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Progetto di formazione economica e finanziaria per le scuoleAnno scolastico 2012-2013

  

LA STABILITA’ DEI PREZZI 

 

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SOMMARIO

Stabilità dei prezzi, inflazione e deflazione. Alcune definizioni

Prologo: il valore della moneta nel tempo o come leggere la storia d’Italia attraverso i coefficienti di rivalutazione monetaria dell’Istat

Prezzi relativi e prezzi monetari

Misurare le variazioni dei prezzi monetari: gli indici dei prezzi Perchè è importante la stabilità dei prezzi

I fattori che determinano l’evoluzione dei prezzi

La politica monetaria

La Banca Centrale Europea

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LA STABILITA’ DEI PREZZI, L’INFLAZIONE E LA DEFLAZIONE

ALCUNE DEFINIZIONI

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NOZIONI INTRODUTTIVE

La stabilità dei prezzi è la condizione per preservare il potere d’acquisto della moneta nel tempo

L’instabilità, che può comportare costi economici e sociali molto elevati, può essere legata a due fenomeni opposti:• Inflazione: aumento generalizzato dei prezzi di beni e servizi per un periodo di tempo prolungato, che riduce il valore della moneta e quindi il suo potere d’acquisto• Deflazione: diminuzione del livello complessivo dei prezzi

I vantaggi della stabilità dei prezzi sono strettamente collegati alla moneta e alle sue funzioni.

La moneta è:• Mezzo di regolamento degli scambi• Riserva di valore• Unità di conto

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PROLOGO

LA STORIA D’ITALIA ATTAVERSO IL VALORE DELLA MONETA

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I COEFFICIENTI DI RIVALUTAZIONE MONETARIA DELL’ISTAT

L’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) pubblica periodicamente delle tabelle di numeri (coefficienti) che consentono di confrontare somme di denaro in diversi momenti del tempo a parità di potere d’acquisto

Di seguito sono riportate le tabelle dall’Unità d’Italia (1861) al 2011

I confronti sono resi aritmeticamente complicati dal passaggio dalla lira all’euro (1999), ma sono ugualmente interessanti

Quanto varrebbero le “Mille lire al mese” cantate da Natalino Otto nel 1939?Non un granché: quasi 835 euro del 2011

(attenzione però ai livelli di consumo e redditi in termini relativi!)

Lo stipendio medio di un insegnante nel 1990 era di 1.700.000 lire, pari a circa 1.585 euro del 2011

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Coefficienti per tradurre valori monetari dei periodi sottoindicati in valori del 2011 (a)

Anni Coefficienti Anni Coefficienti Anni Coefficienti Anni Coefficienti

1861 8945,297 1901 8307,071 1941 1196,793 1981 3,821

62 8891,083 02 8363,904 42 1035,452 82 3,284

63 9157,483 03 8123,083 43 617,436 83 2,856

64 9416,102 04 8025,321 44 138,939 84 2,583

65 9575,906 05 8016,550 45 70,544 85 2,378

1866 9476,930 1906 7870,326 1946 59,773 1986 2,241

67 9249,866 07 7515,516 47 36,884 87 2,142

68 8891,083 08 7593,316 48 34,835 88 2,041

69 8837,522 09 7811,655 49 34,331 89 1,915

70 8711,572 10 7601,185 50 34,800 90 1,805

1871 8450,626 1911 7416,728 1951 31,718 1991 1,696

72 7477,211 12 7349,843 52 30,426 92 1,609

73 7053,023 13 7335,144 53 29,846 93 1,544

74 6887,459 14 7335,144 54 29,064 94 1,486

75 8042,921 15 6855,274 55 28,272 95 1,410

1876 7601,185 1916 5478,076 1956 26,931 1996 1,357

77 7305,920 17 3872,832 57 26,420 97 1,334

78 7585,464 18 2777,411 58 25,214 98 1,310

79 7680,779 19 2735,973 59 25,318 99 1,290

80 7409,236 20 2082,073 60 24,664 2000 1,258

1881 7921,321 1921 1759,871 1961 23,963 2001 1,225

82 8114,097 22 1770,491 62 22,800 02 1,196

83 8383,021 23 1780,807 63 21,206 03 1,167

84 8549,118 24 1720,249 64 20,019 04 1,145

85 8363,904 25 1531,345 65 19,186 05 1,125

1886 8373,452 1926 1419,614 1966 18,809 2006 1,103

87 8392,613 27 1552,740 67 18,441 07 1,085

88 8288,298 28 1675,455 68 18,209 08 1,051

89 8150,160 29 1649,088 69 17,711 09 1,043

90 7870,326 30 1703,075 70 16,854 10 1,027

1891 7895,741 1931 1885,156 1971 16,052 2011 1,000

92 7964,325 32 1935,905 72 15,198

93 8141,114 33 2057,544 73 13,770

94 8177,418 34 2169,519 74 11,528

95 8223,255 35 2139,150 75 9,839

1896 8260,297 1936 1988,922 1976 8,444

97 8278,943 37 1816,979 77 7,150

98 8223,255 38 1687,404 78 6,358

99 8354,378 39 1616,026 79 5,494

1900 8316,489 40 1384,773 80 4,535

(a) Qualora la cifra originaria sia espressa in lire, mentre la cifra rivalutata debba essere espressa in euro, occorrerà effettuare prima la rivalutazione (moltiplicando per l'apposito coefficiente) e successivamente la conversione in euro (divisione per 1.936,27); al contrario, se la cifra di partenza sia espressa in euro, la cifra rivalutata, con il coefficiente delle tavole, risulterà anch'essa in euro e quindi se occorresse esprimerla in lire sarà necessaria l'operazione inversa (moltiplicazione per 1.936,27).

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IL VALORE DELLA MONETA NELLA STORIA D’ITALIA

Valore di un euro (1936,27 lire) in ciascun anno in termini di euro del 2011

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100

1.000

10.000

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LA STABILITA’ DEI PREZZI E IL VALORE DELLA MONETA

Nella storia d’Italia ci sono stati episodi di rapido deprezzamento della moneta (inflazione) in occasione delle due guerre mondiali, soprattutto della seconda, e negli anni ’70/’80 dopo le crisi petrolifere

Altri paesi hanno avuto storie simili alla nostra: la conquista della stabilità monetaria è generalmente un processo contrastato e difficile in tutte le economie contemporanee, il suo mantenimento impone vincoli stringenti alle politiche economiche perseguibili

Ci sono stati anche episodi di rivalutazione della moneta: in Italia nella seconda metà degli anni ’20 la politica di mantenimento di un tasso di cambio della lira molto elevato (‘Quota 90’) portò a un aumento del suo valore rispetto a tutti gli altri beni e servizi

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QUALI PREZZI?

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QUALI PREZZI?

Esistono due nozioni di prezzo da tenere ben distinte:• prezzi relativi: indicano i rapporti di scambio tra diversi beni e servizi. Essi sono i segnali che guidano le decisioni dei produttori e dei consumatori• prezzi assoluti: sono prezzi monetari espressi in moneta corrente

La stabilità dei prezzi si riferisce soltanto ai prezzi monetari e non ai prezzi relativi

La stabilità non riguarda il prezzo di uno specifico bene, ma la media dei prezzi monetari di un’ampia classe di beni (paniere) in un certo arco temporale e per una certa popolazione di riferimento.

La stabilità dei prezzi, in questo modo, equivale alla stabilità del valore della moneta

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I PREZZI RELATIVI NON DEVONO ESSERE STABILI

Nelle economie avanzate, dove il baratto non esiste quasi più, i prezzi relativi non sono immediatamente osservabili: occorre fare un calcolo per ottenerli

Esempi: 1) giornate di lavoro per acquistare un’automobile2) per i ragazzi sono intuitivi i prezzi relativi delle figurine

Le decisioni di spesa sono però prese sulla base dei prezzi relativi: se il prezzo monetario della carne aumenta e quello del pesce rimane stabile, le quantità consumate si muovono in senso opposto

Le decisioni di produzione sono anch’esse guidate dalle aspettative sui prezzi relativi

E’ il movimento dei prezzi relativi che consente di portare in equilibrio domanda e offerta nei diversi mercati e di far funzionare l’economia nel suo complesso

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I PREZZI MONETARI

Il movimento dei prezzi relativi avviene attraverso i prezzi monetari che esprimono il valore di un bene o di un servizio nelle unità della moneta corrente

I prezzi relativi si aggiustano quando i prezzi monetari variano con direzione e intensità diversa

Quando tutti (o la grande maggioranza dei) i prezzi monetari variano nella stessa direzione si ha:

inflazione se la variazione è positivadeflazione se la variazione è negativa

Oltre certe soglie inflazione e deflazione sono sintomi di patologie del sistema economico: non sono più i prezzi relativi che si aggiustano, ma è la moneta che perde o acquista valore in modo anomalo

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MISURARE LE VARIAZIONI DEI PREZZI

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MISURARE LE VARIAZIONI DEI PREZZI

Nelle economie moderne esistono milioni di beni e servizi venduti e comprati quotidianamente e per ciascuno di essi negli scambi viene fissato un prezzo monetario

I prezzi monetari sono soggetti a variazioni continue che rispecchiano il mutare della domanda e dell’offerta dei rispettivi beni o servizi e forniscono un’indicazione della loro “scarsità relativa”

Non è fattibile provare a misurare questa miriade di prezzi, ma non è nemmeno corretto prenderne in considerazione solo alcuni in quanto potrebbero non essere rappresentativi del livello generale

Gran parte dei paesi misura la variazione dei prezzi attraverso uno strumento statistico chiamato “Numero indice dei prezzi al consumo”

Esistono anche altri numeri indici (ad esempio esistono indici settoriali, o dei prezzi alla produzione, per particolari fasce della popolazione)

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L’INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO

L’indice dei prezzi è costruito a partire da un’analisi dei profili di acquisto dei consumatori per individuare i beni e i servizi generalmente più acquistati e quindi più rappresentativi del consumatore

Oltre ai beni acquistati con cadenza giornaliera (ad esempio il pane e la frutta), sono presi in considerazione quelli durevoli (quali autovetture, computer e lavatrici) e le spese ricorrenti (ad esempio gli affitti)

A ciascuna delle voci viene attribuito un peso che misura l’importanza di ciascuna di esse nella spesa complessiva identificando così il “paniere” su cui viene fatta la rilevazione e vengono aggiornati periodicamente

Ogni mese, numerosi ”rilevatori” verificano il prezzo delle singole voci di spesa in vari punti vendita

Il costo del paniere viene poi seguito nel tempo in modo da determinare una serie per l’indice dei prezzi e ciò consente di calcolare il tasso di variazione degli stessi

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UN SEMPLICE INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO

1° anno 2° anno 3° anno

Quantità Prezzo Prezzo Prezzo(EURO) (EURO) (EURO)

Panini 100 1,00 1,20 0,90Bibite 50 0,50 0,40 0,70Bevande energetiche 10 1,50 1,70 1,20Mountain bike 1 160,00 173,00 223,00

Costo del paniere 300 330 360

Indice dei prezzi 100 110 120

Tasso di inflazione annuo 10% 9,09%

Paniere rappresentativo della spesa annua degli adolescenti

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GLI INDICI DEI PREZZI AL CONSUMO IN ITALIA

L'Istat produce tre diversi indici dei prezzi al consumo: per l'intera collettività nazionale (NIC), per le famiglie di operai e impiegati (FOI) e l'indice armonizzato europeo (IPCA)

Il NIC misura l'inflazione a livello dell'intero sistema economico; in altre parole considera l'Italia come se fosse un'unica grande famiglia di consumatori, all'interno della quale le abitudini di spesa sono ovviamente molto differenziate Il FOI si riferisce ai consumi dell'insieme delle famiglie che fanno capo a un lavoratore dipendente (extra-agricolo); è l'indice usato per adeguare periodicamente i valori monetari, ad esempio gli affitti o gli assegni dovuti al coniuge separato

l'IPCA è stato sviluppato per assicurare una misura dell'inflazione comparabile a livello europeo

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DIFFERENZE TRA GLI INDICI DEI PREZZI

I tre indici si basano su un'unica rilevazione e sulla stessa metodologia di calcolo, condivisa a livello internazionale

NIC e FOI si basano sullo stesso paniere, ma il peso attribuito a ogni bene o servizio è diverso, a seconda dell'importanza che questi rivestono nei consumi della popolazione di riferimento: per il NIC la popolazione di riferimento è l'intera popolazione italiana, per il FOI è l'insieme di famiglie che fanno capo a un operaio o a un impiegato

L'IPCA ha in comune con il NIC la popolazione di riferimento, ma si differenzia dagli altri due indici perché il paniere esclude, sulla base di un accordo comunitario, le lotterie, il lotto, i concorsi pronostici e i servizi relativi alle assicurazioni sulla vita

Differenze nel concetto di prezzo considerato: il NIC e il FOI considerano sempre il prezzo pieno di vendita, l'IPCA si riferisce invece al prezzo effettivamente pagato dal consumatore (ad esempio l'IPCA tiene conto anche delle riduzioni temporanee di prezzo come in occasioni di saldi e promozioni).

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INTERPRETARE L’INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO

L’indice dei prezzi misura come varia il livello dei prezzi di un paniere di beni: rappresenta una media, quindi alcuni singoli prezzi possono salire e altri diminuire

I pesi con cui le singole voci di spesa contribuiscono all’indice dipendono dalla composizione della spesa complessiva riferita a un ipotetico consumatore medio: diverse tipologie di consumatori possono sperimentare variazioni nel costo del proprio paniere anche notevolmente diverse da quelle degli indici pubblicati

L’inflazione è il tasso di crescita dell’indice dei prezzi: dire che l’inflazione registrata in un anno è inferiore a quella registrata nell’anno precedente non significa che l’indice dei prezzi sia diminuito, è semplicemente cresciuto di meno

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PERCHE’ E’ IMPORTANTE LA STABILITA’ DEI PREZZI

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SETTE MOTIVI PER DESIDERARE LA STABILITA’ DEI PREZZI

1. Ridurre l’incertezza sull’evoluzione dei prezzi e aumentare la trasparenza dei prezzi relativi

2. Evitare inutili e costose attività di copertura

3. Evitare una distribuzione arbitraria di ricchezza e reddito

4. Contenere gli effetti distorsivi dei regimi fiscali

5. Ridurre i premi al rischio di inflazione nei tassi di interesse

6. Favorire l’attività di intermediazione e la stabilità finanziaria

7. Diminuire i costi di detenere contante

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INCERTEZZA, TRASPARENZA E COSTI DI COPERTURA

In un contesto di prezzi stabili è possibile individuare meglio le variazioni dei prezzi relativi ossia dei prezzi dei beni espressi in termini di altri beni

Ad esempio se un prodotto subisce un rincaro del 3% e il livello generale dei prezzi nell’economia è stabile, i consumatori interpreteranno correttamente tale rincaro come un aumento del prezzo relativo del prodotto e su questa base potranno decidere di limitarne l’acquisto

In un contesto di inflazione elevata e persistente anche le remunerazioni dei lavoratori stabilite nei contratti riflettono le attese sulle variazioni dei prezzi; se le imprese nutrono aspettative di inflazione inferiori, esse sono indotte a percepire un dato aumento dei salari nominali come un incremento di quelli reali e potrebbero assumere un numero di lavoratori inferiore a quello pianificato

Si può far fronte a queste situazioni adeguando i contratti che si riferiscono a prestazioni differite nel tempo attraverso meccanismi di indicizzazione (scala mobile), che sono però costosi da istituire, poco flessibili e che potrebbero portare a un ciclo vizioso con attese di inflazione ancora più elevate

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REDDITO, RICCHEZZA E TASSE

In caso di aumento inatteso dell’inflazione, chi vanta crediti nominali, ad esempio sotto forma di contratti salariali sul più lungo periodo, depositi bancari o titoli di Stato, vede scendere il valore reale degli stessi

La ricchezza si trasferisce pertanto in maniera arbitraria dai prestatori, o risparmiatori, verso i prenditori, in quanto il denaro con cui il prestito sarà rimborsato consente di acquistare quantitativi di beni inferiori rispetto a quelli attesi al momento della concessione dello stesso

Episodi di deflazione inattesa beneficiano chi vanta crediti nominali, poiché fanno aumentare il valore di questi ultimi, ad esempio salari o depositi, in termini reali

in tale situazione tuttavia i debitori sono spesso nell’impossibilità di rimborsare il capitale e rischiano persino l’insolvenza e ciò potrebbe danneggiare la società in generale e, in particolare, i creditori e quanti lavorano per le imprese insolventi

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TASSE E CONTRIBUTI

Generalmente i sistemi fiscali e di sicurezza sociale non prevedono l’indicizzazione delle aliquote delle imposte sul reddito e dei contributi previdenziali al tasso di inflazione

Incrementi salariali intesi a compensare i lavoratori per l’andamento dell’inflazione potrebbero determinare l’assoggettamento a un’aliquota d’imposta più elevata, un fenomeno noto come “drenaggio fiscale”

Questa è una testimonianza di come i sistemi di indicizzazione rappresentino una tutela soltanto parziale dalle variazioni dei prezzi

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RISPARMIO E ATTIVITA’ DI INTERMEDIAZIONE

Le variazioni dei prezzi hanno effetti rilevanti su tutte le attività che hanno a che fare con la conservazione e il trasferimento di ricchezza nel tempo

i) le variazioni dei prezzi attese costituiscono una componente fondamentale nella determinazione dei tassi di interesse nominali; l’incertezza sul tasso di inflazione comporta un rischio per i risparmiatori e per gli investitori, rischio che si traduce in costi per gli operatori

ii) alcune attività tendono a essere meno intaccate di altre dalle variazioni dei prezzi (beni rifugio) e quindi attraggono investimenti in quantità eccessiva e non efficiente

in diversi casi tassi di inflazione molto elevati hanno comportato il ritorno al baratto e l’abbandono dell’uso della moneta

iii) le banche e gli altri intermediari, la cui attività principale è quella di trasferire ricchezza nel tempo e nello spazio, sono esposti a rischi relativamente elevati in caso di instabilità dei prezzi

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I FATTORI CHE DETERMINANO I PREZZI

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BREVE E LUNGO PERIODO

Gli economisti utilizzano una scansione semplificata e qualitativa del tempo in “breve periodo” e “lungo periodo”

Il “breve periodo” a seconda dei contesti può durare da qualche mese a uno o due anni: esso si riferisce al tempo che un sistema economico impiega ad adattarsi ad una perturbazione esterna

Il “lungo periodo” si riferisce invece a una situazione di equilibrio, in cui tutti gli operatori hanno aggiustato i propri comportamenti e le proprie decisioni rispetto a una variazione esterna

“Breve” e “lungo” devono sempre essere riferiti a un contesto determinato e si riferiscono agli effetti di un evento che influenza l’economia

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LA DINAMICA DEI PREZZI NEL BREVE PERIODO

Nel breve periodo, ossia nel tempo richiesto all’economia per reagire a perturbazioni esterne:

i) le variazioni dei prezzi dipendono da fattori reali, quali ad esempio un aumento dei prezzi relativi delle materie prime (shock di offerta) o un aumento della spesa (shock di domanda)

ii) le variazioni delle variabili monetarie (quantità di moneta e tassi di interesse) influenzano il livello dell’attività produttiva

Si tratta di effetti di breve periodo dovuti al fatto che l’aggiustamento dei prezzi relativi richiede tempo: alcuni prezzi monetari si aggiustano più rapidamente, altri più lentamente

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IL LIVELLO DEI PREZZI NEL LUNGO PERIODO

Vi è un consenso molto ampio tra gli economisti sul fatto che nel lungo periodo il tasso di variazione dei prezzi dipende dalla crescita della quantità di moneta rispetto alla crescita dell’insieme dei beni e servizi che vengono prodotti

Se la quantità di moneta cresce più velocemente della produzione ci sarà una crescita generalizzata dei prezzi, ossia l’inflazione

Se la quantità di moneta cresce meno velocemente della produzione ci sarà una diminuzione generalizzata dei prezzi, ossia la deflazione

Il livello e il tasso di crescita dell’attività economica nel lungo periodo dipendono da fattori quali la crescita della popolazione, l’evoluzione della tecnologia, il livello di istruzione della popolazione (capitale umano), ma non dalla quantità di moneta in circolazione

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L’EQUAZIONE O IDENTITA’ DEGLI SCAMBI STATICA

M = quantita’ di moneta in circolazioneV = velocita’ di circolazione della moneta, ossia numero di volte che un’unità di

moneta viene scambiata nell’unità di tempoP = indice dei prezziQ = paniere rappresentativo di tutti i beni e servizi scambiati

Per definizione

M*V == P*Q

Ossia il valore monetario degli scambi è uguale alla somma delle quantità scambiate moltiplicate per i prezzi: si tratta di un’identità

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L’EQUAZIONE O IDENTITA’ DEGLI SCAMBI DINAMICA

Utilizzando la lettera greca Δ per indicare le variazioni percentuali tra due periodi l’identità puo’ essere riscritta in forma approssimata:

ΔM + ΔV =~ ΔP + ΔQ

Ossia:

ΔP =~ ΔM + ΔV – ΔQ

Se le variazioni dell’attività economica sono indipendenti dai fattori monetari, l’equazione consente di identificare nelle variazioni della quantità di moneta (o della sua velocità di circolazione) la causa dell’inflazione

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LA POLITICA MONETARIA

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LA MONETA E I TASSI DI INTERESSE

La quantità di moneta in circolazione dipende in ultima istanza dall’ammontare delle passività delle banche centrali, in larga misura costituite da circolante (biglietti) e riserve bancarie

La regolazione degli aggregati monetari avviene tramite un insieme di tassi di interesse ai quali le banche centrali prestano fondi alle banche commerciali e remunerano i depositi da esse effettuati; si tratta di operazioni su scadenze con un orizzonte di tempo breve

Siccome le banche utilizzano i tassi fissati dalle banche centrali come base per determinare i tassi sui prestiti e sui depositi, le banche centrali hanno un controllo mediato sui tassi di interesse a breve termine nell’economia e quindi sulla quantità di moneta

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LA TRASMISSIONE DELLA POLITICA MONETARIA

Una variazione dei tassi di interesse indotta dalla banca centrale determina nel breve periodo un insieme di effetti sulle decisioni di spesa e di risparmio delle famiglie e delle imprese

Ad esempio, a parità di altre condizioni, tassi più elevati rendono meno conveniente l’assunzione di prestiti per finanziare i consumi o gli investimenti di famiglie e imprese; accrescono anche l’interesse delle famiglie a risparmiare, invece di spendere, il proprio reddito corrente. Infine, possono influire sull’offerta di credito

A loro volta, anche se con un certo ritardo, tali andamenti incidono sull’evoluzione di variabili dell’economia reale quali il prodotto Un aumento dei tassi di interesse ha l’effetto di ridurre la domanda di beni e servizi, una riduzione quello di aumentarla

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LA RISPOSTA AGLI SHOCK

Una shock negativo alla domanda significa che una parte delle risorse (lavoratori, impianti) rimane disoccupata; lo stimolo garantito dalla politica monetaria può compensare temporaneamente lo shock mentre l’economia si riaggiusta

Uno shock positivo (ad esempio un incremento della spesa pubblica) può portare a squilibri di segno opposto e quindi a pressioni sul livello dei prezzi: la banca centrale generalmente risponde rialzando i tassi di interesse

E’ importante che la banca centrale controlli le aspettative sull’andamento dei prezzi, per evitare che si inneschino circoli viziosi: siccome ci sono aspettative che i prezzi aumentino in futuro, gli operatori si cautelano aumentando i prezzi correnti

Di qui l’importanza della credibilità e dell’indipendenza delle banche centrali

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L’EUROSISTEMA E LA BANCA CENTRALE EUROPEA

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LA POLITICA MONETARIA IN ITALIA E IN EUROPA

L’Italia fa parte dell’area dell’euro fin dal suo avvio nel 1999 e quindi la politica monetaria non è più decisa a livello nazionale; il passaggio ha comportato il cambio del segno monetario, dalla lira all’euro

Il 1° giugno 1998 è stata istituita la Banca Centrale Europea, che assieme alle banche centrali nazionali dei paesi partecipanti all’area dell’euro forma l’Eurosistema, responsabile di condurre la politica monetaria unica

L’obiettivo fondamentale della politica monetaria comune è il mantenimento della stabilità dei prezzi

Nel 1998 il Consiglio direttivo della BCE ha annunciato la seguente definizione quantitativa: per stabilità dei prezzi si intende “un aumento sui dodici mesi dell’Indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) per l’area dell’euro inferiore al 2%. La stabilità dei prezzi deve essere mantenuta in un orizzonte di medio termine”

Successivamente, nel 2003, esso ha inoltre precisato l’intenzione di mantenere l’inflazione su livelli inferiori ma “prossimi al 2% sul medio periodo”.

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LA STRATEGIA DELLA POLITICA MONETARIA

Nella strategia della BCE, le decisioni di politica monetaria si fondano su un’analisi complessiva dei rischi per la stabilità dei prezzi articolata in due prospettive complementari del processo di formazione dei prezzi

La prima, che prende il nome di “analisi economica”, considera il breve e medio periodo e si incentra sull’attività reale e sulle condizioni finanziarie dell’economia. Essa tiene conto del fatto che in tali orizzonti temporali i prezzi risentono in larga misura dell’interazione fra domanda e offerta nei mercati dei beni, dei servizi e dei fattori di produzione

La seconda, denominata “analisi monetaria”, riguarda orizzonti a più lungo termine e sfrutta il legame esistente fra moneta e prezzi in tali orizzonti: essa costituisce principalmente un mezzo di riscontro, in una prospettiva di medio-lungo periodo, per le indicazioni a breve e medio termine fornite dall’analisi economica

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LA FORMAZIONE DELLA POLITICA MONETARIA

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CONCLUSIONI: 5 COSE DA RICORDARE

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CINQUE COSE DA RICORDARE

1. La stabilità dei prezzi è la condizione per conservare il potere di acquisto della moneta nel tempo

2. La stabilità è riferita ai prezzi monetari e non ai prezzi relativi, i quali invece devono poter variare liberamente per mettere in equilibrio domanda e offerta nei diversi mercati

3. La stabilità si riferisce a un indice composito rappresentativo delle scelte di consumo della collettività

4. Inflazione e deflazione comportano ingenti costi economici e sociali

5. Nelle economie contemporanee a moneta fiduciaria la politica monetaria affidata alle banche centrali è lo strumento principale per conseguire la stabilità dei prezzi