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«Per i mafiosi era meglio l’ergastolo dell’attenzione». (Antonino Caponnetto) Francesco Buzzetti Fisac CGIL 1 Pescara, 26 agosto 2016 MASTERPLAN E POLITICHE PER IL MEZZOGIORNO, RICICLAGGIO E CRIMINALITA’: QUALE RILANCIO E QUALI PROSPETTIVE PER IL NOSTRO SUD SENZA PRESIDI DI LEGALITA’? E’ drasticamente noto come la situazione del Mezzogiorno d’Italia, da un punto di vista della contaminazione criminale nell’economia 1 , sia di estrema gravità. “E’ ampiamente dimostrato che tra i fattori che ostacolano maggiormente il processo di adeguamento competitivo e il livello di attrattività dei territori del Mezzogiorno pesa notevolmente la presenza di una radicata e diffusa criminalità organizzata, che scoraggia la normale volontà di intraprendere. Criminalità che si va sempre più espandendo dai territori di origine alle regioni del Centro-Nord e dell’Europa, accrescendo notevolmente gli spazi di reinvestimento nelle economie legali. La mafia è diventata, quindi, essa stessa economia; e, usufruendo delle grandi risorse finanziarie accumulate grazie agli illeciti, opera come un’impresa avvalendosi di due enormi vantaggi competitivi: non ha limiti nelle risorse finanziarie di cui dispone e può esercitare sempre il ricatto della violenza e dell’intimidazione nei confronti dei terzi, cittadini, imprenditori o amministratori. Essa altera il funzionamento della libera concorrenza e, in vario modo, accade che imprenditori onesti vengano eliminati dalla competizione attraverso attentati, estorsioni, esclusione dai mercati e dagli appalti più redditizi, violenza psicologica, concorrenza sleale. In alcune aree del Sud, l’insufficiente esercizio del potere coercitivo dello Stato e i vari deficit delle istituzioni locali nella fornitura di beni e servizi pubblici non favoriscono regole di condotta virtuose, producendo un sistema di illegalità diffusa che genera sfiducia e incertezza, con conseguente aumento del rischio per gli operatori economici. Il principale fattore di condizionamento dello sviluppo è la concorrenza sleale operata da imprese mafiose o colluse che operando con pratiche corruttive o di intimidazione (o con entrambe) negano l’applicazione del principio cardine dell’economia di mercato: la libera concorrenza. In particolare, in questo quadro, diventano decisivi il condizionamento degli appalti pubblici e l’accesso asimmetrico ai capitali. La rete imprenditoriale mafiosa rappresenta una sorta di monopolio locale 1 Per cause ed effetti si veda: - Censis - IL CONDIZIONAMENTO DELLE MAFIE SULL’ECONOMIA, SULLA SOCIETA’ E SULLE ISTITUZIONI DEL MEZZOGIORNO, 2009; - COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SUL FENOMENO DELLA MAFIA E SULLE ALTRE ASSOCIAZIONI CRIMINALI, ANCHE STRANIERE - CONDIZIONAMENTO DELLE MAFIE SULL'ECONOMIA, SULLA SOCIETÀ E SULLE ISTITUZIONI DEL MEZZOGIORNO Relazione del Presidente sen. Giuseppe Pisanu, 25.1.2012.

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«Per i mafiosi era meglio l’ergastolo dell’attenzione».

(Antonino Caponnetto)

Francesco Buzzetti Fisac CGIL

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Pescara, 26 agosto 2016

MASTERPLAN E POLITICHE PER IL MEZZOGIORNO, RICICLAGGIO E CRIMINALITA’: QUALE RILANCIO E QUALI PROSPETTIVE PER IL NOSTRO

SUD SENZA PRESIDI DI LEGALITA’?

E’ drasticamente noto come la situazione del Mezzogiorno d’Italia, da un punto di vista della contaminazione criminale nell’economia1, sia di estrema gravità. “E’ ampiamente dimostrato che tra i fattori che ostacolano maggiormente il processo di adeguamento competitivo e il livello di attrattività dei territori del Mezzogiorno pesa notevolmente la presenza di una radicata e diffusa criminalità organizzata, che scoraggia la normale volontà di intraprendere. Criminalità che si va sempre più espandendo dai territori di origine alle regioni del Centro-Nord e dell’Europa, accrescendo notevolmente gli spazi di reinvestimento nelle economie legali. La mafia è diventata, quindi, essa stessa economia; e, usufruendo delle grandi risorse finanziarie accumulate grazie agli illeciti, opera come un’impresa avvalendosi di due enormi vantaggi competitivi: non ha limiti nelle risorse finanziarie di cui dispone e può esercitare sempre il ricatto della violenza e dell’intimidazione nei confronti dei terzi, cittadini, imprenditori o amministratori. Essa altera il funzionamento della libera concorrenza e, in vario modo, accade che imprenditori onesti vengano eliminati dalla competizione attraverso attentati, estorsioni, esclusione dai mercati e dagli appalti più redditizi, violenza psicologica, concorrenza sleale. In alcune aree del Sud, l’insufficiente esercizio del potere coercitivo dello Stato e i vari deficit delle istituzioni locali nella fornitura di beni e servizi pubblici non favoriscono regole di condotta virtuose, producendo un sistema di illegalità diffusa che genera sfiducia e incertezza, con conseguente aumento del rischio per gli operatori economici. Il principale fattore di condizionamento dello sviluppo è la concorrenza sleale operata da imprese mafiose o colluse che – operando con pratiche corruttive o di intimidazione (o con entrambe) – negano l’applicazione del principio cardine dell’economia di mercato: la libera concorrenza. In particolare, in questo quadro, diventano decisivi il condizionamento degli appalti pubblici e l’accesso asimmetrico ai capitali. La rete imprenditoriale mafiosa rappresenta una sorta di monopolio locale

1 Per cause ed effetti si veda:

- Censis - IL CONDIZIONAMENTO DELLE MAFIE SULL’ECONOMIA, SULLA SOCIETA’ E SULLE ISTITUZIONI DEL

MEZZOGIORNO, 2009;

- COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SUL FENOMENO DELLA MAFIA E SULLE ALTRE

ASSOCIAZIONI CRIMINALI, ANCHE STRANIERE - CONDIZIONAMENTO DELLE MAFIE SULL'ECONOMIA,

SULLA SOCIETÀ E SULLE ISTITUZIONI DEL MEZZOGIORNO – Relazione del Presidente sen. Giuseppe Pisanu,

25.1.2012.

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mascherato, in quanto costituito apparentemente da molte piccole imprese possedute o controllate dai membri della stessa famiglia criminale. Il crimine organizzato impone alle imprese scelte qualitativamente discutibili sui fornitori, la manodopera, i mercati di sbocco. In un’economia sotto tutela delle mafie anche gli imprenditori non collusi sono indotti a comportamenti non ispirati al perseguimento dell’efficienza economica ma subiscono i vincoli imposti dal contesto: accettando manodopera oppure fornitori imposti, ritirandosi da una aggiudicazione per lasciare spazio alle imprese legate alla criminalità. Si tratta di fenomeni di “isomorfismo istituzionale” che troppo spesso si estendono anche alle amministrazioni locali. (…) Non si spezza la spirale della criminalità, il suo crescente e oscuro reclutamento, se non si riformano l’economia e la società del Mezzogiorno.(…) Le mafie hanno creato una cultura profonda che pervade le fibre della società meridionale. (…) Le regioni meridionali, già prima che la crisi dispiegasse i suoi effetti, presentavano un più alto grado di disuguaglianza distributiva rispetto alle regioni del Centro-Nord. Una sperequata distribuzione del reddito espone molte famiglie al rischio povertà, specialmente durante le congiunture negative e finisce per esporle anche al «ricatto della criminalità organizzata che profitta del bisogno». Il ricatto del bisogno – specie in aree degradate, come le periferie urbane meridionali, dove l’«attenzione» sociale è minore – si impone sulle regole, sui buoni comportamenti sociali e favorisce il condizionamento, quando non il reclutamento, della mafia. (…) Le organizzazioni criminali presenti nei territori del Sud condizionano negativamente il sistema economico e produttivo rendendolo ancora più debole e scarsamente competitivo. Scoraggiano, infatti, l’afflusso di investimenti dall’esterno; contribuiscono al mantenimento di un’immagine negativa a livello nazionale ed internazionale; costituiscono un incentivo alla fuga di risorse umane qualificate; provocano un’allocazione non razionale delle risorse pubbliche e sostituiscono logiche coercitive a quelle di mercato. (…) Circa il 30% delle imprese del Mezzogiorno è soggetta ad una qualche forma di influenza da parte della criminalità organizzata. (…) Un aspetto che va sicuramente approfondito è quello del rapporto tra economia sommersa ed economia criminale: senza dubbio nelle regioni del Sud in cui sono presenti le organizzazioni criminali vi è anche un maggiore ricorso al lavoro parzialmente o totalmente irregolare. (…) I settori principali da cui la camorra trae costanti e cospicui profitti continuano ad essere gli appalti pubblici, il traffico illecito dei rifiuti, il traffico di stupefacenti, l’estorsione ed in minor misura l’usura, la commercializzazione di prodotti con marchi contraffatti, le scommesse clandestine. I relativi profitti vengono, in prevalenza, riciclati in attività imprenditoriali nel settore della ristorazione, delle grandi catene commerciali, dell’abbigliamento, dell’oreficeria, del commercio di autoveicoli e la gestione di case da gioco. (…) L’azione di contrasto e` stata diversificata nei confronti delle cosiddette «consorterie storiche», della cosiddetta «zona grigia» con il perseguimento di esponenti delle istituzioni, della politica e dell’imprenditoria, anche con evidenti legami massonici ed ancora con le attività criminose portate fuori dal territorio originario 2”.

2 Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali, anche straniere – Relazione

sulla prima fase dei lavori della Commissione con particolare riguardo al condizionamento delle mafie sull’economia, sulla società

e sulle istituzioni del Mezzogiorno (94ma seduta – XVI Legislatura), 25 gennaio 2012

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Anche a livello di Comunità Europea l’allarme è grande: “Se non verranno adottate misure di prevenzione, la criminalità organizzata diventerà parte della nostra vita. Nel caso peggiore, potrebbe diventare «intoccabile» nel momento in cui essa orienta la politica, la giustizia o l’amministrazione, dalla propria posizione all’interno di tali strutture. Ciò è inaccettabile per qualsiasi Paese dell’Unione Europea; pertanto impedire l’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore pubblico, nell’economia o nei cardini dell’amministrazione pubblica (il cosiddetto settore legale) è tanto importante quanto il suo contrasto con gli strumenti a disposizione del sistema della giustizia penale 3”.

Inoltre, come pure ricordato dalla Commissione Antimafia nel documento sopra preso in esame, anche la Chiesa cattolica - ben radicata e culturalmente molto presente nel nostro Paese, soprattutto al Sud – ha precisato, dopo anni di preoccupanti silenzi e qualche atteggiamento “ambiguo” 4, che “la criminalità organizzata non può e non deve dettare i tempi e i ritmi dell’economia e della politica meridionali, diventando il luogo privilegiato di ogni tipo di intermediazione e mettendo in crisi il sistema democratico del Paese, perché il controllo malavitoso del territorio porta di fatto a una forte limitazione, se non addirittura all’esautoramento, dell’autorità dello Stato e degli enti pubblici, favorendo l’incremento della corruzione, della collusione e della concussione, alterando il mercato del lavoro, manipolando gli appalti, interferendo nelle scelte urbanistiche e nel sistema delle autorizzazioni e concessioni, contaminando così l’intero territorio nazionale. (…) In un contesto come quello meridionale, le mafie sono la configurazione più drammatica del «male» e del «peccato». In questa prospettiva, non possono essere semplicisticamente interpretate come espressione di una religiosità distorta, ma come una forma brutale e devastante di rifiuto di Dio e di fraintendimento della vera religione: le mafie sono strutture di peccato. Solo la decisione di convertirsi e di rifiutare una mentalità mafiosa permette di uscirne veramente 5”.

Questa la situazione del Mezzogiorno; anche qui è fondamentale, per le organizzazioni criminali, in ultima analisi, insinuarsi nel mercato lecito, acquisendo con la violenza fisica o psicologica (fornitura di servizi, condizionamenti, intimidazioni, estorsioni, usura) attività commerciali di vario genere. Questo consente loro di riciclare denaro sporco; diversificare gli investimenti; controllare il territorio; creare consenso sociale. Alle imprese fisiologicamente ”malate” occorre inoltre aggiungere quelle apparentemente “sane” ma costituite con capitali che derivano da delitto, queste ultime dalla crescita esponenziale per quantità e qualità.

3 Sabine Zwaenepoel - Expert Meeting on the Multidisciplinare Approach to figth organized crime - Bruxelles, 9 giugno 2010

4 Enzo Ciconte/Francesco Forgione/Isaia Sales (a cura di) – Atlante delle mafie (capitolo 6, volume primo / Isaia Sales – Chiesa e

mafie), 2012 5 Conferenza Episcopale Italiana - Per un paese solidale. Chiesa Italiana e Mezzogiorno, 21 febbraio 2010

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Anche l’Abruzzo è inserito6 - se pur apparentemente in misura minore o quantomeno meno apparente perché silente dal punto di vista della violenza agìta - in tale meccanismo perverso. Nell’ormai lontano ottobre 1991, infatti, il Procuratore della Repubblica di Pescara, dott. Enrico Di Nicola, dichiarava alla Commissione Parlamentare Antimafia in visita in regione: “A Pescara, a detta di alcuni, si era verificato il passaggio di molti esercizi commerciali in mano a soggetti pugliesi e campani, esercizi la cui apparente scarsa remuneratività non sembrava minimamente preoccupare gli stessi che, anche in presenza di scarsi affari, continuavano a gestirli, ostentando, nel contempo, un ottimo tenore di vita. Tale fenomeno di subingressi interessa, come si vedrà, anche la zona di Avezzano e deve ritenersi che almeno in parte, esso sia la spia di una attività di riciclaggio di denaro di illecita provenienza che sta trovando in Abruzzo un terreno abbastanza permeabile a causa della "favorevole" congiuntura costituita dall'intreccio tra la crisi economica locale e la grande liquidità di cui dispongono le organizzazioni criminali”. Secondo il Procuratore della Repubblica “una illegalità diffusa a livello economico con un giro di affari miliardario e una illegalità amministrativa in un'area che assorbe il 70 per cento dell'attività complessiva della regione, destavano un grave allarme e meritavano una più puntuale attenzione da parte dello Stato per non doversi trovare, nel giro di un quinquennio, in una situazione terribile 7".

Sono passati invece ben venticinque anni e, lo possiamo dire, la situazione - ancorché in

maniera silenziosa - è precipitata e non è stato fatto nulla, anzi; meno personale nei

tribunali, forze dell’ordine con l’acqua alla gola per quantità e qualità di risorse, persino la

Banca d’Italia chiude i battenti mantenendo di fatto un unico presidio regionale, nel

capoluogo.

Questa la situazione attuale:

6 Sull’evoluzione storico/antropologica dell’Abruzzo, si veda, nell’insieme:

- l’Abruzzo dall’Umanesimo all’età barocca, 2000;

- l’Abruzzo nel Medioevo, 2000;

- l’Abruzzo nel Settecento, 2000;

- l’Abruzzo nell’Ottocento, 2000

- l’Abruzzo nel Novecento, 2000 (intera collana curata da Umberto Russo ed Edoardo Tiboni);

inoltre:

- Leopoldo Franchetti - Condizioni economiche ed amministrative delle Province napoletane, 1875;

- Aldo De Jaco – Il brigantaggio meridionale, 1969 - Romano Canosa – Il brigantaggio in Abruzzo dopo l’Unità, 2001;

- Franco Molfese – Storia del brigantaggio dopo l’Unità, ed. 2012;

7 COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SUL FENOMENO DELLA MAFIA E SULLE ALTRE ASSOCIAZIONI

CRIMINALI SIMILARI – Relazione Smuraglia (XI Legislatura), 13 gennaio 1994

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“Sotto il profilo criminale, l’Abruzzo presenta tre fasce d’interesse:

- la prima individuata nella zona costiera dove, per il rilevante sviluppo nei settori dell’edilizia, dell’industria e del commercio, le tradizionali organizzazioni mafiose potrebbero trovare facile radicamento, in special modo per il reinvestimento dei proventi di attività illecite;

- la seconda nella Marsica, dove si registra la presenza di una significativa colonia di extracomunitari impiegati in prevalenza nel settore agricolo. Ciò ha determinato una forte proliferazione di reati in materia di stupefacenti;

- la terza nell’Alto Sangro e nella Valle Peligna, dove sussiste il pericolo di insediamento nel tessuto economico produttivo di soggetti pregiudicati riconducibili ad alcuni clan camorristi dell’Hinterland napoletano. “A tal proposito – riferisce il magistrato della DDA Olga Capasso – sono state registrate transazioni immobiliari e subentri nella conduzione di attività commerciali in cui figurano soggetti legati da stretti rapporti di conoscenza con pregiudicati campani”.

Da tempo l’attività d’indagine ha evidenziato che l’Abruzzo è ormai lambita, anche a livello della Pubblica Amministrazione, dalle mafie e soprattutto da cosa nostra 8”.

Proseguendo:

“In Abruzzo, così come nel resto dell’Italia centrale e settentrionale, le cosche sono presenti, radicate, potenti e attivissime. Molto più sul versante economico che su quello del controllo del territorio. Ma non per questo meno pericolose. Già da allora, più di 15 anni fa, era chiaro che la partita contro le mafie si sarebbe combattuta sul fronte del riciclaggio. (…) Non hanno la coppola e la lupara, non sparano ma riciclano i milioni del narcotraffico, corrompono, pilotano gli appalti, truffano, devastano il territorio, inquinano l’economia, investono in immobili e capannoni, avviano società finanziarie. Giacca, cravatta e colletto sporco. (…) La rotta balcanica, i porti dell’Adriatico, i clan albanesi in contatto con la cupola slava. Sono gli ingredienti che fanno dell’Abruzzo un crocevia dei grandi traffici di cocaina ma anche di eroina. (…) Ma è sul fronte del riciclaggio e degli appalti che si gioca la partita. Grandi capitali di provenienza sospetta, investimenti abnormi, commesse e gare con diverse ombre. Una storia ancora da raccontare quella della lavanderia Abruzzo. (...) Droga e prostituzione sono le attività principali delle mafie straniere in Abruzzo. Sono gli albanesi a gestire i grandi traffici (adesso con un preoccupante asse slavi-campani). E a promuovere la tratta e la prostituzione. In strada ma anche nei locali notturni della costa. Una pratica redditizia, sfruttata in proprio anche dai rumeni e dai cinesi. Il pericolo giallo è la vera emergenza: nella regione è presente una delle comunità asiatiche più strutturate. Una presenza che si accompagna all’emergere di clan mafiosi agguerriti e misteriosi.

8 Roberto Galullo - Vicini di mafia, 2011

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E c’è il pericolo russo, quei grandi faccendieri che fanno affari come al monopoli 9”.

Ancora:

“Il terremoto del 2009, così come alcune dinamiche socio-economiche dell’Abruzzo, segnano differenti aree di influenza per i vari gruppi legati alla criminalità organizzata. (…) Proprio la situazione tra L’Aquila, Avezzano e Sulmona evidenzia dei chiari spartiacque rispetto alle aree di influenza. (…) In molte zone della Marsica sono stati trovati e confiscati possedimenti legati alla banda della Magliana. (…) Di diversa natura, invece, i beni confiscati ad Avezzano. In particolare, in una zona a ridosso dell’area industriale è stata confiscata grazie alle norme del Pacchetto sicurezza un’ex villa appartenuta a una famiglia rom, i cui affari illeciti sono più che altro legati ad usura ed estorsione. (…) Per molto tempo la criminalità organizzata ha agito sotto traccia, investendo in case e terreni i proventi illeciti delle attività gestite altrove. (…) La Direzione Investigativa Antimafia ritiene anche che ci sia un collegamento tra alcuni imprenditori coinvolti nello scandalo ricostruzione e Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo negli anni settanta 10”.

In conclusione:

“E’ certo comunque che da tempo esistono presenze mafiose in Abruzzo e che tali presenze hanno avuto interessi economici e di sviluppo imprenditoriale in una regione non tradizionalmente mafiosa e, perciò, sottoposta a minori controlli da parte delle Autorità di prevenzione e repressione. Il Procuratore Distrettuale della Repubblica Rossini, dal canto suo, pur fornendo limitati elementi di valutazione (anche per motivi di segretezza delle indagini), ha ricordato che l’Abruzzo è già terra di investimenti mafiosi (…). L’Abruzzo non è estraneo al fenomeno, come riferisce la relazione D.N.A. del 2009, scontando la vicinanza alla Campania e alla Puglia, ove operano organizzazioni criminali specializzate nell’infiltrazione nel ciclo dei rifiuti, nonché per la morfologia del territorio. (…) Anche nel tranquillo Abruzzo la mafia arriva, ed investe proprio nel turismo, con un profilo soggettivo altissimo 11”. Nel frattempo, oltretutto, Pescara è diventata la prima città in Italia per usura, seconda

per criminalità sempre a livello nazionale; Teramo la seconda città del Paese per gioco

9 Libera - Dossier sulla criminalità in Abruzzo – da www.liberainformazione.org consultato il 16.04.2009

10

Fabio Iuliano – il Centro, 22.3.2016

11

Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali, anche straniere – Relazione

sulla prima fase dei lavori della Commissione con particolare riguardo al condizionamento delle mafie sull’economia, sulla società

e sulle istituzioni del Mezzogiorno (94ma seduta – XVI Legislatura), 25 gennaio 2012

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d’azzardo12 (con l’indotto criminale e sociale che ne consegue); L’Aquila la città che

presenta contemporaneamente almeno quattro dei cinque tipi di organizzazioni criminali

insieme alle città di Roma, Milano e Firenze ed alle province di Brescia e Viterbo;

Chieti/Pescara l’area che «vanta», storicamente13, tra le più alte concentrazioni di centri

commerciali in Italia in relazione alla popolazione ed al PIL regionale, attività economica

tra quelle maggiormente attenzionate dalla Commissione Parlamentare Antimafia. Tutta

l’area costiera abruzzese è inoltre al centro della cd. “rotta adriatica” dei traffici illeciti, di

provenienza interna ed orientale ed il vicinato regionale (Puglia, Basilicata, Campania,

Lazio, Calabria con le criticità, in termini di criminalità, conosciute in tutto il mondo)

non aiuta certamente. Per contro le segnalazioni di operazioni sospette inviate da banche,

Poste Italiane, professionisti ed altri soggetti destinatari della norma antiriciclaggio,

durante lo scorso 2015, sono state solamente 1.171, vale a dire il 1,4% del totale ricevuto

dall’Unità di Informazione Finanziaria di Banca d’Italia a livello nazionale14. Un po’

poco, in relazione al PIL regionale ed al dimensionamento degli attivi di conto corrente e

vista la situazione descritta, alla quale è necessario aggiungere che sul fronte evasione

fiscale l'Abruzzo conta il 25,2% dei contribuenti mancanti, circa 217.000 persone

trasparenti al fisco ed una Pubblica Amministrazione regionale che, al pari delle altre,

nonostante gli obblighi di legge (Dlgs 21 novembre 2007, n. 231) non si è ancora dotata

di uno specifico Ufficio Antiriciclaggio che raccordi prevenzione e repressione; eppure il

25 settembre 2015 il Ministero dell’Interno ha emanato, con proprio decreto, gli

indicatori di anomalia per la P.A. in tema di appalti, finanziamenti pubblici, controlli

fiscali. Fine degli alibi. Perché, allora, ancora nessuno se ne occupa? Perché solo il

Comune di Milano dispone di un Ufficio Antiriciclaggio? Quali vantaggi deriverebbero

dall’utilizzo dei dati - qualitativamente e quantitativamente parlando - in possesso delle

Pubbliche Amministrazioni, per la lotta al crimine ed al sommerso in genere?

La realtà, ancora una volta, è che corruzione, evasione fiscale, economia sommersa nelle

loro variegate forme, piccole o grandi che siano, sono ormai diventati veri e propri

ammortizzatori sociali, ridicolizzando i pochi che invece le regole le rispettano, convinti

trattarsi di veri presìdi evolutivi per la società; una società che si definisce moderna

12 La GdF ha calcolato, in riferimento all’anno 2009 che solo sui giochi e le scommesse le organizzazioni criminali lucrino,

complessivamente nel Paese, almeno 50 miliardi di euro l’anno, cifra che, passati sette anni oltretutto di crisi profonda e di forte

crescita del settore, possiamo ipotizzare ben più che raddoppiata

13 Victor Matteucci - Pescara da mangiare, 1995

14 Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia - Rapporto UIF 2015, giugno 2016

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magari solo perché perennemente in grado di abbordare le ultime novità tecnologiche e

mediatiche.

Nel dettaglio:

EVASIONE FISCALE Analizzando il panorama generale, secondo la priorità data dai numeri, l'evasione fiscale svetta su tutti, con i suoi 150 miliardi di euro annui di mancato introito da parte dello Stato, conseguenza di un imponibile non dichiarato pari a oltre 300 miliardi. Cifre strabilianti; ma noi siamo bravi, terzi al mondo dietro solo a Stati Uniti e Brasile nei valori assoluti ma primi se consideriamo i valori pro-capite, anche in rapporto ai rispettivi riscontri economici e geografici. D'altronde la politica ci ha abituati a pensarla così: “L’evasione di chi paga il 50% dei tributi non l’ho inventata io. È una verità che esiste. Un diritto naturale che è nel cuore degli uomini”. Come ben ricorderete, sono le parole rincuoranti di Silvio Berlusconi regalateci nel febbraio 2005 durante la trasmissione radiofonica “Radio anch'io”; parole che hanno fatto il giro del mondo contribuendo a dare, tra l'altro, un'immagine del nostro Paese che ha portato alcuni Capi di Stato a sorridere – o forse a ridere - di noi. In periodo di crisi i poveri sono più poveri - alimentando il mercato dell'usura - i ricchi più ricchi, gli evasori aumentano di numero e peso specifico, portando acqua al mulino della corruzione e disintegrando lo Stato sociale, la Sanità, la Scuola, i Servizi sociali, i Sistemi di tenuta dell'economia (fiscale, pensionistico, del lavoro); godono delle agevolazioni previste per i concittadini delle fasce di reddito più basse: sempre loro. D'altro canto lo Stato fino ad ora si è difeso tagliando tutto anziché organizzare l'attacco alle piaghe, non solo culturali, che ci dilaniano; l'impatto infatti è anche economico, distogliendo dalla legalità centinaia di miliardi di euro l'anno destinati, se regolarmente dichiarati, ad un comune stato di benessere, che ci porterebbe, secondo recenti statistiche, a vivere cinque volte meglio rispetto ai tedeschi. USURA Quando entriamo nello specifico delle statistiche e delle casistiche per capire meglio i motivi di chi oggi si rivolge all'usuraio, scopriamo le esigenze di coloro che con quei soldi devono pagare le tasse, i debiti di gioco (spesso il “gratta e vinci”, il lotto e le micidiali slot machines ormai parte dell'arredamento di ogni bar); il lavoratore che sta pagando un prestito al consumo e la società erogatrice gli ha “regalato” una carta revolving (a tassi di restituzione in alcuni casi superiori al venti per cento) o un altro lavoratore che esce da un infortunio, una malattia, che vive la cassa integrazione: che trascorre un periodo buio, insomma; persone alle quali, arrivate a quel punto, non è più concesso, in

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base alle regole attuali, nei fatti, un regolare accesso al credito legale, quello erogato dalle banche. Devono, anzi, anche intaccare le “riserve auree” familiari rivolgendosi ai “Compro oro”, attività quanto mai florida, divenuta appetibile anche per la criminalità organizzata che deve riciclare soldi sporchi e beni provenienti da furti e rapine. A livello di attività economiche prestare soldi ad aziende in difficoltà sempre più frequentemente significa poi rilevarle, spesso con l’ausilio di professionisti conniventi o bancari infedeli. CORRUZIONE Tra pochi mesi “festeggeremo” il venticinquennale di “Mani pulite”: il 17 febbraio 1992 Mario Chiesa, il “mariuolo”, gettando nel water quella mazzetta da sette milioni di lire, inaugurava la stagione della cosiddetta “Seconda Repubblica”, un paradiso dove nulla sarebbe più dovuto essere come prima; niente più imprenditori che utilizzavano i proventi dell'evasione fiscale per pagare i politici, piccoli e grandi; niente più politici interrogati in tribunale con la saliva bianca agli angoli della bocca; niente più “chi è senza peccato scagli la prima pietra” decantato in Parlamento da qualche imputato di corruzione ancorché eccellente e forse in quanto tale lasciato libero; mai più le parole “resistere, resistere, resistere” pronunciate da un magistrato; mai più 43 suicidi per vergogna. Ben diverso, purtroppo, il consuntivo; in piena Tangentopoli eravamo al 30° posto rispetto ai fenomeni di corruzione; oggi siamo al 69°, al pari di Macedonia, Ghana, Isole Samoa; alle spalle di paesi come Namibia, Ruanda, Portorico: abbiamo perso 39 posizioni in vent'anni di seconda repubblica senza che neppure ce ne accorgessimo. Il capitano dei carabinieri Antonio Zuliani arrestando proprio Mario Chiesa rispose a quel laconico “sono soldi miei” pronunciato dall'arrestato mentre si liberava del denaro con un severo “No, sono soldi nostri”. Ecco, soldi nostri, soldi rubati a tutti noi, soldi che, trascorsi venticinque anni dall'anno zero della seconda repubblica, stiamo ancora aspettando che ci vengano restituiti.

Negli ultimi venticinque anni non è cambiato nulla, anzi; l'evasione fiscale rispetto a quegli anni è più che raddoppiata, arrivando alla folle cifra di 150 miliardi di euro l'anno; la corruzione nel Paese, con i suoi 60 miliardi15, rappresenta la metà del totale dell'intera Unione Europea dei ventotto; sommati erodono alla collettività un sociale quantificabile in oltre 200 miliardi di euro da sommare ai 300 miliardi di sommerso criminale (in totale un terzo del PIL); svariate leggi finanziare, queste ultime fatte soprattutto di tagli ai servizi e nuove tasse.

15 Cifra riferita al 2010. La Corte dei Conti ha calcolato un incremento annuo di circa il 30% per il solo 2011. Ipotizziamo quindi,

oggi, cifre considerevolmente incrementate.

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«Per i mafiosi era meglio l’ergastolo dell’attenzione».

(Antonino Caponnetto)

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E' così che i costi di approccio al sistema sanitario aumentano sempre di più, le risonanze magnetiche, le T.a.c., le mammografie hanno ticket sempre più elevati ma soprattutto disponibilità temporali sempre più lontane, magari anche per cedere il passo a chi ne può usufruire subito perché ha corrotto o a costo zero perché evasore, con redditi dichiarati da sottosviluppo. La corruzione, quel “fenomeno ambientale” come pare lo abbia definito vent'anni fa Cesare Romiti - allora amministratore di un’altra Fiat - a colloquio con i magistrati milanesi, è oggi più viva che mai, alimentata da un'evasione fiscale che cresce in maniera esponenziale. A tal proposito il GAFI/FATF16 già nel 2012 ha raccomandato ai paesi aderenti (tra cui l'Italia) di adottare adempimenti rafforzati e più stringenti per le persone esposte politicamente, ampliandone di fatto il palcoscenico a tutti i politici, anche di ambito locale e normative altrettanto significative per la prevenzione, il controllo e l'emersione dei reati fiscali; gli accordi OCSE in tema di scambio automatico dei dati fiscali vanno in questa direzione. Sarebbe inoltre necessario abbassare ulteriormente i limiti entro i quali l’evasione fiscale viene ricompresa nei reati a rilevanza penale, portando il reato ad una specificità generale e ad una ricomprensione generalizzata, senza vincoli di importo. La Commissione Antimafia ha individuato, come possibili cause di corruzione:

1) l’ampiezza dell’intervento statale ed in particolare lo sviluppo dei finanziamenti pubblici in numerosi campi di attività economica;

2) l’assenza di apprezzabile «mobilità» del personale; 3) il disordine normativo e l’assai frequente negoziazione della disciplina da

applicare; 4) la confusione di ruoli tra personale politico e personale burocratico, con

conseguente annullamento della reciproca attività di controllo; 5) la farraginosità e lentezza della procedura amministrativa; 6) la debolezza dell’amministrazione e l’assenza di corpi tecnici; 7) l’assenza di codici di comportamento dei dipendenti pubblici; 8) l’inefficienza dei controlli; 9) la sfiducia dei cittadini nella garanzia dei loro diritti.

Ecco quindi l’esigenza di una riforma strutturata di tutto il settore avendo presente come

obiettivo finale una nuova frontiera culturale oltre alla naturale opera di prevenzione di

fatti criminali.

16 Il Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale/Financial Action Task Force è l’organismo che sovrintende le politiche di contrasto

al riciclaggio di denaro sporco ed al finanziamento del terrorismo.

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A tutto questo aggiungiamo, anzi, anteponiamo, una criminalità organizzata autoctona

(cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita) delle più pericolose al mondo,

che ormai ha acquisito, principalmente tramite usura e corruzione, il controllo di buona

parte delle attività nel Paese17; sottolineiamo come sia difficile percepire tale evidenza,

non avendo a che fare con il classico boss con coppola e lupara sulle spalle ma con

soggetti apparentemente insospettabili, in giacca e cravatta, che incrociamo per strada

quotidianamente18.

L’Italia soffre quindi di alcune patologie interne ben radicate nel Paese:

- criminalità organizzata autoctona;

- evasione fiscale;

- corruzione;

- usura.

Non si tratta di fenomeni distinti ma collegati da un unico piano strategico criminale, un

circolo vizioso che si autoalimenta in maniera esponenziale. L’evasione fiscale drena

risorse alla legalità, investendo i capitali in corruzione, corridoio di transito della

criminalità organizzata che, successivamente attraverso l’usura, entra nell’economia,

controllando le aziende dopo averle strozzate con prestiti - altrimenti impossibili da

ottenere da parte del malcapitato - dai tassi di interesse a tre/quattro cifre, fino alla

decozione e quindi al controllo definitivo. Queste aziende, inizialmente sane, saranno poi

utilizzate per il riciclaggio di denaro sporco, stadio finale di tutte queste attività illecite.

Per anni i fenomeni di malversazione in ambito economico hanno riguardato

prevalentemente il settore bancario e societario, anche con episodi epocali; si pensi allo

scandalo della Banca Romana ed a quelli relativamente più recenti che hanno coinvolto il

Banco Ambrosiano e lo IOR, con il collante extra istituzionale della Loggia P2 ed alle

Commissioni d’inchiesta che ne sono seguite, privilegiando quindi interventi ex post

(contrasto e repressione); si pensi anche – secondo il medesimo ragionamento - alle

17 “C’è un vero e proprio pericolo per l’economia regionale; addirittura si teme che nel giro di tre anni le attività commerciali (in

particolar modo nella ristorazione) e in generale le imprese “sane” potrebbero divenire una minoranza rispetto a quelle gestite da

organizzazioni mafiose o utilizzate per il riciclaggio di denaro sporco”. - (Enrico Rossi, Presidente Regione Toscana – XVIII

Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie – Associazione Libera, 16 marzo 2013) 18 Cfr ad es.: Tribunale di Milano – Sentenza 19.7.2011 proc. N. 20590/2011R.G.N.R. – proc. N. 6521/2011 R.G. G.i.p.

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cause o concause dei recenti fallimenti bancari ed alle drastiche soluzioni proposte solo

successivamente dal legislatore. Rispetto alla criminalità si è però compreso nel tempo

che presidio importante sarebbe dovuta diventare l’attività di prevenzione (ex ante), di

intercettazione dei capitali sporchi in modo tale da colpire il reato che sta a monte, il cd.

reato presupposto. Già negli anni venti del secolo scorso, in piena epoca fascista, il

Prefetto Mori, inviato da Mussolini in Sicilia per combattere la mafia, aveva richiesto ed

ottenuto una legislazione straordinaria con specifiche previsioni in tema di

individuazione di attività illecite riconducibili alla mafia, di verifica circa la provenienza

dei capitali nelle disponibilità di mafiosi e loro familiari e di riformulazione dei contratti

di proprietà nelle campagne, in modo da spossessare la mafia. Mori venne

successivamente collocato a riposo per anzianità di servizio, proprio quando la sua

azione incominciava a travolgere gli interessi delle alte gerarchie fasciste. Propongo tale

esempio nei soli termini di evoluzione storica del fenomeno, non essendo stato - tale

sistema di prevenzione/repressione - in seguito considerato valido né dalla

giurisprudenza, né dalla criminologia, in quanto, tra le altre criticità, era volto a colpire

esclusivamente la manovalanza mafiosa e non anche i vertici dell’organizzazione che, da

un lato, poterono colludere con il regime fascista e, dall’altro, si preparavano per un

eventuale mutamento politico, mantenendo inalterata la loro forza. Negli anni sessanta

del novecento la definitiva istituzione della Commissione Antimafia con il concreto

inizio dei lavori (la legge Antimafia è stata definitivamente emanata il 31 maggio 1965, in

seguito all’impatto emotivo dovuto alla strage mafiosa di Ciaculli del 30 giugno 1963)

aveva, tra le altre attività, lo scopo e l’incarico specifico di rilevare, studiare ed intervenire

legislativamente sulle infiltrazioni criminali in economia. Fu infine l’intuizione di

Giovanni Falcone alla metà degli anni ottanta del novecento (quel “segui il denaro”

divenuto poi anche il motto della FBI) a sensibilizzare le istituzioni, anche europee,

affinché adottassero una specifica normativa rivolta alla prevenzione. Nasce così, nei

primi anni novanta del secolo scorso, la prima legge antiriciclaggio, oggetto di

importante manutenzione nel 2007 ed ancora oggi di imminente intervento parlamentare

in adeguamento alla recente IV Direttiva europea in argomento, come proprio in queste

settimane ulteriormente modificata ed integrata dal Parlamento dell’Unione. Si muove

inoltre nella medesima direzione il Dlgs 8 giugno 2001, n. 231 sulla responsabilità

amministrativa da reato in capo alle persone giuridiche. Forse però mancano le risorse

economiche da destinare alla repressione (forze dell’ordine sempre più in sofferenza

qualitativa e quantitativa, numero di tribunali di anno in anno in calo) oltre ad una

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cultura generale che nel nostro Paese è ben al di là da venire, soprattutto nelle regioni

meridionali, dato, quest’ultimo, ampiamente acquisito a livello istituzionale19.

Questa preoccupante analisi evolutiva coinvolge anche l’intero sistema bancario20 -

compreso quello regionale (tra le altre cose, ormai sostanzialmente inesistente da un

punto di vista delle autonomie) - in quanto, allo stato dell’arte, in tale condizione

ambientale:

- le banche hanno difficoltà a valutare correttamente le qualità dei soggetti richiedenti i prestiti;

- ne può conseguire una richiesta generalizzata di maggiori garanzie ed una minore propensione alla concessione di credito a parità di condizioni;

- l’alta incidenza di frodi e truffe nelle aree dove è più estesa la presenza della criminalità organizzata si associa ad un maggior costo del credito per le imprese.

Si tenga inoltre in considerazione che “i guadagni delle organizzazioni criminali sono stati l'unico

capitale di investimento liquido a disposizione di alcune banche per schivare il fallimento 21”.

“Oggi le banche sono molto più aperte ai capitali mafiosi rispetto a vent’anni fa. Allora avevano paura

di farsi infiltrare e sapevano che poi le mafie avrebbero finito per governare le banche stesse; oggi una

banca condizionata dalle mafie è una banca che decide di dar credito o no a un determinato settore in

base a una pressione economica 22”.

Oggi il mondo bancario è scosso da una crisi profonda dovuta all’accumularsi di

problematiche ben definite. Innanzitutto abbiamo un management per lo più

ampiamente inadeguato, frutto di scelte di carriera riservate, negli ultimi vent’anni,

esclusivamente a chi si dimostrava bravo venditore e non anche attento al governo del

rischio, quest’ultimo presidio visto, anzi, come ostativo alla vendita spregiudicata.

Questo ha causato da un lato un diffuso malgoverno con erosione del patrimonio delle

19 Censis - IL CONDIZIONAMENTO DELLE MAFIE SULL’ECONOMIA, SULLA SOCIETA’ E SULLE ISTITUZIONI DEL

MEZZOGIORNO, 2009

20 Sulle infiltrazioni criminali nel sistema creditizio nel corso del novecento vedasi: CAMERA DEI DEPUTATI V LEGISLATURA

COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SUL FENOMENO DELLA MAFIA IN SICILIA Doc. XXIII n. 2-septies,

seduta del 31 marzo 1972

21

Antonio Maria Costa - responsabile dell'Ufficio droga e crimine dell'Onu, dicembre 2009 (come citato da Roberto Saviano

nell’intervista di Donatella Stasio - Sole 24 ore, 1.6.13)

22

Roberto Saviano intervistato da Donatella Stasio - Sole 24 ore 1.6.13

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banche oltre, in alcuni casi, anche di quello dei risparmiatori; dall’altro una concessione

indiscriminata del credito, non sulla base di solide relazioni o garanzie ma dietro la solita

telefonata di raccomandazione da parte dell’amico di turno, portando l’importo

complessivo delle sofferenze (non performing loans) ad una massa consistente che, a detta

anche dell’attuale governo, è addirittura in grado, se non velocemente e definitivamente

risolta, di fermare la ripresa del Paese. E’ di questi giorni uno studio del Fondo

Monetario Internazionale23 che afferma: “senza misure di compensazione, la combinazione tra

sofferenze (Npl) e bassa redditività delle banche continuerà a pesare sulla ripresa. Anche se la domanda

per il credito può aumentare dai bassi livelli attuali, la capacità e la volontà delle banche a prestare

denaro è probabile che resti modesta”. Ma per poter procedere ad una pulizia dei bilanci quali

capitali potranno intervenire, con un mercato privato ormai ovunque spremuto all’osso,

oltretutto con l’esigenza da parte delle banche di mantenere una frammentazione

proprietaria tale da consentire loro di preservare le vecchie governance? Quali capitali per

evitare situazioni di default e non incorrere nelle definitive norme dettate dal bail in?

Come ricostituire il patrimonio e poter continuare ad operare? Come accontentare i soci

con un utile a fine anno? Ecco dunque, anche in questo vitale settore dell’economia e

della finanza, l’importanza di una strutturata opera di prevenzione che dovrà

necessariamente partire da una diversa cultura, che abbia al centro il governo del rischio,

con l’obiettivo di appetito al rischio medesimo (risk appetite) prossimo allo zero.

In questa drammatica situazione si inserisce l’iniziativa del Governo centrale, di per sé

pregevole, di destinare un centinaio di miliardi di euro per i prossimi anni (qualche

centinaio di milioni per l’Abruzzo ed altrettanti per il Molise) per finanziare progetti

specifici sul territorio per un tentativo di allineamento dell’economia del Sud rispetto a

quella del Nord e Centro-Nord. Che fine faranno questi soldi? Attraverso quali canali

transiteranno prima di arrivare a destinazione? Da chi verranno intercettati:

- senza un monitoraggio specifico;

- senza un progetto di analisi e verifica della destinazione dei fondi;

- senza un archivio dei soggetti coinvolti a vario titolo in queste attività;

- senza registri per annotare la filiera destinataria e quella interamente coinvolta;

- senza ausilio di banche dati;

23 Redditività e risanamento dei bilanci delle banche italiane - Washington, 23 agosto 2016

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- senza una base di confronto tra pubbliche amministrazioni e tra uffici diversi della medesima amministrazione;

- senza specifici momenti di formazione per gli addetti coinvolti, a tutti i livelli;

- senza protocolli di legalità;

- senza la consapevolezza culturale che un’attività la si deve definire sporca anche nel caso in cui, pur di per sé lecita, sia posta in essere con denari sporchi?

Il rischio che questa enorme massa di capitali finisca sotto la lente delle organizzazioni

criminali è più che concreto.

Oggi, inoltre, abbiamo allarmi di cui necessariamente tener conto, quali:

- “in un momento storico di forte crisi come quello attuale, caratterizzato dalla ristrettezza del credito, l’impresa, soprattutto quella minore, è a forte rischio di penetrazione da parte della criminalità organizzata 24”;

- attività economiche ad altissimo rischio genetico, partecipativo ed operativo;

- tipologie di società ove - per forma giuridica scelta - ad agevolazioni per la loro costituzione (a fini prettamente liberistici, commerciali e di mercato), corrisponde per altro verso un altrettanto importante quanto eccessivo rischio di infiltrazioni criminali (start up, srl semplificate, società a capitale sociale ridotto ecc.; senza presìdi applicati ed applicabili, quali ad esempio quello di registrazione e verifica statutaria notarile);

- una P.A. in molti casi connivente per effetto dei fenomeni corruttivi;

- importanti condizionamenti di sistema, quali: disoccupazione; inoccupazione giovanile; rassegnazione soprattutto giovanile ma anche over 50/60; mancanza di prospettive interne; precarietà lavorativa; povertà sempre più dilagante; precarietà sociale, dove lavoratrici e lavoratori sono costretti a divenire ammortizzatori sociali per anziani genitori (in termini di tempo da dedicare); giovani figli (in termini di aiuto economico); attingendo, in tutti questi casi, dalle economie delle famiglie; creando nuova necessità economica di cui può essere ricercata sostituzione/integrazione in maniera illegale, magari prestando il proprio nome o le proprie coordinate bancarie per intestazioni fittizie ed operatività celate25.

Come già evidenziato, il riciclaggio del denaro sporco ha una dimensione nazionale, nelle

svariate forme in cui si esplicita, di circa 500 MILIARDI di euro, circa un terzo del PIL

24 Guardia di Finanza Comando Regionale Abruzzo - Rendicontazione dell’attività operativa, 2012

25 Vedi anche l’intervento di S.E. Mons. Giancarlo Maria Bregantini al convegno organizzato dalla Fisac CGIL Molise

“ECONOMIA CRIMINALE E ANTIRICICLAGGIO: I PRESIDI DI LEGALITÀ NEL TERRITORIO” – Campobasso, 7.11.15

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del Paese. Il timore, diciamolo apertamente, è che la fattispecie abbia una funzione di

lifting al PIL medesimo, nei confronti di quanto dobbiamo dimostrare all’Unione

Europea; per non parlare delle innumerevoli lobby presenti in Italia che depotenziano ed

annacquano le intenzioni del legislatore. Perché, diversamente, non adottare politiche di

compliance, monitoraggio, prevenzione e repressione che consentano, in ultimo, di

trasferire quell’oltre 30% di economia illegale, criminale, verso la legalità, creando

maggior benessere sociale?

Quanto fin qui espresso ritengo avrebbe dovuto essere preso in considerazione prima

della sottoscrizione dei protocolli tra Pubblica Amministrazioni e Parti Sociali, come

peraltro era stato anticipato verbalmente a tempo debito.

Occorre a questo punto progettare interventi ex ante, in itinere ed ex post, mirati a garantire un presidio di legalità in ambito regionale, a livello di prevenzione ed anche a tutela delle prossime attività di i) “erogazioni Cdp alle Pmi, ii) “Addendum” e iii) “Masterplan Mezzogiorno/Abruzzo-Molise”, in raccordo con i presìdi di contrasto e repressione (A.G., GdF, Forze dell’ordine), al fine di monitorare ed evidenziare i fattori di debolezza socio-economica e/o istituzionale, i fenomeni di “economia sommersa” e, in generale, acquisire le informazioni utili a definire il profilo di rischio del territorio, per verificare ed evidenziare, in ultima analisi, le modalità d’intervento relativamente alla presenza nel territorio di fenomeni di illiceità suscettibili di alimentare condotte illegali - con particolare attenzione all’ambito criminalità economica – canalizzando le risorse in maniera ottimale. Nel dettaglio, pertanto, si propone26: 26 Tali proposte sono da intendersi nel senso di collaborazione tra soggetti chiamati ad occuparsi di prevenzione (anche solo per

vocazione sociale, oltre che per tutela dei propri aderenti e delle categorie cui si rivolgono, come nel caso del Sindacato) e chi,

istituzionalmente, si deve occupare anche di contrasto e repressione; si veda a tal proposito Guardia di Finanza, contenuti della

circolare 0313468/15 del 27.10.2015. Si veda inoltre:

- Giovanni Castaldi (UIF Banca d’Italia), 31.1.12: “Il Sindacato non rientra tra i soggetti tenuti agli obblighi di

collaborazione attiva prescritti dalla legislazione antiriciclaggio. La funzione di garanzia e tutela dei diritti dei lavoratori

e gli ideali di legalità e giustizia sociale che ne ispirano l’azione rendono però doverosa una partecipazione attiva delle

organizzazioni sindacali. Ciò in difesa dell’interesse generale a che siano evitate forme di coinvolgimento - anche

involontario, mediato o episodico - degli intermediari bancari e finanziari con la criminalità”;

- Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali, anche straniere –

Relazione sulla prima fase dei lavori della Commissione con particolare riguardo al condizionamento delle mafie

sull’economia, sulla società e sulle istituzioni del Mezzogiorno (94ma seduta – XVI Legislatura), 25 gennaio 2012: “Il

reclutamento di forza lavoro nell’economia sommersa e illegale è la via per guadagnare forza e consenso nell’ambito di

una società arretrata, a discapito delle istituzioni legali, formali o meno. L’indebolimento del ruolo dei corpi intermedi –

come i sindacati e i partiti, che non riescono a «competere» con la mafia nel territorio – amplifica l’effetto immobilità, in

quanto dovrebbero essere loro a organizzare, garantire, rappresentare il disagio socio-economico”.

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1. la costituzione di una struttura - a livello CGIL Regionale - di analisi dei

documenti ufficiali tempo per tempo emanati a livello istituzionale, quali: -rapporto annuale UIF; -atti ed interrogazioni parlamentari; -resoconti Commissione Parlamentare Antimafia; -rapporto annuale Guardia di Finanza e relazione annuale GdF Abruzzo e Molise; -relazione annuale Corte dei Conti; -relazioni apertura Anno Giudiziario; -rapporto annuale Ministero dell’economia e finanze; -rapporto triennale/quinquennale CSF; -relazioni semestrali DIA, DNA, DDA; -normativa nazionale e regionale in argomento; -sentenze ed atti giudiziari emanati da Tribunali e Suprema Corte di Cassazione; -analisi economica Banca d’Italia; -analisi economica Confindustria; -rapporto annuale Transcrime; -rapporto annuale Agromafie; -rapporto annuale Ecomafie Legambiente; -dossier Libera; -rapporto annuale Svimez; -rapporto annuale Istat; -atti di convegni; -archivio articoli di stampa; -analisi dettagliata della situazione nelle aree confinanti, pregne di criticità (Puglia, Campania, Lazio, Calabria, Molise, Area adriatica orientale);

2. alle istituzioni regionali la costituzione di una Commissione bilaterale paritetica Parti Sociali/Regione per un’analisi periodica della situazione del territorio dal prevalente punto di vista della presenza di illeciti di criminalità economica;

3. la predisposizione di un piano formativo (preparato, gestito ed erogato in autonomia da CGIL Abruzzo) per l’erogazione, con programmi specifici, di giornate di formazione da dedicare ai soggetti coinvolti, a livello istituzionale (principalmente dirigenti e dipendenti P.A.) ed economico (dipendenti CCIAA, Confindustria, soggetti destinatari delle normative vigenti in termine di prevenzione all’illegalità economica: bancari, dipendenti di Poste Italiane Spa, operatori Confidi, agenti immobiliari, imprenditori compro oro, imprenditori

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settore gioco d’azzardo, imprenditori settore money transfer, imprenditori settore antiquario, ecc.);

4. la predisposizione di una relazione semestrale di valutazione ed indirizzo politico – che tenga conto delle risultanze dell’analisi e degli studi di cui al punto 1 - da portare al tavolo della Commissione bilaterale paritetica (di cui al punto 2), al periodico direttivo regionale CGIL ed eventualmente al Parlamento della Repubblica, allo scopo di contribuire - con illustrazione/analisi di elementi oggettivi e proposizione di interventi mirati - alle attività di prevenzione e repressione di illeciti in materia di criminalità economica, in ausilio alle forze istituzionalmente preposte27, grazie alla dettagliata conoscenza dei territori e delle proprie fragilità, del modus operandi delle organizzazioni criminali, di tutti i presìdi adottabili nei termini d’indirizzo sopra indicati;

5. un’azione di sensibilizzazione della Pubblica Amministrazione per sollecitare i vari

organismi/enti alla costituzione di specifici uffici antiriciclaggio all’interno delle

singole strutture, in adempimento alle previsioni normative principali e secondo

quanto sollecitato dalla UIF della Banca d’Italia negli ultimi Rapporti Annuali e, in

termini cogenti, dal Decreto del Ministero dell’Interno del 25 settembre 2015, più

nel dettaglio, come già riferito, in tema di finanziamenti pubblici, controlli fiscali,

appalti; oggi la P.A., mediamente, non è in grado neppure di effettuare una

valutazione antiriciclaggio o di adempiere all’obbligo di segnalazione sospetta per

mancanza di competenze e strutture in materia;

6. la costituzione di uno specifico presidio con funzione legalità/antiriciclaggio per il

coordinamento e la supervisione delle politiche di prevenzione in area medio-

adriatica (dalle alte Marche alla Capitanata), vista la particolare sensibilità di tale

territorio, nel suo complesso e per i collegamenti criminali tra i vari microterritori

(singole aree, province, regioni; rapporti di vicinato).

Situazione di pari gravità coinvolge infatti – tra le altre zone appartenenti alla succitata

area - la regione Molise ove, inoltre, risulta per certi versi preoccupante l’incredibile

sviluppo di settori sensibili ed appetibili per le cosche, quali ad esempio quello delle

27 Comando Generale della Guardia di Finanza: circolare 81/08 del 18.8.08; circolare 1/08 del 29.12.08; circolare 83607/12 del

19.3.2012; circolare 0313468/15 del 27.10.2015

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energie rinnovabili (nell’ultimo triennio in valutazione d’impatto ambientale la

collocazione di 5.000 pale eoliche - al costo di 1,3 mln/eu cadauna - per un

investimento complessivo in regione, in questi momenti di forte crisi, di circa 6,5 miliardi

di euro!), attraendo e forse anche distraendo, fondi di origine interna e comunitaria e

dove, fin da gli anni ottanta del secolo scorso, è certificato il dominio della camorra con

lo sversamento di tonnellate di rifiuti tossici da parte dei clan allora dominanti28. E’

infatti fuorviante pensare al Molise come isola felix29, non ce ne sono più le

caratteristiche, forse neppure le opportunità. La nostra piccola regione sorella è ai primi

posti per corruzione ed evasione fiscale; questa crisi socio-economica è stata una

devastazione che ha lasciato ampi spazi all’usura; la criminalità organizzata, da sud, da

nord, da est come da ovest, è entrata prepotentemente nel territorio30. E nessuno se n’è

accorto.

Lo scorso anno, in occasione del convegno organizzato dalla Fisac CGIL Molise

sull’economia criminale31, abbiamo effettuato un monitoraggio sul verificarsi di gravi

reati presupposto al riciclaggio in Molise in un ristretto periodo di tempo: il mese di

agosto 2015. La realtà ci ha evidenziato una quindicina di episodi rilevanti, uno ogni

quarantott’ore, dall’usura all’appropriazione indebita, dal falso in atto pubblico alla truffa,

dal traffico di esseri umani al traffico di stupefacenti, al traffico di medicinali e via

dicendo. Si tratta di una regione esposta soprattutto a fattori criminali esterni32;

istituzionalmente fragile33; geograficamente tranquilla (da intendersi con accezione

28 Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse – Audizione del collaboratore di

giustizia Carmine Schiavone, 7 ottobre 1997

29 Roberto Galullo - Vicini di mafia, 2011

Vinicio D’Ambrosio - Il regno del Molise, 2009

30 Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali, anche straniere – Relazione

sulla prima fase dei lavori della Commissione con particolare riguardo al condizionamento delle mafie sull’economia, sulla società

e sulle istituzioni del Mezzogiorno (94ma seduta – XVI Legislatura), 25 gennaio 2012 31

“ECONOMIA CRIMINALE E ANTIRICICLAGGIO: I PRESIDI DI LEGALITÀ NEL TERRITORIO” – Campobasso, 7.11.15

32 Si vedano, nel loro insieme:

- Luciano Brancaccio/Carolina Castellano – Affari di camorra, 2015

- Andrea Apollonio – Storia della sacra corona unita, 2016

- Enzo Ciconte – ‘ndrangheta, 2008

- Salvatore Lupo – Storia della mafia, 1985 (ed. 2004)

- Federico Varese – Mafie in movimento, 2011

- Piero Bevilacqua – Breve storia dell’Italia meridionale, dall’ottocento a oggi, 1983

33 In particolare si veda l’annullamento delle elezioni regionali 2000 e 2011 (poi ripetute nel 2001 e nel 2012) ed il numero dei

ricorsi elettorali presentati al TAR ed al Consiglio di Stato.

Page 20: 1 Pescara, 26 agosto 2016 MASTERPLAN E POLITICHE PER IL ... · della vera religione: le mafie sono strutture di peccato. Solo la decisione di convertirsi e di rifiutare una Solo la

«Per i mafiosi era meglio l’ergastolo dell’attenzione».

(Antonino Caponnetto)

Francesco Buzzetti Fisac CGIL

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negativa); poco tranquilla da un punto di vista storico34; oggetto di transito di fondi

pubblici (terremoto, infrastrutture nel passato relativamente recente; ora ai fini di rilancio

socio-economico-territoriale), logisticamente ben esposta ai traffici delle classiche rotte

adriatiche ed appetibile per alcuni settori come l’eolico, il fotovoltaico, come abbiamo già

visto35; vi è una scarsità sia di tribunali che di personale militare che possa controllare

efficacemente il territorio. In compenso troviamo 141 sportelli bancari36 (uno ogni 2.200

abitanti, minori compresi) ed in una regione così piccola questo la dice lunga, soprattutto

se pensiamo che anche qui le segnalazioni di operazioni sospette inviate alla UIF della

Banca d’Italia sono ancora inferiori a quelle attese (447 nel 2015), considerando anche in

quest’occasione PIL regionale e cubatura dei depositi bancari.

Anche in tale regione si ritiene quindi di dover intervenire urgentemente in pari adeguata

misura, con le medesime proposte pensate per l’Abruzzo ovvero unificando idealmente

le due realtà regionali nell’attuazione di idonee soluzioni comuni.

Francesco Buzzetti

Fisac CGIL - Pescara

34 Gino Massullo – Storia del Molise (5 voll.), 2000

Gino Massullo (a cura di) – Storia del Molise in età contemporanea, 2006

Per maggiori dettagli storico/antropologici si veda inoltre:

- per il basso Molise: Elisa Salvatore-Laurelli – Origine etnica dauna di Larino (dalla ricerca di geografia e topografia

della Daunia antica), 1992;

- per l’alto Molise: Mario Rotili – Benevento e la provincia sannitica, 1958

35 Vedi Relazioni semestrali ed annuali D.I.A./D.N.A./D.D.A.

36 Il conteggio (al 31.12.2015) non comprende i circa 130 Uffici Postali presenti in regione, equiparabili, per raccolta, servizi e

complessiva qualità del presidio, alle agenzie bancarie.