1. RISTORAZIONE COLLETTIVA - consorziocolibri.com · Sono state volute dalla Comunità Europea ......

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1 1. RISTORAZIONE COLLETTIVA La sicurezza igienica nei servizi ristorativi consiste nel garantire la qualità e l’integrità degli alimenti in tutte le fasi di produzione, deposito, trasformazione, confezionamento, trasporto e distribuzione fino al consumatore finale. La produzione del vitto segue determinate tappe: • approvvigionamento, stoccaggio e conservazione delle derrate alimentari; • preparazione e cottura dei cibi; • porzionamento e confezionamento del vitto; veicolazione del pasto/trasporto ai reparti di degenza, distribuzione e somministrazione del vitto; • pulizia ed igienizzazione dei locali, degli impianti, delle attrezzature e dei carrelli scaldavivande utilizzati; • cura igienica personale e dell’abbigliamento di lavoro degli addetti alla manipolazione degli alimenti e vitto, i quali dovranno essere in possesso dell’attestato di alimentarista e indossare sempre la divisa completa e pulita; Dovranno essere rispettati elevati standard igienici e nutrizionali per assicurare condizioni di massima sicurezza. Le disposizioni legislative vigenti si basano sul Regolamento CE 8527/2004, il quale deve essere progettato e realizzato in modo da consentire di evitare la promiscuità delle diverse fasi di lavorazione. Per tale motivo in un esercizio ristorativo è necessario distinguere due zone: Una zona ad alto rischio di contaminazione (o grigia), che include ad esempio il magazzino, l’area per lo smaltimento dei rifiuti e i servizi igienici; Una zona a basso rischio di contaminazione (o bianca), rappresentata principalmente dall’area di preparazione degli alimenti Maggiore è la barriera igienica tra la zona grigia e quella bianca, più efficace risulta la lotta per impedire la diffusione dei microrganismi. Gli alimenti che vengono preparati dovranno essere privi di sostanze tossiche e/o microrganismi patogeni e/o tossine per ovviare all’incursione di effetti dannosi alla salute: infezione, intossicazione, tossinfezione alimentare. Tracciabilità e rintracciabilità sono le parole chiave per capire il livello di trasparenza raggiunto da un’azienda nella comunicazione con il consumatore. Sono state volute dalla Comunità Europea per rafforzare la sicurezza e la tutela della salute dei consumatori. Un ruolo importante nella sicurezza alimentare viene svolto anche dall’EFSA (European Food SafetynAuthority) che fornisce assistenza indipendente per le prove scientifiche. Tracciare significa la capacità di descrivere il percorso di una materia prima attraverso i vari passaggi lungo la filiera produttiva;

Transcript of 1. RISTORAZIONE COLLETTIVA - consorziocolibri.com · Sono state volute dalla Comunità Europea ......

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1. RISTORAZIONE COLLETTIVA

La sicurezza igienica nei servizi ristorativi consiste nel garantire la qualità e l’integrità degli

alimenti in tutte le fasi di produzione, deposito, trasformazione, confezionamento, trasporto e

distribuzione fino al consumatore finale. La produzione del vitto segue determinate tappe:

• approvvigionamento, stoccaggio e conservazione delle derrate alimentari;

• preparazione e cottura dei cibi;

• porzionamento e confezionamento del vitto;

• veicolazione del pasto/trasporto ai reparti di degenza, distribuzione e somministrazione del vitto;

• pulizia ed igienizzazione dei locali, degli impianti, delle attrezzature e dei carrelli scaldavivande

utilizzati;

• cura igienica personale e dell’abbigliamento di lavoro degli addetti alla manipolazione degli

alimenti e vitto, i quali dovranno essere in possesso dell’attestato di alimentarista e indossare

sempre la divisa completa e pulita;

Dovranno essere rispettati elevati standard igienici e nutrizionali per assicurare condizioni di

massima sicurezza.

Le disposizioni legislative vigenti si basano sul Regolamento CE 8527/2004, il quale deve essere

progettato e realizzato in modo da consentire di evitare la promiscuità delle diverse fasi di

lavorazione. Per tale motivo in un esercizio ristorativo è necessario distinguere due zone:

• Una zona ad alto rischio di contaminazione (o grigia), che include ad esempio il magazzino,

l’area per lo smaltimento dei rifiuti e i servizi igienici;

• Una zona a basso rischio di contaminazione (o bianca), rappresentata principalmente

dall’area di preparazione degli alimenti

Maggiore è la barriera igienica tra la zona grigia e quella bianca, più efficace risulta la lotta per

impedire la diffusione dei microrganismi. Gli alimenti che vengono preparati dovranno essere privi

di sostanze tossiche e/o microrganismi patogeni e/o tossine per ovviare all’incursione di effetti

dannosi alla salute: infezione, intossicazione, tossinfezione alimentare.

Tracciabilità e rintracciabilità sono le parole chiave per capire il livello di trasparenza raggiunto

da un’azienda nella comunicazione con il consumatore. Sono state volute dalla Comunità Europea

per rafforzare la sicurezza e la tutela della salute dei consumatori. Un ruolo importante nella

sicurezza alimentare viene svolto anche dall’EFSA (European Food SafetynAuthority) che

fornisce assistenza indipendente per le prove scientifiche. Tracciare significa la capacità di

descrivere il percorso di una materia prima attraverso i vari passaggi lungo la filiera produttiva;

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rintracciare significa, invece, ricostruire, all’indietro l’intero percorso di un prodotto, dal suo stato

finale alle materie di partenza.

Dal 22 ottobre 2017 torna ad essere l’indicazione della sede dello stabilimento di produzione

sull’etichetta dei prodotti alimentari. Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade si erano

attivate per promuovere il ripristino dell’obbligo – già vigente tra il 1992 e il 2014 – lanciando

una petizione su Change.org. Dal punto di vista sanitario, la disponibilità immediata

dell’informazione della sede dello stabilimento nei casi di allerta, consente alle autorità di

ricostruire la filiera e accorciare notevolmente i tempi di indagine. Il nuovo decreto

legislativo sull’obbligo dello stabilimento di produzione datato 15 settembre 2017 n.145, è

stato pubblicato sabato 7 ottobre 2017 e riporta regole ben precise. Il decreto “reca disposizioni

relative alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori”, in conformità e a integrazione

di quanto prescritto dal reg. UE n. 1169/2011. Con l’obiettivo di garantire la “corretta e completa

informazione al consumatore e della rintracciabilità dell’alimento da parte degli organi di

controllo, nonché per la tutela della salute” (articolo 1). In particolare a Villa Ranuzzi, così come

nelle strutture ad essa collegate, la porzionatura ed il confezionamento avviene in modo sicuro in

modo da assicurare una perfetta chiusura, in idoneo materiale per alimenti, elevato standard

qualitativo e facilità d’uso in relazione alla peculiare tipologia di utenza. Viene indicato con

etichetta il contenuto attraverso specifiche sigle identificative es. A1 primo piatto del giorno, B4

carne bianca ai ferri, ecc. e, nel caso di diete personalizzate, l’appartenenza del singolo paziente

destinatario. I cibi distribuiti in linea calda (> 65°C) vengono inviati distintamente dai cibi freddi.

I contenitori termici florida sono utilizzati per il trasporto e la distribuzione dei cibi caldi e in essi

si riscontrano caratteristiche tecniche tali, da mantenere le temperature previste per legge, sono

chiudibili per evitare dispersione termica e, se non monouso, sono costruiti in maniera tale da poter

essere puliti ed igienizzati dopo ogni singola utilizzazione. I tempi occorrenti per il vitto veicolato

in linea calda (porzionatura, confezionamento in mono-multiporzione, trasporto, distribuzione ai

reparti/strutture) sono ridotti al minimo indispensabile al fine di non alterare le caratteristiche

organolettiche del cibo. La distribuzione del vitto, invece, avviene in tempi tali da permetterne il

consumo negli orari indicati nelle strutture. La popolazione anziana si caratterizza per l’ampia

dispersione dei parametri fisiologici e quindi si deve ricorrere ad ampi intervalli di valori a cui

corrispondono condizioni fisiche molto differenti, come per esempio: funzioni gastrointestinali

meno efficaci, ridotta motilità intestinale, masticazione inadeguata, ridotta funzionalità cardiaca,

che hanno come conseguenze, diminuzione del metabolismo basale, ridotta capacità digestiva,

intolleranza per alcuni cibi, scelta spontanea di alimenti teneri. Considerata questa situazione,

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l’alimentazione negli anziani deve comportare delle scelte “mirate” al fine di ottenere

un’alimentazione utile, adeguata e ben accetta, al fine di provvedere a ritardare l’invecchiamento,

minimizzare i sintomi delle malattie proprie della vecchiaia, a sconfiggere l’abituale tendenza alla

monotonia della dieta contemplando variazioni degli alimenti nel rispetto della tradizione delle

propria regione. L’invecchiamento non avviene in modo lineare ma accelera significativamente

intorno ai 75 anni. Un pasto può dirsi equilibrato quando rispetta l’apporto necessario di

carboidrati, proteine e lipidi. Il menù è l’atto da cui prende origine tutto l’iter organizzativo e

progettuale. L’individuazione del menù, del tipo d’utenza e del tipo di servizio sono quindi alla

base di ogni scelta funzionale e produttiva. La decisione relativa quindi a cosa far mangiare deve

coincidere anche, in una corretta logica di sistema, con la scelta su come fare da mangiare e come

distribuire il pasto all’utente (2).

2. PRENOTAZIONE E GESTIONE DEI PASTI

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Nella formulazione di un menù per gli ospiti delle case di riposo e strutture ospedaliere, uno dei

punti cardini è la creazione di un buon pasto come momento di gratificazione e socializzazione

per la persona istituzionalizzata. Il pranzo e la cena sono i momenti alimentari di maggiore impatto

emozionale e possono svolgere un ruolo psicologico fondamentale nel migliorare la qualità della

vita degli anziani presenti nelle case di riposo. E’ pertanto di estrema importanza non effettuare

esclusivamente delle scelte di ordine nutrizionale ma anche emozionale individuando quelle

formulazioni che maggiormente rievocheranno negli anziani sapori, odori, suoni, immagini,

sensazioni tipiche della propria storia alimentare e familiare. Questa attenzione, mirata anche a

stimolare opportunamente la ridotta capacità olfattiva e gustativa degli anziani, potrà favorire

l’impiego di altri condimenti naturali per rendere più sapide le formulazioni senza alterare

l’equilibrio energetico-nutrizionale. Sarà necessario, al fine di migliorare l’accettabilità del pasto,

considerare anche la consistenza, la viscosità, la temperatura e l’omogeneità delle formulazioni

inserite nel menù. Il pasto nell’ambito della ristorazione collettiva prevede un offerta costituita da

un primo, un secondo, un contorno, la frutta (o il dessert) e il pane. I menù prevedono i piatti fissi,

cioè quelli presenti tutti i giorni, di semplice preparazione, e i piatti del giorno, più ricercati, che

conferiscono al menù le caratteristiche nutrizionali e sensoriali oltre alla variabilità indispensabile

per garantire un buon servizio di ristorazione. In particolare il menù viene redatto su 4 settimane

e su base stagionale:

- Menù invernale (ottobre – aprile)

- Menù estivo (maggio – settembre)

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C1 Spinaci gratinati

D4 Yogurt alla frutta

D3 Mela cotta

D3 Mela cotta

D3 Mela cotta

D3 Mela cotta

B1 Timballo di carne e verdure

C1 Cavolfiore all'olio

B1 Insalata di tonno B1 Tortino di Ricotta

C1 Patate contadina

C1 Carote prezzemolate

D3 Mela cotta

C1 Macedonia di verdure

D1 Pere sciroppate

CENA

A1 Grattini in brodo B1 Speck

C1 Tris di verdureC1 Fagioli di spagna con prezz.C1 Zucchine all'olio

B1 Fesa di tacchino arrostoA1 Minestrone

CENA

D3 Mela cotta

A1 Crema di carote A1 Zuppa con lenticchie

CENA

A1 Crema di zucchine

2^ SETTIMANA

LUNEDI' MARTEDI'

C1 Carote dorate

PRANZOPRANZO

DOMENICA

C1 Broccoli al vapore

SABATO

B1 Bocconcini di tacchino con

carciofi C1 Ceci in umidoC1 Spinaci all'olio

C1 Tris di verdure

C1 Zucchine all'olio

D1 Ananas sciroppata

B1 Pizza margherita

MERCOLEDI' GIOVEDI'

PRANZO PRANZO PRANZO PRANZO

B1 Hamburger vegetale

GIOVEDI'

B1 Salsiccia di pollo e piselli

PRANZO

A1 Pasta amatriciana

C1 Patate lesseC1 Fagiolini all'olioB1 Spezzatino alla pizzaiola

A1 Risotto funghi e zafferano

C1 Finocchi gratinati

D1 Creme caramel

A1 CannelloniB1 Polpettone

D1 Torta al limone

CENA

A1 Crema di zucca

B1 Ricotta al forno

B1 Cotoletta di pollo B1 Arrosto di suinoA1 Ravioli burro e oro

C1 Patate al forno

D2 Frutta fresca D1 Torta yogurt e cioccolato

C1 Melanzane grigliate C1 Fagiolini all'olio

D1 Macedonia sciroppata

MENU' INVERNALE 2017-2018

DOMENICA

PRANZO PRANZOPRANZO

MARTEDI' MERCOLEDI'

CENA

D4 Yogurt alla frutta

B1 Medaglione di pesce

D1 Pesche sciroppate

1^ SETTIMANA

VENERDI'

D4 Yogurt alla frutta

PRANZO

B1 Scaloppina al limone C1 Cavolfiore al vapore

D2 Frutta fresca

D2 Frutta fresca

A1 Pasta ai broccoli

SABATO

A1 Pasta e FagioliB1 Pollo arrosto

A1 Pasta al tonno

D2 Frutta fresca

PRANZO PRANZO

C1 Bietola gratinata

B1 Pesce alle olive

C1 Macedonia di verdure

CENA

A1 Crema di ceci

D2 Frutta frescaD2 Frutta fresca

CENA

A1 Crema di zucchine

A1 Tagliatelle al ragù di

prosciutto

A1 Polenta al ragù

B1 Straccetti pollo al balsamico

B1 StracchinoA1 Pasta prosciutto e radicchio

C1 Fagiolini all'olio

A1 Risotto alla parmigiana

D2 Frutta fresca D1 Crostata alla ciliegia D2 Frutta fresca C1 Finocchi gratinatiD2 Frutta fresca

D2 Frutta fresca

A1 Passato di verdure

B1 Sformato con spinaci

C1 Fagiolini all'olio

A1 Pasta salsiccia e piselli (rosa)

B1 Prosciutto cotto

A1 Filini in brodo

CENA

A1 Grattini in brodo A1 Minestrone di riso

B1 Grana padano

CENA CENA

VENERDI'

B1 Prosciutto crudo

PRANZO

B1 Pizza ai funghi B1 Formaggio fontalA1 Passato di verdure

A1 Pasta al salmone e

zucchineB1 Cordon bleu B1 Polpette in umidoA1 Pasta all'ortolana

C1 Spinaci all'olio

A1 Minestrone cereali e legumi

CENA CENACENA CENA

D4 Yogurt alla frutta

C1 Bieta all'olio

B1 Bocc. di tacchino con aromi

B1 Arrosto di tacchino al latte

B1 Timballo di carne e spinaci

A1 Pasta al tonnoA1 Polenta al ragù

MERCOLEDI' DOMENICA

B1 Focaccia con mortadella

C1 Caponata di melanzane

C1 Patate contadina

C1 Macedonia di verdure C1 Piselli al prosciutto

D2 Frutta fresca

B1 Scaloppina al limone

C1 Bieta all'olio

A1 Crema ai funghi

D2 Frutta fresca

D4 Yogurt alla frutta

PRANZO

D3 Mela cotta D3 Mela cottaD3 Mela cotta

PRANZO

LUNEDI' MARTEDI'

A1 Minestra verde con avena

D2 Frutta fresca

CENA

A1 Risotto al radicchio

C1 Broccoli all'olio

D2 Frutta fresca

A1 Pasta alla boscaiola

A1 Crema di zucca A1 Minestrone con orzo

CENA

D1 Crostata all'albicocca

CENA

B1 Cotoletta di pesce

B1 Arista

D2 Frutta fresca

A1 Crema di piselli

B1 StracchinoB1 Hamburger alla caprese

CENA

PRANZOPRANZO

C1 Cavolfiore all'olio

PRANZO

B1 Pesce gratinato

PRANZOPRANZO PRANZO

A1 Pasta al tonno

GIOVEDI'MARTEDI'

A1 Pasta ai carciofi

C1 Finocchi dorati

MERCOLEDI'

CENA

B1 Tortino di patate

C1 Fagiolini all'olio

C1 Spinaci all'olio

4^ SETTIMANA

CENA

D1 Ananas sciroppata

B1 Totani con piselli B1 Coscia di pollo al limone

B1 Ricotta e marmellata

A1 Filini in brodo A1 Crema di carote e crudo

D2 Frutta fresca

CENA

A1 Passato di verdure

PRANZO

DOMENICA

B1 Cordon bleu

A1 Tortelloni burro e salvia

PRANZO

SABATO

PRANZO

D3 Mela cotta

D1 Torta yogurt e cioccolato

A1 Quadrucci in brodo

CENA

C1 Patate arrosto

CENA

A1 Gramigna pasticciata

D1 Torta di mele

B1 Pollo arrosto B1 Lombo in salsa verde

D2 Frutta fresca

A1 Pasta pomodoro e basilico A1 Zuppa imperiale

SABATO

C1 Padellata di verdure

D1 Pere sciroppate

B1 Prosciutto crudoB1 Uova sode e russa B1 Formaggio fontalB1 Bastoncini di merluzzo

D4 Yogurt alla fruttaD1 Macedonia sciroppata

C1 Cannellini in umidoC1 Patate prezzemolate

B1 Pizza margherita

D3 Mela cotta

B1 Straccetti pollo agli agrumi

A1 Polenta al ragù

C1 Fagiolini all'olio

B1 Stracchino

C1 Bieta gratinata

D4 Yogurt alla frutta

C1 Cavolfiore all'olio C1 Purè di carote C1 Zucchine al vapore

D3 Mela cotta

A1 Crema di zucchineA1 Minestrone con pasta A1 Passato di verdure A1 Crema di porri e patate A1 Minestrone

D2 Frutta fresca

C1 Carote dorate

C1 Cavolfiore all'olio

LUNEDI'

CENA CENA

VENERDI'

D4 Yogurt alla frutta

CENA

B1 Fesa di tacchino arrosto

B1 Polpette al forno C1 Finocchi all'olio C1 Carote all'olio

D1 Panna cottaC1 Zucchine all'olio

C1 Spinaci all'olio

CENA

VENERDI'GIOVEDI'

PRANZO

3^ SETTIMANA

MENU' INVERNALE 2017-2018

B1 Pizza margherita

C1 Mleanzane trifolate

D2 Frutta fresca

A1 Pasta al radicchio A1 Risotto pancetta e zucchine

D1 Pesche sciroppate

CENA

B1 Cotoletta alla bolognese

C1 Broccoli all'olio

C1 Zucchine all'olio

D2 Frutta fresca

A1 Pasta al ragù bianco ed

erbette

PRANZO PRANZO

6

Figura 1: Esempio di menu invernale stagione 2017/2018

B1 Salsiccia di Pollo al Forno

A1 Pasta Pomodoro e BasilicoB1 Bocconcini di Pollo al

BalsamicoB1 Coscia di Pollo Arrosto

A1 Pasta al Ragù Bianco e

Melanzane

CENA

D1 Creme Caramel

A1 Risotto alla Milanese

B1 Prosciutto Cotto

C1 Patate Prezzemolate

MARTEDI'LUNEDI'

e Rucola

D2 Frutta fresca

C1 Fagiolini all'olio

D3 Mela cotta

B1 Bastoncini di PesceB1 Focaccia Stracchino

CENA CENA

D3 Mela cotta

B1 Prosciutto Cotto

A1 Gnocchi Burro e Salvia

D1 Pere sciroppate

B1 Spezzatino di Suino agli

Aromi

GIOVEDI'

B1 Prosciutto Crudo

A1 Pasta alle Melanzane A1 Pasta Prosciutto e Funghi

C1 Tris di Verdure

D4 Yogurt alla frutta D3 Mela cotta

PRANZO

C1 Broccoli al Vapore

PRANZO

DOMENICA

C1 Macedonia di Verdure

MENU' ESTIVO 2017 in vigore dal 15/05/17

B1 Polpettone

C1 Pomodori all'OriganoC1 Cavolfiore al Vapore

A1 Pasta alla Pescatora

A1 Filini in Brodo

DOMENICA

CENA

C1 Patate alla ContadinaC1 Zucchine Trifolate

A1 Minestra verde con OrzoA1 Crema di PiselliA1 Crema di Patate e Speck

C1 Fagiolini al Vapore

A1 Minestrone

MERCOLEDI' GIOVEDI' VENERDI'

C1 Spinaci Gratinati

A1 Pasta al Tonno

PRANZO

C1 Padellata di Verdure

D2 Frutta fresca

CENA

D2 Frutta fresca

D2 Frutta fresca

B1 Pizza ai Funghi

B1 Arrosto di tacchino

C1 Zucchine Trifolate

B1 Pesce Gratinato

C1 Melanzane Grigliate

D2 Frutta fresca

1^ SETTIMANA

MARTEDI' SABATO

A1 Passato di Verdure

C1 Bietola Gratinata

PRANZO

PRANZO

C1 Finocchi Gratinati

A1 Risotto agli AsparagiB1 Cordon Bleu B1 Filetto di Passera alle Olive

B1 Insalata con Tonno e Fagioli

D3 Mela cotta

MERCOLEDI'

D1 Ananas sciroppata

C1 Melanzane Prezzemolate

PRANZO PRANZO PRANZO

CENA CENA

VENERDI'

B1 Pizza Margherita

PRANZO

CENA

PRANZO

A1 Pasta Speck e Rucola

D2 Frutta fresca

A1 Ravioli di Ricotta Burro

e OroB1 Medaglione e Formaggio

D1 Gelato

B1 Lombo in Salsa Verde

C1 Carote Dorate

CENA

D1 Gelato

C1 Patate al Forno

D2 Frutta fresca

LUNEDI'

2^ SETTIMANA

B1 Grana Padano

C1 Bietola Gratinata

D4 Yogurt alla frutta

SABATO

B1 Timballo di Carne e Verdure B1 Tortino di Ricotta

CENA

C1 Fagioli Spagna Prezzemolati

A1 Tagliatelle al Ragù

PRANZO PRANZO PRANZOPRANZO

CENA CENA

D2 Frutta fresca C1 Macedonia di Verdure

C1 Spinaci all'Olio

A1 Minestrone con Riso A1 Passato di VerdureA1 Crema di Asparagi

C1 Macedonia sciroppata D3 Mela cotta

CENA

A1 Pasta, Ceci e Rosmarino

C1 Fagiolini con Pomodoro

B1 Ricotta e marmellata

C1 Broccoli al Vapore C1 Piselli al Prosciutto

B1 Rotolo di Uova Farcito

D3 Mela cotta

B1 Fesa di Tacchino

C1 Pomodori all'Origano

A1 Pastina in Brodo

D4 Yogurt alla frutta

D4 Yogurt alla frutta

C1 Carote Prezzemolate

D2 Frutta fresca

B1 Scaloppina al Limone A1 Pasta al Pesto Genovese

B1 Bocconcini di Tacchino con

PatateD1 Torta paesana

CENA

A1 Quadretti in Brodo

B1 Lombo al latteA1 Pasta al Ragù Bianco

D1 Pesche sciroppate

A1 Grattini in Brodo A1 Minestrone con Farro

D2 Frutta fresca

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Figura 2: Esempio di menù estivo stagione 2017/2018

Il passaggio da un menù all’altro può essere anticipato o posticipato di qualche giorno in relazione

al clima. Dovrà essere rispettata la stagionalità degli alimenti per garantire l’introduzione di tutti i

nutrienti dal punto di vista qualitativo.

Sostanzialmente le pietanze proposte, seguendo la cultura italiana, saranno semplici, vari e nel

rispetto delle tradizioni locali e dei gusti personali. Inoltre, vengono considerate le difficoltà di

masticazione e le ridotte funzionalità digestive, assicurando una dieta equilibrata e completa nei

principi nutritivi. Il menù prevede scelte alimentari alternative per soddisfare le esigenze del

paziente, come ad esempio il consumo di carne omogeneizzata o tritata, formaggio fresco, ecc.

Quindi si dovrà tenere conto di scelte alternative fisse (uguali per tutti i giorni) in aggiunta ai piatti

del giorno:

- pastina in brodo, semolino, passato di verdure, pasta o riso all'olio o al pomodoro per i primi

piatti;

- pollo lesso o petto di tacchino ai ferri, prosciutto, formaggio, omogeneizzati per i secondi piatti;

- contorno del giorno omogeneizzato, patate o carote lesse, insalata per contorni;

B1 Scaloppine Pizzaiola

D2 Frutta fresca

A1 Risotto Pomo e Basilico

B1 Insalata di Tonno e Ceci

CENA

C1 Tris di Verdure

PRANZO

A1 Pasta Zucchine e Zafferano

B1 Pollo arrosto

C1 Carote PrezzemolateC1 Bietola all'olio

D3 Mela cotta

D2 Frutta fresca

B1 Cordon Bleu

A1 Pasta all'Ortolana

A1 Pasta Speck e Radicchio

B1 Spezzatino Suino alle Erbe

B1 Braciola di Suino alla Salvia

PRANZOPRANZO

D2 Frutta fresca

CENA

D2 Frutta fresca

C1 Finocchi Gratinati

C1 Patate al Forno

CENA

C1 Patate Lesse

D1 Mousse al limone

C1 Broccoli al Vapore

CENA

D4 Yogurt alla frutta

B1 Involtino di Cotto e Formaggio

3^ SETTIMANA

A1 Pasta alla Marinara

MENU' ESTIVO 2017 in vigore dal 15/05/17

LUNEDI'

PRANZO PRANZO

D2 Frutta fresca

CENACENA

A1 Tagliatelle al RagùA1 Pasta al Pesto Genovese

VENERDI'

A1 Tortelloni al Ragù

B1 Bocconcini di Tacchino

agli Asparagi

D1 Gelato

DOMENICA

B1 Pizza Margherita

C1 Fagiolini all'olio

D3 Mela cotta

MERCOLEDI' GIOVEDI'

PRANZO PRANZO

SABATO

C1 Zucchine al Vapore

D4 Yogurt alla fruttaD1 Ananas sciroppata

C1 Padellata di verdureC1 Spinaci Lessati

D3 Mela cotta D1 Pere sciroppate

B1 Prosciutto Crudo

C1 Cavolfiore al Vapore

DOMENICA

B1 Pollo Arrosto

C1 Piselli al Prosciutto C1 Patate Lesse

PRANZO PRANZO

A1 Risotto alle verdure

PRANZO

A1 Pasta al Pesto Rose'

D1 Gelato

A1 Cannelloni alle Erbette

B1 Polpette al Latte

C1 Pomodori all'Origano C1 Patate alla Contadina

CENACENA

B1 Fesa di Tacchino (fredda)A1 Pasta, Ceci e Crudo

B1 Frittata agli SpinaciA1 Crema d'Asparagi

D2 Frutta fresca

D2 Frutta fresca

D1 Pesche sciroppate D4 Yogurt alla frutta

B1 Pizza Margherita

D3 Mela cottaD3 Mela cotta

C1 Spinaci all'Olio

A1 Passato di VerdureA1 Minestrone con Farro A1 Pastina in BrodoB1 Prosciutto CottoB1 Flan di Pesce

e Fontina

C1 Zucchine al Vapore D1 Macedonia sciroppata

A1 Filini in Brodo

C1 Macedonia di Verdure

CENA

D4 Yogurt alla frutta

C1 Broccoli al VaporeD2 Frutta fresca

A1 Pasta Pomo, Ricotta e Basilico

B1 Ricotta al Forno

C1 Finocchi Gratinati

C1 Carote Dorate

CENA CENA

D2 Frutta frescaD2 Frutta fresca D1 Torta di mele

A1 Crema di Funghi

C1 Bietola GratinataC1 Fagiolini all'Olio

VENERDI' SABATO

B1 Bocconcini di Tacchino ai

Peperoni

B1 Lombo Tonnato

PRANZO PRANZO PRANZO

B1 Lombo Rucola e Grana B1 Medaglione di Pesce

C1 Pomodori all'Origano

4^ SETTIMANA

LUNEDI' MARTEDI'

C1 Fagiolini al Vapore

B1 Tortino di Patate B1 Totano con Piselli

D3 Mela cotta

C1 Padellata di Verdure

A1 Quadretti in Brodo

PRANZO

B1 Arista

C1 Cavolfiore al Vapore

CENA

B1 Emmenthal

A1 Crema Porri e Patate

MERCOLEDI' GIOVEDI'

B1 Focaccia Mortadella

A1 Pasta Ragù di Pollo e Zucchine A1 Pasta Tonno, Olive e Basilico

B1 Pesce Gratinato

CENA CENA

A1 Minestra Verde con Orzo A1 Crema di Carote A1 Minestrone con Riso A1 Pastina in BrodoA1 Passato di Verdure

MARTEDI'

8

- mela cotta o polpa di frutta.

La giornata prevede tre pasti principali (colazione, pranzo e cena), uno spuntino pomeridiano che

consiste in un apporto di liquidi (ad esempio bevande calde) per assicurare un adeguata idratazione,

spesso carente nell’anziano.

Il menù del giorno viene esposto in modo visibile agli ospiti e ai familiari e i pasti dovranno essere

serviti ad orari regolari rispettando le abitudini dell’utente, compatibilmente con l'organizzazione

del servizio (colazione alle 7.30 circa; pranzo alle 12.00; cena alle 18.00).

Per consentire il mantenimento di buone condizioni di salute, è importante fornire un apporto

energetico adeguato alle proprie necessità. Pertanto sono stati presi in considerazione gli apporti

energetici medi relativi dei LARN (Livelli di Assunzione Giornalieri Raccomandati di Energia e

Nutrienti per la Popolazione Italiana) e dalle Linee Guida per una sana alimentazione. Gli apporti

energetici giornalieri in soggetti di media statura e in buono stato di salute, rispettivamente per le

fasce di età superiori a 60 anni, si aggirano alle 1930 Kcal per il sesso maschile e 1790 Kcal per il

sesso femminile. I vari principi nutritivi dovranno rispettare le percentuali sotto indicate:

➢ Calorie: 1800-2200

➢ Proteine: circa il 15-20 % delle calorie totali

➢ Lipidi: circa il 25-30 % delle calorie totali

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➢ Glucidi: circa il 55-60 % delle calorie totali

La giornata alimentare dovrà essere così articolata:

• Colazione: circa il 20% delle calorie totali giornaliere

• Pranzo: circa il 40% delle calorie totali giornaliere

• Cena: circa il 40% delle calorie totali giornaliere

• Spuntino (il calcolo della giornata alimentare non prevede i fuori pasto, ordinabili

separatamente).

Nell'ottica della varietà dei pasti e di un'adeguata rotazione delle fonti proteiche, si riporta la

cadenza settimanale consigliata per i secondi piatti:

- 3-4 volte carne

- 2-3 volte pesce

- 2-3 volte formaggio (preferibilmente fresco)

- 1-2 volte uova (tali quali o come ingredienti di piatti unici, per un consumo massimo equivalente

a n°2 uova) (tener presente comunque anche quando si utilizzano le uova come ingredienti,

esempio pasta all'uovo, dolci, ecc.)

- 1-2 volte salumi (prosciutto crudo o cotto,…)

- 1-2 volte legumi e cereali (piselli, fagioli, lenticchie,...).

Ad ogni pasto viene servita una porzione di verdura cruda o cotta e frutta fresca, variando la

tipologia e cercando di rispettare la stagionalità per garantire un maggior contenuto in sostanze

nutritive e minore necessità di intervento chimico con i pesticidi, oppure polpe di frutta o mela

cotta. L'utilizzo di frutta sciroppata sarà prevista solo due volte la settimana, che non andrà servito

al paziente avente alterazioni della glicemia.

In occasione di particolari festività (Immacolata, Natale, 1° dell’anno, Pasqua,… ) è buona norma

rispettare le tradizioni culinarie e realizzare piatti tipici, per soddisfare le aspettative dell'ospite. Al

di fuori delle suddette ricorrenze, nel corso dell'anno è indicato servire il dolce, previsto due volte

nell’arco della settimana (domenica e un giorno in settimana che solitamente è il mercoledì) in

sostituzione della frutta, qualora non siano presenti patologie quali ad es. il diabete.

Per ogni pasto va sempre garantita la presenza di acqua. Tra le bevande non viene considerato il

vino, che sarà offerto solo a coloro che non presentino controindicazioni e che naturalmente lo

gradiscano. Il vino non è stato compreso nelle quote caloriche sopra indicate, ma si può considerare

accettabile l'aggiunta di 1 bicchiere al giorno, massimo 2 (un bicchiere piccolo di vino corrisponde

a 125 ml), tenendo conto che nella persona anziana i sistemi di metabolizzazione dell'alcool sono

meno efficienti. Inoltre, tra le bevande sono previste quelle calde erogate dal distributore

10

automatico (orzo, caffè, the, camomilla, latte), ma essendo già zuccherate e per ovviare alle

problematiche che può incorrere ad esempio un paziente diabetico o per scelte gustative, vengono

anche somministrati the e/o camomilla in filtro.

Va precisato che, nei casi in cui l'utente debba seguire una dieta personalizzata, le indicazioni

dietetiche dovranno essere stabilite dal medico curante o dalla struttura e sarà compito della dietista

di riferimento dell’azienda Amedea Servizi la sua gestione, supervisionando e istruendo il

personale di cucina. Ella, per far in modo che le preparazioni risultino il più possibili omogenee e

similari da un operatore all’altro, ha redatto un ricettario dove vengono specifiche le grammature

di tutti gli ingredienti (indicate a crudo al netto degli scarti e si riferiscono al singolo ospite), i

macronutrienti le Kcal che compongono la pietanza e i possibili allergeni (contrassegnati con

colori differenti). Le grammature vanno interpretate in maniera indicativa, sia perché la resa

dell'alimento dipende da diverse variabili connesse al sistema di produzione del pasto (scelta della

materia prima, modalità di stoccaggio, di preparazione e cottura ecc.), sia per l'estrema

eterogeneità degli ospiti per sesso, età e condizioni fisiche, come già evidenziato. Nel caso di ospiti

allettati non più autosufficienti, le grammature saranno inferiori, dato che non svolgono attività

fisica di alcun genere.

3. PREPARAZIONE DEL PASTO GIORNALIERO

Per accrescere l'appetibilità di un paziente, è importante diversificare le modalità di preparazione

dei cibi, utilizzando verdure, ortaggi ed erbe aromatiche in quantità variabile per insaporire i cibi,

limitando così l’uso di sale. Infatti, uno stesso alimento, aromatizzato ad esempio al prezzemolo,

al basilico o all’origano, avrà un sapore molto diverso e sarà più gustoso.

Le preparazioni devono essere facilmente digeribili, date le condizioni di salute e l’età dell’utente,

quindi i condimenti da usare sono preferibili a crudo e a fine cottura. Ricordiamo l’utilizzo

dell’olio di oliva piuttosto che il burro, il quale dovrà essere limitato sulla quantità e frequenza.

Per i primi asciutti è previsto un condimento “del giorno” che sarà più elaborato rispetto alle

alternative che saranno più semplici (pasta o riso al sugo di pomodoro o all’olio). Oltre alle scelte

asciutte sono sempre presenti passato di verdure, pastina in brodo e semolino.

Da non tralasciare le modalità di cottura, preferite al forno, arrosto o al vapore, in quanto

consentono di limitare l’uso di condimenti e a preservare il più possibile il valore nutritivo ed

organolettico dei cibi.

11

Può essere utile l’aggiunta di modiche quantità di liquidi (in particolare nella cottura delle carni)

quali brodo vegetale, latte parzialmente scremato, succo di limone, salsa di pomodoro, a seconda

della preparazione da realizzare. Per le verdure è importante, ai fini del valore nutritivo, cuocerle

al vapore oppure in poca acqua bollente per tempi brevi. Inoltre si può riutilizzare l'acqua stessa

di cottura, ricca di sali e vitamine, per la preparazione di minestre e risotti.

L’uso di teglie antiaderenti, di carta forno oppure di spray staccante consente di limitare l’utilizzo

di grassi di condimento, particolarmente indicate nella cottura al forno di alimenti impanati, di

frittate, sformati, ecc.

Infine è importante che le pietanze, una volta cotte, risultino di consistenza piuttosto morbida in

considerazione del fatto che la maggior parte dell’utenza ha difficoltà di masticazione. Da

considerarsi altrettanto importante è il ruolo e la valenza terapeutica della dietoterapia nella cura

di patologie specifiche; le quali seguono protocolli terapeutici in cui sono previsti apporti

differenziati di macro- e micronutrienti da valutarsi, sia in base alle diverse patologie del soggetto,

sia in base alle diverse esigenze nutrizionali. In altri casi invece la dietoterapia è da considerarsi

essenziali, come nel caso delle allergie alimentari diagnosticate secondo metodiche scientifiche

convalidate; essa deve essere approntata con la massima attenzione secondo protocolli specifici e

personalizzati e su prescrizione medica.

12

4. ALLERGIE ED INTOLLERANZE ALIMENTARI

Le allergie ed intolleranze alimentari sono meglio definite come reazioni avverse agli alimenti,

ovvero manifestazioni cliniche indesiderate ed impreviste relative all’assunzione di un alimento.

Le reazioni avverse agli alimenti (fig. 1) possono essere classificate in:

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• Tossiche: contaminazione batterica (es. sindrome sgombroide), contaminazione da tossine,

contaminazione da sostanze chimiche di sintesi.

• Non tossiche (da ipersensibilità): - reazioni immunomediate

• IgE mediate (allergie alimentari);

• miste (IgE /cellulo mediate) es. gastroenteropatie eosinofile;

• non IgE mediate (enterocolite da proteine alimentari, celiachia, sindrome sistemica da

nichel); - reazioni non immunomediate (intolleranze alimentari).

Le allergie alimentari sono definite come reazioni avverse derivanti da una specifica risposta

immunitaria riproducibile alla riesposizione ad un determinato cibo (3). Le allergie alimentari

includono:

✓ reazioni IgE-mediate o reazioni di ipersensibilità immediata (reazioni di tipo I secondo

Gell e Coombs);

✓ reazioni non IgE-mediate o reazioni di ipersensibilità ritardata (reazioni di tipo IV secondo

Gell e Coombs);

✓ reazioni miste, IgE- e non IgE-mediate.

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I diversi meccanismi immunologici alla base delle allergie alimentari determinano un

polimorfismo clinico. Infatti, le allergie IgE-mediate sono tipicamente ad esordio acuto dopo il

challenge con l’alimento, le reazioni cellulo-mediate, invece, hanno un esordio ritardato; le

reazioni miste IgE-mediate/cellulo-mediate, infine, sono ad esordio immediato o ritardato. Le

reazioni allergiche si manifestano in seguito all’assunzione per via orale dell’alimento verso il

quale il soggetto è sensibilizzato, ma possono manifestarsi anche in seguito al contatto cutaneo o

all’inalazione dell’odore dell’alimento. L’allergia IgE mediata (tipo I) è l’unica veramente

pericolosa per la vita; essa implica una prima fase di sensibilizzazione, quando l’organismo viene

a contatto con l’allergene e non riconoscendolo come appartenente a sé, lo etichetta come

pericoloso e inizia a produrre anticorpi specifici di classe E (IgE). Così, ogni volta che l’organismo

entrerà in contatto con l’antigene verso cui è sensibilizzato, si scatenerà rapidamente una reazione

allergica che, in casi estremi, può causare uno shock anafilattico. È importante ricordare che la

sensibilizzazione ad un alimento non vuol dire allergia e i fattori che determinano concrete

manifestazioni cliniche in soggetti sensibilizzati sono complessi e relativi sia al soggetto (ad

esempio livello di IgE e reattività d’organo) sia all’allergene (ad esempio digeribilità, labilità e

concentrazione) (3). Secondo dati epidemiologici le allergie alimentari (AA) interessano il 5% dei

bambini di età inferiore a tre anni e circa il 4% della popolazione adulta (4). Nella popolazione

generale il concetto di “allergia alimentare” risulta molto più diffuso (circa il 20% della

popolazione ritiene di essere affetta da allergie alimentari). Per quanto riguarda l’età pediatrica, è

stato recentemente osservato un significativo incremento della prevalenza in questa fascia di età,

in generale più interessata rispetto a quella adulta da allergopatie. Le allergie alimentari

“percepite”, tuttavia, non sono sempre reali: i dati di autovalutazione, che riportano un’incidenza

compresa tra il 12,4% e il 25%, sarebbero confermati dal Test di Provocazione Orale (TPO) solo

nell’1,5-3,5% dei casi. Le allergie alimentari possono manifestarsi con sintomi immediati o

ritardati. Nel primo caso i sintomi insorgono da pochi minuti a poche ore (in genere, massimo due

ore) dall’ingestione dell’alimento offending; nel secondo caso intercorrono almeno due ore

(eccezionalmente prima) tra l’ingestione dell’alimento e la comparsa della sintomatologia.

L’espressione clinica può variare sensibilmente da grado lieve fino a forme severe (anafilassi) e

coinvolgere più organi (cute, apparati gastrointestinale, respiratorio e cardio-circolatorio).

Per quanto riguarda le allergie alimentari, i test diagnostici disponibili sono:

a) prove allergologiche cutanee (prick test, prick by prick, patch test);

b) test sierologici per la ricerca di IgE totali (PRIST) e specifiche (mediante ImmunoCAP o

RAST); • diagnostica molecolare;

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c) Test di Provocazione Orale (TPO) in doppio cieco contro placebo.

Il prick test per la diagnosi di allergie alimentari è un test sensibile e specifico, relativamente

semplice nella sua esecuzione, di basso costo ed a lettura immediata; si effettua utilizzando estratti

allergenici purificati del commercio (prick test) oppure con alimenti freschi, in particolare del

mondo vegetale (prick by prick o prick to prick). Quest’ultima metodica consente di testare

alimenti che, individualmente, sono considerati possibile causa di disturbi e che non sono

disponibili in commercio come estratti, ma anche per poter testare molecole altrimenti alterate

dalle procedure di estrazione. I test sierologici supportano il sospetto di reazione IgE mediata agli

alimenti, ma non sono decisivi per l’esclusione di un alimento dalla dieta, né risultano più sensibili

o specifici dei test cutanei. Tali test devono essere utilizzati come prima indagine in caso di

dermatiti estese, di trattamento cronico con antistaminico, situazioni che rendono i test cutanei non

eseguibili. È importante sottolineare che in presenza di una storia clinica suggestiva la negatività

degli Skin Prick Test (SPT) e/o delle IgE specifiche deve essere interpretata anche considerando

la possibilità di un’allergia alimentare non IgE-mediata. Gli estratti allergenici, ma anche gli

alimenti freschi, utilizzati nell’ambito dei test sopra citati sono per la gran parte miscele di più

proteine allergeniche. Questo è la causa potenziale di una certa variabilità di concentrazione delle

singole proteine allergeniche da un lotto all’altro; inoltre, comporta il fatto che la positività di un

test con estratti (o con un alimento fresco) non indica quale proteina presente nella fonte

allergenica sia responsabile della sensibilizzazione. In altre parole, un test negativo con un buon

estratto o con un alimento fresco esclude la sensibilizzazione a quella fonte allergenica, mentre un

test positivo ci dice che il paziente è sensibilizzato, ma non fornisce indicazione su quale sia

l’allergene. Questo può costituire un grande problema nel campo delle allergie alimentari.

L’avvento delle nanotecnologie e della biologia molecolare ha portato all’identificazione,

sequenziazione, caratterizzazione e clonazione di un gran numero di molecole allergeniche e delle

loro isoforme. Queste ultime possono essere utilizzate al fine di individuare la risposta IgE mediata

verso componenti singoli degli alimenti (es. profilina, LTP), distinguere fra le sensibilizzazioni

“vere” (a rischio maggiore di reazioni avverse importanti) e co-sensibilizzazioni (a rischio minore

di reazioni importanti, come la sindrome orale allergica) ed indicare, quindi, il livello di rischio

verso reazioni più o meno gravi per il singolo paziente.

Le intolleranze alimentari consistono in reazioni indesiderate ed improvvise scatenate

dall’ingestione di uno o più alimenti, con sintomi molto simili alle allergie alimentari,

caratterizzate da meccanismi non immunomediati e dose dipendenti. Esse devono, pertanto, essere

distinte dalle allergie alimentari, definite come reazioni avverse derivanti da una specifica risposta

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immunitaria riproducibile alla riesposizione ad un determinato cibo (3). Le intolleranze alimentari

includono:

• reazioni enzimatiche, determinate cioè dalla carenza o dalla assenza di enzimi necessari a

metabolizzare alcuni substrati (ad es. l’intolleranza al lattosio, favismo);

• reazioni farmacologiche, ossia risposte a componenti alimentari farmacologicamente attivi, come

le ammine vasoattive (ad es. tiramina, istamina e caffeina) contenute in pesce, cioccolato e prodotti

fermentati, oppure le sostanze aggiunte agli alimenti, (ad es. coloranti, additivi, conservanti

aromi);

• reazioni indefinite, ossia risposte su base psicologica o neurologica (ad es. “food aversion” o

rinorrea causata da spezie) (5)

Spesso sono associate a condizioni cliniche diverse, in particolare patologie legate al distretto

gastrointestinale (IBS, gastrite, reflusso gastroesofageo, litiasi della colecisti). La diagnosi può

essere difficoltosa per la mancanza di metodi diagnostici standardizzati e validi. Le intolleranze

alimentari si manifestano con sintomi e segni prevalentemente localizzati a carico dell’apparato

gastrointestinale e consistono in gonfiore addominale, alterazione dell’alvo, dispepsia, dolori

addominali, vomito; possono essere coinvolte anche la cute e le mucose con comparsa di rush

eritematoso, prurito, orticaria. Meno frequentemente possono essere presenti difficoltà

respiratoria, alterazioni pressorie, sincope e cefalea; tali sintomi, manifestandosi con minore

frequenza risultano meno attribuibili alla sintomatologia dell’intolleranza alimentare. In generale,

le manifestazioni cliniche di intolleranza alimentare sono meno gravi rispetto a quelle tipiche delle

allergie alimentari. A differenza dei soggetti allergici, che devono condurre una rigida dieta di

eliminazione dell’alimento verso il quale sono sensibilizzati, i soggetti intolleranti possono

assumere piccole quantità dell’alimento, senza sviluppare alcun sintomo (6).

5. GESTIONE DEGLI ALLERGENI

All’interno della ristorazione collettiva occorre: identificare i potenziali pericoli e saper gestire

correttamente gli allergeni. È ancora in discussione da parte degli esperti se, nell'ambito dello

studio HACCP, le problematiche connesse agli allergeni siano da trattare tra i pericoli chimici o

se invece, linea maggiormente adottata, debbano essere considerati a parte. Qualunque sia la scelta

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nell'identificazione dei pericoli, le difficoltà si pongono, non tanto per le sostanze indicate dal Reg.

UE 1169/11 e inserite nella formulazione dell'alimento in qualità di ingredienti (è obbligatorio

evidenziarle in etichetta), quanto per le possibili contaminazioni crociate da parte di altre sostanze

allergeniche il cui impiego non è previsto in quel prodotto alimentare ma in altri lavorati nello

stesso stabilimento o portate dai fornitori o dagli stessi consumatori. La direttiva allergeni non

disciplina le ipotesi di contaminazione accidentale, con sostanze allergeniche, di un alimento nella

cui produzione non siano stati utilizzati ingredienti contenenti sostanze allergeniche o loro derivati

(cross-contamination). Tale rischio, in effetti, dovrebbe venire considerato nell'ambito delle

procedure di autocontrollo aziendale, secondo il metodo HACCP. È corretto, pertanto, censire tutti

gli ingredienti richiedendo ai fornitori un'analisi approfondita in relazione all'effettiva

composizione delle materie utilizzate. Una volta identificate le sostanze allergeniche presenti nel

ciclo produttivo sarà possibile valutare quale pericolo effettivo esse possano rappresentare. A

partire dal 13 dicembre 2014, in Italia è entrato in vigore il regolamento europeo n. 1169/2011 del

25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori. Il regolamento

modifica le disposizioni esistenti che disciplinano l’etichettatura degli alimenti nell’Unione al fine

di consentire al consumatore di adottare decisioni in piena conoscenza di causa e di utilizzare gli

alimenti in modo sicuro, garantendo al tempo stesso la libera circolazione degli alimenti

legalmente prodotti e commercializzati. In buona sostanza il regolamento coinvolge, con le sue

disposizioni, tutta la filiera alimentare dalla produzione, alla commercializzazione ed alla

somministrazione. In questi giorni l’attenzione mediatica si sofferma in particolare sull’art. 9,

comma 1, lettera c) che prevede come obbligatoria l’indicazione di qualsiasi ingrediente che

provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e

ancora presente nel prodotto finito. Le sostanze o prodotti che provocano allergie o intolleranze

sono indicati nell’allegato II al regolamento:

• Cereali contenenti glutine cioè grano, segale, orzo, avena, farro, kamut (o i loro ceppi

ibridati) e prodotti derivati tranne:

a) sciroppi di glucosio a base di grano, incluso destrosio ( 1 );

b) maltodestrine a base di grano ( 1 );

c) sciroppi di glucosio a base di orzo;

d) cereali utilizzati per la fabbricazione di distillati alcolici, incluso l’alcol etilico di origine

agricola.

• Uova e prodotti derivati;

• Molluschi, crostacei e prodotti derivati;

18

• Pesce e prodotti derivati, tranne:

a) gelatina di pesce utilizzata come supporto per preparati di vitamine o carotenoidi;

b) gelatina o colla di pesce utilizzata come chiarificante nella birra e nel vino.

• Arachidi e prodotti derivati;

• Soia e prodotti derivati tranne:

a) olio e grasso di soia raffinato;

b) tocoferoli misti naturali (E306), tocoferolo D-alfa naturale, tocoferolo acetato D-alfa

naturale, tocoferolo succinato

c) D-alfa naturale a base di soia;

d) oli vegetali derivati da fitosteroli e fitosteroli esteri a base di soia;

e) estere di stanolo vegetale prodotto da steroli di olio vegetale a base di soia.

• Latte e prodotti derivati; (compreso il lattosio) tranne:

a) siero di latte utilizzato per la fabbricazione di distillati alcolici, incluso l’alcol etilico di

origine agricola;

b) lattiolo.

• Frutta a guscio cioè mandorle (Amygdalus communis L.), nocciole (Corylus avellana),

noci (Juglans regia), noci di acagiù (Anacardium occidentale), noci di pecan [Carya

illinoinensis (Wangenh.) K. Koch], noci del Brasile (Bertholletia excelsa), pistacchi

(Pistacia vera), noci macadamia o noci del Queensland (Macadamia ternifolia), e i loro

prodotti, tranne per la frutta a guscio utilizzata per la fabbricazione di distillati alcolici,

incluso l’alcol etilico di origine agricola.

• Sedano e prodotti derivati;

• Semi di sesamo e prodotti derivati;

• Anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/litro in termini di

SO 2 totale da calcolarsi per i prodotti così come proposti pronti al consumo o ricostituiti

conformemente alle istruzioni dei fabbricanti.

• Lupino e prodotti a base di lupino.

Secondo la L 304/43 del 22 novembre 2011 pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione

europea, in particolare l’art. 21 del regolamento precisa che, in caso di presenza di un elenco di

ingredienti la denominazione della sostanza o del prodotto figurante nell’allegato II va evidenziata

attraverso un tipo di carattere chiaramente distinto dagli altri ingredienti elencati, per esempio per

dimensioni, stile o colore di sfondo.

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In mancanza di un elenco di ingredienti le indicazioni devono includere il termine “contiene”

seguito dalla denominazione della sostanza o del prodotto figurante nell’elenco dell’allegato II.

Gli Stati membri hanno la possibilità di adottare misure nazionali che vanno a meglio dettagliare

le modalità applicative delle disposizioni del regolamento, in assenza delle quali gli adempimenti

a carico degli operatori della filiera alimentare saranno burocraticamente i più onerosi.

Ad oggi l’Italia non ha adottato alcuna misura.

CEREALI

Allergene: Cereali contenenti glutine (avena, grano, farro, kamut, orzo, segale o i loro ceppi

ibridati)

Prevalenza delle allergie e gravità

La Celiachia o intolleranza al glutine è il risultato di una reazione che si sviluppa nell’organismo

in seguito all’assunzione di glutine, proteina presente in diversi cereali. L’avena contiene una

proteina analoga che può causare problemi simili.

Il glutine causa nell’intestino una infiammazione che comporta una profonda alterazione delle

pareti intestinali e, di conseguenza, una compromissione dell’assorbimento del cibo e dello stato

nutrizionale del soggetto.

Il Codex Alimentarius europeo ha stabilito che per le produzioni glutine- free, prodotte da cereali

contenenti glutine, la quantità dell’allergene presente nel prodotto non deve essere superiore a 200

parti per milione (ppm).

Questo standard non si applica a prodotti composti da ingredienti che non contengono glutine in

natura, in cui è stato proposto un massimo di 20 ppm.

UOVA

Allergene: proteine dell’uovo

Prevalenza delle allergie e gravità

L’allergia all’uovo, soprattutto all’albume d’uovo, è una delle forme di allergia più comuni nel

bambino; si manifesta all’incirca nel 5% dei soggetti di età inferiore ai 2 anni., ma si riduce

spontaneamente con l’accrescimento.

I sintomi si presentano più frequentemente dopo l’ingestione di uova crude, soprattutto

dell’albume, mentre negli stessi soggetti l’ingestione di uova cotte può non provocare alcun

disturbo, la cottura, infatti, modifica alcune proteine dell’uovo rendendolo meno allergenico.

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La carne di pollo contiene piccole quantità di ovoalbumina e ovo transferrina, ma si ritiene che gli

individui allergici all’uovo possano tollerare il pollo cotto essendo le 2 proteine termolabili.

MOLLUSCHI E PRODOTTI DERIVATI

Allergene: proteine dei molluschi e prodotti derivati

Prevalenza delle allergie e gravità

Quella ai molluschi spesso le persone sensibili manifestano gravi reazioni allergiche anche in

seguito all’ingestione di piccole quantità di alimento.

Per i soggetti sensibili sono sufficienti piccole quantità (per causare gravi forme allergiche.

CROSTACEI

Allergene: Crostacei (aragoste, astici, granchi, gamberetti, scampi)

Prevalenza delle allergie e gravità

Quella ai crostacei è un’allergia abbastanza comune; spesso le persone sensibili manifestano gravi

reazioni allergiche anche in seguito all’ingestione di piccole quantità di alimento; alcuni individui

con allergia ai crostacei, inoltre, possono presentare dei sintomi clinici indesiderati anche dopo

ingestione di molluschi.

Per i soggetti sensibili sono sufficienti piccole quantità (es. 3 o 4 scampi di medie dimensioni) per

causare gravi forme allergiche.

n. 1 – gennaio 2009

PESCE

Allergene: proteine del pesce

Prevalenza delle allergie e gravità

L’allergia al pesce può manifestarsi nei confronti di qualsiasi tipologia di pesce o solamente verso

alcune specie ittiche, è più comune negli adulti rispetto ai bambini ed è particolarmente frequente

nei paesi scandinavi e nordeuropei, dove il consumo di questo alimento risulta maggiore.

Le manifestazioni cliniche, che interessano principalmente l’apparato respiratorio, possono a volte

essere legate alla presenza nel pesce di elevati livelli di istamina o alla presenza di Anisakis

simplex, parassita che può ritrovarsi in numerosi pesci di mare.

Sono state osservate reazioni conseguenti sia ad ingestione sia a manipolazione di pesce infetto,

che vanno dalla sindrome orticaria, all’angioedema alla “protein contact dermatitis”, alla rinite o

rinocongiuntivite, all’asma, allo shock anafilattico, alla dermatite “airborne” (dovuta al contatto

con gli allergeni di Anisakis simplex dispersi nell’aria in vicinanza di sedi di lavorazione di pesce

21

parassitato). La diffusione del parassita fra i pesci e l’esiguità dei lavori pubblicati fanno ritenere

che la sua importanza allergologica sia stata finora sottostimata.

ARACHIDI

Allergene: Arachidi

Prevalenza delle allergie e gravità

L’allergia alle arachidi è un’allergia emergente e potenzialmente pericolosa.

Fino a non molti anni or sono era considerata un problema strettamente americano e del Regno

Unito, oggi l’allergia alle arachidi si sta diffondendo anche nel vecchio continente ed aumentano

vertiginosamente le segnalazioni di reazioni allergiche, si tratta ormai di una delle principali

allergie del bambino, spesso gravi e talora mortali.

È un’allergia che si presenta precocemente nell’infanzia (nel 92% dei casi tra 1 e 7 anni), con una

incidenza media dell’11,8%, al terzo posto dopo latte e uova. A differenza di queste ultime che

tendono prevalentemente a scomparire con il tempo, l’allergia alle arachidi permane per tutta la

vita. È spesso associata all’allergia alle noci ed altri legumi, come la soia ed il lupino.

Le arachidi sono largamente utilizzate dall’industria dolciaria ed alimentare sotto forma di olio e

di burro o margarina costituenti di vari tipi di snacks, merendine, dolciumi. Sono presenti anche

in prodotti destinati all’infanzia ad esempio come componente di latte adattato o come eccipiente

in preparati polivitaminici.

Le reazioni possono essere molto gravi (shock anafilattico acuto) ed avvengono in seguito a

contatto, inalazione, ma soprattutto per ingestione dell’alimento.

Il potere allergenico dell’arachide è incrementato dai trattamenti di cottura (soprattutto la

tostatura).

Negli USA l’allergia alle arachidi, assieme a quella per le noci, è probabilmente la causa principale

di reazioni anafilattiche fatali e quasi fatali da cause alimentari.

SOIA

Allergene: proteine della soia

Prevalenza delle allergie e gravità

La frazione allergenica della soia è quella proteica, e in effetti molti soggetti allergici alla soia

possono tollerare gli oli di soia raffinati. L’allergia alla soia è comune ai bambini con allergia alle

proteine del latte vaccino; il 15% di questi bambini infatti è allergico anche alla soia. Per questo

22

motivo, alcuni esperti mettono in dubbio l’opportunità di sostituire il latte vaccino con il latte di

soia.

LATTE

Allergene: proteine del latte

Prevalenza delle allergie e gravità

L’allergia alle proteine del latte vaccino è una patologia relativamente frequente nel primo anno

di vita e la sua incidenza è variabile ma compresa tra l’1 ed il 3% (dai 10.000 ai 15.000 bambini

affetti ogni anno in Italia).

È tuttavia una allergia difficile da gestire e da evitare in quanto il latte è presente in tantissimi

alimenti che un soggetto allergico può assumere anche senza saperlo come per es. in gelati alla

frutta, insaccati, prosciutto cotto o magari in alcune formulazioni medicinali. La sintomatologia è

nel 50-70% dei casi di tipo gastroenterico, o cutaneo (dermatite atopica, orticaria, angioedema),

nel 20-30% possono presentarsi disturbi respiratori (rinite), nel 5-9% anafilassi.

Nella maggior parte dei casi i bambini riescono a reintrodurre il latte nella dieta all’età di tre anni,

in altri casi i soggetti possono continuare a manifestare una sintomatologia attenuata.

L’intolleranza al lattosio, invece, si manifesta con un andamento contrario: è un’allergia rarissima

nel primo anno di vita e molto frequente nell’adulto in particolare in alcune popolazioni (africane,

asiatiche, indiane d’America).

I soggetti allergici al latte vaccino possono presentare cross reazioni anche in seguito al consumo

di latte di pecora e di capra: il consumo del latte di queste due specie non è quindi indicato per i

soggetti intolleranti al lattosio.

FRUTTI A GUSCIO

Allergene: Futti a guscio (proteine delle noci)

Prevalenza delle allergie e gravità

Quella alla frutta a guscio e loro derivati (noci, noci brasiliane, mandorle, pistacchi, nocciole),

ampiamente utilizzati nell’industria alimentare per la preparazione di dolci, cibi pronti, alimenti

per bambini e altre derrate, è un’allergia che si sviluppa frequentemente nei bambini, i quali

possono manifestare una grave sintomatologia allergica fino allo schok anafilattico.

Il problema maggiore per i pazienti che soffrono di questo tipo di allergia è evitare i molti alimenti

che nascondono noci e noccioline in tracce: è quindi indispensabile leggere bene le etichette di

tutti i prodotti industriali.

23

Coloro che presentano un’allergia a questi alimenti possono manifestare reazioni crociate con le

noccioline americane (arachidi).

SEDANO

Allergene: proteine del sedano

Prevalenza delle allergie e gravità

In Europa e soprattutto nella Svizzera tedesca, il sedano è comunemente causa di allergie

soprattutto nei soggetti adulti.

La sintomatologia descritta è variabile: sindrome orale allergica, disturbi a carico del tubo

digerente, riniti e/o asma, sindrome orticaria-angioedema e perfino shock anafilattico.

È stato dimostrato che esistono frequenti forme di cross-reattività del sedano con polline ed altri

alimenti vegetali della stessa famiglia (soprattutto con il finocchio)

SENAPE

Allergene: Senape

Prevalenza delle allergie e gravità

L’allergia alla senape è molto comune in Francia dove sono riportati diversi casi di gravi reazioni

anafilattiche conseguenti all’ingestione dell’alimento.

SESAMO

Allergene: proteine del sesamo

Prevalenza delle allergie e gravità

L’allergia al sesamo può determinare gravi reazioni anafilattiche. Nei soggetti sensibili si può

manifestare cross-reattività verso noci e semi.

SOLFITI

Allergene: Anidride solforosa e solfiti (in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/l espressi

come SO2), proteine del sodio metasolfito

Prevalenza delle allergie e gravità

I solfiti vengono usati come additivi nei vini. Nei soggetti sensibili, soprattutto in pazienti asmatici,

il loro consumo può determinare crisi asmatiche. I sintomi possono diventare gravi solo in una

piccola minoranza dei soggetti colpiti.

24

LUPINI E PRODOTTI DERIVATI

Allergene: proteine dei lupini

Prevalenza delle allergie e gravità

Quella ai lupini e loro derivati utilizzati nell’industria alimentare per la preparazione di dolci, cibi

pronti, alimenti per bambini e altre derrate, è un’allergia che si sviluppa frequentemente nei

bambini, i quali possono manifestare una grave sintomatologia allergica fino allo shock

anafilattico.

Il problema maggiore per i pazienti che soffrono di questo tipo di allergia è evitare i molti alimenti

che li nascondono: è quindi indispensabile leggere bene le etichette di tutti i prodotti industriali.

6. DIETE SPECIALI

6.1) DIABETE

Dieta Mediterranea è oggi sinonimo universale di alimentazione ideale. A metà degli anni ottanta

i ricercatori parlavano di età d’oro della nutrizione. Gli studi di Ancel Keys avevano dissolto

qualsiasi dubbio: “la tradizione alimentare mediterranea è l’esempio da seguire per il controllo dei

fattori di rischio delle malattie cronico-degenerative”. Ancel Keys parlava di via mediterranea

all’alimentazione che oggi chiamiamo Mediterraneità, un neologismo che descrive un atto

complesso che risponde a tre quesiti principali: cosa mangiare, come mangiare e con chi mangiare.

Mediterraneità è un modo particolare di vivere l’atto alimentare che è caratterizzato da spazio (la

cucina), tempo (il tempo dedicato al cibo), economia (corretto utilizzo delle risorse), relazioni

(identità e appartenenza), cultura (coltivazioni adatte ai luoghi e alle esigenze del gruppo

familiare), politica (la teoria dello stato) (7). La popolazione italiana delle persone con diabete si

25

è dimostrata, rispetto a quella degli altri Paesi, maggiormente incline alla depressione, ai disagi

legati alla patologia, con maggiore grado di timore verso alcuni aspetti della malattia, come

l’ipoglicemia e con una percentuale decisamente minore di partecipazione a programmi educativi.

Ancora più scarso appare il coinvolgimento dei familiari, decisamente trascurati dal sistema. La

comunicazione interpersonale medico/paziente risulta carente: solo un quarto delle persone con

diabete afferma di aver discusso con il proprio medico gli obiettivi da raggiungere e i

comportamenti per ottenerli, mentre l’80% dei sanitari afferma il contrario. Le carenze di

comunicazione di quanti si dovrebbero prendere cura della persona con diabete sono legate a scarse

conoscenze dietologiche nutrizionali e a stereotipi scientifici (8). L’alimentazione è una delle

pietre miliari nella prevenzione del diabete mellito e nel paziente con diabete conclamato essa ha

come obiettivo primario non solo il miglioramento del controllo glicemico e degli altri fattori di

rischio cardio-metabolici (9), ma anche la riduzione delle complicanze micro vascolari e delle

malattie cardiovascolari che sono responsabili di circa il 70% della mortalità totale in questi

pazienti (10). Lo studio InterAct, condotto su una grande coorte di individui sani appartenenti sia

a paesi mediterranei che non mediterranei, ha confermato che una maggiore aderenza al pattern

alimentare mediterraneo riduce del 12% il rischio DM2 rispetto agli individui che non adottano

questo modello alimentare (11). Altri due importanti studi che hanno valutato gli effetti delle

modifiche dello stile di vita sul rischio di sviluppare DM2 sono il Finnish Diabetes Prevention

Study (DPS) (12) e il Diabetes Prevention Program (DPP) (13). Questi studi, condotti in individui

con ridotta tolleranza glucidica, hanno mostrato che una riduzione ponderale moderata (5-7% del

peso corporeo), ottenuta con modifiche non drastiche della dieta e un lieve aumento dell’attività

fisica (almeno 30 minuti al giorno), riduceva del 58% l’incidenza del diabete rispetto al placebo e

del 31% rispetto alla metformina. Inoltre, i più recenti risultati del Diabetes Prevention Study

(DPS) hanno ulteriormente sottolineato l’importanza delle modifiche globali dello stile di vita sulla

riduzione del rischio di DM”; infatti i benefici della moderata riduzione ponderale, insieme ad un

incremento dell’attività fisica, sono preservati nel lungo termine, anche dopo anni dalla

conclusione dell’intervento (14). Il sovrappeso e l’obesità sono i due più importanti fattori di

rischio per lo sviluppo di DM2 e di MCV. Oltre l’80% dei pazienti affetti da DM2 è in sovrappeso

o è francamente obeso. E’ noto che l’obesità, soprattutto la localizzazione del grasso a livello

addominale, induce insulino-resistenza e conseguentemente un’aumentata richiesta di insulina.

Questa condizione rappresenta uno stress che può portare nel tempo a un declino della funzione

della beta-cellula con deterioramento del metabolismo glucidico. Inoltre un eccesso di peso si

associa ad un incremento dei fattori di rischio CV. Pertanto tutte le società scientifiche per la cura

26

del diabete, sia nazionali che internazionali, raccomandano di ridurre il peso nei pazienti diabetici

che sono in sovrappeso o obesi. La riduzione ponderale è, pertanto, il primo obiettivo della terapia

nutrizionale del paziente con DM2 perché migliora l’insulino-resistenza e la funzione della beta-

cellula migliorando il metabolismo del glucosio e in alcuni casi inducendo una parziale o totale

regressione della malattia e una riduzione del rischio CV associato al sovrappeso e all’obesità (15).

L’indice glicemico è un parametro elaborato agli inizi degli anni ’80 dal prof. Kenkins

dell’università di Toronto che classifica gli alimenti in base alla loro influenza sul livello di

glucosio nel sangue (glicemia). Per molto tempo in passato si è ritenuto che tutti i carboidrati

semplici fossero uguali e facessero salire rapidamente il glucosio nel sangue; invece, si è acquisito

che tutti i carboidrati complessi lo fanno salire lentamente e in modo graduale. L’indice glicemico

è influenzato dalla composizione degli alimenti, ma anche dai metodi di cottura: si riduce con la

parziale bollitura o il raffreddamento degli alimenti cucinati, come le patate bollite; anche la

presenza di cibi con fibre solubili, capaci di assorbire elevate quantità di acqua, formano

nell’intestino una quantità di acqua, formando nell’intestino una sorta di gel, aiuta ad abbassare

l’indice glicemico. Se si introducono troppi cibi ad alto indice glicemico si ha un rapido aumento

della glicemia la quale provoca la secrezione da parte del pancreas di grandi quantità di insulina

che, a sua volta, causa un rapido utilizzo del glucosio da parte dei tessuti, così che dopo due-tre

ore dal pasto si determina un effetto opposto, cioè un’ipoglicemia, con conseguente sensazione di

fame e di un certo malessere. Se si ingeriscono altri carboidrati per fronteggiare la fame, si stimola

una nuova secrezione di insulina e si entra in un circolo vizioso. Inoltre, spesso, il corpo non usa

tutto il glucosio, che così viene trasformato in tessuto adiposo, e le riserve di grasso non utilizzate

si accumulano e generano aumento di peso corporeo (16).

6.2) DISFAGIA

La disfagia è un disturbo della deglutizione ed indica la difficoltà a far progredire un bolo solido,

semisolido o liquido dal cavo orale allo stomaco, causata da una disfunzione anatomo-funzionale;

essa implica la partecipazione coordinata e sincronizzata della muscolatura orofaringea, laringea

ed esofagea, coinvolgendo trentacinque muscoli e sei nervi cranici. Tutto questo ci permette di

capire la complessità che l’atto del deglutire comporta e la delicatezza del sistema. Col termine

disfagia ci si riferisce a qualsiasi disagio nel deglutire o a qualsiasi disfunzione deglutitoria

obiettivamente rilevabile direttamente oppure indirettamente per le sue conseguenze (17). La

deglutizione viene infatti funzionalmente descritta come la capacità di convogliare sostanze dalla

27

bocca attraverso l’esofago fino allo stomaco in maniera valida, efficace, sicura e dipende

dall’interazione di bocca, faringe ed esofago; è il risultato congiunto di forze che spingono il bolo

attraverso la faringe evitando le vie aeree (18). Le conseguenze della disfagia possono essere

diverse: soffocamento, malnutrizione, disidratazione, alterazione della qualità della vita, aumento

richieste di interventi sanitari. L’incidenza è in costante aumento: fino al 20% nella popolazione

ma può raggiungere valori più alti, fino al 50%, nei soggetti anziani istituzionalizzati. Per questi

ultimi il rischio di presentarla nel corso del tempo interessa quasi la totalità degli ospiti nelle RSA

a causa dello stretto rapporto tra non autosufficienza e demenza e la conseguente disabilità nelle

attività di vita quotidiana compreso l’atto dell’alimentazione. Inoltre il rischio di disfagia aumenta

in ospiti con determinati tipi di patologia come ad esempio Alzheimer, SLA, demenza, Parkinson

ed in particolare ictus, che rappresenta una delle principali cause. I sensi hanno un ruolo

fondamentale quando si tratta di alimentazione. La percezione sensoriale degli alimenti, in termini

di gusto ma anche di odore, consistenza e aspetto condiziona fortemente il piacere che ne traiamo

e che spesso guida i nostri comportamenti. “Ciò che ci piace, o che non ci piace mangiare, dipende

da molti fattori – eredità genetica, dieta materna, metodi educativi, facoltà cognitive e di

apprendimento e di cultura – ognuno dei quali si esprime attraverso risposte edonistiche a qualità

sensoriali” (19). Nel caso specifico di persone anziane e disfagiche tale presupposto è più

complesso da rispettare ma è fondamentale tenerne conto. Nei soggetti disfagici la preparazione

del cibo è fondamentale poiché è necessaria una cura particolare in merito alla consistenza delle

pietanze; inoltre ci sono alimenti da evitare: alimenti a doppia consistenza (fette biscottate e latte,

pastina in brodo, minestrone con verdure a pezzi, yogurt con pezzi di frutta, gelato con frutta,

scaglie di cioccolato, canditi o nocciole), alimenti filanti (es. formaggi cotti), verdure o carne

filacciosi e duri, cibi appiccicosi (es. stracchino), legumi (piselli, fagioli, fave, lenticchie..) che

possono dare difficoltà data la presenza della buccia; riso, fette biscottate, cracker, grissini, torte o

ciambelle friabili; alcolici; pane; frutta secca; frutta fresca come mirtilli, ribes, melagrane, more,

lamponi e agrumi. Gli ospiti che presentano un deficit a livello deglutitorio non possono gestire

tutti i tipi di consistenze che devono essere selezionate sulla base delle difficoltà. Di solito viene

consigliata una consistenza semisolida (a crema) che permette di evitare la masticazione che può

essere inefficace, oltre a permette una migliore gestione durante la deglutizione. I liquidi vengono

solidamente addensati con l’addensante. In pratica chi è disfagico deve nutrirsi in maniera speciale

e così la necessità di utilizzare cibi con una specifica consistenza e scivolosità restringe l’uso a

pochi alimenti rendendo l’alimentazione monotona, poco gradevole al gusto, ma anche alla vista

e all’olfatto. Anche per questi motivi le persone che soffrono di tale patologia tendono a rifiutare

28

il cibo o a nutrirsi in maniera inadeguata, andando incontro ad uno stato di malnutrizione. L’OMS

(20) afferma che la “la malnutrizione del denutrito è la più grave minaccia per la salute pubblica

mondiale, dal punto di vista della mortalità, ma anche della minore qualità della vita, dell’aumento

delle risorse sanitarie e dei costi”.

6.3) CELIACHIA

In Italia la celiachia è riconosciuta come malattia sociale dal 2005, grazie alla legge del 4 luglio

2005 n. 123; La celiachia oggi, a differenza del passato, è considerata malattia sociale perché oltre

alle sue dimensioni epidemiologiche ha un impatto importante sulla famiglia, la scuola, le strutture

sanitarie, il mondo del lavoro e il tempo libero. E’ una patologia cronica, spesso a rischio di

complicanze, per la quale una corretta diagnosi unita ad un corretto stile alimentare possono

portare alla completa remissione dei sintomi. La terapia per i celiaci consiste in una dieta

rigorosamente priva di glutine, oggi facilmente perseguibile grazie alla vasta gamma di prodotti

disponibili sul mercato. A supporto della necessità di una dieta senza glutine, il SSN ha previsto,

già dal 1982, un’assistenza sanitaria integrativa che prevede l’erogazione gratuita dei prodotti

specificatamente formulati per i celiaci. I prodotti erogabili gratuitamente sono elencati nel

Registro Nazionale istituito nel 2001 presso il Ministero della salute secondo i limiti di spesa

previsti dal DM 4 maggio 2006 e in via di revisione. Inoltre, per favorire le attività fuori casa, dal

2005 sono a disposizione delle Regioni due capitoli di spesa per l’implementazione di attività

formative degli Operatori del Settore Alimentare e di attività di prevenzione dirette, o correlate,

alla somministrazione di pasti senza glutine nelle mense delle scuole, delle strutture sanitarie e alle

mense interne alle pubbliche amministrazioni. L’ambiziosa scommessa è la piena applicazione

delle norme in modo soddisfacente su tutto il territorio nazionale e il pieno soddisfacimento dei

bisogni dei cittadini celiaci e delle loro famiglie. Inoltre il Ministro della salute presenta al

Parlamento una relazione annuale di aggiornamento sullo stato delle conoscenze e delle nuove

acquisizioni scientifiche in tema di malattia celiaca, con particolare riferimento ai problemi

concernenti la diagnosi precoce e il monitoraggio delle complicanze. Una novità importante, anzi

sostanziale, che secondo l’Associazione Italiana Celiachia evidenzia però “alcuni punti

potenzialmente critici“, ponendo in rilievo il fatto che il nuovo regime abbia il suo focus nel

monitoraggio della malattia, e non nella sua diagnosi, ciò comporta che, in Italia sono diagnosticati

solo poco più del 30% dei casi attesi, e per di più con tempi lunghi: mediamente 6 anni, con enorme

spreco di risorse per esami non appropriati e costi sociali derivanti dalla salute precaria dei pazienti

29

in attesa di diagnosi e quindi di terapia. Inoltre nel decreto infatti non vengono fornite indicazioni

al medico sugli esami in esenzione da prescrivere per la fase successiva alla diagnosi, con il rischio

di prescrizioni di esami non necessari, magari anche con cadenza temporale più frequente rispetto

alla reale necessità. Per ovviare al problema, l’indicazione di Aic è quella di far conoscere il più

possibile lo specifico “Protocollo di Diagnosi e Follow up”, in vigore dallo scorso agosto,

veicolato come golden standard della diagnosi e monitoraggio del paziente celiaco. La celiachia,

chiamata anche malattia celiaca, è un’enteropatia infiammatoria permanente, con tratti di auto-

immunità, provocata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. E’ la più

frequente intolleranza alimentare e colpisce circa l’1% della popolazione mondiale. E’

caratterizzata da un peculiare aspetto istologico della mucosa duodenale: atrofia dei villi, iperplasia

delle cripte e infiltrazione linfocitaria. Il glutine è la frazione proteica alcol solubile del grano. Si

ottiene impastando la farina di frumento sotto un flusso di acqua. La principale proteina del glutine

è la gliadina, di cui si distinguono quattro sub-unità, in base alla mobilità elettroforetica (, , , e

). Sebbene il termine glutine indichi propriamente solo il complesso proteico alcool solubile

estratto dal grano, questo termine viene comunemente esteso alle corrispondenti proteine della

segale e dell’orzo, in considerazione della loro omologia di sequenze aminoacidiche e effetto

tossico nella celiachia. Le principali proteine del glutine estratto dall’orzo e della segale si

chiamano, rispettivamente, ordeina e secalina. Oltre alla gliadina, il complesso proteico del glutine

comprende anche le glutenine a basso ed alto peso molecolare che possono essere separate dalle

gliadine mediante estrazione con una soluzione di acido acetico. Sia le gliadine che le glutenine

sono tossiche nella celiachia. Le principali caratteristiche del glutine sono la visco-elasticità e la

capacità di trattenere aria, in particolare la CO2 che si produce durante la fermentazione del pane.

La celiachia è una reazione immunitaria al glutine che ha come conseguenza il fatto che il sistema

immunitario attacca il tratto intestinale causando l’atrofia dei villi dell’intestino tenue e vari altri

eventuali sintomi. L’attacco contro i villi è un attacco contro l’endomisio, il rivestimento

dell’intestino tenue. La parte specifica dell’endomisio che viene attaccata è un enzima conosciuto

come transglutaminasi tissutale. La funzione di questo enzima è quella di riparare i danni al

rivestimento dell’intestino tenue. Una volta che l’atrofia villosa viene diagnosticata, il danno si è

già verificato. Rimuovere il glutine dalla dieta può avere risultati impressionanti nel migliorare la

propria salute, ma la malattia potrebbe nel frattempo aver prodotto altri danni irreversibili (21).

Anche l’atrofia villosa, che solitamente si pensa sia reversibile, in molti casi non lo è, specialmente

nei pazienti più anziani. Il glutine è una proteina presente in grano, segale, orzo e un certo numero

di altri cereali, nonché nelle centinaia di prodotti derivati dagli stessi cereali. Occorrerebbe quindi

30

evitare: pane, alimenti fritti, pasta, birra, malto d’orzo, farine e glutine usati come additivi, salsa

di soia, affettati e alcuni tipi di farmaci. Inoltre ogni alimento trasformato può contenere glutine.

Occorre sempre leggere le etichette, ricordando che talvolta l’alimento può contenere glutine in

tracce; gli alimenti sicuri sono quelli che contengono il marchio Gluten free ben in vista.

L’intolleranza al glutine potrebbe arrecare una serie di problemi degni di nota: sintomi e segni

suggestivi di celiachia, disturbi intestinali cronici (dolore addominale, stipsi, diarrea, meteorismo),

stomatite aftosa ricorrente, ipoplasia dello smalto dentario, ipostaturalità, ipertransaminasemia,

sideropenia (con o senza anemia), stanchezza cronica, rachitismo, osteopenia, osteoporosi,

alopecia, anomalie dello sviluppo puberale, orticaria ricorrente, disturbi della fertilità

(poliabortività spontanea, menarca tardivo, menopausa precoce, infertilità), disturbi della

gravidanza, epilessia con calcificazioni endocraniche ed altre patologie neurologiche (atassia,

polineurite, etc.), disturbi del comportamento alimentare (anoressia nervosa, bulimia), dermatite

erpetiforme, anemia (sideropenica, megaloblastica), come anemia, carenza di ferro, osteoporosi e

ipotiroidismo; dovuti per lo più ad un malassorbimento delle sostanze ingerite ed in particolare

vitamine e minerali.

6.4) INSUFFICIENZA RENALE

L’insufficienza renale è la sindrome acuta o cronica caratterizzata dalle alterazioni conseguenti

alla soppressione o all’importante riduzione della funzione renale. Si distingue in: insufficienza

renale acuta (IRA) e insufficienza renale cronica (IRC). L’IRA si caratterizza per un’improvvisa

cessazione o forte riduzione della produzione di urina, aumento della creatininemia e dell’azotemia

e dalla comparsa delle manifestazioni dell’uremia acuta. Viene distinta in: IRA pre-renale, Ira

post-renale e IRA renale. Nella maggior parte dei casi deve essere rapidamente instaurata la terapia

dialitica, ma nei casi meno gravi può essere sufficiente la terapia conservativa, che è

essenzialmente dietetica. L’IRC è dovuta alla riduzione progressiva ed irreversibile della funzione

renale a causa della perdita di nefroni funzionanti. Lo scopo della terapia dietetica è quello di

assicurare uno stato nutrizionale soddisfacente e di rallentare la progressione dell’insufficienza

renale. La dieta ipoproteica-ipofosforica è il pilastro fondamentale della terapia conservativa

dell’IRC (22). E’ importante che il peso del paziente si avvicini a quello ideale. I primi tentativi

d’uso di una dieta ipoproteica risalgono a circa 50 anni fa ed erano finalizzati a ridurre la comparsa

della uremia e ritardare, quanto più possibile, la necessità di un trattamento dialitico sostitutivo.

31

Per tale ragione questi primi tentativi furono indirizzati verso soggetti con grave insufficienza

renale e che di conseguenza presentavano anche tutto il corredo di sintomi e condizioni tipiche di

questa fase (23). La Scuola nefrologica italiana ha contribuito in maniera importante a sviluppare

i principi generali che regolano la prescrizione di un piano dietetico nei pazienti nefropatici. Un

contributo essenziale è sicuramente dovuto al lavoro della Scuola pisana che promosse lo sviluppo

su scala industriale dei prodotti aproteici attualmente disponibili sul mercato. A tutt’oggi, alcuni

principi essenziali, rimangono i cardini della nutrizione nei pazienti con alterata funzione renale:

apporto calorico elevato (superiore a 30 Kcal/Kg/die), sostituzione dei derivati del grano (pane,

pasta, dolci, biscotti) con analoghi artificiali a base di amidi di varia origine, totalmente privi di

glutine (farina, pane e pasta aproteici) e infine limitazione del consumo giornaliero di proteine

animali ad alto valore biologico (0,6 o 0,3 g/Kg/die) sulla base delle entità della insufficienza

renale e con la finalità di mantenere un bilancio azotato accettabile. Il caratteristico accumulo di

metaboliti azotati si associa nelle forme più severe a disregolazione dell’equilibrio idroelettrolitico

e disordini acido-base. E’ frequente una riduzione della diuresi con disidratazione o comunque

ipovolemia. Fattori legati alla dita possono avere effetti notevoli sulla patologia. Uno stato di

iperapporto di proteine comporta sovraccarico di sodio e volume, iperpotassiemia, iperfosforemia

e acidosi. Le principali raccomandazioni dietetiche sono distinte in base ai fattori maggiormente

coinvolti nell’insufficienza renale: apporto di sodio, di proteine e calorie, di potassio e di fosforo,

di carboidrati e grassi. In pazienti senza sindrome nefrotica, appartenenti allo stato lieve-moderato,

è consigliabile un apporto proteico di 0.8g/Kg/die riferito al peso ideale mentre in coloro che hanno

un’insufficienza renale più avanzata è utile un rapporto di 0,6 g/Kg/die. La restrizione proteica

deve, comunque, essere sempre sostenuta da un introito di calorie più che adeguato (30-35

kcal/Kg/die nell’IRC lieve ed a 35-40 Kcal/Kg/die nell’IRC più avanzata), aumentando i grassi

poli-insaturi ed i carboidrati non processati, poiché l’insufficiente apporto di calorie implica

l’utilizzazione di aminoacidi per ricavare energia in sostituzione o integrazione di quella

insufficientemente fornita da glicidi e lipidi, mentre la somministrazione di sufficienti calorie

consente di risparmiare le proteine dell’organismo, in particolare di quelle dei muscoli, e di

utilizzare gli aminoacidi per il loro compito essenziale di sintesi delle proteine. Il fabbisogno

energetico verrà quindi mantenuto con l’apporto di lipidi (comunque minore al 30% circa delle

calorie totali) e di glicidi (60% circa delle calorie totali, preferibilmente come amidi, alimenti

aproteici). La maggior parte delle proteine ingerite devono essere di alto valore biologico con

contenuto adeguato di amminoacidi essenziali. Si devono evitare abitudini alimentari che

privilegiano l’assunzione di proteine di origine animale; un adeguato introito di proteine di origine

32

vegetale (legumi e cereali) produce meno valenze acide e minore assorbimento intestinale di

fosfati. Per controllare l’effettiva aderenza ad uno schema nutrizionale con queste caratteristiche

ed evitare l’insorgenza di malnutrizione, è necessario controllare periodicamente l’escrezione

urinaria di urea. In definitiva, un apporto controllato di proteine e calorie sulla base della taglia

corporea del paziente e di comorbilità associati quali il diabete, rappresenta un valido mezzo per

prevenire le complicanze uremiche e ritardare la necessità del trattamento sostitutivo cronico. I

grassi, oltre ad essere ristretti a meno del 30% dell’introito calorico giornaliero, in particolare

quelli saturi, dovrebbero essere inferiori al 10% del totale. Eccesso di adiposità sia sotto forma di

valori più elevati di BMI che di obesità viscerale con aumento della circonferenza addominale

sono fattori di rischio indipendenti di progressione renale oltre che di mortalità cardiovascolare

nei pazienti con insufficienza renale. La correzione dell’obesità mediante interventi nutrizionali o

chirurgici comporta un migliore controllo della PA e riduzione dell’albuminuria, eventi favorevoli

per rallentare l’evoluzione (24).

CONCLUSIONI

Conoscere la storia di vita dell’anziano vuol dire porre al centro la sua persona, il ruolo che ha

avuto come soggetto attivo all’interno della società e all’interno della famiglia. Superando quanto

denunciato da Minetti e Censi: “La società non solo smette di considerare l’anziano nei termini di

ciò che ancora potrebbe essere e dare, ma cancella anche il suo passato, i suoi meriti, ciò che, nel

corso della vita è stato, sia sul piano umano che sociale” (26). Se da una parte quindi si assiste a

un avanzamento degli anni e delle aspettative di vita, attraverso anche un miglioramento degli

aspetti assistenziali e, di conseguenza, ad una più lunga sopravvivenza fisica, dall’altra molto

spesso si riscontra una vera e propria eutanasia sociale, che coinvolge non solo l’anziano, ma anche

chi fino a quando ha potuto se ne è preso cura con dedizione, impegno e amore. La valutazione

multidimensionale è lo strumento fondamentale per attendere in RSA il paziente anziano fragile,

affetto da pluripatologia spesso invalidante oltre che compromesso da problemi di natura varia,

ma incidenti sull’insorgenza e sulla progressione delle malattie. L’obiettivo dei servizi residenziali

e semiresidenziali per non autosufficienti è quello di affrontare i problemi dell’invecchiamento e

33

della perdita di salute e ruolo sociale, difendendo, prima ancora della salute, la dignità delle

persone da accogliere e da trattare con serenità e considerazione. La qualità della RSA, essendo

questa prevalentemente un luogo di vita, pur con tutte le soluzione di assistenza e cura di anziani

con diverse limitazioni funzionali, è la “qualità di vita” e, come scrisse John Ruskin, “La qualità

non è mai casuale; è sempre il risultato di uno sforzo intelligente”. Le RSA hanno una collocazione

istituzionale nella sanità e sono pertanto coinvolte nell’ampio sforzo che in questo ambito si

conduce per dar valore e implementare una sempre maggiore appropriatezza nelle procedure di

assistenza e cura di anziani che, peraltro, giungono al ricovero spesso in condizioni di grave

compromissione clinica o cognitiva, benché in fase di stabilità. Si tratta di ricoveri temporanei,

spesso attuati a fini di sollievo dei familiari oppressi da un pesante fardello di accudimento, o

invece di lunghi periodi di soggiorno, se non per tutto il resto della vita. Chiaramente queste

diverse tipologie di ricovero richiedono approcci un po’ differenziati in quanto, nel caso dei

soggiorni temporanei, il reinserimento nel contesto previo acquisisce una valenza prioritaria,

mentre per gli altri a tempo indeterminato domina la realizzazione di un conveniente adattamento

alla nuova situazione. Per questo, considerata la complessità dei soggetti ospiti dei servizi

residenziali, nei criteri di qualità trovano un particolare rilievo processi volti:

• alla riduzione di eventi negativi, quali le cadute, i fenomeni di disidratazione e

malnutrizione, l’insorgere e il peggioramento delle piaghe da decubito, il ricorso improprio

alla contenzione ed effetti indesiderati da farmaci;

• alla promozione del benessere, quali i miglioramenti funzionali e clinici, gli stimoli alla

mobilità e alla partecipazione

Qualunque cultura professionale fa i conti, prima che con l’efficienza e la replicabilità, con la

realtà precisa che ha di fronte e che è l’unica ad innovare le competenze e a costringere

all’aggiornamento di linee guida e protocolli. Se ciò è vero sempre, acquista però un senso

predominante quando il piano di intervento non si limita alle pur importanti decisioni cliniche, ma

a quelle più vaste di natura esistenziale, nelle quali intervengono fattori sociali, culturali e religiosi.

In questa interpretazione la casa di riposo per anziani diventa un contesto di autopromozione, che

tende a promuovere una vita attiva ed un mantenimento dell’autonomia personale. L’anziano

arriva nella struttura come soggetto unico e particolare, con una biografia ed un vissuto personale

da valorizzare e dove l’impianto organizzativo diventa attento e sociale (27). L’organizzazione

della vita quotidiana per un anziano deve basarsi su una modalità di assistenza molto flessibile,

dove l’assistenza non deve associarsi alla semplice sorveglianza. Nasce così la necessità di aiutare

34

le persone nella vita quotidiana per quelle funzioni che non riescono a svolgere, e che sono attività

tradizionalmente ben consolidate nelle strutture assistenziali. L’espressione “prendersi cura” è un

elemento importante: la malattia, qualsiasi essa sia, non è una parentesi nella vita di una persona e

della sua famiglia, ma diviene la condizione con cui vivere ogni giorno. Le azioni, le parole, e i

gesti non sono mai neutrali: è necessario che diano testimonianza di accoglienza, premura,

interesse, responsabilità.

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Crea alimenti e nutrizione www.crea.gov.it/alimenti-e-

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EUFIC, European food council www.eufic.org/index/it

FAO, Food and Agricolture Organization of the United Nations www.fao.org

Fondazione Umberto Veronesi www.fondazioneveronesi.it

Il fatto alimentare www.ilfattoalimentare.it

Istituto Superiore della Sanità www.iss.it

Ministero della Salute www.ministerosalute.it

WHO, World Health Organization (OMS) www.who.ch

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FDA, Food and Drugs Administration www.fda.gov

Sicurezza alimentare www.sicurezzalimentare.it

SINU, Società italiana nutrizione www.sinu.it