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AA.VV. (a cura di S. GAMBINO), Stati nazionali e poteri locali. La distribuzione territoriale delle competenze, Rimini, 1998. 11. L’“ABBRACCIO FATALE” DEL BUND: SISTEMA FEDERALE E TENDENZA “CENTRIPETA” DEI RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA di Luca Mezzetti Università degli Studi di Udine 1. IL SISTEMA DI RIPARTIZIONE DELLE COMPETENZE TRA BUND E LAENDER DELINEATO DALLA LEGGE FONDAMENTALE Il sistema federale tedesco è articolato su un duplice livello di poteri, il Bund ed i Laender, tra i quali risultano distribuite le varie funzioni e competenze. Si tratta di un sistema, secondo quanto affermato dal Nawiasky, di reciproca compenetrazione (gegenseitige durchdringung), che ha ispirato tutti i precedenti storici della Grundgesetz del 1949 e che prevede una suddivisione di materie e funzioni in cui ciascuna parte gode di un certo grado di influenza nell’esercizio dei poteri dell’altra. Non vi è una distinzione per aree di intervento, ma per funzioni nel processo di decisione degli interventi: ogni livello di governo è competente in via primaria sia per funzioni legislative o amministrative che per funzioni finanziarie nel processo decisionale e le esercita in quasi tutte le aree di intervento. I rapporti Stato centrale-stati membri sono disciplinati in primo luogo secondo un principio di competenza.

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AA.VV. (a cura di S. GAMBINO), Stati nazionali e poteri locali. La distribuzione territoriale delle competenze, Rimini, 1998.

11.L’“ABBRACCIO FATALE” DEL BUND: SISTEMA FEDERALE E

TENDENZA “CENTRIPETA” DEI RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA

di Luca MezzettiUniversità degli Studi di Udine

1. IL SISTEMA DI RIPARTIZIONE DELLE COMPETENZE TRA BUND E LAENDER DELINEATO DALLA LEGGE FONDAMENTALE

Il sistema federale tedesco è articolato su un duplice livello di poteri, il Bund ed i Laender, tra i quali risultano distribuite le varie funzioni e competenze. Si tratta di un sistema, secondo quanto affermato dal Nawiasky, di reciproca compenetrazione (gegenseitige durchdringung), che ha ispirato tutti i precedenti storici della Grundgesetz del 1949 e che prevede una suddivisione di materie e funzioni in cui ciascuna parte gode di un certo grado di influenza nell’esercizio dei poteri dell’altra. Non vi è una distinzione per aree di intervento, ma per funzioni nel processo di decisione degli interventi: ogni livello di governo è competente in via primaria sia per funzioni legislative o amministrative che per funzioni finanziarie nel processo decisionale e le esercita in quasi tutte le aree di intervento. I rapporti Stato centrale-stati membri sono disciplinati in primo luogo secondo un principio di competenza.

1.1. LA PRESUNZIONE GENERALE DI COMPETENZA DEI LAENDER (ART. 30 GG) E GLI ARTT. 28, 31 E 79 GG

L’art. 30 della Grundgesetz introduce, a favore dei Laender, la presunzione secondo cui i medesimi sono competenti ad esplicare tutte le funzioni statali che non siano riservate, in base alla Costituzione, allo Stato federale.

I Laender quindi, in virtù della loro natura “statale”, sono riconosciuti titolari, in via principale e originaria, dei cosiddetti poteri “residui’’ nei settori non assegnati allo Stato federale.

Sembrerebbe quindi che l’attività del Bund non possa essere svolta se non in virtù di una esplicita previsione e “abilitazione” costituzionale, ma tale principio in realtà non è, come si dimostrerà

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in seguito, così tassativo. Ciò che invece si può affermare senza esitazione è che tale previsione, determinando in ogni caso il conferimento di tutta l’attivi-tà statale, esclude qualunque lacuna o “vuoto” di attribuzioni o titolarità. L’autonomia così riconosciuta ai Laender tramite l’art. 30 è comunque soggetta ad alcune restrizioni allo scopo di garantire il rispetto del principio di omogeneità. La stessa Legge fondamentale, ad esempio, dispone alcuni limiti all’autonomia costituzionale dei Laender: l’art. 28, infatti, stabilisce che l’ordinamento costituzionale di questi ultimi deve basarsi sui principi di uno Stato di diritto sociale, democratico e repubblicano.

Un ulteriore supporto al principio di omogeneità è poi offerto dall’art. 31 GG, che enuncia la “prevalenza” del diritto federale su quello statale (bundesrecht bricht landesrecht). Non si tratta di una kompetenznorm che toglie valore all’autonomia degli stati membri stabilendo un rapporto gerarchico tra diritto federale e regionale, bensì di una kollisionsnorm, destinata ad operare esclusivamente in caso di conflitto tra una norma federale ed una statale che regolino la stessa materia in modo divergente (naturalmente ciò si verifica solo nelle sfere di competenza legislativa concorrente o di cornice).

Non si può infine trascurare il fatto che, nonostante l’attribuzione generale di competenza ai Laender, il Bund detiene una capacità di disposizione quasi assoluta sul sistema delle competenze, la cosiddetta kompetenz-kompetenz grazie al suo potere di revisione costituzionale. A tale procedimento di revisione, che ai sensi dell’art. 79 co. 2 e 3 GG richiede l’assenso dei due terzi dei membri del Bundestag, due terzi dei voti del Bundesrat e la garanzia di intangibilità del principio federale, non è sottratta nè l’integrità territoriale dei singoli Laender, nè l’ambito originario delle loro competenze.

Di conseguenza il Bund, in caso di nuovo disegno dell’assetto federale, potrebbe effettuare modifiche costituzionali incidenti sulle competenze dei Laender, sui loro ambiti territoriali e sulla loro stessa esistenza (labiler foederalismus), non senza, tuttavia, aver ottenuto il consenso dei Laender stessi tramite il Bundesrat.

1.2. LE COMPETENZE DEL BUND E LA DOTTRINA DELLE “UNGESCHRIEBENE KOMPETENZEN”

L’art. 30 GG prevede, come fondamento dell’esplicazione delle proprie competenze da parte del Bund, una norma costituzionale esplicita di attribuzione, che risulta perciò eccezionale rispetto all’attribuzione generale che spetta invece ai Laender.

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La demarcazione tra sfera di competenza federale e degli stati membri tuttavia non è così netta come potrebbe sembrare. Lo dimostra lo sviluppo della teoria delle “competenze implicite”, secondo la quale l’attribuzione di competenze al Bund può realizzarsi anche implicitamente, deducendone l’esistenza tramite l’interpretazione costituzionale. Del resto, è lo stesso art. 30 che permette di estendere la sfera di comptetenza federale, attraverso il riconoscimento di competenze implicite, con la locuzione “qualora la presente Legge fondamentale ... non conceda una diversa regolazione”.

Se la Costituzione “ammette” una competenza federale senza regolarla espressamente, ciò significa che l’enumerazione dei poteri federali non è esaustiva e che il Bund possiede, all’occorrenza, competenze non scritte, sia legislative che amministrative.

Le incertezze che tale nozione ha comportato nella dottrina e giurisprudenza tedesche potrebbero comunque essere superate tenendo conto delle circostanze in cui è stata elaborata la Legge fondamentale, circostanze che possono giustificare l’esistenza di “silenzi” costituzionali da interpretare.

Se invece, seguendo l’orientamento del Tribunale costituzionale federale, si considera esaustiva la Legge fondamentale, l’ambito delle competenze non scritte risulterà estremamente ridotto ed il problema della loro delimitazione si risolverà in base all’interpretazione, più o meno rigida, del testo costituzionale; ferma sempre restando la possibilità di risolvere i casi dubbi richiamando la presunzione dell’art. 30 a favore dei Laender. La giurisprudenza costituzionale ha delineato tre tipi di competenze implicite (ungeschriebene kompetenzen):

— quella per carattere intrinseco (aus der natur der sache), che spetta al Bund in virtù della natura della materia da regolare;

— quella per connessione materiale (sachzusammenhang) nel caso in cui la regolazione di una data materia sia presupposto indispensabile per la disciplina di una materia assegnata espressamente al Bund;

— quella per accessorietà (annex-kompetenzen), che riguarda un settore ricompreso indivisibilmente all’interno di un ambito della competenza federale.

1.3. LA DISTRIBUZIONE DELLE COMPETENZE LEGISLATIVE

Pur esprimendo l’art. 70 GG una presunzione generale e residuale a favore della potestà legislativa dei Laender, consentendo al Bund

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di legiferare solo nei casi espressamente previsti dal GG, nella realtà si assiste, tuttavi,a ad una effettiva e decisiva preminenza del ruolo federale.

La supremazia nella funzione legislativa è conferita al Bund dalla stessa Grundgesetz tramite, innanzitutto, una ampia elencazione di materie e settori (art. 73) in cui esso ha diritto esclusivo di intervenire, nell’esercizio, per l’appunto, di una “competenza esclusiva” (art. 71). Tali aree di intervento riguardano, ad esempio, la difesa, il commercio e gli affari esteri, e solo una legge federale può autorizzare eccezionalmente la legislazione dei Laender al riguardo. Resta perciò alla disponibilità esclusiva dei Laender solo l’intervento legislativo nell’am-bito della cultura, del diritto comunale e della pubblica sicurezza in senso stretto.

Altrettanto numerose sono le materie in cui il Bund può legiferare a titolo di “competenza concorrente” con i Laender (art. 74), e particolarmente ampia è la portata della “clausola di necessità” prevista dal-l’art. 72 co. 2 che abilita la legislazione federale, in luogo di quella statale, su dette materie. I presupposti richiesti per legittimare l’inter-vento legislativo federale, a garanzia della competenza dei Laender che si estende sulle medesime materie, sono infatti connessi all’inefficacia della regolamentazione di una certa questione da parte della legislazione dei singoli Laender, al pregiudizio degli interessi degli altri Laender o della collettività in caso di legge particolare, e infine alla tutela dell’unità giuridica ed economica e dell’uniformità delle condizioni di vita.

Il Tribunale costituzionale ha poi integrato queste condizioni del-l’attività legislativa del Bund riconoscendo ampia discrezionalità agli organi federali nell’apprezzamento dei presupposti per l’esercizio della competenza concorrente, prevedendone la sindacabilità solo nei casi di eccesso di potere e abuso. In presenza degli stessi presupposti la Legge fondamentale attribuisce al Bund, in relazione ad un determinato ambito materiale, la cosiddetta competenza legislativa di inquadramento, o di emanazione di leggi-cornice (rahmengesetzgebung).

In pratica il Bund delimita, dettando direttrici generali o disposizioni direttamente vincolanti, uno spazio entro cui i Laender possono emanare norme di dettaglio disciplinando la materia in questione secondo le proprie peculiari esigenze. Fino al momento in cui il Bund non esercita la relativa facoltà, i Laender conservano piena potestà legislativa sulla materia. Inoltre, la competenza di inquadramento non preclude al Bund la possibilità di emanare anche disposizioni di dettaglio, purchè di carattere limitato per non comprimere la concorrente sfera normativa dei Laender. In questo

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caso il Tribunale costituzionale non attribuisce alcun margine di apprezzamento al legislatore federale.

La “competenza esclusiva sui principi” (grundsatzkompetenz) attribuisce al Bund la potestà di emanare norme contenenti principi che i Laender e lo stesso Bund devono osservare relativamente alla gestione di bilancio adeguata alla congiuntura, alla programmazione finanziaria pluriennale e all’esecuzione dei “compiti comuni”.

1.4. L’INFLUENZA ESERCITATA DAI LAENDER SUL BUND TRAMITE IL BUNDESRAT

L’art. 50 Grundgesetz recita: “attraverso il Bundesrat i Laender collaborano alla legislazione e all’amministrazione del Bund”.

Il concetto di “collaborazione” indica qui in senso generico una vasta gamma di possibilità di influenza, che si estendono dai semplici diritti d’informazione sino al potere di esprimere il proprio consenso, nel procedimento legislativo, in modo paritario rispetto al Bundestag.

Individuare nel Bundesrat una semplice rappresentanza degli interessi dei Laender ed attribuirgli, di conseguenza, una valenza minore rispetto al Bundestag, significherebbe ignorare che in tale organo i Laender, oltre a far valere i loro specifici interessi, devono anche tutelare gli interessi dello Stato federale. Infatti, “nell’esercizio delle sue funzioni, il Bundesrat opera come un organo costituzionale che collabora alla politica federale come contrappeso al Bundestag e al Governo federale ma anche come raccordo tra Stato centrale e Laender” (Klein).

In ogni caso, il sistema di bicameralismo imperfetto instaurato in Germania comporta una prevalenza delle competenze del Bundestag, cui tuttavia fa riscontro la posizione del Bundesrat, che è pur sempre di una certa significatività; ad esso infatti spettano numerosi poteri di influenza nei più svariati ambiti, da quello legislativo a quello amministrativo, di governo e giurisdizionale. I membri del Bundesrat sono rappresentanti dei governi dei Laender da cui derivano la propria investitura, e di cui sono vincolati ad esprimere la volontà unitaria.

Il Parlamento del Land può, d’altro canto, esercitare un’influenza indiretta sul procedimento decisionale del Bundesrat, facendo valere la responsabilità politica del Governo statale per le decisioni assunte e i voti dati all’interno di questo organo federale.

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A) LA PARTECIPAZIONE DEL BUNDESRAT AL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO

In questo campo è evidente la netta prevalenza del ruolo del Bundestag, ma ciò nonostante il Bundesrat partecipa alla procedura legislativa.

La concentrazione del potere legislativo nelle mani del Bund è infatti, in parte, attenuata e controbilanciata dal fatto che l’emanazione delle leggi federali dipende dal Bundesrat, che vi partecipa obbligatoriamente. L’influsso esercitato dai Laender sulla formazione della volontà federale risulta in tal modo considerevole.

Nel caso di iniziativa legislativa del Bundesrat, il relativo progetto di legge è preventivamente trasmesso al Governo federale, affinchè quest’ultimo esprima il proprio parere al riguardo, e successivamente viene inoltrato al Bundestag entro un periodo di tempo non superiore ai tre mesi.

Nel caso in cui l’iniziativa spetti invece al Governo federale, il progetto di legge è sottoposto in primo luogo al Bundesrat, che deve pronunciarsi su di esso entro sei settimane (erster durchgang). Tale progetto è poi indirizzato al Bundestag, ove viene esaminato e votato.

La “prima lettura” del Bundesrat ha lo scopo di far conoscere la impressione dei Laender sul progetto, facilitando la loro influenza nel procedimento legislativo fin dalla sua fase iniziale. Le leggi votate dal Bundestag passano quindi al Bundesrat, consentendogli di manifestare la propria volontà anche in una fase successiva del procedimento legislativo, e si dividono in due grandi gruppi.

Vi sono in primo luogo le cosiddette “leggi suscettibili di veto” (ein-spruchgesetze), ossia leggi “semplici”, che non richiedono l’appro-vazione del Bundesrat. Esso vi si può, tuttavia, opporre in virtù di un diritto di veto sospensivo, che può tuttavia essere superato dal Bundestag con una maggioranza qualificata. La volontà del Bundesrat, in questo caso, ha effetto puramente negativo, e non costitutivo dell’atto legislativo, che resta sempre e comunque imputabile solo ad una manifestazione di volontà del Bundestag. È prevista anche una procedura tramite convocazione di una commissione bicamerale paritetica di conciliazione (vermittlungsausschuss) che può suggerire al Bundestag una nuova deliberazione in materia, “svolgendo in pratica, e di regola con successo, una funzione arbitrale tra le due assemblee” (De Vergottini). Qualora invece si tratti di leggi per la cui approvazione è necessario il consenso del Bundesrat (zustimmungsgesetze), la mancanza del suo giudizio favorevole opererà come veto assoluto che il Bundestag non può in alcun modo superare.

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B) LA COLLABORAZIONE DEL BUNDESRAT ALL’EMANAZIONE DEI DECRETI LEGISLATIVI DEL GOVERNO

Se si considera la funzione legislativa in senso materiale, alle competenze del Bundesrat in ambito legislativo va attribuita anche la partecipazione all’emanazione dei decreti legislativi governativi. Il consenso del Bundesrat per l’approvazione dei decreti legislativi del Governo o di un Ministro federale è espressamente previsto dalla Costituzione in una serie di casi, a meno che esso non venga escluso da una legge federale ordinaria. In realtà questa competenza del Bundesrat viene per lo più affiancata alle diverse forme della sua partecipazione all’ammini-strazione dello Stato federale.

C) IL RUOLO DEL BUNDESRAT NELLE SITUAZIONI DI EMERGENZA

A) EMERGENZA LEGISLATIVA (GESETZGEBUNGSNOTSTAND)

Nell’ipotesi di emergenza legislativa determinata dal fatto che ad un Governo sia negata la fiducia senza che ne emerga uno alternativo, si pone una duplice possibilità: lo scioglimento del Bundestag oppure la dichiarazione, con l’assenso del Bundesrat, dello stato di emergenza legislativa per un progetto di legge che il Bundestag rifiuti, nonostante il Governo federale l’abbia dichiarato urgente o su di esso abbia chiesto la fiducia. A fronte di un ulteriore rifiuto del Bundestag, o dell’ap-provazione della legge in una stesura inaccettabile per il Governo federale, la medesima viene a giuridica esistenza se il Bundesrat l’approva. Si verificherà quindi, seppur per un periodo limitato, una sostituzione del Bundesrat al Bundestag nell’esercizio di una vera e propria funzione legislativa di riserva.

B) STATO DI PERICOLO

Qualora l’esistenza o l’ordinamento liberale e democratico di un Land siano minacciati, il Governo federale può disporre liberamente delle forze di polizia di tale Stato; la funzione del Bundesrat consiste nel garantire la salvaguardia dell’autonomia regionale dalle interferenze del “centro”, potendo pretendere, in qualunque momento, la revoca delle disposizioni da esso impartite.

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In seguito alla riforma del 1968 i poteri del Bundesrat negli “stati di emergenza”, già precedentemente considerevoli, sono stati ulteriormente incrementati alla luce della condizione della prestazione del suo assenso alle leggi di revisione costituzionale. In tal modo, il Bundesrat può avvalersi della propria posizione chiave in seno al meccanismo della revisione costituzionale allo scopo di rafforzare il proprio ruolo nel sistema complessivo.

1.5. LA DISTRIBUZIONE DELLE COMPETENZE ESECUTIVE

In campo amministrativo, la previsione costituzionale di una competenza generale a favore dei Laender corrisponde, sul piano pratico, ad una effettiva preminenza statale, come contrappeso alla concentrazione di fatto della potestà legislativa nelle mani del Bund. L’attività amministrativa necessita a volte di una legge per la sua attuazione, ma può anche essere indipendente dal quadro legislativo, come nel caso della “gesetzesfreie verwaltung”.

La ripartizione delle funzioni non è effettuata in relazione alle materie, bensì ai diversi tipi di potestà organizzativa.

In primo luogo, i Laender attuano, come funzione amministrativa propria, sia l’esecuzione delle stesse leggi statali sia quella delle leggi federali come “materie di propria competenza”, in virtù del disposto dell’art. 84 Grundgesetz.

Relativamente a tale tipo di amministrazione l’ampiezza dei poteri di vigilanza federale è limitata, data l’autonomia e la statualità dei Laender, al controllo di legittimità della loro azione. Il controllo federale si estende invece all’attività discrezionale dei Laender, includendo anche la facoltà di impartire loro istruzioni, nel caso in cui essi svolgano funzioni amministrative delegate, dando esecuzione a leggi federali per incarico del Bund (auftragsverwaltung).

La preponderanza dei Laender nel campo dell’amministrazione non viene, tuttavia, ridotta da questo tipo di attuazione, perchè i casi in cui essa è richiesta sono limitati ed espressamente previsti dalla Costituzione. Altrettanto circoscritti sono i casi in cui l’attuazione delle leggi federali avviene ad opera del Bund, o di enti giuridici di diritto pubblico da esso dipendenti, tramite la cosiddetta “amministrazione federale” (bundesverwaltung).

In virtù della natura federale di questo tipo di potestà amministrativa “propria”, il Bund può quindi emanare disposizioni generali di attuazione, oltre che regolare l’organizzazione amministrativa. Tuttavia, trattandosi di un’eccezione al principio

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della competenza generale dei Laender, il Governo federale ha, alle sue dipendenze, soltanto poche organizzazioni amministrative. Nelle altre aree di intervento tutte le funzioni sono esercitate dagli stati e dagli enti locali utilizzando le proprie risorse finanziarie.

L’introduzione dei “compiti comuni” ad opera della riforma finanziaria ha poi indotto la dottrina, al riguardo tradizionalmente intransigente, ad accettare la possibilità di una “amministrazione mista”, quale eccezione al principio di separazione amministrativa. Grazie quindi all’introduzione di forme istituzionalizzate di cooperazione tra Bund e Laender, in materie la cui competenza spetterebbe di principio a questi ultimi, sono sorte forme di amministrazione mista soprattutto nel campo della pianificazione e finanziario.

Questa espressione di federalismo cooperativo è stata spesso criticata da coloro che vi individuano una preponderanza del Bund, favorito dalla struttura del procedimento e da una considerevole riduzione della discrezionalità politica del Land, a scapito del potere autonomo di quest’ultimo. Il Bund inoltre, secondo le medesime opinioni, è in grado di indebolire, con la sua partecipazione finanziaria, il presupposto dell’assenso del Land all’esecuzione di un determinato progetto nel quadro di tale programmazione. Ciò che in pratica si sostiene è che, con le “briglie d’oro” messe al Land, le proposte del Bund hanno ampie probabilità di ottenere un atteggiamento positivo da parte degli stati.

1.6. LA RIPARTIZIONE DELLA POTESTÀ GIURISDIZIONALE

Anche relativamente alla funzione giurisdizionale vige la presunzione di competenza generale e residuale dei Laender: a questi ultimi spetta quindi l’organizzazione del sistema giudiziario, mentre solo i casi indicati nella Grundgesetz sono di competenza dei giudici federali. È la stessa Legge fondamentale che istituisce i tribunali federali come istanze supreme; corrispondentemente i Laender prevedono, nelle diverse giurisdizioni, tribunali per lo più a due istanze; in ognuno dei Laender è inoltre istitutita una Corte costituzionale per il controllo della costituzionalità delle norme del Land stesso.

Nell’ambito della funzione giurisdizionale i rapporti tra Bund e Laender non sono improntati ad una rigida divisione, in quanto vi sono molteplici ed evidenti connessioni.

È da rilevare innanzitutto la loro azione convergente nelle diverse istanze di un medesimo processo: a livello statale si svolge parte del

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procedimento mentre a livello federale ha luogo l’ultimo grado di giurisdizione. Ne consegue, a livello periferico, l’applicazione anche del diritto federale, e a livello federale la cognizione del diritto regionale, oltre naturalmente all’istanza di appello. A Berlino e nello Schleswig-Holstein, che non si sono dotati di una propria Corte costituzionale, le controversie costituzionali vengono giudicate dallo stesso Tribunale costituzionale federale.

1.7. LA RIPARTIZIONE DI COMPETENZE IN MATERIA DI AFFARI ESTERI

Quanto agli affari esteri, si ha un’inversione del principio fondamentale sancito dall’art. 30 GG, che prevede una presunzione a favore dei Laender. L’art. 32 GG, infatti, stabilisce come principio la competenza generale del Bund, che sarà quindi presunta nella cura delle relazioni con gli stati esteri.

A) PARTECIPAZIONE DEI LAENDER ALL’ESERCIZIO DEL POTERE ESTERO DELLO STATO FEDERALE

Il II comma dell’art. 32 GG esige, come manifestazione del principio di lealtà, la consultazione del Land che sia coinvolto in modo particolare dal trattato internazionale che il Bund si appresta a concludere. Si tratta del cosiddetto “anhoerungsrecht”, ovvero della facoltà dei Laender di considerare, con un certo margine di anticipo, i trattati che il Bund intende stipulare, formulando le osservazioni ritenute opportune. È un mezzo di consultazione che non attribuisce al Land alcun diritto di veto nè ha carattere vincolante per il Bund, ma ha semplicemente rilevanza interna: di conseguenza l’inosservanza, da parte del Bund, di tale dovere di informazione non inciderà sulle relazioni esterne e quindi non vizierà i trattati conclusi dalla Federazione.

Una importante partecipazione dei Laender nel corso della stipula di trattati si realizza tramite il Bundesrat, che deve dare la sua approvazione formale, o quanto meno ha la possibilità di discutere il problema. In particolare, ai sensi dell’art. 59 co. 2 GG, i trattati internazionali che regolano i rapporti politici del Bund o che si riferiscono a materie della legislazione federale devono essere approvati, con legge federale, da parte degli organi a ciò competenti. I trattati politici, secondo la giurisprudenza del Tribunale costituzionale, sono quelli che toccano direttamente l’esistenza dello Stato, la sua integrità, la sua indipendenza, ecc.

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Il problema più vivacemente discusso a questo riguardo si sviluppò in relazione ai cosidetti trattati di Östpolitik conclusi con la Germania orientale. La disputa verteva sulla necessità dell’approvazione da parte del Bundesrat anche dei trattati politici come tali e fu conclusa nel senso dell’esclusione della necessità di tale consenso. Il Consiglio federale, in altri termini, in relazione a trattati di natura politica con stati esteri, gode solo di un diritto di veto sospensivo che può essere respinto dalla Dieta federale, ma non anche di un diritto di veto assoluto.

B) IL POTERE ESTERO DEI LAENDER

Secondo l’art. 32 co. 3 GG, i Laender possono stipulare trattati con stati esteri, col consenso del Governo federale, nei limiti della propria competenza legislativa. Tale diritto attribuisce la possibilità di condurre negoziati con stati esteri sia attraverso organi centrali del Land, sia attraverso un rappresentante ad hoc, sia attraverso il Bundesrat. Ciò che invece tale formula tassativamente esclude è la conduzione di una politica estera propria, cioè l’instaurazione e il mantenimento di rapporti diplomatici o consolari con stati esteri, oltre all’adozione di atti unilaterali di diritto internazionale che non facciano parte della conclusione di un trattato. Esistono alcuni trattati ratificati dai Laender sulla base di questa clausola, ma in numero assai limitato; un esempio è costituito dal trattato riguardante la qualità delle acque del lago di Costanza che fu concluso, con Svizzera e Austria, dalla Baviera e dal Baden-Wuerttemberg per parte tedesca.

Condizione indispensabile dell’agire dei Laender sul piano internazionale è il consenso del Governo federale, che esercita in tal modo una sorta di controllo preventivo. Tale consenso non è, come vorrebbero alcuni, un elemento costitutivo della capacità internazionale dei Laender, che deriva invece dalla loro statalità; esso, piuttosto, è previsto per assicurare l’unitarietà della politica estera nello Stato federale, ed ha rilevanza solo a livello interno. Si tratta in pratica di una facoltà discrezionale del Governo federale, che incontra il solo limite dell’abuso di potere.

La Costituzione tedesca permette ai Laender di concludere trattati con paesi esteri nelle materie in cui hanno competenza legislativa: tale diritto, in ogni caso, si estende, come ha sottolineato il Tribunale costituzionale, anche alle materie ricadenti nella loro competenza amministrativa, derivandone così la capacità dei Laender di stipulare anche accordi amministrativi internazionali.

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L’interpretazione del III comma dell’art. 32 GG ha dato luogo a notevoli controversie tra Bund e Laender riguardo all’ambito delle competenze “esclusive” di questi ultimi in materia. All’affermazione, da parte del Governo federale, della propria competenza a concludere contratti anche in tale ambito, si contrapponeva la difesa, da parte dei Laender meridionali, dell’esclusività dei loro poteri in merito.

Nella prassi, la questione fu risolta tramite una negoziazione tra Governo federale e Laender che si concluse nel 1957, con il cosiddetto “lindauer abkommen”, applicato specialmente in relazione agli accordi di tipo culturale; ove infatti vengano stipulati tali trattati, si realizza un complesso tipo di cooperazione tra le due istanze. In virtù di tale accordo, qualora lo Stato federale concluda trattati internazionali in materie ricadenti nella competenza esclusiva dei Laender, occorrerà la loro approvazione formale prima della ratifica del testo, oltre alla loro partecipazione ai negoziati.

C) LA COOPERAZIONE NELL’AMBITO DEGLI AFFARI COMUNITARI

In seguito alla revisione costituzionale intervenuta nel dicembre 1992, che ha riformulato il testo dell’art. 23 della Legge fondamentale, è prevista la collaborazione, nelle questioni relative all’Unione europea, fra Bundestag e Laender, attraverso il Bundesrat. Tale organo, in particolare, deve partecipare alla formazione della volontà del Bund qualora debba collaborare ad una corrispondente misura di diritto interno oppure qualora i Laender siano competenti per il diritto interno.

Qualora in una sfera di competenze esclusive del Bund siano toccati interessi dei Laender, oppure qualora il Bund abbia altrimenti il diritto di legiferare, il Governo federale deve prendere in considerazione la posizione del Bundesrat. Se sono coinvolte principalmente competenze legislative dei Laender, l’organizzazione di loro uffici o il loro procedimento amministrativo, nella formazione della volontà del Bund assume un rilievo determinante il parere del Bundesrat, anche se si prevede (co. 5) il mantenimento della responsabilità statale generale del Bund.

Se sono coinvolte principalmente competenze legislative esclusive dei Laender, la tutela dei diritti che spettano alla Repubblica federale tedesca quale membro dell’Unione europea deve essere trasferita dal Bund a un rappresentante dei Laender nominato dal Bundesrat. La tutela dei diritti si realizza comunque con la partecipazione del Governo federale e in accordo con il

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medesimo e, anche a tale riguardo, deve essere mantenuta la responsabilità statale generale del Bund (co. 6).

I Laender, infine, qualora spetti loro l’esercizio di competenze statali e l’adempimento di compiti statali, possono, con l’assenso del Governo federale, trasferire diritti di sovranità ad organizzazioni interregionali transfrontaliere (art. 24, co. 1a).

1.8. LE RELAZIONI FINANZIARIE NEL QUADRO DELLA GRUNDGESETZ

In uno Stato federale riveste particolare importanza la relazione tra il sistema di riparto delle competenze e il sistema delle relazioni finanziarie. La funzione fondamentale svolta dalla costituzione finanziaria consiste infatti nell’assegnazione dei mezzi economici per realizzare le funzioni attribuite alle diverse istanze.

Le relazioni finanziarie federali difficilmente possono essere ricondotte ad un unico modello, dovendosi fare in ogni caso riferimento sia alla distribuzione delle competenze legislative che alla distribuzione delle entrate.

La costituzione finanziaria del 1949 prevedeva una ripartizione di competenze tra Bund e Laender che sarebbe rimasta invariata fino alla riforma del 1969. Al Bund è attribuita competenza esclusiva in materia doganale e di monopoli fiscali, mentre una concorrenza federale è prevista su una serie tassativa di imposte. Il regime amministrativo fiscale originariamente delineato dalla Grundgesetz assegna al Bund il potere di direzione in tutti i settori da cui derivano entrate ed esige che i regolamenti emanati in questo campo dal Governo federale ottengano l’approvazione del Bundesrat qualora riguardino organi amministrativi dei Laender. Nel sistema così prefigurato, il Bund detiene un rilevante potere di direzione unitaria in tutti i settori in cui è direttamente coinvolto.

Quanto alla distribuzione delle entrate, l’art. 106 prevedeva la combinazione del sistema di separazione materiale delle fonti tra le diverse istanze e quello della riscossione congiunta con successivo riparto in base alle quote. Era prevista inoltre la potestà del Governo federale di effettuare trasferimenti a favore dei Laender finanziariamente più deboli. Dal riconoscimento di tale facoltà di sovvenzione federale è poi derivata, nella pratica, una serie di relazioni finanziarie tra Bund e Laender di dubbia costituzionalità, che si svolgevano ai margini del sistema di distribuzione delle entrate previsto dalla Grundgesetz.

La riforma del 1955 modificò il sistema di distribuzione delle entrate tra Bund e Laender, introducendo definitivamente il

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cosiddetto regime misto (verbundsystem): relativamente alle imposte assoggettate a tale regime la stessa Grundgesetz fissa le quote di partecipazione rispettivamente del Bund e dei Laender. Con tale riforma fu poi introdotta, sulla base dell’art. 107, la previsione di un primo riparto orizzontale, in virtù della regola generale di riscossione locale, delle imposte spettanti ai Laender. Fu altresì sancito l’obbligo di procedere ad una seconda distribuzione orizzontale di fondi, la cosiddetta perequazione finanziaria (horizontal finanzausgleich), per attuare un trasferimento di fondi dai Laender con maggiori possibilità finanziarie a quelli più deboli; tale meccanismo è disciplinato con una legge federale che richiede il consenso del Bundesrat. Tale previsione comportò, con la perequazione orizzontale, lo sviluppo progressivo di movimenti “clandesti-ni” di fondi finanziari e di relazioni interfederali di coordinazione e pianificazione “præter Constitutionem”.

Inoltre, l’astensione del Governo federale, costituzionalmente prescritta, da affari statali e locali, non durò a lungo. Vennero quindi assegnati contributi con fini specifici ai governi statali e locali per politiche industriali regionali, l’agricoltura ecc. Tra gli anni ’50 e ’60, quindi, il Governo federale provocò un mutamento di fatto dell’assetto costituzionale convogliando denaro federale in molteplici aree di intervento. A metà degli anni ’60, infine, il Governo federale, quelli statali ed i maggiori partiti politici decisero che i programmi di contributi federali dovevano essere legalizzati ed istituzionalizzati.

Si rese dunque insopprimibile l’esigenza di una ulteriore riforma del sistema finanziario federale che lo adeguasse alla realtà ed alle nuove esigenze: la legge di riforma delle finanze (Finanzreformgesetz) del 1969, cui si farà riferimento infra, diede a tale sistema la sua attuale configurazione.

1.9. L’INFLUENZA FEDERALE SUI LAENDER: LA “DIREKTIVE KOORDINATION”

È in virtù di alcuni meccanismi costituzionali che l’essenza del federalismo, ovvero la compatibilità tra pluralità di istanze ed unità dello Stato federale, viene garantita e realizzata. La Federazione, infatti, pur rispettando la libertà degli stati nelle rispettive sfere di poteri, esercita su di essi un’influenza che le permette di ricondurre ad unità le diverse istanze, attuando così una direzione unitaria dell’intero complesso statale.

Tale coordinazione si realizza innanzitutto tramite i meccanismi ordinari di distribuzione delle competenze: sia in campo legislativo che amministrativo, tecniche di competenza ripartita e concorrente

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consentono al Governo centrale di esercitare la propria influenza negli ambiti in cui i Laender svolgono la loro attività. La Legge fondamentale, infatti, fa del Bund il baricentro della funzione legislativa nelle materie di una competenza, mentre rimette ai singoli Laender il peso dell’amministrazione e in particolare l’esecuzione amministrativa delle leggi federali. Tra gli strumenti che il Bund ha a disposizione per garantire il principio di unità dello Stato, esercitando una ingerenza notevole nell’attività dei Laender, sono da annoverare le tecniche di ispezione, esecuzione ed intervento federale.

Una particolare facoltà di ispezione federale di carattere preventivo, autonomo e politico è quella prevista dall’art. 32 co. 3 GG ove si istituisce il potere discrezionale del Governo centrale di consentire la conclusione da parte dei Laender di trattati internazionali con stati esteri. D’altra parte, per quanto riguarda l’organizzazione costituzionale interna dei Laender, l’art. 28 GG assegna al Bund il compito di garantire il rispetto del principio di omogeneità.

2. STRUMENTI COLLABORATIVI, NON STRETTAMENTE ‘COOPERATIVI’, CARATTERIZZANTI LE RELAZIONI FEDERALI

Come si è già osservato in precedenza, ogni regime federale presuppone necessariamente, per sua natura, un livello di collaborazione minimale tra le diverse istanze di governo per assicurarne il corretto funzionamento e l’esistenza stessa.

Il regime federale tedesco, in particolare, dispone a questo scopo di tecniche e meccanismi di svariata natura, che è opportuno tuttavia differenziare dalla cooperazione federale in senso stretto, di cui sono solo generi prossimi. Si tratta quindi di meccanismi attraverso cui si realizza una collaborazione che “ottimizza” il funzionamento dell’in-sieme federale. Nonostante le diversità di natura, regime e problematiche giuridico-costituzionali tra essi intercorrenti, nella realtà delle relazioni federali è possibile individuare profonde interrelazioni e vincoli tra tali meccanismi. È comunque opportuno, per esigenze di sistematicità, esaminarli separatamente.

2.1. I MECCANISMI DI INTERRELAZIONE DELLE COMPETENZE

Suppongono una divisione funzionale del potere statale effettuata dalla Costituzione federale e basata sulla concorrenza

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delle due istanze in una medesima funzione, ma con intensità e ambiti distinti. Si tratta quindi di un modo di divisione e distribuzione dei poteri e loro correlativa attribuzione alla titolarità di una delle due parti. Ognuna di esse detiene una parte del potere statale e all’interno della propria sfera lo esercita in modo discrezionale e indipendente, prendendo le proprie decisioni in estrema libertà, qualunque sia l’estensione dell’ambito ad essa riconosciuto: tutto ciò si svolge tuttavia in un quadro costituzionalmente previsto di relazioni tra le parti.

La concorrenza, in cui il meccanismo di interrelazione si concretizza, può verificarsi, in primo luogo, tra funzioni della stessa natura e riguardo ad una medesima materia.

A questo proposito occorre distinguere tra concorrenza “perfetta” e concorrenza “imperfetta”. Il primo caso ricorre in occasione dell’attri-buzione in forma “esclusiva” oppure in forma “condizionata” delle competenze che risultano dalla ripartizione. In quest’ultima ipotesi, una volta verificatasi la condizione abilitante, il Bund potrà esercitare la relativa potestà legislativa, “occupando” così la materia e precludendo l’uso della stessa competenza da parte dei Laender. Tale sistema di concorrenza prevede anche una interrelazione tra funzioni di diversa natura, come quella legislativa ed esecutiva, e ad ogni parte spetta esercitarne una riguardo alla stessa materia. Il secondo caso, invece, prevede una sorta di sovrapposizione di poteri della stessa natura: mentre l’istanza centrale determina il “quadro”, ossia i principi per la regolamentazione di un dato settore, le istanze statali provvedono al loro “sviluppo” e alla loro attuazione.

2.2. I MECCANISMI DI COORDINAZIONE

La coordinazione si attua sulla base di un accordo delle parti sul modo di esercizio delle rispettive competenze, in posizione di reciproca parità, e senza che ciò comporti alcun pregiudizio all’integrità dei loro poteri e alla loro autonoma capacità di decisione. È quindi una concertazione volontaria dei criteri di attuazione delle rispettive competenze, talvolta formalizzata, talvolta espressa in via informale.

La coordinazione tra le diverse istanze federali, benchè non prevista dalla Grundgesetz, è tuttavia ritenuta costituzionalmente legittima; essa inoltre ha assunto in Germania una notevole rilevanza, caratterizzando i rapporti tra Bund e Laender e tra questi ultimi, in tutti i settori di comune interesse, oltre che in campo esecutivo-amministrativo.

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Tale meccanismo, in particolare, consiste nel reciproco apporto di informazioni e proposte per la determinazione di un comune parametro, in base al quale impostare l’esercizio dei rispettivi poteri, e nel progetto di obiettivi alla cui attuazione tale esercizio deve essere preordinato. La coordinazione può svilupparsi tanto in senso orizzontale che verticale.

A) LA COORDINAZIONE ORIZZONTALE

Tale tipo di coordinazione tra Laender si realizza tramite organi comuni creati con accordi stipulati dagli stati in via informale e riguarda in pratica tutti gli ambiti di loro competenza.

Nel senso di una coordinazione generale opera la “Conferenza dei Ministri — Presidenti dei Laender”, che nelle sue sedute affronta principalmente problemi generali di comune interesse. Si rivela strumento talvolta addirittura più efficace ed incisivo del Bundesrat, mediante il quale i Laender fanno valere i propri interessi nella vita politica federale. I problemi interni di organizzazione e funzionamento dei parlamenti statali e la deliberazione di progetti di disciplina della relativa materia sono invece demandati ai presidenti dei Landtage che si riuniscono, per l’appunto, nella “Conferenza dei presidenti dei parlamenti statali tedeschi”.

Una coordinazione più specificamente settoriale, che abbraccia tutti i livelli gerarchici dell’ambito esecutivo-amministrativo di competenza dei Laender, è sviluppata da un ragguardevole numero di organi comuni. Si ricordino, a titolo di esempio, la “Conferenza dei Ministri delle Finanze”, in certa misura vincolata al Bundesrat, la “Conferenza permanente dei Ministri dell’Interno” e la “Conferenza Permanente dei Ministri della Cultura” (kultusministerkonferenz).

B) LA COORDINAZIONE ‘VERTICALE’

Uno strumento di raccordo Bund-Laender che vanta un’antica tradizione in Germania, pur non essendo previsto dalla Grundgesetz, è rappresentato dagli “inviati plenipotenziari dei Laender presso il Bund”. Tali delegati rappresentano il Governo del Land dinanzi alle supreme istanze esecutive federali, realizzando una funzione diplomatica che consente contatti, informazioni e relazioni permanenti tra i due governi. Lo scopo è quello di curare gli interessi del Land nell’ambito del-l’attività degli organi del Governo federale. Tra le vastissime funzioni dei plenipotenziari rientrano anche la direzione della delegazione del Land in seno al Bundesrat

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in assenza del suo Ministro-Presidente e contatti con altri Laender riguardo a questioni di rilevanza federale.

La coordinazione tra Bund e Laender è particolarmente agevolata dalla presenza, ad ogni livello organizzativo e con estensione a tutti gli ambiti della loro attività pubblica, di specifiche istituzioni comuni. A livello legislativo, per esempio, a fianco del Bundesrat, viene in rilievo la “interparlamentarische arbeitsgemeinschaft”, il cui compito è quello di discutere questioni di interesse generale ed elaborare progetti comuni in materia di diritto parlamentare. La “agrarministerkonferenz” e la “konferenz fuer raumordnung”, per citare altri esempi, realizzano una intensa coordinazione nell’ambito della pubblica amministrazione.

Ad un livello amministrativo intermedio vi sono poi il “Consiglio tedesco per l’insegnamento”, il “Consiglio per la scienza”, la “Com-missione tedesca per l’insegnamento e l’educazione”, la “Commissione per il finanziamento della ricerca” (su cui cfr. infra).

2.3. I MECCANISMI DI ASSISTENZA

Tale istituto è previsto dalla stessa Grundgesetz come un dovere costituzionale di tutte le istanze federali. L’art. 35 recita infatti: “Tutte le autorità del Bund e dei Laender si prestano reciprocamente assistenza giuridica ed amministrativa (rechts-und amtshilfe); tale dovere tende comunque ad espandersi anche al di fuori dell’ambito specifico per il quale è stato previsto.

È inoltre possibile che la funzione di assistenza si realizzi attraverso meccanismi, come la coordinazione, non espressamente previsti dalla Costituzione, con i quali si instaurano vincoli particolarmente stretti. In pratica, qualora un soggetto dello Stato-ordinamento non disponga della possibilità o dei mezzi per compiere efficacemente le funzioni che gli competono, in virtù del dovere di assistenza l’altra istanza interverrà mettendo a disposizione i mezzi materiali e personali necessari, ovvero realizzando essa stessa l’attività in questione.

L’ottemperamento di questo dovere richiede la stipulazione di accordi tra le parti, in forza dei quali vengono istituiti appositi organi misti, o viene conferito un mandato ad un organo di una delle due istanze, che viene incaricato di compiere determinate funzioni o di sostenere l’attività altrui.

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A) L’ASSISTENZA ‘ORIZZONTALE’

Qualora l’assolvimento di una funzione si riveli troppo costoso o inefficace se effettuato dalla totalità dei Laender, questi ultimi possono “incaricare” un organo di uno di essi della realizzazione di tale compito. In tal senso, previo accordo con gli altri Laender, l’organo in questione provvede ad esercitare in via fiduciaria la funzione che gli è stata attribuita, a beneficio proprio e degli altri stati.

La funzione di assistenza può essere anche adempiuta da organi comuni misti, facenti capo a più istanze; è un’ipotesi che si verifica quando si tratta di compiti duraturi.

B) L’ASSISTENZA ‘VERTICALE’

A questo proposito, sono particolarmente diffuse forme di assistenza in virtù delle quali determinati organi, specialmente dei Laender, svolgono attività di carattere generale a vantaggio dell’insieme delle istanze federali. In tal modo, i Laender consentono agli altri stati e allo stesso Bund di beneficiare delle attività di interesse generale messe in atto dai propri centri. È il caso, ad esempio, della “wasserschutz-polizeischule Hamburg”.

I vari Laender e il Bund partecipano sia alla direzione che alle spese sostenute dal centro in questione, mentre il Land cui esso appartiene prende parte alla sua gestione ed al suo controllo amministrativo e contabile.

3. LA COORDINAZIONE ‘SPONTANEA’ O ‘LIBERA’

3.1. LA DIFFERENZA TRA MODULI COLLABORATIVI QUALI LA “COORDINA-ZIONE” E LE RELAZIONI “COOPERATIVE” IN SENSO STRETTO

Nonostante il denominatore comune rappresentato da una impostazione collaborativa dei rapporti fra Stato federale e stati membri, le relazioni definite propriamente “cooperative” differiscono sensibilmente da tutte le altre forme di collaborazione interfederale cui precedentemente si è fatto cenno. Queste ultime sono istituti caratterizzati dal fatto che ad ogni parte spetta un preciso ambito di competenze ed una propria capacità autonoma di decisione; tale capacità, inoltre, è priva di ogni intrinseco condizionamento, anche nei casi in cui si trova a dover rispettare,

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come premessa di collaborazione, un quadro di riferimento prefissato, o un accordo relativo ad un obiettivo comune, oppure altro dovere di attuazione positiva. Ogni istanza, infatti, esercita in forma autonoma ed indipendente i poteri che ricadono nella propria sfera di attribuzione, naturalmente nel rispetto dell’ordine costituzionale che ne è condizione di legittimità.

Gli unici limiti all’esercizio di tali poteri sono rappresentati dalla loro stessa natura, nel caso delle interrelazioni di competenze, ovvero dalla volontà medesima delle parti, quando si tratta di coordinazione e di assistenza, o infine dall’obbligo di compiere un dovere costituzionalmente previsto, in relazione all’assistenza vicendevole.

La differenza tra questo genere di relazioni interfederali e i rapporti “cooperativi” in senso stretto è individuabile da un punto di vista qualitativo. La cooperazione, infatti, postula una forma “congiunta”, sia nell’attribuzione delle competenze alle diverse istanze che nell’eserci-zio delle medesime. Ne deriva una corresponsabilizzazione delle parti nella realizzazione di quelle funzioni o competenze che diversamente verrebbero attuate in forma autonoma e separata da ogni istanza. In altri termini, la condizione della concreta attuazione di una data competenza risiede nella forma “congiunta” adottata dalle parti nel suo esercizio: nella pratica si verifica la partecipazione delle varie istanze statali ad un unico meccanismo di decisione.

3.2. LA COOPERAZIONE ‘LIBERA’ O ‘SPONTANEA’ E IL PROBLEMA DELLA SUA AMMISSIBILITÀ COSTITUZIONALE

Riservando il tema della cooperazione “in senso stretto”, ovvero “costituzionalizzata”, ad un momento successivo della trattazione, è opportuno innanzitutto sviluppare un’analisi della cooperazione “non costituzionalizzata” o, per meglio dire, della coordinazione “spon-tanea”.

Le forme collaborative non sono mai state estranee alla tradizione federale tedesca. Risale infatti ai tempi dell’Impero del 1871 la conclusione di accordi o altri strumenti di cooperazione quali gli aiuti federali o l’amministrazione comune. Si trattava comunque di episodi isolati in un quadro tendenzialmente improntato alla separazione. Infatti, la collaborazione tra Bund e Laender e tra questi ultimi non era contemplata, in linea di principio, nel disegno originario dello Stato federale delineato dalla Legge fondamentale, che prevede una differenziazione tra sfere di competenze.

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Nella ripartizione dei compiti e delle funzioni statali, infatti, la Grundgesetz stabiliva in linea di principio un sistema di separazione (trennsystem). Non potendo d’altro canto trascurare l’intreccio di compiti che una struttura statale articolata comporta, la Costituzione stabilì una specifica disciplina, facendo del Bund il fulcro della funzione legislativa e rimettendo ai singoli stati le funzioni amministrative ed esecutive delle leggi federali. Inoltre attribuì agli organi federali strumenti direttivi di coordinamento dell’azione statale in certi ambiti e conferì ai Laender il potere di collaborare alla legislazione ed amministrazione del Bund attraverso il Bundesrat.

In ogni caso, la Legge fondamentale non stabilì regole esplicite per una volontaria collaborazione “cooperativa” tra Bund e Laender, nè sul-l’asse verticale della ripartizione delle attribuzioni, nè in senso orizzontale in relazione ai singoli Laender. Malgrado ciò si è sviluppata, in via informale, una prassi costituzionale che ha dato luogo, specie a livello governativo, ad una fitta rete di rapporti contrattuali e strumenti cooperativi di coordinamento, di diversa efficacia vincolante.

Tali relazioni hanno avuto origine in campo finanziario tramite sovvenzioni federali. Fu infatti a seguito di una insoddisfacente distribuzione tra le diverse istanze federali delle entrate pubbliche che furono istituiti fondi federali “irregolari”, amministrati dal Bund ai margini delle previsioni costituzionali; si stabilirono così numerose relazioni cooperative, in virtù delle quali il Bund acquisì poteri di partecipazione, nella sfera di competenza dei Laender, di gran lunga superiori a quelli attribuitigli dalla Grundgesetz.

In altre circostanze si è poi verificata la partecipazione del Bund all’attività di coordinazione svolta dai Laender, senza tuttavia quell’in-cisività che avrebbe potuto modificare la natura della collaborazione stessa, che restava così sostanzialmente determinata dal livello statale. È il caso della Commissione tedesca per l’educazione e la cultura o del trattato per l’istituzione di un Consiglio di ricerca scientifica.

L’intensificazione delle pratiche collaborative da un lato e, dall’al-tro, la presa di coscienza dell’importanza di tale evoluzione sono due fattori che hanno particolarmente favorito la trasformazione della cooperazione in un vero e proprio sistema che, in virtù della trama di contatti che ha tessuto, è venuto a formare una sorta di “Stato nello Stato”.

Lo sviluppo delle relazioni cooperative, essendo avvenuto nei vari stati federali per lo più in modo informale, spontaneo e ai margini

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dei testi costituzionali, solleva innanzitutto il problema della loro conformità al diritto esistente.

Nella Repubblica federale tedesca, infatti, la questione dibattuta in proposito riguarda il “diritto della coordinazione”, vale a dire il modo di conciliare realtà cooperativa di fatto e dettami costituzionali. Si deve infatti ricordare che la Legge fondamentale non conteneva alcuna esplicita disposizione in materia, almeno fino al 1969.

In alternativa ad una drastica soppressione, in quanto contraria al diritto, della pratica ormai invalsa, il legislatore costituzionale tedesco, in sede di revisione della Legge fondamentale, ha preferito confermare la pratica stessa, formulandola in termini giuridici e modificando, all’occorrenza, la normativa vigente.

A) ARGOMENTI ADDOTTI A SOSTEGNO DELL’INCOSTITUZIONALITÀ DELLA COORDINAZIONE SPONTANEA

A. IL PRINCIPIO DI AUTONOMIA DEI LAENDER

La dichiarazione, in seno all’art. 79 co. 3 Grundgesetz, dell’intangi-bilità della divisione del Bund in Laender e della partecipazione di questi ultimi alla legislazione, sancisce la reciproca indipendenza, nonchè separazione, delle due istanze: tale principio si traduce in una garanzia, se non addirittura in una consacrazione, dell’autonomia degli stati membri. Si tratta quindi di individuare l’esatta portata di tale separazione ed autonomia per poter valutare le conseguenze che ne derivano sul piano della coordinazione spontanea.

A questo riguardo sono state formulate due diverse concezioni della Legge fondamentale, che comportano altrettante teorie sull’ammissibi-lità o meno di una cooperazione. Secondo la tesi della “separazione assoluta”, la Legge fondamentale contiene una disciplina esaustiva delle relazioni federali, e la ripartizione dei poteri da essa prevista è priva di qualsiasi lacuna. Ne consegue, in modo evidente, il divieto di tutto ciò che essa non dispone esplicitamente, come ad esempio attribuzioni comuni o amministrazione mista di Bund e Laender, giudicati irregolari perchè comprometterebbero la separazione.

Un’interpretazione meno rigida di questa tesi, pur consacrando il principio generale della separazione dei vari organi, ammette la coordinazione, riconoscendone però il carattere puramente

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eccezionale. La tesi della “separazione attenuata” si rivela più realistica della precedente e si basa su un’analisi più attenta della Legge fondamentale, dimostrando la relatività del principio di separazione. Essa prende innanzitutto in considerazione un principio di diritto non scritto, ossia non previsto dalla Costituzione ma da essa implicitamente supposto e inerente alla natura stessa dello Stato federale. Si tratta dell’obbligo di leale collaborazione, che consente di risolvere in modo amichevole i contrasti tra le varie istanze grazie alla valutazione degli interessi della collettività nel suo insieme. Se interpretata alla lettera, infatti, la ripartizione di competenze, all’interno di uno Stato federale, porta inevitabilmente al sorgere di conflitti; la lealtà federale, quale elemento conciliatore e di armonizzazione, tende ad attenuare e ad evitare tali difficoltà, inducendo Bund e Laender alla concertazione ed alla coordinazione. Il suo campo di applicazione è quindi, comprensibilmente, vastissimo, in quanto tale principio consente di soddisfare esigenze di omogeneità ed unitarietà poste e non risolte dalla Legge fondamentale.

Un altro principio operante nel senso di una interdipendenza tra Bund e Laender è quello della responsabilità solidale, che occupa un posto di rilievo nella Legge fondamentale e si esprime nettamente sia in campo finanziario che in campo amministrativo; nel primo, in relazione alla perequazione finanziaria verticale ed orizzontale e, nel secondo, a proposito della mutua assistenza giuridica e burocratica tra le diverse istanze prevista come obbligo dall’art. 35 GG. In conclusione, il principio di separazione previsto dalla Legge fondamentale nei vari settori legislativo, amministrativo e finanziario si rileva essere rigoroso nel primo, ma nettamente più attenuato ed indeterminato negli altri due, dove, di conseguenza, la cooperazione è più diffusa.

B. IL PRINCIPIO DI SOVRAORDINAZIONE DEL BUND

La peculiarità della posizione del Bund nell’ambito della compagine federale risiede nel fatto che esso è garante dell’unità dell’ordinamen-to; ciò significa che esso è responsabile, da un lato, della conservazione e della supervisione e, dall’altro, dell’indirizzo e dell’innovazione del sistema complessivo. Per la specificità di tale missione il Bund è dotato di competenze particolari, che gli consentono di neutralizzare qualunque ingerenza nel suo campo d’azione e di obbligare i Laender a rispettare l’unità di cui esso è garante. Le disposizioni di cui agli artt. 28 e 29 GG, ad esempio, si

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riferiscono direttamente alla “sovraordina-zione-separazione” del Bund, limitando così l’autonomia dei Laender.

In particolare, per quanto riguarda la ristrutturazione del territorio federale, è il Bund che decide secondo regole di forma prestabilite, senza lasciare spazio ad alcuna coordinazione con i Laender, che vanno semplicemente interpellati solo se interessati. Anche a proposito del principio di omogeneità il Bund, dovendo farsene garante, finisce per ricoprire un ruolo direttivo. Infatti, l’ordine costituzionale dei Laender, ai sensi dell’art. 28 GG, deve conformarsi ai principi dello Stato di diritto repubblicano, democratico e sociale, mentre l’art. 31 afferma la superiorità del Bund, il cui diritto prevale sulle norme statali in caso di conflitto con le medesime.

La sovraordinazione del Bund, che in ambito amministrativo, e in particolare riguardo all’esecuzione delle leggi federali da parte dei Laender, si riduce in realtà ad un controllo, si afferma invece più marcatamente in campo finanziario ed economico.

C. L’INDISPONIBILITÀ DELLE COMPETENZE

Le competenze attribuite dalla Costituzione al Bund ed ai Laender sono indisponibili e di conseguenza modificabili solo mediante una revisione costituzionale o altre forme prescritte a tale fine. Ciò comporta che qualunque trasferimento di competenze si rivela illegittimo, mentre l’aggregazione e la delimitazione delle attribuzioni possono far sorgere alcuni dubbi.

In particolare, a proposito della delimitazione delle competenze, la dottrina tedesca non adotta una posizione univoca, ma piuttosto oscilla tra la condanna, il dubbio, il silenzio e l’approvazione. È infatti compito assai delicato tracciare una linea di demarcazione tra l’interpreta-zione, autorizzata, e la modificazione, vietata, della Costituzione.

La legittimità di accordi come quello di Lindau dipende dal fatto che Bund e Laender abbiano realmente cercato d’interpretare la Legge fondamentale o si siano semplicemente limitati a stringere rapporti amichevoli a dispetto del testo costituzionale.

L’associazione di competenze, d’altro canto, per essere regolare necessita che Bund e Laender possiedano fin dall’inizio un titolo che li abiliti ad intervenire. Tale condizione, la cui esistenza è dubbia in ambito finanziario, è invece soddisfatta pienamente in materia amministrativa, settore in cui la separazione è attenuata.

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Infine, si osserva che una cooperazione che implichi un trasferimento di competenze, comportante una rinuncia alle medesime da parte del loro titolare, costituisce un attentato alla ripartizione delle attribuzioni, alla certezza del diritto ed al principio di legalità.

Il divieto di tale forma di trasferimento è dunque rigoroso e subisce un’unica eccezione nel caso della delegazione di poteri, quale è consacrata, in materia legislativa, dall’art. 71 Grundgesetz a favore dei Laender.

Tra gli episodi di coordinazione in cui si è verificato un discutibile trasferimento di competenze si ricorda, ad esempio, il caso in cui i Laender si sono privati di parte dei loro poteri accettando la creazione di unità di polizia di riserva sul loro territorio sotto lo stretto controllo del Bund. Altrettanto incostituzionali sono stati giudicati gli accordi con cui il Bund ha attribuito ai Laender il controllo dei passaporti e l’esercizio dei poteri di polizia della navigazione.

Dall’analisi che precede è difficile trarre una conclusione univoca e rigorosa, come pretenderebbero i sostenitori di una rigida separazione. Di conseguenza, la coordinazione che si è instaurata spontaneamente non potrà essere rigettata a priori ed in modo globale, sulla base di un generico rilievo di “incostituzionalità”.

B) IL FONDAMENTO DELL’AMMISSIBILITÀ COSTITUZIONALE DELLA COORDI-NAZIONE SPONTANEA

Come è noto, la Legge fondamentale tedesca determina la ripartizione dei poteri statali tra le varie istanze federali, che sono perciò tenute a rispettarla; non vi è quindi alcuna possibilità di alterare, sia unilateralmente che bilateralmente, tale ordine prestabilito. Vige perciò il principio dell’indisponibilità dell’ordine di distribuzione dei poteri stabilito dalla Costituzione federale; di conseguenza, al di fuori dei casi espressamente previsti in tale testo, che sanciscono in modo esplicito l’obbligo o la facoltà delle parti di adottare un regime di cooperazione, la separazione e l’indipendenza delle diverse istanze sarà la regola.

Qualunque modificazione dell’ordine così affermato, quand’anche realizzata col consenso delle parti interessate, presuppone, per essere legittima, un procedimento di riforma costituzionale regolato dalla stessa Legge fondamentale.

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L. MEZZETTI

La cooperazione cosiddetta “libera”, se non prevista dalla Costituzione, potrà essere stabilita, al di fuori di essa, solo in forma bilaterale, in base al libero accordo delle diverse istanze interessate.

È tuttavia parimenti vero che tale tipo di relazioni presuppone un reciproco vincolo dei poteri di cui le parti autonomamente dispongono, vale a dire un regime di interdipendenza delle competenze, laddove la Costituzione ne prevede uno di indipendenza.

Si porrà allora alle parti il problema di come stabilire tali relazioni di cooperazione senza che ne derivi una alterazione del sistema di distribuzione dei poteri costituzionalmente disposto. In altri termini, è necessaria una conciliazione tra cooperazione disposta in base al mero accordo delle volontà delle parti e ordine di competenze stabilito dalla Costituzione. Come ricondurre, quindi, sul terreno della legittimità costituzionale una vasta serie di relazioni e pratiche ormai invalse? La soluzione adottata prevede che le parti, pur non potendo disporre della titolarità delle competenze loro assegnate, godano invece della piena disponibilità dell’esercizio delle stesse. Non potranno quindi cedere o acquisire poteri costituzionalmente attribuiti, ma saranno in grado di disporre discrezionalmente sul modo di esercizio delle proprie competenze.

Il limite posto dalla Costituzione alla cooperazione “libera” è quindi rappresentato dalla indisponibilità della titolarità delle competenze: ogni parte deve mantenere integralmente i poteri che le sono stati conferiti. La possibilità di scindere tra “titolarità” ed “esercizio” consente, in tal modo, lo sviluppo di relazioni cooperative ai margini della Costituzione. La cooperazione potrà così comportare un trasferimento di poteri da un’istanza ad un’altra, ma solo quod usum, e propriamente a titolo di mandato. “Ciò si verifica qualora si costituiscano organi comuni, o si ammette la partecipazione di istanze diverse nel proprio ambito di competenza, oppure quando si affidano ad una certa istanza in via fiduciaria funzioni proprie delle rimanenti istanze” (de Vergottini).

A differenza, quindi, della cooperazione costituzionalizzata, che comporta una “attribuzione congiunta” di competenze, la cooperazione non costituzionalizzata, di carattere volontario, consiste in un “modo congiunto di esercizio” di competenze, prossimo, per sua natura, alla coordinazione.

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RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA

3.3. LO STATUS DELLE PARTI NELLE RELAZIONI COOPERATIVE

Nelle relazioni di cooperazione volontaria libera, in cui vige il principio di corresponsabilità, non è concepibile l’esistenza di un rapporto di disuguaglianza, o addirittura di subordinazione, tra le parti. La loro posizione deve essere, al contrario, di assoluta uguaglianza e parità, per consentire la libera concertazione di accordi volontari. Non è infatti pensabile che una delle parti possa acquisire, nell’ambito di competenza altrui, poteri di intervento più estesi di quanto non preveda la stessa Costituzione: è quindi soltanto in forma libera e volontaria che le diverse istanze possono affidare alle altre, ai fini del processo cooperativo, l’esercizio di poteri di cui godono in via esclusiva. Da tale autonomia deriva perciò la posizione di uguaglianza che, nelle relazioni cooperative volontariamente instaurate, è propria delle parti.

Tuttavia, nell’ipotesi di cooperazione contemplata da previsione costituzionale, può verificarsi che la stessa Costituzione, nel regolare le reciproche posizioni delle parti, attribuisca diritti specifici ad alcune di esse. In ogni caso, tuttavia, tale introduzione di elementi di differenziazione tra le diverse istanze non impedisce alle parti di mantenere la loro posizione di sostanziale uguaglianza.

Dall’esigenza che ogni istanza mantenga la titolarità delle proprie competenze istituzionali deriva poi la necessità che le decisioni degli organi di cooperazione siano adottate ricorrendo al principio della unanimità. Nessuna istanza, infatti, può accettare che i propri poteri, nel processo cooperativo, siano compromessi più di quanto essa stessa abbia volontariamente stabilito; gli accordi presi in proposito devono quindi ottenere il consenso di ciascuna delle parti interessate.

Si tratta tuttavia di un principio solo tendenziale. In alcuni casi di cooperazione costituzionalizzata, infatti, vige il principio di maggioranza.

Pure in ipotesi di cooperazione volontaria non costituzionalizzata può riscontrarsi l’adozione del principio del voto maggioritario. L’esigenza dell’unanimità, infatti, può talvolta costituire un ostacolo alla cooperazione; per questo motivo va sempre più diffondendosi, nella prassi statale, una certa tendenza ad estendere il principio di maggioranza a tutte le decisioni degli organi della coordinazione. È stata addirittura proposta l’introduzione generalizzata del principio di maggioranza come regola principale di decisione nel processo cooperativo, senza tuttavia che con ciò risulti modificata la posizione di uguaglianza delle parti in tali relazioni.

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L. MEZZETTI

4. IL FUNZIONAMENTO DELLA COORDINAZIONE SPONTANEA

4.1. L’AMBITO APPLICATIVO DELLA COORDINAZIONE SPONTANEA

La cooperazione favorisce il superamento degli inconvenienti relativi al sistema di ripartizione delle competenze, ovvero la separazione degli organi e la divisione delle materie. Essa si estende a tutte le competenze, chiunque ne sia il titolare, purchè naturalmente esista un legame tra quelle statali e quelle federali. Lo scopo è di ritrovare unità e coesione all’interno del sistema stesso.

A) L’INTRECCIO DELLE COMPETENZE

La Legge fondamentale, pur prevedendo due livelli per una ripartizione di base delle competenze, non esclude in modo categorico, anzi talvolta prevede, una collaborazione fra i livelli medesimi.

Ma è soprattutto in virtù dell’applicazione combinata di diverse norme costituzionali che possono verificarsi intrecci di competenze. Tale fenomeno si è verificato in modo particolarmente evidente in materia di insegnamento e ricerca, da un lato, e di polizia, dall’altro. Tali esperienze hanno dimostrato come la cooperazione possa “precedere” e, in alcuni casi, addirittura sostituire le disposizioni costituzionali; esse hanno altresì rivelato come spesso i tentativi di coordinazione, che si realizzano attraverso la creazione di regole ed organismi ad hoc, sono destinati a fallire.

B) L’INTERDIPENDENZA DELLE COMPETENZE

Pur non essendo espressamente prevista dalla Legge fondamentale, la coordinazione si impone in modo particolare per effetto dell’inter-dipendenza di competenze che risulta dal quadro costituzionale. Essa costituisce, infatti, una garanzia di unità ed uniformità all’interno dell’ordinamento, laddove la divisione dei poteri potrebbe invece rappresentare un fattore di dispersività e di incoerenza degli interventi del Bund e dei Laender.

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RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA

A. L’AMBITO LEGISLATIVO

Esiste innanzitutto una innegabile interdipendenza tra le competenze legislative del Bund e l’amministrazione dei Laender quando quest’ul-tima consiste nell’esecuzione di leggi federali. Ha luogo, infatti, a tale proposito, una concertazione tra Bund e Laender al di fuori del quadro costituzionale.

Se l’esecuzione avviene mediante l’amministrazione delegata ai Laender, il Bund preferisce infatti ricorrere alla concertazione con i medesimi, piuttosto che rivolgersi loro impartendo istruzioni generali e speciali. Ad esempio, in un caso di amministrazione delegata come quello della gestione delle strade federali e delle autostrade, i funzionari del Ministero federale dei trasporti si riuniscono insieme ai colleghi operanti a livello statale ed elaborano in comune delle direttive; queste vengono poi comunicate alle varie amministrazioni tramite una circolare ministeriale, che chiede loro di adottarle come regolamento interno.

Il potere di comando del Bund viene quindi sostituito da atti amministrativi liberamente adottati dai Laender.

Per quanto riguarda l’esecuzione di leggi federali mediante l’ammi-nistrazione propria dei Laender, il diritto del Bund di dare istruzioni è limitato alla formulazione di regole generali, così come il controllo fa riferimento solo alla legittimità.

La cooperazione ha origine nei comitati amministrativi di funzionari e si sviluppa fino alle conferenze interministeriali ove sono adottate le direttive.

In casi meno frequenti possono poi stabilirsi vincoli tra le competenze legislative del Bund e quelle dei Laender. Sono ipotesi piuttosto rare in quanto l’art. 31 Grundgesetz sancisce la prevalenza del diritto federale su quello statale, escludendo quindi che su uno stesso oggetto possano coesistere entrambi i tipi di norme. Esistono tuttavia casi in cui tale fenomeno si verifica, per il fatto che la Legge fondamentale, nell’effettuare la ripartizione di una materia, tiene conto dei suoi diversi aspetti nazionali e locali. Così, per la procedura amministrativa, è stabilito che i Laender, nel loro ambito di competenza, possono liberamente organizzare i propri servizi senza intromissione del Bund.

Anche in materia di funzione pubblica il testo costituzionale ha stabilito competenze parallele: al Bund la legislazione-quadro sullo statuto generale e ai Laender la legislazione di dettaglio relativa ai funzionari. Ed ancora una volta si assiste alla complementarietà, in nome dell’uniformità, tra legge e cooperazione: quest’ultima ha lo scopo di colmare il vuoto creato dalla mancanza di una legge o di

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preparare il terreno alla relativa emanazione. In molti casi la cooperazione è comunque particolarmente auspicabile, in quanto consente di evitare pubblicità e formalismi, inevitabili nei dibattiti parlamentari.

B. L’AMBITO AMMINISTRATIVO

La Legge fondamentale, nella ripartizione delle competenze amministrative “autonome”, dà adito a numerose incertezze, anche a proposito delle cosiddette “ungeschriebene kompetenzen”, di cui si è precedentemente fatto cenno.

Si sono quindi rese attuabili, nella pratica, numerose “associazioni” tra Bund e Laender. In molti casi, infatti, i rispettivi esecutivi, nel-l’esercizio del loro potere di organizzazione, adottano decisioni amministrative che danno luogo ad una coordinazione. È quanto avviene in materia di funzione pubblica, per le situazioni non previste o regolamentate da una legge federale.

Anche nel campo della edilizia, Bund e Laender hanno dato vita a norme uniformi, oltre ad aver consentito al coordinamento delle autorizzazioni amministrative. In virtù di un accordo del 1954, Bund e Laender hanno stabilito il contenuto dei regolamenti edilizi che spetta ai Laender adottare; nel 1958 il Bund ha aderito ad una convenzione in base alla quale la procedura di autorizzazione di nuovi materiali e metodi di costruzione è stata regolata in modo uniforme su tutto il territorio della Repubblica federale e a Berlino.

Talvolta, la cooperazione si verifica in materie che, in linea di principio, sono di competenza dei Laender e in cui l’intervento del Bund si giustifica in virtù della sua responsabilità per l’ordine federale ed il mantenimento dell’unità economica: esemplari, a tale riguardo, sono i piani federali di sovvenzione.

Si tratta tuttavia, il più delle volte, di una cooperazione condizionata. Infatti, se il Bund elargisce ai Laender un contributo finanziario o ne finanzia integralmente un progetto, allo stesso tempo impartisce direttive con cui determina la misura del concorso del Land, i propri diritti di controllo e le modalità di utilizzazione ed amministrazione dei crediti. Tale ingerenza si è verificata relativamente ai piani di aiuto agli stati, oltre che alle misure a favore delle strutture agricole, ed è stata giustificata dal Bund sulla base dell’iscrizione dei crediti nel bilancio federale. Il Bund ritiene, infatti, data la sua responsabilità davanti al Parlamento federale, di avere il diritto di controllare l’impiego che viene fatto da parte dei Laender dei mezzi finanziari messi a loro disposizione. Il fatto poi

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che sia necessario il loro consenso per l’attua-zione di tali piani non esclude una loro inferiorità in questo campo, posizione che mal si concilia con le esigenze egualitarie della coordinazione. L’associazione tra Bund e Laender può avere anche ad oggetto l’assolvimento di prestazioni, in particolare in materia di formazione professionale. Appositi organismi comuni sono stati creati a tale scopo, come l’Istituto di polizia di Hiltrup e la Scuola superiore di amministrazione di Spira.

4.2. LE MODALITÀ DI COORDINAZIONE DI COMPETENZE

A) LA RIPARTIZIONE DI COMPETENZE

Si rende spesso necessario, quando il riparto effettuato dalla Legge fondamentale è particolarmente incerto od indeterminato, che Bund e Laender provvedano ad individuare nel testo costituzionale stesso i criteri per una concreta e ben definita attribuzione di competenze. Essi potranno, in primo luogo, effettuare una “interpretazione” delle norme ivi dettate: si configura come tale, ad esempio, l’accordo relativo alla delimitazione di competenze amministrative in materia di aviazione civile.

La reciproca delimitazione di campi è stata ottenuta anche tramite la “concertazione” sull’esercizio delle proprie competenze: ciò si è verificato, a proposito della conclusione dei trattati internazionali, nell’ac-cordo di Lindau. Essa costituisce per l’appunto, più che una interpretazione, un accordo sulla delimitazione dell’esercizio dei rispettivi poteri.

Tramite convenzioni è, infine, possibile realizzare un “trasferimen-to” di competenze tra Bund e Laender: in questi casi, i Laender intervengono in luogo del Bund ed esso, a sua volta, agisce per loro conto. In questa prospettiva sono stati stipulati numerosi accordi, tra cui quelli relativi alla creazione di forze di polizia di riserva nei Laender, che conferiscono al Bund una parte rilevante dei poteri di polizia, oppure quelli che attribuiscono ai Laender il potere di controllare i passaporti alle frontiere.

Di particolare importanza sono poi gli accordi sulle vie federali di navigazione: mentre infatti l’art. 89 GG ne attribuisce l’amministra-zione ad un Land, essi ne prevedono invece la gestione ad opera del Bund. In virtù di tali accordi viene inoltre conferito ai Laender l’esercizio di poteri di polizia sulle vie navigabili federali, per garantire la sicurezza e la facilità di circolazione delle navi e per controllare le carte di navigazione. Il fondamento della legalità di tali

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trasferimenti è stato stabilito da una legge federale del 1956 che autorizzò la conclusione di accordi amministrativi con i Laender in materia di polizia fluviale.

Quanto agli effetti esterni, tale trasferimento si attua sempre all’in-segna del principio di separazione, limitandosi quindi ad attuare una nuova ripartizione di competenze; quanto invece ai rapporti interni, esso comporta sovente l’attribuzione di un diritto di controllo di una istanza sull’altra.

B) L’ESERCIZIO CONCERTATO DI COMPETENZE

Si tratta di una modalità particolarmente ricorrente nelle pratiche cooperative: una delle parti associa l’altra in un’operazione o nell’emanazione di un atto rientrante nelle sue competenze.

La concertazione più “ortodossa” nel sistema di coordinazione spontanea è quella posta in atto sulla base di un accordo comune tra Bund e Laender, vale a dire “volontaria”. La concertazione volontaria può anche — più semplicemente — basarsi sulla pratica, riuscendo ugualmente a sovrapporsi alle procedure ufficiali.

Per quanto riguarda la preparazione delle riforme costituzionali, la concertazione si effettua nell’ambito dei colloqui tra Cancelliere federale e ministri-presidenti dei Laender, tramite gli incaricati d’affari dei Laender ed in seno alle diverse conferenze e comitati in cui si riuniscono i rappresentanti federali e statali. Tali comitati e conferenze offrono al Bund e ai Laender l’opportunità di effettuare scambi di informazioni e di assumere notizie sulle reciproche posizioni, per poi assicurarsi il vicendevole concorso. Ciò si verifica in particolare per le direttive riguardanti le vie di comunicazione federali, che sono frutto di una concertazione che non pregiudica le rispettive responsabilità, dando luogo, in pratica, all’emissione di atti paralleli.

Ad un livello intermedio tra la concertazione volontaria e quella imposta si collocano le sovvenzioni accordate dal Bund ai Laender. Essendo infatti tali crediti inscritti nel bilancio federale, il Bund non ha rinunciato ad imporre certe condizioni ai Laender, facendo in tal modo venire meno l’elemento “volontario” di tale concertazione. Essa tuttavia non può neppure definirsi propriamente “imposta”, perchè i Laender possono rifiutare la concessione dei crediti federali e, talvolta, le stesse direttive del Bund sono oggetto di una negoziazione preliminare.

Di vera e propria concertazione “imposta” si può parlare facendo riferimento a quella disposta dalla Legge fondamentale o da una

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legge federale. In particolare, l’art. 35 Grundgesetz prevede l’aiuto reciproco in campo amministrativo e giudiziario come un obbligo di concertazione: tale dovere di assistenza, essendo disposto in termini chiari ed inequivocabili dallo stesso testo costituzionale non può farsi rientrare nella categoria della coordinazione cosiddetta “spontanea”.

Un ruolo determinante è quindi svolto dalla precisione delle norme costituzionali. Di conseguenza, le disposizioni che — ad esempio — incaricano il Bund di disciplinare la cooperazione in materia di polizia, essendo meno puntuali, gli concedono un margine più ampio di libertà e discrezionalità nell’esercizio dei relativi poteri.

Talvolta è invece la legge ordinaria federale ad istituire un obbligo di concertazione, concretantesi in un semplice obbligo di informazione ovvero in una diretta presa di contatto tra Bund e Laender. In rapporto al primo di questi casi si pone la legge per la stabilizzazione e la crescita dell’economia, che obbliga Bund e Laender a scambiarsi vicendevolmente informazioni al riguardo.

La legge sugli stranieri, che subordina il potere del Laender di accordare un permesso di soggiorno, e di respingere od espellere uno straniero, ad una presa di contatto col Ministro federale dell’Interno, rientra invece nel secondo dei casi sopra prospettati. Quest’ultimo tipo di concertazione, di origine “federale”, testimonia il grado di reciproca implicazione del federalismo cooperativo e del processo di centralizzazione.

C) L’ESERCIZIO CONGIUNTO DI COMPETENZE

In questo caso l’integrazione tra Bund e Laender è totale, e può dare luogo ad atti comuni od all’attuazione di operazioni congiunte.

La fusione delle rispettive competenze non consente di imputare l’atto o l’operazione all’uno o all’altro ed il principio di “separazione”, così come la personalità delle parti, si dissolve per lasciare spazio alla loro “associazione”. Senza dubbio tale tipo di coordinazione rischia di porre radicalmente in discussione il sistema delineato dalla Legge fondamentale: la sua portata deve perciò essere limitata alle relazioni interne tra Bund e Laender e non sono ammessi effetti coercitivi riguardo a terzi.

Agli “atti comuni” rientranti in questa categoria appartengono senza dubbio le decisioni adottate da organi “misti”, come il Comitato per la ricerca o il Comitato tedesco per l’insegnamento, cui Bund e Laender partecipano in eguale misura. Si tratta di atti

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collettivi indivisibili, con forza di “raccomandazioni”, quindi non vincolanti per i cittadini nè tanto meno per i parlamenti del Bund e dei Laender. Vi appartengono anche le decisioni adottate nell’ambito delle Conferenze politiche o amministrative del Bund e dei Laender, comunque si definiscano: direttive, risoluzioni, accordi.

Allo stesso modo possono essere considerate azioni comuni, in quanto danno luogo ad una pianificazione congiunta e all’esecuzione comune dei lavori, sia la canalizzazione dei fiumi, sia la costruzione di università e il sostegno finanziario concesso ad istituti di ricerca, che sono i risultati di numerosi accordi amministrativi. Anche la polizia della navigazione, essendo materia di competenza simultanea del Bund e dei Laender, si presta particolarmente all’azione comune, anche se in pratica i due soggetti si sono accordati per ripartire i propri rispettivi interventi. La Scuola superiore di amministrazione di Spira, infine, è un esempio di come Bund e Laender hanno potuto associare le loro competenze allo scopo di fornire delle prestazioni, in questo caso, in particolare, nel campo della formazione professionale.

L’esercizio congiunto di competenze, in definitiva, può essere talvolta meno efficace od incisivo delle altre modalità di cooperazione in quanto meno vincolante, ma può d’altro canto prevalere sulla mera concertazione in virtù dei suoi effetti a favore dell’integrazione delle parti.

5. GLI ATTI DELLA COORDINAZIONE

5.1. GLI ACCORDI FEDERALI

A) AMMISSIBILITÀ, REGIME GIURIDICO E LIMITI DEGLI ACCORDI FEDERALI

L’accordo cooperativo è l’atto con cui Bund e Laender o diversi Laender si impegnano consensualmente all’espletamento di determinate attività ed al rispetto di regole comuni ed è uno degli strumenti usati più di frequente nella Germania federale per tentare di risolvere i problemi provocati da una rigida ripartizione di attribuzioni fra il Governo federale e gli stati, nonchè per affrontare quelle questioni che non possono trovare soluzione soltanto nell’ambito di un Land, ma richiedono un’azione coordinata dei Laender e del Bund.

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L’ammissibilità in linea di principio degli accordi di diritto federale non viene in alcun modo messa in discussione: è un dato di fatto che la collaborazione contrattuale è propria dell’essenza stessa dello Stato federale.

Il silenzio, in proposito, della Legge fondamentale, in linea con la precedente tradizione costituzionale, è generalmente spiegato adducendo motivi di economia legislativa: si afferma infatti che non è necessario “consacrare” nel testo costituzionale ciò che, in ogni caso, è considerato legale ed evidente. Sia la dottrina che la giurisprudenza, infatti, riconoscono in via generale la capacità naturale delle parti di stipulare accordi di diritto pubblico tra di loro.

I Laender possono quindi concludere accordi tra loro stessi negli affari che rientrano nel loro campo di attribuzioni, operando in tal modo un’armonizzazione sovraregionale, oppure con il Bund. Tale loro capacità è dunque incontestabile, innanzitutto perchè risulta dalla loro “sta-talità” e, a maggior ragione, perchè si fonda sulla previsione dell’art. 32 co. 3 Grundgesetz, che riconosce ai Laender la facoltà di stipulare trattati con gli stati esteri. Bund e Laender sono quindi in grado di instaurare rapporti giuridici contrattuali anche ai margini della struttura federale cosiddetta “ufficiale”, espressamente prevista dalla Legge fondamentale.

Accertata l’ammissibilità di tali forme di accordo, si tratta ora di prendere in esame il regime giuridico cui esse sono sottoposte, nonchè il loro ambito di applicazione (vertragstatut).

Riguardo alla questione relativa al diritto applicabile, il Tribunale costituzionale federale ha dichiarato che “i rapporti interni allo Stato federale sono, in virtù del diritto della Legge fondamentale, esclusivamente disciplinati dal diritto costituzionale federale. In tal senso, non vi è posto per l’applicazione del diritto internazionale” (BVerfGE, 34, 216). Trattandosi quindi di relazioni interne, di natura costituzionale, e non di carattere esterno, il diritto internazionale non si applicherà se non in via sussidiaria, come strumento meramente ausiliario del diritto costituzionale interno. È quindi il diritto costituzionale federale che determina la validità, la natura e la portata giuridica degli accordi, nonché degli altri atti della coordinazione.

Il diritto costituzionale statale, a sua volta, contiene le norme sulla ratifica degli accordi, che consiste in un atto del Parlamento; talvolta è sufficiente una semplice zustimmungbeschluss, ma, se si richiede una legge formale, la sua formulazione è simile alle leggi di ratifica dei trattati internazionali. Poco spazio è lasciato al diritto comune, federale o statale. “Pare infatti improbabile che il Bund possa emettere una legge che regoli le forme di collaborazione

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interfederali pattizie, principalmente a causa della mancanza di competenza, sia espressa che implicita, alla coordinazione. Così almeno ha sancito il Tribunale amministrativo federale, respingendo la tesi sostenuta in dottrina di una competenza implicita del Bund, che gli spetterebbe data la natura stessa della materia” (Violini). Altrettanto può dirsi di una eventuale legge statale: sarebbe infatti quanto mai singolare che un Land decidesse di regolare unilateralmente i propri rapporti con gli altri Laender.

La capacità contrattuale dei Laender risulta essere, nell’ordine federale della Grundgesetz, una capacità generale. Tale affermazione non autorizza tuttavia le diverse istanze federali ad instaurare qualsiasi rapporto contrattuale, su qualsiasi oggetto. Dal principio di supremazia e rigidità della Costituzione, e soprattutto di indisponibilità della titolarità delle competenze, derivano infatti limiti determinati, di carattere materiale e funzionale, alla capacità contrattuale delle parti. In primo luogo, “le normative costituzionali non sono disponibili tramite accordi perchè esse formano il consenso fondamentale (grundkonsens) della società, non modificabile da meri accordi, cioè senza che sia osservato il procedimento della revisione costituzionale”. Come è noto, infatti, non è con strumenti contrattuali che si crea, modifica e deroga il diritto costituzionale: l’intento è quello di evitare l’esercizio di un’attività costituente illegittima, cioè svolta con un procedimento inadeguato.

Le parti in definitiva possono, tramite accordi, soltanto interpretare una disposizione costituzionale, purchè però tale interpretazione non vincoli le parti stesse o qualunque altro soggetto ad attenervisi. Di conseguenza, qualunque parte potrà adire i tribunali competenti sostenendo una interpretazione diversa da quella contrattualmente stabilita, e questi ultimi decideranno senza alcun vincolo all’opzione interpretativa convenzionale.

Il problema di maggiore rilievo in relazione all’ambito materiale degli accordi si pone a proposito dei cosiddetti accordi normativi, che ricadono nell’ambito di competenza legislativa delle parti. Non potendo in ogni caso ammettersi una potestà legislativa “contrattuale” delle parti, oltre a quella ordinaria o unilaterale, si dovrà allora attribuire a tali accordi il valore di comuni progetti di legge. Essi hanno più che altro il valore di accordi politici, privi di efficacia giuridica: le parti, infatti, sono libere di approvare o meno le leggi di cui hanno concordato il progetto.

Dal punto di vista funzionale, gli accordi federali non possono alterare l’ordine delle competenze disposto dalla Legge fondamentale. Ciononostante, si verificano piuttosto

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frequentemente, in virtù di determinate convenzioni, trasferimenti “di fatto” di competenze dall’una all’altra istanza, come nel caso in cui si incarichi un organo comune “misto” di eseguire determinate funzioni che, in origine, spetterebbero alle parti. Solo se tali trasferimenti vengono effettuati quod usum, oppure se si realizzano a titolo di mandato si potranno considerare soddisfatti i presupposti della loro legittimità costituzionale. Ogni parte deve infatti conservare integralmente i propri poteri, per non alterare l’ordine costituzionale, potendo però disporne discrezionalmente il modo di esercizio. Avviene così che l’organo delegato esercita materialmente le competenze che il titolare gli ha ceduto senza però avervi rinunciato, riservandosi cioè la facoltà di recuperarne l’esercizio in qualunque momento. Si realizza pertanto il cosiddetto “esercizio fiduciario” di competenze, ad opera di un organo cui la Costituzione federale non conferisce, originariamente, tale potere.

Ciò premesso, gli accordi potranno essere legittimamente conclusi in relazione all’intero ambito di competenza delle parti che in essi intervengono. Gli accordi tra stati membri, che possono solamente concernere le materie loro attribuite, quanto alla competenza legislativa ed esecutiva, fanno nascere un diritto dei Laender (landesrecht), che deve conformarsi alla Costituzione del Land stesso.

Al limite delle competenze si aggiunge poi quello derivante dalla natura stessa dei Laender quale è delineata dalla Costituzione. Dalla previsione dell’art. 79 co. 3 GG, che sancisce l’immodificabilità del regime federalistico, discende il divieto di concludere trattati che ledano la sovranità dello Stato membro, o che ne diminuiscano le potenzialità politiche, oppure trattati che compromettano gli interessi di altri stati o che contengano disposizioni a sfavore dello Stato federale nel suo insieme, e che non siano perciò conformi alla Bundestreue, comportamento basato sulla buona fede che deve presiedere alle relazioni interfederali.

È da considerare inoltre il divieto di attenuare, in misura sostanziale, le funzioni di controllo dei parlamenti dei Laender; in realtà la potestà legislativa di questi risulta notevolmente diminuita, potendo essi solo approvare o rifiutare in blocco gli accordi stipulati, senza potere influire sulla determinazione del loro contenuto. In tali casi la competenza spetta infatti all’esecutivo dei Laender.

B) IL PROBLEMA DELLA AMMISSIBILITÀ DELLA PRASSI CONTRATTUALE

Lo sviluppo assunto da tale attività contrattuale nella Repubblica federale tedesca ha suscitato un dibattito dottrinale

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sull’ammissibilità di una prassi di tale estensione, posto che la sua legittimità in linea di principio è ormai fuori discussione. Si tratta insomma di stabilire fino a che punto la Legge fondamentale consente che il Bund e i singoli Laender esercitino i loro compiti sotto la propria esclusiva responsabilità, e fino a che punto permette loro una sintonizzazione, un coordinamento e, in definitiva, un “accomunamento”.

La cooperazione, in virtù della prassi contrattuale federale, ha raggiunto vari livelli di intensità, che si possono evidenziare con alcuni esempi. Per mezzo dei trattati può effettuarsi innanzitutto il trasferimento, a favore di una delle parti, dell’esercizio di competenze che la Legge fondamentale ha in origine assegnato all’altra: è in tal modo che il Bund esercita tramite i suoi organi le funzioni di polizia della navigazione che l’art. 30 GG attribuisce alla competenza dei Laender. Allo stesso modo sono state trasferite le competenze di polizia delle acque del Land dell’Assia ad organi della Bassa Sassonia. Altri trattati attribuiscono ai contraenti non competenti diritti di partecipazione nel campo spettante ad altri organi amministrativi: è il caso delle polizie di pronto intervento dei Laender che sono sottoposte in modo permanente alle istruzioni materiali del Governo federale.

In un’altra serie di ipotesi i trattati possono creare vere e proprie istituzioni comuni per mezzo delle quali si attua una cooperazione in forma permanente, resa autonoma sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa.

Un’opinione piuttosto diffusa in dottrina sostiene l’assoluta necessità della coordinazione e della cooperazione, fino a riconoscere la possibilità di creare tre livelli distinti di fonti del diritto, individuando, oltre al diritto della Federazione e a quello dei Laender, anche il cosiddetto diritto della cooperazione. Tale opinione non ha mancato di suscitare svariate critiche in nome di un maggior rispetto della rigidità delle disposizioni costituzionali attributive di competenze che, in sostanza, sono le più frequentemente violate dalla dilagante prassi contrattuale e dall’attività pattizia di ridefinizione reciproca.

Anche questa rigida concezione è tuttavia incorsa in numerose obiezioni, facenti soprattutto leva sulla conformità della cooperazione all’essenza stessa dello Stato federale. Ciò non significa però che l’in-tensa prassi contrattuale sia priva di svantaggi o di riflessi negativi sul piano dell’assetto democratico del sistema.

In proposito si muovono essenzialmente due obiezioni: in primo luogo, che tali trattati possano falsare il sistema federale delineato

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dalla Legge fondamentale, riducendo la funzione dell’articolazione statale-federale e turbando così l’equilibrio dei poteri a livello federale.

In secondo luogo, si teme che il sistema di governo parlamentare possa venire messo in discussione dalla prassi contrattuale, che è posta in essere per lo più dall’esecutivo, per cui il centro di decisione finisce inevitabilmente per allontanarsi dal Parlamento; è inoltre da tenere presente che il vincolo contrattuale limita inevitabilmente lo spazio decisionale degli organi democraticamente legittimati del Land vincolato al trattato.

Tali conseguenze negative sono, in linea di massima, tollerate dalla Legge fondamentale; ciò che invece è incostituzionale è l’“autorinun-cia” (selbstpreisgabe) dei singoli enti in via di trattato ad alcune competenze la cui disponibilità è valutata come eccedente l’ambito del-l’autonomia.

La “selbstpreisgabe” è la somma valutativa di alcuni indicatori di ammissibilità: in particolare, si fa riferimento all’importanza rivestita dall’oggetto della cooperazione, all’intensità del vincolo nonchè alla misura del pregiudizio recato alla democrazia e all’equilibrio federale.

La cooperazione tra Bund e Laender, e quella tra Laender estesa all’intero territorio federale, già in linea di principio, se implicano una autorinuncia, sono contrarie alla Costituzione. “Non può replicarsi, in maniera apodittica, all’affermazione che il limite dell’autorinuncia può essere oltrepassato fino a che la cooperazione resta circoscritta nella sfera regionale. In ogni caso, la delimitazione entro l’ambito regionale non basta da sola ad affermare l’ammissibilità dell’autorinun-cia” (Grawert). L’indagine effettuata da Grawert procede anche nel senso di utilizzare come indici di ammissibilità l’intensità dell’influenza dei poteri estranei e la solidità del legame contrattuale. Egli ravvisa, in particolare, l’illegittimità nel caso di rinuncia a priori, laddove “il potere estraneo, ad esempio il Bund, sia autorizzato a determinare discrezionalmente, caso per caso, la disciplina della sfera materiale oggetto della rinunzia”; si fa riferimento al caso in cui si attua un trasferimento di competenze, specialmente a favore di istituzioni comuni, contemplato dall’art. 24 Grundgesetz solo per la sfera dei rapporti sovranazionali.

I trattati, infine, non potendo provocare mutamenti definitivi nel tessuto dello Stato federale, “possono valere solo per un determinato periodo, debbono rimanere risolubili e soggiacere in ogni caso alla clausola rebus sic stantibus, dichiarata dal Tribunale costituzionale federale parte costitutiva non scritta del diritto costituzionale federale, e perciò sottoposta al suo giudizio”.

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C) GLI ACCORDI FEDERALI: STAATSVERTRAEGE E VERWALTUNGSABKOMMEN

La dottrina tedesca, tra le possibili forme di accordo tra Bund e Laender di natura contrattuale, distingue principalmente due categorie: i trattati statali (staatsvertraege) e le convenzioni amministrative (ver-waltungsabkommen). Analogamente a quanto l’art. 59 co. 2 GG prevede per i trattati di diritto internazionale, si considera come trattato di diritto federale quello che interviene tra Bund e Laender, o tra questi ultimi, e che si riferisce al settore della legislazione; nel caso di accordi tra Laender, è tale il trattato che regola rapporti politici e perciò richiede il consenso dei corpi legislativi espresso in forma di legge. Quello amministrativo è invece un accordo la cui sottoscrizione ed attuazione può essere realizzata nell’ambito della competenza amministrativa senza necessità dell’intervento parlamentare per l’approva-zione.

Il risultato della prassi in proposito è significativo: la maggior parte degli accordi viene conclusa in forma di convenzioni amministrative, perciò in base alla esclusiva decisione del Governo federale e di quelli statali. Dalla creazione della Repubblica federale Bund e Laender non hanno concluso che pochi trattati interfederali; più numerosi sono invece quelli conclusi tra i Laender. Di particolare importanza lo “staatsvertrag” sull’ammissione alle università e i vari trattati interstatali nel campo della radio e della televisione.

In generale, i trattati statali vincolano le parti nel loro insieme, considerate come unità, e quindi tutti gli organi degli stati, siano essi legislativi, esecutivi o giudiziari.

Quanto invece agli accordi amministrativi, la dottrina tedesca avanza due opposti punti di vista: alcuni autori ritengono che essi producano effetti solo sugli organi esecutivi che li hanno conclusi, vincolando, quindi, soltanto le rispettive pubbliche amministrazioni. Altri sostengono, al contrario, che, trattandosi di una convenzione tra stati, l’ac-cordo amministrativo non impegna solo l’esecutivo, ma tutti gli organi statali. “Tale soluzione sembra preferibile: infatti la dottrina tedesca è unanime nel riservare l’appellativo di ‘accordo amministrativo’ alle convenzioni concluse dalle entità statali, e nel designare col termine di ‘contratto amministrativo’ quelle che obbligano solo certi organi in seno allo Stato” (Grewe-Leymarie).

D) L’ELABORAZIONE DELLE CONVENZIONI E LA LORO RISOLUZIONE

Gli organi competenti alla conclusione degli accordi “orizzontali” sono quelli che le rispettive costituzioni abilitano a rappresentare il proprio Land. In linea di principio, le costituzioni dei Laender

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attribuiscono la capacità rappresentativa alle proprie istanze esecutive superiori, siano esse organi unipersonali, come i ministri — presidenti, o collegiali, come il Governo del Land nel Nordrhein-Westfalen, a Brema o ad Amburgo.

Nelle relazioni “verticali” gli organi competenti a concludere accordi per il Bund sono quelli che, dal punto di vista costituzionale interno, sono dotati di un potere generale di rappresentanza: il Cancelliere, il Governo, i ministri federali, che possono agire anche tramite rappresentanti. La funzione rappresentativa del Presidente federale può essere invece esplicata solo sul piano internazionale.

Accordi e convenzioni non devono in genere sottostare a particolari requisiti di forma; di conseguenza, sebbene normalmente si concludano per iscritto, non deve escludersi la possibilità di una loro stipulazione orale. Quanto al procedimento, occorre distinguere in base alla natura dell’accordo che si intende stipulare.

Il procedimento semplice (einfaches verfahren), applicato ai soli accordi amministrativi, consiste nella elaborazione e conclusione dei medesimi da parte degli organi rappresentativi del Bund e dei Laender; l’accordo viene in questo caso ad esistenza in virtù di un semplice scambio di note, senza necessità dell’intervento parlamentare.

Il procedimento complesso (ausnahmengesetzes verfahren) è invece previsto per gli accordi amministrativi di maggior importanza e per i trattati interstatali. Prima di tutto ha luogo il processo di NEGOZIAZIONE, a carico degli organi rappresentativi delle parti, per la determinazione del contenuto dell’accordo. Successivamente ha luogo la fase della ratifica, che consiste propriamente in un atto con cui si riconosce l’obbligatorietà dell’accordo, la sua esistenza giuridica, e che in pratica equivale alla conclusione vera e propria del trattato. Tale atto non costituisce tuttavia una potestà totalmente discrezionale degli organi contraenti, ma deve assoggettarsi alle condizioni ed ai presupposti previsti dal diritto costituzionale interno, e il consenso parlamentare è uno di essi.

La necessità dell’intervento parlamentare è riconosciuta in quasi tutte le costituzioni dei Laender e persino dal Tribunale Costituzionale: “è un principio del diritto costituzionale tedesco che il Governo necessiti del consenso del Parlamento per concludere accordi che riguardano materie legislative” (BVergGE, 4, 250).

A differenza di quanto si verifica nel diritto internazionale, ogni irregolarità o vizio di costituzionalità riscontrabile nell’azione delle parti si trasmette all’accordo determinandone l’invalidità.

Per quanto riguarda invece l’obbligatorietà interna degli accordi, la questione si pone negli stessi termini del diritto internazionale: i

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trattati statali vincolano solo le parti, Bund e Laender, considerate nella loro globalità, e per renderli opponibili ai vari organi ed ai cittadini è necessario un atto di “reazione” nel diritto interno, consistente in una legge parlamentare. Generalmente, approvazione e recezione dei trattati statali nel diritto interno hanno luogo nello stesso momento, con un unico atto del Parlamento, in forma di legge. Per gli accordi amministrativi è richiesta, invece, l’emanazione di un atto amministrativo. Alla ratifica segue infine la fase della notificazione, mediante la quale si verifica il perfezionamento del “contratto”.

Talvolta, l’accordo sottoscritto da due o più Laender prevede esplicitamente una clausola di adesione, che consente a “terzi” Laender di entrare a farvi parte. La risoluzione degli accordi può verificarsi per una serie di cause, contrattuali ed extracontrattuali. Tra le prime rientra innanzitutto il decorso del termine finale, se previsto nell’accordo e in mancanza di una clausola di proroga automatica; è ammissibile inoltre la denuncia solo, però, se il trattato ne stabilisce il contesto temporale, mentre, in caso contrario, le parti non potranno risolvere unilateralmente le obbligazioni in questione, a differenza di quanto accade nel diritto internazionale in cui esse conservano sempre tale facoltà. Sono cause extracontrattuali di risoluzione degli accordi il consenso tra le parti, la completa esecuzione dell’accordo stesso o l’impossibilità di portarlo a compimento, e la rinuncia del creditore a favore del debitore. Più complesso è il problema se ed a quali condizioni possono essere modificati o annullati i trattati tra Bund e Laender, o tra Laender, mediante una legge federale o regionale. Si tratta cioè di appurare se al riguardo esiste una prevalenza (vorrang) di legge oppure se il legislatore può essere limitato. A tale riguardo sono state formulate opinioni differenti. Alcuni autori, invocando l’art. 20 co. 3 GG che statuisce il vincolo dell’esecutivo alla legge, propendono per la subordinazione degli accordi amministrativi alla legge, mentre per i trattati conclusi nell’ambito federale vale, corrispondentemente, il principio della prevalenza della legge posteriore. Viene dunque affermata una prevalenza generale di legge sul potere degli organi incaricati di concludere trattati. Esiste, tuttavia, anche una teoria, formulata a proposito del diritto austriaco, secondo la quale il trattato concluso dallo Stato membro prevale sulla legge del Land; tale tesi, che sul piano della teoria generale del diritto fa riferimento alla “stufentheorie” di Kelsen, postula che la Costituzione federale abbia riconosciuto il trattato come fatto produttivo di norme giuridiche. D’altro canto, però, anche la legge discende dalla Costituzione federale, e così resta da superare il problema del conflitto fra legge e trattato. “I tentativi di

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stabilire delle regole per la risoluzione dei conflitti secondo moduli di collaborazione amichevole mostrano in ogni caso, più che chiaramente, in quale misura il federalismo cooperativo abbia conquistato entro breve tempo una sua legittimazione di fatto così come di diritto, conquistata, si deve aggiungere, in forza di un silenzio sorprendentemente eloquente della Legge fondamentale riguardo ai trattati nel diritto federale” (Gra-wert).

In ogni caso, i conflitti in questione, per quanto è dato constatare, non si sono finora manifestati in forma litigiosa, oppure non sono affatto emersi, dimostrando così l’esistenza di un clima di amichevole collaborazione tra Bund e Laender.

5.2. GLI ATTI DI COORDINAZIONE “INFRA-CONVENZIONALI”

Ciò che accomuna tali atti è, oltre alla loro forza “infra-convenziona-le”, il fatto che essi risultano dalle stesse procedure di elaborazione, rappresentando l’oggetto principale delle Conferenze politiche ed amministrative del Bund e dei Laender, che fungono da piattaforma alla loro coordinazione.

A. LE RACCOMANDAZIONI

Tra le varie tecniche di coordinazione infra-convenzionale, le raccomandazioni sono quelle che maggiormente differiscono dalle convenzioni vere e proprie. I loro destinatari sono, nella Germania federale, gli organi esecutivi, e talvolta quelli legislativi, del Bund e dei Laender.

Dal fatto che esse, in linea di principio, non sono vincolanti, discende che Bund e Laender possono anche evitare di prenderle in considerazione senza, per questo, incorrere in alcuna particolare responsabilità; sempre che, naturalmente, essi non si siano impegnati in anticipo ad adeguarvisi, come nel caso previsto dall’art. 3 co. 1 dell’accordo amministrativo istitutivo del Comitato di ricerca. Anche in quest’ipo-tesi, tuttavia, non si tratta di un vincolo assoluto, ma semplicemente della manifestazione di un’intenzione di mettere in atto tali raccomandazioni, intenzione che, peraltro, potrà essere suscettibile di un riesame in occasione di particolari situazioni concrete.

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B. LE DIRETTIVE

Dotate, al contrario delle raccomandazioni, di una indiscutibile forza obbligatoria, esse si presentano innanzitutto come uno strumento per la disciplina di rapporti di carattere gerarchico intercorrenti tra Bund e Laender. Possono configurarsi sia come unilaterali, qualora siano emanate dal Bund — ad esempio — allo scopo di fissare i criteri per l’assegnazione e la gestione dei crediti attribuiti ai Laender, sia come atti collettivi, in cui si sommano quelli unilaterali e paralleli di Bund e Laender, qualora il primo stabilisca, con una direttiva negoziata, le condizioni di esecuzione delle leggi federali.

Le direttive possono anche assumere la veste di impegni bilaterali che determinano obiettivi uniformi, senza tuttavia individuare in modo concreto gli strumenti necessari per la loro realizzazione. È il caso delle direttive relative alla cooperazione tra le autorità di polizia o al distaccamento di agenti pubblici presso organizzazioni internazionali. Le direttive sono quindi volte essenzialmente all’applicazione uniforme del diritto esistente, creando, a tale scopo, un legame tra le competenze degli organi del Bund e dei Laender.

C. LE RISOLUZIONI

Le risoluzioni sono infine decisioni “complete”, in quanto enunciano al tempo stesso obiettivi e mezzi di attuazione.

In un primo gruppo rientrano quelle consistenti in dichiarazioni che richiamano il diritto esistente e all’occorrenza lo integrano, e che quindi, in virtù di tale riferimento, sono obbligatorie.

In un secondo gruppo vi sono invece risoluzioni che in modo più esplicito tendono a creare nuove regole. Significativa al riguardo è la risoluzione relativa al programma di sicurezza interna della Repubblica federale: essa non solo tende ad intensificare la cooperazione dei servizi federali e statali di polizia ed a centralizzare l’informazione, ma ha pure attribuito nuove competenze al bundeskriminalamt.

5.3. GLI ORGANI COMUNI

Accanto ad accordi in cui le parti si impegnano a tenere un determinato comportamento, e che quindi implicano l’uniformarsi a criteri e contenuti comuni, esistono forme di collaborazione più perfezionate e complesse, che consistono nella creazione di

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strutture organizzative con diversi gradi di incidenza ed innovatività sugli organi preesistenti. La cooperazione federale, infatti, si realizza talvolta tramite organi comuni che si incaricano dell’assolvimento di funzioni che, in origine, spetterebbero in forma individuale alle parti, ma che esse si accordano di esercitare in comune. Nell’ambito della collaborazione “verticale”, come in quella “orizzontale”, vengono perciò istituiti, sia in virtù di accordi fra Stato federale e stati membri, sia sulla base della negoziazione interstatale, i cosiddetti organi comuni.

Tali organi che, a seconda del tipo di collaborazione in atto, intervengono in settori in cui Stato federale e stati membri abbiano entrambi competenze oppure incidono prevalentemente sui rapporti politico-amministrativi fra stati membri, hanno per lo più attribuzioni preparatorie, consultive e di coordinamento, mentre talvolta sono dotati di funzioni di gestione diretta di specifici settori amministrativi. Ad alcuni di questi organi si è già in precedenza fatto cenno, ma è comunque opportuno ricordarli, ed in particolare la Conferenza dei Ministri-presidenti dei Laender, la Conferenza dei presidenti dei parlamenti degli stati membri ed altri organi collegiali che riuniscono i ministri settorialmente competenti, come la Conferenza permanente dei Ministri della cultura, oltre ai Comitati per la ricerca e per l’inse-gnamento.

Quanto al loro collegamento con l’insieme della pubblica amministrazione, questi organismi realizzano quella che la dottrina chiama l’“interne selbstkoordinierung”, qualora l’ente creato mantenga un certo rapporto con le amministrazioni dei Laender e sia in qualche modo riconducibile alla loro organizzazione; se invece sorge un nuovo soggetto, senza alcun rapporto con altri elementi della compagine statale, si rientra nel caso della “externe selbstkoordinierung”. La forma tipica in cui quest’ultimo genere di coordinazione si esprime è costituita dalle cosiddette “gemeinschaftseinrichtungen”, mentre assai più articolato è il campo della coordinazione interna. Esso infatti prevede, da un lato, una intensa coordinazione effettuata dalle rispettive istituzioni dei Laender nello svolgimento delle loro attività e, dall’altro, innumerevoli forme di assunzione fiduciaria di funzioni amministrative.

A) ORGANI FIDUCIARI

Si tratta di organi che appartengono ad una istanza determinata e che svolgono funzioni con carattere generale producendo effetti nei confronti delle altre istanze, pur senza godere in assoluto di una

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posizione di superiorità rispetto ad esse. Ciò che quindi fonda la vincolatività delle loro decisioni è il consenso, la libera volontà delle altre parti che riconoscono di fatto l’obbligatorietà e l’efficacia interna degli atti emanati dagli organi fiduciari.

Quanto alla direzione, ai costi di attuazione ed al controllo contabile, giudiziario e parlamentare di tali organi, è lo “Stato-madre” che vi provvede, essendo essi perfettamente integrati nella struttura organizzativo-gerarchica del Land cui appartengono e al cui diritto devono quindi sottostare.

Sono quindi enti gestiti e sovvenzionati dal Land in cui hanno sede, affiancato in tali compiti da rappresentanti degli altri soggetti stipulanti, e che hanno il potere di porre in essere atti autorizzativi nei confronti dei singoli.

Tra le funzioni svolte da questi enti rientrano innanzitutto le “valuta-zioni” effettuate in determinati settori e vincolanti per tutto il territorio federale: tra i casi più noti, gli uffici preposti alla verifica delle apparecchiature antincendio (amtlichen Pruefungstellen fur feuerloeschgeraete), istituiti con un accordo tra tutti i Laender firmato nel 1956, in base al quale i vari stati ripartiscono, tra i rispettivi organi specializzati in materia, la relativa competenza. Sempre nel campo delle valutazioni, un altro esempio di organo comune a carattere “oriz-zontale” è rappresentato dall’Ufficio per la classificazione dei films di Wiesbaden (filmbewertungstelle wiesbaden) istituito con l’accordo stipulato tra tutti i Laender nel 1957 e integrato nel Ministero dell’edu-cazione dell’Assia; la sua funzione consiste nella classificazione, soprattutto ad effetti fiscali, delle pellicole che devono essere mostrate pubblicamente.

Gli organi fiduciari di cooperazione a carattere “verticale”, più scarsi, svolgono funzioni consistenti per lo più nella creazione di centri di formazione professionale e rilasciano titoli validi in tutto il paese, per garantire una certa uniformità per quanto concerne sia i criteri di valutazione sia i metodi di formazione stessa. Tra essi rientrano la Scuola superiore di scienza dell’amministrazione di Spira (hochschule fuer verwaltungswissenschaften speyer), creata con legge del Land Renania-Palatinato del 30 agosto 1950, cui prendono parte Bund e Laender e competente alla formazione dei rispettivi funzionari; l’Istituto di polizia addetta alle acque (wasserschutzpolizeischule Hamburg), istituito tramite una serie di accordi tra Laender, nel 1955, con l’adesione del Bund, ed infine l’Istituto di polizia di Hiltrup (Polizei-Institut Hiltrup), creato con una serie di accordi nel 1960 e 1961 tra la Renania settentrionale-Westfalia, nella cui struttura è integrato, il Bund e gli altri Laender.

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B) ORGANI MISTI

A. LE ‘ISTITUZIONI COMUNI’ NELLA LORO REGOLAMENTAZIONE GIURIDICA

“Sono da considerarsi gemeinschaftseinrichtungen in senso stretto quelle unità organizzative create dall’insieme dei Laender, fornite di personalità giuridica di diritto pubblico, titolari perciò di funzioni pubbliche proprie, che svolgono un’attività a livello federale, con effetti giuridici immediati e diretti, e che non siano riconducibili alle forme organizzative statali conosciute” (Violini). Tali istituzioni comuni sono state anche denominate “istituzioni fluttuanti” (freischwebende einrichtungen) per il fatto che non si possono ascrivere ad alcuna istanza in particolare, vale a dire che, nella struttura federale, non esiste uno “Stato-madre” in cui possono pienamente integrarsi.

Quanto al fondamento giuridico di tali istituzioni, occorre innanzitutto chiedersi, da un punto di vista meramente strutturale, a quale livello si deve fare riferimento nella sua trattazione, se a quello del Land o a quello della Federazione. La questione è stata particolarmente controversa in dottrina ed ha dato occasione anche alla Corte costituzionale di pronunciarsi in proposito.

Respingendo infatti la teoria di Nawiasky che prefigurava, oltre al zentralstaat ed ai gliedstaaten, anche un cosiddetto gesamtstaat, sintesi dei primi due, il Tribunale costituzionale ha affermato che, al riguardo, tertium non datur (BVerfGE, 13, 54).

Un tentativo di venire a capo di questo complesso problema è stato effettuato mediante la considerazione che, se è vero che non esiste un livello intermedio tra Land e Federazione, è però altrettanto vero che non si può attribuire natura di Stato alle gemeinschaftseinrichtungen, che quindi non possono alterare la struttura federale prevista dalla Legge fondamentale. Esse inoltre, sempre secondo tale opinione, sarebbero titolari di funzioni proprie in forza di un rapporto di delegazione di cui i Laender costituiscono la parte delegante. Anche accettando tale teoria resterebbe comunque irrisolto il problema del rapporto di derivazione da una delle istanze della compagine federale.

Il Tribunale costituzionale federale, imbattendosi in questi problemi in occasione delle pronuncie relative alla zweite deutsche fernsehen, non ha lasciato dubbi sul fatto che le istituzioni comuni in generale, e la ZDF in particolare, siano perfettamente integrate nella struttura del Land in cui hanno sede, il cui diritto si applica in

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funzione sussidiaria rispetto alle clausole del trattato, divenute anch’esse, mediante ratifica, diritto statale.

Secondo l’opinione di alcuni autori, tuttavia, il Tribunale non argomenta esaurientemente queste sue prese di posizione, tralasciando ad esempio di giustificare l’uso del diritto del Land dal momento che il trattato non contiene alcuna clausola di sussidiarietà. Da questi autori viene quindi rivalutato il concetto del “dritte Ebene”, livello intermedio tra Bund e Laender cui si vorrebbero perciò ascrivere le istituzioni in questione. Il riconoscimento di questo “terzo livello”, tuttavia, dà uno scarso contributo alla soluzione del problema di quale sia il diritto applicabile, non esistendo infatti un sistema di norme qualificate come “zwischenlaenderrecht”, e non potendosi ricorrere al diritto federale in via sussidiaria.

L’unica strada percorribile per una corretta definizione del regime giuridico delle “istituzioni comuni” sembra dunque richiedere una modifica dell’approccio stesso alla questione.

Occorre quindi fare riferimento principalmente al contenuto dell’ac-cordo, ossia alla libera volontà delle parti in esso manifestata, per individuare la fonte primaria cui attenersi per determinare il regime giuridico dell’ente creato, e successivamente, in via sussidiaria, al diritto del Land dove l’ente stesso ha sede. “È ragionevole infatti pensare che, essendo stato raggiunto un accordo in proposito, esso possa significare la volontà dei contraenti di accettare in via sussidiaria le norme giuridiche vigenti nel luogo prescelto, e questo anche in mancanza di una clausola espressa di sussidiarietà. La struttura creata non può quindi che rimanere ancorata per esclusione al livello statale” (Violini).

B. LA QUESTIONE DELLA ZWEITE DEUTSCHE FERNSEHEN (ZDF)

La controversia sull’attribuzione delle competenze in materia di trasmissioni radiotelevisive, iniziata nel 1951, portò nel 1961 ad una sentenza del Tribunale costituzionale federale, che pose fine alla disputa ormai decennale. In virtù di questa sentenza del Tribunale, favorevole ai Laender, il governo di Adenauer dovette desistere dal progetto di costituire, nonostante il permanere del disaccordo con il potere dei Laender, una s.r.l. che realizzasse il secondo programma televisivo; la Corte ritenne in pratica che questo proposito, oltre che costituzionalmente illegittimo, fosse contrario al principio di lealtà federale.

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A seguito di tale decisione i Laender stipularono un trattato col quale si accordarono tra loro “al fine di svolgere mediante un’autonoma istituzione in modo uniforme su tutto il territorio federale una funzione così rilevante quale la diffusione di un programma televisivo” (Violini). In tal modo, col trattato del 6 giugno 1961 sottoscritto da tutti i Laender fu creata la Seconda televisione tedesca (ZDF) nella forma di “istituzione comune” di diritto pubblico; la sua esistenza fu però immediatamente oggetto di una certa conflittualità tra Bund e Laender. Il fatto che i Laender potessero assolvere autonomamente funzioni rilevanti per tutta la Federazione fu interpretato come il primo passo di un processo di esautorazione del Bund e di perdita di significato del federalismo e dei principi democratici ad esso connessi. Piuttosto singolare fu tuttavia il fatto che non fosse il Bund, bensì lo Stato della Baviera a sollevare la questione di costituzionalità del trattato e dell’istituzione stessa; in particolare si sostenne la violazione dell’art. 20 GG che appartiene, in base all’art. 79 co. 3 GG, ai principi immodificabili della Costituzione tedesca.

Ciò ha comportato nuove valutazioni del Tribunale costituzionale riguardo alle singole norme del trattato istitutivo della ZDF; nel controbattere all’accusa di violazione del principio di legalità esso ha affermato che il rispetto di tale principio è garantito dall’applicazione del diritto del Land, in cui l’istituzione ha sede, in via sussidiaria rispetto alle clausole del trattato.

In altri termini, è al Land che compete stabilire modi e forme per l’esercizio delle proprie funzioni amministrative, tra cui può essere compreso anche lo strumento delle istituzioni comuni: queste infatti si pongono, stando alle affermazioni della Corte, al livello del Land e la loro creazione non altera la compagine dello Stato.

Nessun altro contrasto con l’art. 20 GG viene rilevato dalla Corte nè in relazione alla composizione degli organi direttivi della ZDF, che consente la messa in minoranza dei capi di governo dei Laender, nè per quanto concerne il controllo che viene a turno esercitato dai Laender. Lo stesso Tribunale si pronuncia in proposito anche allorchè richiama la possibilità, garantita ai Laender dall’accordo, di denunziare il trattato stesso, salvaguardando così l’integrità dei loro diritti nonchè la loro libertà di adesione.

Quanto infine alle presunte violazioni del principio democratico, per effetto dell’esercizio, senza il controllo di una rappresentanza popolare democraticamente eletta, di una pubblica funzione riguardante un diritto fondamentale, la Corte rammenta l’esistenza della responsabilità del capo del Governo nei confronti del Parlamento.

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Secondo la posizione assunta dal Tribunale la struttura della ZDF non presenta alcuna diversità di rilievo rispetto agli altri enti creati mediante accordi interfederali, nè sembra insediarsi in quella sorta di ‘terra di nessuno’ costituita dalla zona intermedia tra Bund e Laender, il “dritte ebene” inesistente secondo la giurisprudenza delle supreme corti federali; l’ente stesso è perciò saldamente ancorato all’ammini-strazione del Land.

C. ALTRI ORGANI MISTI DI COOPERAZIONE

La Commissione di lavoro degli enti televisivi tedeschi (arbeitsge-meinschaft der rundfunkanstalten in deutschland, ARD) è un’organiz-zazione, creata tramite vari accordi amministrativi, che raggruppa e coordina le televisioni statali, realizzando programmi comuni e svolgendo compiti di portata sovraregionale; tra questi, la rappresentanza generale e la cura dei diritti sovrani dei Laender in materia di radiotelevisione in tutto il territorio federale e la realizzazione di attività di interesse generale che eccedano le possibilità delle singole società.

Sono infine organi a carattere “verticale” la Commissione competente per le autorizzazioni amministrative relative a nuovi metodi e materiali di costruzione e la Commissione esaminatrice per il servizio statale superiore nel lavoro minerario.

6. IL PRINCIPIO DELLA “BUNDESTREUE”

6.1. EVOLUZIONE DEL PRINCIPIO DELLA BUNDESTREUE NELLA STORIA COSTITUZIONALE TEDESCA E SUO FONDAMENTO

L’esigenza di una “leale collaborazione” tra le diverse istanze statali è connaturata all’essenza stessa dello Stato federale, come dimostra l’evoluzione del principio della “Bundestreue” nella storia costituzionale tedesca. L’unità del paese, ovvero il II Reich, fu il risultato di una serie di trattati tra i diversi stati tedeschi, motivo per il quale la Costituzione del 1871 fu caratterizzata da evidenti presupposti contrattuali. Dal concetto stesso di contratto derivò così un principio generico di buona fede e di dovere di leale adempimento degli impegni precedentemente assunti dagli stati. Tale presupposto di fedeltà al patto originario fu tuttavia strumentalizzato dall’Impero al fine di limitare il rafforzarsi dell’istituto parlamentare e di risolvere i conflitti tra Reich e Laender

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in favore degli interessi del primo. In un saggio pubblicato nel 1916, intitolato “Diritto costituzionale non scritto nello Stato federale monarchico”, Rudolf Smend mise a punto una teoria giuridica del principio di lealtà federale, formulando per la prima volta in termini strettamente giuridici il dovere dei membri del Reich di prestare fedeltà agli impegni assunti (Bundestreue) e di mantenere amichevoli relazioni federali (bundesfreundliches verhalten).

In particolare, il fondamento essenziale di tale principio era individuato da Smend in una lacuna della Costituzione del Reich, relativa alle disposizioni disciplinanti i rapporti tra Bund e Laender. Altre opinioni della dottrina, ed in particolare quelle di Laband e Triepel, non risparmiarono tuttavia di critiche queste impostazioni di Smend; il primo, in particolare, sosteneva che il dovere di fedeltà dei Laender coincidesse in realtà con obblighi nei confronti dei Reich già prestabiliti a loro carico e che, in ogni caso, nessuno Stato fosse giuridicamente costretto a non perseguire esclusivamente i propri particolari interessi.

Quanto a Triepel, tale autore sosteneva il carattere puramente unilaterale del principio di fedeltà, comportante obblighi solo a carico dei Laender. La vigenza del principio di lealtà fu poi successivamente confermata dalla dottrina anche all’epoca della Repubblica di Weimar, nonostante la nuova Costituzione non avesse più alcun presupposto negoziale e le forme di ingerenza diretta del Bund nell’ambito dell’attività dei Laender si fossero intensificate; l’obbligo di “fedeltà”, vincolante i Laender, divenne allora uno degli strumenti di centralizzazione del regime. Benchè l’attuale Costituzione tedesca non abbia un fondamento contrattuale, la dottrina e la giurisprudenza hanno ugualmente riconosciuto l’esistenza della “Bundestreue” come principio generale costituzionale non scritto, inerente all’essenza stessa dello Stato federale (BVerGE 6, 261; 8, 138). Il dovere di lealtà federale non si fonda più su una lacuna della Costituzione che, al contrario, disciplina in modo tendenzialmente esaustivo la ripartizione di funzioni e competenze statali tra Bund e Laender. “Bundestreue” è perciò un elemento di connessione costante delle diverse peculiarità disciplinate dalla Legge fondamentale e significa rispetto della autonoma statualità di Bund e Laender, nonchè considerazione reciproca.

Il principio della lealtà federale, quindi, come elemento coessenziale alla struttura federale, svolge un’insostituibile funzione di conciliazione ed “alleviamento” delle tensioni che inevitabilmente si producono all’interno di un tale ordinamento. Esso diviene così il principio informatore delle relazioni tra il Bund e i Laender e tra questi ultimi, obbligando ciascuna delle parti a prendere sempre in

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considerazione gli interessi della collettività; le relazioni tra le diverse istanze potranno dunque impostarsi su un piano di amicizia e collaborazione che trascenda il semplice rispetto del tenore letterale delle disposizioni costituzionali.

La funzione di armonizzazione in tal modo svolta rende così pressoché illimitato il campo di applicazione di questo principio, che è intrinseco alla natura dell’ordinamento federale.

6.2. CONCETTO E FUNZIONI DEL PRINCIPIO DI ‘FEDELTÀ FEDERALE’

Il Tribunale costituzionale federale prende posizione per la prima volta sul tema della Bundestreue e sul connesso dovere di condotta collaborativa sotto il profilo federale con una pronuncia del 21 maggio 1952. “Il principio federalistico della Costituzione contiene il dovere giuridico di tutti coloro che partecipano al “patto” costituzionale di cooperare in conformità all’essenza di tale patto e di contribuire al suo rafforzamento, nonchè alla garanzia degli interessi comuni” (BVerGE 1, 299, 315). In un’altra sentenza, la Bundestreue viene configurata come il dovere comune del Bund e dei Laender di proteggere l’ordinamen-to federale ad ogni livello dello Stato nel suo complesso; il fatto poi che una parte abbia violato il principio di fedeltà non autorizza le altre a fare lo stesso, neppure nei confronti di chi per primo ha trasgredito (BVerfGE 8, 122).

Il Bund e i Laender hanno quindi l’obbligo di cooperare per evitare che l’interesse di uno dei membri del sistema federale sia messo a repentaglio. L’esigenza della “leale collaborazione” tra Stato centrale e stati membri implica perciò, oltre all’impegno di entrambi a rispettare le reciproche sfere di interessi, una limitazione della loro discrezionalità nell’esercizio delle rispettive competenze. Non si tratta di soddisfare esigenze di uniformità, che per altro non sarebbero conformi all’essenza del federalismo, ma piuttosto di non arrecare pregiudizio, con un abuso di competenza, agli interessi della collettività. In altri termini, è proibito l’esercizio del diritto di cui si gode se ne deriva l’altrui svantaggio. Il principio della Bundestreue, oltre alla funzione generale di presiedere alle relazioni federali, ne assolve una specifica, consistente nella previsione di obbligazioni concrete a carico del Bund e dei Laender. Essa ha perciò un chiaro valore sussidiario, dal momento che si limita a “completare” il sistema delle disposizioni costituzionali esplicite, disciplinando rapporti che non siano già preregolamentati dalla Legge fondamentale. È quindi con estrema precauzione che in nome della lealtà federale, principio non scritto, possono introdursi nuovi

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limiti ed obbligazioni; essi infatti devono confrontarsi e conciliarsi con altrettanti limiti ed obbligazioni già esplicitamente riconosciuti dalla Costituzione.

6.3. IL RUOLO DEL TRIBUNALE COSTITUZIONALE FEDERALE IN RELAZIONE ALLA BUNDESTREUE

Molte norme della Costituzione federale contengono un richiamo al dovere di reciproca leale collaborazione tra Laender e Bund, principio che resta comunque inespresso ed implicitamente sotteso a tutte le norme relative ai rapporti interfederali. Le obbligazioni che derivano dal principio della Bundestreue possono quindi essere identificate solo facendo riferimento alla giurisprudenza costituzionale.

Tale giurisprudenza è infatti una significativa espressione della situazione in base alla quale il Bund e i Laender, confrontandosi quali partner di eguale valore, hanno la possibilità di portare in casi estremi le proprie controversie davanti al Tribunale costituzionale federale, nella forma di un conflitto costituzionale. Detto Tribunale ricorre infatti spesso al principio di “lealtà federale” come criterio di chiarificazione di determinate questioni costituzionali: per quanto concerne i Laender, tramite tale giurisprudenza essi vengono energicamente richiamati al rispetto dell’interesse globale. Contestualmente essi trovano tuttavia una chiara conferma delle significative ed estese competenze riconosciute loro dalla Legge fondamentale.

Infatti, non tutti i conflitti federali possono essere risolti in base a parametri giuridici, svolgendosi alcuni di essi sullo sfondo di controversie politiche e richiedendo, come logica conseguenza, una composizione di carattere politico ad opera delle istanze a ciò competenti.

Rispetto a questo tipo di controversie, perciò, il Tribunale costituzionale evita di pronunciarsi sull’osservanza o meno del principio di lealtà federale e di utilizzare tale concetto per modificare od alterare il sistema delle competenze dello Stato federale. La sentenza in tema di referendum e quella in materia radiotelevisiva, per citare alcuni esempi, costituiscono una conferma del riparto delle competenze fra Bund e Laender contenuto nella Legge fondamentale.

La prima decisione della Corte costituzionale con cui il principio della “lealtà federale” fu introdotto nel sistema costituzionale tedesco concerneva un problema particolarmente dibattuto nel

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dopoguerra, cioè la ricostruzione delle case. La Corte fu adita in quanto non si riusciva a raggiungere l’accordo di tutti i Laender sui criteri di ripartizione dei finanziamenti a tale scopo stanziati; nessuna norma costituzionale o federale permetteva d’altro canto l’adozione, in luogo dell’unanimità, del criterio di maggioranza.

La Corte introdusse così, con la sua decisione (BVerfGE 1, 310), il principio di lealtà federale, consistente nel dovere di collaborazione da parte di tutti quando è necessario un accordo, considerando irrilevante l’opposizione pregiudiziale di una delle parti nei confronti del-l’intesa generale. Il veto di alcuni deve quindi essere ragionevolmente e fondatamente motivato, non essendo accettabile se arbitrario. La cosiddetta “Hessen-Urteil” fu emessa dalla Corte nel 1958 (BVerfGE 8, 122), in relazione alla disputa che oppose il Bund e il Land dell’Assia a proposito dei referendum indetti dagli enti municipali sull’opportunità o meno di equipaggiare con armi nucleari l’esercito tedesco. Questi sondaggi di opinione, promossi dall’opposizione per contrastare la politica di armamento del Governo federale, erano formalmente legali, anche se evidente ne era il significato: creare una sorta di pressione politica. Il Governo federale, pur essendo fortemente interessato a proibire quei sondaggi, non aveva tuttavia alcuno strumento legale per prevenirli, non potendo influenzare in alcun modo le leggi e le attività municipali. Il Tribunale costituzionale fu in tal modo indotto a prevedere un’altra forma di lealtà federale, individuando, nella violazione costituzionale ad opera del Land dell’Assia, una vera e propria violazione del principio di condotta collaborativa. Stando alla sentenza emessa in proposito, poichè non era consentito a livello municipale interferire in problemi strettamente federali, di competenza esclusiva degli organi costituzionali del Bund, come, nella fattispecie, la politica estera e la difesa, il Governo dell’Assia era tenuto ad intervenire, nello spirito del principio di condotta collaborativa, in favore degli interessi della Federazione. In particolare, avendo tale governo, a differenza di quello federale, poteri legali di controllo giuridico sull’autorità municipale promotrice dei referendum in questione, il Tribunale lo ritenne obbligato ad annullare le deliberazioni comunali sullo svolgimento delle consultazioni popolari, trattandosi di materia di esclusiva competenza del Bund.

Una delle controversie più importanti in cui la Corte ha individuato una violazione del principio della Bundestreue è stata quella in materia radiotelevisiva, relativa al sistema delle emittenti televisive private che il Governo di Adenauer tentava di attuare nonostante l’opposizione di tutti i Laender, nessuno dei quali era disposto a partecipare ad un simile tipo di società. La “Fernsehen-Urteil”

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(BVerfGE 12, 205) sancì la completa vittoria dei Laender. A loro favore si riconobbe innanzitutto che l’organizzazione di trasmissioni radiotelevisive è di competenza dei Laender come compito di natura pubblica. Si rilevò inoltre una violazione della libertà di radiodiffusione pubblica (art. 5 GG) da parte del Bund, il quale pretendeva di disciplinarla mediante un contratto di società, nonchè la violazione, parimenti da parte del Governo federale, del dovere di condotta collaborativa nei confronti dei Laender. Esso infatti, con il proprio procedere, avrebbe introdotto discriminazioni tra i Laender in base al loro indirizzo politico, tendendo alla ricerca di un accordo solo con alcuni di essi, i governi dei quali fossero in linea con il suo orientamento, e ponendo gli altri di fronte al fatto compiuto. Una ulteriore sentenza del Tribunale costituzionale fu originata, alla fine degli anni settanta, da alcune irregolarità procedimentali in cui incorse un finanziamento comune. Si trattava di uno stanziamento, da parte della confederazione, di una certa somma di denaro, effettuato direttamente a livello municipale; non fu l’intento, di per sé positivo, ma l’improprietà della procedura adottata dal Bund a configurare una violazione del principio di lealtà federale. Non esisteva infatti alcuna base legale: non era stata emanata alcuna regolamentazione federale in materia nè era stato ottenuto il consenso del Bundesrat. La Corte sostenne invece che, in tali situazioni, dovevano essere svolti idonei negoziati, allo stesso modo in cui gli stati sovrani avrebbero trattato fra di loro. Il Tribunale costituzionale si è inoltre occupato del dovere di condotta collaborativa in una pronuncia del 22 maggio 1990 (BVerfGE 81, 310), in relazione all’aspetto del principio della Bundestreue rappresentato dall’obbligo di rispetto reciproco fra Bund e Laender in senso procedurale. Si tratta, in pratica, del dovere di considerare le posizioni dell’altra parte e di adoperarsi per raggiungere un accordo; ciò si verifica, in particolare, nei casi in cui il Bund adotta atti sovrani vincolanti nei confronti dei Laender, come ad esempio le istruzioni nell’ambito della c.d. ‘amministrazione delegata’. Nella fattispecie, si trattava di un ‘istruzione impartita dal Ministro federale dell’ambiente al ministero competente della Renania settentrionale-Westfalia per l’esecuzione amministrativa della legge sull’uso pacifico dell’energia nucleare. Pronunciandosi sulla costituzionalità di tale atto, il Tribunale fece riferimento al dovere di comportamento collaborativo sotto il profilo federale per accertare se il Bund avesse osservato o meno il necessario rispetto del Land. Il Land risultò quindi sconfitto, avendo il Bund adempiuto all’obbligo procedurale di assunzione del relativo parere prima del conferimento dell’istruzione ed avendo prodotto uno sforzo per il raggiungimento di una comune intesa.

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7. LA COOPERAZIONE ISTITUZIONALIZZATA

7.1. LA RIFORMA COSTITUZIONALE DEGLI ANNI 1967-1969

La revisione cui la Legge fondamentale fu sottoposta nel periodo 1967-1969 comportò l’“istituzionalizzazione” di alcune forme di cooperazione verticale e, allo stesso tempo, una chiarificazione di importanti aspetti dei rapporti finanziari tra le diverse istanze statali. Si tratta dell’affermazione del modello di federalismo definito “coopera-tivo in senso stretto” resa possibile dall’introduzione del nuovo istituto dei “compiti comuni”. La riforma della Costituzione finanziaria del 1969 era infatti preordinata al riconoscimento ed all’attribuzione di un fondamento e di una legittimità costituzionale a pratiche e relazioni cooperative fino a quel momento sviluppatesi in via “informale”, per ricondurle sul terreno della legalità. Non tutte tali pratiche, tuttavia, furono istituzionalizzate, continuando ad esistere innumerevoli relazioni cooperative “clandestine”.

A) IL PARERE DELLA COMMISSIONE TROEGER

Il parere relativo alla riforma finanziaria nella Repubblica federale tedesca, presentato nel 1966 dalla Commissione Troeger, che prospettava una vasta gamma di riforme, dette il via a modifiche ed integrazioni della Legge fondamentale che innovavano nell’essenza il sistema di separazione fino ad allora considerato come principio costituzionale. La configurazione data dalla Commissione all’istituto dei “compiti comuni” prevedeva l’abilitazione del legislatore federale, con l’accordo del Bundesrat, ad individuare le materie considerate comuni, intendendo per tali quelle rilevanti per la collettività intera e richiedenti una pianificazione comune a lungo termine. La pianificazione comune di attuazione, stando al parere della Commissione, avrebbe dovuto risultare dalle decisioni concordate dal Governo federale e dal Bundesrat, ma nel complesso si risolveva nell’attribuzione, al Bund, di un’ampia capacità in materia. La proposta del Governo federale, frutto di una negoziazione con i Laender, si discostò sensibilmente da quella avanzata dalla Commissione. Infatti, oltre ad una lista tassativa delle materie “comu-ni”, in luogo dell’indeterminatezza della clausola generale suggerita dalla Commissione Troeger, fu proposta la collocazione del nuovo istituto in un Titolo specifico, autonomo rispetto all’VIII della Legge fondamentale; fu inoltre suggerito di considerare la pianificazione come una funzione “congiunta” e non

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come funzione quasi esclusiva del Governo federale. Tale proposta fu accettata e seguita dall’approvazione della riforma con tre leggi costituzionali del 12 maggio 1969.

B) I “COMPITI COMUNI” (GEMEINSCHAFTSAUFGABEN) COME LEGALIZZAZIONE DI PRATICHE GIÀ ESISTENTI

In collegamento sistematico con il Titolo VIII della Legge fondamentale relativo all’esecuzione delle leggi federali ed all’amministra-zione federale, fu inserito, nel quadro della riforma finanziaria costituzionale del 1969, il Titolo VIIIa, recante l’intestazione “Compiti comuni”, e comprendente gli articoli 91a e 91b. A ciò si aggiungeva la disposizione dell’art. 104a co. 4, anch’esso relativo ai compiti comuni : alla clausola generale della relazione Troeger si sostituiva dunque una disciplina più circostanziata dei rapporti e degli ambiti di cooperazione. In tal modo fu formalmente introdotta nell’ordinamento tedesco la previsione costituzionale di una cooperazione fra i due livelli del sistema federale in determinati ambiti. La disciplina delle cosiddette “competenze congiunte” rende perciò attuabile, con l’integrazione, il superamento della preesistente separazione di sfere di attribuzione. In realtà, la riforma del 1969, con l’introduzione formale dell’istituto dei “compiti comuni”, non ha comportato alcuna radicale innovazione, nè ha delineato prospettive del tutto sconosciute alla prassi ed al diritto costituzionale tedesco. Si è trattato piuttosto della “consacrazione”, ossia del riconoscimento e della regolamentazione, in base ad una precisa disciplina giuridica, di una numerosa serie di pratiche federali di cooperazione, ormai ampiamente sperimentate nella prassi. I settori in cui nel 1969 sono stati introdotti i vari meccanismi di cooperazione erano quindi già precedentemente caratterizzati dall’esistenza di una prassi, in virtù della quale funzioni pubbliche attribuite a singole istanze od enti venivano in realtà realizzate da organi comuni creati all’occorrenza o mediante lo sviluppo di pratiche convenzionali tra le stesse parti. Ciò si verificava, per citare alcuni esempi, sia in materia di istituzione di università, sia nel campo della pianificazione dell’in-segnamento e del finanziamento delle istituzioni di ricerca, in cui le raccomandazioni dei relativi comitati e consigli esistenti costituivano un punto di riferimento e di indirizzo dell’azione dei Laender nei rispettivi settori. Per quanto riguarda il miglioramento della struttura agricola, pur essendo tale materia oggetto di legislazione concorrente, una coordinazione tra Bund e Laender, o meglio, una partecipazione del Bund alle funzioni dei Laender veniva già

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effettuata in virtù del “Piano Verde” approvato da una legge federale del 1955. In questi casi si creava “di fatto” un meccanismo di pianificazione congiunta e l’attuazione che ne conseguiva contava sull’appoggio finanziario del Bund: il tutto, naturalmente, in forma “clandestina”, ai margini della Costituzione. Durante gli anni ’50 e ’60, infatti, il Governo federale provocò gradualmente un cambiamento de facto dell’assetto costituzionale, convogliando denaro federale in un numero crescente di aree di intervento e creando un corrispondente sistema federale di contributi, che interferiva negli affari amministrativi statali e locali.

Il favore dei governi statali nei confronti di tali contributi era mitigato dalla loro scarsa possibilità di influenzare le modalità di riparto di questi fondi. Fu così che maturò l’esigenza di legalizzare ed istituzionalizzare i programmi di contributi federali, cosa che per l’appunto si verificò nel 1969. Furono definite le aree di intervento in cui sarebbero stati consent“ contributi federali agli stati ed ai governi locali e ove una pianificazione congiunta della federazione e degli stati sull’uso di tali contributi avrebbe preso piede.

7.2. LA COOPERAZIONE “OBBLIGATORIA”: L’ART. 91A GG

A) NATURA, PRESUPPOSTI E PORTATA DELLA COOPERAZIONE OBBLIGATORIA

L’art. 91 GG si occupa dei compiti comuni in senso stretto, espressamente definiti come tali, e ne delinea il regime generale. In particolare, viene codificato il principio della collaborazione prestata dal Bund ai Laender in ordine all’assolvimento di compiti che, in base alla Legge fondamentale, risultano essere di spettanza esclusiva di questi ultimi. Si tratta, in particolare, di attività di carattere amministrativo dei Laender, non consistenti nell’esecuzione di leggi federali e rispetto alle quali vige, in linea di principio, il divieto di amministrazione mista: la previsione dell’art. 91a si configura pertanto come un’eccezione al principio di separazione amministrativa. La partecipazione del Bund presuppone innanzitutto che questi compiti trascendano il singolo Land, vale a dire che siano rilevanti per lo Stato federale nella sua totalità, e inoltre che tale cooperazione sia funzionale al miglioramento del livello delle condizioni sociali di vita. In tal modo la riforma finanziaria ribadisce due principi già presenti in modo più o meno chiaro nella Legge fondamentale: l’uniformità e la solidarietà. Il presupposto oggettivo, ossia l’ambito materiale su cui si innesta la cooperazione, è tassativamente determinato dalla stessa

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Costituzione ed individuato nell’ampliamento e nuova costruzione di università, comprese le cliniche universitarie, nel miglioramento della struttura economica regionale ed infine nel miglioramento della struttura agraria e della protezione costiera. Nonostante l’enunciazione di tali materie sia esaustiva, il legislatore costituzionale fa rinvio alla legge federale per una definizione più precisa dei compiti comuni. Partecipazione “obbligato-ria” del Bund significa che esso non può restare passivo, ma neanche agire da solo in via esclusiva nell’intera materia. Tuttavia, dovendo il Bund intervenire qualora risultino integrati i presupposti dall’art. 91a, si pone il problema se non ne derivi, per i Laender, una limitazione all’adempimento, di propria iniziativa, dei compiti costituzionalmente loro spettanti. La questione non riceve una risposta definitiva nell’art. 91a, dalla cui lettera è invece desumibi1e una restrizione della libertà d’azione e dell’autonomia dei Laender. La pratica, al contrario, rivela l’esistenza di programmi propri dei Laender. I compiti comuni si configurano in tal modo come una modalità d’intervento dai contorni ben delineati, ma allo stesso tempo suscettibili di variazioni secondo la volontà del Bund e dei Laender.

B) LA REALIZZAZIONE DEI COMPITI COMUNI

A) LA PROGRAMMAZIONE — QUADRO COMUNE (RAHMENPLANUNG)

Alla realizzazione dei compiti comuni Bund e Laender cooperano soprattutto mediante una pianificazione comune, partecipando tutti alle spese ed essendo reciprocamente responsabili. Il meccanismo organizzativo e procedimentale che presiede alla cooperazione nell’ambito dei compiti comuni è disciplinato dal legislatore ordinario col consenso del Bundesrat. Mediante legge federale, infatti, devono essere elaborate norme riguardanti le procedure e gli istituti di una “comune pianificazione di cornice” (rahmenplanung) nonchè i principi di carattere generale che regolano l’inadempimento dei compiti comuni, da destinarsi agli organi misti di pianificazione congiunta. È inoltre la legge ordinaria che provvede a precisare le modalità di partecipazione finanziaria del Bund. La programmazione comune di inquadramento, che ha essenzialmente ad oggetto gli obiettivi da raggiungere, gli strumenti ed i mezzi finanziari all’uopo necessari, è opera di un Comitato di coordinamento (planungsausschuss). Le misure adottate devono trovare il consenso preventivo da parte dello Stato membro sul cui

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territorio vanno applicate: in tal modo viene relativizzato il principio della regola maggioritaria nelle decisioni del Comitato. L’iniziativa, nel processo di pianificazione, spetta ai Laender, che elaborano le proposte-base su cui verrà discusso il piano-cornice e le trasmettono, per l’iscrizione, al Comitato di programmazione, in vista di un esame di quest’ultimo.

Avvenuta l’iscrizione della proposta nel piano-cornice, il Land potrà rifiutare la pianificazione comune solo a condizione di ritirare il proprio consenso al progetto prima che questo venga votato in seno al Comitato. Acquista dunque in tal modo particolare rilievo la partecipazione dei Laender anche alla fase deliberativa della decisione di indirizzo; in tale stadio preliminare essi possono infatti svolgere un ruolo “creativo”. La capacità deliberativa affidata al Bund è per lo più preordinata alla tutela dell’unità di indirizzo ed alla correzione od integrazione dei progetti avanzati dai Laender. Una volta approvato dal Comitato di pianificazione, il piano-cornice, pur non avendo carattere di legge data la sua provenienza da organi esecutivi, è tuttavia vincolante per i governi rappresentati. La sua natura non propriamente legislativa nè regolamentare gli vale la qualifica di “atto collettivo di direzione dello Stato” (staatsleitender gesamtakt). È infine compito dei Laender darvi esecuzione ponendo in essere le relative misure e, in particolare, l’elaborazione di piani concreti di dettaglio, l’assunzione di una responsabilità sotto forma di obbligo d’informazione ed il sostenimento delle spese necessarie. Dovendo fare un bilancio, la posizione dei Laender, nell’ambito della comune pianificazione, non sempre presenta tuttavia caratteri univoci nel senso di una loro indiscussa libertà d’azione. Se è vero che l’unico controllo cui essi devono sottostare nell’ambito di tale procedimento è quello richiedente una semplice reciproca informazione, è tuttavia altrettanto vero, d’altro canto, che la loro autonomia subisce forti limitazioni.

In pratica il meccanismo di coordinamento ha operato in modo da trasferire le competenze decisionali al Comitato e la pianificazione di cornice ha finito per essere così dettagliata da limitare spesso lo spazio necessario per le decisioni politiche del Land interessato.

Le spese sopportate dai Laender, relative all’amministrazione dei compiti comuni e ad eventuali investimenti che si rendessero necessari, possono inoltre essere tanto elevate da indurli e rifiutare la pianificazione comune, con tutti gli effetti che ne derivano.

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B) IL FINANZIAMENTO COMUNE

Oltre alla pianificazione-quadro congiunta, l’attuazione dei compiti comuni richiede il finanziamento comune dell’attività prevista nei piani-quadro e di sviluppo. L’art. 91a determina direttamente la quota di spesa che incombe su ciascuna delle parti, fissandola, per quanto riguarda la costruzione di università e il miglioramento della struttura economica regionale, al 50% a carico di ogni istanza. Quanto invece al terzo ambito materiale dei compiti comuni, la Costituzione prevede una formula più flessibile, stabilendo che il Bund deve sopportare come minimo la metà del carico finanziario. Ciò che ha suscitato le critiche dei Laender è che soltanto le spese iniziali sono sopportate congiuntamente, mentre tale associazione non si estende ai costi di funzionamento. Ne conseguono perciò carichi finanziari non indifferenti per i Laender, che si trovano quindi impossibilitati a dedicarsi ad attività ulteriori rispetto ai compiti comuni. Il meccanismo di finanziamento comune legalizzerebbe in tal modo la cosiddetta “dittatura finanziaria” del Bund, impedendo ai Laender di fare un uso effettivo del loro diritto di opporsi alla pianificazione comune di un progetto. Tramite l’inter-vento finanziario lo Stato federale riesce quindi a condizionare variamente le scelte degli stati membri. La Costituzione stabilisce, poi, che la facoltà di approvare i mezzi finanziari da utilizzare per la realizzazione dei compiti comuni è riservata alla determinazione in sede di bilancio preventivo del Bund e dei Laender.

7.3. SEGUE: LA PIANIFICAZIONE E COORDINAZIONE DELLA POLITICA FINANZIARIA E DI BILANCIO (ART. 109 GG)

L’autonomia reciproca di Bund e Laender in materia di bilancio, costituzionalmente sancita, è in parte attenuata dall’esistenza di numerose interrelazioni tra le due istanze, che vincolano i rispettivi poteri creando una stretta interdipendenza in svariati settori della politica di bilancio. Oltre a queste relazioni esistono specifiche limitazioni al principio di autonomia in materia di bilancio, che la stessa Costituzione ha introdotto con il nuovo art. 109. Tale norma prevede innanzitutto una armonizzazione dei principi generali che regolano i rispettivi bilanci del Bund e dei Laender; a tale scopo la Costituzione stabilisce una competenza legislativa federale che necessita del consenso del Bundesrat. La Legge fondamentale esige inoltre l’armonizzazione della funzionalità economica dei bilanci statali e federale, prefigurando la necessità della loro conformità alle esigenze dell’“equilibrio economico generale” (art. 109 co. 2) e

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della loro capacità di adeguarsi e far fronte con efficacia alla congiuntura (art. 109 co. 3). Lo stesso art. 109 introduce anche il principio di pianificazione e coordinazione finanziaria e di bilancio di entrambe le istanze. In particolare, la normativa costituzionale prescrive che, nella predisposizione della pianificazione di cornice, debba essere tenuto in considerazione anche il “piano finanziario pluriennale” del Bund e dei Laender. Si impone quindi una coordinazione tra le rispettive pianificazioni, alla quale sono preordinati altri due organi comuni: da una parte, il “Consiglio per la pianificazione finanziaria” (finanzplanungsrat) e, dall’altra, con funzione consultiva, il “Consiglio per la congiuntura” (kojunkturrat).

7.4. LA COOPERAZIONE “FACOLTATIVA”: L’ART. 91b GG

L’art. 91b si limita ad abilitare, vale a dire a permettere senza renderle obbligatorie, alcune relazioni cooperative tra Bund e Laender, lasciando alle parti ampia libertà di stabilire, tramite accordi, le modalità operative che ritengono più convenienti. La Costituzione, in pratica, delimita in modo tassativo solo l’ambito materiale in cui i compiti comuni sono oggetto di cooperazione, individuando, in particolare, la pianificazione dell’insegnamento e la promozione di istituzioni e progetti della ricerca scientifica di importanza sovraregionale. Per il resto, la materia è integralmente regolata dalle convenzioni intercorse tra le parti. Bund e Laender sono quindi liberi di concretizzare questa disposizione costituzionale tramite accordi amministrativi, per definire con precisione l’estensione e la forma della loro cooperazione e per specificare gli oneri finanziari incombenti su ciascuno di essi.

Lo spazio lasciato dalla norma alla definizione in via convenzionale di tale cooperazione non consente naturalmente di delineare la reale estensione di questa ovvia conseguenza della trasformazione di una prassi incontrollata in un istituto costituzionale. L’articolo si occupa, infatti, di una specie di cooperazione già precedentemente in uso e che aveva condotto ad una diffusa gestione di dotazioni e fondi del Bund. La disciplina dettata dall’art. 91b non può avere portata meramente dichiarativa, in quanto consente al Bund di cooperare anche al di là della sfera legislativa. La cooperazione tra Bund e Laender si effettua nel-l’ambito di un organismo comune, la “Commissione per la pianificazione dell’insegnamento e la promozione della ricerca”. La “Società Max Planck”, nonchè la Società tedesca di ricerca (deutsche forschungsgemeinschaft) sono organismi autonomi creati,

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per l’appunto, allo sco-po di intraprendere la ricerca cui la Costituzione fa riferimento.

7.5. LA COOPERAZIONE FINANZIARIA: L’ART. 104A CO. 4 GG

A) CONDIZIONI DI INTERVENTO DEL BUND

Come si è già più volte ricordato, il legislatore costituzionale del 1969 si preoccupò di ricondurre sul piano della legittimità una serie di pratiche “clandestine” precedentemente sviluppatesi, che di fatto concedevano al Bund una capacità di influenza ed intervento, nell’ambito proprio dei Laender, di portata superiore a quella prevista dalla Grundgesetz. Per evitare un’alterazione dell’equilibrio dell’ordine federale fu perciò delimitata con estrema chiarezza la capacità di finanziamento del Bund. Furono così istituzionalizzate alcune forme di finanziamento misto, a proposito dei compiti comuni, ed introdotto il principio in base al quale Bund e Laender sostengono separatamente gli oneri derivanti dall’espletamento dei relativi compiti (art. 104a comma 1 GG). Il quarto comma dello stesso articolo prevede tuttavia una eccezione. L’art. 104a co. 4, infatti, consente al Bund, per investimenti di particolare importanza dei Laender e dei comuni, di concedere ai Laender stessi aiuti finanziari che siano necessari allo scopo di evitare un turbamento dell’equilibrio economico generale, di compensare le differenze di forze economiche ed infine di promuovere lo sviluppo economico. La disciplina particolareggiata di tali aiuti deve essere stabilita con legge federale, emanata col consenso del Bundesrat, oppure mediante un semplice accordo amministrativo.

B) NATURA DELLE COMPETENZE DEL BUND

Le leggi federali finora emanate ai sensi dell’art. 104a co. 4, relative al finanziamento della viabilità comunale, dello sviluppo della edilizia urbana e degli ospedali hanno introdotto meccanismi di coordinamento di diversa intensità. In una prima fase dell’applicazione legislativa di questa nuova competenza federale, la tendenza del Bund si indirizzò verso una pianificazione generale il più possibile unitaria e vincolante, con conseguente eliminazione di iniziative autonome di “disturbo” dei Laender e dei comuni. La competenza finanziaria federale si accompagnava ad un potere di pianificazione sostanziale del Bund. In tal modo si configurava, a

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favore dell’istanza centrale, una sorta di diritto di coesercizio o di codecisione ed un potere di orientamento delle attività e dei progetti di investimento dei Laender, come se si trattasse dei ‘‘compiti comuni”. In particolare, l’influenza federale fu estremamente evidente nelle leggi per il finanziamento dell’edilizia urbana e dei trasporti collettivi, ma non risparmiò gli investimenti a medio e lungo termine previsti dalla legge ospedaliera. Più circoscritti erano invece i casi in cui il Bund risultava competente ad effettuare una mera assistenza finanziaria, riducendosi al ruolo di cassiere o “distributore meccanico di sovvenzioni”. Una simile limitazione dell’ingerenza del Bund pareva tuttavia contraddittoria rispetto al fatto che esso disponeva di competenza legislativa di applicazione. Su queste pratiche si pronunciò il Tribunale costituzionale federale, specificando che il Bund può prestare soltanto una assistenza finanziaria ai progetti di investimento dei Laender, ripartendo i fondi tra i settori di significato sovraregionale di competenza di questi ultimi. Al di là dell’accordo amministrativo, quindi, che costituisce il momento propriamente cooperativo di tali relazioni finanziarie, è esclusa la competenza sostanziale del Bund in ordine alla scelta degli investimenti dei Laender, dovendosi esso limitare a fissare il modo di riparto dei fondi. Tale interpretazione del Tribunale costituzionale concorda del resto con la volontà del costituente del 1969, che ha disciplinato in diversi Titoli, l’VIIIa e il X, i compiti comuni come cooperazione sostanziale e l’assistenza finanziaria federale. La creazione di questa terza categoria di compiti comuni si giustifica soprattutto alla luce di considerazioni politiche, in particolare tenendo conto dell’aspirazione del Bund a partecipare agli interventi dei Laender negli ambiti non previsti dagli artt. 91a e 9lb GG.

8. CONSIDERAZIONI CRITICHE E PROPOSTE DI RIFORMA DELLE RELAZIONI COOPERATIVE ESISTENTI

8.1. ASPETTI PROBLEMATICI

A) IL FEDERALISMO COOPERATIVO E L’EQUILIBRIO DEI POTERI ALL’INTER-NO DELLO STATO FEDERALE

L’introduzione, nel 1969, dei nuovi articoli sui programmi congiunti di investimento fu accompagnata da un lungo dibattito sullo sviluppo e lo stato del sistema federale.

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A. TIMORI DELLA CRITICA

Alla luce delle esperienze fatte all’epoca della collaborazione “selvaggia” tra lo Stato federale e Laender, si è spesso temuto che la legalizzazione di tale forma di collaborazione avrebbe in definitiva rafforzato l’equilibrio dei poteri all’interno dell’ordinamento che già allora si aveva avuto modo di registrare.

La maggior parte degli esperti sostenne che gli emendamenti costituzionali rappresentano un chiaro slittamento di potere dagli stati al Governo centrale. Secondo tale opinione la centralizzazione, l’aumento del potere centrale sulle politiche infrastrutturali regionali e la riduzione dell’autonomia degli stati erano le conseguenze della riforma costituzionale. L’ampiezza di termini con cui erano formulate le premesse della programmazione comune facilitava, stando al parere di alcuni autori, una preponderanza del Bund a scapito dell’autonomia e della discrezionalità politica dei Laender. In particolare si riteneva che gli aiuti finanziari a carattere settoriale concessi dal potere centrale agli stati provocassero un progressivo esautoramento di questi ultimi a vantaggio del primo. Alla diminuzione del potere politico dei governi dei Laender faceva dunque riscontro l’acquisizione, da parte del Governo federale, della capacità di condizionarne intensamente, mediante la propria partecipazione finanziaria, l’autonomia e le scelte. Sarebbe dunque tramite gli aiuti finanziari, “briglie d’oro” messe al Land da parte del Bund, che si realizza la cosiddetta “dittatura dell’offerta” (angebotsdiktatur des bundes), che consente al Governo centrale di ottenere, in ogni caso, un atteggiamento positivo del Land verso le proprie proposte.

B. I RISULTATI DELLA PRATICA

L’esperienza successiva alla intervenuta riforma ha confermato solo parzialmente i timori di centralizzazione : i programmi di incentivazione sono infatti spesso caratterizzati da un’impronta regionale più che da un orientamento verso i bisogni dello Stato nel suo complesso. In realtà, l’influenza che il Governo aveva un tempo nell’ammini-strazione dei suoi precedenti (‘illegali’) programmi finanziari e la libertà di cui godeva nell’assegnazione dei suoi contributi ai settori che riteneva opportuno sovvenzionare, sono state notevolmente ridotte dalla riforma costituzionale del 1969. In seguito ad essa, il sistema di contributi federali vincolanti fu infatti trasformato in un sistema di contributi federali a fini generali, in cui agli stati spetta la parola decisiva in ordine alle attività ed agli enti

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locali destinatari dei finanziamenti. Questo sviluppo può essere compreso sulla base della previsione dell’inserimento del Bundesrat nel confronto tra Stato federale e Laender, e della necessità di un conseguente alto livello di consenso e cooperazione tra le due istanze riguardo alle decisioni relative all’allocazione dei fondi federali ai singoli stati ed ai programmi settoriali. La perdita di interesse del Governo federale nel sistema di contributi, a causa dello scarso controllo che può esercitare sull’uso dei fondi federali e sulle priorità di spesa, ha condotto tra la fine degli anni’70 ed i primi anni ’80 ad uno stallo nello sviluppo di tale sistema.

B) IL FEDERALISMO COOPERATIVO E L’EFFICIENTE ADEMPIMENTO DEI COM-PITI

È innanzitutto opportuno sottolineare come siano difficilmente compatibili la cura dei compiti comuni, discriminante secondo i bisogni ed orientata in via primaria verso l’interesse della comunità statale, e la conservazione dell’influenza dei Laender su tale attività. Un altro aspetto interessante riguarda la tendenziale mancanza di coordinamento prodotta dalla collaborazione verticale sui settori dello Stato federale e dei Laender che non sono da essa investiti. È infatti noto che la collaborazione rafforza la posizione politica delle amministrazioni che vi partecipano all’interno del proprio ente, nei confronti sia del Parlamento che dei dicasteri del Governo; tale situazione di indipendenza e di privilegio politico consente loro di sottrarsi alla pressione su di essi di volta in volta esercitata dai vari gruppi. Di conseguenza, l’indipendenza ed il favore di cui godono le amministrazioni coinvolte nella cooperazione nei confronti dei singoli settori dell’unità cui esse appartengono, pongono il problema della loro integrazione orizzontale nelle organizzazioni-madri.

C) IL FEDERALISMO COOPERATIVO E IL PROBLEMA DEI COSTI

Il finanziamento misto, che attribuisce ai Laender la possibilità di finanziare in parte il soddisfacimento dei loro compiti con mezzi dello Stato federale, comporta un duplice svantaggio. In primo luogo, il trattamento preferenziale dei compiti interessati dalla collaborazione; in secondo luogo, il fatto che sovente l’adempimento di tali compiti è realizzato e gestito senza riguardo ai costi. L’esempio della partecipazione dello Stato federale al finanziamento degli ospedali può citarsi (Kisker) come caso di collaborazione superflua, essendo da escludere che tale intervento

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sia stato motivato da esigenze di coordinamento, trattandosi più probabilmente di strategie politiche.

8.2. L’INFLUENZA DELL’ADEMPIMENTO COMUNE DEI COMPITI SUL SISTEMA DI DEMOCRAZIA PARLAMENTARE

L’affermazione di un modello cooperativo delle relazioni Stato-enti decentrati ha implicato, in genere, uno spostamento di poteri reali dagli organi legislativi ai rispettivi governi, che sono i veri protagonisti di tali relazioni.

D’altro canto la cooperazione, e la pianificazione in particolare, sono, per loro natura, essenzialmente opera degli organi esecutivi ed i parlamenti, sia federale che statali, ne rimangono ampiamente estranei. Del resto, come già in precedenza è stato posto in rilievo, la collaborazione determina propriamente un rafforzamento della posizione politica dell’esecutivo che vi prende parte nei confronti del Parlamento. Più precisamente, sono le alte burocrazie del Bund e dei Laender, ossia gli alti funzionari, ad incaricarsi delle relazioni cooperative, tanto che si è parlato di “federalismo oligarchico” (Kisker). Per tale motivo i parlamenti non godono di un reale diritto di partecipazione alle decisioni fondamentali di programmazione, non disponendo, tra l’al-tro, delle informazioni necessarie per esaminare a fondo i vari progetti: in pratica, non resta loro che accettare o meno l’operato comune degli esecutivi, configurandosi così come “mere macchine di ratificazione” (Alberti Rovira). In linea di principio, i parlamenti statali possono rifiutarsi di accogliere i risultati delle trattative svoltesi in seno alle commissioni di programmazione, rinunciando così ai mezzi messi a disposizione dallo Stato federale, ma ciò è, per ragioni politiche, alquanto improbabile. Questo “spossessamento”, tramite i compiti comuni, dei poteri effettivi di controllo dei parlamenti dei Laender, oltre ad essere contrario al principio democratico, rappresenta un rischio di “deparlamentarizzazione” del sistema politico, con relativa perdita del significato funzionale degli organi legislativi. Autorevole posizione dottrinale (Kisker) considera il fenomeno dello spossessamento ed esautoramento dei parlamenti come una “debolezza strutturale” del modello collaborativo ed auspica una revisione sostanziale allo scopo di eliminare il ricorso alla cooperazione laddove essa si riveli superflua, affidando al Tribunale costituzionale il compito di verificarne la necessità.

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8.3. VALUTAZIONE DELLA REVISIONE COSTITUZIONALE DEL 1969 ALLA LUCE DI ULTERIORI PROSPETTIVE DI RIFORMA

A) L’ISTITUZIONALIZZAZIONE DEI COMPITI COMUNI COME OPERA DI COM-PROMESSO

Tale è stata definita la riforma del 1969, che si configura come un espediente di cui si serve il sistema politico per permettere al Bund e ai Laender la pianificazione e il finanziamento comune di alcuni progetti. Il carattere limitato di tale riforma e la permanenza di pratiche cooperative non regolamentate non consentono che di ascrivere i “compiti comuni” ad una fase transitoria: qualunque valutazione sullo stato attuale del federalismo cooperativo può quindi soltanto giungere ad una conclusione di tipo interlocutorio, che esprime l’esigenza di alcuni miglioramenti o di una radicale riconsiderazione della cooperazione, allo scopo di conciliare gli sviluppi della prassi con i limiti di ammissibilità costituzionale.

B) OSSERVAZIONI CRITICHE E NUOVE PROSPETTIVE DI COOPERAZIONE

Le critiche mosse ai compiti comuni erano essenzialmente due: da un lato, quella che contestava loro di non essere strumento adeguato per la realizzazione di aspirazioni unitarie e, dall’altro, quella che li considerava come una minaccia dell’ordine federale, a causa della loro tendenza ad uniformare l’azione statale. Le soluzioni in proposito suggerite erano, di conseguenza, la generalizzazione della cooperazione, estesa a tutti i settori di comune interesse, oppure il ritorno alla separazione delle sfere di competenza: nessuna di esse, tuttavia, era in grado di offrire una alternativa valida e praticabile. In particolare, il sistema proposto dalla Commissione d’indagine per la revisione costituzionale istituita nel 1970 si collocava in una posizione di continuità rispetto a quello della Commissione Troeger, in quanto prospettava una cooperazione integrale in forza di una pianificazione estesa all’intera struttura federale. La Commissione per la revisione costituzionale fu successivamente incaricata di prospettare una sintesi tra le due tendenze, ma i risultati cui giunse e di cui dette conto nel Rapporto finale erano pur sempre parziali e presentavano innumerevoli lacune. In tal modo, il mantenimento sostanziale dell’equilibrio raggiunto nel 1969, per quanto solo parzialmente soddisfacente, si presentava come l’unica via possibile per l’evoluzione dell’ordinamento federale.

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C) IL MANTENIMENTO DELLO STATUS QUO COOPERATIVO COME UNICA VIA PRATICABILE

La Commissione d’indagine menzionata, creata per esaminare la possibilità di adattare la Grundgesetz alle attuali esigenze, confermò nel suo Rapporto finale il modello cooperativo esistente, seppur avanzando alcune interessanti proposte per una maggiore flessibilità delle relazioni cooperative. Essa proponeva innanzitutto una disciplina della pianificazione comune dei compiti distinta da quella finanziaria, per evitare che le forme di finanziamento misto minassero l’autonomia di bilancio dei Laender. Sempre nell’ottica di una maggiore flessibilità dell’attività di pianificazione, la Commissione suggeriva un’abilitazio-ne costituzionale generale ad una cooperazione facoltativa, non più obbligatoria, in cui gli ambiti materiali e il carattere dell’azione congiunta fossero stabiliti dalle parti stesse, e non su imposizione unilaterale del Bund. Invece dell’obbligatorietà del programma, è la lealtà verso la Federazione (Bundestreue) che opera pertanto nel senso del-l’unità e del consenso. Venne poi individuato un altro obiettivo, ossia quello di assicurare ai parlamenti un’influenza effettiva sul contenuto della pianificazione. Tale obiettivo fu in parte realizzato, in quanto i parlamenti hanno ottenuto la possibilità di essere informati preventivamente dai governi regionali sul contenuto dei piani e di pronunciarsi su di essi, fermo restando che si tratta di semplici pareri, di cui le autorità esecutive possono tenere conto, e non di un vero e proprio diritto di decisione. La Commissione, in definitiva, non riuscì ad effettuare un riforma sostanziale quanto alla partecipazione parlamentare, che rimane pertanto modesta, come irrisolta rimane la questione se “parla-mentarismo” e “federalismo” possano essere oggetto di una conciliazione. Non resta quindi che correggere alcuni difetti della cooperazione verticale esistente, senza tuttavia poterne mettere in discussione le direttrici fondamentali.

8.4. LA NECESSITÀ DELLA COOPERAZIONE

La cooperazione federale, specialmente nella sua dimensione verticale, comporta una serie rilevante di problemi, al punto di limitare alcuni dei valori su cui si basa l’ordine federale. L’instaurazione di strette interdipendenze politiche tra le istanze federali (politikverflechtung), lo spostamento della capacità di decisione verso l’esecutivo e le alte burocrazie, nonchè l’alto livello di consenso richiesto, sono infatti conseguenze della cooperazione

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che comportano un notevole rischio di deparlamentarizzazione e paralisi del sistema politico, oltre ad ostacolare una flessibile ed efficace azione dei poteri statali. È per questi motivi che viene da più parti sostenuto che il federalismo cooperativo sta attraversando una fase transitoria. Ciononostante, la cooperazione federale è ritenuta necessaria e l’effettività con cui ha operato nell’artico-lata struttura statale è stata ampiamente riconosciuta. Sono innanzitutto esigenze di uniformità, sempre più sentite nelle moderne società con un elevato livello di sviluppo, a rendere necessaria la cooperazione. Tale obiettivo di uniformità, quindi, lungi dall’essere imposto unilateralmente dall’istanza “centrale”, viene conseguito in virtù delle negoziazioni che hanno luogo tra i Laender ed il Bund. Al di là di queste considerazioni, tuttavia, è evidente che, in ogni caso, il federalismo tedesco, in relazione ad un considerevole numero di settori, può funzionare solo come “federalismo cooperativo”, in cui le forme di collaborazione instaurate dai Laender, vicendevolmente e nel loro rapporto con il Bund, rivestono un ruolo di fondamentale importanza. Vi sono, in particolare, ambiti in cui i Laender godono della sovranità, come in materia scolastica, universitaria e di polizia, o di una posizione di rilevante peso politico, ed in cui accettano di sviluppare forme di cooperazione che sono imprescindibili per uno Stato federale come quello tedesco.

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