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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi 1 1. - PIANI PROIETTIVI 1.1 – Premessa: coni e coniche Un classico esercizio di geometria analitica del piano: “Sono dati la parabola di equazione y = x 2 ed il punto A = 0, "1 ( ) . Si esaminino le intersezioni tra la parabola e le rette del fascio di centro A.” Risoluzione da liceo: le rette passanti per il punto A hanno equazioni del tipo y = m " x # 1, mR, oppure x = 0 . Nel I caso, si ha y = x 2 y = m " x # 1 $ % & ' & ( x 2 # m " x + 1 = 0 e lo studio del segno del discriminante " = m 2 # 4 porta a concludere che: "2 < m < 2 # nessuna intersezione m = 2 " m = #2 $ due punti intersezione “coincidenti” m < "2 # m > 2 $ due punti intersezione distinti. Possiamo osservare che nel campo complesso avremmo sempre due intersezioni, distinte o coincidenti. Nel II caso, si ha y = x 2 x = 0 " # $ % $ & y = 0, quindi un solo punto intersezione. Dov’è finito l’altro? Diciamo subito che la stessa situazione si presenta con tutte (e sole) le rette del tipo x = k , kR, e queste rette dal comportamento anomalo sono parallele tra loro, ossia determinano lo stesso punto improprio (o direzione o punto all’infinito). Potremmo concludere che l’intersezione mancante è un punto all’infinito? Forse la parabola all’infinito “si chiude”? Questo però cozza con

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

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1. - PIANI PROIETTIVI

1.1 – Premessa: coni e coniche

Un classico esercizio di geometria analitica del piano:

“Sono dati la parabola di equazione

!

y = x2 ed il punto

!

A = 0,"1( ) . Si esaminino le

intersezioni tra la parabola e le rette del fascio di centro A.”

Risoluzione da liceo: le rette passanti per il punto A hanno equazioni del tipo

!

y = m " x #1, m∈R, oppure

!

x = 0. Nel I caso, si ha

!

y = x2

y = m " x #1

$ % &

' & ( x2 #m " x +1 = 0 e

lo studio del segno del discriminante

!

" = m2 # 4 porta a concludere che:

!

"2 < m < 2 # nessuna intersezione

!

m = 2 " m = #2 $ due punti intersezione “coincidenti”

!

m < "2 # m > 2 $ due punti intersezione distinti.

Possiamo osservare che nel campo complesso avremmo sempre due intersezioni,

distinte o coincidenti.

Nel II caso, si ha

!

y = x2

x = 0

" # $

% $ & y = 0, quindi un solo punto intersezione. Dov’è finito

l’altro? Diciamo subito che la stessa situazione si presenta con tutte (e sole) le

rette del tipo

!

x = k , k∈R, e queste rette dal comportamento anomalo sono

parallele tra loro, ossia determinano lo stesso punto improprio (o direzione o

punto all’infinito). Potremmo concludere che l’intersezione mancante è un punto

all’infinito? Forse la parabola all’infinito “si chiude”? Questo però cozza con

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l’intuizione che vede i due archi di parabola per x < 0 e per x > 0 allontanarsi

sempre più tra loro …

I punti all’infinito non fanno parte del piano cartesiano (o piano affine), ma del

piano proiettivo, che è assai diverso dal piano euclideo che siamo soliti

immaginare. Per capire la situazione ricorriamo al modello del piano proiettivo

costituito dalla stella di rette per l’origine O dello spazio cartesiano

!

R3 (*).

Immergiamo il piano affine in

!

R3 come piano di equazione

!

z = 1. Proiettiamo la

parabola dall’origine: il punto generico della parabola

!

y = x2

z = 1

" # $

% $ può essere

individuato da

!

P = u,u2,1"

# $

%

& ' , u ( R . Allora il punto generico T della retta OP è

dato da:

!

x = t "uy = t "u2

z = t

#

$ %

& %

, t,u ' R. Eliminando i parametri t ed u si ottiene

!

y "z = x2, che

è l’equazione cartesiana di un cono quadrico (ossia di II grado), col vertice

nell’origine. Esso è costituito da rette per l’origine, ossia da “punti proiettivi”, e

perciò lo possiamo ribattezzare conica del piano proiettivo.

Proiettiamo da O le rette del fascio per A, che ora ha coordinate

!

0,"1,1( ) :

otteniamo dei piani per O, rispettivamente

!

m " x # y # z = 0 e

!

x = 0. Questi sono

pensabili come “rette proiettive”, dunque il problema originario di intersecare la

parabola con ognuna delle rette passanti per A è divenuto l’intersecare la conica

con queste rette proiettive. Il primo tipo non dà novità rispetto al problema

analitico originario. Il secondo, invece, diventa:

!

y "z = x2

x = 0#

x = 0y = 0

$ % &

$ % '

& ' ( x = 0

z = 0

$ % &

. Il

primo punto proiettivo corrisponde al vertice della parabola, già noto, mentre

l’altro è assolutamente nuovo. Geometricamente è l’asse y di

!

R3, che è parallelo

al piano affine

!

z = 1. Notiamo che il piano per O parallelo al piano affine è

!

z = 0,

e le rette per O che contiene gli sono tutte parallele. Dal punto di vista

proiettivo, dunque,

!

z = 0 è la sua retta impropria ed i punti proiettivi che

(*) Sono qui date per note le nozioni apprese nell’altro modulo del corso: spazi proiettivi, coordinate omogenee, sistemi di riferimento proiettivi, spazi affini.

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contiene, tra cui c’è

!

x = 0z = 0

" # $

, sono i suoi punti impropri. Allora possiamo dire che

nel piano proiettivo la parabola originaria e il suo asse hanno in comune oltre al

vertice anche, un punto improprio. Nel piano proiettivo, dunque, i conti delle

intersezioni tornano.

Tutto qui? No. Perché immergere il piano cartesiano in

!

R3 come piano

!

z = 1? Non

c’è nessuna ragione particolare. Perché non realizzarlo come

!

x = 1? O come

!

y + z = 1? E allora ci sono sorprese: la conica proiettiva

!

y "z = x2, derivata dalla

parabola originaria, sul piano

!

x = 1 diviene

!

y "z = 1x = 1

# $ %

, che possiamo

ragionevolmente vedere come un’iperbole, mentre su

!

y + z = 1 diventa

!

y + z = 1x2 + y2 " y = 0

# $ %

& % , intersezione di un cilindro rotondo di asse parallelo all’asse z

con un piano inclinato rispetto a tale asse, e quindi possiamo accettarla come

ellisse.

Come spiegare questa trasformazione della parabola in iperbole o in ellisse? Ne

riparleremo. Possiamo per ora osservare che le realizzazioni del piano affine nei

tre piani

!

z = 1,

!

x = 1,

!

y + z = 1 di

!

R3 danno luogo ad una diversa scelta della retta

proiettiva che funge da retta impropria, rispettivamente

!

z = 0, x = 0, y + z = 0 .

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1.2 - Piani proiettivi astratti

Un piano proiettivo astratto è una terna ordinata

!

", R,#( ) dove ℘ è un insieme

non vuoto i cui elementi sono detti punti,

!

R è un insieme non vuoto i cui

elementi sono detti rette, ed ℑ è una relazione tra punti e rette, detta incidenza,

tale che:

a) Due punti distinti sono incidenti ad una ed una sola retta.

b) Per ogni coppia di rette distinte esiste un punto incidente ad

entrambe.

c) Esistono quattro punti a tre a tre non “allineati”, ossia nessuna retta è

incidente a tre dei quattro punti.

Esempio 1.2.1. Per ogni campo K un esempio ben noto di piano proiettivo si ha

considerando nello spazio vettoriale

!

K3:

• punti: le rette vettoriali, ossia i sottospazi 1-dimensionali, o rette per

l’origine

!

0,0,0( ) • rette: i piani vettoriali, ossia i sottospazi 2-dimensionali, o piani per

l’origine

!

0,0,0( ) • incidenza: l’inclusione.

Ogni retta per l’origine si individua mediante un suo vettore

!

x0, y0,z0( ) non

nullo, che spesso è detto vettore direttore. Ogni altro suo punto è del tipo

!

" x0, y0,z0( ) = "x0, "y0, "z0( ), " # K . Possiamo rappresentarla con la scrittura

!

x0, y0,z0[ ] , (in riga o in colonna) e questa può essere la rappresentazione del

punto proiettivo corrispondente alla retta vettoriale. Ogni altra terna non nulla e

proporzionale a

!

x0, y0,z0( ) va bene ugualmente.

Ogni piano per l’origine ha equazione

!

a " x + b " y + c "z = 0, dove a, b, c sono tre

coefficienti non tutti nulli e chiaramente individuati a meno di un fattore di

proporzionalità. Possiamo rappresentare la retta con la scrittura

!

a, b, c[ ] , con la

stessa clausola di cui sopra.

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L’incidenza del punto proiettivo

!

x0, y0,z0[ ] con la retta

!

a, b, c[ ] è semplicemente

data da

!

a " x0 + b " y0 + c "z0 = 0, poiché se un punto della retta vettoriale diverso

dall’origine appartiene al piano vettoriale, tutti gli altri punti della retta

vettoriale gli appartengono. Ora verifichiamo gli assiomi:

a) Due rette vettoriali distinte individuano ovviamente un piano ed uno

solo, quello che i loro vettori direttori generano. Pertanto, due punti

proiettivi individuano una retta proiettiva ed una sola.

b) Due piani vettoriali distinti di

!

K3 s’intersecano necessariamente lungo

una retta vettoriale, data dal sistema delle loro equazioni, dunque ogni

coppia di rette proiettive sono incidenti ad un punto proiettivo.

c) Le rette

!

1,0,0[ ], 0,1,0[ ], 0,0,1[ ], 1,1,1[ ] sono a tre a tre non complanari,

quindi ecco quattro punti proiettivi a tre a tre non incidenti ad una stessa

retta proiettiva.

Il piano proiettivo appena costruito si denota con

!

"2 K( ) e, se

!

K = GF(q), dove

!

q = ph , p primo, allora si denota con

!

"2 q( ) ed è talvolta detto piano proiettivo

di Galois. Una proprietà dei piani proiettivi

!

"2 K( ) è la seguente.

Lemma 1.2.2. Dati nel piano proiettivo

!

"2 K( ) quattro punti P, Q, R, S, a tre a

tre non allineati, è possibile assegnare ad essi le coordinate proiettive

!

P = 1,0,0[ ] ,

!

Q = 0,1,0[ ] ,

!

R = 0,0,1[ ] ,

!

S = 1,1,1[ ] .

Dimostrazione. Siano

!

eP, eQ , eR tre vettori non nulli, che appartengano alle

rette vettoriali di

!

K3 corrispondenti ai punti proiettivi P, Q, R. Poiché questi non

sono allineati, i tre vettori non sono complanari e costituiscono una base di

!

K3.

Allora un vettore

!

vS non nullo sulla retta corrispondente ad S si può scrivere

nella forma

!

vS = x "eP + y "eQ + z "eR , con x, y, z non nulli perché S non è

allineato né con P e Q, né con P ed R, né con Q ed R. Ne segue che, assunti come

nuovi rappresentanti dei tre punti P, Q, R i vettori

!

vP = x "eP, vQ = y "eQ , vR = z "eR e scelti come base di

!

K3, allora

!

vS = vP + vQ + vR, e dunque

!

P = 1,0,0[ ] ,

!

Q = 0,1,0[ ] ,

!

R = 0,0,1[ ] ,

!

S = 1,1,1[ ] .

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Un altro esempio di piano proiettivo si ottiene dal seguente disegno, che

raffigura un triangolo equilatero, e che è detto piano di Fano.

1

2

3 4

5

6

7

A

B

C

DE

F

G

• I punti sono i sette punti geometrici costituiti dai vertici, l’incentro ed i

punti medi dei lati.

• Le rette sono i lati, le mediane e la circonferenza inscritta, sette in tutto.

• L’incidenza è quella geometrica.

La verifica degli assiomi è immediata. In particolare, quattro punti che

soddisfano il terzo assioma sono 1, 4, 7 e 5.

Vediamo ora il piano proiettivo

!

"2 2( ) . Poiché ci sono solo due elementi nel

campo

!

GF 2( ) = Z2 = 0,1{ } , in

!

Z2( )3abbiamo otto vettori a disposizione; esclusa la

terna nulla, ne restano sette, ciascuno dei quali determina un punto proiettivo.

Analogamente, ci sono sette piani vettoriali, quindi sette rette proiettive. Che

relazione c’è col piano di Fano?

Identifichiamo i tre vertici con le terne

!

1 " 1,0,0( ), 4 " 0,1,0( ), 7 " 0,0,1( ) . La retta incidente i vertici 1 e 4 ha così equazione

!

z = 0; il punto 3, su questa

retta, ha la terza coordinata nulla, e poiché la terna

!

0,0,0( ) non è ammessa, la

sola disponibile è

!

1,1,0( ) . Analogamente, la retta per 4 e 7 ha equazione

!

x = 0,

dunque il punto 6 ha coordinate

!

0,1,1( ) . La retta per 1 e 7 ha equazione

!

y = 0 ed

il punto 2 ha coordinate

!

1,0,1( ) . Per il punto 5 resta la sola possibilità

!

1,1,1( ) . I

tre punti sulla mediana per 1 hanno la seconda e la terza coordinata uguali,

ossia

!

y = z. Analogamente, le altre due mediane hanno equazioni

!

x = y ed

!

x = z .

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Tenuto conto che in caratteristica 2 si ha

!

x = y " x + y = 0, e così via, segue che i

sette punti e le sette rette del piano di Fano hanno coordinate ed equazioni

identiche a quelle di

!

"2 2( ) , ed anche l’incidenza punto-retta è la stessa, per

costruzione. Possiamo dire quindi che i due piani sono in realtà uno stesso piano

descritto in modo diverso: algebrico per

!

"2 2( ) , combinatorio per il piano di

Fano. Diremo più tecnicamente che i due piani sono isomorfi.

Due piani proiettivi

!

", R,#( ) e

!

" # , " R , " $ ( ) sono infatti detti isomorfi se esistono due

biiezioni

!

f :"# $ "

% : R # $ R

& ' (

tali che

!

"P #$, "r # R, P % r & f P( ) ' % ( r( ) .

NOTA: Se identifichiamo ogni retta con l’insieme dei punti ad essa incidenti, possiamo dire,

semplificando, che i due piani sono isomorfi se esiste una biiezione

!

f :"# $ " che porta ogni

retta r∈

!

R in una retta di

!

R ʹ′ e viceversa.

Nell’esempio del piano proiettivo su un campo K si è visto come punti e rette

siano rappresentati entrambi da classi d’equivalenza di terne ordinate di

elementi di K. L’incidenza del punto proiettivo

!

x0, y0,z0[ ] con la retta

!

a, b, c[ ] è

semplicemente data da

!

a " x0 + b " y0 + c "z0 = 0, che può essere letta anche

considerando

!

a, b, c[ ] come un punto e

!

x0, y0,z0[ ] come una retta.

Non è un caso particolare, infatti:

Proposizione 1.2.3. Dato il piano proiettivo

!

", R,#( ) , possiamo scambiare i

ruoli di punti e rette ottenendo ancora un piano proiettivo

!

R,",# t$

% &

'

( ) , detto duale

del piano dato, in cui si ha

!

r " t P # P " r .

Dimostrazione. I tre assiomi a), b), c) consentono questa simmetria di situazioni:

a’) Due rette distinte sono incidenti ad uno ed un solo punto, l’esistenza del

quale segue dall’assioma b) e l’unicità dall’assioma a).

b’) Due punti distinti sono incidenti ad una retta. Ciò segue dall’assioma a).

c’) Esistono quattro rette a tre a tre non incidenti ad uno stesso punto. Siano

infatti A, B, C, D quattro punti che soddisfino l’assioma c). Allora le quattro rette

AB, BC, CD, DA a tre a tre non passano per uno stesso punto, come si verifica

immediatamente.

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Se i due piani

!

", R,#( ) e

!

R,",# t$

% &

'

( ) sono isomorfi, allora

!

", R,#( ) è detto autoduale.

Un isomorfismo tra di essi è detto isomorfismo inverso o correlazione o

reciprocità.

Esempio 1.2.4. Nel caso di

!

"2 K( ) una correlazione si ottiene associando al

punto

!

x0, y0,z0[ ] la retta di coefficienti

!

x0, y0,z0[ ] . Infatti, alla retta

congiungente due punti corrisponde il punto comune alle due rette

corrispondenti. Per verificarlo eseguiamo i calcoli direttamente in

!

K3, in cui i

punti proiettivi sono le rette vettoriali e le rette proiettive sono i piani vettoriali.

Siano dati due punti proiettivi

!

x1, y1,z1[ ] e

!

x2, y2,z2[ ] , ossia due rette per

l’origine passanti ciascuna per uno di quei due punti. Il piano da esse

individuato ha equazione

!

a " x + b " y + c "z = 0 e, per trovare a, b, c, si può

sostituire ad x, y, z a turno l’uno o l’altro rappresentante, ottenendo il sistema:

!

a " x1 + b " y1 + c "z1 = 0a " x2 + b " y2 + c "z2 = 0

# $ %

.

Se pensiamo ad

!

x1, y1,z1[ ] e

!

x2, y2,z2[ ] come rette proiettive, ossia come piani

vettoriali, il punto proiettivo che esse individuano, ossia la retta comune ai due

piani, ha equazione:

!

x1 " x + y1 " y + z1 "z = 0x2 " x + y2 " y + z2 "z = 0

# $ %

, e i due sistemi hanno gli stessi

coefficienti e quindi le stesse soluzioni. Pertanto, la retta proiettiva comune ai

due punti proiettivi

!

x1, y1,z1[ ] e

!

x2, y2,z2[ ] e il punto proiettivo comune alle

due rette proiettive

!

x1, y1,z1[ ] e

!

x2, y2,z2[ ] sono individuati dalla stessa terna

omogenea e si corrispondono nella nostra correlazione.

Dalla già notata simmetria degli assiomi segue la nozione di dualità nei piani

proiettivi segue: se in un teorema concernente l’incidenza di punti e rette scambiamo le

parole punto e retta, otteniamo un enunciato ugualmente vero in ogni piano proiettivo.

Tale nuovo teorema è detto duale del precedente.

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1.3 – Piani proiettivi finiti.

Supponiamo che nel piano

!

", R,#( ) ci sia una retta incidente ad esattamente n+1

punti, n ≥ 2. Sia r la retta e siano

!

Ri, 1 " i " n +1 i punti.

Per ogni punto P non incidente ad r esistono esattamente n+1 rette incidenti a P:

sono le n+1 rette

!

PRi , dato che ogni retta incidente a P deve incontrare la retta r

in uno dei punti

!

Ri . Dall’assioma c) segue che per ogni retta s diversa da r esiste

un punto P che non è incidente né ad r né ad s, quindi s deve incontrare ognuna

delle n+1 rette per P in uno (ed un solo) punto. Allora s è incidente ad n+1

punti. Infine, per ciascuno degli

!

Ri , presa una retta non incidente ad

!

Ri , per

ciascuno dei suoi n+1 punti passa una retta per

!

Ri , (una delle quali è r).

Dunque, ad ogni punto di

!

",#,$( ) sono incidenti n+1 rette ed ogni retta è

incidente ad n+1 punti. Le n+1 rette per un punto fissato P sono incidenti

ciascuna ad n punti diversi da P. Il numero totale di punti è pertanto

!

n " n +1( ) +1 = n2 + n +1. Analogamente, a ciascuno degli n+1 punti

!

Ri di r sono

incidenti n rette diverse da r, quindi nuovamente

!

n " n +1( ) +1 = n2 + n +1 rette.

Il numero n è detto ordine del piano proiettivo.

Esempio 1.3.1. Nel caso del piano di Galois

!

"2 q( ) ogni retta vettoriale ha q-1

vettori non nulli. Un piano vettoriale ha

!

q2 "1 vettori non nulli, quindi su di

esso giacciono

!

q2 "1q "1

= q +1 rette vettoriali. Ossia, ogni retta proiettiva è

incidente a q+1 punti, dunque

!

"2 q( ) ha ordine q.

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Problemi:

A) Per quali n ≥ 2 esiste un piano proiettivo di ordine n?

B) Esistono piani proiettivi di ordine n non isomorfi?

Il primo problema è tuttora aperto. L’esempio di

!

"2 q( ) mostra l’esistenza di un

piano proiettivo di ordine n per ogni n potenza di un primo. Uno dei pochissimi

risultati generali è il seguente (si veda il testo [HP] citato in bibliografia):

Teorema 1.3.2 (Bruck – Ryser). Se n ≥ 2 è congruo a 1 o a 2 mod 4, ed esiste

un piano proiettivo di ordine n, allora n è somma di due quadrati.

Esempi 1.3.3. a) Sia n = 6: è congruo a 2 mod 4, ma non è somma di due

quadrati, perciò non esiste un piano proiettivo d’ordine 6. (Anche Eulero

conosceva questo risultato, ma ottenuto per altra via).

b) Sia n = 10: si ha

!

10 " 2 mod4( ), e

!

10 = 32 +12. Una lunga verifica al computer

ha dimostrato la non esistenza di piani proiettivi di ordine 10.

Il primo numero “aperto” è quindi n = 12.

Circa il problema B, la risposta è positiva: esistono effettivamente piani dello

stesso ordine non isomorfi. Ma come dimostrare che due piani non sono

isomorfi? Ci sono varie strade.

Un isomorfismo del piano

!

", R,#( ) con se stesso è detto automorfismo o

proiettività o collineazione. Gli automorfismi formano un gruppo rispetto alla

composizione. Ovviamente, piani isomorfi possiedono gruppi di automorfismi

isomorfi. Se i gruppi non sono isomorfi, non lo sono neppure i piani.

Un’altra via è cercare particolari configurazioni di punti e rette, reperibili in un

piano ma non nell’altro. Le più importanti sono quelle di Desargues e di Pappo,

che vedremo più oltre.

Le due vie non sono in realtà indipendenti. Inoltre, come vedremo più oltre,

seguendo M. Hall o D. Hughes su ogni piano proiettivo astratto si possono

introdurre le coordinate, usando elementi appartenenti ad una opportuna

struttura algebrica. La presenza di automorfismi o di configurazioni particolari

ne determina le proprietà algebriche. In definitiva, piani proiettivi

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“coordinatizzati” da strutture algebriche con proprietà diverse non sono

isomorfi.

OSSERVAZIONE. Una classificazione dei piani proiettivi finiti sulla base delle proprietà dei loro

gruppi di automorfismi è stata data da A. Barlotti, già ordinario di Algebra e poi di Geometria a

Bologna negli anni ’70 ed ’80, raffinando una precedente classificazione di H. Lenz.

Esempio 1.3.4. Determiniamo il numero di automorfismi del piano di Fano.

Sia α un automorfismo. La simmetria di ruoli dei sette punti porta a pensare che

ogni punto possa essere portato indifferentemente in ogni altro punto. Allora ci

sono 7 possibilità per il trasformato di 1. Fissato α(1), scegliamo α(2), che può

essere uno qualunque dei sei rimanenti. Dunque, al più

!

7 "6 = 42 scelte per la

coppia (α(1), α(2)). Ora però α(7) non ha libertà di scelta perché deve essere il

terzo punto della retta congiungente α(1) con α(2). I 4 punti rimanenti sono

congiunti da rette in tutti i modi possibili con i tre punti 1, 2, 7, quindi per α(3)

ci possono essere 4 scelte. Allora al più ci sono

!

42 "4 = 168 scelte per la quaterna

!

" 1( )," 2( )," 3( )," 7( )( ) . Infine, osserviamo che per i restanti tre punti la scelta è

obbligata, in quanto sono tutti terzi punti di rette già determinate. Ne segue che

il piano di Fano ha al più 168 automorfismi.

Ora osserviamo le applicazioni lineari non singolari dello spazio

!

Z2( )3, che

costituiscono il gruppo generale lineare

!

GL3 2( ) : esse trasformano rette e piani

per l’origine in rette e piani per l’origine, dunque sono automorfismi di

!

"2 2( ) . Le

matrici d’ordine 3 ad elementi in

!

Z2 invertibili hanno rango 3: perciò ognuna di

esse ha la I riga non nulla (

!

8 "1 = 7 possibilità), la seconda non proporzionale

alla I (

!

8 "2 = 6 possibilità) e la terza non è combinazione lineare delle prime due

(

!

8 " 4 = 4 possibilità). Dunque,

!

7 "6 "4 = 168 matrici di rango 3. Pertanto,

!

GL3 2( )

ha 168 elementi, quindi nel piano

!

"2 2( ) ci sono almeno 168 automorfismi.

Dai due modelli segue dunque che

!

"2 2( ) ha esattamente 168 automorfismi.

OSSERVAZIONE. Un teorema di Jordan e Dickson afferma che questo gruppo d’ordine 168 è

semplice, ossia i soli sottogruppi normali che possiede sono

!

id{ } e il gruppo stesso.

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

12

Esempio 1.3.5. Nella figura seguente è mostrata una rappresentazione

geometrica originale del piano proiettivo

!

"2 3( ) : ha 13 punti, 13 “rette”, su ogni

retta ci sono quattro punti e per ogni punto passano 4 rette.

I punti sono indicati con i cerchietti e denotati con le lettere A-M.

Le rette sono:

i segmenti DIBG, DJCF, DLEA, FAHB, FKEI, GAKC, GHEJ, ciascuno con due punti

interni;

i triangoli DMKH, IAMJ, ILCH, BLJK, GLMF, ABCE, ciascuno con un punto interno

ad uno dei tre lati.

NOTA: Potrebbe essere divertente trovare rappresentazioni geometriche anche per piani di ordine

maggiore di 3, ma credo sarebbero di difficile lettura.

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13

1.4 – Teoremi di Desargues e Pappo

Teorema 1.4.1. (Desargues). Dati nel piano proiettivo reale due triangoli ABC

ed A’B’C’, tali che le rette AA’, BB’ e CC’ passino per uno stesso punto O, i tre

punti L, M, N intersezione rispettivamente di AB con A’B’, AC con A’C’ e BC con

B’C’, sono allineati, cioè appartengono ad una stessa retta d.

Una formulazione equivalente del teorema si ottiene considerando un

particolare tipo di automorfismo del piano proiettivo reale in sé. Siano dati un

punto O ed una retta d non passante per O. Un automorfismo α che trasformi in

sé il punto O ed ogni punto della retta d è detto prospettività di centro O ed asse

d. Ogni retta r passante per O incontra la retta d in un suo punto D. Allora la

retta α(r) corrispondente della retta r deve contenere i punti O e D, che sono

fissati da α, quindi coincide con r. Ossia, ogni retta per O è fissata da α. Sia ora P

un punto del piano non appartenente a d e diverso da O. Allora P’ = α(P) è sulla

retta OP. Analogamente, ogni altra coppia di punti Q, Q’, dove Q’ = α(Q), sono

allineati con O. Sia L il punto in cui la retta PQ taglia d. Poiché L è fissato da α,

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

14

allora la retta corrispondente di PQ deve essere la retta P’L, che dunque interseca

la retta OQ precisamente nel punto Q’ = α(Q). Questa è appunto la costruzione

per trovare Q’. Sia ora R un altro punto non su OP né su OQ: per trovarne il

corrispondente R’ possiamo procedere come sopra: la retta PR taglia la d nel

punto N, la corrispondente di PR deve essere la retta P’N, che taglia la OR in R’.

Però possiamo anche usare Q in luogo di P: la retta QR taglia d in M, e la sua

corrispondente Q’M taglia la OR in un punto R”, che deve coincidere con R’.

OSSERVAZIONE. Data ora una retta s del piano, non passante per O e diversa dalla retta d,

detto U il punto in cui interseca la retta d e detti B e C altri due suoi punti qualsiasi, si

costruiscano i corrispondenti B’ e C’: per quanto precede, i tre punti B’, C’ ed U sono allineati,

quindi alla retta s corrisponde la retta UB’. Pertanto, quella che abbiamo costruito è

effettivamente una collineazione, se R” = R’.

I due triangoli PQR e P’Q’R’ sono nella situazione del teorema di Desargues,

perciò l’essere R” = R’ discende proprio da quel teorema ed assicura l’esistenza

dell’automorfismo α. Inversamente, l’esistenza dell’automorfismo α assicura

l’esistenza di un’unica retta d che contiene i tre punti L, M, N, ossia il teorema di

Desargues. Basterà dimostrare quindi una delle due affermazioni precedenti.

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

15

La dimostrazione del teorema di Desargues è possibile in ogni piano proiettivo

!

"2 K( ) dove K è un campo, ma si può dare anche in un corpo, che ha tutte le

proprietà dei campi fuorché la commutatività, e di cui un esempio è il corpo dei

quaternioni (si veda la Lezione 1.5).

Anzi, è possibile dimostrare che la condizione è necessaria e sufficiente: in un

piano proiettivo “astratto” vale il teorema di Desargues se e solo se è il piano

!

"2 K( ) , dove K è un corpo o in particolare un campo.

Per dimostrare il teorema di Desargues in

!

"2 K( ) , con K campo, useremo la

seconda formulazione, mostrando che i punti R’ ed R” coincidono.

Diciamo subito che nel piano di Fano la costruzione precedente non ha senso, in

quanto sulla retta OP ci sono solo tre punti, il terzo dei quali è su d e quindi è

unito, come lo è O. Dunque, P’ = P, e si ha l’identità. Escludiamo allora il caso del

campo d’ordine 2. Pertanto, ogni retta in

!

"2 K( ) ha almeno 4 punti distinti.

Possiamo considerare un sistema di coordinate proiettive omogenee, nel quale si

abbia:

!

O = 1,0,0[ ] ,

!

P = 1,0,1[ ] ,

!

" P = u,0,1[ ], u # 0 ,

!

Q = 1,1,0[ ] ,

!

d = 1,0,0[ ] . Osserviamo subito che, operativamente, per trovare la retta per due punti

!

x0, x1, x2[ ] ,

!

y0, y1, y2[ ] basta calcolarne il “prodotto vettoriale”, ossia estrarre

dalla matrice

!

x0 x1 x2y0 y1 y2

"

# $

%

& ' i tre minori, con i segni + - +.

Ossia, la retta ha coefficienti:

!

x1 x2y1 y2

," x0 x2y0 y2

, x0 x1y0 y1

#

$ % %

&

' ( ( .

Allo stesso modo, il punto comune alle rette

!

x0, x1, x2[ ] ,

!

y0, y1, y2[ ] è dato dalla

stessa formula

!

x1 x2y1 y2

," x0 x2y0 y2

, x0 x1y0 y1

#

$ % %

&

' ( ( . Ci serviremo di queste formule per i

calcoli seguenti, di cui saranno omessi i dettagli.

Ciò posto, si ha:

!

OP = 0,1,0[ ] ,

!

OQ = 0,0,1[ ] ,

!

PQ = "1,1,1[ ] ,

!

L = PQ "d = 0,1,#1[ ] ,

ed allora

!

L " P = #1,u,u[ ] . Ne segue:

!

" Q = OQ #L " P = $u,$1,0[ ] .

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

16

Sia ora

!

R = x, y, z[ ] . Allora

!

OR = 0,"z, y[ ] ,

!

PR = "y, x " z, y[ ]. Il punto M ha allora

coordinate:

!

M = PR "d = 0, y, z # x[ ] e quindi

!

M " P = #y,u $ x # z( ),u $ y[ ] . Essa

interseca la retta OR nel punto

!

" R = OR #M " P = $u % x % y,$y2,$z % y&

' ( )

* +

Calcoliamo ora R”. La retta QR ha coefficienti

!

QR = z,"z, y " x[ ] . Allora,

!

N = QR "d = 0, y # x,z[ ] , perciò

!

N " Q = z,#u $z,#u $ x # y( )[ ] . Intersechiamo con OR ed

otteniamo:

!

" " R = OR #N " Q = $u % x %z,$y %z,$z2&

' ( )

* + .

Resta da mostrare che R’ = R”. Per questo basta calcolare il prodotto vettoriale

tra le due terne e osservare che si annulla: ciò significa che i due vettori di

!

K3

che li rappresentano sono collineari. Ne segue R’ = R”, come punti proiettivi.

Notiamo che nella dimostrazione si è usata anche la proprietà commutativa della

moltiplicazione, ma si può dare una dimostrazione che non la usa.

Vediamo ora un’altra importante configurazione valida nei piani proiettivi

costruiti sui campi: la configurazione di Pappo. Non è presente però negli altri

tipi di piani proiettivi, neppure se K è un corpo, perché nella dimostrazione la

proprietà commutativa del prodotto è essenziale.

Teorema 1.4.2 (dell’esagono, di

Pappo). In un piano

!

"2 K( ) , dove K è

un campo, siano dati: due rette r, r’,

tre punti distinti A, B, C su r e tre

punti distinti A’, B’, C’ su r’.

Siano

!

H = A " B # " A B ,

!

K = A " C # " A C,

!

L = B " C # " B C. Allora i tre punti H, K, L

sono su una stessa retta u.

Dimostrazione. I quattro punti A, B, A’ C’ consentono di fissare un sistema di

riferimento proiettivo in cui

!

A = 1,0,0[ ] ,

!

B = 0,1,0[ ] ,

!

" A = 0,0,1[ ] ,

!

" B = 1,1,1[ ] .

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

17

Allora

!

AB = 0,0,1[ ] ,

!

" A " B = 1,#1,0[ ] . I punti C e C’ avranno dunque coordinate:

!

C = x,1,0[ ] ,

!

" C = 1,1, y[ ] , con x, y non nulli.

Le rette AC’ e A’C hanno equazioni rispettivamente di coefficienti

!

A " C = 0,#y,1[ ] ,

!

" A C = #1, x,0[ ] . Ne segue

!

K = x,1, y[ ] . Analogamente, le rette AB’ e A’B hanno

equazioni rispettivamente di coefficienti

!

A " B = 0,#1,1[ ] ,

!

" A B = #1,0,0[ ] . Ne segue

!

H = 0,1,1[ ] . Infine, BC’ e B’C hanno equazioni rispettivamente di coefficienti

!

B " C = y,0,#1[ ],

!

" B C = 1,#x, x #1[ ] . Ne segue

!

L = "x,"x # y + y "1,"x # y[ ] . Verifichiamo che i tre punti sono allineati. Per questo determiniamo la retta

u = HK e proviamo che passa per L. Si ha

!

u = y "1, x,"x[ ]. Allora si ha

!

y "1( ) # "x( ) + x # "x # y + y "1( ) + "x( ) # "x # y( ) = 0, ossia L è incidente ad u, come si

voleva.

NOTA. I calcoli per questa e la precedente dimostrazione sono stati eseguiti con l’ausilio del

C.A.S. della calcolatrice Voyage 200, nella quale il prodotto vettoriale e scalare di due vettori si

eseguono rispettivamente con i comandi crossP( , ) e dotP( , ). I disegni invece sono eseguiti

con i software di geometria dinamica Cabri II (versioni su computer o su Voyage 200), e

Geogebra, con ritocchi eseguiti mediante il programma di disegno AppleWork.

Osservazioni 1.4.3. a) Un celebre teorema di Wedderburn afferma che ogni

corpo finito è un campo. Pertanto, Desargues + finito implicano Pappo. Non si

conoscono dimostrazioni geometriche dirette di questo fatto.

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

18

b) Nella figura a lato c’è un

caso particolare del teorema

di Pappo (o anche di quello

di Desargues): la costruzione

della polare u di un punto O

rispetto ad una coppia di

rette: proiettiamo dal punto

O i tre punti E, A C di r sulla

retta r’, ottenendo i tre

punti F, B, D. La retta u data

dal teorema di Pappo passa

per il punto

!

U = r " # r .

c) Il duale del teorema

di Pappo afferma che

dati due punti distinti

R, R’ e tre rette a, b, c

per R ed a’, b’, c’ per R’,

siano:

h la retta congiungente

i punti

!

a " # b e

!

" a #b;

k la retta congiungente

i punti

!

a " # c e

!

" a #c;

s la retta congiungente

i punti

!

b" # c e

!

" b #c . Allora h, k, s passano per uno stesso punto U.

Teniamo presente che una coppia di rette è una conica, sia pure particolare. Torneremo sul

concetto di polare rispetto ad una conica più avanti.

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19

1.5 – Complementi di Algebra

1.5.A) Il corpo dei quaternioni. Il già citato corpo dei quaternioni si può definire

come un insieme di matrici quadrate complesse di ordine 2 della forma:

!

A =" #

$# "

%

& '

(

) * , dove α, β∈C e

!

" denota il complesso coniugato di α.

Un semplice calcolo mostra che l’insieme H di queste matrici è chiuso rispetto

all’addizione ed alla moltiplicazione di matrici, contiene la matrice nulla e la

matrice identità, gli opposti dei suoi elementi, ed inoltre si ha:

!

" = a + b # i$ = c + d # i

% & '

( det A( ) = " # " + $ # $ = a2 + b2 + c2 + d2 = 0 ) a = b = c = d = 0 ,

quindi solo la matrice nulla è non invertibile; in più, l’inversa è ancora una

matrice di questo tipo. Un controesempio mostra facilmente che il prodotto non

è commutativo. Di conseguenza, si ha un corpo, o campo non commutativo,

detto corpo dei quaternioni di Hamilton.

La ragione di questo nome segue dal fatto che ogni numero complesso

!

" = a + b # i

si può scrivere come matrice della forma

!

a "bb a

#

$ %

&

' ( . Allora ogni quaternione

!

A =" #

$# "

%

& '

(

) * si può rappresentare con la matrice reale d’ordine 4

!

a "b c db a "d c"c d a b"d "c "b a

#

$

% % % %

&

'

( ( ( (

.

I quaternioni sono uno spazio vettoriale di dimensione 2 su C e 4 su R.

Orbene, se anziché dai campi reale o complesso partiamo dal corpo H dei

quaternioni, consideriamo l’insieme

!

H3 e lo trasformiamo in spazio vettoriale

sinistro definendo nel modo usuale l’addizione ed il prodotto per scalari,

possiamo ottenere il piano proiettivo

!

"2 H( ) con la stessa costruzione vista per i

campi. In tale piano vale il teorema di Desargues, ma non quello di Pappo.

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

20

1.5.B) Automorfismi dei campi. Sia K un campo. Denotiamo con 0 ed 1 i suoi

elementi neutri additivo e moltiplicativo e poniamo K* = K \{0} .

• Il periodo di 1 nel gruppo additivo (K, +) può essere infinito o un primo p: nel

primo caso tutti gli elementi non nulli hanno periodo infinito e si dice che K

ha caratteristica 0. Nel secondo caso, tutti gli elementi non nulli hanno

periodo p ed K ha caratteristica p. La caratteristica si denota con char(K).

• Si chiama sottocampo minimo o primo K0 di K l'intersezione di tutti i suoi

sottocampi. Se

!

char K( ) = 0 allora K0 ≅ Q, mentre se

!

char K( ) = p allora K0 ≅ Zp.

In ogni caso, K si può considerare uno spazio vettoriale sul sottocampo K0.

• Se |K| = q, finito, allora char(K) = p ≠ 0, quindi K è uno spazio vettoriale sul

sottocampo K0 ≅ Zp. Posto m = dimK0(K), si ha quindi q = pm. Il gruppo

additivo di K è detto p-gruppo abeliano elementare, (perché ogni suo

elemento ≠ 0 ha periodo p) mentre il gruppo moltiplicativo K* è ciclico.

• Si può dimostrare che per ogni p primo e per ogni m∈N, m > 0, esiste ed è

unico a meno d'isomorfismi un campo d'ordine pm.

Il campo d'ordine q = pm è denotato con GF(q): campo di Galois d'ordine q. Gli

elementi del suo gruppo moltiplicativo hanno periodo divisore di q-1, dunque

sono tutte e sole le radici del polinomio xq-1-1. In tal modo, GF(q) può essere

considerato come il campo di spezzamento del polinomio xq-x∈Zp[x].

Ciò posto, sia K un campo. Un automorfismo di K è una biiezione f:K→K tale che,

per ogni x, y∈K, si ha

!

f x + y( ) = f x( ) + f y( ) e

!

f x " y( ) = f x( ) " f y( ) . Ne segue subito che

!

f 0( ) = 0, f 1( ) = 1, f "x( ) = "f x( ) e, se

!

x " 0,

!

f x"1#

$ %

&

' ( = f x( )"1 . Gli automorfismi di K

formano il gruppo Aut(K) rispetto alla composizione. Si ha innanzitutto il

seguente risultato:

Lemma 1.5.1. Ogni f∈Aut(K) induce l'identità nel sottocampo minimo K0.

Dimostrazione. Sia dapprima n∈Z: allora, essendo f automorfismo anche del

gruppo additivo di K si ha:

!

f n1( ) = nf 1( ) = n1. Pertanto, f induce l'identità

sull'insieme dei multipli interi di 1. Se char(K) = p, tale insieme coincide con K0

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

21

e siamo a posto. Se char(K) = 0 allora

!

K0 = n1( ) " m1( )#1 n,m $ Z, m % 0& ' (

) (

* + (

, ( , ma

poiché f∈Aut(K) si ha:

!

f n1( ) " m1( )#1$

% & &

'

( ) ) = f n1( ) " f m1( )#1 = n1( ) " m1( )#1

come si voleva.

Ne segue che Aut(Zp) ed Aut(Q) sono costituiti solo dall'identità. Ma anche il

campo reale R è in questa situazione. Sia infatti a∈R, a > 0. Esiste b∈R, tale che

!

b2 = a , quindi

!

f a( ) = f b( )2 > 0 . Ma allora f è crescente, infatti:

!

"x, y # R, x < y $ y % x > 0 $ f y % x( ) > 0 $ f x( ) < f y( ) . Pertanto, se x è irrazionale, per ogni a, b∈Q, a < x < b, si ha:

a = f(a) < f(x) < f(b) = b,

da cui segue necessariamente f(x) = x. Pertanto f = id e Aut(R) = 1.

Nel campo complesso C esiste invece un automorfismo non banale di periodo 2,

il coniugio, definito da: a+ib → a-ib. Si prova facilmente che l'identità ed il

coniugio sono i soli automorfismi di C che trasformino il sottocampo R in sé.

Esaminiamo ora il caso dei campi di Galois.

Teorema 1.5.2. Sia K = GF(q), q = pm. Allora:

a) Le funzioni ϕh:K→K, ϕh(x) = xph, h∈N, sono automorfismi di K.

b) Aut(K) è ciclico, generato da ϕ1, ed ha m elementi

Dimostrazione. a) Sia ϕ = ϕh. Poiché K* è abeliano, la funzione ϕ|K* è un

endomorfismo di K* e poiché (pm-1, ph) = 1, il suo nucleo è necessariamente 1 e

quindi è anche iniettiva; dunque ϕ|K*∈Aut(K*). Inoltre, ϕ(0) = 0, quindi ϕ è una

biiezione anche per K. Infine, per la formula di Newton, per ogni x, y∈K si ha

!

x + y( )ph

= ph

i

"

# $ $

%

& ' '

i=0

ph

( xiyph)i e poiché p divide

!

ph

i

"

# $ $

%

& ' ' per ogni 1 < i < ph, ne segue

che in K si ha (x+y)ph = xph+yph. Pertanto ϕ è un omomorfismo anche del

gruppo additivo, e dunque è un automorfismo di K.

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

22

b) Innanzitutto si ha ϕh = ϕ1h e ϕ1m = id, per cui |ϕ1| = m. Ne segue che Aut(K)

contiene almeno gli m elementi del sottogruppo ciclico generato da ϕ1. Per

provare l'asserto basterà provare che Aut(K) ha al massimo m elementi.

Poiché K* è ciclico, esiste t∈K tale che K* = 〈 t 〉 . Allora K è estensione di K0

mediante t. Poiché dimK0(K) = m, esistono a0, ... , am∈K0, non tutti nulli, tali che

!

aiti

i=0

m" = 0 . Ne segue che t è radice del polinomio

!

f x( ) = aixi

i=0

m" di grado ≤ m. Sia

ora σ∈Aut(K). Allora, tenendo conto che σ induce l'identità su K0 si ha:

!

0 = " 0( ) = " f t( )( ) = f " t( )( ) . Pertanto, σ(t) è a sua volta radice di f. Se poi σ1, σ2∈Aut(K) sono tali che

σ1(t) = σ2(t), allora (σ2-1°σ1)(t) = t, per cui σ2-1°σ1 trasforma in sé tutti i

generatori di K (cioè gli elementi di K0 e t), per cui è l'identità su K e dunque

σ1 = σ2. Posto ora R = {x∈K | f(x) = 0} e Φ:Aut(K)→R, Φ(σ) = σ(t), ne segue che Φ è

iniettiva e dunque |Aut(K)| ≤ |R| ≤ m.

1.5.C) Applicazioni semilineari. Siano K un campo e sia V uno spazio vettoriale di

dimensione n, che, fissata una base, possiamo identificare con

!

Kn .

Un’applicazione semilineare non singolare di V in sé è un automorfismo del

gruppo additivo

!

V, +( ) , per il quale esiste α∈Aut(K), tale che per ogni v∈V, k∈K si

ha

!

f "v( ) = # "( )f v( ) . Chiamiamo f automorfismo semilineare associato ad α.

Vediamone le proprietà.

i) Gli automorfismi semilineari di

!

V, +( ) formano un sottogruppo di Aut(V,+), che

denoteremo con ΓL(V) o con

!

"Ln K( ) . Infatti, siano f e g automorfismi semilineari

associati rispettivamente ad α,β∈Aut(K). Allora naturalmente

!

f o g " Aut V, +( ) , ed

è tale che, per ogni v∈V, k∈K si ha:

!

f o g kv( ) = f g kv( )( ) = f " k( )g v( )( ) = # " k( )( )f g v( )( ) = # o "( ) k( ) f o g( ) v( ) quindi

!

f o g "

!

"Ln K( ) perché è associato ad

!

" o #∈Aut(K).

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

23

L’identità di V è associata all’identità di Aut(K), quindi è semilineare. Proviamo

che l’automorfismo inverso

!

f "1 di f è semilineare. Poiché f ed α sono biiettive,

per ogni v∈V, k∈K esistono w∈V, λ∈K tali che v = f(w), k = α(λ). Ne segue:

!

f "1 kv( ) = f "1 # $( )f w( )( ) = f "1 f $w( )( ) = $w = #"1 k( )f "1 v( )

e dunque

!

f "1 è semilineare associata ad

!

"#1.

ii) Ad ogni automorfismo semilineare f è associato un solo automorfismo α di K.

Infatti, siano α, β tali che per ogni ogni v∈V, k∈K si ha

!

f "v( ) = # "( )f v( ) = $ "( )f v( ) .

Allora si ha

!

" k( ) # $ k( )( )f v( ) = 0 , e scelto v ≠ 0, si ha f(v) ≠ 0 e dunque

!

" k( ) # $ k( ) = 0 per ogni k∈K.

iii) Consideriamo ora l’applicazione ρ che ad ogni automorfismo semilineare f

associa l’automorfismo α di K a cui è associato. Si è già visto che a

!

f o g "

!

"Ln K( )

è associato

!

" o #∈Aut(K), dunque

!

" : #L V( ) $ Aut(K) è un omomorfismo. Ma è

anche suriettivo. Infatti, identificando come detto V con

!

Kn , per ogni α∈Aut(K),

per ogni

!

v = x1,K, xn( ) , poniamo

!

f v( ) = " x1( ),K," xn( )( ). Allora f:V→V è un

automorfismo del gruppo (V,+). Infatti, posto

!

w = y1,K, yn( ) , ricordando che α è

un automorfismo del campo K, si ha:

!

f v + w( ) = " x1 + y1( ),K," xn + yn( )( ) = " x1( ) + " y1( ),K," xn( ) + " yn( )( ) = f v( ) + f w( ) Inoltre, è iniettiva perché si ha

!

f v( ) = 0,K0( ) "#i, $ xi( ) = 0 % xi = 0 % v = 0.

La suriettività segue dal fatto che per ogni

!

w = y1,K, yn( ) , per ogni i esiste

!

xi

tale che

!

" xi( ) = yi , dunque posto

!

v = x1,K, xn( ) si ha f(v) = w.

Infine, per ogni v∈V,

!

v = x1,K, xn( ) , per ogni k∈K si ha:

!

f kv( ) = " kx1( ),K," kxn( )( ) = " k( )" x1( ),K," k( )" xn( )( ) = " k( ) " x1( ),K," xn( )( ) = " k( )f v( )

Il nucleo dell’epimorfismo

!

" : #L V( ) $ Aut(K) è costituito dal sottogruppo GL(V)

delle applicazioni lineari non singolari, coincidenti con gli automorfismi

semilineari associati all’identità di K. Si ha quindi

!

"L V( ) / GL V( ) # Aut(K).

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

24

iv) Vediamo il caso finito. Il gruppo GL(V) è isomorfo al gruppo

!

GLn K( ) delle

matrici non singolari di ordine n sul campo K, e viene detto gruppo generale

lineare. Se A!GLn(K), le sue righe formano una base (ordinata) dello spazio

vettoriale Kn; viceversa, incolonnando i vettori di una base ordinata di Kn si ha

una matrice invertibile. Pertanto, c’è una biiezione fra GLn(K) e l'insieme delle

basi ordinate di Kn. Se K = GF(q) è un campo finito d'ordine q, allora V ha qn

elementi e non è difficile contare le sue basi. Se infatti vogliamo costruire una

base {v1, ..., vn} possiamo scegliere v1 in V\{0}, cioè in qn-1 modi. Scelto v1, si

deve scegliere v2 indipendente da v1, ossia v2!V\span(v1)1, per cui vi sono per

v2 solo qn-q scelte. Analogamente, dovrà essere v3!V\span(v1, v2), quindi per

v3 solo qn-q2 scelte, e così via. Pertanto, in V ci sono

!

qn "1#

$ %

&

' ( qn " q#

$ %

&

' ( L qn " qn"1#

$ %

&

' (

basi ordinate, quindi il gruppo GLn(K), che si denota in questo caso con GLn(q),

ha in definitiva

!

qn " qi#

$ %

&

' (

i=0

n"1) = q

n2

#

$ % % &

' ( (

qi "1#

$ %

&

' (

i=1

n) elementi.

Ora,

!

q = pm , p primo, implica

!

Aut K( ) = m , quindi

!

"Ln q( ) = m # qn $ qi%

& '

(

) *

i=0

n$1+ .

Esempio 1.5.3. Fissato il campo d’ordine 2, si ha

!

m = 1 ed allora

!

"Ln 2( ) = GLn 2( ) . Nei casi di n piccolo si ottiene:

n 2 3 4 5

!

GLn 2( ) 6 168 20.160 9.999.360

NOTA: le matrici unitriangolari superiori, che hanno tutti 1 sulla diagonale principale e tutti zeri

al di sotto, costituiscono il sottogruppo

!

UTn q( ) , il cui ordine è proprio

!

q

n2

"

# $ $ %

& ' ' .

1 Denoto qui con span(S) il sottospazio generato dal sottoinsieme S. Il suoi elementi sono le combinazioni lineari di un numero finito di elementi di S. In altri testi è denotato con 〈S〉

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

25

1.5.D) Quadrati latini e loops (o cappi).

Un quadrato latino di ordine n è una matrice quadrata nella quale in ogni riga e

colonna compaiono una ed una volta sola gli stessi n simboli. E’ consuetudine

scegliere come insieme X di simboli l’insieme dei numeri interi da 1 ad n.

Tuttavia, esempi antichi usavano lettere latine maiuscole e da ciò nasce il nome.

Esempi di quadrati latini si trovano in popolari giochi enigmistici, talora di

origine giapponese, il più celebre dei quali è il Sudoku.

La tavola di moltiplicazione di un gruppo d’ordine n, i cui elementi siano

codificati con i numeri da 1 ad n, è un esempio di quadrato latino d’ordine n: ciò

è conseguenza della legge di cancellazione, che vale appunto nei gruppi.

Ci sono vari legami fra i quadrati latini ed i piani proiettivi finiti. Nell’esempio

seguente vediamo due quadrati latini di ordine 3 ad elementi in

!

X = 1,2,3{ } , poi

sovrapposti in modo da formare delle coppie ordinate:

!

1 2 32 3 13 1 2

"

#

$ $ $

%

&

' ' '

!

2 1 33 2 11 3 2

"

#

$ $ $

%

&

' ' '

!

1,2( ) 2,1( ) 3,3( )2,3( ) 3,2( ) 1,1( )31( ) 1,3( ) 2,2( )

"

#

$ $ $ $

%

&

' ' ' '

Le nove coppie così ottenute esauriscono l’insieme

!

X " X , ossia sono tutte

distinte. Diremo allora che i due quadrati latini sono ortogonali. Il massimo

numero di quadrati latini d’ordine n a due a due ortogonali è n-1.

Un importante teorema (di Bruck e Bose) afferma che esiste un piano proiettivo

d’ordine n se e solo se esistono n-1 quadrati latini d’ordine n a due a due

ortogonali.

Ma questo teorema non è il solo legame tra i piani proiettivi e i quadrati latini.

Un loop o, in italiano, un cappio, è una struttura algebrica

!

L, ",1L( ) con

un’operazione binaria interna ⋅, dotata di elemento neutro

!

1L e nella quale per

ogni a,b∈L, le equazioni

!

a " x = b e

!

y "a = b hanno entrambe una ed una sola

soluzione.

Da ciò segue che vale la legge di cancellazione:

!

"a, b, c # L,

!

a "b = a "c # b = cb "a = c "a # b = c

$ % &

.

Inoltre, posto

!

b = 1L , ogni elemento a ha inverso destro x ed inverso sinistro y,

non necessariamente uguali.

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26

Se l’operazione binaria è associativa, il loop è un gruppo, perché diventa anche

un monoide e, in un monoide, se un elemento x ha inverso destro e sinistro,

questi coincidono ed x ha un unico inverso.

Tuttavia, per ogni n finito, esistono molti più loops d’ordine n che gruppi. Per

esempio, per n = 6 a meno d’isomorfismi ci sono 109 tipi di loops, due soli dei

quali sono gruppi, il ciclico

!

Z6, +( ) ed il simmetrico

!

S3, o( ) . Un loop può essere commutativo, e in tal caso ogni elemento ha l’inverso e si

possono definire le potenze e quindi il periodo di un elemento. Non valgono

però i teoremi di Lagrange e di Cauchy tipici dei gruppi: esistono loops d’ordine

5 con sottoloops di ordine 2; esistono loops commutativi d’ordine 6 senza

elementi di periodo 3.

Come per i gruppi, nel caso di L finito, la sua tavola di moltiplicazione è un

quadrato latino, ossia ogni riga e colonna contiene una ed una sola volta tutti gli

elementi di L. Inoltre, se elenchiamo gli elementi di L in modo che

!

1L sia il primo

della lista, la prima riga e colonna della matrice riproducono la stessa lista L.

Ecco tre esempi di ordine 6: solo il terzo è un gruppo, isomorfo ad

!

S3, o( ) , mentre

i primi due non lo sono.

* 1 2 3 4 5 6 • 1 2 3 4 5 6 ° 1 2 3 4 5 6 1 1 2 3 4 5 6 1 1 2 3 4 5 6 1 1 2 3 4 5 6 2 2 1 4 5 6 3 2 2 3 1 5 6 4 2 2 1 5 6 3 4 3 3 4 1 6 2 5 3 3 1 2 6 4 5 3 3 4 6 5 2 1 4 4 5 6 1 3 2 4 4 5 6 3 1 2 4 4 3 2 1 6 5 5 5 6 2 3 1 4 5 5 6 4 2 3 1 5 5 6 4 3 1 2 6 6 3 5 2 4 1 6 6 4 5 1 2 3 6 6 5 1 2 4 3

Esiste un esempio di struttura algebrica costruita su uno spazio vettoriale di

dimensione 8 su R, la cui addizione è quella dei vettori, mentre la

moltiplicazione, distributiva rispetto all’addizione, escludendo lo zero costituisce

un loop. Tale struttura si chiama Ottetti di Cayley, ed è un esempio di anello con

divisione che non è un corpo. Se usata per costruire un piano proiettivo, fornisce

un piano non desarguesiano.

Un teorema di Frobenius afferma che i soli anelli con divisione che siano spazi vettoriali di

dimensione finita sul campo reale sono i campi reale e complesso, il corpo dei quaternioni e

l’anello (non associativo) degli ottetti di Cayley. Esistono però esempi finiti.

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27

1.6. Collineazioni nei piani proiettivi sui campi

Si consideri il piano proiettivo

!

"2 K( ) , dove K è un campo. Il gruppo delle

collineazioni G è costituito dalle permutazioni dei punti, che trasformano rette

in rette. Per trovarle consideriamo dapprima il gruppo

!

"L3 K( ) delle applicazioni

semilineari invertibili dello spazio vettoriale

!

K3 in sé.

Lemma 1.6.1. Ogni automorfismo semilineare trasforma sottospazi in

sottospazi con la stessa dimensione.

Dimostrazione. Sia f semilineare associato ad α∈Aut(K). Dato un sottospazio

1−dimensionale

!

U = span v( ) = kv k " K{ } , si ha:

!

"k # K, f kv( ) = $ k( )f v( ) # span f v( )( ) e poiché f è biiettiva, v ≠ 0 implica f(v) ≠ 0; la biiettività di α assicura infine che

f(U) è il sottospazio 1−dimensionale span(f(v)).

Sia ora

!

W = span v, w( ) = "v + µw ", µ # K{ } = span u( ) + span v( ) . Poiché f è un

automorfismo del gruppo additivo, per quanto precede si ha subito:

!

f W( ) = f span v( ) + span w( )( ) = f span v( )( ) + f span w( )( ) = span f v( )( ) + span f w( )( ). Per completare, basta provare che f(v) e f(w) sono indipendenti. Siano h, k tali

che

!

hf v( ) + kf v( ) = 0 . Esistono

!

", µ # K tali che

!

h = " #( )k = " $( )% & '

( ' .

Allora, essendo f un monomorfismo, si ha:

!

0 = hf v( ) + kf w( ) = " #( )f v( ) + " $( )f w( ) = f #v( ) + f µw( ) = f #v + µw( ) % #v + µw = 0

e dall’indipendenza lineare di v, w, che generano il piano W, segue

!

" = µ = 0. Ne

segue che f(W) è un sottospazio 2-dimensionale.

Ogni automorfismo semilineare f trasforma dunque punti proiettivi (ossia

sottospazi 1−dimensionali) in punti proiettivi e rette proiettive (ossia sottospazi

2−dimensionali) in rette proiettive. Pertanto, ogni f∈

!

"L3 K( ) induce una

collineazione φ su

!

"2 K( ) . Allora si ha un’applicazione

!

" : f # $ dal gruppo

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

28

!

"L3 K( ) al gruppo G delle collineazioni di

!

"2 K( ) . È immediato verificare che si

tratta di un omomorfismo di gruppi.

Cerchiamone il nucleo. Sia f nel nucleo, allora f trasforma in sé ogni sottospazio

di dimensione 1. Ossia, per ogni v∈V esiste λ∈K, λ ≠ 0, tale che f(v) = λv. Sia w un

vettore indipendente da v e sia f(w) = µw, µ ≠ 0. Anche per il vettore v+w esiste

ν∈K\{0} tale che f(v+w) = ν(v+w). Ma allora si ha:

!

" v + w( ) = f v + w( ) = f v( ) + f w( ) = #v + µw $ # = " = µ

Va da sé che ora per ogni k∈K\{0}, essendo kv indipendente da w, si ha

!

f kv( ) = " kv( ) . Allora f agisce su V come l’automorfismo lineare di matrice

!

"I3 =

" 0 00 " 00 0 "

#

$

% % %

&

'

( ( ( , ed è in effetti lineare. Il nucleo è quindi

!

"I3 " # K$% & '

( ) * . Questo

sottogruppo è isomorfo al gruppo moltiplicativo

!

K" del campo, e, si può

dimostrare, costituisce il centro

!

Z GL3 K( )( ) di

!

GL3 K( ) , ossia il sottogruppo delle

matrici non singolari che commutano con tutte le altre.

Il quoziente si denota con

!

P"L3 K( ) = "L3 K( ) / Z GL3 K( )( ) ed è isomorfo quindi ad

un sottogruppo del gruppo delle collineazioni

!

"2 K( ) .

Ce ne sono altre? No, ossia:

Teorema 1.6.2. Aut(

!

"2 K( ) ) =

!

P"L3 K( ). La dimostrazione è assai complicata e viene omessa.

Esempio 1.6.3. Nel caso K = GF(q),

!

q = pm , allora si ha:

!

Aut "2 q( )#

$ %

&

' ( = P)3 q( ) =

mq *1

q3 * qi#

$ %

&

' (

i=0

2+

Nel caso dei campi di ordine piccolo si ottiene:

q 2 3 4 5

!

Aut "2 q( )#

$ %

&

' ( 168 5.616 120.960 372.000

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29

Esempio 1.6.4. Nel caso di R, non ci sono automorfismi di campo diversi

dall’identità, perciò

!

Aut "2 R( )#

$ %

&

' ( = PGL2 R( ) ) GL2 R( ) / Z GL2 R( )( ) .

Possiamo allora rappresentare una collineazione prendendo una matrice

!

A =

a00 a01 a02a10 a11 a12a20 a21 a22

"

#

$ $ $

%

&

' ' ' non singolare, un vettore-colonna

!

X =

x0x1x2

"

#

$ $ $

%

&

' ' ' ( R3 ed un

numero reale λ non nullo. Il corrispondente del vettore λX è

!

Y = A " #X = # A " X( ) , pertanto il punto proiettivo [Y] corrispondente al punto proiettivo [X] è dato da:

!

"y0 = a00 # x0 + a01 # x1 + a02 # x2"y1 = a10 # x0 + a11 # x1 + a12 # x2"y2 = a20 # x0 + a21 # x1 + a22 # x2

, a00 a01 a02a10 a11 a12a20 a21 a22

$

% &

' &

( 0, " ( 0

Due sottoinsiemi del piano proiettivo, che si corrispondano in una collineazione,

sono detti proiettivamente equivalenti. In particolare,

• tutti i punti sono proiettivamente equivalenti

• tutte le rette sono proiettivamente equivalenti

Si ha poi:

Teorema 1.6.5. Date due quaterne di punti a tre a tre non allineati P, Q, R, S e

P’, Q’, R’, S’ esiste ed è unica la collineazione f tale che

f(P) = P’, f(Q) = Q’, f(R) = R’, f(S) = S’

Dimostrazione. Per il lemma 1.2.2 è possibile scegliere come rappresentanti dei

punti P, Q, R, S dei vettori p, q, r, s non nulli, tali che i primi tre siano una base

di

!

R3 ed

!

s = p + q + r . Allo stesso modo, si possono scegliere i vettori p’, q’, r’, s’

che rappresentino P’, Q’, R’, S’ in modo che i primi tre siano una base di

!

R3 ed

!

" s = " p + " q + " r . Come ben noto, esiste una ed una sola applicazione lineare che

trasformi ordinatamente i vettori p, q, r in p’, q’, r’; è non singolare e porta

anche s in s’. Pertanto, esiste una ed una sola collineazione f tale che f(P) = P’,

f(Q) = Q’, f(R) = R’, f(S) = S’.

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

30

1.7. Coordinate nei piani proiettivi

Nel seguito sia

!

" un piano proiettivo. Introduciamo in esso un sistema di

coordinate seguendo il metodo di Hughes-Piper. Siano O, X, Y, I quattro suoi

punti a tre a tre non allineati. Sia poi

!

A = OY " IX .

Sia ℜ un insieme equipotente alla retta OY privata del punto Y. Siano 0 ed 1 i

due suoi elementi associati ad O e ad A rispettivamente.

Sia infine ∞ un oggetto

non appartenente ad ℜ,

che associeremo al punto

Y. Consideriamo poi

!

B = OX " IY e

!

J = AB"XY .

Ci serviremo di J per

trasferire gli elementi di

ℜ dalla retta OY alla retta

OX, e poi di B per

trasferirli alla retta XY.

Se un punto H di OY, diverso da Y, ha associato l’elemento h di ℜ, poniamo

!

H = (0,h). In tal modo,

!

O = (0,0),

!

A = (0,1). Al punto

!

K = JH"0X attribuiamo

coordinate

!

K = (h,0). In tal modo, ogni punto di OX, escluso X, ha le coordinate,

la seconda delle quali nulla. In particolare, si ritrova

!

O = (0,0) e

!

B = (1,0).

Posto ora

!

M = HB"XY , poniamo

!

M = (h). Allora, in particolare,

!

X = (0) ,

!

J = (1).

Sia P un punto non sulle tre rette OX, OY, XY. Siano

!

L = OX "PY = (x,0) e

!

N = OY "PX = (0, y). Allora poniamo

!

P = (x, y). In particolare,

!

I = (1,1).2

Infine poniamo

!

Y = ("). Allora tutti i punti del piano proiettivo hanno coordinate

univocamente assegnate: quelli della retta XY hanno una sola coordinata, gli altri

hanno una coppia ordinata di coordinate.

2 Si osservi che nel piano cartesiano, interpretando OY come asse y, OX come asse X, XY come retta “impropria”, per ogni punto proprio P condurre le parallele agli assi equivale a congiungerlo con X ed Y rispettivamente. I punti “impropri” sono fasci di rette parallele e sono individuati dal coefficiente angolare m di tali rette; l’asse Y non ha coefficiente angolare e allora ad Y si assegna (∞).

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

31

Ora si tratta di assegnare coordinate anche alle rette.

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

32

Se una retta r non passante per Y interseca la retta XY nel punto

!

m( ) e la retta

OY nel punto

!

0,q( ) , porremo

!

r = [m,q]. In particolare,

!

OX = [0,0],

!

AB = [1,1].

Ogni retta s per Y, diversa dalla XY, interseca OX in un punto

!

k,0( ) : poniamo

!

s = [k]. In particolare,

!

OY = [0].3

Poniamo infine

!

XY = ["].

In tal modo, ogni retta non passante per Y ha una coppia di coordinate, mentre

ogni retta per Y ne ha una sola.

Ora mediante l’incidenza tra punti e rette definiamo in ℜ una operazione

ternaria

!

T : "3 # " e due operazioni binarie + e ⋅, nel modo seguente:

3 Anche in questo caso appare chiara l’analogia con il caso delle rette nel piano cartesiano: quelle non parallele all’asse y hanno equazione

!

y = mx + q, dove m rappresenta la direzione, ossia il punto improprio, e q l’intercetta, ossia l’ordinata del punto intersezione con l’asse y; quelle parallele all’asse y, ossia con Y come punto improprio, hanno equazione

!

x = k , dove k è l’ascissa del punto di intersezione con l’asse x.

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

33

Per ogni a,b,c∈ℜ abbiamo considerato la retta passante per (a) e per (b,c) e la

sua intersezione (0,q) con la retta OY: abbiamo posto

!

q = T(a, b, c), definendo così

l’operazione ternaria T in ℜ.

Abbiamo poi considerato la retta congiungente (a) con (b,0): l’intersezione con

la retta OY l’abbiamo chiamata

!

0,a "b( ) , definendo così l’operazione binaria a⋅b.

Infine, abbiamo congiunto (b,c) con J: l’intersezione con OY l’abbiamo definita

!

0, b + c( ) , definendo così anche l’operazione binaria b+c.

Enunciamo ora senza dimostrazione alcune delle proprietà di queste operazioni:

PROPOSIZIONE 1.7.1. L’operazione ternaria T ha le seguenti proprietà:

a) Per ogni a,c∈ℜ, T(a,0,c) = T(0,b,c) = c

b) Per ogni a∈ℜ, T(a,1,0) = T(1,a,0) = a

c) Per ogni a,b,c,d∈ℜ, a≠c, l’equazione T(x,a,b) = T(x,c,d) ha una ed una sola

soluzione.

d) Per ogni a,b,c∈ℜ, l’equazione T(a,b,x) = c ha una ed una sola soluzione.

e) Per ogni a,b,c,d∈ℜ, a≠c, esiste una ed una sola coppia (x,y) di elementi di

ℜ tali che T(a,x,y) = b, T(c,x,y) = d.

Una struttura algebrica

!

",T,0,1( ) che soddisfi queste proprietà si chiama anello

ternario planare e si denota con PTR (planary ternary ring). Ogni piano

proiettivo consente di costruire un tale PTR attraverso il metodo sopra indicato.

Inversamente, dato un PTR

!

",T,0,1( ), con l’aggiunta del simbolo ∞∉ℜ, si possono

chiamare, per ogni x,y,m,q,k∈ℜ

• punti: le coppie (x,y), i singoletti (m) e (∞);

• rette: le coppie [m,q] ed i singoletti [k] e [∞];

L’incidenza è definita come segue, per ogni x,y,m,k,q∈ℜ:

!

x, y( )" m,q[ ] # q = T m, x, y( )

!

x, y( )" k[ ] # x = k

!

x( )" m,q[ ] # x = m

!

x( )" #[ ]; #( )" k[ ]; #( )" #[ ] Allora abbiamo un piano proiettivo, di cui il PTR è l’anello delle coordinate.

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Geometria proiettiva, modulo prof. Verardi – Piani proiettivi

34

Osservazione: in un anello ternario finito la proprietà e) è conseguenza delle altre quattro;

analogamente anche la proprietà c) è conseguenza delle altre quattro.

Esaminando le operazioni binarie, ritroviamo i loops. Infatti si ha:

PROPOSIZIONE 1.7.2. a) La struttura

!

", +, 0( ) è un loop. Si ha a+b = T(a,b,0)

b) la struttura

!

" \ 0{ }, #,1( ) è un loop. Si ha a⋅b = T(1,a,b).

Un PTR si dice lineare se per ogni a,b,c si ha T(a,b,c) = a⋅b+c. Esistono tuttavia

dei PTR non lineari (D. Hughes).

Se K è un corpo, il piano proiettivo

!

"2 K( ) si coordinatizza assumendo ℜ = K e

!

T(a, b, c) = a "b + c, dove + e ⋅ sono le operazioni di K. Sappiamo che in questo caso

per ogni punto O e per ogni retta d esistono tutte le prospettività di centro O e

asse d ossia, equivalentemente, vale il teorema di Desargues.

In generale, la possibilità che il PTR sia lineare, che le operazioni + e ⋅ possiedano

le consuete proprietà (associativa e commutativa di +, associativa di ⋅,

distributiva di ⋅ rispetto a + a destra o a sinistra) dipendono dalla presenza, nel

gruppo delle collineazioni del piano, di prospettività rispetto ad opportuni

centri o assi. La classificazione dei piani proiettivi finiti di Lenz-Barlotti è proprio

basata su criteri di questo tipo.

Concludiamo questa brevissima panoramica sulla coordinatizzazione dei piani

propiettivi con un esempio di piano proiettivo finito non desarguesiano. Basta

costruire una struttura algebrica simile ad un anello, ma senza qualcuna delle

sue proprietà, per esempio senza l’associatività della moltiplicazione.

Partiamo dal campo

!

F = GF(q), q = pm, p primo, m > 1, e sia a∈F, che non sia un

quadrato in F. Sia

!

" # Aut(F) un automorfismo di campo non uguale all’identità,

ossia tale che

!

" x( ) = xpr, 1 # r < n . Nello spazio vettoriale

!

D = F2 denotiamo con

1 e con

!

" i due elementi (1,0) e (0,1), che formano una sua base. Allora

!

x, y( ) = x + y" . Definiamo in D la seguente moltiplicazione:

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!

x + y"( ) • z + t"( ) = xz + ay#t#$

% &

'

( ) + yz + xt( )" .

Allora,

!

D, +,•,1( ) è un anello con divisione (ossia (D,+) è un gruppo abeliano,

!

D \ 0{ },•,1( ) è un loop, • è distributiva rispetto a +, è anche commutativa, ma non

è associativa.

Ne segue che l’operazione ternaria T(a,b,c) = a•b+c tra elementi di D trasforma D

in un PTR, ma il piano proiettivo corrispondente non è desarguesiano perché D

non è un corpo.

Per ulteriori informazioni sulla coordinatizzazione dei piani proiettivi e per altri

approcci si veda il testo di D. R. Hughes, F. C. Piper, Projective Planes, ed.

Springer, (1973)

NOTA. Esiste anche una definizione assiomatica degli spazi proiettivi attraverso

l’incidenza di punti, rette e piani, data per esempio da H. Lenz. Ne risulta che i piani

proiettivi inclusi in tali spazi sono però tutti desarguesiani, pertanto questi spazi

proiettivi sono tutti riconducibili ai

!

"n K( ) , dove K è un corpo o un campo.

La massima varietà di situazioni sembra pertanto relativa ai piani proiettivi.

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1.8. Piani affini ed affinità

Dal piano proiettivo

!

", R,#( ) si passa ad un piano affine scegliendo una retta r

come retta impropria e chiamando “parallele” due rette, diverse da r, che

abbiano in comune un punto della retta impropria. Denotiamo con

!

Ar il piano

affine ottenuto: i suoi punti sono quelli di ℘\r; le rette sono quelle di R\{r}.

Non è detto che i piani affini

!

Ar ,

!

As ottenuti con due rette distinte r, s scelte

come rette improprie siano isomorfi. Se però esiste una collineazione α del piano

proiettivo, che trasformi r in s, allora la stessa collineazione induce

l’isomorfismo tra i due piani affini. Infatti, certamente essa porta i punti di

!

Ar ="\ r nei punti di

!

As ="\ s , e le rette diverse da r nelle rette diverse da s,

ma, di più, se due rette di

!

Ar sono parallele, esse hanno in comune un punto P

di r, quindi le corrispondenti hanno in comune il punto

!

" P( ) di s, quindi sono

parallele in

!

As .

Lemma 1.8.1. Se il piano

!

", R,#( ) è

desarguesiano, allora per ogni scelta

di r si ottengono piani affini

isomorfi.

Dimostrazione. Prese due rette

distinte r, s, per il loro punto

comune A si tracci un’ulteriore retta d. Si prenda poi un punto O non sulle tre

rette, r, s, d. Per O si tracci una retta t ≠ OA e siano P, P’ i due punti in cui essa

interseca le rette r, s. Per il teorema di Desargues, (4.1), esiste ed è unica la

prospettività α di centro O ed asse d, che trasforma P in P’. Di conseguenza essa

trasforma la retta r = AP nella retta s = AP’.

Pertanto, se K è un campo, dal piano

!

"2 K( ) si ottiene un unico tipo di piano

affine, qualunque sia la retta scelta come retta impropria.

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Fissata una volta per tutte la retta impropria r ed ottenuto il piano affine

!

A2 K( ) ,

le collineazioni affini, o affinità, sono quegli elementi del gruppo

!

Aut "2 K( )#

$ %

&

' ( che

trasformano in sé la retta r.

Esempio 1.8.2. Vediamo nel seguito il caso di K = R. Le collineazioni hanno la

forma:

!

"y0 = a00 # x0 + a01 # x1 + a02 # x2"y1 = a10 # x0 + a11 # x1 + a12 # x2"y2 = a20 # x0 + a21 # x1 + a22 # x2

, a00 a01 a02a10 a11 a12a20 a21 a22

$

% &

' &

( 0, " ( 0.

Scelta come r per esempio la retta

!

1,0,0[ ] , le collineazioni che la trasformano in

sé sono quelle derivanti da applicazioni lineari non singolari aventi il piano

!

x0 = 0 come autospazio. Sia data una di esse e sia

!

A = aij[ ], 0 " i, j " 2 la sua

matrice: allora per ogni x,y∈R, essa deve soddisfare la condizione

!

a00 a01 a02a10 a11 a12a20 a21 a22

"

#

$ $ $

%

&

' ' ' (

0xy

"

#

$ $ $

%

&

' ' '

=

0) x ) y

"

#

$ $ $

%

&

' ' ' , da cui segue

!

a01 = a02 = 0a00 " 0

# $ %

.

Possiamo allora porre

!

" = a00 = 1 e scrivere l’affinità nel modo seguente:

!

y1 = a11 " x1 + a12 " x2 + a10y2 = a21 " x1 + a22 " x2 + a20

, # $ %

a11 a12a21 a22

& 0

Ne segue che un’affinità ha la forma matriciale

!

Y = A " X + B, dove A è una

matrice d’ordine 2 non singolare, mentre X, Y e B sono vettori-colonna di tipo

2×1, e si può pensare ottenuta componendo la traslazione

!

Y = " X + B con

l’applicazione lineare non singolare

!

Y = A " # X di

!

R2.

Le affinità di

!

A2 R( ) costituiscono un gruppo rispetto alla composizione.

Verifichiamolo direttamente. L’identità è un’affinità di matrice

!

I2 e vettore B = 0;

date poi le affinità

!

fi X( ) = Ai " X + Bi , i = 1, 2, allora

!

f1 o f2 X( ) = A1 " A2 " X + B2( ) + B1 = A1 " A2( ) " X + A1 " B2 + B1( )

!

f1"1 X( ) = A1

"1# X + A1

"1# "B1( )

Tale gruppo lo denoteremo con

!

Aut A2 R( )"

# $

%

& ' .

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L’applicazione che ad un’affinità

!

Y = A " X + B associa la sua matrice A è quindi

un omomorfismo suriettivo (epimorfismo) dal gruppo

!

Aut A2 R( )"

# $

%

& ' al gruppo

!

GL2 R( ) , ed ha per nucleo l’insieme delle traslazioni. Pertanto, queste ultime

costituiscono un sottogruppo normale T di

!

Aut A2 R( )"

# $

%

& ' , isomorfo ad

!

R2, +"

# $

%

& ' ed il

quoziente è isomorfo a

!

GL2 R( ) .

Le affinità della forma

!

Y = A " X costituiscono a loro volta un sottogruppo C,

isomorfo al gruppo

!

GL2 R( ) e detto talora gruppo delle centro-affinità. Si ha

!

C "T = id{ } e ogni affinità è, come detto, ottenibile (in un sol modo)

componendo un elemento di T con un elemento di C. Diremo allora che

!

Aut A2 R( )"

# $

%

& ' è isomorfo al prodotto semidiretto di

!

R2, +"

# $

%

& ' per

!

GL2 R( ) .

OSSERVAZIONI 1.8.3. a) Se K è un campo privo di automorfismi non banali,

tutto quanto detto si può ripetere per

!

A2 K( ) . Il suo gruppo di affinità è prodotto

semidiretto di

!

K2, +"

# $

%

& ' per

!

GL2 K( ) . Se

!

K = p , primo, allora :

!

Aut A2 p( )"

# $

%

& ' = p2 ( p2 )1"

# $

%

& ' ( p2 )p"

# $

%

& ' = p3 ( p )1( )2 ( p +1( )

Più in generale, ciò vale anche per gli spazi affini dedotti dagli spazi proiettivi di

qualunque dimensione n ≥ 1 sul campo K. Se però K ha automorfismi non banali,

si ottiene un sottogruppo proprio del gruppo delle affinità.

Per n = 1, si ha il gruppo delle funzioni polinomiali di primo grado

!

f x( ) = m " x + q , con

!

m " 0, rispetto alla composizione. Tale gruppo si può definire

anche a partire da un anello A prendendo m invertibile; è isomorfo al prodotto

semidiretto di un sottogruppo normale isomorfo ad

!

A, +( ) con un sottogruppo

isomorfo ad

!

A", #$

% &

'

( ) , dove

!

A" è l’insieme degli elementi invertibili di A. Se per

esempio

!

A = Zm, allora il gruppo ha

!

m " # m( ) elementi, (ϕ funzione di Eulero).

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b) Nel caso finito, da un piano proiettivo d’ordine n si deducono piani affini,

anch’essi detti d’ordine n, in cui ci sono

!

n2 punti ed

!

n2 + n rette. Ogni retta ha

n punti e ad ogni punto sono incidenti n+1 rette. Le rette si ripartiscono poi in

n+1 classi di parallelismo, dette fasci di rette parallele, ciascuno dei quali

contiene n rette. Non c’è più la dualità tra punti e rette che c’era nei piani

proiettivi.

Una rappresentazione grafica del piano affine d’ordine 3, con 9 punti e 12 rette,

è riportata nella figura seguente. I punti sono i vertici, il centro ed i punti medi

dei lati di un quadrato. Le rette sono: i lati, gli assi, le diagonali e i 4 triangoli

costituiti da un vertice del quadrato e dai punti medi dei lati che non

concorrono in tale vertice.

P5 P9 P7

P4 P6 P8

P1 P2 P3

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40

1.9 APPENDICE

Concludiamo il capitolo con un paio di curiosità.

a) Un gruppo G in generale non è prodotto semidiretto di sottogruppi

propri. Per esempio, i gruppi semplici, oppure i gruppi ciclici d’ordine

potenza di un primo non lo sono. Il più piccolo gruppo finito non ciclico

che non lo è ha ordine 8, si denota con

!

Q 8 ed è costituito dalle otto radici

quarte dell’unità presenti nel corpo H dei quaternioni, denotate

usualmente con 1, -1, i, -i, j, -j, k, -k. Gli elementi 1, i, j, k sono una base di

H come spazio vettoriale reale, e si ha:

!

i " j = k ,

!

i "k = #j,

!

j "k = i , e,

soprattutto, il quadrato di ±i, ±j, ±k è uguale a -1.

!

Q 8 ha quindi tre

sottogruppi d’ordine 4, ciclici, che si intersecano nel sottogruppo

!

1,"1{ } ,

unico di ordine 2. Pertanto, i sottogruppi sono tutti normali pur non

essendo

!

Q 8 abeliano. Si tratta di un gruppo proprio strano e “fastidioso”.

b) Il gruppo affine

!

Aut A2 K( )"

# $

%

& ' su un campo K contiene un sottogruppo

isomorfo a

!

GL2 K( ) , il quale a sua volta contiene come sottogruppo

normale il gruppo

!

SL2 K( ) delle matrici a determinante 1. Il centro di

questo sottogruppo è

!

"I2 "2 = 1# $ %

& ' ( , ed il quoziente si denota con

!

PSL2 K( ) .

Tranne i casi di K d’ordine 2 e 3, questo gruppo è sempre semplice. Se K

ha ordine finito q il suo ordine è

!

q " q +1( ) " q #1( )MCD 2,q #1( )

. Per esempio, se q = 4

oppure q = 5, si ottiene

!

PSL2 q( ) = 60 e il gruppo è isomorfo ad

!

A5.

Inoltre,

!

PSL2 7( ) " PSL3 2( ) " Aut #2 2( )$

% &

'

( ) ha ordine 168. Se poniamo in questa

formula q = 56, (che non è l’ordine di un campo!) otteniamo 175.560, che

è a sua volta l’ordine di un gruppo semplice, detto Janko1, di struttura

abbastanza somigliante a quella dei gruppi

!

PSL2 K( ) . Una semplice

coincidenza?