un lato questo non può

che sostanziarsi nell’impossibilità di raggiungere le velo-

cità dei modelli Thunderbolt 3, dall’altro lato il controller

è facilmente retrocompatibile e quindi il disco si collega

a qualsiasi USB, anche USB-A, senza essere schizzino-

sa. Ovviamente, se non si utilizza una porta USB-C, sarà

la porta stessa ad essere il vero collo di bottiglia in termi-

ni di velocità di lettura e scrittura. Per la massima versati-

lità, il SanDisk Extreme Pro, che dispone di una porta

USB-C, viene fornito con doppio cavetto: uno USB-C da

entrambi i lati e l’altro con un connettore USB-A per il

collegamento a porte standard più datate. In questo

modo è facile adattarsi a qualunque situazione e qual-

siasi PC si incontri. Il design è molto bello (finitura super-

ficiale in gomma) ed è anche efficiente: l’unità è piccola

e sottile, forse la più sottile del pool. Il prodotto, nel taglio

da 1 TB è nuovissimo e non ha ancora un prezzo ufficia-

le. Ma certamente sarà compreso tra i 170 euro della

versione da 500 GB e i 647 di quella da 2 TB: ragionevo-

le pensare che si attesterà a poco più di 300 euro. Da

segnalare il servizio Rescue, già compreso nel prezzo,

per recuperare i dati nel caso di danneggiamento dei

disco; e tre mesi di abbonamento ad Adobe Creative

Cloud, giusto una prova ma che può tornare utile per

attività tattiche.

I testi di velocità: in generale, sono delle schegge. I Thunderbolt 3 ancora di più.Il primo test che abbiamo fatto è stato con il classico tool

gratuito Disk Speed Test di Blackmagic, pensato pro-

prio per chi fa editing video. Lo scopo del benchmark

è proprio quello di stabilire se l’unità disco testata si

presta o meno per ospitare i materiali video da editare,

precisamente lo scenario nel quale ci siamo calati. Il no-

stro riferimento è, ovviamente, l’unità interna del nostro

MacBook, quello che avremmo voluto più grande e che

aspiriamo ad estendere con le unità esterne. Nel test più

stressante (scritture e letture ripetute di file video da 5

GB) il disco interno ha presentato al benchmark velocità

di scrittura di quasi 1700 MB/s che diventano 2300 MB/s

in lettura. Ovviamente è garantita la compatibilità in edi-

ting con tutti i formati video con lettura, tanto per fare un

esempio, di quasi 600 frame al secondo in risoluzione

4K e codifica ProRes 422: significa che il disco intero po-

trà riprodurre una timeline con 10 di questi flussi video

in contemporanea a 50 fotogrammi al secondo, mante-

nendo anche un po’ di margine per le normali fluttuazio-

ni di prestazione del sistema. Ebbene, allo stesso test, il

Samsung X5 e il LaCie Rugged SSD Pro, i due dischi che

sulla carta sono più veloci degli altri grazie all’interfaccia

Thunderbolt 3, ci hanno fanno letteralmente cadere la

mascella, comportandosi decisamente meglio anche del

disco interno. In particolare il LaCie ha fornito le migliori

prestazioni al benchmark: oltre 2000 MB/s in scrittura,

che diventano quasi 2600 MB/s in lettura. Il limite dei fo-

togrammi gestiti in ProrRes 4k si sposta più avanti, oltre

i 650 fotogrammi al secondo. Il Samsung ha mostrato

le prestazioni leggermente superiori in scrittura (2085

MB/s) fermandosi, si fa per dire, ai 2350 MB/s in lettura.

Comunque meglio del disco interno del MacBook.

Dagli altri dischi, che non sono Thunderbolt 3, è ragio-

nevole attendersi prestazioni più basse. Le unità Crucial

e SanDisk hanno dato al benchmark Blackmagic risultati

analoghi, a circa 950 MB/s sia in scrittura che in lettura.

È evidente che in questo caso il collo di bottiglia non è

l’SSD NVMe ma la banda passante dell’intefafccia del

disco, che viene saturata sia in lettura che in scrittura. In

entrambi i casi stiamo parlando comunque di oltre 200

fps in ProRes 4K, il che significa, tanto per fare un esem-

pio, 8 flussi contemporanei in 25p. Abbiamo provato a

utilizzare anche l’unità LaCie Rugged SSD Pro con un

cavetto USB-C non Thunderbolt, cosa che ha fatto sca-

lare la velocità dell’unità simulando la connessione a un

device senza connessione iper-veloce. In queste condi-

zioni il LaCie è sceso in prestazioni, ma solo relativamen-

te, assestandosi sopra i 1500 MB/s sia in lettura che in

scrittura: un risultato eccellente.

Per ultimo, e giusto per avere un raffronto concreto, ab-

biamo rifatto il test con un disco esterno meccanico La-

Cie Rugged Thunderbolt 2, che abbiamo utilizzato con il

collegamento USB-C: si tratta del classico disco esterno

che i videomaker usano per backup e riversamento dei

materiali, il grande classico “arancione” del video edi-

ting. Ebbene, siamo lontanissimi dalle prestazioni degli

SSD sotto test: intorno ai 130 MB/s sia in lettura che in

scrittura, il che vuol dire non più di un flusso 4K ProRes

422 alla volta. Ecco perché, con quattro SSD in prova,

non stiamo parlando di “hard disk esterni” ma di vere e

proprie estensioni del disco interno, che possono ospi-

tare i “lavori in corso” e non fare solo da backup o siste-

ma per spostare file da una macchina all’altra.

Sotto pressione, Samsung è più veloceMa che succede se invece di lanciare un benchmark

proviamo a fare un trasferimento di file “reale”? Abbia-

mo quindi preso l’intera cartella di uno dei nostri video,

con tutti i materiali, gli intermedi e il rendering finale

(circa 45 GB in tutto) e l’abbiamo spostata in blocco dal

disco interno all’SSD esterno. Un’operazione “classica”

che ci dà un’idea concreta della velocità delle unità in

prova nel mondo reale. I tempi di trasferimento della no-

stra cartella test sono riportati nella tabella 1.Un’analisi dei tempi fa saltare all’occhio un fatto eviden-

te: in questa prova, arbitraria quanto si vuole ma asso-

lutamente realistica, il disco LaCie si distanzia di molto

dalle prestazioni del Samsung, che resta decisamente

più performante. Infatti il Samsung X5 termina la copia

in poco più di 24 secondi, mentre il LaCie, malgrado sia

anch’esso Thunderbolt 3, sfiora quasi i 40 secondi. In

effetti, lo si vede partire molto veloce per poi rallentare a

metà copia: probabilmente dipende dalla disponibilità di

cache superveloce disponibile, maggiore nel Samsung;

segue a pagina 37

Page 37: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 37

MAGAZINEn.215 / 2010 FEBBRAIO 2020

oppure in qualche altro fattore non determinabile senza

conoscere precisamente l’architettura e il comportamen-

to dei due controller. Fatto sta che il Samsung X5 è un

vero “missile” anche per trasferimenti corposi, mentre il

LaCie è superveloce per trasferimenti da qualche GB ma

tende a “sedersi” per quantità di dati più corpose. Non

a caso, il benchmark Blackmagic, con il quale il LaCie si

comportava addirittura meglio del Samsung, trasferisce

un pacchetto da 5GB. Parliamo comunque di troughput

eccellenti, lontanissimo da unità esterne convenzionali

(il LaCie meccanico ha impiegato più di 5 minuti per la

medesima copia). I due dischi SSD USB-C hanno mo-

strato prestazioni simili, con un leggero vantaggio per il

SanDisk (45 secondi contro 48) e comunque non troppo

distanti da quelle del LaCie.

Editing direttamente su SSD esterno: prestazioni allineate e soddisfacentiUno degli obiettivi della prova era verificare di poter fare

editing video in 4K, con più tracce sovrapposte, diret-

tamente su SSD esterno, senza impegnare neppure un

byte del disco interno. Abbiamo quindi caricato un pro-

getto complesso di un nostro video su tutti e quattro i

dischi e abbiamo provato a fare le classiche operazioni

di editing: in tutti i casi, abbiamo potuto operare senza

differenze particolari rispetto al lavoro diretto sull’SSD

integrato. L’unico vero rischio - a volerlo cercare - è l’eve-

nienza di staccare il disco accidentalmente mentre si sta

lavorando. Per il resto, il disco esterno non si paga, né in

termini di prestazioni né di affidabilità.

Potevamo forse attenderci qualche differenza nel ren-

dering dei video, visto che i sorgenti stanno sull’SSD

esterno e sempre sulla stessa unità siamo andati a sal-

vare il video esportato. Si tratta di un video di 8 minuti in

4K basato su un montaggio con tre camere e molti effetti

di color correction. L’esportazione è durata precisamen-

te lo stesso tempo con tutti i dischi, poco meno di 10

minuti (le piccole variazioni sono ascrivibili agli altri pro-

cessi presenti sulla macchina), segno che in operazioni

di questo tipo, tutti e quattro gli SSD hanno prestazioni

ampiamente superiori al collo di bottiglia, che in questo

caso è la codifica vera e propria, malgrado si trattasse di

una codifica con accelerazione hardware. Le conclusio-

ne di questo test sono quindi uniformi per tutti i dischi in

prova e ci dicono due cose. Primo, si può tranquillamen-

TEST

Gli SSD superveloci salva-MacBooksegue Da pagina 36

te fare editing video (e quindi praticamente qualsiasi al-

tra elaborazione) direttamente su SSD esterno; secon-

do: le prestazioni dei dischi, USB 3.1 e Thunderbolt 3,

sono praticamente analoghe ai fini dell’ediiting video su

disco esterno. Buono a sapersi.

Le macchine virtuali: come se fossero sul disco internoCome anticipato, abbiamo anche caricato tre macchine

virtuali di Parallels Desktop sui dischi in prova e quindi

abbiamo provato ad aprirle e ad usarle, anche in questo

caso senza percepire grandi differenze nelle prestazio-

ni. La macchina Windows 10, per esempio, in poco meno

di 7 secondi è arrivata alla maschera di autenticazione

in tutti e quattro i casi. Ancora un volta la velocità dei

dischi, anche di quelli meno rapidi, si è rivelata più che

sufficiente per star dietro all’elaborazione vera e propria,

senza creare colli di bottiglia particolari.

Conclusioni: ogni esigenza ha il suo discoQuattro prodotti simili, ma quattro prodotti diversi. Il

Samsung, tra l’altro il primo uscito, si conferma quello

che, nella vita pratica, risulta più veloce in tutte le condi-

zioni. Quando si copiano file e cartelle anche corpose,

per esempio da un paio di GB, la prima volta si resta at-

toniti di fronte alla velocità di caricamento, praticamente

istantanea. Tanto che - lo confessiamo - la prima volta

abbiamo pensato che qualcosa fosse andato storto; e

invece i file copiati erano lì, sul disco, al posto in cui li

avevamo messi. Il limite dell’X5 è ovviamente la rigida

compatibilità Thunderbolt 3, il che lo rende veramente

una mera estensione del disco interno, senza possibilità

di usarlo, neppure occasionalmente, per trasferire dati

verso una macchina non dotata di Thuderbolt 3.

Il LaCie aggiunge, rispetto al Samsung, la compatibilità

con USB 3.1. È vero che i device con porte USB-C 3.1,

che non siano anche Thunderbolt, non sono molti. Ma

per chi ha per esempio un iPad Pro, il LaCie Rugged SSD

Pro diventa la scelta migliore: velocità importanti e com-

patibilità più ampia rispetto allo “schizzinoso” Samsung.

Abbiamo provato, nello specifico, a fare un po’ editing

video con il LaCie su iPad Pro con grande soddisfazione,

malgrado le solite piccole complicazioni di iOS nell’ac-

cedere a file su supporti di memoria esterni. Gli altri due,

il SanDisk e il Crucial, sono invece la scelta del rappor-

to qualità-prezzo: l’oggettiva minore velocità dei dischi

USB, non si rispecchia particolarmente nell’esperienza

pratica che, a meno della copia file massiva, è del tutto

analoga a quella che si ha con i “fratelli maggiori” Thun-

derbolt. Inoltre, i dischi USB offrono tutta la compatibili-

tà all’indietro che serve per poter “dialogare” con altre

macchine di ogni ordine e grado. Il Crucial poi, malgrado

sia un po’ più “spartano”, arriva a livelli di prezzo che

poco tempo fa erano quelli di hard disk meccanici ester-

ni, ma con prestazioni dieci volte migliori: l’X8 è una vera

e propria prima scelta per chi vuole altissime prestazioni

ed è molto attento alla spesa. Da parte sua il SanDisk

offre, compreso nel prezzo, il prezioso servizio Rescue

per il recupero di eventuali dati da un disco danneggia-

to. Insomma, ogni prodotto, pur andando a dare risposta

alla medesima domanda, sembra avere una vocazione

leggermene diversa e tutti hanno motivo di esistere.

Segnaliamo solo una piccola mancanza per tutti i mo-

delli: ci sarebbe molto piaciuta una piccola pochette per

poter inserire disco e cavetto, che altrimenti finiscono

per vagare troppo liberi nello zaino: prodotti da qualche

centinaio di euro, così piccoli ma così preziosi, a nostro

avviso se la meriterebbero.

clicca per l’ingrandimento

1

Page 38: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 38

MAGAZINEn.48 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Pasquale AGIZZA

Toyota e Panasonic creeranno una

società per la produzione di batte-

rie, da utilizzare sui veicoli Toyota

ma non solo. È questa la notizia bom-

ba, con la nuova società che potrebbe

diventare un punto di riferimento mon-

diale per quel che riguarda la mobilità

elettrica.

La joint-venture prenderà il nome di

Prime Planet Energy and Solutions e

sarà di proprietà di Toyota per il 51%.

Il progetto parla di una forza lavoro,

quando la nuova società avrà raggiun-

to la piena efficienza, di oltre 5000

dipendenti. Prime Planet, come detto,

non si limiterà a sviluppare batterie per

i veicoli ibridi di Toyota, ma si proporrà

come fornitore per tutte le altre azien-

de automobilistiche. In questo ambito

ricordiamo che Panasonic è il principa-

le fornitore di Tesla, anche se la socie-

tà americana ha più volte manifestato

BATTERIE La società si chiamerà Prime Planet Energy and Solutions, di proprietà Toyota al 51%

Colpaccio Toyota e Panasonic, c’è l’accordo Produrranno batterie per auto elettricheLa joint-venture ha tutte le carte in regola per diventare uno dei primi fornitori mondiali di batterie

l’intenzione di diversificare le fonti di

approvigionamento.

La creazione di Prime Planet eviden-

zia come l’idea della mobilità elettrica

abbia conquistato anche i produttori

giapponesi, spesso restii ad avvicinarsi

a questo tipo di soluzione. La joint-ven-

ture fra Toyota e Panasonic ha tutte le

carte in regola per diventare uno dei

primi fornitori mondiali di batterie.

Toyota ha rilasciato una breve dichia-

razione sull’accordo: “Le batterie, in-

tese come soluzione per fornire ener-

gia alle automobili, avranno un ruolo

sempre più centrale nella società del

futuro. L’accordo fra Toyota e Panaso-

nic ci consentirà di sviluppare batterie

altamente competitive, sicure ed eco-

nomiche. La nuova società non si limi-

terà a sviluppare batterie per Toyota,

ma fornirà batterie, in modo stabile, ad

un’ampia clientela”

Tesla recupera batterie anche in Cina: siglato accordo di fornitura con CATLCATL è uno dei maggiori produttori al mondo di batterie al litio, e Tesla ha appena firmato un accordo di fornitura per i prossimi due anni per centrare gli obiettivi in Cina di Alessandro CUCCA

Per garantire una certa produzione di auto elettriche, è necessario po-ter contare su forniture costanti e affidabili di batterie e questo Tesla lo sa bene, così come lo sa Toyota che si è appena alleata con Pana-sonic, mentre ad esempio Merce-des si è accorta di recente cosa può succedere in caso contrario. Per questo motivo Tesla ha appe-na chiuso un importante accordo di fornitura con la cinese CATL per assicurarsi per i prossimi due anni una fornitura, senza limiti imposti, di batterie per le sue auto.Tesla ha già chiuso un accordo simile lo scorso agosto con LG Chem, e da tempo si produce da sola le batterie nei suoi stabilimen-ti in Nevada in collaborazione con Panasonic. CATL è uno dei mag-giori fornitori di batterie al mondo, e ha già tra i suoi clienti altri pro-duttori di auto, mentre oggi viene siglato questo ulteriore accordo, molto interessante per Tesla che da poco ha inaugurato la sua fab-brica a Shangai e che quindi be-neficerà non poco dell’avere un fornitore a portata di mano, senza esser costretto a importare tutte le batterie dalle sue fabbriche in Nevada. Mentre scriviamo, il titolo azionario di CATL sta guadagnan-do circa il 10% nella borsa Cinese di Shenzhen, a dimostrazione che i mercati hanno apprezzato questo proficuo accordo per entrambe le aziende e vedono di buon occhio la scelta di Tesla di non affidarsi alla sola auto-produzione.

di Massimiliano ZOCCHI

l l fotovoltaico è una delle fonti di ener-

gia rinnovabile più sfruttate e con più

potenziale. Una delle problematiche

più grandi nello sviluppo dell’energia so-

lare è data però dall’intermittenza della

produzione che soffre, com’è logico che

sia, del ciclo giorno/notte e della coper-

tura nuvolosa.

Una ricerca dell’Università della Cali-

fornia, però, sembra voler mettere in di-

scussione questo concetto. Lo studio dei

ricercatori, infatti, verte sulla possibilità di

creare pannelli solari che funzionino an-

che di notte. La spiegazione a quello che

sembra, a tutti gli effetti, un controsenso

è da ricercarsi nel calore che la Terra ac-

cumula durante il giorno e poi rilascia. Lo

studio prevede l’utilizzo di un particolare

tipo di pannello che utilizzi una cella fo-

tovoltaica notturna capace di generare

FONTI RINNOVABILI La ricerca apre la strada a un nuovo modo di produrre energia solare

Pannelli solari che funzionano anche di notte Ecco lo studio dell’Università della CaliforniaI nuovi pannelli solari potrebbero catturare anche il calore rilasciato dalla Terra di notte

energia sfruttando

le radiazioni infra-

rosse.

A spiegarlo in ter-

mini più semplici

è Jeremy Munday,

uno dei professori

dell’Università del-

la California autori

dello studio: “Le

normali celle foto-

voltaiche raccolgono l’energia trasmessa

dal Sole alla Terra. Creano elettricità, in

pratica, sfruttando lo scambio di energia

fra un corpo caldo e uno freddo. La no-

stra teoria utilizza gli stessi principi, solo

che di notte il corpo caldo diventa la Ter-

ra e lo spazio diventa il corpo freddo. Vo-

gliamo convertire in energia il calore che

la Terra rilascia”. L’Università della Califor-

nia sta già lavorando ad alcuni prototipi di

pannello solare di nuova generazione. La

stima, piuttosto ottimistica, è quella di ge-

nerare di notte il 25% dell’energia che il

pannello riesce a generare di giorno.

C’è da segnalare che questo studio non

è il primo che prende in esame la pos-

sibilità di utilizzare i pannelli solari anche

di notte. Il primo studio a formulare que-

st’ipotesi, infatti, proviene dall’Università

di Stanford ed è datato novembre 2019.

Page 39: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 39

MAGAZINEn.48 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

Quando si parla di incentivi stata-

li per la mobilità elettrica, non

si parla solo di auto elettriche.

Come richiesto a gran voce dall’AN-

CMA (Associazione dei produttori di

cicli e motocicli), il Governo ha proro-

gato gli incentivi per l’acquisto di moto

elettriche e scooter elettrici anche per

il 2020. È disponibile un fondo di 8

milioni di euro, sostanzialmente un re-

siduo dei fondi originali del 2019. Nel

tentativo di migliorare l’utilizzabilità

di questi fondi, sono state però appli-

cate delle modifiche alle norme dello

scorso anno. Il contributo è accessibile

solo rottamando un vecchio prodotto

a fronte dell’acquisto di uno nuovo a

zero emissioni o ibrido. Stranamente

però, tra i veicoli accettati nella rotta-

mazione, non erano presenti gli Euro

0, tuttora spesso circolanti. Così una

prima modifica è stata includere anche

questi mezzi tra quelli accettati nella

pratica di rottamazione, che deve es-

AUTO ELETTRICA Il Governo ha prorogato gli incentivi per l’acquisto di moto e scooter elettrici

Incentivi, ancora disponibili 8 milioni di euro Non solo due ruote, ma anche per quadricicli È disponibile un fondo di 8 milioni di euro, in pratica un residuo dei fondi originali del 2019

sere chiaramente indicata nel contratto

di acquisto del nuovo.

Una seconda modifica prevede anche

l’inclusione negli incentivi dei veicoli

classificati L6e e L7e, ovvero i quadri-

cicli elettrici sia leggeri, sia pesanti,

come le varie tipologie di microcar,

o veicoli particolari come la Renault

Twizy. Ultima modifica è la rimozione

del limite di potenza di 11 kW sul nuovo

prodotto che si va ad acquistare, il che

escludeva quindi le moto da strada più

grandi e performanti. Ora anche que-

ste ultime possono essere acquistate

con incentivo, sempre però vincolati

alla rottamazione. In tutti i casi il con-

tributo sarà del 30% del prezzo, fino ad

un massimo di 3.000 euro. Inoltre il vei-

colo a due, tre o quattro ruote che si va

a rottamare deve essere di proprietà

della stessa persona che effettua l’ac-

quisto del nuovo, oppure di proprietà

di un familiare convivente, in entrambi

i casi da almeno 12 mesi.

Tornano gli Hummer in versione elettrica.Lo dice lo spot con LeBron James al Super BowlIl cestista dei Los Angeles Lakers diventa testimonial del ritorno dei fuoristrada americani. Confermate le poche informazioni tecniche che erano trapelate in brevi spezzoni i di Pasquale AGIZZA

Tornano i mastodontici Hummer, in versione elettrica, e testimo-nial della rinascita del fuoristrada è il campione di basket LeBron James, che si è definito un fan di Hummer sin dai tempi del liceo.Lo spot, andato in onda nella fantastica cornice del Super Bowl, racchiude i tre spezzoni che avevamo già segnalato, e si conclude con LeBron James che dà sfoggio di tutta la sua poten-za con una delle schiacciate che l’hanno reso celebre nell’NBA.Oltre allo spot di 30 secondi messo in onda durante un’inter-ruzione nel secondo quarto di gioco, GMC ha prodotto anche un video dietro le quinte. Nella clip di un minuto il giocatore, ora nei Los Angeles Lakers, esprime tutto il suo amore per i fuoristra-da americani. “È raro che un vei-colo così grande sia anche così silenzioso e potente. Parliamo di un mezzo capace di passare da 0 a 100 in meno di tre secondi, è pazzesco” dichiara nel video Le-Bron James “Diventare testimo-nial per GMC è stata una scelta naturale, tutti conoscono il mio amore per gli Hummer. Una pas-sione nata quando andavo an-cora al liceo”.

di Riccardo DANZO

FCA ha annunciato l’arrivo, sulle sue

vetture, di una nuova versione del

sistema di infotainment: Uconnect 5.

Si tratta di un importante aggiornamento

che, oltre ad aggiungere l’integrazione

con Alexa, introduce il supporto wireless

ad Apple CarPlay e Android Auto.

In particolare, FCA ha migliorato l’hard-

ware di Uconnect, che ora monta un

chip da 50 MIP (milioni di istruzioni al

secondo) con 6 GB di RAM e 64 GB di

memoria interna. Il nuovo sistema, inol-

tre, supporta display più grandi e con ri-

soluzioni maggiori, fino a 12.3 pollici con

risoluzione UHD. Secondo FCA, questo

nuovo hardware, garantisce prestazioni

5 volte migliori rispetto alla precedente

configurazione. Grazie all’integrazione

con Alexa, poi, sarà possibile controlla-

INFOTAINMENT FCA ha annunciato l’arrivo di un importante aggiornamento per Uconnect

FCA Uconnect 5: integrazione con Alexa e altre novitàOltre ad Alexa, sono in arrivo anche il supporto wireless ad Apple CarPlay e Android Auto

re tutte le funzioni dell’auto tramite co-

mandi vocali. Non solo, con le funzioni

home-to-car e car-to-home, infatti, sarà

anche possibile controllare l’auto o la

casa da remoto e, per esempio, accen-

dere il riscaldamento prima di entrare

nell’abitazione oppure sbloccare e bloc-

care l’auto direttamente dal soggiorno.

Il nuovo Uconnect 5 include anche tutti i

servizi TomTom come le mappe, il traffico

e la segnalazione degli autovelox. FCA,

infine, ha dichiarato di aver migliorato

anche il supporto agli aggiornamenti

software OTA che, nella precedente

versione, hanno avuto qualche proble-

ma. Uconnect 5 sarà disponibile per tutte

le auto del gruppo FCA: Chrysler, Dodge,

Jeep, Ram, Maserati, Fiat, Alfa Romeo,

Lancia, e Abarth. Per chi ha Uconnect 4

sarà possibile eseguire l’aggiornamento

ma, ovviamente, le modifiche saranno

solo software.

Page 40: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,
Page 41: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 41

MAGAZINEn.48 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

K ubota Corporation, l’azienda giap-

ponese specializzata in macchine

per agricoltura, per festeggiare i

suoi 130 anni ha presentato X Tractor, un

prototipo di trattore del futuro. L’aspet-

to è sicuramente d’impatto, tanto che

sembra uscito da un film di fantascien-

za, ma il vero punto di forza di X Tractor

è la totale autonomia. Si tratta, come

quasi ovvio al giorno d’oggi, di un vei-

colo a guida completamente autonoma,

che non necessita di assistenza di per-

sonale. L’autonomia non riguarda solo

la guida, ma si estende anche al fattore

decisionale. Infatti X Tractor, raccoglien-

do diversi dati ambientali, può decidere

quando effettuare le diverse lavorazioni,

come lavorazione del terreno, semi-

na o raccolto. I dati del singolo veicolo

possono anche essere condivisi su una

piattaforma comune, così da coordinare

il lavoro di più mezzi.

I dati vengono raccolti da una suite com-

pleta di sensori, a partire dal fondamen-

tale GPS, passando per sensori di bordo,

per arrivare fino a telecamere, il tutto

MOBILITÀ SOSTENIBILE L’azienda ha presentato un prototipo di trattore completamente autonomo

Sembra una Batmobile, ma non lo è Il trattore elettrico e autonomo di KubotaL’autonomia si estende anche al fattore decisionale. Nessuna info su data di lancio o prezzo

gestito da un sistema di intelligenza ar-

tificiale. In un’ottica futuristica, X Tractor

non poteva che essere elettrico, anche

se al momento non ci sono informazioni

precise sul powertrain e nemmeno sulla

batteria. Sappiamo però che sul tettuc-

cio è presente una superficie fotovoltai-

ca, per ricavare autonomia aggiuntiva sia

durante il lavoro, sia nei momenti di inu-

tilizzo. Il movimento avviene non tramite

semplici ruote ma con cingoli, quattro

separati tra loro e con possibilità di movi-

mento indipendente. Tutto questo facilita

gli spostamenti su ogni tipo di terreno e

aumenta la manovrabilità. Un aiuto in più

arriva anche dalla regolazione in altezza,

il che permette anche di poter operare

in contesti particolari, come le risaie. Il

progetto di X Tractor, secondo Kubota, si

è reso necessario a causa dell’aumento

dell’età media dei contadini giapponesi,

e della mancanza di nuove generazioni.

L’incremento di lavoro in agricoltura do-

vrà quindi essere gestito da macchine

autonome per via della scarsità di per-

sonale. Non ci sono tuttavia al momento

informazioni su una possibile data di

lancio o sul prezzo.

Tesla supera i 900 dollari ad azione. Ora il primato di Toyota non è un miraggioIncredibile corsa di Tesla in Borsa, che ha avuto un’altra impennata. Ora vale più di 160 miliardi di dollari di M. ZOCCHI

Meno di due settimane fa, avve-niva il sorpasso di Tesla ai dan-ni di Volkswagen, per quanto riguarda la capitalizzazione di Borsa. Il secondo posto agguan-tato appariva come un risultato incredibile, ma con il primo gra-dino del podio virtualmente ir-raggiungibile, con Toyota sicura del suo primato.Ora invece, complici una serie di concause e una buona iniezione di notizie positive, Tesla ha fatto un incredibile, quanto inaspetta-to balzo in avanti, e mentre scri-viamo ha già superato il valore di 900 dollari ad azione.Oltre alla notizia positiva dell’ac-cordo per la fornitura di batterie con CATL (ne abbiamo parla-to qui), pare che la crisi degli short contro Tesla stia giocan-do un ruolo fondamentale. Gli investitori che per mesi hanno scommesso contro Elon Musk sembra si stiano gradualmen-te arrendendo all’evidenza dei fatti, e stiano correndo ai ripari. Questo ha causato una ulterio-re impennata del titolo. Diretta conseguenza di questa crescita, è l’aumento del valore totale di capitalizzazione, ora oltre i 160 miliardi di dollari, il che fa sem-brare i 200 miliardi di Toyota non più così lontani da raggiungere, soprattutto se nei prossimi giorni la crescita dovesse continuare.

di R. DANZO

Cagiva, l’azienda italiana di moto-

ciclette fondata nel 1978, ritorne-

rà sul mercato completamente

“elettrificata”. A dirlo è l’amministratore

delegato di Agusta MV, società proprie-

taria del brand Cagiva, Timur Sardarov:

“Abbiamo in programma il rilancio nel

segmento urban commuter - ha detto

Sardarov - una fascia di mercato nuova

che nell’industria motociclistica non ha

contorni definiti, è un ambiente inedito”.

Sardarov, riguardo al mercato elettrico,

ha poi aggiunto che: “la discussione sul

mondo dell’elettrico è in atto. Stiamo ra-

gionando su quali modelli, come presen-

tarli, quali clienti”. Le ultime motociclette

presentate da Cagiva risalgono, oramai,

MOTO ELETTRICA A dare l’annuncio è l’AD di Agusta MV, società proprietaria del brand Cagiva

Cagiva pronta al rilancio sul mercato in veste elettricaArriveranno modelli completamente elettrici. Entro 12 mesi la prima presentazione ufficiale

al 2012. Agusta MV, poi,

negli ultimi anni, ha at-

traversato un periodo

difficile a causa di alcuni

problemi finanziari ma

ora sembra pronta a

rilanciarsi, con il brand

Cagiva come opzione

totalmente elettrica. La

prima moto elettrica

di Cagiva verrà presentata entro dodici

mesi e, probabilmente, sarà completa-

mente diversa dai vecchi modelli, sia

nel design che nella potenza. L’azienda,

infatti, si sta concentrando su motocicli

elettrici più piccoli, più precisamente da

4 kW (5,3 CV). In particolare, secondo

Canada Motor Guide, Cagiva sta collabo-

rando con Loncin, una società cinese di

moto elettriche, per portare sul mercato

una motocicletta, elettrica per l’appunto,

con un peso contenuto ma adatta anche

per i tratti autostradali. La piattaforma sul-

la quale Cagiva si sta concentrando è la

VOGE ER10, un modello di moto elettrica

prodotta da Loncin, esposto proprio in

Italia durante l’EICMA 2019.

Page 42: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 42

n.48 / 2010 FEBBRAIO 2020

I rumors su Model Y erano veri: consegne a marzo e con autonomia migliorataModel Y arriverà davvero prima del previsto. Tesla ha già iniziato la messa a punto della produzione del suo quarto modello di M. ZOCCHI

I numerosi rumors infine si sono rivelati veri, e Tesla è pronta per la produzione di serie della Model Y. Inizialmente prevista per un non meglio precisato 2020, ora le pri-me consegne sono date a marzo 2020. È quanto apprendiamo a margine dei dati trimestrali appe-na comunicati.I processi per portare a regime la produzione sono già iniziati nel mese di gennaio, nella fabbrica di Fremont, la stessa dove viene prodotta la sorella Model 3.Tesla negli ultimi mesi ha fatto un grande lavoro, pressando i forni-tori di componenti e premendo l’acceleratore della macchina organizzativa. Ma non ha trascu-rato il lato tecnico, infatti, sem-pre come appena comunicato, ha potuto migliorare l’autonomia massima di Model Y, che ora è data per 315 miglia, ovvero oltre 500 km per singola carica, men-tre precedentemente si fermava a 280 miglia. La nota recita esat-tamente: “Grazie ai continui pro-gressi ingegneristici sulla Model Y all-wheel-drive, siamo riusciti ad aumentare il range massimo su ciclo EPA a 315 miglia, rispet-to alla stima precedente di 280 miglia. Questo aumenta la supre-mazia di Model Y come SUV più efficiente al mondo”.

di Pasquale AGIZZA

Auto ibride ed auto e monopattini

elettrici entrano ufficialmente nel

paniere dei prezzi ISTAT, utilizzato

per rilevare i prezzi al consumo e calco-

lare i relativi numeri indici per la misura

dell’inflazione. La scelta dei prodotti che

compongono il paniere segue dei precisi

criteri quantitativi, comprendendo tutti i

prodotti più venduti nella nostra nazione.

Questo significa che possiamo conside-

rare auto ibride ed auto e monopattini

elettrici prodotti di largo consumo in Ita-

lia. Il paniere ISTAT fotografa, poi, una so-

cietà in rapida evoluzione. Oltre ai mezzi

elettrici di cui abbiamo parlato, entrano

nel novero dei prodotti campionati anche

il sushi take away, i pasti consegnati a do-

micilio, gli apparecchi acustici e i servizi

di lavatura e stiratura.

Grazie a queste ultime modifiche, il pa-

niere ISTAT conta ora 1681 prodotti sud-

AUTO ELETTRICA Aggiornamento del paniere ISTAT, tramite cui si misura il tasso di inflazione

Auto e monopattini elettrici nel paniere ISTAT Segno di una diffusione sempre maggioreAuto ibride, elettriche e monopattini elettrici ora considerati prodotti di largo consumo in Italia

divisi in 410 categorie. A tal proposito si

registra la dichiarazione dell’istituto: “L’ag-

giornamento dei beni e servizi compresi

nel paniere” si legge in una nota “tiene

conto delle novità emerse nelle abitudini

di spesa delle famiglie, dell’evoluzione di

norme e classificazioni e in alcuni casi ar-

ricchisce la gamma dei prodotti che rap-

presentano consumi consolidati”.

Infine, cambiano anche le modalità per la

rilevazione dei prezzi. Nei piccoli negozi

e nei discount non ci saranno più degli

addetti che girano con il preciso scopo

di rilevarlo, ma saranno inviati all’Istituto

quando i prodotti vengono passati alla

cassa e scansionati tramite codice a bar-

re. Questo uniformerà i piccoli negozietti

a supermercati ed ipermercati.

di Pasquale AGIZZA

L a più grande flotta di autoveicoli

elettrici al mondo. È questo l’obietti-

vo di Amazon, che per raggiungere

questo traguardo si è rivolta a Rivian, la

start-up americana specializzata in veicoli

elettrici e veicoli a guida autonoma.

Il gigante dello shopping online ha di-

chiarato che acquisterà 100mila furgon-

cini elettrici di Rivian, per quello che è,

a tutti gli effetti, uno dei più ambiziosi

programmi al mondo per quel che ri-

guarda il settore dell’elettrico. Un pro-

getto enorme anche per le cifre in ballo.

Si parla, infatti, di una commessa da più

di 4 miliardi di dollari. Ed ora, Amazon

ha fornito qualche dettaglio in più sul

furgoncino, con un video che mostra il

prototipo ed illustra la filosofia green di

Amazon e Rivian.

Né Amazon né Rivian hanno divulgato

AUTO ELETTRICA Il gigante dell’e-commerce mostra, in un video, il prototipo del furgoncino

Ecco il furgoncino che Rivian costruirà per Amazon Farà parte della più grande flotta elettrica del mondoIl furgoncino sarà costruito da Rivian. Amazon ha dichiarato di averne già ordinati 100mila

dettagli tecnici. Sono

molte di più le informa-

zioni sulla strumenta-

zione tecnologica del

furgoncino. Innanzitut-

to integrerà un quadro

strumenti e uno scher-

mo centrale diretta-

mente collegato alla

logistica di Amazon,

in modo che i corrieri

non abbiano bisogno di altri strumenti

per gestire le consegne. Integrazione

totale anche per Alexa, che consentirà

al conducente di operare sullo scher-

mo tramite controlli vocali, senza stac-

care le mani dal volante. Riguardo alle

tempistiche, i primi furgoncini di Rivian

inizieranno ad essere consegnati nel

2021. Entro il 2022 Amazon prevede di

avere oltre 10mila furgoncini elettrici in

attività, con l’obiettivo di arrivare, entro

il 2030, alla piena operatività di tutti i

100mila veicoli. Una tempistica molto

serrata, soprattutto perché Rivian non

ha ancora portato in produzione nes-

sun veicolo. Il progetto di Amazon è mol-

to ambizioso, come rimarcato anche da

Ross Rachey, alto dirigente dell’azienda:

“Vogliamo costruire la flotta di autovei-

coli più sostenibile al mondo. Ma non vo-

gliamo solo che sia ecologica, ma anche

che sia la più funzionale, performante e

sicura al mondo”.

MAGAZINE

Page 43: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 43

MAGAZINEn.48 / 2010 FEBBRAIO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

A breve potrebbero arrivare presso i concessionari

i primi esemplari di Opel Grandland X Hybrid4, la

versione elettrificata del popolare SUV della casa

tedesca, che dopo le motorizzazioni classiche passa

per l’ibrido. Ibrido però non cosiddetto full, ma quello

che è definito Plug-in, o ricaricabile, come Opel ci tie-

ne a precisare. Opel infatti, che ora è parte del gruppo

PSA, dichiara apertamente che secondo la sua visione,

l’ibrido deve necessariamente essere Plug-in, e che il

full hybrid ormai è obsoleto.

La prima conseguenza di questa scelta, come noto a

chi ha già esperienza con questa motorizzazione, è che

Grandland X può muoversi in modalità 100% elettrica per

diverse decine di km, anche a velocità sostenute, senza

che il motore endotermico venga chiamato in causa.

La configurazione scelta per Grandland X Hybrid4 si

basa sul motore benzina da 1.6 litri Turbo a quattro ci-

lindri, con cambio automatico ad 8 rapporti. Ci sono poi

due motori elettrici, uno per asse, con potenza di 81 kW

al frontale e 83 kW al posteriore. In totale il SUV può

esprimere 300 CV di potenza e 520 Nm di coppia, e una

velocità massima di 235 km/h.

La batteria con celle al litio è da 13.2 kWh, ed è certifi-

cata nel ciclo WLTP per 59 km di autonomia massima. È

composta da 96 celle da 38 Ah, raffreddata a liquido, ed

è garantita per 8 anni o un massimo di 160.000 km. La ri-

carica è quella tipica dei veicoli plug-in, 3.7 kW standard

oppure 7.4 kW opzionale. Per ripristinare la carica, Opel

stima un tempo di circa 7 ore, se collegata ad una presa

domestica da massimo 1.8 kW, tempi che si riducono a

4 ore utilizzando le prese domestiche rinforzate oppure

colonnine a bassa potenza, per finire a 1 ora e 50 minuti

utilizzando una colonnina che possa erogare almeno 7.4

kW. Come abbiamo accennato, Opel Grandland X Hy-

brid4 offre la possibilità della trazione elettrica pura, il

che ha anche una rilevanza economica per il potenziale

proprietario. Calcolando costi energetici medi in Ger-

mania (non troppo lontani da quelli italiani), sfruttando

questa possibilità l’utente può avere un risparmio consi-

stente. Considerando una percorrenza di 100 km quoti-

diani, riuscendo ad utilizzare la modalità elettrica per 40

km risparmierebbe 828 euro all’anno (da una base di

3.648 euro). Se l’utilizzo in elettrico fosse di almeno 50

AUTO IBRIDA Abbiamo affrontato le impegnative strade della Foresta Nera, per testare il SUV ibrido ricaricabile di Opel

La prima guida della Grandland X Hybrid4 Secondo Opel, il vero ibrido è solo Plug-inL’auto unisce i vantaggi dell’ibrido alla praticità dell’elettrico, con trazione 4x4. Tre modalità di guida, elettrico quando serve

km, il risparmio salirebbe a 1.044 euro. Infine, potendo

sfruttare due ricariche quotidiane (di cui una magari

sul posto di lavoro), con 80 km elettrici si risparmiereb-

bero 1.668 euro, e con tutti i 100 km quotidiani a zero

emissioni rimarrebbero in tasca ogni anno 2.076 euro.

Quando serve ci sarebbe comunque un serbatoio di

benzina da 43 litri.

Come va in strada?Appena attivato (perché non si può parlare di “acce-

so”) se la batteria è abbastanza carica, Grandland X

Hybrid4 parte in modalità elettrica. Il motore termico può

accendersi in determinate circostanze, come clima par-

ticolarmente rigido, per supportare il riscaldamento, sia

dell’abitacolo che della batteria, ma non per intervenire

nella trazione. In questa modalità chiaramente l’andatu-

ra è da elettrica vera, con coppia prontissima e accelera-

zione progressiva e fluida. Fino a 135 km/h, ovvero la ve-

locità massima consentita dalla modalità elettrica, oltre

la quale entra in scena anche il motore endotermico. Il

sistema inoltre gestisce la trazione in base alle condizio-

ni di guida. Per la maggior parte del tempo viene utilizza-

to il motore elettrico posteriore, mentre quello frontale si

attiva nei momenti di maggiore richiesta di potenza. La

modalità però può anche essere decisa manualmente,

con un comando nei pressi della leva di selezione. An-

che con batteria carica è possibile forzare la modalità

ibrida, in cui termico ed elettrico collaborano a diversi

livelli, impostare le quattro ruote motrici, oppure la mo-

dalità sport, dove i tre motori danno il meglio, ma con

consumi più elevati. In ogni caso il propulsore a benzina

è un Euro 6D, e la vettura, in virtù della batteria, è certi-

ficata per emissioni di 36 grammi di CO2 per km. Dopo

qualche km per prendere confidenza con il veicolo, ab-

biamo deciso di di passare alla modalità ibrida, così da

risparmiare un po’ di batteria. Anche con il motore termi-

co in funzione quasi non ci siamo accorti del passaggio,

con l’abitacolo che resta molto ben isolato dai rumori.

Stupisce soprattutto il cambio automatico a 8 rapporti,

che a tratti sembra essere un unico rapporto, proprio

come un motore elettrico, senza pause tra il cambio di

marcia e senza giri motore con sbalzi improvvisi. Una

volta giunti sulle tortuose strade nella foresta nera, sia-

mo tornati alla modalità elettrica, particolarmente utile

nelle salite e nei tornantini. La coppia istantanea infatti

aiuta in queste circostanze, ed inoltre c’è la soddisfazio-

ne di mantenere la massima silenziosità in un zona che

lo merita certamente. Ma lo stesso discorso sarebbe va-

lido per un centro città o per una zona a traffico limitato.

La vera autonomia elettrica e la “riserva batteria”Dopo una breve pausa, proprio nel mezzo delle mon-

tagne, è iniziato il nostro percorso di ritorno. Da subito

abbiamo deciso di provare la modalità “riserva”, che

permette di forzare una modalità ibrida molto più im-

prontata sul motore termico, per decidere una quantità

di km elettrici da poter usare in un secondo momento. Il

sistema permette di scegliere tra 10 km, 20 km, o riserva

massima, caricando di fatto la batteria col motore termi-

segue a pagina 44

Page 44: 10 FEBBRAIO 2020 n.21 20 MAGAZINE Vitec Imaging WhatsApp … · 2020. 2. 10. · sappiamo quanto guadagna YouTube. Gli azionisti non sono soddisfatti La casa madre di Google, Alphabet,

torna al sommario 44

MAGAZINEn.48 / 2010 FEBBRAIO 2020

co. In questa situazione abbiamo sperimentato anche la

leva del cambio in posizione B, che a differenza della

normale D, attua una rigenerazione energetica molto più

accentuata, durante le frenate e le decelerazioni.

I 20 km di riserva che abbiamo scelto alla partenza si

sono presto accumulati, e quindi arrivati a un tratto in di-

scesa siamo tornati alla modalità elettrica, così da sfrut-

tare a nostro favore la differenza di altitudine. Le ripide

strade di montagna hanno infatti ricaricato per inerzia la

batteria fino a circa 3/4 del totale, percorrendo però nel

frattempo ben 25 km. Il percorso prestabilito a questo

punto ci ha portato verso la famosa Autobahn, l’autostra-

da tedesca senza limiti di velocità. Noi però non abbia-

mo deciso di testare la velocità massima di Grandland

X Hybrid4, 235 km/h, ma bensì abbiamo messo sotto

torchio il sistema elettrico, per verificare l’autonomia

elettrica ad alta velocità. Secondo il sistema di bordo,

nel momento di ingresso in autostrada, avevamo a di-

sposizione 30 km elettrici, ed a velocità compresa tra

110 km/h e 135 km/h, abbiamo potuto percorrere circa

25 km effettivi. Considerando la velocità sostenuta, e il

clima piuttosto rigido, si tratta di un valore più che buo-

no, anche in osservanza del fatto che la batteria viene

effettivamente sfruttata al massimo, ed il motore endo-

termico subentra in maniera molto morbida, senza che

quasi ci si accorga. Questo breve test ci dice che i 59 km

certificati potrebbero essere facilmente almeno 40 nel

mondo reale, e anche qualcosa in più. Ma questo

sarà oggetto di una prova approfondita che realiz-

zeremo più avanti.

Tecnologia dentro e fuoriSu un veicolo importante come Grandland X Hy-

brid4 non poteva certo mancare una dotazione

tecnologica degna di nota. Presenti quindi i più

completi sistemi di assistenza alla guida. Per nostra

fortuna non abbiamo dovuto testare la frenata au-

tomatica d’emergenza, ma in un tratto trafficato di

strada extraurbana non ci siamo lasciati scappare

l’occasione di provare il cruise control automatico:

l’auto segue quella che la precede, a una velocità

massima impostata, frenando e ripartendo in completa

autonomia. Il comportamento è risultato preciso, senza

frenate brusche e con un’ottima distanza di sicurezza.

Come in molte auto di pari segmento troviamo anche il

mantenimento di corsia, del quale è possibile settare

il livello di “invasività” nella guida, così come l’allerta

di angolo cieco. Abbiamo gradito l’aggiunta anche

del rilevatore di stanchezza del conducente. Anche

il sistema infotainment regala un’esperienza tecnolo-

gica di giusto livello. Il display touchscreen al centro

della plancia offre sia le regolazioni della vettura, sia

il sistema di navigazione. Abbiamo potuto testare il

navigatore satellitare integrato, con mappe Navi 5.0

IntelliLink, mentre nel viaggio di ritorno ci siamo affidati

alla connessione Android Auto, tramite uno smartphone

collegato via cavo, utilizzando Google Maps come navi-

gatore. Per chi avesse un iPhone, è ovviamente possibi-

le fare la stessa cosa anche con Apple CarPlay.

Prezzi e versioni

AUTO IBRIDA

Opel Grandland X Hybrid4segue Da pagina 43

La versione da noi testata, la 1.6 Hybrid4 Plug-in

AWD, con quattro ruote motrici, sarà la prima ad es-

sere disponibile. Il prezzo di listino, chiavi in mano, è

di 46.900 euro, ma con l’ecobonus statale e con lo

sconto aggiunto da Opel si arriva a un’offerta lancio

di 38.400 euro. Più avanti arriverà anche la 1.6 Hybrid

Plug-in FWD, con la trazione solo anteriore, con meno

potenza, 224 CV in tutto, e prezzo di 42.550 euro.

Anche qui tra incentivi e sconto, il prezzo scende fino

a 34.050 euro.

Inoltre per chi non fosse sicuro della tecnologia

odierna, pensando magari di utilizzare il plug-in come

motorizzazione di passaggio verso il full electric,

Opel propone anche il noleggio a lungo termine con

Free2Move Lease 36 mesi, con 45.000 km inclusi, a

399 euro al mese. A breve realizzeremo una prova

di lunga durata per sperimentare l’uso di Grandland

X Hybrid4 come prima auto nella vita di tutti i giorni.

di Massimiliano ZOCCHI

N el mercato delle eMTB c’è una

costante ricerca delle migliori per-

formance, e questa va spesso a

braccetto con motori più potenti e bat-

terie più capienti. Ma è solo un punto di

vista, mentre c’è chi crede che anche una

eBike possa essere leggera e manegge-

vole, e non per forza potentissima.

Così, anche Specialized ha deciso di

esplorare questa filosofia, con la Turbo

Levo SL, a sua declinata in diverse ver-

sioni, per equipaggiamento e prezzo. Il

denominatore comune però è sempre

lo stesso, ovvero cercare di tenere il

peso il più basso possibile, lavorando

sulla leggerezza dei componenti. Ad

occhio la differenza è subito evidente,

con una linea molto più esile, grazie al

motore appositamente realizzato, SL 1.1,

che per via del l’ho usino in magnesio

e della struttura interna compatta pesa

BICI ELETTRICA Specialized crede che anche una eBike possa essere leggera e maneggevole e non per forza potentissima

Turbo Levo SL, eBike con meno potenza ma peso recordLe versioni sono diverse e la forbice di prezzo può variare molto. C’è anche la Founder’s Edition, ma occhio al prezzo

solo 1.95 kg, contro i 2.1 kg del normale

SL 2.1. La dimensione si va ovviamente

a riflettere sulle caratteristiche tecniche.

SL 1.1 infatti ha solo 240 W di potenza e

35 Nm di coppia. Per questo motivo è in

grado solo di raddoppiare la forza appli-

cata ai pedali dal rider, mentre i motori

2.1 possono anche quadruplicarla.

L’ottimizzazione prosegue sulla stessa

linea anche per la batteria, che ha una

capacità di 320 Wh, ovvero poco meno

della metà delle batterie più moderne.

L’autonomia può essere aumentata con

il range extender esterno, agganciato al

posto della borraccia, con 160 Wh aggiun-

tivi. La dimensione relativamente piccola

dei componenti ha variato anche in parte

le geometrie, con l’attacco dell’ammor-

tizzatore più in basso, senza rinunciare

al tipico design “side-arm” di Specy. Ma

queste ottimizzazioni quanto si riflettono

sul peso? Nella variante S-Works Levo

SL 2020 in taglia L il peso è di 16.95 kg,

ben 4 kg in meno della

S-Works Levo norma-

le. Come anticipato, le

versioni sono diverse e

la forbice di prezzo può

variare molto. La so-

pracitata S-Works Levo

SL 2020 costa 12.990

euro, con forcella FOX

34 Factory FIT4 da 150

mm di escursione, la

stessa dell’ammortizza-

tore FOX FLOAT DPS Factory. Il telaio è

in carbonio, così come le ruote da 29”, ed

un range extender è incluso nel prezzo.

Si passa poi alla Turbo Levo SL Expert

2020, che per 8.690 euro propone sem-

pre telaio e ruote in carbonio, forcella

FOX 34 Performance FIT4 e ammortiz-

zatore FOX FLOAT DPS Performance. Il

peso è leggermente superiore, 17.70 kg.

Infine, la Turbo Levo SL Comp 2020 esi-

ste a sua volta in due varianti, una sempre

in carbonio e l’altra con telaio in alluminio.

I prezzi sono rispettivamente di 7.190 euro

e 5.990 euro, con montaggio leggermen-

te più economico.

Ma Specy propone anche la “Founder’s

Edition”, una edizione limitata in 250

esemplari, con colori e grafiche persona-

lizzate, componenti al top, trasmissione

wireless SRAM XX1 Eagle AXS e placca

numerata. Il prezzo non è propriamente

popolare: 14.990 euro. Per ordinarla, indi-

cazioni sulla pagina dedicata.