1 Maggio La Stampa - Enzo Bianchi

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30 .LA STAMPA

MERCOLEDÌ 1 MAGGIO 2013

BRUNOQUARANTA

MAGNANO (BIELLA)

Quando il Priore di Bose ripo-sa, come riposa? «Ai fornelli,sospeso fra ricettemonferri-ne e cucina francese. Di pri-mo, agnolotti alle tre carni.

Di secondo, coq au vin». Tabacco? «Fu-mavo, e non poco. L’ultima sigaretta laspensi trent’anni fa». Letture? «Poesie.Ad appassionarmi, ora, sono i versi diPatrizia Valduga, un’autentica elegiad’amore».

Settant’anni.ComeilpadreguardianonellaForzadeldestino.Nonèuncaso, for-se, che Enzo Bianchi festeggi domani ilsuocompleannonelFoyerdelTeatroRe-gio, unosguardo,primadi entrarvi, all’el-mo barocco di San Lorenzo e a PalazzoMadama, la gozzaniana casa dei secoli.Giungendo dal Canavese verde e un po’eretico(tramonsignorBettazzi, il filosofoPieroMartinetti,AdrianaZarri)dovere-spira - una testimonianza conciliare lun-gamezzosecolo - laComunitàdiBose.

Il Priore ha fortissimamente voluto -la sua orma alfieriana, astigiana, origi-nario com’èdiCastelBoglione - che l’oa-si sullaSerrad’Ivreanascessee lievitas-se. «Almeno due volte ho esercitato unaforte violenza su me stesso. Abbando-nando gli studi e la carriera universita-ria offertami dal professor Abrate, cosìda tagliare i ponti alle mie spalle e nonavere nostalgie; successivamente, di-ventato monaco, non accettando l’ordi-nazione a prete offertami dal cardinalPellegrino - che per convincermi si affi-dòpureal vescovoortodossoEmilianos,amico di entrambi - e successivamentedalmio vescovodiBiella.Volevo restareunsemplicecristiano, laicocomelosonoimonaci,comelofuronoPacomio,Bene-detto, Francesco d’Assisi... Sapevo peresperienza che un semplice fedele laicononha garanzie ecclesiastiche,ma vole-vo esseremonaco, cioè inessenziale nel-la Chiesa, perché la Chiesa può fare amenodeimonaci.Miaffascinava il dettodi sant’Antonio: “Noimonaci abbiamo lesanteScritture e la libertà”. Sì, in segui-to è arrivata la laurea honoris causa esono diventato, come si dice, “qualcu-no”,mamalgradome».

Il monaco, un destino, una vocazioneracchiusa nell’etimo, unico, il gaddianochicco individuo «non appiccicato aicompagni», irriducibile alle consorterie.«Sì, quandoposso tornoaCastelBoglio-ne, sulbricdiZaverio, la collinadove, ra-gazzo, ero solito rifugiarmi. C’era, c’è,

Bibbiaeagnolottiil segreto

diEnzoBianchiIl Priore di Bose festeggia i settant’anni e si confessa:

la spiritualità, le letture, un amore giovanile e la passioneper i fornelli, tra ricettemonferrine e cucina francese

CULTURA&SPETTACOLI

Leoned’oroaCastelluccieGubajdulinaLa Biennale di Venezia ha assegnato due Leoni d’Oro allacarriera: per la musica alla compositrice russa SofijaGubajdulina e, per il teatro, al regista Romeo Castellucci. «IlLeone alla Gubajdulina - dice Ivan Fedele, direttore del settoreMusica - è un riconoscimento all’alto valore artistico e umano diuna donna che ha dovuto lottare con il potere politico dell’Urss.Quello a Castellucci è per la sua capacità di creare un nuovolinguaggio in cui si mescolano teatro, musica e arti plastiche».

Domani aTorino

La casa editrice Einaudi e il Circolo

dei lettori festeggiano i 70 anni

del Priore di Bose (nella foto,

gli edifici della Comunità) domani

a Torino (ore 18, Foyer del Teatro

Regio). Nell’occasione, Massimo

Cacciari e padre Federico Lombardi

presenteranno il volume La sapienzadel cuore. Omaggio a Enzo Bianchi

(Einaudi, pp. 760, € 28, da domani in

libreria). Seguirà l’intervento del

festeggiato su Lamia vita, quindi

la Cappella Musicale della Cattedrale

di Lodi eseguirà l’opera Laudate...,composta appositamente

da Arvo Pärt. Ingresso libero.

una caverna scavata nel tufo. Mi accom-pagnavano i libri - i russi inparticolare, daDostoevskij, I fratelliKaramazov, aTolstoj,nonché l’Imitazione di Cristo - e, talvolta,un’amica,Carla, l’amoregiovanile, oppureil cavalletto e i colori per dipingere i mieiquadri».

Èunacorteccia ilvoltodiEnzoBianchi,un’icona affilata, tersa, scolpita. Una sen-tinella a cui domandare «a che punto è lanotte?», ottenendo in risposta la Parolatornita nel silenzio, l’unguento che è, de-purata di ogni incenso e di ogni accomo-damento al qui e ora. Come avverte un«adagio» di Bose: «Sopra una querciac’era un vecchio gufo: più sapeva e più ta-ceva, più taceva epiù sapeva».

Settant’anni. Come scrutarli, EnzoBianchi, al lume della Bibbia, la sua «ru-minazione» quotidiana? «Aprendo il sal-mo90: “Lanostravita arrivaa settant’an-ni / a ottanta se ci sono le forze: / la mag-gior parte sono pena e fatica / passanopresto e noi ci dileguiamo”. Il mestiere divivere - com’è intonato il lessico di Pavese-diventa ilmestieredimorire.Occorredi-sporsi all’esodo.Andarsene amando - nondetestando - ciò che si lascia».Quale teso-ro si scopre di possedere avvicinandosil’addio? «La sapienza del cuore. O il cuoredella sapienza. Là dove aureo è il distaccomaturatodallavita.Lasiguarda, lasi sop-pesa, la si vaglia. Allo stesso modo che loscultore di fronte alla statua».

Risale all’8 dicembre 1965, quando ter-mina il Vaticano II, l’iniziale bagliore diBose. «Incubato nella periferia di Rouen,nella comunità dell’Abbé Pierre. Giornodopo giorno raccattando ferri e stracci,imparando - accanto a ex legionari, alco-lizzati, sbandati vari - che cosa significhiessere uomini: nella disgrazia, nel vizio,nella delinquenza.Decisi quindi di abban-donare l’impegno politico - militavo nellaDc, corrente fanfaniana: una carrieraaperta -per laviaevangelicamonastica. Ilmioparrocoeunonorevole venneroaBo-se per farmi recedere, invano».

IlConcilioVaticanoIII?«Nonloritengoattuale. L’auspicio è che papa Francescoattui il suo progetto: modellare una Chie-sadeipoveri epiùpovera.Solo sea imma-ginediCristo laChiesapotràcompiereul-teriori, radicalipassi:peresempioverso lasinodalità collegiale». Cinquant’anni fapulsava ilVaticanoII:«Due isuoiarchitra-vi: laParoladiDioe laLiturgia».QualePa-rola la interpella maggiormente? «Il Van-gelo di Marco e il Vangelo di Giovanni.Marco, ovvero l’umanità di Gesù. Giovan-ni: il Gesù vivente, operante oggi inme».

Enzo Bianchi è nato a Castel Boglione, nel Monferrato, il 3 marzo 1943 [ALBERTORAMELLA/SYNCSTUDIO]

La scelta monacale

Accantoall’AbbéPierredecisidiabbandonarel’impegnopoliticoper laviaevangelica.MilitavonellaDc,corrente fanfaniana

Il no al sacerdozio

Volevorestaresolouncristiano,unsemplicemonaco,cioè inessenzialenellaChiesa,perché laChiesapuòfareamenodeimonaci

Il sogno irrealizzato

Confidavodiassistereall’unificazionedelleChiesecristiane.Unagraziachenonmi toccherà insorteIlpercorsosiècomplicato

LA STAMPA

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Avellino, il libraioaspettachepassi la “nuttata”

In una città piegata dalla crisi, la Petrozziello si rimpicciolisceper non chiudere. E tra i lettori si diffonde la solidarietà

GIUSEPPE CULICCHIA

AVELLINO

La Libreria Petrozziello adAvellino, 55 mila abitanti,è di quelle che nel Meri-dione d’Italia hanno la-sciato un segno, e che al

tempo di una crisi qui più dura chealtrove ancora non si rassegnano agettare la spugna. ÈAntonio Petroz-ziello l’anima e il cuore di questo for-tino assediato, libraio che gli amicidescrivono come un uomo mossodall’amore per i libri e per le perso-ne, capace di tenere nella sua libre-ria solo i titoli che gli piacciono infi-schiandosene dei bestseller: unastrategia chiaramente suicida.«Lagestionedaparte dellamia fa-

miglia inizia nel ’72», racconta il si-gnor Petrozziello. «Quell’anno miopadre rilevò la libreria più anticadella città, la Leprino, aperta nellaseconda metà dell’Ottocento, dovefino a quel momento aveva lavoratocome commesso. Conservo la copiadi un carteggio tra il meridionalistaGuido D’Urso e Piero Gobetti, perfar avere i libri di quest’ultimo allaLeprino. L’originale è conservatopresso l’Archivio Gobetti di Torino».Negli anni Settanta, ad Avellino, laPetrozziello era un punto di riferi-mento per quanto riguarda la scola-stica. «Manel 1980 rinunciai a unpo-sto da impiegato per fare il libraio atempo pieno, così da allargare i mieiorizzonti e dare un contributo ancheminimo alla comunità. Col mio in-gresso in negozio, abbiamo dato unforte impulso alla varia, puntandofin dall’inizio su editorimagarimenoforti in quanto a fatturato e visibilitàma capaci di costruire poco per vol-ta un catalogo di qualità».Non solo. «Nel ’90 cambiammo

sede, allargandoci, e per un decen-nio la libreria divenne un collettoredi energie del territorio, richiaman-do insegnanti illuminati, giovani chesi avvicinavano alla scrittura. Orga-nizzammo incontri con Sergio Quin-zio, Vittorio Foa, Giorgio Galli, maancheMarcoTarchi, GianoAccame:al di là delle ideologie, per confron-tarsi. Da noi, per discutere dell’edi-toria di progetto a partire dagliscritti di André Schiffrin, venivanoGiuseppe Laterza, Carmine Donzel-li, unmotivo di grande soddisfazioneper una piccola cellula di provinciacome la nostra. A metà di quel de-cennio, organizzammo la prima ras-segna di cinema all’aperto nella sto-ria della città, e vennero i fratelli Ta-viani, Ettore Scola e Ken Loach. In-somma: ci proponevamo come pun-to di riferimento a tutto tondo per ilterritorio, all’insegna del confronto,della discussione e dello scambio».Tanto da sponsorizzare la nascita

di una rivista ide-ata da FrancoArminio e bat-tezzata Alto Fra-gile, su cui percirca un lustrohanno scrittonon solo Valenti-no Zeichen oGianni Celati, maanche tanti gio-vani di Avellino edintorni. Poi, in-torno ai primi anni Duemila, i primisegnali di quella crisi che oggi ha in-vestito tutto il Paese. «Tenga pre-sente che ad Avellino, intorno allametà degli anni Cinquanta, c’eranoaltre due o tre librerie che hannoavuto vita più omeno lunga. L’ultimaha chiuso duemesi fa. Ora in città c’è

chi lavora grazie alla scolastica, e poic’è il franchising. Un punto Mondado-ri, uno della Giunti, e una libreria Gui-da che dopo una quindicina di anni èstata rilevata dai dipendenti e adessolavora più grazie al bar che ai libri».

Così, nel 2010, laPetrozziello ha dinuovo cambiato se-de, questa volta perrimpicciolirsi, tro-vando casa in viaFratelli del Gaudio.«Qua vicino ci sonouna paio di scuole,ma dal punto di vi-sta commercialenon è l’ideale. LaPetrozziello è in

sofferenza da cinque anni. La chiusu-ra al traffico di alcune zone della cittànon ha favorito come altrove le attivi-tà commerciali: qui da noi il centro e laperiferia non sono ben collegati daimezzi pubblici». Ma naturalmente laviabilità e il nuovo trasloco non sono isoli motivi di unmalessere che la crisi

attuale non ha fatto che acuire. «Man-cano interlocutori come la scuola e lafamiglia: né l’una né l’altra possonopiù permettersi un consumo culturaleconsapevole e partecipato. Ed è cosìanche per ciò che riguarda il cinema,il teatro, lamusica. Qui non c’è un’uni-versità, e l’economia drogata del postterremoto non ha saputo costruirebasi solide. Da quell’evento luttuoso sisarebbe potuto dare il via a una rina-scita del territorio, invece si è specula-to, puntando tutto sul cemento e sul

mattone. La classe dirigente si è dimo-strata incapace di scelte che potesse-ro incidere nel lungo termine, e daquesto punto di vista Avellino è la car-tina al tornasole dell’intero sistema-Paese».Secondo il libraio Antonio Petroz-

ziello la Questione Meridionale an-drebbe affrontata proprio a partiredalla cultura. «Certo. Formando il cit-tadino, la comunità. Perché al di là ditutte le discussioni su cartaceo e digi-tale, come dice Umberto Eco, non èquestione di contenitori ma di conte-nuti. E sa qual è lamia utopia a questopunto delle cose? L’azionariato popo-lare. Perché una comunità che ricevedeve saper anche dare».In realtà, il fatto che anche la Pe-

trozziello possa chiudere i battenti hagià prodotto unmoto di solidarietà tragli avellinesi che non vogliono perderequesto mondo fatto di libri e di voci.Qualcuno ha proposto al Comune diconcedere uno spazio senza pretende-re un canone d’affitto, altri hannochiesto ai parlamentari di devolvereuna parte del loro stipendio. «Ne han-no scritto il Mattino di Napoli e sulweb. Grazie a Marco Ciriello, un ra-gazzo che è cresciuto in questa libre-ria, per due mesi ogni martedì abbia-mo fatto letture ad alta voce a partireda Bartleby lo scrivano di Melville. Èstata aperta una pagina Facebook persalvare la Petrozziello, e ho avuto con-tatti con editori indipendenti comeMarcos y Marcos, Minimum fax, DelVecchio, con cui lavoro egregiamente.Il 25 maggio, per il suo tour italiano,verrà da noi Deborah Willis, l’autricedi Svanire, un gesto di grande fiducia ecollaborazione. Speriamo di farcelaanche stavolta». Insomma: ha da pas-sa’ ’a nuttata, come scriveva in Napolimilionaria il grande Eduardo.

Savianoal festivaldella tvdiDoglianiSabato alle 19,15 Roberto Saviano (foto) sarà protagonista al Festivaldella tv e dei nuovi media di Dogliani (Cn). «Saviano è la dimostrazioneche la televisione è ancora un mezzo di comunicazione vitale, quando cisono i contenuti» dichiara l’organizzazione del Festival. Lo scrittorenapoletano anche attraverso i suoi monologhi televisivi ha saputodiffondere la cultura della legalità. A sette anni dal successo mondiale diGomorra, in concomitanza con l’uscita di Zero Zero Zero, Savianoracconterà agli spettatori del Festival la sua percezione dei media.

AGenova lefotodelgiovaneKubrickStanley Kubrick, regista di capolavori quali Lolita, 2001 Odissea nello spazio,Barry Lyndon e Full Metal Jacket, ha un passato da fotografo. La mostra chesi apre oggi al Palazzo Ducale di Genova documenta un periodo pococonosciuto del suo percorso: quando, a 17 anni, venne assunto comefotoreporter dalla rivista americana Look. Esposte 160 fotografie chetestimoniano la capacità di documentare la vita quotidiana dell’Americanell’immediato dopoguerra, attraverso le inquadrature fulminanti eironiche di New York o l’epopea dei musicisti o degli artisti circensi.

La Parola. E le parole tra noi desuete.Inferno,diavolo, resurrezione. Inferno. «Èl’assenza di Dio, la dostoevskijana impos-sibiltà di dare amore. Si dimentica facil-mente che verrà il giudizio. Poi sarà di-spensata, e magari in abbondanza, la mi-sericordia. Ma un bilancio dell’esistenzacome non contemplarlo? Per giustizia».Diavolo: «Lo sperimenta ciascuno di noi.Chi non avverte la tentazione di procura-re il male?». Resurrezione, un orizzonteda tempo appannato nella Chiesa, seQuinziodovrà immaginare, invocare, l’en-ciclicaResurrectiomortuorum: «LaResur-rezione, pernodelmioCredo. La certezzache ri-saremo, non smentendo la nostraumana identità, ancorché trasfigurata».

A Bose è atteso Bartolomeo I, Patriar-cadiCostantinopoli.EnzoBianchiètragliartefici dell’ecumenismo: «Confidavo diassistere all’unificazione delle Chiese cri-stiane. Una grazia che nonmi toccherà insorte. Il percorso si è complicato. Per gliortodossi l’ostacolo principe è il papato.Per i protestanti, con il papato, l’etica. Ametà Novecento, e anche dopo, era unidemsentireoquasi.Adessovigeunanet-ta divaricazione di vedute, soprattuttosullamorale sessuale».

L’ecumenismo. Barth affermava chel’unico problema ecumenico è il rapportocon gli ebrei. «Se non è impostato corret-tamente il rapporto con gli ebrei - specifi-caEnzoBianchi - nonsipossonorisolverei problemi tra i cristiani. Sono debitoredella mia sensibilità verso i figli di Sara ediAbramoalla donna che,mortamiama-dre, mi crebbe. Durante le funzioni pa-squali,quandosipregava“properfidisJu-daeis”,mi avvertiva: “Gli ebrei sono comenoi, non sono cattivi”».

Sensibilissimo alla questione ebraica,sullasciadelcardinalBea, ilcardinalMar-tini, tra gli «pneumatofori», gli ambascia-tori delloSpirito, transitati aBose. «Mi le-gava a Martini una solida amicizia. Diffe-rente, filiale, il rapporto con padre Pelle-grino, che - non esita il Priore - colloco al-l’apice degli pneumatofori. Ci prese permano,quando,agli esordi, laComunitàat-tirò non poche incomprensioni. Si rivele-rà un vescovo straordinario, senza egualinell’episcopato italiano odierno: di unastaturadaPadredellaChiesa».

EnzoBianchioffre indono,con laParo-la, il nocino, lamarmellata di fichi, le perecaramellate, le Rose di Damasco. Comecontraccambiare, come augurargli buoncompleanno? Con un versetto di Matteo,per l’occasione -potenzadell’ermeneutica- adattato: «Settanta volte sette».

LaComunità

UnagiornatadilavoroscanditadallapreghieranLaComunitàmonasticadiBoseè nata nella frazione del comune diMagnano (Biella) nel 1965, allachiusura del Concilio Vaticano II,quando Enzo Bianchi andò a vivereda solo in una cascina della frazionedi Bose. I primi confratelli lo rag-giunserotreannidopo.Ogginefan-no parte un’ottantina di persone,uominiedonne, tracuialcuniprote-stanti, ma si accolgono anche ospitiin cerca di un luogo dove interroga-re e interrogarsi. Tutti i membri del-la Comunità si guadagnano da vive-re con il lavoro, in una giornatascandita dalla preghiera e dal cantodei salmi: principali attività sono lacura del frutteto e dell’orto, la pro-duzione di manufatti di ceramica edi icone, la falegnameria, la tipogra-fia e l’attività editrice (edizioni Qi-qajon), la ricerca biblica e lo studiodeiPadridelmonachesimoocciden-tale e orientale. Alcuni monaci svol-gono un lavoro esterno alla Comu-nità, dove fanno ritorno la sera. Ol-tre a Bose, altre sedi distaccate(«fratellanze») sono a Gerusa-lemme, Ostuni e Assisi.

Storie di librerie

che resistono

«NegliAnni90organizzavamodibattiti conQuinzioeFoa,

maancheTarchieAccame»

«Mancano interlocutoricome lascuolae la famiglia,quinonc’èun’università»

OLTRE LE IDEOLOGIE

CULTURA IN AFFANNO

Lettori all’interno della Petrozziello

Una delle letture ad alta voce organizzate nei mesi scorsi dalla libreria Petrozziello di Avellino. Gli incontri si sono tenuti all’apertoperché all’interno non c’è più spazio, da quando nel 2010 il negozio si è dovuto trasferire in una sede più piccola