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1 HEGEL 1 VITA Nasce il 27 agosto 1770 a Stoccarda da modesta famiglia. 1788-1793: segue i corsi di filosofia e teologia all’università di Tubinga, dove diventa amico di Schelling e Hölderlin. Dopo gli studi fa il precettore a Berna e a Francoforte. 1799: muore il padre e si reca a Jena. 1801: si abilita all’insegnamento universitario a Jena, e nel 1805 diventa professore. 1808: lasciata Jena dopo l’invasione napoleonica, diventa rettore e professore di filosofia nel ginnasio di Norimberga 1816: è chiamato alla cattedra di filosofia dell’università di Heidelberg. 1818: è all’università di Berlino dove occupa la prestigiosa cattedra che era stata di Fichte. 1831: 14 novembre, muore, forse di colera. 2 OPERE Opere inedite del periodo giovanile, pubblicate nel 1907 con il titolo Scritti teologici giovanili, le principali sono: Religione popolare (nazionale) e cristianesimo La vita di Gesù La positività della religione cristiana Lo spirito del cristianesimo e il suo destino. 1801: Differenza tra il sistema di Fichte e quello di Schelling. 1802: Rapporto dello scetticismo con la filosofia; Fede e sapere; Le maniere di trattare scientificamente il diritto naturale; e altri testi. Tutti pubblicati nel Kritisches Journal der Philosophie (Giornale critico di filosofia), fondato da Schelling e Hegel. 1807: Fenomenologia dello spirito. 1812-1816: in due volumi, Scienza della logica. 1817: Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio. 1821: Lineamenti di filosofia del diritto.

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HEGEL

1 VITA

Nasce il 27 agosto 1770 a Stoccarda da modesta famiglia.

1788-1793: segue i corsi di filosofia e teologia all’università di Tubinga, dove diventa amico di Schelling e Hölderlin.

Dopo gli studi fa il precettore a Berna e a Francoforte.

1799: muore il padre e si reca a Jena.

1801: si abilita all’insegnamento universitario a Jena, e nel 1805 diventa professore.

1808: lasciata Jena dopo l’invasione napoleonica, diventa rettore e professore di filosofia nel ginnasio di Norimberga

1816: è chiamato alla cattedra di filosofia dell’università di Heidelberg.

1818: è all’università di Berlino dove occupa la prestigiosa cattedra che era stata di Fichte.

1831: 14 novembre, muore, forse di colera.

2 OPERE

Opere inedite del periodo giovanile, pubblicate nel 1907 con il titolo Scritti teologici giovanili, le principali sono: Religione popolare (nazionale) e cristianesimo La vita di Gesù La positività della religione cristiana Lo spirito del cristianesimo e il suo destino.

1801: Differenza tra il sistema di Fichte e quello di Schelling. 1802: Rapporto dello scetticismo con la filosofia; Fede e sapere; Le maniere di trattare scientificamente il diritto naturale; e altri testi. Tutti

pubblicati nel Kritisches Journal der Philosophie (Giornale critico di filosofia), fondato da Schelling e Hegel. 1807: Fenomenologia dello spirito. 1812-1816: in due volumi, Scienza della logica. 1817: Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio. 1821: Lineamenti di filosofia del diritto.

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3 Il giovane Hegel

Tra il 1788 e il 1793 frequenta lo Stift di Tubinga, una specie di seminario protestante che ha tra i suoi allievi anche Schelling e Hölderlin di cui diventa amico. Legge Rousseau, Lessing, Schiller, Kant e Spinoza, si entusiasma per gli eventi della rivoluzione francese.

Hegel comprende che la rivoluzione politica deve essere preceduta, accompagnata da una rivoluzione interiore, dei cuori. La rigenerazione interiore richiama d'altronde il tema religioso, perché il rapporto dell'uomo con Dio sembra essere il punto di vista privilegiato per interpretare la sua natura, la sua storia, la sua cultura. In questa fase, quindi, vi è un prevalente interesse religioso-politico1, che si trasformerà nelle grandi opere della maturità in un interesse storico-politico.

4 Gli scritti giovanili (1793-1800)

4.1 Religione nazionale (popolare) e cristianesimo (1794)

In quest'opera Hegel critica una religione arida e dogmatica, lontana dalla natura dell'uomo e incapace di «sprigionare le sue forze, il suo coraggio e magnanimità, la sua serenità e gioia di vivere».

4.2 Vita di Gesù (1795)

In questo primo importante scritto giovanile, Hegel è ancora vicino alle posizioni kantiane e legge la figura di Cristo come quella del santo che obbedisce alla legge kantiana del dovere così come viene presentato da Kant nella Critica della ragion pratica.

4.3 La positività della religione cristiana (1797)

Hegel si chiede i motivi della trasformazione del cristianesimo da religione naturale, privata a religione positiva, fondata su dogmi, istituzioni e comandi. Per rispondere Hegel indaga l'origine storica del cristianesimo:

Gesù era il portatore di una religione morale, privata.

1 La rivoluzione politica è la conseguenza di una rivoluzione del cuore, nel senso di una rigenerazione della persona nella sua vita interiore [per inciso, la religione protestante è in

primis esperienza personale, interiore; non ci sono le manifestazioni esteriori della religiosità cattolica, come le processioni, il culto dei santi, ecc.] e del popolo nella sua cultura.

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Sono stati i suoi discepoli a travisare il vero messaggio di Cristo, il quale indicava all’uomo il superamento della vecchia legge “esteriore”

(Antico testamento) in favore di una nuova legge dell’amore, della fratellanza e della comunione dei cuori, che richiede un’adesione interiore.

Si è formata così una religione “POSITIVA”, cioè fondata su DOGMI, LEGGI MORALI RIGIDE e PRECETTI ESTERIORI che hanno soffocato il genuino sentimento religioso che è interiore. E il cristianesimo è diventato una religione pubblica e legalistica e quindi una religione di Stato.

4.4 Lo spirito del cristianesimo e il suo destino (1798-1799)

I concetti filosofico-teologici sono intrecciati con quelli politico-sociali. Per comprendere lo spirito del cristianesimo bisogna spostare l’attenzione da Gesù al popolo a cui apparteneva: il popolo ebraico. A differenza del popolo greco che vive in armonia con la natura, il popolo ebraico considera la natura nemica dell’uomo in quanto nell’esperienza drammatica del diluvio la natura ha rivelato il suo volto terribile. Di fronte alla minaccia della catastrofe Noè vide l’unica salvezza nella sottomissione alla volontà di Dio. Il Dio di Noè2 non è un ente reale, è solo un pensato, una costruzione dell'intelletto con la quale ricostituire l'unità perduta (attraverso la potenza di DIO). Il Dio degli ebrei è un Dio lontano, trascendente, che si pone al di là dell'uomo e della natura stessa. Egli richiede fedeltà assoluta ed esclusiva, ed è un Dio geloso. Per questo il popolo ebraico è il popolo eletto, separato da tutti gli altri popoli e potenzialmente ostile nei loro confronti. Il destino degli Ebrei è, quindi, contrassegnato fin dall'inizio dalla realtà della scissione: tra uomo e matura, tra uomo e Dio, tra il popolo eletto e gli altri popoli. Il Dio ebraico, allora, secondo Hegel rappresenta la più alta forma di SCISSIONE. Gesù sostituisce all’obbedienza cieca in DIO, alla sottomissione senza gioia, senza amore, la libertà del sentimento interiore dell’AMORE. Oppone al comandamento il sentimento, alla sottomissione la liberazione. A differenza dei Greci quella realizzata da Gesù non è un’unità ingenua, ma un’unità cercata a partire dall’esperienza della separazione, un’unità consapevole. Come i Greci la forza dell’amore realizza un’unità completa: tra uomo e divinità, uomo e natura e tra gli uomini stessi.

2 non è un ente reale, è un PENSATO (una ricostruzione dell’intelletto per ricomporre la scissione con la natura).

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5 Scritti e opere della maturità

5.1 Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling (1801)

Kant e Fichte vengono indicati da Hegel come esponenti di una filosofia della RIFLESSIONE3, perché si limitano al punto di vista dell’INTELLETTO, che è espressione di un sapere limitato, FINITO che presuppone una realtà esterna già data.

Sia la filosofia della riflessione di Kant che quella di Fichte è viziata da formalismo, cioè da una separazione dell’aspetto MATERIALE da quello FORMALE.

FORMA MATERIA

Kant Forme a priori della

conoscenza IATO

La cosa in sé, il

noumeno (la cui

esistenza garantisce la

realtà dei dati

sensoriali)

Fichte Io puro IATO Natura

In Kant non è possibile conoscere la vera realtà delle cose, il processo della conoscenza mantiene la separazione tra l’oggetto fenomenico (esterno all’uomo in quanto la sua esistenza è garantita dal noumeno, ma al contempo determinato dagli a priori dell’intelligenza umana) e il noumeno; la morale kantiana mantiene la separazione tra essere e dover essere. In Fichte l’identità di soggetto e oggetto resta un DOVER-ESSERE (incessante superamento con lo streben dell’ostacolo natura) che non approda mai a una composizione unitaria definitiva. Entrambe le filosofie sono viziate di formalismo a causa della separazione dell'aspetto formale da quello materiale. Da questo punto di vista Hegel riconosce la superiorità del sistema di Schelling che ha considerato la natura come realtà autonoma e allo stesso tempo ha superato la scissione dell’intelletto restituendo alla ragione la sua capacità di cogliere l’unità (indifferenziata di soggetto e oggetto).

3 La riflessione implica una netta distinzione tra soggetto e oggetto. La coscienza guarda al proprio oggetto come se le fosse del tutto estraneo, ignorando che quell’oggetto è

espressione della stessa unità spirituale che ha prodotto l’io. Le filosofie della riflessione sono quindi quelle che non comprendono che il momento dell’alienazione, della

contrapposizione all’io di un oggetto, è solo una fase di passaggio: la ragione deve superare questa fase e comprendere l’unità tra l’in sé e l’altro da sé, cioè tra ciò che la

coscienza riconosce come appartenente a sé e ciò che riconosce come diverso da sé.

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Tuttavia, Hegel precisa che la scissione operata dall’intelletto è necessaria, il fatto è che non bisogna fermarsi ad essa, ma risolvere il momento del finito che essa rappresenta nell’infinito, attraverso la RAGIONE. L'assoluto «non è identità dell'identità» ma «identità dell'identità e della non identità»: non è IO = IO ma unità di Io e Non-Io.

5.2 Fede e sapere (1802)

Riprende la critica a Kant e a Fichte, ma aggiunge anche quella alla filosofia di Jacobi, di cui respinge la trasformazione della soggettività in individualità, che finisce per interiorizzare il sapere, rendendolo accessibile solo attraverso la fede4. Hegel propone il superamento sia dell’astratto intelletto sia della vuota fede: ragione e assoluto si identificano perché il finito si risolve nell’infinito e la totalità è intesa come pluralità di opposizioni. Avviene così la svolta verso le opere della maturità, perché non più alla religione ma alla filosofia spetta il compito di conciliare l’umano con il divino, il finito con l’infinito.

Kant, Fichte Jacobi

intelletto Fede (razionale) Ragione=assoluto perché finito=infinito

5.3 Rapporto dello scetticismo con la filosofia (1802)

Lo scetticismo rappresenta un momento necessario dello sviluppo filosofico, perché confuta le posizioni dell’intelletto e indica perciò la strada verso il superamento del FINITO. Esso, infatti, mette in dubbio l’esistenza in sé della realtà esterna suggerendo la via verso il superamento della divisione tra soggetto e oggetto. Lo scetticismo antico opponendo il finito all'infinito indicava la necessità di un superamento di questa opposizione per mezzo della ragione speculativa (che non divide come l'intelletto ma unisce, che non è statica come l'intelletto ma dinamica, mette in movimento il pensiero, per arrivare all'unità attraverso il conflitto).

4 La fede viene intesa da Jacobi come un sapere immediato che è "elemento di ogni conoscere umano". Infatti essa può essere certezza del mondo sensibile ( e qui Jacobi riprende

evidentemente le tesi di Hume) oppure certezza delle cose divine. Tanto nella forma sensibile quanto in quella religiosa la fede è sempre e comunque rivelazione: essa implica

cioè un atteggiamento di passività e di accettazione rispetto a qualche cosa che si rivela. Nell'ultimo periodo del suo pensiero Jacobi introduce però la distinzione tra la fede

sensibile e quella religiosa, attribuendo a quest'ultima il nome di ragione. Ma la ragione di cui parla Jacobi non è quella argomentativa e discorsiva che procede costruendo

gradualmente il proprio oggetto, bensì si tratta di una ragione intuitiva che si apre con assoluta immediatezza alla verità. Per questo motivo Jacobi, insieme a Schelling, è uno

degli obiettivi principali della polemica anti-intuizionistica intrapresa da Hegel.

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5.4 Fenomenologia dello Spirito (1807)

L’argomento è la storia dello spirito che attraverso il suo manifestarsi nella coscienza dell’uomo raggiunge la piena consapevolezza di essere la realtà, l’assoluto.

5.5 Scienza della logica (1812 e 1816)

L’oggetto della logica è il pensiero, inteso da Hegel non come contenuto soggettivo della mente dell’uomo, ma, alla luce dell’equazione pensiero e essere, soggetto e oggetto, forma e contenuto, come il fondamento della realtà, la realtà stessa.

5.6 Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817)

La più compiuta formulazione del sistema hegeliano, nella quale vengono inglobate anche le precedenti trattazioni della Fenomenologia e della Logica.

5.7 Lineamenti di filosofia del diritto (1821)

Opera in cui approfondisce, in particolare, i temi politici affrontati nella sezione dello spirito oggettivo dell’Enciclopedia.

6 La dialettica

Il «Il vero è l'intero» scrive Hegel nell'ultima opera pubblicata a Jena. L'Assoluto è soggettività vivente, spirito (Geist) che prende coscienza di sé attraverso un processo articolato in tre momenti:

LA DIALETTICA

La realtà è dialettica ma dato che la realtà coincide con il pensiero, lo stesso pensiero e quindi la comprensione della realtà sono dialettici. L’Assoluto5 è DIVENIRE, la cui legge è la DIALETTICA che è al contempo legge ontologica del processo di formazione della realtà e legge logica di comprensione della realtà. Nel paragrafo 79 dell’Enciclopedia Hegel distingue tre momenti del pensiero:

5 L'Assoluto non è un oggetto statico, una sostanza in senso spinoziano, ma una realtà dinamica, un Soggetto spirituale che si conosce attraverso il movimento, l'azione, il

divenire storico. La realtà, in altre parole, è l'Assoluto ma come processo di auto-produzione che soltanto alla fine, con l'uomo (lo spirito) e le sue attività più alte (arte, religione e

filosofia), si rivela per quello che è, la realtà intera. [cfr. Abbagnano pag.469]

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Momento astratto o intellettuale

Momento dialettico o negativo-razionale

Momento speculativo o positivo-razionale Gli storici della filosofia li hanno designati come tesi, antitesi e sintesi (ma di questi termini non c'è traccia nel pensiero di Hegel).

6.1.1 Momento astratto o intellettuale

Rappresenta il grado più basso della ragione, quello dell’intelletto6; l’esistente è concepito come una molteplicità statica di determinazioni

separate, differenti. Ogni cosa è se stessa ed è assolutamente diversa dalle altre ( principi d’identità e di non-contraddizione). L'intelletto, in altre parole, definisce un oggetto nella sua astratta immediatezza, cioè non nel suo rapporto con la totalità.

6.1.2 Momento dialettico o negativo-razionale

Le determinazioni devono essere messe in movimento, cioè poste in relazione con altre determinazioni, che sono quelle opposte. Bisogna procedere oltre il principio d’identità, perché come aveva sentenziato Spinoza ogni determinazione è negazione, omnis determinatio est negatio. Per specificare ciò che una cosa è, bisogna chiarire ciò che essa non è. La verità può essere colta solo nella relazione degli opposti che sono correlati ed è la loro relazione a consentire di trovare nell'oggetto inizialmente posto dall'intelletto, ciò che era stato escluso come estraneo, alieno e giungere così all'unità che entrambi comprende. Lo spirito in questo momento negativo non riconosce ancora se stesso nell'oggetto che percepisce come opposto a sé.

6.1.3 Momento speculativo o positivo-razionale

Consiste nel cogliere l’unità delle determinazioni opposte; un’unità che non annulla l’una o l’altra delle determinazioni o entrambe per affermare una nuova determinazione, ma le riafferma entrambe pur superandole. Il finito non viene negato ma ricondotto alla totalità, all'unità che toglie e allo stesso tempo conserva le differenze, conserva tutto il processo che ha portato all'unità. Il termine tedesco è Ahfhebung.

6 In Plotino l'ipostasi dell'intelletto corrisponde alla rottura dell'unità dell'uno (ineffabile) e all'affermazione del logos, del pensiero che presuppone un soggetto pensante e un

oggetto pensato

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6.1.3.1 Aufhebung

La sintesi non è altro che una ri-affermazione della tesi ottenuta tramite la negazione della negazione intermedia (antitesi). Hegel per indicare questo passaggio impiega il termine Aufhebung, intraducibile. Esso suggerisce un superamento che è al tempo stesso un togliere (l’opposizione tesi e antitesi) e un conservare (i tre momenti: la tesi, l’antitesi e la loro lotta). Questi tre momenti del pensiero evidenziano la contrapposizione tra INTELLETTO e RAGIONE, ossia tra un modo di pensare statico (1° momento) e un modo di pensare dinamico (2° e 3° momento). Infatti, se nel primo momento l’INTELLETTO pone le determinazioni in modo separato; nel secondo momento la RAGIONE DIALETTICA nega le determinazioni astratte dell’intelletto, ponendole in relazione con le determinazioni opposte; mentre nel terzo momento la RAGIONE SPECULATIVA coglie l’unità degli opposti realizzandone la sintesi. L’INTELLETTO è l’organo del FINITO (il parziale e l’astratto), la RAGIONE è l’organo dell’INFINITO, ossia lo strumento con cui il finito è risolto nell’infinito. Si tratta, ad ogni modo, di distinzioni analitiche per comprendere il funzionamento generale della ragione, perché è chiaro che l’intelletto stesso è

ragione, che dimenticando il suo compito più alto s’irrigidisce nelle distinzioni. [Guido DE Ruggiero] Attraverso il processo dialettico il finito, la cosa particolare si risolve nell'infinito.

7 La risoluzione del finito nell’infinito

La realtà è un organismo unitario (Assoluto) le cui parti (finito) esistono solo in connessione con il tutto ( infinito). Il finito non esiste se non nell’infinito; il finito in quanto reale è infinito. La vera realtà infatti è quella dello Spirito che è la totalità, l'elemento individuale staccato

dall'universale non è reale ( Platone), lo è solo in relazione con il tutto. La realtà non è SOSTANZA statica come per Spinoza, ma SOGGETTO spirituale in divenire. Dire che la realtà non è sostanza ma soggetto, significa quindi, che essa non è qualcosa di già dato e immutabile ma un processo che si rivela pienamente nell’uomo (lo spirito) e nelle sue attività più alte (arte, religione e filosofia).

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8 Circolarità del processo dialettico

La sintesi raggiunta chiude il cerchio, così che l'astrazione dell'intelletto attraverso la differenza si risolve in un'unità che la rende reale e non più vuota, astratta. La sintesi raggiunta, al contempo, rappresenta il punto di partenza di un nuovo ciclo dialettico (triade dialettica) che sviluppa un sapere sempre più completo, più alto e adeguato [voce Realtà pag. 76]. Soggetto e oggetto, reale e razionale sono intimamente connessi.

9 Identità tra ragione e realtà

Nella prefazione ai Lineamenti di filosofia del diritto (1821), Hegel scrive: «ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale».

«Ciò che è razionale è reale»: la razionalità, quindi, non è separata dalla realtà, cioè non è astratta (dal latino abstrahere, “separare”), ma la FORMA stessa di ciò che esiste.

«ciò che è reale è razionale»: la realtà non è caos, ma il dispiegarsi della ragione, la sua struttura è razionale. È espresso, in tutto ciò, una totale identità di realtà e ragione che implica anche l’identità tra ESSERE e DOVER ESSERE. La funzione della filosofia è allora quella di comprendere le STRUTTURE RAZIONALI che costituiscono la realtà. «Comprendere ciò che è è il compito della filosofia, poiché ciò che è è la ragione». Questa comprensione non avviene in corso d’opera, non è predizione, perché la filosofia sopraggiunge a cose fatte, a processo di formazione compiuto, quando la realtà è già bell’e fatta. È come la nottola di Minerva. Il compito della filosofia, quindi, non è quello di determinare o guidare la realtà, ma tradurre in concetti il contenuto reale dimostrandone l’intrinseca razionalità. Insomma la filosofia ha come compito specifico quello della GIUSTIFICAZIONE RAZIONALE DELLA REALTÀ7. Hegel precisa che per realtà egli intende qualcosa di diverso «dall’accidentale, che pure ha esistenza, ma altresì dall’essere determinato, dall’esistenza e da altri concetti8». [Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, paragrafo 6]

7 L’atteggiamento giustificazionista nei confronti della realtà ha attirato numerose critiche a Hegel.

8 Dal concetto hegeliano di realtà vanno quindi esclusi gli aspetti superficiali o accidentali dell’esistenza immediata.

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10 La fenomenologia dello spirito 1807

Fenomenologia - dal greco phainómenon, fenomeno, apparenza – è la scienza di ciò che appare9. Compito della fenomenologia è elevare la coscienza comune, il cui sapere è quello fenomenico, alla FILOSOFIA, il cui sapere è il vero (cioè l'intero, l'assoluto)

SAPERE ASSOLUTO il sapere che viene raggiunto attraverso un processo che si snoda nei diversi ambiti del sapere e della vita e che si conclude con lo spirito che comprende se stesso come totalità razionale, assoluto.

La Fenomenologia dello Spirito narra così la storia della coscienza dal punto di vista del suo rapporto con l'oggetto, fino alla raggiunta consapevolezza della coincidenza con esso.

FENOMENOLOGIA Il termine fenomeno indica la manifestazione di qualcosa alla coscienza (uso abituale del termine nella filosofia moderna). Il soggetto e l'oggetto della fenomenologia hegeliana coincidono: si tratta in entrambi i casi dello spirito che attraverso la coscienza (la sua storia e le sue manifestazioni) prende coscienza di sé come l'Assoluto.

Quindi, la fenomenologia dello spirito è la scienza dell’apparire dello spirito (a se stesso) nella coscienza dell’uomo, attraverso un processo storico che si sviluppa in forma dialettica (triade dialettica; la sintesi di una prima triade diventa la tesi di quella successiva, ecc.) dalla coscienza sensibile allo spirito assoluto, che è la piena consapevolezza acquisita da parte dello spirito di essere l’intera realtà. In questo processo la coscienza individuale è un semplice ricettacolo del divenire dello spirito. La Fenomenologia si divide in due parti:

I tre momenti della COSCIENZA (in cui predominante è l’attenzione verso l’OGGETTO e che costituisce la tesi); dell’AUTOCOSCIENZA (in cui l’attenzione si sposta sul SOGGETTO in quanto realtà che comprende l’oggetto stesso; - antitesi) e della RAGIONE (in cui la scissione, l’opposizione tra oggetto e soggetto viene superata raggiungendo un’unità profonda che li comprende entrambi); - sintesi).

Le tre sezioni dello SPIRITO, della RELIGIONE e del SAPERE ASSOLUTO (questa parte verrà eliminata nella trattazione più concisa dell’Enciclopedia).

9 Fenomeno: non è l'oggetto esterno della conoscenza sensibile, come lo intendeva Kant; i fenomeni sono le manifestazioni storiche, concrete, dello sviluppo del sapere umano o,

come dice Hegel, dello Spirito nella storia. [Il pensiero plurale pag. 124]

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Nella prefazione Hegel critica il principio schellinghiano di identità indifferenziata, paragonandolo a «una notte in cui tutte le vacche sono nere». Infatti, nel principio di Schelling il momento della negazione, che nella dialettica è momento costitutivo dell’identità, è annullato da un’unità statica che cancella ogni differenza. Per Hegel l'assoluto è unità dinamica di tutti i suoi momenti, processo dialettico che non rinnega le proprie espressioni particolari e finite. La FENOMENOLOGIA è così la manifestazione delle tappe, dei gradi successivi di formazione attraverso i quali lo spirito giunge al sapere assoluto. Queste tappe sono le FIGURE. Ciascuna figura corrisponde alla sintesi che tiene insieme ciascun elemento dell'opposizione dialettica [vedi nota pag.77].

La coscienza Il percorso inizia con la coscienza intesa in senso ristretto come la credenza che l'oggetto conosciuto sensibilmente sia posto di per sé, reale, autonomo. In altre parole, la coscienza va intesa come ciò che si rapporta a un OGGETTO, ossia qualcosa che viene percepito come “esterno”, come “altro” da sé. Il momento della Coscienza è composto da tre Figure10 che sono: la CERTEZZA SENSIBILE, la PERCEZIONE e l’INTELLETTO. La prima figura è quella della certezza sensibile che pensa di cogliere l'oggetto in modo immediato come un qui e ora (un determinato spazio-temporale). Sembrerebbe essere quindi la forma di conoscenza più ricca (non ci sono mediazioni) e sicura, certa (i sensi ci porgono l’oggetto). Ben presto questa certezza svanisce di fronte alla genericità del qui e ora e inizia a delinearsi la consapevolezza che il fondamento dell'oggetto è nel soggetto. Hegel sostiene che quella sensibile risulta essere la forma di conoscenza più povera, perché quello che ci fa conoscere è UN GENERICO QUESTO CHE CI APPARE DAVANTI AGLI OCCHI. A tal punto generico, che corrisponde al nulla, cioè a una realtà non determinata11 (dal pensiero, da un

giudizio dall’intelletto).

10

Ciascuna delle tre figure contiene già in sé (dal punto di vista dialettico) l'ulteriore figura o momento della stessa triade o di quella successiva (ad esempio, la coscienza con la figura dell'intelletto prende consapevolezza che la conoscenza dipende da se stessa e trapassa nell'autocoscienza). 11

La certezza sensibile non può pensare o dire il proprio oggetto, perché pensandolo o nominandolo dovrebbe introdurre una mediazione (ad esempio, è un albero e non è una

casa). [Abbagnano, pag. 484]

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In altre parole, l’oggetto viene colto nella sua immediatezza irrelata (priva cioè di relazione con gli altri oggetti), nel suo essere separato dal resto, quindi astratto (=separato, dal lat.), ineffabile o indicibile perché non è ancora stato determinato dall’intelletto.

La seconda figura è la percezione, con cui la coscienza individua delle proprietà che non sono specifiche dell’oggetto che ha di fronte ma generiche (appartengono cioè a molti oggetti). Queste proprietà vengono raccolte dall’io nell’unità della cosa. Non è più la conoscenza immediata della prima figura ma una conoscenza mediata, perché ora interviene il soggetto a formare l’oggetto, non è questo ad imporsi, proporsi, semplicemente alla coscienza. Con la terza figura, l’intelletto, la differenza tra gli oggetti e la loro specificità viene posta dalle determinazioni categoriali che l’intelletto stesso produce. In questo modo la coscienza scopre che è il soggetto a ordinare il mondo sensibile attraverso il suo apparato categoriale. Il soggetto nel conoscere il mondo conosce se stesso. La coscienza diventa autocoscienza perché ha compreso che il fenomeno è tale in e per lei. In altre parole, l'intelletto non solo unifica le qualità delle cose, ma consente anche di acquisire consapevolezza di questa sua attività. La conoscenza non è propriamente conoscenza delle cose, ma dello stesso intelletto. La coscienza raggiunge così la consapevolezza che il fenomeno è soltanto in essa e diventa coscienza di sé, cioè autocoscienza.

L’AUTOCOSCIENZA Il processo dell'autocoscienza non si manifesta solo a livello teoretico, cioè inerente alla consapevolezza del soggetto che il fenomeno è prodotto da lui stesso, ma soprattutto nel rapporto dell'io con gli altri. Ogni autocoscienza mira ad essere al contempo indipendente dall'altra e a dominare l'altra, con la conseguenza che il riconoscimento dell'indipendenza passa attraverso il conflitto con un'altra autocoscienza. In altre parole, l’attenzione è ora rivolta al soggetto, inteso come attività concreta dell’io, spostandosi da un ambito gnoseologico a un ambito di relazione con gli altri (società, storia della filosofia, religione12).

12

Le figure di questa parte sono famose e ineriscono appunto alla società, la storia della filosofia e la religione; basti pensare alla figura servo-signore, allo stoicismo, allo

scetticismo e alla figura della coscienza infelice.

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SERVITÙ E SIGNORIA

Nel conflitto, nella lotta tra autocoscienze la posta in gioco è l'indipendenza, e per ottenerla bisogna essere disposti a rischiare la propria vita. Chi fino all'ultimo non teme di morire s'impone come signore, chi invece ha paura di perdere la vita accetterà il dominio del signore e diventerà servo. Questa relazione di diseguaglianza nel mondo antico si determina come rapporto signore-servo.

Questo risultato non è definitivo, dopo un po’ avviene un rovesciamento dei ruoli. Il signore finisce alla lunga per dipendere dai servi, perché si limita a godere passivamente del loro lavoro. Il servo, invece, si rende indipendente attraverso il lavoro con cui trasforma le cose diventandone in un certo senso padrone, perché dipendono da lui. Alla fine del processo abbiamo il raggiungimento dell’indipendenza dell’io nei confronti delle cose (attraverso la figura del servo lavoratore), questo per quanto riguarda il servo perché il signore finisce per scoprirsi dipendente dal lavoro del servo. Il servo non solo quindi si scopre indipendente nei confronti del signore ma anche della natura che ha trasformato attraverso il suo lavoro. Egli quindi è libero (indipendenza dalle cose e dagli uomini) e ora Hegel si sofferma sulla libertà descrivendo tre celebri figure: lo stoicismo, lo scetticismo e la coscienza infelice.

STOICISMO

Lo stoicismo è la manifestazione filosofica di questa raggiunta libertà come interiorità e indipendenza dalle cose. Il saggio stoico infatti è autosufficiente e libero rispetto alle cose, a ciò che lo circonda. Ma tale libertà è solo pensata, perché le cose da cui ci si pensa indipendenti continuano a sussistere. In altre parole, con lo stoicismo l’autocoscienza raggiunge soltanto un’astratta libertà interiore, perché la realtà esterna non è affatto negata. SCETTICISMO

Lo scetticismo afferma una libertà totale, perché nega qualsiasi validità a ciò che è ritenuto VERO e REALE. Non c’è nulla che ci assicuri che ciò che chiamiamo realtà esista veramente. Il pensiero afferma la non verità di tutti i contenuti e determinazioni, e la coscienza fa esperienza «della propria libertà». Ma la stabilità della coscienza stessa è messa in crisi dal dubbio scettico, il sostenere l'impossibilità di determinare la verità non significa forse la fine di ogni certezza anche delle stessa tesi scettica?, e a questo punto l’uomo finisce in balia del NULLA. Perché la negazione del reale diventa anche la negazione di sé, della sua autocoscienza. COSCIENZA INFELICE

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La coscienza scettica riconosce la contraddizione13 tra la negazione di ogni verità e la sua stessa pretesa di affermare una verità, (questa, che non esiste nessuna verità), e viene sostituita dalla COSCIENZA INFELICE che nasce dal tentativo di colmare il nulla della coscienza contrapponendo ad essa il tutto (DIO). In altre parole, la coscienza infelice è tale perché volendo colmare il proprio essere nulla pone o contrappone a se stessa la figura di DIO. Un Dio che in quanto oltre è inattingibile, è realtà infinita rispetto alla finitudine umana. Questo Altro lontano e inafferrabile produce nella coscienza una lacerazione che genera infelicità. La prima manifestazione della coscienza infelice è l’EBRAISMO, nel quale l’Assoluto, la realtà vera sono sentiti come LONTANI dalla coscienza individuale, corrispondendo a un DIO TRASCENDENTE, padrone assoluto della VITA e della MORTE. In un secondo momento abbiamo il Dio Incarnato con la figura di Cristo, che dal cristianesimo medievale è visto come una realtà effettuale14. Tuttavia, questa pretesa di cogliere l’Assoluto in una realtà effettuale, particolare e sensibile, è destinata al FALLIMENTO. Le CROCIATE rappresentano questo fallimento, perché giunti a Gerusalemme i crociati si trovano di fronte a un sepolcro vuoto. Cristo, infatti, come DIO TRASCENDENTE non è qui, non può essere nel sepolcro, come DIO INCARNATO è ugualmente LONTANO, essendo vissuto in uno specifico e irripetibile periodo storico. Con il cristianesimo medievale, quindi, la coscienza continua a essere infelice. Le manifestazioni di questa infelicità cristiano-medievale sono:

La DEVOZIONE (atteggiamento di subordinazione) che sviluppa un SENTIMENTO religioso estraneo al concetto, e perciò incapace di elevarsi alla coscienza speculativa dell’unità fra finito e infinito.

Il FARE o l’operare DELLA COSCIENZA PIA che, rinunciando a un contatto mistico con Dio, rivolge la propria attenzione al mondo e al LAVORO, ma la coscienza cristiana non può non avvertire che ciò che fa lo fa grazie a DIO, non è per sua iniziativa ma per un dono di Dio. La conseguenza è l’umiliarsi della coscienza che riconosce che ad agire è sempre e soltanto Dio.

La MORTIFICAZIONE DI SÉ, ovvero l’ASCETISMO che rappresenta la completa negazione dell’io a favore di Dio. Esso rappresenta il punto più basso che è destinato a trapassare dialetticamente nel punto più alto. Nell'esperienza ascetica la volontà del singolo si nega per far sorgere la volontà universale. La coscienza si accorge di essere lei stessa Dio, ovvero l’UNIVERSALE, ovvero il SOGGETTO ASSOLUTO. È il passaggio alla RAGIONE che storicamente avviene nel Rinascimento.

13

Hegel ritiene, infatti, che l’argomento scettico dell’illusorietà di qualsiasi verità possa essere rivolto contro lo scetticismo stesso, così come docet la confutazione tradizionale

dello scetticismo. 14

Ciò che esiste di fatto, non solo come possibile o come qualcosa d’immaginato.

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RAGIONE Attraverso il rivolgimento dialettico indotto dal misticismo medievale, l’autocoscienza resasi consapevole di essere soggetto assoluto diventa ragione, cioè la «certezza di essere ogni realtà». L'autocoscienza si comprende come unità di coscienza (pensiero) e oggetto (essere). Ma all'inizio tale certezza è soltanto avvertita, perché diventi consapevole e realizzarsi così la coincidenza tra realtà e pensiero, deve passare attraverso una mediazione dialettica con il mondo. Il primo passo è quello della ragione osservatrice (il termine presuppone una divisione tra soggetto e oggetto, e in effetti in questa fase la ragione vuole trovare l'essenza delle cose, cercando in realtà se stessa) che soprattutto nella scienza cerca di trovare se stessa nella natura attraverso l'individuazione nel mondo naturale di leggi razionali. La ricerca scientifica dalle cose (mondo inorganico) si estende agli organismi (mondo inorganico) e all'interiorità della coscienza (psicologia).

In questo movimento abbiamo anche il proporsi di due pseudoscienze che tentano di spiegare l'essenza a partire da una direzione opposta a quella della psicologia, cioè dall'esterno verso l'interno. Si tratta della fisiognomica e della frenologia.

Il secondo passo è rappresentato dalla ragione pratica che è il tentativo della ragione di trovare se stessa non più nel mondo esterno, ma negli atti e nelle vicende umani che hanno comunque come teatro il mondo. Un primo momento è dato dal tentativo di imporsi al mondo attraverso l'ossessiva ricerca della realizzazione individuale, cioè la ricerca del piacere. Questo tentativo è condannato alla frustrazione e all'annientamento e un esempio di tale ricerca è costituito dal Faust di Goethe. Un secondo momento coincide con la figura dell'eroe romantico che pretende di imporre al corso delle cose la propria legge del cuore ma essendo una legge individuale il tentativo è destinato al fallimento. Non si sottrae d'altronde ad esso neppure la virtù, perché pur essendo una norma che supera l'individualità del singolo rimane una norma astratta. Il fallimento della ragione pratica è prodotto dalla considerazione della razionalità in una dimensione esclusivamente interiore, mentre la razionalità si dispiega e si realizza solo in una struttura oggettiva, sociale e storica. Questa struttura è chiamata da Hegel éthos.

11 SECONDA PARTE della Fenomenologia

Con l'eticità passiamo alla sezione dello SPIRITO. Lo spirito è la ragione divenuta eticità, cioè incarnata in un popolo. Anche in questo caso abbiamo una successione di momenti che nel processo storico dipanano il senso dell'eticità. il primo momento è rappresentato dalla bella eticità del mondo greco in cui l'individuo è assorbito nella collettività, l'uomo non è distino dalla natura che non è separata dal divino. Tuttavia, già nel mondo greco abbiamo le prime incrinature di tale unità immediata e spontanea.

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Ne è un esempio la figura di Antigone (opera omonima di Sofocle) che vive il dissidio tra la legge del tiranno (della città) che gli impedisce la sepoltura del fratello ucciso e la legge del singolo, degli dei che ne esige la sepoltura; oppure l'antitesi tra razionalità umana e fato presente nell'Edipo re, sempre di Sofocle. Nella modernità l'individualità si scontra con lo Stato e la ricchezza, poteri che dominano il mondo. La vita sociale è vista dalla coscienza come estraniazione da sé. Il culmine di tale processo è raggiunto con la rivoluzione francese che è il tentativo di affermare contro lo Stato il principio della libertà. Si tratta però di una libertà puramente astratta e soggettiva, che non si concretizza in istituzioni oggettive. È inevitabile allora che tale libertà si manifesti solo in chiave distruttiva, come testimonia il Terrore giacobino. Con la rivoluzione l'antitesi interna allo spirito ha raggiunto il suo apice, si profila quindi il compito etico del presente: costruire una società guidata da una soggettività libera e consapevole. La RELIGIONE rappresenta il tentativo di entrare in contatto con l'Assoluto superando le scissioni. Ma la religione esprime l'Assoluto in una forma narrativa che è inadeguata, perché lo colloca ancora all'esterno della coscienza, per cui lo spirito si limita ad avere sé come oggetto. Solo mediante il SAPERE ASSOLUTO, la filosofia, si raggiunge la consapevolezza dell'unità dialettica di soggetto e oggetto. Lo spirito conosce se stesso nella forma adeguata che è quella del concetto. Nel sapere assoluto si conserva la verità di ogni momento dello sviluppo dello spirito, in quanto tale verità è l'aspetto dell'intero che si manifesta in quel momento. Ogni concretizzazione dell'Assoluto in quanto finita è superata nel'intero, ma anche conservata quale tappa fondamentale di sviluppo dell'Assoluto stesso.

12 IDEA, NATURA E SPIRITO [Enciclopedia]

Il disegno complessivo dell’Enciclopedia hegeliana è quello di una triade dialettica. L’Assoluto si dà attraverso tre momenti dell’IDEA.

L’IDEA IN SÉ E PER SÉ:

l’idea in se stessa, a prescindere dalla sua realizzazione nella natura e nello spirito

TESI ANTITESI

SINTESI LOGICA

FILOSOFIA DELLO SPIRITO

L’IDEA FUORI DI SÉ:

l’alienazione dell’idea nelle realtà spazio-temporali del mondo (= la natura)

FILOSOFIA DELLA NATURA

L’IDEA CHE RITORNA IN SÉ:

l’idea che, dopo essersi fatta natura, acquista piena coscienza di sé

nell’uomo (= lo spirito=intera realtà)

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La tesi coincide con l’idea «in sé e per sé», o idea pura a prescindere dal mondo e dall’uomo. È con un paragone informatico il software

(programma) non ancora installato nell’hardware (il pc, il supporto materiale, i circuiti).

L’antitesi è rappresentata dall’idea «fuori di sé», o idea «nel suo essere altro», cioè la natura.

La sintesi è l’idea che «ritorna in sé», cioè lo spirito. L’idea dopo essersi fatta natura, torna «presso di sé» [bei sich] nell’uomo, il cui compito è

appunto quello di esprimere in CONCETTI (IDEE) la struttura razionale della realtà.

La triade non ha uno svolgimento cronologico perché i vari momenti sono contemporaneamente presenti nella realtà, che coincide con lo spirito. A questi tre momenti strutturali dell’assoluto corrispondono tre sezioni del SAPERE FILOSOFICO:

LOGICA15

: “scienza dell’idea in sé e per sé” [Enciclopedia, par.18], cioè dell’idea considerata nel suo essere implicito (=in sé) e nel suo graduale esplicarsi (=per sé), ma indipendentemente dalla sua concreta realizzazione nella natura e nello spirito.

FILOSOFIA DELLA NATURA16

: “scienza dell’idea nel suo alienarsi da sé”.

FILOSOFIA DELLO SPIRITO17

: “scienza dell’idea, che dal suo alienamento ritorna in sé”. Queste tre parti si articolano nelle sezioni dello schema sottostante:

15

L'oggetto della logica è il pensiero non in quanto facoltà dell'individuo ma come ciò che di più oggettivo e universale possa esistere. Il pensiero è l'essere e quindi il pensiero è

la realtà. I concetti non sono pensieri soggettivi, ma pensieri oggettivi che esprimono la realtà stessa nella loro essenza. Le categorie o concetti sono presenti e operanti nelle

mutevoli esperienze storiche dell'umanità, dalle quali derivano: da una parte abbiamo le figure della fenomenologia, dall'altra le categorie o concetti della logica, il contenuto è

lo stesso cambia solo il livello di astrazione.

Similitudine: le regole grammaticali, considerate di per sé sono oggetto della grammatica, e appaiono astratte; ma sono al contempo reali in quanto operano nel discorso

concreto. Così i concetti sono astratti, purificati e in quanto tali sono oggetto della logica, ma sono anche reali in quanto corrispondono a determinati momenti della

riflessione filosofica che avviene all'interno della storia.

ESSERE: il pensiero nella sua immediatezza (essere parmenideo, ecc.)

ESSENZA: il pensiero nella sua mediazione (logica riflessiva: da Platone a Kant)

CONCETTO: il pensiero ritornato a sé come totalità. Il pensiero scopre se stesso come vero oggetto, il concetto si pone allora come un processo in cui il pensiero si

autodetermina come totalità che tutto comprende; Begriff di solito tradotto con concetto, significa comprensione. (Filosofia idealistica in cui il mondo soggettivo si configura

come la verità di quello oggettivo). 16

Nel diventare altro da sé l'Idea assoluta (l'Idea che riconosce se stessa nella totalità) si spazializza, si esteriorizza assumendo le forme cristallizzate della natura.

MECCANICA: la natura vista come spazio e tempo, come materia e movimento..

FISICA: la natura come fenomeno chimico, magnetico..

FISICA ORGANICA: la natura come organismo vivente.. 17

SOGGETTIVO: corrisponde allo spirito individuale che lentamente e progressivamente emerge dalla natura, passando dalle forme più elementari di vita psichica alle più

elevate attività conoscitive e pratiche (antropologia che studia lo spirito come anima; fenomenologia che studia lo spirito in quanto coscienza, autocoscienza e ragione; psicologia

che studia lo spirito nelle sue manifestazioni universali: il conoscere teoretico, l'attività pratica, il volere libero).

OGGETTIVO: lo spirito si manifesta in istituzioni sociali concrete, famiglia società civile e stato (i tre momenti dialettici sono rappresentati dal diritto astratto, la morale e

l'eticità la cui manifestazione più significativa è lo stato).

ASSOLUTO: spirito che conosce se stesso attraverso l'arte, la religione e la filosofia.

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LOGICA

DOTTRINA DELL’ESSERE

DOTTRINA

DELL’ESSENZA

DOTTRINA DEL

CONCETTO

FILOSOFIA DELLA NATURA

MECCANICA

FISICA

FISICA ORGANICA

FILOSOFIA DELLO SPIRITO

SOGGETTIVO

OGGETTIVO

ASSOLUTO

antropologia

fenomenologia

psicologia

diritto

moralità

eticità

arte religione filosofia

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La filosofia dello spirito oggettivo: diritto astratto e moralità pag.92-101 Diritto astratto

Il primo momento dello spirito oggettivo è il diritto astratto18 che regola i rapporti esteriori tra gli individui e consente all'individuo di manifestare la propria volontà, libertà nel modo più immediato, attraverso il possesso delle cose. L'individuo trova il suo primo compimento in una «cosa esterna», che diventa sua «proprietà» (definita come «sfera esterna» del libero volere). Il diritto astratto riconosce l'individuo come persona giuridica, cioè dotata di diritti.

18

coincide con il diritto privato e con una parte del diritto penale, Abbagnano pag. 511.

diritto

moralità

eticità

FILOSOFIA DELLO SPIRITO

SOGGETTIVO

OGGETTIVO

ASSOLUTO

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Nel mondo moderno il diritto primario di «appropriazione dell'uomo su tutte le cose» ha assunto la forma della proprietà privata «libera e piena», ma la proprietà diviene effettivamente tale soltanto in virtù del reciproco riconoscimento tra le persone, ossia tramite l'istituto giuridico del contratto. D'altronde, l'esistenza del diritto presuppone l'esistenza del suo contrario, la violazione del contratto che richiede una sanzione, una pena. Chi ha commesso un delitto (violazione della legge) ha espresso una negazione del diritto, a questa negazione si aggiunge la negazione del delitto attraverso la pena. Negazione della negazione. La pena tuttavia è solo punizione, non possiede un'efficacia formativa. Perché ciò si verifichi è necessario che il colpevole accetti interiormente la pena. Questa accettazione non può avvenire nell'ambito del diritto dal momento che esso riguarda una legalità esteriore. La punizione del delitto non elimina così la scissione che la violazione ha introdotto nel corpo sociale.

Morale

Dal diritto si passa allora alla moralità: la legge interiore sentita come legge morale. Nel campo della morale l'individuo da persona giuridica

diventa soggetto dotato di una volontà consapevole che accetta la legge perché la riconosce come sua all'interno della coscienza ( Kant). L'individuo concepisce il bene come il fine a cui tendere, ma tale fine non realizzandosi nella sua pienezza, produce la morale del dover essere, che è una morale rigida che stronca la naturale aspirazione degli uomini al benessere e alla felicità. Il risultato che si ottiene è una scissione all'interno della coscienza umana. Solo nell'ambito dell'eticità tutto questo può venir superato.

Eticità

L'eticità rappresenta il momento in cui l'esteriorità del diritto e l'interiorità della morale trovano la loro conciliazione. Infatti, nel diritto la legge è concreta (riguarda le cose, il loro possesso) ma esteriore, nella moralità è interiore ma astratta dal vivo dei rapporti umani. Nell'eticità gli individui sono inseriti in una comunità e la virtù non è la semplice ubbidienza a una legge formale, ma è la cura del bene comune. L'eticità è dunque la realizzazione del bene nell'esistenza effettiva, e ciò avviene attraverso le istituzioni della famiglia, della società civile e dello stato. La famiglia La famiglia non è una semplice società naturale, né un'unione esclusivamente economico-giuridica. È un'unità spirituale che si fonda sul matrimonio, atto libero con cui due individui autonomi e autodeterminati si uniscono formando un'unica persona elevando a un piano superiore

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l'aspetto naturale della sessualità, l'aspetto giuridico del contratto stipulato e quello affettivo dell'amore. A questo si aggiunge che la famiglia è caratterizzata dal patrimonio (usato nell'interesse di tutti) e l'educazione dei figli. Questi diventati adulti formeranno a loro volta delle famiglie, ciascuna volta ai propri interessi. Allargando l'orizzonte quindi Hegel prende in esame il rapporto (conflitto) tra le famiglie che avviene nella società civile. La società civile Hegel per primo elabora il concetto di società civile. Il termine indica la vita associata in cui sono presenti interessi di parte che generano conflitto. La società civile è «il campo di battaglia dell'interesse privato e individuale di tutti contro tutti». In riferimento alla moderna economia politica Hegel fa riferimento al sistema dei bisogni che rappresenta il primo momento della società civile: le attività economiche (produzione e scambio di merci) sono tese al soddisfacimento dei bisogni materiali, che diventano sempre più numerosi, raffinati e complessi in rapporto alla divisione del lavoro che stimola la specializzazione dei produttori. Alla divisione del lavoro è associata la divisione della società in classi, e in tale frangente Hegel tende a sovrapporre ai tratti del modello capitalistico-borghese quelli della Prussia pre-capitalistica fondata sui ceti. Hegel distingue il ceto sostanziale o agrario (nobiltà latifondista e piccoli proprietari), il ceto industriale (fabbricanti ma anche artigiani e commercianti), il ceto generale (pubblici funzionari). L'accesso ai ceti, specie al terzo, non è legato alla nascita. Il secondo momento della società civile è rappresentato dall'amministrazione della giustizia che concerne la sfera delle leggi e della loro tutela giuridica (diritto positivo, pubblico). Il terzo momento è quello della polizia e le corporazioni che provvedono alla sicurezza sociale. Le corporazioni anticipano il ruolo dello Stato realizzando un'unità tra la volontà del singolo e quella della categoria lavorativa di appartenenza. Lo Stato Nello Stato, che è espressione dello Spirito, tutte le particolarità (gli individui, le famiglie, le classi ecc.) trovano il loro fondamento. Così come sul piano metafisico l’intero si articola accogliendo in sé le determinazioni finite colte dalla riflessione, sul piano etico l’intero (lo Stato) accoglie in sé le determinazioni della società civile. Nello Stato gli individui quali «esseri pensanti» si elevano all’universalità. Operano per un fine superiore che li unifica, lo Stato. Superano in tal modo il loro naturale egoismo per volgersi razionalmente verso il bene comune. Dal punto di vista ontologico lo Stato viene per primo perché il tutto viene prima delle parti. Lo Stato è l'organismo di cui i singoli sono le parti, e la parte si invera nel tutto. Quindi gli uomini (individui) non possono essere veramente liberi se non identificandosi con lo Stato.

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Critica dello Stato liberale: la concezione etica ed organicistica hegeliana sottintende una critica dello stato liberale concepito da Locke , Kant, ecc. Quest’ultimo infatti è considerato un «ente artificiale» che tutela i diritti e la sicurezza degli individui. La loro libertà esige uno Stato minimo, che svolge un ruolo negativo di eliminazione degli ostacoli. Ma per Hegel la libertà dell'individuo è un arbitrio: rifiuto dell'idea di libertà come sistema delle libertà individuali (idea propria delle rivoluzioni americana e francese). Contro il modello democratico di Rousseau: fuori dello Stato infatti il popolo è solo moltitudine, massa informe a cui non può appartenere la sovranità, che è propria dello Stato stesso, il quale ha in sé il proprio fine e la propria ragione d'essere. Quindi lo Stato non si fonda sugli individui

( teorie contrattualistiche) ma gli individui sullo Stato. Questo allora non è un semplice aggregato di individui, ma un tutto unitario che precede e supera, dal punto di vista del valore, le sue parti. Nello Stato, in particolare nello Stato prussiano assunto a modello, Hegel vede la stessa presenza dell'assoluto: nel Lineamenti scrive che lo stato costituisce «l'ingresso di Dio nel mondo». Tuttavia lo Stato hegeliano non è uno Stato dispotico, bensì uno Stato di diritto che opera sulla base delle leggi e attraverso le leggi, in cui si dispiega la sua razionalità. L'ordinamento politico migliore è quello della monarchia costituzionale. In essa il sovrano incarna l'unità dello Stato e a lui quindi spettano le decisioni ultime che hanno a che vedere con la collettività. Accanto al potere del sovrano abbiamo il potere esecutivo affidato al governo e il potere legislativo affidato a una rappresentanza dei ceti.