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Ass. Culturale MU – 1° livello 2016 [email protected] www.craniosacral-training.itt 1 DISCIPLINA CRANIOSACRALE I° LIVELLO 2016 “La creazione”, Michelangelo ASSOCIAZIONE CULTURALE MU Via Diaz 225 – Lucca Socio CO.N.A.C.R.E.I.S. Coordinamento Nazionale Associazioni e Comunità di Ricerca Etica Interiore Spirituale - tessera n° 108 Registro APS (Associazioni di Promozione Sociale) n° 54 0583-570830 333-4862234 [email protected] www.craniosacral-training.it

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DISCIPLINA CRANIOSACRALE

I° LIVELLO 2016

“La creazione”, Michelangelo

ASSOCIAZIONE CULTURALE MU

Via Diaz 225 – Lucca Socio CO.N.A.C.R.E.I.S. Coordinamento Nazionale Associazioni e Comunità di Ricerca Etica Interiore Spirituale - tessera n° 108

Registro APS (Associazioni di Promozione Sociale) n° 54 0583-570830 333-4862234

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E io vi vorrei pregare quanto posso (...) di aver pazienza verso quanto non è ancora risolto nel vostro cuore, e tentare di aver care le domande stesse come stanze serrate e libri scritti in una lingua molto straniera. Non cercate ora risposte che non possono venirvi date perché non le potreste vivere. E di questo si tratta, di vivere tutto. Vivete ora le domande. Forse v'insinuate così a poco a poco, senz'avvertirlo, a vivere un giorno lontano la risposta.

Rainer Maria Rilke1

“Lettere a un giovane poeta” 1Scrittore,poetaedrammaturgoaustriaco,1875-1926

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CHE COS'E' LA DISCIPLINA CRANIO-SACRALE In passato si parlava di discipline alternative, all'interno del più ampio campo della medicina alternativa, dove si inserivano tutti quei metodi diversi dalla medicina allopatica (medicina ufficiale): omeopatia, medicina cinese, fitoterapia, ecc. Tutte queste medicine avevano alle spalle una lunga tradizione, alcune di migliaia di anni, altre più recenti, ma tutte in sintonia con un approccio globale e naturale alla persona. Oggi si parla di medicine e discipline complementari, nel senso che non sono necessariamente alternative, cioè usate “al posto di”, ma complementari alla medicina ufficiale, con la quale da qualche decennio è iniziato un dialogo e sono iniziate collaborazioni e integrazioni. Anche se in Italia la strada da percorrere per un pieno riconoscimento di tante di queste discipline è ancora lunga. L'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) nella storica definizione del 1948 definiva la salute non come semplice assenza di malattia, ma come stato di completo benessere fisico, psicologico e sociale. La salute è così un diritto che si pone alla base di tutti gli altri diritti fondamentali delle persone e chiede che venga gestita non solo attraverso il sistema sanitario, ma anche tramite la modifica di tutti quei fattori che influiscono negativamente sulla salute e la promozione di tutti quei fattori che la favoriscono. Questo evidenzia che non basta curare, ma anche prevenire, informare, sensibilizzare e promuovere i comportamenti sani e orientati al benessere (fra i quali possiamo inserire la CS). Nel 2011 l’OMS amplia la definizione di salute descrivendola come “la capacità di adattamento e di auto gestirsi di fronte alle sfide sociali, fisiche ed emotive”. Questo mette in luce la capacità dell’essere umano di adattarsi e di convivere con la malattia, l’invecchiamento e la cronicità, approfondendo il concetto di salute in una direzione che sentiamo più affine alla Salute con la S maiuscola di cui parliamo nella disciplina CS. L'importanza del benessere e delle discipline che possono favorire questa salute a 360° sta iniziando a essere riconosciuta anche a livello legislativo e lo sarà sempre di più. La disciplina CS rientra in questo nuovo campo in espansione. Una delle prime leggi italiane che si occupa di queste discipline e la Legge Regionale Toscana 2/2005. Per la Legge Toscana il metodo CS fa parte delle discipline del benessere e bio-naturali, le quali raggruppano le pratiche e le tecniche naturali esercitate per favorire il raggiungimento, il miglioramento e la conservazione del benessere globale della persona. Tali discipline non si prefiggono la cura di specifiche patologie, ma intervengono a sostegno e potenziamento di uno stato di salute, che è presente anche nelle condizioni di malattia. La legge toscana definisce la CS come un “trattamento dolce e non invasivo attuato con diversi stili e metodiche operative, che opera allo scopo di preservare, consolidare e favorire lo stato di salute e benessere della persona, considerata nella sua globalità somatica. Si avvale di specifiche tecniche manuali non invasive e rispettose che prevedono un contatto dolce e leggero, applicato in varie zone corporee: direttamente o indirettamente collegate al Sistema CS o Sistema Respiratorio Primario, comprese le zone connesse al sistema viscerale. Tali tecniche stimolano l'attivazione delle risorse innate e delle intrinseche capacità di riequilibrio, nonché la spontanea riorganizzazione, integrazione delle funzioni vitali e capacità di armonizzazione con i ritmi naturali.” Il lavoro della disciplina CS è basato sulla stimolazione della capacità di auto-guarigione dell'individuo: è un trattamento che usa la palpazione e le capacità manuali per incoraggiare il corpo a riequilibrarsi. Per questo può essere di supporto in problematiche come dolori di varia origine (es. squilibri della masticazione, esiti da traumi e incidenti) ma anche stress e stanchezza. Potenzia le difese del corpo e soprattutto aiuta e sostiene la parte sana della persona. E' una disciplina che si affianca e coadiuva molto bene eventuali terapie mediche o riabilitative che

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la persona sta già facendo (interventi/cure odontoiatriche, riabilitazioni proposte dal fisiatra ecc.) perché non è invasiva e non interferisce con gli approcci sanitari in atto. La disciplina CS consiste, da parte dell'operatore, in un ascolto delicato con le mani di un movimento, definito Respirazione Primaria (RP), che si esprime in tutto il corpo. A partire da questo ascolto l’operatore valuta come procedere per sostenere le capacità di autoregolazione del sistema. La RP ha le sue origini in un movimento energetico alla base dello sviluppo di tutte le forme viventi, e si esprime nella fisiologia del corpo, in particolare attraverso ciò che viene definito Meccanismo Respiratorio Primario (MRP) o Sistema CS. E' un meccanismo che inizia la sua formazione fin dall'inizio dello sviluppo embrionale ed è composto principalmente dal sistema nervoso centrale (SNC), dalle membrane che lo avvolgono e dalle ossa che lo contengono, dal cranio fino al sacro, e si estende a tutto il corpo grazie alle fasce direttamente e indirettamente ad esso connesse. Nella disciplina CS, il sistema CS è considerato alla base del funzionamento di tutto il corpo-mente-spirito2. Il buon funzionamento del sistema CS influenza l’espressione degli altri sistemi: respirazione, circolazione, omeostasi (capacità di riequilibrio di tutte le funzioni corporee), postura, ecc. A sua volta, il sistema CS è influenzato ed eventualmente condizionato dal funzionamento di tutti gli altri sistemi, con i quali intesse una costante relazione reciproca. Quando questo sistema permette alla RP di esprimersi liberamente, ne consegue una maggiore capacita di salute; quando invece il suo movimento è inibito, il corpo ha più difficoltà a entrare in contatto con le proprie risorse, e ne consegue un minor grado di accesso alla salute. E' quindi importante che questo movimento si esprima il più possibile in maniera equilibrata in tutto il corpo. Il lavoro di una sessione di CS è orientato al facilitare e sostenere la libera espressione della RP, portando attenzione sia ai fattori fisiologici (es. lo scorrimento delle fasce) sia a fattori energetici (es. la libera espressione delle forze che guidano la RP). Facilitando lo scorrimento fasciale, si facilitano la respirazione cellulare e il movimento dei fluidi, viene dato supporto al ripristino della comunicazione fra i vari sistemi e quindi si sostiene la capacità di espressione della RP, tutti aspetti che sottostanno allo stato di salute. Molta attenzione viene portata alle aree dove si creano tensioni di varia origine (traumatica, emotiva, da interventi chirurgici o semplicemente da cattiva postura, ecc.). Come operatori CS il nostro ruolo non è quello di “intervenire e manipolare”, ma di sostenere le condizioni affinché il sistema possa auto-regolarsi e la salute sia potenziata. L’orientamento alla Salute (che indichiamo con la S per distinguerla dal concetto comune di salute) è una delle caratteristiche di questa disciplina: al centro di ogni distorsione la Salute opera per il mantenimento del miglior equilibrio possibile. L'obiettivo del metodo CS è di sostenere la Salute in modo da permettere la migliore espressione possibile della RP: non un'espressione standard, uguale per tutti, ma la migliore possibile per quella persona, nel totale rispetto delle sue possibilità. PUNTI SALIENTI DELLA PROFESSIONALITA' DI UN OPERATORE CS:

1. Approccio olistico, globale alla persona e alla sua condizione. 2. Promozione della salute e miglioramento della qualità della vita, conseguibili mediante

la stimolazione delle risorse naturali della persona secondo le metodiche specifiche della disciplina CS.

3. Educa a stili di vita salubri e rispettosi dell'ambiente. 4. Non interferenza nel rapporto tra medici e/o psicologi e pazienti, e prevede

l'astensione dal ricorso alla prescrizione di farmaci di qualsiasi tipo. PUNTI SALIENTI DISCIPLINA CS:

• DISCIPLINA DEL BENESSERE COMPLEMENTARE AD ALTRE, NON INTERFERISCE CON APPROCCI SANITARI IN ATTO, e NON SI SOSTITUISCE ALLE TERAPIE.

• NON E' UNA TERAPIA IN SENSO CLASSICO, MA UN PROCESSO DI RICONNESSIONE 2 Con il termine “spirito” intendiamo un aspetto universale che si connette con una forma fisica specifica, animata diconsapevolezza.

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CON LA SALUTE E CON I RITMI NATURALI INTRINSECI A OGNI SISTEMA VIVENTE. • STIMOLA E SOSTIENE CAPACITA' DI AUTO-GUARGIONE che sono alla base di ogni

sistema vivente. QUESTE CAPACITA' SONO DEFINITE nella disciplina CS COME “INTELLIGENZA” DEL SISTEMA.

• SALUTE NON COME SEMPLICE ASSENZA DI MALATTIA O DI SINTOMI, ma come un principio attivo inerente ai sistemi vitali. Il CS può aiutare a rendere più tollerabili situazioni croniche.

• CONSIDERA SEMPRE LA GLOBALITA' DELLA PERSONA: persona non vista come parti separate, ma come un insieme in cui ogni parte collabora al funzionamento generale.

PUNTI SALIENTI DEL LAVORO CS:

• NON SI LIMITA A CRANIO E COLONNA VERTEBRALE (come il nome potrebbe suggerire), MA COINVOLGE, ATTRAVERSO LE FASCE, TUTTO IL CORPO.

• NON E' UN METODO DI MANIPOLAZIONE, MA SI BASA FONDAMENTALMENTE SU ASCOLTO DI MOVIMENTI MOLTO SOTTILI E SUL SOSTENERE LA LORO NATURALE ESPRESSIONE.

• PORTANDO ATTENZIONE ALLA GLOBALITA' SI VA A LAVORARE ANCHE CON PARTI LONTANE DALLE ZONE CHE ESPRIMONO IL DISAGIO.

• PER PROBLEMI SPECIFICI, RIMANDARE SEMPRE IL CLIENTE AL SUO MEDICO CURANTE.

E' importante aver chiari gli aspetti inerenti alla propria disciplina e la filosofia di vita che la sostiene, così come il fatto di essere pionieri in un momento di grande evoluzione riguardo ai concetti di salute e ai metodi per promuoverla e sostenerla, e quindi di far parte di un movimento globale, culturale e sociale, che chiede a gran voce un cambiamento nell'approccio alla persona, e in particolare al suo benessere.

EVOLUZIONE DEL CONCETTO CRANIOSACRALE BIODINAMICA CRANIOSACRALE (BCS) – IL TOCCO DELLA VITA: La disciplina CS ha origine dall’osteopatia e negli anni ha acquisito una sua indipendenza. In particolare si è sviluppato l’approccio definito BIODINAMICA CS (BCS) La BCS ha dunque le sue radici nell’Osteopatia, ma negli ultimi decenni si è sviluppata in una disciplina a sé. Parlare di Biodinamica può non essere facile. E’ un termine e come tale può significare cose diverse. Ad es. in agricoltura c’è la Biodinamica di Rudolf Steiner3, in psicologia c’è la Psicologia Biodinamica. In ambito Cranioscrale (CS) il termine è stato preso dall’uso che ne ha fatto l’embriologo tedesco Eric Blechschmidt4 per descrivere le proprietà dei movimenti organizzatori nello sviluppo embrionale. Tali movimenti rappresentano sia una “categoria speciale di fenomeni vitali” sia processi biochimici5. Così usiamo il concetto biodinamico per descrivere le forze vitali che costantemente creano, formano, mantengono e riparano gli esseri viventi. Michael Shea6 (2006) sottolinea l’aspetto di interezza, globalità, unità con cui la Biodinamica guarda all’organismo umano. Unità, interezza, in se stesso e nell’interazione con la Vita. Gli organismi sono costantemente in interazione con l’ambiente interno ed esterno in una relazione

3 Filosofo, pedagogista, esoterista, artista e riformista sociale austriaco, 1861-1925 4 (1904-1992) 5 Michael Shea, “What does ‘Biodynamic’ mean? Implications for Manual Therapists.”, Incontro Annuale del Rolf Institute USA, settembre 2006 6 Uno dei principali insegnanti internazionali di Biodinamica Craniosacrale, statunitense.

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globale, non separata. Così come l’embrione mantiene una condizione di interezza e completezza nell’attraversare i vari stadi del suo sviluppo così l’organismo adulto continua ad attraversare stadi di continuo cambiamento senza mai perderla. Biodinamici sono i fenomeni che sottostanno a questa dimensione di interezza e completezza: fenomeni biochimici sicuramente, ma innanzitutto espressioni di una forza vitale che si muove nell’organismo ma non è dell’organismo stesso, bensì appartenente a una dimensione più grande. Ed è poi questa forza che orienta e organizza i fenomeni biochimici dell’organismo. Dunque la BCS è un approccio della pratica CS che riconosce le fondamenta più profonde del sistema umano. Guarda all’essere umano come un’espressione dell’interezza della vita stessa e delle vaste forze al lavoro nell’universo. Si occupa di come l’organismo incarna, incorpora in sé queste forze. Tutta la Vita (come la conosciamo) è governata da ritmi: circadiani, stagioni, maree, respiro polmonare, ecc. Nella BCS si parla di un principio Biodinamico organizzativo: il Respiro della Vita (RdV). Il RdV è l'impulso vitale che genera specifici cicli ritmici, i quali coordinano, regolano e rigenerano il corpo. Questi ritmi sono descritti sotto il nome di Respirazione Primaria (RP). La RP si esprime nel corpo attraverso una serie di ritmi o maree che sono palpabili. La capacità di espressione della RP esprime la Salute intrinseca dell’organismo umano e organizza tutte le funzioni cellulari e tessutali, dal momento del concepimento fino alla morte. La RP è considerata il fondamentale principio ordinatore del sistema umano, che regola il mantenimento dell’equilibrio interno e della Salute. La RP è costantemente al lavoro per mantenere il miglior equilibrio possibile e la condizione di interezza e completezza dell’organismo anche nella situazione più disperata. Il concetto di Energia Vitale è comune a molte tradizioni e culture. Per es. in Medicina Cinese, si parla di Jing, nella Medicina Tibetana si parla di “vento delle forze vitali”. Nell’attraversare l’esperienza della Vita l’organismo umano risponde alle esperienze attraverso il sistema nervoso centrale (SNC), che mantiene l’organismo in equilibrio (omeostasi). Tutto quello che FACCIAMO, SENTIAMO, PENSIAMO, attiva processi biologici. Passiamo costantemente attraverso esperienze di ogni genere e il nostro organismo è disegnato per affrontarle. La RP è la forza sottostante che ci sostiene in questo viaggio di crescita e continuo cambiamento. Tutte le stimolazioni dovute alle esperienze producono una sollecitazione all’organismo che possiamo catalogare sotto il termine stress. Lo stress (che può rivolgersi alla sfera emotiva, fisica e/o psichica) disturba l’equilibrio, l’omeostasi. Di conseguenza l’organismo si attiva per rispondere e ritrovare un nuovo equilibrio. Fintanto che l’organismo è in una condizione di accesso alle proprie risorse, il suo equilibrio è dinamico. Sollecitazioni altamente stressanti (possono essere sia di natura piacevole sia spiacevole) e continuative possono però danneggiare la capacità di ritrovare l’equilibrio. L’intenzione della BCS è di ristabilire la relazione fra gli stati del corpo-mente-spirito con la potenza del RdV. Il lavoro si basa sulla percezione di come il corpo esprime la Salute, pur in presenza di condizionamenti, resistenze, malattie. L’intenzione del lavoro della BCS non è di “mettere a posto” o curare quanto di incoraggiare e sostenere la naturale capacità di auto-equilibrio del corpo-mente-spirito. Il trattamento consiste in tocchi gentili che permettono un ascolto profondo del linguaggio del corpo e delle sue intrinseche capacità di riequilibrio. Attraverso il tocco viene facilitato il riallineamento di tutti gli aspetti del corpo-mente-spirito con le espressioni della RP. Il cliente è sostenuto nel processo di acquisizione di consapevolezza di sé e del proprio corpo. Durante la seduta il cliente può percepire sensazioni particolari, come movimenti nei tessuti, nei

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fluidi, calore, movimenti di energia, formicolii, stati particolari come rilassamento, senso di integrazione, allineamento, interezza, senso di “ritornare a casa”, ecc. così come accedere a memorie e/o vissuti antichi (ad es. embrionali) e/o passare attraverso stati critici. La BCS è un viaggio alla scoperta di sé e delle forze profonde che ci animano. Ci apre alla possibilità di fare esperienza attraverso il corpo di queste forze Biodinamiche e di trovare un linguaggio per esprimerle. Il viaggio nell’apprendimento dell’entrare in relazione con la RP e le sue manifestazioni è innanzitutto un viaggio dentro noi stessi, alla scoperta dei principi che regolano i nostri processi di riequilibrio ai suoi livelli più profondi. Quindi è un viaggio nel quale potranno emergere i nostri condizionamenti, le nostre ferite, i nostri limiti. Impareremo ad ascoltare la RP e le sue manifestazioni, a riconoscere la storia nel corpo del ricevente (espressa dalle dinamiche nelle cellule, nei tessuti, nei fluidi del corpo), a relazionarci ai condizionamenti presenti, a orientarci alla Salute che è sempre presente, a facilitare nel sistema del nostro cliente la riconnessione con le forze biodinamiche della RP e con la Quiete dalla quale esse emergono, per sostenere il processo di auto-equilibrio dell’organismo. L’apprendimento della disciplina CS è fondamentalmente un processo esperienziale. Gli insegnanti sono il dito che indica la luna: e di questa luna dobbiamo fare esperienza. “La cultura e la conoscenza sono sicuramente nobili, ma non bisogna dimenticare che quello che vale veramente la pena di sapere non si può insegnare.” Oscar Wilde7

ORIENTAMENTO alla SALUTE e CONCETTO di UNITA’/INTEREZZA Questi 2 principi sono di fondamentale importanza nella disciplina CS. L’orientamento alla Salute è una caratteristica dell’approccio CS. La indichiamo con la S maiuscola proprio per differenziarla dal comune concetto di salute, inteso come opposto al termine malattia. Il concetto di Salute, nella disciplina CS, è intimamente connesso a quello di unità/interezza. Il concetto di unità/interezza prende avvio dal momento del concepimento: è da un’unica cellula che tutto prende origine. Iniziamo il nostro viaggio terrestre essendo UNO e questa fondamentale unità resta l’impronta fondamentale nel nostro corpo-mente-spirito. Tutto ciò che forma il nostro corpo (cellule, tessuti, organi) funziona come un insieme, ogni parte è interdipendente con il resto. Il corpo funziona come un campo unificato. Questo vuol dire anche che una qualsiasi cosa che accade in una parte dell’insieme (sia un trauma sia una liberazione) ha un effetto sul tutto. Anche la Salute è un principio che è presente fin dal momento del concepimento e che viene veicolato dal RdV, questa potente energia vitale che ci sostiene dall’inizio alla fine della nostra incarnazione in questo corpo. Questo principio di Salute non può essere né aumentato né consumato. E’ un principio, e non dipende né dal nostro stato mentale né da quello fisico. “La salute nella nostra comprensione, non è una funzione di nessun sistema del corpo. Non è neanche una funzione della genetica o di nessuna struttura cellulare. La salute è un'espressione di un principio universale. E' incondizionata / assoluta ed è un'espressione dell'essenza di chi siamo, in quanto esseri umani. La salute permea e anima. E' sempre presente e non è mai persa, indipendentemente dallo stato del corpo o della mente.” Franklin Sills8 (2000)9.

7 Scrittore, poeta, saggista, aforista, giornalista, drammaturgo irlandese, 1854-1900. 8 Uno dei principali insegnanti internazionali di Biodinamica Craniosacrale, statunitense. 9 “Il principio dell’ordinamento biologico” (apparso sul giornale della UK Craniosacral Therapy Association, “The Fulcrum”, n° 19, 2000 – Traduzione a cura dell'ITCS di Latina).

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Come dice Jeames Jealous10, la Salute “(…) è disponibile 24 ore al giorno dal concepimento fino alla morte, poi traspira. Non espira.” (citato da Sills, 2001). Il principio di Salute è intrinseco all’espressione della RP, così come lo è il principio di unità/interezza. Non sono principi che possono essere capiti solo cognitivamente, vanno indagati nella nostra pratica e nella nostra vita, ne dobbiamo fare esperienza diretta. RISORSE. “L’unico scopo del trattamento è il risveglio delle risorse totali della struttura fisiologica propria del cliente. Assisto il corpo nell’utilizzo delle proprie risorse necessarie per quel particolare progetto di salute. Il corpo è un organismo vivente e dinamico. Possiede tutte le risorse necessarie per le proprie necessità. Per entrare in uno stato di equilibrio fisiologico bisogna cooperare con esso, utilizzando il meccanismo proprio del corpo”. R. E. Becker11 Le risorse sono qualsiasi cosa che è di sostegno alla Salute. Le risorse aiutano a dare supporto e stabilità, a bilanciare il SN e l'autoregolazione. Le risorse sono necessarie per poter affrontare le difficoltà. Così come operatori è necessario individuare le nostre risorse ed entrarci in contatto mentre lavoriamo, è fondamentale aiutare il cliente a trovare le sue risorse. Lo stato risorsa può essere percepito a livello fisico, emotivo, psicologico, mentale o spirituale e possono dividersi in risorse esterne e interne. Le risorse interne riguardano la persona. Possono riguardare una parte del corpo, in particolare un senso di agio in una certa parte; oppure uno stato interiore (ad es. come mi sento quando mi raccolgo in meditazione) o una caratteristica della nostra persona (es. il fatto di essere ottimisti o fiduciosi); oppure una capacità; o anche un'idea (positiva o costruttiva) come “c'è sempre qualcosa da imparare”. Queste sono le risorse a cui daremo maggiore attenzione nel corso del training di base. Le risorse esterne si riferiscono a qualcosa di esterno alla persona. Possono essere persone (su cui si può contare, o che ci mettono particolarmente a nostro agio, ecc.), ma anche animali od oggetti. Possono anche essere attività che ci piace fare, con cui interagiamo con l'ambiente (ad es. il giardinaggio o passeggiare). Nel nostro lavoro è particolarmente importante connettere la risorsa a un sentire nel corpo. Ad es.: “Come ti senti nel corpo quando fai giardinaggio? C'è una zona in cui ti senti particolarmente a tuo agio che è connessa con il piacere di fare giardinaggio?”. Quindi le risorse possono essere qualcosa che è presente in questo momento, oppure qualcosa che anche se non è presente, tramite il contatto immaginario, permette un aumento del benessere. Una risorsa può essere anche un qualcosa che viene immaginato: “Puoi immaginare qualcosa che ti sarebbe di aiuto?”. Risorse come processo di orientamento alla Salute:

• Mettono in contatto con se stessi, con un senso di interezza e integrità, con un senso più profondo di sé.

• Permettono di affrontare momenti difficili, situazioni minacciose. • Aiutano a bilanciare il SN e favoriscono così l’autoregolazione.

AIUTARE A INDAGARE LE RISORSE NEL CORPO: Per iniziare possiamo semplicemente domandare “C’è una zona dove ti senti bene nel corpo in questo momento?”. Approfondiremo pian piano la modalità di indagine.

10 Osteopata statunitense, 1943 11 Uno degli allievi di Sutherland a lui più vicini. Osteopata, statunitense, 1910-1996.

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Se il ricevente dovesse rispondere “non c’è nessuna zona in cui mi sento bene” possiamo invitarlo a esplorare in quale zona si sente meno male.

IMPARARE CON LA PARTE DESTRA DEL CERVELLO “Il lavoro sul corpo è lavoro dell’anima. L’immaginazione è il ponte fra il corpo e l’anima.”

Marion Woodman12

neuroni (www.laboratoriocognitivo.it)

I due emisferi cerebrali hanno ognuno le loro specializzazioni. Nei destrimani, la parte sinistra generalmente corrisponde alla mente logica, razionale, verbale e critica. Questa parte ci dice verbalmente cosa dobbiamo fare. Al contrario, la parte destra generalmente corrisponde alla mente intuitiva, che va oltre l’analisi razionale, è fonte di ispirazione, ed è non verbale. Questa parte ci mostra cosa fare presentandoci simboli, immagini e metafore e funziona attraverso schemi di pensiero creativo, configurazioni spaziali e visualizzazioni. Questo ha profonde implicazioni per quanto riguarda l’apprendimento. Usare entrambe le parti ci porta a integrare l’intuizione con la logica. Carl Jung13 defini l’intuizione “la funzione che esplora lo sconosciuto, e che percepisce possibilità ed implicazioni che potrebbero non essere esplicite”. Il nostro successo evolutivo è basato sulla nostra capacità di imparare. Studiando i ratti in laboratorio, gli scienziati hanno appurato che più sono esposti ad ambienti ricchi di stimoli, più aumenta il numero dei neuroni14 e delle loro connessioni sinaptiche15 nella corteccia cerebrale, che è la zona del cervello responsabile dell’intelligenza e della creatività. Durante l’apprendimento, un vasto numero di neuroni si connette con altri neuroni vicini, formando una rete. Ciò che permette la memorizzazione di ciò che si sta apprendendo è la focalizzazione: se non si porta completa attenzione a quello che si sta facendo nel momento presente, il cervello attiva altre reti neurali che lo possono distrarre dal memorizzare. Quando impariamo cose nuove, crescono nuovi circuiti nervosi, ma se non si presta piena attenzione alla stimolazione derivante dalla nuova attività, allora le connessioni nervose non si sviluppano appieno. Se invece siamo focalizzati favoriamo tale sviluppo, soprattutto quando impariamo ASSOCIANDO un concetto nuovo con altri concetti già memorizzati, quindi associando una rete neurale con un’altra rete neurale. Un modo più profondo in cui creiamo connessioni sinaptiche è attraverso l’ESPERIENZA. Quando connettiamo dati intellettuali con l’esperienza, le connessioni sinaptiche vengono rafforzate dall’interazione con i sensi, coinvolgendo le emozioni. Sia quando ripetiamo l’associazione, sia quando ripetiamo l’esperienza, fortifichiamo le connessioni sinaptiche del circuito nervoso associato.

12 Innovativa analista Junghiana canadese, 1928. 13 Psichiatra, psicanalista e antropologo svizzero, 1875-1961. 14 Cellule del sistema nervoso. 15 Connessioni fra cellule nervose che permettono il passaggio di informazioni.

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Ripetendo, ciò che all’inizio sembrava insolito diventa facile e naturale, ciò che prima veniva ripetuto con richiesta di sforzo, diventa spontaneo. La sostanza chimica che favorisce le connessioni sinaptiche si chiama fattore di crescita neurale, ed è rilasciato solo quando un numero sufficiente di cellule nervose vengono stimolate assieme creando reti neurali. Una volta che una rete neurale si è formata nel cervello, quelle cellule nervose si connettono ad altre cellule nervose che escono dal cervello e viaggiano attraverso il midollo spinale per comunicare con ogni cellula del nostro corpo. All’inizio dell’apprendimento della disciplina CS sono richieste molte abilità percettive che restano, per alcuni di più e per altri di meno, al di fuori della capacità di percezione ordinaria. Palpare i ritmi della Respirazione Primaria richiede un tocco molto leggero e una mente aperta. Nelle persone focalizzate analiticamente questo può portare ad una serie di insicurezze, dal mettere in dubbio la propria capacità di percepire, alla paura di “immaginare” il movimento e che questo non ci sia veramente. In realtà possiamo usare l’immaginazione come un alleato che ci permette di entrare in un territorio sconosciuto, e man mano verificare con l’esperienza quello che sta accadendo. Come diceva Einstein: “L’immaginazione è tutto. E’ l’anteprima delle attrazioni che il futuro ci riserva. L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo.” Nella disciplina CS proviamo a permetterci che l’immaginazione, l’apertura e l’osservazione acritica diventino il metodo naturale di approccio, e lasciamo che l’analisi sia il passo successivo. Questo approccio potrebbe svelarci scoperte inaspettate. Quando le domande analitiche affollano la nostra mente, ricordiamoci che l’esperienza di migliaia di operatori sparsi per il mondo oltre che un certo numero di evidenze scientifiche supportano questo lavoro. Coltiviamo fiducia in noi stessi, nelle nostre percezioni, e diamoci il permesso di fare esperienza, rivolgendo la nostra attenzione al momento presente. Permettendoci di rimanere presenti all’esperienza del momento, modelliamo la nostra struttura rendendola più elastica; restando aperti permettiamo a nuove conoscenze di rivelarsi; focalizzandoci sul momento presente aiutiamo il nostro sistema nervoso a creare nuove connessioni sinaptiche; ricominciando da capo con pazienza tutte le volte che ci scoraggiamo o che non sentiamo niente, aumentiamo la nostra possibilità di imparare: quello che oggi ci sembra impossibile, col tempo diventerà facile e naturale. Ricordiamoci sempre che altri prima di noi hanno intrapreso questa strada e ci sono riusciti. Restare aperti e fiduciosi ha effetti biologici.

Chi non ha mai commesso errori non ha mai provato a fare cose nuove. Albert Einstein

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MEDITAZIONE

Il Buddha della medicina – www.abuddhistlibrary.com

“Fino a qualche anno fa la parola ‘meditazione’ era, per molti, sospetta e associata a immagini di ciarlatanerie mistiche. Ciò era in parte dovuto all’ignoranza del fatto che, l’essenza della meditazione, consiste semplicemente nel fare attenzione alla propria esperienza. Questo fatto è oggi più conosciuto; e, poiché l’attenzione è un’esperienza di tutti, almeno occasionalmente, la meditazione non ci appare più tanto esotica o estranea alla nostra vita quanto potevamo un tempo pensare. Tuttavia, quando attraverso la meditazione cominciamo a osservare un po’ più da vicino il modo in cui funziona la nostra mente, troviamo che la maggior parte del tempo la nostra attenzione è rivolta piuttosto al passato o al futuro che al presente. Perdiamo molti momenti della nostra vita perché non siamo del tutto presenti a viverli, di questo possiamo accorgerci particolarmente attraverso la meditazione, ma è una caratteristica di ogni momento della nostra vita: l’inconsapevolezza domina la nostra mente la maggior parte del tempo e perciò influisce su tutto ciò che facciamo. Osservandoci, scopriamo che funzioniamo quasi sempre ‘con il pilota automatico’, meccanicamente, senza renderci pienamente conto di quello che stiamo facendo o vivendo. È come se, gran parte del tempo, non fossimo ‘in casa’. O come se, in altre parole, fossimo sveglio solo per metà. Per familiarizzarti con questo concetto puoi pensare a un’esperienza che si presenta comunemente guidando la macchina. Ti sarà capitato di andare in un certo posto e di non ricordare quasi nulla di quello che hai incontrato lungo il percorso. Probabilmente il tuo ‘pilota automatico’ era in funzione. Non eri del tutto presente: eri presente solo, sperabilmente, quanto basta per guidare con sicurezza e senza problemi. Anche se cerchi deliberatamente di fare attenzione a una certa azione, che sia guidare o qualsiasi altra cosa, scoprirai probabilmente che ti è difficile restare presenta a lungo. La nostra attenzione viene facilmente distratta. La mente tende a vagare: dopo un po’ ti trovi a essere immerso in pensieri o fantasie. I nostri pensieri sono tanto potenti, soprattutto in momenti di crisi o di turbamento emotivo, da annebbiare facilmente la consapevolezza del presente. Anche quando siamo relativamente calmi rapiscono tutti i nostri sensi. Un altro esempio tratto dalla guida: succede a volte che una certa impressione, un’immagine, un suono, rapiscano la mente e la trattengano un po’ più a lungo di quanto sarebbe raccomandabile per la sicurezza della guida. Mentre l’auto continua ad avanzare, la mente resta indietro, si sofferma su quella mucca in mezzo al prato, su quel camion, o quel che sia che ne ha catturato l’attenzione, incurante delle nuove impressioni che continuano ad arrivare. Ma non è forse quasi sempre così, qualsiasi cosa tu stia facendo? Nota quanto facilmente, in qualsiasi situazione, la tua attenzione viene distratta dal momento presente, portata via dalla corrente di pensieri. Prova a osservare quanto spesso nel corso di un giorno ti trovi a pensare al passato o al futuro. Resterai sorpreso. Puoi verificare la forza d’attrazione esercitata dal pensiero eseguendo questo semplice esperimento. Chiudi gli occhi e stai seduto con la schiena dritta, senza

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irrigidirti. Porta l’attenzione al tuo respiro. Non cercare di controllarlo, lascia che accada da sé e semplicemente sentilo, sii consapevole del suo scorrere, del suo entrare e uscire. Prova a mantenere l’attenzione concentrata sul respiro in questo modo per tre minuti. Se sopraggiunge il pensiero che è sciocco o noioso star semplicemente seduto a osservare il respiro che entra e che esce, nota che questo è semplicemente un pensiero, un giudizio della tua mente. Lascia che questo pensiero passi e riporta l’attenzione al respiro. Alla fine dei tre minuti, nota come ti sei sentito durante l’esperimento e nota per quanto tempo la tua mente si è distratta, perdendo la consapevolezza del respiro. Che cosa sarebbe successo se avessi continuato per dieci minuti, per mezz’ora, per un’ora? La mente di quasi tutti noi tende a vagare e a saltare facilmente da una cosa all’altra. Ciò rende difficile mantenere l’attenzione concentrata su una cosa, per esempio sul respiro, per un certo tempo, se non impariamo a calmare e stabilizzare la nostra mente. Questo esperimento di tre minuti è un assaggio di che cos’è la meditazione. Meditazione è osservare deliberatamente il tuo corpo e la tua mente, lasciando che le tue esperienze scorrano liberamente di momento in momento e accettandole così come sono. Meditazione non significa rifiutare i pensieri o bloccarli o reprimerli. Non significa controllare alcunché, eccetto la direzione della tua attenzione. Tuttavia, sarebbe sbagliato ritenere che la meditazione sia un processo passivo. Dirigere l’attenzione e restare in uno stato di autentica calma non reattiva, richiede molta energia e molto impegno. Eppure, paradossalmente, la via della consapevolezza non comporta alcuno sforzo per raggiungere un certo risultato o una particolare esperienza. Essa richiede invece che tu ti permetta di essere nella realtà che è la tua, di familiarizzare con la tua esperienza momento per momento. Perciò, se durante i tre minuti dell’esperimento non ti sei sentito particolarmente rilassato o se l’idea di osservare il respiro per mezz’ora ti sembra inconcepibile, non preoccuparti. Il rilassamento viene da sé con la continuità della pratica; lo scopo di questo esercizio era solo di farti notare che cosa succede quando provi a concentrare l’attenzione su una cosa. Se comincia a fare attenzione a ciò che passa per la tua mente, momento per momento, durante il giorno, probabilmente scoprirai che una parte notevole del tuo tempo e della tua energia è assorbita da ricordi, fantasticherie, rimpianti legati al passato. E una parte altrettanto grande, o forse maggiore, è assorbita dall’attesa, dalla pianificazione, dalle preoccupazioni e dalle fantasticherie riguardo al futuro e a ciò che vorresti o non vorresti che accadesse. Per via di questo traffico interno che ci occupa quasi continuamente perdiamo gran parte della ricchezza di esperienza della nostra vita; o quanto meno tendiamo a sottovalutarne il valore e il significato. Per esempio, stai guardando un tramonto, colpito dal gioco di luce e di colori fra nubi e cielo. Per un momento sei veramente presente, lo assorbi, lo vedi veramente. Poi entra in gioco il pensiero, e magari ti ritrovi a commentare la scena con qualcuno che è lì con te, a dire com’è bello il tramonto oppure a parlare di qualcos’altro che ti ha fatto venire in mente. Parlando, disturbi l’esperienza preziosa di quell’attimo. Perdi quella particolare qualità di percezione del sole, del cielo, della luce. Sei in balia dei tuoi pensieri e dell’impulso di esprimerli. Le tue parole rompono l’incantesimo. O magari non dici nulla, ma il pensiero o il ricordo che sono affiorati ti hanno distratto dal tramonto. A questo punto sei assorbito dal tramonto che si trova dentro la tua testa anziché dal tramonto reale che hai davanti agli occhi. Magari pensi di di stare ancora godendoti il tramonto, ma in realtà ora lo vedi attraverso il filtro del ricordo di altri tramonti o altre associazioni che ti ha evocato. Tutto questo può accadere a un livello del tutto subliminale; e, quel che più conta, dura solo un attimo. Poi passa, con il continuo mutare delle situazioni e delle sensazioni. (…) L’utilità della consapevolezza, non si limita (…) al fatto di permetterci di godere più profondamente dei tramonti. Quando la mente è dominata dall’inconsapevolezza, tutte le nostre decisioni e le nostre azioni ne risentono. Perdiamo il contatto con il nostro corpo, e con i suoi segnali e messaggi, il che a sua volta può causare altri guai fisici, di cui non ci rendiamo nemmeno conto di essere responsabili. E vivere in uno stato di cronica inconsapevolezza, ci fa perdere gran parte di ciò che è bello e significativo nella vita. (…)” Jon Kabat-Zinn16 (1990)17

16 biologo e scrittore statunitense, Professore Emerito di Medicina e fondatore della Stress Reduction Clinic e del Center for Mindfulness in Medicine, Health Care and Society presso la University of Massachusetts Medical School, 1944 17 “Vivere momento per momento” pagg. 24-26

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“Pratichiamo la consapevolezza ricordandoci di essere presenti in tutti i momenti della nostra vita. Possiamo portare via la spazzatura consapevolmente, mangiare consapevolmente, guidare consapevolmente. Pratichiamo la consapevolezza navigando attraverso tutti gli alti e i bassi della vita, attraverso le tempeste del corpo e quelle della mente, le tempeste esterne e quelle interne. Possiamo imparare a fare attenzione alla nostra paura e al nostro dolore, restando nel contempo centrati e radicati in qualcosa di più profondo dentro di noi, in una saggezza discriminante che ci aiuta ad attraversare e a trascendere paura e dolore, e a trovare pace e speranza nella nostra situazione così com’è. Quando diciamo ‘praticare la consapevolezza’, usiamo la parola pratica in un senso speciale. In questo contesto, ‘pratica’ non significa una prova, un esercizio per mettere a punto una certa capacità da utilizzare in un altro momento. Nel contesto della meditazione, ‘pratica’ significa ‘essere presenti deliberatamente’. Il mezzo e il fine della meditazione, in realtà, coincidono. Non cerchiamo di arrivare a una meta, cerchiamo solo di essere dove siamo già e di esserci pienamente.” Jon Kabat-Zinn (1990)18 LA MEDITAZIONE: FULCRO DELLO SVILUPPO DELL’OPERATORE CS Il termine inglese che traduciamo con consapevolezza è ‘mindfulness’. La pratica proposta da Kabat-Zinn oggi viene indicata con il nome di Meditazione Minfulness (MM). Kabat-Zinn (1990) ha dato una specifica definizione per cosa intendere con consapevolezza mindfulness: una consapevolezza che emerge dal fare attenzione, in modo intenzionale, nel momento presente, e in modo non giudicante. Negli ultimi 10-15 anni c’è stato un forte incremento degli studi scientifici sugli effetti dello sviluppo della consapevolezza basata sulla MM. Sono stati scientificamente riconosciuti effetti benefici sulla nostra fisiologia (es. condizioni dovute allo stress, malattie di vario genere – incluso dolore cronico, ipertensione, fibromialgia, cancro, asma, problemi cardiaci, ecc., condizioni psicologiche – es. ansia, panico, depressione), sulle funzioni mentali (es. attenzione, memoria) e sulle relazioni interpersonali. La pratica della meditazione è particolarmente importante per l’operatore CS per lo sviluppo di tutte le abilità specifiche che questa disciplina richiede. Innanzitutto la capacità di sviluppare un acquietamento interiore e un’attenzione neutrale, necessari per poter entrare in contatto con le manifestazioni sottili del sistema CS e per poterlo fare senza interferire con i processi in atto. Quindi la meditazione diventa la base per poter sviluppare capacità percettive sempre più sottili e sofisticate e soprattutto per sostenere per tempi lunghi (i tempi delle sessioni) la capacità di accoglienza, di amorevolezza e di non giudizio necessaria per permettere al lavoro di procedere secondo le priorità del sistema e non secondo le priorità dell’operatore. Buona parte del lavoro CS è basato sulla capacità del sistema del ricevente di risuonare con spazi di centratura ed apertura sostenuti dall’operatore. In questo ambito vedremo come lo stato interno dell’operatore sia un faro che guida il sistema del ricevente. Per il ricercatore nel campo della mente relazionale Daniel Siegel (2009) la mindfulness è una “forma di relazione con noi stessi”, “una forma di relazione sana con se stessi”. A partire da questa relazione con se stesso, l’operatore si apre al ricevente e al suo sistema. La consapevolezza permette che si crei una forma di sintonizzazione interpersonale. Per Siegel (2009) la capacità di sintonizzazione è al “cuore di tutte le relazioni che implicano il prendersi cura di un'altra persona”. Nella sintonizzazione accade una risonanza fra gli stati interiori delle persone coinvolte nella relazione. La risonanza che si crea a partire dalla capacità dell’operatore di sostenere uno spazio di centratura e consapevolezza è alla base del processo di riequilibrio del sistema CS.

18 “Vivere momento per momento”, pag. 30

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ASSI E PIANI DI RIFERIMENTO E’ importante costruire un linguaggio comune con il quale comunicare all’interno di una stessa comunità. Iniziamo con prendere confidenza con alcuni termini anatomici. Possiamo considerare 3 piani nello spazio con il corpo in posizione anatomica, cioè in piedi, con i palmi delle mani rivolti in avanti, incluso in un parallelepipedo diviso da 3 piani (vedi immagine). PIANO SAGITTALE ! divide il corpo in 2 metà, destra e sinistra. PIANO MEDIALE o CORONALE ! divide esattamente il corpo in anteriore o ventrale e posteriore o dorsale. PIANO ORIZZONTALE o TRASVERSALE ! divide il corpo in superiore ed inferiore. Possiamo immaginare che il corpo scorra su questi piani per effettuare tutti i vari movimenti: flessioni, estensioni, inclinazioni laterali, rotazioni e torsioni. Utilizziamo inoltre i seguenti termini di riferimento: CEFALICO ! in direzione della testa. CAUDALE ! in direzione del bacino. PODALICO ! in direzione dei piedi. PROSSIMALE ! vicino al cuore. DISTALE ! lontano dal cuore. FRONTALE ! verso la parte anteriore del corpo. DORSALE ! verso la parte posteriore del corpo. LATERALE ! verso il lato del corpo. MEDIALE ! verso la linea mediana del corpo. SUPERIORE ! in alto. INFERIORE ! in basso.

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IL MECCANISMO RESPIRATORIO PRIMARIO (o SISTEMA CRANIO-SACRALE)

Il corpo (...): quella parte di Anima percepita dai 5 sensi. William Blake19

Il Meccanismo Respiratorio Primario (MRP) (detto anche sistema cranio-sacrale – SCS) è un sistema fisiologico che esiste negli esseri umani e negli animali dotati di cervello e midollo spinale. Deve il suo nome a Sutherland (padre di questa disciplina), il quale individuò le specifiche strutture anatomiche e fisiologiche che fungono da porte di accesso per le espressioni della Respirazione Primaria (RP). Questo Meccanismo comprende le seguenti strutture, dallo strato più interno a quello più esterno:

• Il fluido cefalorachidiano o liquor, prodotto all’interno del cervello. • Le meningi o membrane a tensione reciproca, che rivestono il sistema nervoso centrale

(SNC): le meningi craniche, con i loro sdoppiamenti in falce e tentorio, e il tubo durale che connette cranio e sacro.

• Strutture ossee: cranio, colonna vertebrale, sacro e coccige, che proteggono il SNC. Tutte queste componenti hanno la capacità di esprimere un movimento involontario che contribuisce alla manifestazione della RP. Per Sutherland il termine “involontario” si riferiva al fatto che tali movimenti vengono guidati da una forza vitale, a cui aveva dato il nome di Respiro della Vita (RdV). ASPETTI FISIOLOGICI CHE CONTRIBUISCONO ALL'ESPRESSIONE DELLA RESPIRAZIONE PRIMARIA Sutherland individuò alcune strutture anatomiche e alcune loro funzioni e interrelazioni come elementi strategici per l’espressione della RP:

• FLUTTUAZIONE DEL LIQUOR • MOTILITA' DEL SNC • MOBILITA' e MOTILITA’ DELLE MEMBRANE A TENSIONE

RECIPROCA • MOVIMENTO DELLE OSSA CRANICHE • MOVIMENTO INVOLONTARIO DEL SACRO FRA LE ILIACHE

Con il termine MOBILITA’ si intende la capacità di una struttura di muoversi in relazione rispetto ad un’altra struttura, come per es. il movimento delle ossa del cranio l’una in relazione con le altre. Vedremo nel corso del training come ogni struttura singola nel corpo esprime un suo schema specifico in relazione al movimento della RP. In particolare la mobilità delle singole strutture è presa in considerazione a livello dell’espressione più veloce della RP, cioè a livello dell’Impulso ritmico craniale (IRC) o ritmo Craniosacrale (RCS). Con il termine MOTILITA’ ci si riferisce invece a un movimento intrinseco di una singola struttura o di un insieme, cioè un movimento interno, guidato dal RdV. La motilità viene presa in considerazione soprattutto a livello delle espressioni più lente della RP, in particolare della Marea Media (MM) e in questi casi è l’espressione di un campo unificato, come avremo modo di approfondire andando avanti. Motilità e mobilità esprimono 2 aspetti distinti di una stessa struttura. La FLUTTUAZIONE del LIQUOR: continuamente all’interno del SNC il liquor viene prodotto, mandato in circolo e riassorbito. Questo processo si esprime attraverso cicli in cui si alternano fasi di espansione e di ritorno. Sembrano esserci evidenze per cui la produzione ed il riassorbimento del LCS causano un ritmico aumento e diminuzione di pressione del liquido all’interno del SCS. In ogni caso il movimento intrinseco del liquor si trasmette ai confini del sistema modellandolo. I confini sono rappresentati dalle meningi, il cui strato più esterno è appunto la dura madre. 19Poeta,incisoreepittoreinglese,1757-1827

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Essendo le meningi in continuità con la scatola cranica, formandone il rivestimento interno, la pressione esercitata si trasferisce alle ossa craniche, inducendo un sottile movimento ritmico che possiamo percepire attraverso le nostre mani. La MOTILITA’ del SNC: grazie alla capacità delle cellule nervose di espandersi e contrarsi, il cervello e il midollo spinale esprimono una motilità ritmica. La MOBILITA’ e MOTILITA’ delle MEMBRANE A TENSIONE RECIPROCA (MTR) si riferisce alla capacità del tessuto meningeo, pur non essendo elastico, di poter esprimere movimenti di allargamento e accorciamento o in alternativa di restringimento e di allungamento. Il MOVIMENTO DELLE OSSA CRANICHE si riferisce alla capacità delle varie ossa di muoversi grazie al fatto che le suture che le connettono non sono fisse ma permettono una certa mobilità. Oltre ad essere mobili l’una in relazione alle altre, le ossa del cranio esprimono anche una motilità intrinseca. Il MOVIMENTO INVOLONTARIO DEL SACRO FRA LE ILIACHE è un movimento intrinseco del sacro, che si differenzia dai movimenti generati dal cambiamento di posizione del corpo. E’ un movimento che si può manifestare attraverso la mobilità del sacro in relazione alle strutture con cui si articola (iliache e colonna vertebrale) oppure attraverso la motilità che lo guida da dentro. Il MRP viene anche definito sistema “cranio-sacrale” perché include tutta l'area del cranio (capo, faccia e bocca) e si estende lungo la colonna vertebrale fino al sacro. Attraverso il sistema fasciale, un insieme sottile e continuo di tessuto connettivo, dotato di un certo grado di scorrimento, la RP si esprime in tutto il corpo. LE VARIE COMPONENTI DEL MRP VENGONO APPROFONDITE SEPARATAMENTE PER COMODITA’ DI STUDIO MA DOBBIAMO TENER PRESENTE CHE SONO DIFFERENZIAZIONI DI UN’UNITA’ E CHE PARTECIPANO CONTEMPORANEAMENTE ALL’ESPRESSIONE DELLA RP. LA SCOPERTA DEL MECCANISMO RESPIRATORIO PRIMARIO La scoperta del MRP risale agli inizi del 1900 grazie al lavoro del Dottor William Garner Sutherland (1873-1954) (nella foto20), osteopata. Sutherland fu affascinato dalla struttura delle ossa del cranio, convinto che tale struttura permettesse un movimento che non si esauriva con le necessità della nascita e dello sviluppo nell’infanzia. Ancora studente, osservando la particolare struttura delle suture delle ossa temporali, ebbe un'intuizione: “smussate come branchie di un pesce per la Respirazione Primaria!”. Questa intuizione guidò il lavoro di tutta la sua vita. Iniziò quindi una serie di esperimenti su di sé, usando un elmetto di sua invenzione, con cui poteva variare e controllare la pressione sulle varie parti del cranio. La moglie collaborò prendendo nota di tutti i cambiamenti che intervenivano man mano, da quelli dell’umore a quelli di coordinazione. Questo lo portò alla conclusione che esistesse un movimento cranico anche nell’adulto. Sviluppò approcci manuali per l’individuazione di schemi distorti nel movimento del cranio e per la loro liberazione. Lavorò e sperimentò su di sé per molti anni, prima di iniziare a trasferire le sue scoperte sui suoi pazienti.

20 www.tuttosteopatia.it

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Le sue prime presentazioni pubbliche dei risultati ottenuti furono per lungo tempo ignorate dall’ambiente accademico. Fu anche trattato da eretico. Solo nel 1946 il suo lavoro cominciò a essere riconosciuto in ambito osteopatico. Nel frattempo la sua comprensione del lavoro si era ulteriormente approfondita, portandolo a una svolta nel suo lavoro: il riequilibrio del MRP non era più ricercato applicando forze esterne (intervento dell’operatore) ma sfruttando le forze interne. Il suo lavoro è stato poi portato avanti e approfondito da una stretta cerchia di allievi, come il Dr. Rollin Becker e per molti anni rimase un approccio praticato da pochi. Nel 1970 il Dottor John Upledger (1932-2012) si trovò ad assistere un intervento di rimozione di una calcificazione sulla superficie della membrana durale spinale. Il suo lavoro consisteva nel tener ferma la membrana affinché il chirurgo potesse rimuovere la placca. Nonostante tutti i tentativi, il Dottor Upledger non riuscì a tenerla ferma, e poté osservare che questa membrana sembrava avere un ritmo proprio, indipendente da quello del cuore e della respirazione. In seguito non riuscì a trovare spiegazione a quanto aveva esperito, finché si imbatté nel lavoro del Dottor Sutherland. Nel 1975 iniziò a collaborare con un team di ricerca all’università del Michigan, con il quale dimostrò le basi del movimento osseo del cranio, grazie allo studio su crani freschi anziché quelli preservati chimicamente o a secco normalmente usati per lo studio del cranio, e grazie a strumenti scientifici sofisticati. Si poté quindi dimostrare che le suture della testa non sono strutture ossificate immobili, bensì vive, con vasi sanguigni, fibre nervose, recettori di stiramento e fibre collagene, che permettono una certa mobilità alle ossa. Il team fu inoltre in grado di misurare ampiezza e frequenza del movimento. La documentazione di queste ricerche fu pubblicata nel 1982, in cooperazione con il Dottor Jon Vredevoodg, nel libro “Terapia Cranio-sacrale” (ed Red). Grazie al suo lavoro di divulgazione della disciplina CS anche in ambito non medico, il CS iniziò a diffondersi e a suscitare interesse. La disciplina ha continuato a crescere e svilupparsi e fra le figure di spicco che rappresentano oggi un riferimento importante nel nostro lavoro ricordiamo: - Franklyn Sills21. Statunitense, vive in Inghilterra dove con la ex moglie ha fondato nel 1984 il

Karuna Institute, un centro di riferimento per un approccio contemplativo alla Salute. E’ uno dei primi centri occidentali in cui la Mindfulness è stata integrata nell’insegnamento delle abilità professionali di cura. L’integrazione delle pratiche di Mindfulness con la psicoterapia occidentale e con la BCS è unica nel suo genere. Le specializzazioni di Franklyn spaziano dalla Polarity Process, alla psicologia pre e perinatale, al lavoro sul trauma, alla neurobiologia della Mindfulness. E’ stato monaco Buddhista sotto il Venerabile Taungpulu Kaba Aye Sayadaw.

- Michael Shea22. E’ una figura di spicco nel campo della psicologia somatica, del rilascio mio fasciale e della BCS. Il suo lavoro si sviluppa dalla conoscenza approfondita dell’embriologia umana. Essendo allievo del Dalai Lama, ha sviluppato la pratica manuale della BCS radicandola nella pratica spirituale della compassione. Combina inoltre il suo lavoro con la conoscenza delle pratiche Navajo, essendo stato allievo per anni di un Uomo di Medicina di questa tribù. E’ specializzato nel trattamento di traumi pre e perinatali, sia nei bambini sia negli adulti.

- Jeames Jealous23. Si occupa di Osteopatia craniale dal 1966. E’ un insegnante di rara integrità e umiltà, al servizio del Respiro della Vita: “Attraverso l’aiuto e la gentilezza di insegnanti eccezionali e di anni di interesse personale, la bellezza della Respirazione Primaria è diventata momento dopo momento una realtà nella mia vita.”

A tutti loro (e non solo!) dobbiamo molto. Che il nostro lavoro possa essere al servizio dello sviluppo della consapevolezza nel rispetto di ciò che ci è stato insegnato e nella personale integrazione che ne abbiamo fatto.

21 www.karuna-institute.co.uk 22 www.michaelsheateaching.com 23 www.jamesjealous.com

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INTERCONNESSIONI DEL MECCANISMO RESPIRATORIO PRIMARIO Il MRP è un sistema fisiologico dove il Sistema Nervoso Centrale (SNC) si sviluppa, si nutre e funziona per tutta la vita. Connessi in modo molto intimo al MRP abbiamo:

• il sistema dei seni venosi cerebrali • il sistema dei tessuti connettivi extra-cranici, le fasce

Inoltre il MRP è influenzato e quindi influenza con le sue profonde relazioni:

• il SN (ricordiamo che il SNC è parte integrante del sistema CS) • il sistema muscolo scheletrico • il sistema vascolare • il sistema linfatico • il sistema endocrino • il sistema cardio-respiratorio

Le principali componenti che partecipano al movimento della Respirazione Primaria sono:

• TESSUTI • FLUIDI • FORZE E POTENZE

I tessuti sono sia le ossa, sia le MTR sia il sistema fasciale. I fluidi sono sia quelli di cui sono composti i tessuti sia i vari fluidi del corpo. Le forze e le potenze riguardano l’aspetto più energetico, sottostante. Se libere di esprimersi, le forze e le potenze permettono l’espressione della RP. Se condizionate (forze inerziali) interferiranno con la libera espressione della RP.

IL SISTEMA DEI FLUIDI DEL CORPO Il nostro corpo é composto almeno dal 70-80% di acqua. La percentuale varia a seconda dell’età e della condizione fisica. Studi recenti24 effettuati da Gerald Pollack25 hanno dimostrato che il quantitativo può arrivare fino al 99%. I fluidi del corpo si muovono continuamente attraverso il corpo, cambiando proprietà a seconda del sistema al quale appartengono. Sono il fondamento della vita stessa: mentre è possibile vivere a lungo senza mangiare, senza bere abbiamo un’autonomia molto limitata. I fluidi giocano un ruolo importante nei processi vitali, quali: • la regolazione della temperatura, • le funzioni delle cellule e degli organi, • l’eliminazione di prodotti di scarto. La maggior parte dell’acqua introdotta nel corpo umano viene restituita all’ambiente attraverso il sudore, la respirazione, l’urina e le feci. I fluidi nei quali le nostre cellule sono immerse contengono una proporzione di sali e altri elementi come quella degli oceani: nonostante si sia esseri terrestri che respirano aria, la maggior parte della vita all’interno del nostro corpo avviene ancora all’interno dell’acqua, in collegamento con i primordi della vita. I fluidi costituiscono il sistema di trasporto del corpo, muovendo sostanze come ormoni26, neuropeptidi27, anticorpi28, per permettere la comunicazione, la difesa e la riparazione.

24 www.prweb.com 25 Professore di Bioingegneria presso l’Università di Washington, USA. 26 Sono messaggeri chimici che trasmettono segnali da una cellula (o gruppo di cellule) a un’altra cellula (o gruppo di cellule), modulando il metabolismo e/o l’attività di organi e tessuti. 27 Piccole molecole di natura proteica che vengono liberate dalle cellule nervose in risposta a uno stimolo, modulando così la comunicazione fra i neuroni (cellule del sistema nervoso), attivando o inibendo specifiche funzioni.

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I fluidi si muovono in un’interazione ritmica. Tensioni e restringimenti in ogni parte del corpo possono comprometterne il libero flusso, creando disfunzioni, dolori e malattie. I fluidi vengono distinti in vari sistemi, ma essenzialmente formano un campo fluido unificato, che varia in qualità a seconda delle funzioni. I principali sistemi sono: fluidi cellulari, fluidi intercellulari, sangue arterioso, sangue venoso, sistema linfatico, liquido cerebrospinale e liquido sinoviale. Tutti i fluidi del corpo partecipano all’espressione dei movimenti della RP, anche se il liquor e il sistema ventricolare hanno un posto d’onore fra i 5 aspetti del MRP. I fluidi cellulari e intercellulari li ritroviamo in tutti i tessuti, sia quelli che formano il MRP, sia tutti gli altri che si connettono direttamente e indirettamente ad esso.

IL SISTEMA VENTRICOLARE

“Il fluido cerebrospinale e l'elemento conosciuto più supremo del corpo umano”

Andrew Taylor Still29

I VENTRICOLI CEREBRALI sono delle cavità interconnesse tra loro e posizionate all’interno del cervello, piene di liquido cerebrospinale (LCS) o liquor. Il 1° e il 2° ventricolo (in blu nell'immagine sopra) sono posizionati lateralmente, ciascuno all’interno di un emisfero cerebrale. A livello mediano sottostante, troviamo il 3° ventricolo (giallo), con un aspetto a ciambella schiacciata, che collega i 2 superiori attraverso i forami di Monro.

Ancora sotto troviamo il 4° ventricolo (verde) che si collega con il superiore attraverso l’acquedotto del Silvio. Ai lati e posteriore al 4° ventricolo troviamo i forami di Luschka e Magendie, che sono la via di uscita del liquor dall’ambito ventricolare, dai quali entra in circolo attorno a tutto il cervello e il midollo spinale. La maggior parte del LCS viene prodotta nei ventricoli laterali, e quantità minori nel 3° e 4° ventricolo. All’interno dei ventricoli si trovano delle strutture, i plessi coroidei (vedi immagine, fonte www.agoranews.it),

deputate a filtrare il sangue per ottenere il liquor. Il liquor è continuamente secreto e riassorbito (a livello dei seni venosi) e c'è un ricambio completo di liquor circa ogni 6 ore. Il liquido cefalo-rachidiano o fluido cerebrospinale o liquor ha funzione di protezione, nutrimento e drenaggio di tutto il SNC, circondandolo e viaggiando anche attraverso i nervi periferici. Viene prodotto principalmente per filtrazione dal sangue nei plessi coroidei all’interno dei ventricoli cerebrali, avvolge cervello e midollo spinale, passa tra le meningi (membrane che coprono il cervello) ed è riassorbito nei seni venosi, che riportano il liquido al cuore.

28 Proteina del sistema immunitario con la funzione di neutralizzare corpi estranei come virus e batteri. 29Fondatoredell’osteopatia,insegnantediSutherland,statunitense,1828-1917.

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Il liquor e prodotto dai plessi coroidei in tutti e 4 i ventricoli. Anatomicamente, i plessi sono come dei reni in miniatura (in medicina cinese cervello e reni sono intimamente connessi). Ci sono circa 125-150 cm cubi di liquor in un SCS medio (ventricoli e tubo durale): 110-130 sono nello spazio subaracnoideo, 15-20 nei 4 ventricoli. Vengono prodotti circa 0,3-0,6 cm cubi di liquor al minuto, per una produzione giornaliera totale di circa 800 cm cubi. C'è un ricambio completo di liquor circa ogni 6 ore. Il LCS è continuamente secreto e riassorbito, in un flusso ritmico. Le caratteristiche del LCS riguardano la quiete meditativa, la centratura e l’espansione. Ha qualità di non sforzo, leggerezza, quiete nell’attività, consapevolezza, spazio illimitato, sospensione tra la terra e il cielo (Bonnie Bainbridge Cohen30, 2008). Il liquor è anche un mezzo di trasporto, che media tra il sangue e il cervello: globuli bianchi31, glucosio32, alcuni ormoni, neuropeptidi, che non sempre riescono ad arrivare al cervello tramite il sistema arterioso. Anche alcuni farmaci che non riescono a passare la barriera sanguigna riescono ad arrivare al cervello tramite il liquor. Il liquor si comporta come l'acqua, ed ha una ridottissima compressibilità. Infatti il liquor e al 99% acqua. Il cervello nel suo insieme è formato da almeno il 95% acqua: le MTR stabilizzano e “radicano” questo ammasso acquoso, dandogli elasticità. Il cervello in pratica galleggia in un oceano in miniatura (liquor) che gli permette di avere movimenti addirittura di alcuni mm, e di ruotare leggermente. Il sistema gravitazionale non ci permette di percepire questi movimenti, ma questo è possibile per gli astronauti nello spazio, che soffrono di “mal di spazio”. Inoltre il liquor funge da barriera immunitaria, impedendo a batteri e virus di entrare nel cervello, svolgendo le stesse funzioni del sistema linfatico nel resto del corpo. I seni venosi craniali (cavità formate dalla dura) raccolgono sangue vecchio e fluidi cerebrospinali per riciclarli attraverso il sistema circolatorio. Nei seni venosi craniali i fluidi venosi e il liquor vengono trasportati dal cranio verso il cuore: il liquor prodotto nei plessi coroidei, dopo aver bagnato i tessuti del cervello, si muove attraverso le granulazioni aracnoidee (che si trovano soprattutto nel seno sagittale), dopodiché il sangue venoso e il liquor fluiscono, grazie alla pressione della gravità, attraverso i seni verso le maggiori uscite del cranio, il forame giugulare e le vene giugulari interne, per arrivare fino al cuore. Altre uscite minori sono le vene facciali, la vena profonda cervicale e la vena giugulare esterna. Una condizione di stasi nei fluidi all'interno dei seni non è infrequente, e può portare a poca vitalità della potenza del liquor. Congestione dei seni può generare pressione nel cranio e inefficiente drenaggio del liquor e del sangue, fino a tensioni nel sistema membranoso, squilibri ormonali, pressione sui nervi cranici. La sensazione al tatto è di una testa rigida e solida. Sutherland descriveva la potenza libera di esprimersi nel liquor come “luce liquida”. In anni recenti è stata dimostrata che la maggior presenza di fotoni33 nel corpo è proprio nel liquor. Funzioni del liquor:

• Protezione di tutto il SNC (cervello e midollo spinale): funziona come un ammortizzatore, così che in caso di urto, il sistema è protetto dal letto acquoso del liquor.

• Nutrimento e drenaggio di tutto il SNC, circondandolo e viaggiando anche attraverso i nervi periferici. Nutre e drena anche la pia madre e la membrana aracnoidea.

• E' un mezzo di trasporto, che media tra il sangue e il cervello: globuli bianchi, glucosio, alcuni ormoni, neuro peptidi e farmaci che non sempre riescono ad arrivare al cervello tramite il sistema arterioso, ci arrivano tramite il liquor.

• Trasporta molecole messaggere per la comunicazione tra SNC e gli altri sistemi (endocrino e immunitario in particolare).

• Rimuove le sostanze di scarto dal SNC (funzione linfogena). • Funge da barriera immunitaria, impedendo a batteri e virus di entrare nel cervello,

svolgendo le stesse funzioni del sistema linfatico nel resto del corpo. 30 pioniera nel lavoro di anatomia esperienziale, statunitense. Ha fondato il Body Mind Centering, in cui l’anatomia viene studiata in modo esperienziale, combinando conoscenze orientali ed occidentali. 31 Cellule del sangue la cui funzione principale è la difesa dell’organismo. 32 E’ il composto organico più diffuso in natura. E’ uno degli zuccheri più importanti, usato come fonte di energia sia dagli animali sia dalle piante. E’ il principale combustibile della respirazione. 33 Particelle di luce.

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• Regola e mantiene l'equilibrio chimico nel SNC. • Smorza la pulsazione arteriosa così che cambi repentini nella pressione non danneggino il

SNC. • Controlla biochimicamente l'intero organismo attraverso la sua circolazione nei microtuboli

delle fasce collagene. • Ha un influsso idrodinamico: la sua fluttuazione, assieme alle variazioni di pressione

arteriosa e venosa e alla respirazione polmonare, contribuisce al drenaggio delle cellule nervose e dei tessuti connettivi.

• Ha un influsso bioelettrico (di conduzione) sulle micro-correnti dei liquidi corporei e dei tessuti (corrispondenti ai meridiani energetici della medicina cinese).

Oltre al liquor, diamo attenzione anche agli altri liquidi nel corpo che partecipano all’espressione della RP. Il fluido cellulare rappresenta circa il 65% dei liquidi del corpo. All’interno di questo fluido avvengono le funzioni primarie della vita: riproduzione, metabolismo34, risposta all’ambiente. Tutti gli elementi interni alla cellula sono sospesi nel fluido cellulare, e le comunicazioni fra interno ed esterno avvengono grazie alla permeabilità selettiva della membrana cellulare. Questo fluido cellulare ha un suo ritmo specifico, dato dal continuo riempirsi e svuotarsi di tutte le cellule del corpo, detto respirazione cellulare, in cui avviene lo scambio di ossigeno e anidride carbonica a livello cellulare. I processi collegati sono quelli del prendere e lasciare andare, del movimento verso e del tornare indietro, contrazione-espansione. La consapevolezza cellulare sostiene l’attenzione (B. Bainbridge Cohen, 2008). Ci connette sia all’interezza, all’unicità come all’interrelazione, alla comunità. Il fluido intercellulare, circondando tutte le cellule del corpo, rappresenta l’oceano nel quale le cellule vivono. Attraverso di esso viene trasportato tutto quanto va ed esce dalla cellula. E’ un fluido gelatinoso che forma i vari tessuti del corpo, alcuni più densi, altri più liquidi, a seconda del tipo di mobilita che necessitano. E’ una componente base dei tessuti connettivi che uniscono tra loro tutte le strutture del corpo. Sono fluidi interstiziali che vengono mossi dalla pressione fatta dal fluido stesso durante vari movimenti del corpo, come la respirazione o la contrazione-rilassamento dei muscoli scheletrici, spostandosi dalla zona dove avviene la contrazione a una zona adiacente più spaziosa. Per rendere l’idea, se facciamo una pressione su un sacchetto pieno d’acqua, essa si sposta dalla zona su cui facciamo pressione alle zone adiacenti, per ritornare nel momento in cui la pressione viene tolta o spostata. Le caratteristiche di questo fluido sono la vitalità, la forza, la flessibilità, la sensualità, il calore e l’interazione con l’ambiente esterno. (B. Bainbridge Cohen, 2008). Il sangue arterioso viene pompato dal cuore verso tutte le parti del corpo attraverso le arterie fino ai capillari. La funzione è di trasporto e comunicazione, in un processo in cui si connette con i fluidi intercellulari e cellulari. Il sangue arterioso è formato da globuli rossi, che trasportano ossigeno e rimuovono anidride carbonica, da globuli bianchi, coinvolti nel sistema di difesa, da piastrine, coinvolte nella coagulazione, e plasma, un liquido chiaro. La circolazione del sangue permette il mantenimento della temperatura. Il sangue arterioso energizza il corpo esprimendo l’energia del fuoco: dinamicità, movimento, vitalità, brillantezza, colore. L’emozione associata è la gioia e si connette alla risata. La circolazione del sangue arterioso stimola lo spirito divino (B. Bainbridge Cohen, 2008). Il sangue venoso viaggia attraverso le vene, riportando il sangue dai capillari verso il cuore, e in minima parte verso i vasi linfatici. Le vene hanno meno fibre muscolari rispetto alle arterie, e il movimento di ritorno verso il cuore del sangue che vi scorre e aiutato dalla respirazione e da altri movimenti muscolari del corpo, in particolare delle mani e dei piedi. Ascoltando il sangue venoso con lo stetoscopio, si sente un rumore simile alle onde che si infrangono sulla spiaggia. 34 Insieme delle trasformazioni chimiche che avvengono in un organismo e ne determinano la crescita, la trasformazione, il cambiamento, permettendo i processi vitali.

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Il flusso del sangue venoso rilassa il corpo (B. Bainbridge Cohen, 2008). La circolazione sanguigna nel suo insieme funziona come sistema di comunicazione, di nutrimento, di mantenimento del calore, di circolazione delle emozioni. I fluidi linfatici sono chiari, viaggiano nei capillari linfatici e fanno parte del sistema di difesa del corpo. I vasi linfatici sono presenti in tutto il corpo, eccetto il sistema nervoso centrale; quelli superficiali viaggiano attraverso la fascia superficiale, quelli profondi seguono le vene profonde. La riserva maggiore di linfa è localizzata davanti alla 2° vertebra lombare. Una delle funzioni primarie del sistema linfatico è di ripulire il liquido intercellulare da eccessi di proteine, che possono rappresentare tossine, infezioni o tessuti cancerosi. Quando questo sistema non funziona bene, i liquidi ristagnano nei tessuti intercellulari producendo gonfiori. La maggior parte del movimento della linfa, nella persona in piedi, e dal basso verso l’alto, contro la forza di gravità, per cui dipende molto dal movimento muscolare, come avviene nella respirazione, nei movimenti intestinali e nella pulsazione dei vasi sanguigni. La linfa ha caratteristiche di difesa, sopravvivenza e definizione dei limiti. Le sue qualità riguardano la specificità, la chiarezza, la direzione, la definizione, la capacita di essere dettagliati, la cristallizzazione: sostiene la chiarezza e la focalizzazione negli obiettivi e definisce i confini (B. Bainbridge Cohen, 2008). Il liquido sinoviale è secreto dalle membrane sinoviali delle articolazioni, è il liquido del sistema scheletrico. Ha una consistenza simile all’albume dell’uovo. Nutre e protegge le parti terminali delle ossa, impedendone lo sfregamento durante i movimenti. Nello stato di riposo questo liquido è più denso, ed e responsabile della maggiore rigidità mattutina; si fluidifica con il calore prodotto dal movimento. Non ha dei canali propri e per la circolazione dipende principalmente dai vasi linfatici. Le membrane sinoviali sono modificazioni del tessuto connettivo e dipendono, per il nutrimento e per l’eliminazione dei materiali di scarto, dalla circolazione del sangue. Quando le membrane sinoviali sono infiammate possono smettere di produrre liquido sinoviale, producendo artriti. Le qualità di questo liquido riguardano libertà, fluttuazione, elasticità, scorrimento; aiutano la giocosità e il rilassamento (B. Bainbridge Cohen, 2008). Le caratteristiche di ogni sistema di fluidi sono legate a qualità diverse di movimento, tocco e stato della mente. Nonostante vengano descritti separatamente, tutti questi liquidi e fluidi operano come un insieme interdipendente, come un campo unificato. Ogni sistema sostiene gli altri, e ogni difficoltà in uno di essi si riflette sugli altri. La loro qualità collettiva è la trasformazione e la creatività. “Mentre remo durante un viaggio di tre giorni in canoa sul bellissimo lago Nicatous in Maine, penso ai fluidi. Quando lasciamo la sponda, l’acqua è calma, permettendo la facilità e l’espansione della consapevolezza dei fluidi cellulari – tutto è chiaro. Mentre il vento comincia a salire, il sangue arterioso si sintonizza con i tonfi delle onde, richiedendomi di interagire e prestare attenzione. Mentre il tempo diventa selvaggio, spingendoci a largo, remare con precisione è essenziale, impegnando la linfa mentre vogo efficacemente fra le onde per non far ribaltare l’imbarcazione. Riposando sottovento sull’isola, le nostre canoe ondeggiano su e giù sull’acqua più calma. Tutto sembra più giocoso, mentre ci raccontiamo barzellette e ci rilassiamo nel liquido sinoviale, riprendendoci dallo sforzo. Impegnandoci di nuovo nella forza del vento e delle onde, remiamo a lungo verso il nostro campeggio. La fisicità domina tutti i pensieri, mentre mi arrendo alla pulsazione animale dei muscoli, al sudore energizzante, e al ritmo cenestesico del liquido intersiziale, sensuale e caldo. Lasciandoci andare al campeggio, ascoltiamo lo sciabordare delle onde contro la riva sabbiosa, indulgendo nella riposante tranquillità del sangue venoso, cullandoci fino a dormire. Il giorno seguente, remando sotto un cielo azzurro brillante nella chiara luce cristallina del Maine che brilla su acque serene, il lago ci inspira a connessioni più vaste. I nostri corpi umani diventano assi verticali che congiungono cielo e terra attraverso il liquido celebro-spinale, evocando la calma

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spirituale di essere tutt’uno con l’acqua. Lo stesso viaggio, lo stesso lago, lo stesso corpo che contiene il tutto. Tutti i liquidi sono uno.” Andrea Olsen35 (2002)

IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE Il sistema nervoso centrale (SNC) è contenuto all’interno delle meningi. Esprime la sua motilità attraverso 2 aspetti principali. Da una parte troviamo la respirazione cellulare che a livello delle cellule nervose del cervello e del midollo spinale si esprime come una pulsazione. A un altro livello troviamo la motilità del SNC nel suo insieme. Questo movimento esprime un alternarsi di inspirazione ed espirazione della RP che avviene in relazione al suo asse embriologico di sviluppo. Nello sviluppo embrionale il SNC si sviluppa grazie a un movimento del tubo neurale che si flette arrotolandosi attorno alla sua estremità cefalica. Questo punto finale del tubo neurale è quello che diventerà la parete posteriore (lamina terminale) del 3° ventricolo, ed è il fulcro naturale36 del movimento del SNC. Il SNC esprime l’inspirazione della RP con il midollo spinale che si accorcia verso la lamina terminale, mentre il cervello e i ventricoli si allargano e si appiattiscono dall’alto verso il basso e si compattano da davanti a dietro. Esprime l’espirazione con il movimento opposto di allungamento del midollo spinale verso il basso, mentre cervello e ventricoli si restringono e si allungano verso l’alto, e si allargano da davanti a dietro.

LE MENINGI o MEMBRANE A TENSIONE RECIPROCA

(fonte immagine a destra www.studiovis.blogspot.com; immagine a sinistra Ass. MU) Le membrane meningee sono 3:

" dura madre " pia madre " aracnoide

La dura madre è la più esterna. E’ un tessuto connettivo inestensibile, con la sua parte esterna, le fibre periostali, aderisce perfettamente alla parte interna delle ossa craniche. In alcuni punti si sdoppia e forma dei setti: in senso verticale la falce del cervello e del cervelletto e in senso orizzontale il tentorio del cervelletto. I seni venosi cerebrali si formano da questi sdoppiamenti. Hanno la funzione di drenare il sangue dell’encefalo dirigendolo verso il cuore e di riassorbire una parte del liquido cefalo-rachidiano, che circola nello spazio dell’aracnoide, attraverso delle

35Unadellemaggioriesponentidell’anatomiaesperienziale,statunitense.36 Vedi più avanti approfondimento sul concetto dei fulcri naturali (e inerziali) nella disciplina CS.

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strutture dette granulazioni o villi aracnoidei. Si prolunga dal foro occipitale fino al sacro, formando il tubo durale. Andando verso l’interno troviamo lo spazio sub-durale dell’aracnoide, che ha una struttura a ragnatela ed é sottile, molto delicato e vascolarizzato. Poi troviamo lo spazio sub-aracnoideo a contatto con la pia madre. Nello spazio subaracnoideo circola il liquido cefalo-rachidiano. La pia madre è la terza membrana, la più interna, e segue tutte le circonvoluzioni cerebrali e del midollo. Garantisce l’apporto sanguigno, é molto vascolarizzata e delicatissima. Le abbiamo divise ma formano un sistema unico che con la sua capacità di scorrimento permette alla colonna vertebrale di non interferire sul midollo spinale pur muovendosi nello spazio. Sutherland definì le meningi membrane a scambio automatico di tensione. Questo termine è stato oggi sostituito con quello di membrane a tensione reciproca (MTR). Queste membrane non sono elastiche come i tessuti fasciali, ed una capacità di movimento che possiamo definire tensilità tessutale: per questo quando la componente verticale si allunga quella orizzontale si restringe e viceversa, quando la componente verticale si accorcia quella orizzontale si allarga. Attraverso questo movimento le MTR esprimono la RP. A livello del ritmo CS queste membrane esprimono la loro mobilità attraverso fasi di rotazione interna/estensione e rotazione esterna/flessione; a livello delle maree più lente esprimono la motilità dell’espirazione e inspirazione. Il fulcro naturale del movimento delle MTR si trova nella parte anteriore del seno retto (seno venoso che si forma dall’incontro tra falce e tentorio) e si chiama Fulcro di Sutherland. Le MTR partecipano al movimento della RP: nell’inspirazione il tentorio si allarga e si appiattisce, mentre la falce cerebrale si abbassa e il tubo durale si accorcia salendo verso l’alto. Nell’espirazione il tentorio si restringe, la falce cerebrale si allunga verso l’alto e il tubo durale si allunga verso il basso. ESERCIZIO DI ANATOMIA ESPERIENZIALE PER IMPARARE IL MOVIMENTO DELLE MTR:

• In piedi, le braccia piegate davanti al petto con le mani rivolte verso il basso: le braccia sono il tentorio; collo e testa sono la falce cerebrale; il tronco e le gambe sono la falce cerebellare e il tubo durale.

• Rotazione esterna-flessione: le braccia si aprono spingendo i gomiti verso l'esterno, la testa si abbassa e si piega in avanti; le gambe sono dritte a indicare che il tubo durale è tirato verso l'alto.

• Rotazione interna-estensione: le braccia si chiudono, la testa si raddrizza e le gambe si piegano a indicare che il tubo durale è tirato verso il basso.

IL COMPLESSO SACRO-COCCIGEO

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L’osso sacro è posto alla base della colonna vertebrale, ed è un osso impari. E’ composto da cinque segmenti vertebrali fusi insieme e termina con il coccige. E’ connesso al cranio dal tubo durale, che si fissa con un’inserzione sulla 2° vertebra sacrale e si assottiglia nel filum terminale che va a fondersi con il periostio del coccige. Viene così realizzata un’unità funzionale fra il cranio e il sacro, perciò ogni movimento o inerzia su una delle 2 componenti influisce direttamente sull’altra. Approfondiremo questi aspetti nel 2° livello.

LA RESPIRAZIONE PRIMARIA

Sutherland passò la sua vita a studiare e sperimentare la capacità di movimento del MRP, individuando vari ritmi. Inizialmente, concentrandosi sulle ossa del cranio, individuò ciò che definì il ritmo CS. Dopo anni di approfondimento dell’anatomia e della sua meccanica, grazie a un’intensa esperienza fatta al capezzale di un paziente morente mentre contattava il suo MRP, spostò la sua attenzione alle forze primarie (o potenze) che animano la fisiologia. Chiamò Respiro della Vita

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(RdV) la forza primaria e Respirazione Primaria (RP) le sue manifestazione, che si esprimono attraverso 3 diversi livelli:

• La Marea Lunga (ML), il ritmo più lento: si esprime con una fase di espansione di 50 sec. e una fase di ritorno di 50 sec.

• La Marea Media (MM), un ritmo intermedio: si esprime con un n° di cicli che va da 1 a 3 al minuto.

• Il Ritmo CS (RCS) o Impulso Ritmico Craniale (IRC), il più veloce: si esprime con un n° di cicli che va da 4-5 a 12-14 cicli il minuto.

Definì il RdV come il fenomeno che media l’intenzione creativa e che connette la forma con la sorgente originaria della sua creazione (Sills, 2011). Alla base dell’espressione della vita c’è il movimento e la RP manifesta i ritmi profondi sui cui la vita si basa. La vita, a un livello profondo, emerge dalla quiete. Potrebbe sembrare un concetto esoterico, ma anche la scienza riconosce questa realtà. Questa quiete primordiale in ambito CS viene definita Quiete Dinamica (QD). Quiete intesa non come assenza ma come spazio ricco di potenzialità. Potenzialità che possono o meno manifestarsi. Dalla QD emerge il RdV. Dal Respiro della Vita (RdV) emerge la RP. Essa guida la formazione dell'essere umano, e si incarna nella fisiologia. La RP, nella sua espressione trans-personale, esprime il movimento più lento della Marea Lunga. E’ un movimento che appartiene alla Natura e che al momento del concepimento inizia a interagire con le cellule che si sono appena fuse per iniziare lo sviluppo di una nuova vita. Guidando lo sviluppo embrionale, la potenza della ML si trasmuta, cambia cioè forma, e da vita a un movimento fluido, la Marea Media, che viene inizialmente espresso dall’insieme della massa gelatinosa di cui l’embrione è fatto. Quando il corpo comincia a formarsi, si ha un ulteriore trasmutazione che dà vita a un movimento più veloce, l'impulso ritmico craniale o ritmo CS (RCS), che si esprime principalmente attraverso il movimento delle componenti tessutali dell'anatomia e della fisiologia. La RP si esprime dunque attraverso 3 ritmi diversi (ML, MM e RCS), attraverso una fase di inspirazione e una di espirazione. Nello schema seguente indichiamo come i movimenti delle varie strutture vengono definiti a seconda della loro localizzazione. Inspirazione Espirazione Flessione delle strutture singole posizionate lungo la linea mediana

Estensione delle strutture singole posizionate lungo la linea mediana

Rotazione esterna delle strutture doppie Rotazione interna delle strutture doppie Inizieremo la nostra esplorazione della RP provando a orientarci al contatto con il RCS. Il RCS esprime ritmicamente l’attività di un sistema funzionalmente connesso a tutti gli altri sistemi del corpo. La membrana durale è il confine fisico di questo sistema, che avvolge il SNC e delimita lo spazio dove circola il liquido cefalo-rachidiano. Le ossa del cranio e del sacro diventano per noi un ispessimento di questa membrana, che noi usiamo per ascoltare il ritmo e per proporre intenzionali inviti al sistema. Dunque il movimento delle MTR e il movimento delle ossa sono in continuità, li distinguiamo per motivi didattici, ma dal punto di vista della disciplina CS, sono un’unità funzionale.

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Il RCS è palpabile dovunque sul corpo, è più facile inizialmente sentirlo sul cranio ma con la pratica potrai sentirlo sulle anche, sul sacro, sulle ginocchia... e pian piano ovunque. Questo ritmo è espresso da tutte le ossa, tutte le membrane, tutti i fluidi e tutti gli organi del corpo. La sua frequenza normale è tra 5-6 e 12 cicli al minuto. Un ciclo completo è formato da 2 fasi: - FLESSIONE / ROTAZIONE ESTERNA - ESTENSIONE / ROTAZIONE INTERNA Chiamiamo Flessione-Estensione il movimento che viene espresso dalle ossa impari lungo la linea mediana. Sulle ossa periferiche, che sono pari, si esprime con una Rotazione Interna (RI) – Rotazione Esterna (RE). Ad es., sull’osso sacro sentiremo flessione-estensione e sulle ossa iliache o sulle caviglie sentiremo rotazione interna e rotazione esterna. Nella fase di flessione-RE la testa aumenta il suo diametro trasversale e tutto il corpo sembra allargarsi e ruota in una rotazione esterna, e c'è una sensazione di accorciamento dai piedi verso la testa. Nella fase di estensione-RI il cranio diminuisce il suo diametro trasversale e tutto il corpo si atteggia internamente e sembra assottigliarsi, mentre c'è una sensazione di allungamento dalla testa verso i piedi. Impareremo ad usare 4 parametri, in relazione al RCS:

• la frequenza o numero di cicli per minuto • l’ampiezza • la simmetria • la forza

Ricordiamo i 5 aspetti che contribuiscono all’espressione della RP (parti del meccanismo respiratorio primario):

" la fluttuazione del liquido cerebro-spinale " la motilità specifica del SNC dovuta al movimento delle cellule che lo compongono " la mobilità delle membrane a tensione reciproca " il movimento delle ossa craniche (flesso-estensione delle ossa centrali, rotazione esterna-

interna delle ossa pari) " il movimento di flesso-estensione del sacro fra le osa iliache

Anche se li distinguiamo per comodità, non dobbiamo mai dimenticare che sono aspetti di un TUTTO UNICO. IL RITMO CS E’ UN’ESPRESSIONE DI QUESTA UNITA’.

IL CONTATTO CON L’ALTRO E L’ASCOLTO

“E’ vero che l’ignoto è il più grande stimolo per l’intelletto, anche se per esso, nessuno pensa a ringraziare Iddio.” Emily Dickinson37, Lettere Alla base del CS c’è l’incontro con l’altro. Non lavoriamo solo col corpo della persona, ma con la persona intera. Ogni persona è unica, un'unica espressione della vita. Il corpo é l’aspetto materiale di un sistema che include la psiche, la mente, le emozioni. E’ nel corpo che questi aspetti si radicano. E’ attraverso il corpo che ne facciamo esperienza, e che prendono forma i pensieri e le emozioni. Pensiamo al bambino appena nato (ma anche quando é ancora dentro l’utero materno): è il corpo che guida la sua esperienza (fame, sonno, freddo, dolore, piacere…), é attraverso il proprio corpo e la vicinanza di altri corpi (in particolare quello materno) che l’esperienza comincia a prendere forma, a gettare basi più o meno sicure all’emergere del proprio senso di identità, del proprio senso di sé. E’ attraverso lo sviluppo del SN, radicato nella fisiologia del corpo, che man mano si creano le premesse cognitive che daranno un senso alla propria vita, che guideranno la capacità di interpretazione e di adattamento alla realtà. Corpo e mente si sviluppano fin da subito in stretta interrelazione, in realtà non c'è separazione. La capacità di consapevolezza si sviluppa di pari passo all’esperienza di esistere in un corpo. 37poetessastatunitense(1830-1886)

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“Conosciamo il vento tramite le forme che scolpisce nella sabbia; cosi conosciamo la mente tramite le forme che scolpisce nel corpo”. Bonnie Bainbridge Cohen (2008) Nella vita di tutti i giorni ci ritroviamo immersi in una realtà che tende a dare per scontata la vita. Difficilmente l’attenzione è portata all’interno, all’osservazione del mistero di queste forze intelligenti che operano costantemente e che permettono la vita. Basta prendere in mano un libro di biologia per restare ammutoliti di fronte alla complessità della vita. Il 70-80% degli ovuli fecondati non arrivano ad impiantarsi nell’utero: la vita non é quindi un evento cosi scontato. Trovarci oggi ad abitare questo corpo é un privilegio; ognuno di noi é un modo unico attraverso cui la vita si manifesta.

“Perché dentro l’essere umano è dove Dio impara” R.M. Rilke Allora, è con la consapevolezza del mistero della vita che possiamo trovare uno spazio ampio e rispettoso per avvicinarci all’incontro con noi stessi e con l’altro (e non solo nella stanza delle sessioni, ma anche nel traffico cittadino, al supermercato, o a casa con la nostra famiglia). In specifico, ci sono alcuni aspetti a cui possiamo portare attenzione. STABILIRE IL RAPPORTO E CREARE IL CONTATTO. All’inizio dell’incontro è importante stabilire un rapporto con l’altro. Stabiliamo un rapporto guardando la persona negli occhi, chiedendo come sta, cosa l’ha portata da noi, come si sente in questo momento. E’ importante che le domande siano morbide e aperte, non invasive, ma lascino spazio e libertà all’altro di dire quanto si sente a suo agio di esprimere. E’ anche importante dare una breve spiegazione del tipo di lavoro che andremo a fare, così che la persona, se é la prima volta che viene o che riceve una seduta di CS, si possa abbandonare con maggiore fiducia. RADICAMENTO E CENTRATURA. Nel radicamento e centratura entriamo in contatto con la tensione di due energie opposte e complementari: l’energia della terra, che ci sostiene e ci nutre, e l’energia del cielo, verso la quale tendiamo e che ci protegge e ci nutre dall’alto. Essere radicati vuol dire essere nel corpo, con i piedi ben piantati per terra, in contatto con la sorgente della nostra vita, che viene da lontano, e che in particolare si esprime lungo la catena degli avi che ci hanno preceduto e che ce la hanno tramandata. Se siamo radicati, la nostra energia si apre verso l’alto, in contatto con qualcosa di ancora più grande, con il mistero dell’universo, di cui siamo parte e con cui condividiamo gli elementi di cui siamo fatti. E’ attraverso la nostra posizione eretta che queste 2 energie si incontrano, guidate dalla verticale rappresentata dalla nostra colonna vertebrale, al centro del nostro essere. Lavorare con i piedi ben appoggiati sul pavimento e con la colonna dritta è fondamentale per mantenere radicamento e centratura. Più noi siamo radicati e centrati, più sosteniamo e guidiamo il radicamento e la centratura dell’altro. Tutto questo nella CS si attua attraverso l’orientamento ai fulcri dell’operatore (vedi più avanti). STARE CON IL NON SAPERE. La maggior parte dei nostri comportamenti é basato su esperienze passate e sulle nostre reazioni a esse: tendiamo a muoverci come se sapessimo già come sono le cose, come vanno a finire. In realtà, tutto cambia continuamente e non sappiamo come sarà fra un attimo. Toccare il corpo di una persona, il modo in cui sto seduto, il respiro che entra e che esce, i pensieri che passano, le sensazioni nel corpo in questo momento. NON E’ MAI ACCADUTO PRIMA, E’ NUOVO E SCONOSCIUTO… ISTANTE DOPO ISTANTE. Nella disciplina CS riconosciamo l’importanza di sviluppare un atteggiamento aperto. Certo, le esperienze, le conoscenze e la pratica, servono per orientarci sempre meglio, ma al tempo stesso vogliamo mantenere uno sguardo fresco, curioso, aperto, disponibile a farsi sorprendere, una mente da principiante: incontro l’altro come fosse la prima volta, ascolto la Respirazione Primaria come fosse la prima volta. Stare nel corpo ci permette di fare l’esperienza diretta, ORA, in questo momento. Sentire che pensieri ed emozioni sono legate a precise sensazioni fisiche.

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Io sono qui ora e percepisco – vedo – sento. Uso tutto questo come una parte per andare sempre più in profondità dentro me stesso. Ancora non so cosa c’è, e non sapere è stare in contatto con lo sconosciuto. Nessuno può praticare al posto nostro, dobbiamo farlo noi stessi. E l’unico modo per verificare se lo stiamo facendo è la nostra vita. IO NON SONO L’ESPERIENZA, IO SONO CHI FA L’ESPERIENZA. “Non conoscere permette a ogni qualsiasi cosa di accadere, di emergere. Quando non sappiamo, quando non abbiamo aspettative o idee preconcette su qualcosa, ecco che tutto ciò che accade in un determinato momento è semplicemente ciò che accade.” Bernie Glassman38 CONSAPEVOLEZZA DI SE’. E’ importante essere consapevoli di come stiamo, prima di iniziare una seduta e durante tutto il lavoro. Più siamo in contatto con noi stessi, più riusciamo a essere in contatto con l’altro. Più siamo in contatto con noi stessi, più l’altro facilmente entra in contatto con sé stesso. Durante il lavoro la consapevolezza deve essere portata anche alle posizioni che usiamo: è importante usare accorgimenti che ci permettano di essere comodi, così come dobbiamo portare attenzione alla comodità dell’altro: se c’è bisogno di un cuscino sotto le ginocchia, che non abbia freddo, che la musica non sia troppo alta. Attenzione particolare deve essere portata anche alle posizioni delle nostre mani nel contattare parti specifiche su cui intendiamo lavorare. PRESENZA. Essere presenti è la più potente forza di guarigione che possiamo mettere a disposizione di noi stessi e dell’altro. Essere presenti è essere testimoni di quello che avviene durante il lavoro, momento per momento, senza giudizio, senza aspettative, senza fretta. Essere testimoni tanto di noi stessi quanto dell’altro. Lo strumento principe che abbiamo a disposizione sono le nostre mani: portare consapevolezza e presenza nelle nostre mani è l’indispensabile fondamento per l’uso della tecnica. INTENZIONE. “L’intenzione funziona quando è in sintonia con la verità della realtà” (…) e ”La verità è, che noi non sappiamo” Jack Kornfield39 L’intenzione è un’altra potente risorsa a nostra disposizione. La nostra intenzione è volta all’ascolto, alla presenza, all’essere ricettivi, al mantenere uno spazio aperto, ad essere disponibili all’altro. La nostra intenzione è di non essere invasivi. La nostra intenzione è di essere in contatto con la RP e con le sue espressioni. Può anche essere importante aiutare l’altro a definire le sue intenzioni rispetto al lavoro che riceverà, a condividerle, e a trovare un punto di connessione fra le sue intenzioni e le nostre. LAVORO SENZA SFORZO. E’ importante essere comodi e rilassati durante il lavoro, permettendo alle nostre mani di essere morbide. In qualsiasi momento questo non avvenga, prendiamoci un attimo per noi stessi, per radicarci e centrarci, per tornare in uno spazio di presenza. Restiamo a disposizione dell’altro, a qualsiasi cosa il suo corpo ci inviti a fare, senza imporre dei cambiamenti che non sono maturi e che provocherebbero semplicemente uno sforzo da parte nostra. Quando siamo in contatto con i bisogni reali dell’altro, il lavoro fluisce in modo facile e senza sforzo. E’ altresì naturale incontrare momenti di sforzo, soprattutto durante il processo di apprendimento: in questo caso permettiamo a questo sforzo di essere gentile. RESPIRARE. Non dimentichiamoci di respirare ☺, e restiamo in contatto col respiro dell’altro. In momenti particolari può essere utile far entrare l’altro più in contatto col suo respiro, o dare

38InsegnantedimeditazioneZennordamericano39insegnantedimeditazioneVipassanastatunitense.

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l’indicazione di respirare con la bocca leggermente aperta, così da favorire una respirazione più profonda e più libera, e da allentare eventuali tensioni alla mandibola. Approfondiamo il contatto con l’altro nella parte che segue.

4 NEUTRALITA’ o ASSESTAMENTI Nell’approccio della Biodinamica CS parliamo di 4 neutralità o 4 processi di assestamento nella neutralità:

1. La neutralità/assestamento dell’operatore. 2. La neutralità/assestamento della relazione. 3. La neutralità/assestamento del sistema del cliente (assestamento iniziale, prima di

rivolgerci all’ascolto del sistema e degli schemi condizionati presenti). 4. La neutralità/assestamento dello schema condizionato (in questa prima parte guarderemo

al processo del punto di equilibrio, a partire da uno schema condizionato locale).

1) POSIZIONE DI ASCOLTO: FULCRI dell’OPERATORE e NEUTRALITA’/ASSESTAMENTO dell’OPERATORE

Quando ci predisponiamo all'ascolto, é importante portare attenzione alla nostra postura. Una postura centrata, aperta e spaziosa, permette una migliore capacità di ascolto. Imparando a portare attenzione al nostro corpo e a come ci sentiamo in esso, impariamo a portare attenzione all'altro, al suo corpo, a come si sente. In questo senso, la nostra postura e la nostra consapevolezza diventano una guida non solo per noi, ma anche per l'altro. Nella nostra disciplina parliamo dei FULCRI DELL’OPERATORE. Questi fulcri sono dei centri di orientamento per la nostra postura e la nostra attenzione, favoriscono la neutralità dell’operatore (vedi oltre) e la possibilità di stabilire un campo percettivo ampio. Questi fulcri hanno la caratteristica di favorire l’esperienza percettiva del nostro corpo dall’interno. Ognuno di noi nel tempo svilupperà dei FULCRI PERSONALI preferiti, cioè un luogo nel quale lasciar dimorare la nostra attenzione, in cui riposarci, in cui si attiva una sensazione di benessere. I fulcri personali possono cambiare di volta in volta e anche durante la stessa seduta, anche se tendenzialmente ci saranno dei fulcri a cui ritorneremo più spesso. Parallelamente sviluppiamo anche dei fulcri specifici, stabiliti in relazione al nostro MRP:

• RADICAMENTO (fulcro della terra) • ALLUNGAMENTO VERSO L'ALTO (fulcro del cielo) • SENSO di LINEA MEDIANA, ASSE CENTRALE, e senso di spazio che si organizza attorno

ad essa • CONSAPEVOLEZZA DELLO SPAZIO POSTERIORE (fulcro del seno retto)

Questi fulcri non devono essere presi come punti di riferimento rigidi, ma come fulcri naturali ai quali il nostro corpo-mente-spirito si può orientare sia mentre restiamo morbidamente seduti sullo sgabello sia quando ci muoviamo durante la seduta. Seduto sullo sgabello, trova una posizione comoda, con i piedi ben appoggiati sul pavimento, la colonna eretta. Se metti le mani sui fianchi, appoggiate sulle creste iliache, puoi immaginare una circonferenza che cinge il tuo corpo. Posteriormente, la circonferenza passa più o meno a livello della 4° vertebra lombare; subito sotto si trova la 5° vertebra lombare: l’incontro fra L5 e sacro è il punto naturale in cui il peso del corpo dall'alto si scarica verso il basso, e il punto in cui l’energia che ci arriva dalla terra attraverso le gambe mentre camminiamo arriva e si scarica. E’ importante che questo luogo sia aperto e flessibile per permettere lo scambio di energia fra cielo e terra.

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RADICAMENTO: immagina una radice che si prolunga dalla punta del sacro e del coccige, scendendo verso il basso, perpendicolarmente. Lascia che questa radice immaginaria scenda passando attraverso il pavimento, e continui la sua discesa nella terra, in profondità. Immagina che altre radici scendano sotto i piedi, in profondità. Come se tu fossi un albero, dalla zona del sacro percepisci questo movimento verso il basso, come se tutta questa parte sia radicata nel terreno. Le radici scendono e prendono nutrimento dalla terra, riportando il nutrimento al tuo corpo. Permetti a sacro, bacino, gambe di sprofondare verso il basso. Possiamo orientare questa discesa a un fulcro posto in profondità dentro la terra. ALLUNGAMENTO VERSO L'ALTO: dalla zona di L5 parte anche un movimento nella direzione opposta, verso l'alto. Immagina un filo che scorre salendo lungo la tua colonna vertebrale, continuando il suo viaggio verso l'alto uscendo dalla testa, passando dietro la nuca, salendo sempre più verso l'alto fino a connettersi con (l'universo) il cielo, da cui trae energia riportandola al tuo corpo. Lascia che le spalle siano libere di cadere verso il basso, mentre percepisci questo movimento verso l'alto, e invita le tue braccia a pendere morbidamente, con le mani appoggiate. Puoi anche immaginare il tuo busto come se fosse il tronco dell'albero che sale, e puoi immaginare i rami che in alto si protendono verso il cielo. Possiamo orientare questa salita a un fulcro posto nella profondità del cielo. Adesso prova a percepire entrambi i movimenti simultaneamente: dal sacro c'è un flusso in discesa verso il basso e da L5 c’è un flusso in salita verso l'alto. Lascia che il tuo corpo resti sospeso fra la terra e il cielo. SENSO DI LINEA MEDIANA, DI ASSE CENTRALE: grazie al radicamento e all’allungamento verso l’alto, possiamo percepire lo stabilirsi di un senso di centralità, di verticalità, al centro del nostro essere, lungo la linea mediana del corpo. A livello anatomico possiamo riconoscere la colonna vertebrale come l’espressione fisica di questa centralità. A livello più sottile possiamo iniziare a sviluppare la percezione di un centro energetico, come un sottile asse al centro del nostro essere. Mantenendo il senso di un asse centrale, porta attenzione alle 4 direzioni che si sviluppano attorno ad esso: dietro, i lati, davanti, sopra e sotto. CONSAPEVOLEZZA DELLO SPAZIO POSTERIORE: Porta attenzione particolare allo spazio posteriore, al dietro delle gambe, dietro il bacino, la schiena, il collo, la nuca. In contatto con la parte posteriore del corpo immagina di fare un piccolo passo indietro, dentro di te. E’ come se tu ti appoggiassi nell’area posteriore del tronco dell’albero. Con questo piccolo “passo indietro”, quando siamo al lettino, l'operatore crea spazio tra se e il ricevente, così da non invadere il campo energetico dell'altro, restando neutro e ricettivo. Progredendo nello sviluppo delle nostre capacità percettive, svilupperemo quello che viene definito il fulcro del seno retto: impareremo a prolungare il seno retto (incontro tra falce e tentorio) indietro, fino a proiettarsi con un angolo di circa 30° verso il pavimento, qualche metro dietro di noi. Per la consapevolezza dello spazio posteriore è importante mantenere la nuca allineata con il collo e il mento leggermente abbassato, in modo che l’area in cui il cranio si appoggia sulla 1° vertebra cervicale sia aperta e morbida. Questo permette lo sviluppo delle capacità propriocettive. Mantieni la consapevolezza di te al centro e meglio che puoi percepisci la globalità del tuo corpo. E’ da questa postazione che ti manterrai aperto durante la sessione all’interazione con il sistema del ricevente. Da qui puoi iniziare a sviluppare la capacità di tenere un campo percettivo ampio, che si apre attorno alla linea centrale creata dalla radice che scende dal coccige e dal filo che sale lungo la colonna vertebrale. FULCRO DEI GOMITI. Quando lavoriamo, un altro fulcro dell’operatore molto importante sono i gomiti. E’ importante che i gomiti poggino sul lettino, per permettere ad avambracci e mani di essere morbide e libere. Il fulcro dei gomiti diventa sia un fulcro di appoggio (mi appoggio sui gomiti per lasciare le mani libere) sia di ascolto (l’ascolto non è tanto fra le mani, quanto a partire dai gomiti, sempre per permettere alle mani di essere neutre e morbide).

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SVILUPPARE UN’ATTENZIONE NEUTRALE. La capacità di sviluppare una presenza caratterizzata da un'attenzione neutrale è il presupposto fondamentale per entrare in contatto e quindi essere nell’ascolto di quello che il sistema esprime, manifesta. L’attenzione neutrale è infatti fondamentale affinché il sistema possa esprimersi per come veramente è. La NEUTRALITA’ DELL’OPERATORE è lo stato nel quale c'è la possibilità di non scelta, non opinione, non giudizio. Questo non vuol dire che se siamo nella neutralità non esistono opinioni o giudizi, ma che li possiamo osservare da un luogo privilegiato e diminuire la loro carica condizionante (ad es. giudicare può condizionare l'espressione di quello che si deve ancora manifestare). Lasciando dimorare l'attenzione nella neutralità possiamo – meglio che possiamo, con amorevolezza – osservare tutti i fenomeni prodotti dalla mente e le varie difficoltà, coltivare il non attaccamento all'idea di come le cose dovrebbero essere e lasciar andare le aspettative di cosa dovrei sentire e cosa dovrebbe succedere in seguito. “C’è un centro quieto, o una profondità di Quiete, attorno al quale il nostro intero essere è organizzato. È il terreno più essenziale e fondamentale del nostro essere. (…) E’ nell’abilità di stare quiete ed ascoltare che la verità del sistema umano svela i suoi misteri. Mentre ascoltiamo, una vera umiltà emerge mentre incontriamo la grandiosa Intelligenza nel sistema umano.” Franklyn Sills (2001) CAMPO PERCETTIVO AMPIO. Si fonda sull’assestamento della neutralità dell’operatore e ci prepara all’orientamento verso il ricevente. L’operatore apre la propria attenzione portando consapevolezza a un campo ampio che include se stesso e il cliente. Questo permette di creare uno spazio di ascolto in cui affinare le nostre capacità percettive. Una parte dell’attenzione rimane presente a sé, al proprio corpo, alle proprie percezioni, mentre un’altra parte della’attenzione si apre ad accogliere la presenza dell’altro. E’ un campo percettivo in cui l’ascolto è di tipo AFFERENTE: un ascolto in cui lasciamo che le informazioni ci arrivino, senza andarle a cercare invadendo il sistema del ricevente. Un ascolto neutro, quieto e non giudicante. Anche quando l’attenzione si rivolgerà a una parte specifica, cercheremo di tenerla inserita in questo campo percettivo ampio, in un senso di interezza, unità. Questo permette la creazione di un campo di risonanza con il sistema del ricevente. Questo da una parte permette di ricevere informazioni sul sistema del ricevente, dall’altra permette al sistema del ricevente di sintonizzarsi con gli stati dell’essere incarnati dall’operatore e di rispondere agli inviti proposti dall’operatore. Il concetto di campo percettivo ampio verrà approfondito e ampliato nel corso dei vari livelli. Manteniamo l’orientamento agli aspetti della neutralità dell’operatore durante tutta la seduta. E’ normale che più volte ci ritroveremo ad averli persi: lo stato di centratura non è uno stato rigido e fisso, ma dinamico. Ci saranno volte in cui è più stabile e altre in cui lo perderemo facilmente, é naturale. In ogni caso, ogni volta che ci accorgiamo di averlo perso, semplicemente ci orientiamo nuovamente alla possibilità di ritrovare il contatto, con pazienza e amorevolezza verso noi stessi. All’inizio richiederà tempo sviluppare tutti questi orientamenti, e dovrai dedicare del tempo prima di ogni seduta per trovare una tua centratura. Continuando a praticare questa consapevolezza diventerà sempre più facile da attivare e da mantenere durante la seduta, ricontattandola ogni volta che la perdiamo. Da questo spazio, ci predisponiamo al passo successivo: stabilire il contatto, sia energetico sia fisico, con il nostro partner, stabilendo un campo relazionale chiaro e neutro.

2) NEUTRALITA’/ASSESTAMENTO DEL CONTATTO E DELLA RELAZIONE

Mi piace dire ai miei studenti: “Guardate la persona che avete di fronte nello stesso modo in cui guardereste un tramonto o una montagna. Accogliete questa visione con piacere. Prendetela per quello che è. Dopo tutto, è quello che fate anche con un tramonto.’ Infatti non dite: ‘Questo

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tramonto dovrebbe essere più rosso’ oppure ‘Queste montagne dovrebbero essere più alte al centro’. Rimanete semplicemente a guardare stupiti”. Così avviene con l’altra persona. La guardo senza dire ‘La sua pelle dovrebbe essere più rosea’ oppure ‘I suoi capelli dovrebbero essere più corti’. La persona è. (…) Per aiutare qualcuno, devi amarlo in modo semplice e fondamentale. Devi amare la persona che sta davanti a te e non un obiettivo che hai fissato per lei. Non puoi amare proiezioni future dell’altro senza assentarti dalla persona che sta seduta davanti a te. Joseph Zinker40, 2001 La neutralità della relazione si costruisce fin dal primo contatto con il cliente, che quando siamo operatori spesso inizia con una telefonata. E si affina e approfondisce durante tutta la relazione. Si basa su molti aspetti che verranno approfonditi man mano durante il percorso del training. Al tempo stesso nella parte iniziale della seduta portiamo un’attenzione specifica allo stabilire un assestamento neutrale della relazione, che sarà approfondita e ripresa più volte durante la sessione. Questo 2° processo di neutralità/assestamento si fonda sul precedente. E’ permesso inoltre dal mantenimento di un campo percettivo ampio in cui operatore e ricevente sono entrambi inclusi e si manifesta anche nella modalità e qualità del contatto fisico. Neutralità del campo relazionale. Permette l’emergere di uno stato di fiducia fondamentale. Senza questo stato nessun cambiamento duraturo può veramente accadere. Permette al sistema di andare al di là del proprio sistema di difesa, favorendo l’emergere delle potenzialità riequilibranti della RP. Più l’operatore porta nella relazione presenza, consapevolezza di sé, capacità di stare nel non sapere, non giudizio, intenzioni chiare, più questo processo è in grado di accedere a livelli di maggiore profondità. Come operatori possiamo essere presenti ai nostri limiti, timori, difficoltà e al tempo stesso essere capaci di accoglierli in uno spazio neutro, guardando a sé con gentilezza così come ci predisponiamo a farlo con il ricevente. Nello stato di presenza e consapevolezza spaziosa e non giudicante, le mani diventano delle “antenne percettive” (Sills, 2011). In questa fase ci permettono di esplorare il processo di assestamento nella neutralità della relazione. L’invito è, meglio che possiamo, a trovare parole e/o immagini che descrivano questo senso di assestamento. L’assestamento nella neutralità ci parla di noi stessi, dell’altro e del campo energetico che si sviluppa dalla interrelazione – o, come dice il monaco Buddhista vietnamita Tich Nhat Han, dall’inter-essere (interbeing). Neutralità del contatto fisico. La presa con cui intendiamo iniziare la sessione viene solitamente provata prima dello spazio in cui l’operatore si raccoglie per orientarsi ai propri fulcri, così da dare modo al ricevente di familiarizzare e prepararsi al primo contatto, facendolo scegliere fra più prese, in modo che operatore e ricevente possano trovare insieme la modalità più comoda. E’ una pratica questa che permette al ricevente di iniziare a portare consapevolezza anche a cambiamenti minimi nel tocco e quindi ad aprire la sua capacità percettiva e ad aumentare la consapevolezza di sé. Dopo che l’operatore si è raccolto orientandosi ai FULCRI dell’OPERATORE (e ai quali continuerà – durante tutta la sessione – a mantenere l’orientamento del proprio corpo-mente-spirito insieme allo sviluppo e all’approfondimento della NEUTRALITA’ dell’OPERATORE) c’è la fase che abbiamo chiamato la NEGOZIAZIONE del CONTATTO. Questo vuol dire che il passaggio dallo stare su di sé come operatori al contatto fisico è graduale e consapevole. Oltre agli aspetti precedentemente descritti, negoziare il contatto può anche voler dire interagire verbalmente con il nostro partner, facendogli sapere che stiamo per iniziare il contatto (ad es. dicendo “Adesso entro in contatto fisico”) o chiedendo se va bene che questo avvenga (es. dicendo: “Va bene se entro in contatto fisico?”). Il contatto fisico è una parte importante del processo di assestamento nel campo relazionale.

40 Psicoterapeuta Gestaltico di origine polacca.

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Da una parte ci prendiamo il tempo di assestarci nel contatto, negoziando l’appoggio delle mani (non vogliamo essere né invasivi né distaccati), verificando di trovare una posizione comoda, in cui poter mantenere un contatto NEUTRO (cioè non giudicante, non alla ricerca, ma aperto e disponibile ad aspettare e a ricevere), dall’altra verifichiamo che anche il ricevente si assesti nel contatto. Il tocco è un’arte. Questa arte è al cuore della nostra disciplina. A seconda dell’orientamento che vogliamo portare nella sessione svilupperemo modalità specifiche di tocco. In questa prima fase del percorso di apprendimento siamo orientati al soma (corpo fisico) e vogliamo sviluppare un contatto in cui le mani sono come foglie che si appoggiano sui tessuti come se questi fossero appoggiati sull’acqua, per cui portiamo un senso di MANI COME FOGLIE che GALLEGGIANO sull’ACQUA. La mano è in contatto fisico con i tessuti del corpo (attraverso l’intenzione ci connettiamo oltre la stoffa dei vestiti41), superficiali e profondi, al tempo stesso è leggera (senza perdere il contatto), con un senso di galleggiamento. In questo modo la mano è non attiva ma plastica e si adatta alle esigenze dei tessuti con cui è in contatto. Quando tocchiamo il ricevente, lo facciamo in modo da non interferire, lasciando che i processi naturali possano continuare a esprimersi. Portiamo attenzione al modo in cui entriamo in contatto: ogni persona ha esigenze diverse. Nella CS il contatto è di solito molto leggero, ma la leggerezza varia tantissimo da persona a persona. Rispettiamo le indicazioni dell’altro: se l’altro ci sente pesanti possiamo provare ad alleggerire semplicemente immaginando che le nostre mani siano molto più lontane fra loro di quello che sono realmente, ma senza perdere il contatto fisico. Infatti spesso la pesantezza che l’altro percepisce è più di tipo energetico che fisico. Può essere anche un’indicazione che quella parte specifica del corpo è particolarmente vulnerabile. Inoltre, il tipo di contatto adeguato varia di momento in momento. Fondamentale è l’intenzione con la quale ci avviciniamo all’altro: l’intenzione di mantenere uno spazio adeguatamente ampio, di restare in contatto con tutta la persona anche se ne tocchiamo solo una piccola parte, l’intenzione di mantenere spazio fra le mie mani anche mentre toccano il corpo dell’altro. Quando tocco il cranio, per esempio, non voglio dare l’impressione di contenere fra le mie mani una parte piccola e limitata del corpo della persona: fra le mie mani mantengo la sensazione di uno spazio ampio. Generalmente il movimento che ci porta al contatto fisico con l’altro è lento, e se siamo centrati e radicati, diventa facile non essere invasivi ma nemmeno “distanti”. A volte, con le persone più tese, può essere importante dare delle indicazioni: guidarli a chiudere gli occhi, a entrare in contatto col proprio respiro, ad ascoltare quello che succede dentro il corpo. NEGOZIARE LA DISTANZA: quando iniziamo il contatto fisico, è importante portare attenzione alla distanza fra sé e l’altro. Se siamo troppo vicini, rischiamo di invadere il campo energetico del ricevente, se siamo troppo lontani, può darsi che l’altro non riesca a “sentirci”. Questo essere troppo vicini o troppo lontani può essere sia un atteggiamento fisico, quindi una questione di distanza fisica, oppure può essere un atteggiamento interiore, di distanza energetica. Ogni relazione ha distanze diverse, e la distanza cambia anche nel corso della seduta. Impareremo a riconoscere quando il sistema ci chiederà più o meno spazio.

3) NEUTRALITA’/ASSESTAMENTO del SISTEMA DEL CLIENTE

Questo punto riguarda il lasciar assestare il corpo del cliente prima di rivolgerci all’ascolto approfondito del sistema CS. E’ permettere alle attivazioni superficiali di rilasciarsi, assestarsi, acquietarsi, così che sia ciò che necessita di attenzione (schema condizionato) sia la Salute possano essere percepiti più chiaramente. La metafora che ci può sostenere è quella di un recipiente con acqua e sabbia che è stato trasportato in giro: quando appoggiamo il recipiente su una superficie stabile ci vorrà del tempo affinché la sabbia si depositi sul fondo e l’acqua torni ad essere sufficientemente chiara da

41 Nella CS lavoriamo con i riceventi vestiti.

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permettere di vedere cos’altro è presente nel recipiente. In questo processo “lasciamo che la sabbia si depositi sul fondo”. Ci rivolgiamo a questa fase dopo l’assestamento nella relazione (che richiede tempi più o meno lunghi e che non si esaurisce ma continua durante tutta la sessione). Nell’assestamento del sistema del cliente possiamo sentire come i tessuti iniziano a ritrovare una condizione maggiormente fluida, mentre il corpo si abbandona all’inattività della posizione supina e alla forza di gravità. Il sistema nervoso autonomo (SNA)42 inizia ad acquietarsi e rilassarsi: da una modalità di maggiore attivazione del sistema simpatico43 si passa a una maggiore attivazione del sistema parasimpatico44. Questo può richiedere più o meno tempo a seconda della condizione del cliente. Ci sono casi in cui tutta la sessione si orienterà a sostenere il processo di assestamento nella neutralità e casi in cui più sessioni iniziali saranno dedicate a questo. In una condizione di maggiore equilibrio e/o di familiarità con il processo CS il sistema richiederà circa dai 10 ai 20 minuti per trovare un assestamento adeguato. Se ascoltassimo la RP con un sistema non ancora assestato, gli schemi condizionati che ci mostrerebbe sarebbero superficiali e la loro risoluzione non permetterebbe un cambiamento profondo. Quando il sistema accede a un buon grado di assestamento nella neutralità è possibile aprirci all’ascolto della RP nel sistema, che ci mostrerà dove è più o meno libera di esprimersi. Solitamente a questo punto possiamo spostarci dalla presa iniziale (che è di solito una presa ad ampio raggio) a prese specifiche. La modalità con cui il sistema del cliente accede o meno a uno stato di neutralità ci comunica molte informazioni sulle condizioni del sistema stesso. Pur senza lasciarci catturare dai dettagli di questo processo (manteniamo l’orientamento a un campo percettivo ampio) ciò che raccogliamo in questa fase è molto importante e il nostro compito sarà di sviluppare capacità percettive via via sempre più raffinate e trovare parole e/o immagini per descrivere ciò che arriva alla nostra consapevolezza e che risuona nel nostro sistema. Nel corso di più sessioni possiamo notare se, come e quanto il sistema (SNA e CS) riesce ad accedere più facilmente all’assestamento. La prima presa che utilizzeremo per prendere confidenza con l’assestamento del ricevente è la PRESA COSCIA-SPALLA. In sintonia con uno dei principi dello sviluppo embrionale (approfondiremo nel 2° livello) – lo sviluppo avviene dal basso verso l’alto – nel contatto iniziamo con la mano appoggiata sulla coscia e poi aggiungiamo la mano appoggiata in contatto con la spalla. Quando concludiamo il contatto toglieremo prima la mano dalla spalla e poi quella dalla coscia. Questa presa ci consente di avere un contatto con la globalità del corpo e facilita lo stabilirsi di un campo percettivo ampio. Prima di passare al 4° assestamento, approfondiamo l’arte del tocco.

L’ASCOLTO CON LE MANI “Il tatto è, in un certo senso, il più intimo dei sensi fisici. La pelle deve entrare direttamente in contatto con un oggetto, se vuole toccarlo. Non vi è alcun intermediario, come il suono per l’udito e la luce per la vista. La capacità sottile, dunque, è molto intima.” A. H. Almaas45 La palpazione è l'arte di usare il tocco per esaminare il corpo. 42 Il SNA (o SN neurovegetativo o viscerale) è un insieme di cellule e fibre che innervano gli organi interni e le ghiandole, controllando le funzioni che sono al di fuori del controllo volontario (da qui il nome di “autonomo”). E’ parte del SN periferico. 43 Si occupa di numerose funzioni collegate alle risposte di lotta o fuga in situazioni di pericolo e stress. 44 E’ la parte del SNA che si occupa del riposo, rilassamento, digestione e immagazzinamento di energia. Il suo motto è “riposa e digerisci”. 45 insegnante spirituale fondatore del Diamond Approach (nato dall'incontro tra gli antichi insegnamenti spirituali e lemoderneteoriepsicologiche)

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Attraverso la palpazione si possono esplorare le strutture al di sotto della pelle, la loro forma, il loro movimento e le relazioni che intercorrono tra una e l'altra. Può essere valutata la mobilita di un tessuto, o di un'articolazione, con le sue componenti ossee, legamentose, muscolari e tendinee. Può essere sentito il movimento dei fluidi del corpo, i vari ritmi: circolatorio, respiratorio, la RP. Si può sentire con la palpazione anche il campo energetico che circonda il corpo. Vi è un'ampia scelta nei modi di usare il tocco, per chi impara a usare la palpazione. Questi modi vanno da un tocco intrusivo a uno non intrusivo, da un modo attivo a uno passivo, da un forte contatto fino a un contatto leggero, o arrivare addirittura a un non contatto con le superfici del corpo. Da una parte c'è la palpazione che usa forze pesanti per intervenire su strutture al di sotto della pelle. Spesso l'uso di una forza palpatoria pesante evoca una risposta ugualmente forte dalla zona del corpo in esame. I muscoli si tendono, si mettono in atto i riflessi del dolore e il corpo si difende dalle mani che lo palpano. Le informazioni ottenute da questo tipo di palpazione possono dire di più sui meccanismi difensivi del corpo che sulle sue condizioni di base. Dall'altro lato c'è la palpazione leggera, non intrusiva, che permette di esaminare, senza evocare resistenze. Questo è il metodo più utile per l'operatore CS. La palpazione non intrusiva permette all'operatore di fare esperienza di una sorta di fusione con il ricevente. Come una spugna secca posta in un secchio d'acqua, le informazioni salgono e vengono ricevute dalle mani dell'operatore. Le nostre mani, ricordiamo, diventano “antenne ricettive”, capaci di ricevere informazioni dal sistema del ricevente. In questa situazione è importante che l'operatore si permetta di fare esperienza di qualsiasi informazione riceva. Anche se non si è sicuri, è importante accogliere quello che si riceve, come se fosse la verità. Tutte le volte che sarà possibile, indaghiamo con il ricevente per verificare o meno le nostre percezioni. Col tempo impareremo a fidarci di ciò che sentiamo e a discriminare tra realtà e fantasia. In questo processo è importante essere coraggiosi e umili al tempo stesso. Le nostre mani toccano, sentono, conoscono, indagano… pensano. Come dice la moglie di Sutherland, Ada, parlando del marito: “CON DITA PENSANTI”. L’osteopata Robert Fulford46 parlava di un tocco capace di liberare la capacità di auto-guarigione del sistema, chiamandolo anche “tocco d’amore incondizionato” che emerge da uno stato di neutralità. E sottolineava come il cambiamento sia supportato dall’intenzione che viene portata nel tocco. Il tocco veicola uno stato interno dell’operatore, uno stato dell’essere, un’attitudine interiore. Un tocco che come abbiamo già citato deve essere AFFERENTE, cioè capace di ricevere mantenendo la neutralità piuttosto che andare a cercare, invadendo. Così come il tocco è fondamentale per lo sviluppo del SN del bambino, è fondamentale per il mantenimento di un SN equilibrato nell’adulto. Deprivazioni da contatto fisico hanno un impatto significativo sul nostro corpo-cuore-mente-spirito. Neonati deprivati dal contatto fisico crescono sviluppando disarmonie e patologie, fino a lasciarsi morire. In bambini nati prematuri la mancanza di contatto fisico aumenta le possibilità di non farcela, mentre favorisce la crescita e la ripresa delle carenze evolutive iniziali. Senza un tocco e una relazione amorevoli il bambino non riesce a sviluppare fiducia in sé e negli altri. Per il corpo e per il SN il tocco è un NUTRIMENTO. Inoltre sostiene lo sviluppo armonico fra i due emisferi cerebrali. E’ per questo che in BCS si parla di TOCCO NEUROAFFETTIVO: un tocco capace di sollecitare il riequilibrio del SN e del sistema limbico (parte del cervello responsabile dell’origine e della gestione delle emozioni). Nell’esplorazione attraverso il tocco è importante NEGOZIARE L’ATTENZIONE.

46 statunitense, 1905-1997

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L’attenzione resta sempre rivolta alla persona intera, anche quando siamo in contatto con una parte specifica. E’ importante che l’attenzione abbia una qualità neutra: di solito la lasciamo circolare liberamente fino a che viene attratta da qualcosa in particolare, piuttosto che cercare attivamente. Restiamo disponibili senza fare nulla finché qualcosa emerge spontaneamente dall’altro. Ci può essere di aiuto una visione sfuocata, come quando contempliamo un paesaggio vasto, senza soffermarci su un particolare, ma lasciando che l’immagine totale arrivi ai nostri occhi. Più il campo percettivo è ampio, più si entra in contatto profondo con l’altro. INDAGINE con le mani: le nostre mani non impongono nessun approccio sul ricevente, piuttosto invitano, indagando nuove possibilità. Manteniamo un senso di domanda nelle mani, tipo “Qual’è la possibilità di movimento in questa zona?”. Di volta in volta sintonizziamo la domanda all’esplorazione che vogliamo fare: le mani trasmettono la domanda attraverso il contatto, dando vita a una comunicazione profonda. Senza fretta, impariamo a ricevere le risposte del sistema, che ci possono arrivare come: • qualità percettive derivanti dal contatto diretto con una parte del sistema CS • qualità percettive derivanti dall’ascolto di parti che non contattiamo direttamente • risonanza del nostro sistema con il sistema del ricevente: avvertiamo in noi dei cambiamenti,

che impariamo a riconoscere come risonanze (uso del nostro corpo come strumento percettivo) • immagini • suoni, parole, frasi che arrivano alla nostra consapevolezza • intuizioni Queste capacità di conversazione con il sistema hanno si continuano ad affinare nel corso dell’esperienza e per ognuno possono passare attraverso canali preferenziali diversi.

PALPARE LA RESPIRAZIONE PRIMARIA A LIVELLO DEL RITMO CS Alla testa: Verifica che la posizione del ricevente ti permetta di appoggiare avambracci e gomiti sul lettino. Usiamo i gomiti come fulcri di appoggio e di ascolto. Poni gentilmente le tue mani sui lati della testa del ricevente, in modo da essere in contatto con la maggior parte possibile del cranio, soprattutto a livello delle ossa craniche. Le mani si appoggiano sui tessuti del cranio come fossero foglie che galleggiano sulla superficie dell'acqua: questo è il tipo di percezione che vogliamo sviluppare nelle nostre mani quando siamo a livello del ritmo CS. La mano è in contatto fisico con il cranio, e al tempo stesso mantiene una qualità spaziosa. Puoi appoggiare le mani sul cranio con delicatezza, e poi, mantenendo il contatto, puoi immaginare che la testa sia molto più grande di quello che é realmente, oppure puoi immaginare che le tue mani siano molto distanti tra loro, il tutto senza perdere il contatto fisico. Invita spazio e morbidezza nelle e fra le tue mani. Lascia che le tue mani si fondano con la testa del ricevente, come se fossero un tutt'uno. Lascia che ci sia continuità fra il tuo corpo e quello del ricevente.

Permetti alla tua attenzione di essere neutra, cioè non hai investimenti personali in quello che noterai, ma sei disponibile ad accogliere l’espressione del sistema così com’è. Pur dimorando nella neutralità, quando siamo a livello dell’orientamento al ritmo CS l’attenzione sarà libera di indagare e di fare le sue valutazioni.

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Inizialmente potrai notare varie cose, come l'attività cardio-vascolare o la risposta della testa ai movimenti della respirazione polmonare. Notale e poi lasciale retrocedere sullo sfondo, predisponendoti ad ascoltare oltre questi aspetti macroscopici e ad entrare in contatto, a un livello più profondo, con l'impulso ritmico craniale. Orientati alla possibilità di entrare in contatto con la RP a livello del ritmo CS. Immagina che il cranio sia trasparente e immagina le MTR che sono posizionate al suo interno. L’ascolto del ritmo non è solo ascolto del movimento delle ossa, ma anche delle membrane posizionate al suo interno. Mantieni una percezione ampia e rilassati in essa. Non cercare niente, ma lascia che le informazioni arrivino a te.

A un certo punto probabilmente comincerai a essere consapevole di un movimento di espansione e contrazione della testa. E' un movimento come di tessuti che si allargano e si restringono (in particolare se pensi al tentorio, quella parte delle MTR che si attacca nell’area all’interno delle orecchie) ma anche come di liquidi che si gonfiano e si sgonfiano, ed ha una qualità magnetica che attira le tue mani fra loro, e poi le respinge. Lascia che questo movimento avvenga fra le tue mani, non seguirlo attivamente, non amplificarlo, non guidarlo. E' come l'acqua che muovendosi sotto alla foglia la fa muovere, ma la foglia di per sé è passiva, é solo appoggiata. Questo movimento di allargamento (rotazione esterna) e assottigliamento (rotazione interna) avviene con un ritmo di circa 5/6-12 cicli al minuto. Mantieni la tua intenzione orientata a questo movimento. Ascolta e accogli qualsiasi cosa tu stia notando. Una volta che ti senti a tuo agio con l'ascolto, comincia a portare attenzione ai 4 parametri: ampiezza, simmetria, qualità/forza e frequenza (n° di cicli al minuto). Ricorda che il movimento di rotazione interna-esterna del cranio è guidato dallo stesso movimento a livello delle membrane a tensione reciproca che si trovano all’interno. Ai piedi: puoi scegliere 2 posizioni diverse. Nella 1°, ti siedi ai piedi del lettino e poni le mani sotto le caviglie del ricevente. Lascia che le caviglie si accomodino fra le tue mani, e lascia che le tue mani siano rilassate e accoglienti. Mantieni un contatto morbido e molto leggero con le caviglie, non usare nessuna pressione, e lascia che le tue mani si fondano con esse. Le tue mani sono passive e accolgono il movimento e la loro qualità è di galleggiare sui tessuti come fossero foglie appoggiate sull’acqua. Di nuovo, non cercare niente, lascia che siano le informazioni ad arrivarti. Non hai bisogno di fare niente, sii ricettivo ed aspetta. A un certo punto comincerai a sentire un movimento di rotazione esterna, rotazione interna, un movimento sottile, quasi liquido, con una frequenza di 5-12 cicli al minuto. Nella 2°, ti metti in piedi e appoggi le mani sulla parte anteriore delle caviglie. Attenzione a non appoggiarti, ma a mantenere un appoggio morbido, in contatto e al tempo stesso spazioso. Procedi come sopra, lasciando che il movimento avvenga sotto le tue mani, che restano passive come foglie trasportate dal movimento dell'acqua. Puoi fare le stesso ascolto anche alle ginocchia e sulle creste iliache. Al sacro: Il sacro é il collegamento centrale fra la parte superiore e inferiore dello scheletro. Ha una forma curva e mobile, come una piramide curva a testa giù. Si articola superiormente con l’ultima vertebra lombare (L5-S1), ai due lati con gli ilei, e inferiormente con il coccige. Espressione del ritmo CS al sacro: con la persona sdraiata sul lettino, in fase di flessione CS la base del sacro (quella che si articola con L5) si muove in alto e l’apice (il coccige) si muove anteriormente (vedi le frecce nell'immagine), con un fulcro naturale a livello di S2. Questo movimento riduce la convessità anteriore dell’articolazione lombo sacrale e non ha relazione con il movimento che si ha quando il tronco si piega in avanti.

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Nella fase di estensione CS la base del sacro indietreggia, la convessità lombosacrale aumenta, il sacro si inarca posteriormente e l’apice si muove posteriormente. Siediti lateralmente accanto alla zona del bacino, rivolto nella direzione cefalica del ricevente. Fai alzare leggermente il bacino al ricevente e posiziona la tua mano in modo da ritrovarti con il sacro adagiato sulla tua mano. Lascia rilassare la tua mano, accogliendo il sacro. Pian piano, inizierai a percepire il movimento di flesso-estensione del sacro sopra descritto che avviene fra le tue mani. Permetti alla mano di mantenere il senso di galleggiare sui tessuti. Quando sei in contatto con il movimento, valutalo in base ai 4 parametri. Possiamo ascoltare il sacro invitando il ricevente a tenere le gambe stese oppure piegate, a seconda della comodità. Se tiene le gambe piegate, invitarlo a tenere i piedi distanti e ad appoggiare le ginocchia fra di loro, in modo che nel corpo non ci sia sforzo. Quando ascoltiamo il ritmo CS al cranio e al sacro siamo in contatto diretto con il MRP. Quando ascoltiamo le caviglie non siamo in contatto diretto con il MRP, ma ascoltiamo il ritmo grazie alla connessione che tutto il corpo ha con il MRP, attraverso i tessuti connettivi (che includono lo scheletro) e il sistema fasciale. Quando ascoltiamo a partire dalle ossa ricordiamoci che il movimento che stiamo ascoltando non si limita alle ossa con le quali abbiamo un contatto fisico, ma possiamo includere tutti i livelli del MRP. In particolare quando siamo al cranio portiamo attenzione all’unità ossa e meningi ma anche SNC.

IL TESSUTO CONNETTIVO E IL SISTEMA FASCIALE La fascia, insieme ai legamenti, ai tendini, alle membrane (che includono le meningi), al tessuto osseo, cartilagineo, sangue e linfa, fa parte del tessuto connettivo. Tale tessuto è composto di tubi collageni cavi e di altre fibre, inseriti in un ambiente liquido, le cui caratteristiche variano a seconda del particolare tessuto. I tubi collageni stessi sono riempiti di liquido, essenzialmente simile al liquido cerebro-spinale. Anche i vari strati di fascia sono lubrificati da liquido che ne permette lo scorrimento. Il tessuto connettivo espleta numerose funzioni: 1. meccanica, di sostegno 2. scambio di sostanze tra sangue e tessuti 3. riserva di materiali nutritivi 4. difesa contro le infezioni 5. trasporto di informazioni Nel tessuto connettivo, inoltre, risiede la propriocezione, il senso di posizionamento del corpo nello spazio. In particolare nei legamenti risiedono molti recettori nervosi sensitivi che registrano variazioni di movimento, velocità e posizione trasmettendo al cervello tutti i dati di stiramenti e dolori; il cervello risponde poi con stimoli motori ai muscoli. La sostanza fondamentale del tessuto connettivo, la matrice extra-cellulare, varia continuamente il suo stato, da fluida, a collosa, fino a solida, in base alle esigenze dell'organismo.

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Il tessuto connettivo è in realtà un vero e proprio sistema che connette tutte le varie parti del nostro organismo: avvolge, sostiene e collega tutte le unita funzionali del corpo, partecipando in maniera importante a: - metabolismo; - regolazione dell'equilibrio acido-basico; - equilibrio elettrico e osmotico; - circolazione sanguigna; - conduzione nervosa (riveste e forma la struttura portante dei nervi). Attraverso delle specifiche proteine di membrana (integrine) il sistema connettivo interagisce con i meccanismi cellulari. La rete connettivale è un continuum che connette sia strutturalmente che funzionalmente dando forma e consentendo la vita del nostro organismo. Ha una modalità di comunicazione più meccanica rispetto ai sistemi endocrino, nervoso e immunitario: tira e spinge comunicando da fibra a fibra, da cellula a cellula. Questa comunicazione avviene al di fuori della nostra consapevolezza. Il tessuto connettivo infatti è costituito da cellule che producono un'ampia varietà di sostanze nello spazio intercellulare, influenzando la fisiologia dell'organismo e integrandosi con gli altri sistemi. L’organizzazione del tessuto connettivo è essenzialmente energetica. I fluidi che compongono questi tessuti formano un campo unificato in cui la comunicazione avviene in modo molto veloce, molto più veloce di quanto avvenga nel sistema nervoso centrale (SNC), e che si estende in tutto il corpo. I tessuti connettivi hanno una certa elasticità, perfino le ossa, e rispondono alla pressione o al peso a cui sono sottoposti. Tessuti e liquidi non sono separati, ma fanno parte della stessa globalità. Questo campo di tessuti e liquidi risponde allo stress contraendosi e diventando più denso. Si creano così delle aree inerziali, attorno ai quali i tessuti cominciano ad organizzarsi. Le forze inerziali influenzano i fluidi rendendoli più densi e perfino a seccarli, creando aderenze, diminuzione del movimento, schemi distorti, nel tessuto. Le tensioni e gli squilibri, attraverso le membrane connettivali, si distribuiscono inoltre in zone anche molto distanti dalla zona originaria di tensione, limitando la capacita di adattamento del sistema nervoso (SN). Quando le tensioni non si liberano spontaneamente, si creano squilibri permanenti: al sistema viene a mancare lo stimolo necessario affinché possa liberarsi in modo naturale e spontaneo. Queste tensioni limitano così il naturale fluire della vitalità che si esprime attraverso i movimenti della RP. Con il termine fascia si intende quel tessuto che unisce e tiene insieme le varie parti del corpo. Permette la libertà dei movimenti fisiologici del corpo e tiene al suo posto tutti gli organi avvolgendoli. Ogni elemento del corpo è collegato, tramite la fascia, all’elemento vicino e puoi visualizzarle come tubi dentro tubi, dentro altri tubi o come lamine che si separano e si uniscono e poi ancora si separano di nuovo. La fascia non solo circonda ogni struttura del corpo, ma penetra anche in profondità dentro a molte di queste strutture: ad es. non solo riveste un muscolo, ma anche ogni fascio di fibre muscolari al suo interno. Si creano quindi strati di fascia più superficiali e strati più profondi. Ci sono 3 sistemi fasciali interconnessi: la fascia superficiale che avvolge, sotto la cute, completamente tutto il corpo, poi uno strato mediano ed infine uno profondo, a seconda delle strutture coinvolte. La maggior parte dei tessuti fasciali ha un orientamento prevalentemente longitudinale, e si dispongono verticalmente lungo il corpo. Queste fasce incontrano delle fasce trasversali (orizzontali) nei punti di snodo del corpo: le principali fasce trasversali si trovano nelle zone del pavimento pelvico, diaframma respiratorio e ingresso toracico, nonché di tutte le articolazioni.

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Le principali fasce verticali sono attaccate alla base craniale. La parte anteriore inizia con la fascia pretracheale e con quella bucco-faringea. La pre-tracheale discende dalla zona della mandibola e dello ioide. La buccofaringea scende dalla base craniale e dai processi pterigoidei dello sfenoide, raggiunge la trachea e l’esofago e continua anteriormente con la fascia pre-tracheale. Questo tubo scende inferiormente e si allaccia al pericardio. Posteriormente le guaine carotidee avvolgono l’arteria carotide interna, la vena giugulare interna e il nervo vago, collegandosi medialmente con la fascia alare. Questa fascia alare si unisce anteriormente e inferiormente con la fascia bucco-faringea e con il pericardio; le guaine carotidee si uniscono con la fascia più posteriore, quella pre-vertebrale. La fascia pre-vertebrale forma un tubo attorno alle vertebre cervicali e ai muscoli profondi cervicali; inferiormente si unisce ai legamenti longitudinali della colonna vertebrale. Tutti questi tubi della zona cervicale sono in connessione con le fasce sottostanti: la fascia anteriore continua con il pericardio e con il diaframma; le guaine carotidee si uniscono al pericardio e alla fascia pre-vertebrale; la fascia alare si unisce alla bucco-faringea e al pericardio; la pre-vertebrale si unisce ai tessuti connettivi della colonna vertebrale fino al sacro. Dal diaframma le fasce continuano verso il basso, connettendo la zona craniale direttamente con la zona del sacro. Dal sacro poi le fasce scendono lungo le gambe, continuando a formare una connessione unica fra tutte le fasce del corpo. La fascia ci permette di comprendere il senso della globalità, dell’interezza: tutte le fasce del corpo sono interconnesse e questo significa che ogni tensione anormale su una fascia può essere trasmessa da una parte all’altra del corpo in maniera unica, senza separazione. E’ intuitiva l’importanza della libertà di movimento delle fasce: nel punto di restrizione infatti il passaggio dei fluidi corporei e degli impulsi nervosi sarà meno efficiente e di conseguenza si ripercuoterà anche su una buona funzionalità degli organi.

SCHEMA FASCE VERTICALI: " SI ATTACCANO ALLA BASE CRANICA E ALLA MANDIBOLA " TRATTO ANTERIORE: CONNESSO FINO A DIAFRAMMA

- FASCIA PRE-TRACHEALE ! discende dalla mandibola e dalla zona dello ioide e copre la parte anteriore della trachea. - FASCIA BUCCO-FARINGEA ! discende dalla base cranica e dai processi pterigoidei dello sfenoide e avvolge la trachea e l'esofago ed è in continuità con la fascia pre-tracheale anteriormente; questo tubo scende fino a incontrarsi con il pericardio del cuore

" TRATTO POSTERIORE: - FASCE CAROTIDEE ! avvolgono la cartotide (arteria), la vena giugulare e il nervo vago, che sono connessi medialmente dalla fascia alare - FASCIA ALARE ! si unisce anteriormente e inferiormente con la fascia bucco-faringea e con i pericardio - FASCIA PRE-VERTEBRALE ! forma tubo attorno alle v. cervicali e ai m. cervicali profondi; inferiormente si continua con i legamenti longitudinali della colonna vertebrale, permettendo continuità fasciale fino al sacro; fascia pre-vertebrale è in continuità con le fasce carotidee.

" ZONA SOTTO IL DIAFRAMMA: - dal diaframma la fascia si continua con il legamento falciforme del fegato e poi con il legamento rotondo e con quello ombelicale, e poi ancora più in basso con quello pubico: questo permette una continuità dalla base cranica anteriormente fino all'arco pubico, e posteriormente fino al sacro - i tessuti connettivi del sistema viscerale e degli organi mostrano una continuità simile I DIAFRAMMI SONO DISPOSIZIONI ORIZZONTALI CHE INTERSECANO LA CONTINUITA' VERTICALE (diaframma respiratorio, ingresso toracico, pavimento pelvico, articolazioni). Il tessuto fasciale trattiene memorie di ogni genere, non solo fisiche ma anche di natura emozionale. Molto spesso sono presenti entrambe le componenti fisiche ed emotive. Ma così come

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l’origine del disturbo può essere un trauma fisico con i suoi annessi emotivi, anche tensioni emotive da sole possono compromettere la funzionalità della fascia. Spesso anche quando la tensione emotiva è cessata, il corpo continua a mantenere la tensione accumulata. In ogni caso, se le forze di disturbo non vengono processate, il tessuto mantiene la contrazione, e con essa la memoria dell’evento. Questa memoria, pur essendo legata a eventi passati, riguarda forze irrisolte che agiscono nel presente. Bisogna inoltre ricordare che i sintomi possono apparire molto tempo dopo il trauma che li ha originati. In questo caso il lavoro per una completa risoluzione può richiedere un tempo maggiore. Il lavoro CS di liberazione di queste tensioni è un processo di RIARMONIZZAZIONE che avviene attraverso un DIALOGO con i tessuti, con la forza vitale alla base dell’essere. L’operatore in questo è un testimone privilegiato, che osserva, accoglie, invita spazio e accompagna, senza mai imporre uno schema dall’esterno. Non sempre questo è un processo indolore. Infatti liberando tensioni il corpo si deve riabituare e il processo di assestamento può essere fisicamente e/o emotivamente doloroso. Date le caratteristiche del tessuto connettivo (plasticità e produzione di sostanze), il lavoro manuale sulla fascia permette alle cellule connettivali di produrre sostanze che aiutano il tessuto a rilassarsi e poi ad assestarsi nel nuovo equilibrio. 2 sono gli aspetti fondamentali che permettono alla fascia di rilassarsi e ri-acquisire la propria plasticità:

• la liberazione del tessuto, che acquista nuovamente fluidità, funzionalità e capacità di comunicazione e connessione;

• l'allentamento della trazione che causava la sollecitazione eccessiva. Entrambe devono essere presenti per permettere cambiamenti duraturi. La visione in questo senso deve essere contemporaneamente globale e locale. C'è bisogno di un ascolto globale per capire quali sono i punti nel corpo che maggiormente esprimono tensione (definiti fulcri inerziali), e c'è bisogno contemporaneamente di un intervento locale inserito nella globalità del sistema. La fascia ama soprattutto un lavoro lento e graduale, in quanto la sua caratteristica non è la flessibilità (tipica dei muscoli, che amano essere stirati), ma la plasticità, quindi la capacità di trasformare i suoi componenti. Per questo raccomandiamo lavori sulla fascia lenti e graduali, per tempi lunghi. Nel lavoro sulle fasce noi intratteniamo delle conversazioni con tali tessuti riguardo alla loro duttilità ed elasticità. Lo scorrimento del sistema fasciale è di pochi millimetri in stato di riposo. Facilitando lo scorrimento fasciale, la respirazione cellulare, il movimento dei fluidi, facilitiamo la capacità di espressione del meccanismo respiratorio primario (MRP), di queste forze originarie che sono al servizio della salute: diamo supporto al ripristino della comunicazione fra i vari sistemi.

Riassumendo le caratteristiche della fascia:

• PLASTICITA' (capacità di trasformare i propri componenti) • ALTA ADATTABILITA' A ESIGENZE LOCALI E GLOBALI • COMUNICAZIONE • PRODUZIONE SOSTANZE

IL DIAFRAMMA RESPIRATORIO

Il diaframma respiratorio è un muscolo tendineo a forma di cupola, che separa il torace dall’addome. Con la persona supina noterai che in corrispondenza del fegato, la parte destra è più in alto rispetto alla sinistra. La parte centrale del diaframma è occupata da un centro tendineo, che forma un centro dove convergono tutte le fibre muscolari. Questo è il centro frenico e da qui le fibre raggiungono la parte interna delle coste.

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La porzione lombare o vertebrale, cioè dove si inserisce sulla spina dorsale, è formata da due pilastri. Sono una banda muscolare flessibile e sottile che si estende fino alla parte centrale. Il pilastro di sinistra è più piccolo, e i suoi punti di inserzione sono corrispondenti alle prime due vertebre lombari. Le fibre dei pilastri si estendono in avanti medialmente, si incrociano per formare lo iato aortico, continuano medialmente e formano una figura a otto, lo iato esofageo. La parte periferica sorge dalla parte posteriore interna del processo xifoideo, dalle ultime sei coste e dalle arcate aponevrotiche lombo-costali. Presenta delle aperture che consentono il passaggio di strutture anatomiche, che sono: - aorta - esofago - vena cava - vasi esofagei - nervo vago - dotto toracico - fasce di fibre del pericardio - tronchi del simpatico - grande e piccolo nervo splancnico - arteria mammaria La contrazione del diaframma, durante l’inspirazione aumenta il volume della cavità toracica. Il diaframma si sviluppa a livello embrionale nell'estremità cranica del pre-embrione, sopra a quello che diventerà il cuore. Nella 3° settimana, grazie a un movimento di flessione dell’embrione, il cuore verrà posto nella cavità addominale e il diaframma subito sotto. E' uno dei muscoli più potenti del nostro corpo. Funziona come una pompa: nell'inspirazione comprime gli organi sottostanti (fegato, stomaco, milza, intestino) e nell'espirazione gli permette di rilassarsi, massaggiandoli continuamente. Inoltre favorisce la circolazione, permettendo nella sua azione lo svuotamento dei laghi sanguigni del fegato e della milza. E' dunque una sorta di secondo cuore venoso. Stimola le funzioni del fegato (produzione bile, eliminazione tossine, ecc.). Per questo il lavoro del diaframma respiratorio è importante quando lavorando stimoliamo rilasci di tossine, come ad es. nel lavoro delle cicatrici. Nella parte superiore, diaframma e polmoni massaggiano il cuore mentre respirano. Il diaframma respiratorio è coinvolto in molte azioni: la fonazione acuta (es. urlo), lo sforzo fisico, la defecazione, il parto, la tosse, il vomito, il singhiozzo, ecc.

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Le emozioni influiscono sul diaframma: ad es. gli stati ansiosi creano affanno respiratorio, difficoltà di deglutizione, acidità di stomaco. I muscoli respiratori sono attivati da neuroni che hanno il corpo nel midollo spinale, i quali sono sotto il controllo dei centri respiratori localizzati nell'encefalo. Una buona respirazione diaframmatica permette un corretto funzionamento del nervo vago. Il diaframma influenza gli organi mediastinici, il collo e la postura, attraverso il legamento centrale, una formazione fasciale composta da diverse strutture che vanno dal diaframma al cranio. Due connessioni particolarmente rilevanti:

" Con i muscoli psoas: i m. psoas si inseriscono sulle vertebre da T12 alle 5 lombari e sono quindi in contatto diretto con il diaframma respiratorio, i cui pilastri si inseriscono sulle prime 2 lombari. Il lavoro sul diaframma respiratorio può essere orientato proprio al lavoro sugli psoas, e in ogni caso ha un'influenza su di essi.

" Con il pericardio del cuore, grazie a un grosso tendine che parte dal centro del diaframma. Fra i disturbi che possono emergere da un diaframma respiratorio contratto, ricordiamo: alterazioni della colonna vertebrale, cervicalgie, dolori lombari, alterazioni – anche gravi – della postura, dolori intercostali, alterazioni del ciclo mestruale, stitichezza, problemi digestivi, addirittura problemi visivi e acufeni, tensioni alla mandibola, bruxismo, ernie inguinali, tachicardia. Simbologia del diaframma respiratorio come crocevia: Parte superiore del corpo: visibile, accettabile, consapevole ! tutto ciò che mostro al mondo; parte inferiore: invisibile, inaccettabile, inconsapevole ! tutto ciò che nascondo al mondo. E' importante dare il maggior sostegno possibile a questa area nella sua possibilità di apertura e di connessione tra il sopra e il sotto, tra il visibile e l'invisibile, tra l'accettabile e l'inaccettabile, tra la consapevolezza e l'inconsapevolezza. Il diaframma respiratorio è il fulcro naturale delle fasce del corpo: questo vuol dire che funge da punto di orientamento e organizzazione per la motilità e mobilità di tutte le fasce del corpo.

IL DIAFRAMMA PELVICO Il grande anello osseo formato dalle iliache, dal sacro e dal coccige forma la pelvi ossea. Al suo interno troviamo la cavità pelvica. Questa viene suddivisa dallo stretto pelvico in una pelvi maggiore ed una pelvi minore. In basso troviamo la pelvi minore che contiene la vescica urinaria, gli organi genitali interni, una parte di intestini ed il sigma-retto. E’ confinata dal sacro-coccige, dal pube, dall’ischio e dalla porzione pelvica dell’ileo. In alto troviamo la pelvi maggiore che contiene una parte di intestini e visceri e fa parte della cavità addominale. Il diaframma pelvico si estende attraverso le pelvi come un’amaca e fornisce il sostegno necessario ai visceri pelvici. Tenendo conto della grande influenza della mobilità sacro-coccigea e della mobilità fasciale longitudinale, possiamo dire che tensioni o squilibri in questa zona influenzano direttamente il MRP.

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A livello muscolare possiamo riconoscere: nella pelvi minore o urogenitale: - muscolo elevatore dell’ano - muscoli coccigei - fasce di entrambi nella pelvi maggiore: - muscoli ileo-psoas -fibre di tutti i muscoli che la attraversano

I muscoli piriformi sono muscoli delle pelvi che, assieme agli psoas, agli iliaci, ai pettinei e agli adduttori, hanno il compito di coordinare la zona pelvica con la colonna, mantenendo le articolazioni libere e bilanciando il movimento delle anche. I piriformi emergono dalla superficie ventrale del sacro e passano attraverso il grande foro ischiatico, per inserirsi sul margine superiore del grande trocantere, in stretta associazione con gli adduttori interni, integrando la sua azione nel ruotare la coscia lateralmente. I piriformi restano sopra il coccige, ed estendendosi anteriormente al sacro, tra il primo e il quarto foro sacrale anteriore, formano il lato posteriore del diaframma pelvico. Tematiche legate all’area pelvica: Riprendendo la simbologia del diaframma respiratorio, ricordiamo che la parte inferiore rappresenta tutto ciò che nascondiamo al mondo, ciò che è invisibile, inaccettabile, inconsapevole. Portando attenzione agli organi contenuti in quest’area e alle loro funzioni, possiamo facilmente ritrovare i collegamenti con alcuni temi47. Teniamo conto che gli organi esprimono chiaramente delle funzioni fisiologiche, ma le stesse funzioni sono riconducibili ai piani più sottili, cioè psicologici e spirituali. L’intestino ci parla da un lato (intestino tenue) della capacità di assorbire il nutrimento e dall’altro (intestino crasso) della capacità di lasciar andare i materiali di scarto. Attenzione a non lasciar andare troppo, così come a non trattenere troppo! L’intestino tenue è legato all’emozione della gioia, il crasso alla tristezza. Il fegato (l’organo più grande del nostro corpo) è coinvolto nei processi di disintossicazione. In Medicina Cinese (MC) è collegato alla capacità di avere una visione e alla funzione della pianificazione, mentre la cistifellea è collegata alla capacità di prendere decisioni. L’emozione legata a questi 2 organi è la rabbia. La rabbia non espressa produce un atteggiamento depressivo. La vescica, con la sua capacità di moderare l’intero equilibrio del corpo, ci parla anche della capacità di mediazione della persona nel suo rapporto con se stessa e con gli altri. I Reni sono

47UnapprofondimentodelletematichechelaMedicinaCinesecollegaconogniorganopuòessereinteressante.

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invece considerati in MC come i guardiani dell’energia ancestrale. Sono connessi alla vitalità, all’energia vitale. L’emozione connessa a reni e vescica è la paura. La milza, che da un punto di vista fisiologico è coinvolta nei processi di nutrimento, è anche connessa a una mente troppo attiva, che rumina, che non smette di pensare. Anche lo stomaco è legato al nutrimento – capacità di nutrire se stessi o gli altri. E’ legato all’appetito, non solo di cibo, ma anche “appetito per la vita”. Entrambi questi organi sono legati anche al ciclo mestruale. L’emozione a loro connessa è la preoccupazione. Una tematica importante che troviamo nell’area pelvica è quella relativa alla sessualità.

DIAFRAMMA o INGRESSO TORACICO

L’ingresso o accesso toracico non è un vero e proprio diaframma, ma data l’importanza di questa area di passaggio fra tronco e cranio e la presenza di strutture trasverse, fra cui vari muscoli e fasce che li avvolgono, viene considerato come un diaframma. E’ una zona di possibile restrizione trasversale che può provocare una limitazione delle fasce in senso longitudinale. Questo rallenta il drenaggio dei fluidi intracranici, che dalla testa raggiungono la cavità toracica passandovi in mezzo. Anatomicamente si presenta come un insieme continuo dove i differenti setti connettivi dalla superficie si approfondiscono avvolgendo e rivestendo muscoli, organi, tessuti o vasi. Si fondono in un continuo dall’interno all’esterno, e viceversa. A livello delle fasce profonde si trova una continuità diretta tra la base cranica e il diaframma respiratorio attraverso i legamenti pericardici superiori e inferiori. Dal punto di vista della struttura è composto da:

− la porzione anteriore della clavicola − la 1° e 2° costa − il muscolo sterno-cleido-mastoideo − vertebre cervico dorsali C7-D1 − processo acromiale della scapola

Tematiche legate all’ingresso toracico: E’ la parte superiore al diaframma respiratorio, che ci parla di ciò che mostriamo al mondo, ciò che è visibile, accettabile, consapevole. Ci parla delle relazioni e delle emozioni ad esse coinvolte. Dal punto di vista degli organi contenuti in questa zona, possiamo segnalare alcuni aspetti salienti. I polmoni sono gli organi che ci parlano di tutto ciò che ha a che fare con il nostro scambio continuo fra mondo interno e mondo esterno. Ci parlano della definizione dei nostri confini fra sé e cosa è altro da sé. L’emozione associata è la tristezza. Il cuore è considerato in Medicina Cinese (MC) il Re degli organi. Ci è solitamente chiara la sua connessione con la sfera emotiva e con le relazioni (non solo sentimentali), e gli antichi cinesi ci

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parlano anche della connessione con la mente e con lo spirito. In oriente le parole che indicano la mente, includono anche la presenza del cuore, per cui in realtà il termine che usano è mente-cuore, considerandoli in stretta interrelazione. L’emozione associata è la gioia (o la sua incapacità a percepirla). Il pericardio è il guardiano del cuore.

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FULCRI NATURALI E FULCRI INERZIALI

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Che cos'è un fulcro? Il termine fulcro deriva dal latino fulcire, che significa sostenere. E' un punto che sta al centro di qualcosa. Per fulcro intendiamo un'area che ha delle caratteristiche particolari che gli permettono di essere un centro di orientamento per altre strutture simili. Il fulcro è un'area attorno alla quale altre strutture si organizzano. Sono dei centri di organizzazione, dei luoghi che organizzano uno schema. Un fulcro è un punto attorno al quale un movimento si organizza. Come dice Kern (2001) “Nel corpo, il movimento CS avviene intorno a fulcri specifici che fungono da punti di azione della leva per i movimenti ritmici espressi dai diversi tessuti. La potenza che fornisce forza al movimento cranio sacrale si trova in questi fulcri, cosicché essi sono sempre aree importanti per il funzionamento del corpo”. Nella disciplina CS parliamo di fulcri naturali e di fulcri inerziali. I fulcri naturali (FN) si stabiliscono durante lo sviluppo embrionale, e sono luoghi attorno ai quali lo sviluppo di un determinato organo o struttura si organizza. Rimangono come dei punti verso i quali queste strutture continuano a orientarsi per tutta la vita. La relazione di una parte con il proprio FN ci dice molte cose riguardo alla sua libertà di espressione. E’ importante conoscere i FN del corpo, perché queste sono le aree intorno alle quali il movimento CS è espresso in modo equilibrato, se non vi sono forze che lo modificano o influiscono su di esso. Il FN è quindi da tenere presente durante il lavoro CS, sia quando vogliamo capire la libertà o meno di movimento di una struttura, sia per guidare e orientare il processo di bilanciamento. Al centro di un FN è condensata la potenza del Respiro della Vita (RdV) che ha guidato il nostro sviluppo nelle prime settimane di vita embrionale (e che tutt’ora ci sostiene). Come vedremo, il RdV è un concetto fondante della disciplina CS. Il FN è mosso dalla Respirazione Primaria (RP) e al suo centro troviamo la Quiete (altro concetto fondante della disciplina CS). Si utilizza invece il termine fulcro inerziale (FI) per indicare aree di inerzia che generano schemi condizionati nel corpo. Tali punti di inerzia si sviluppano quando sono presenti forze non risolte: ad es. un colpo di frusta immette delle forze nel sistema corpo-mente-spirito che se non adeguatamente processate il RdV cerca di contenerle e centrarle per permettere il miglior equilibrio possibile nel sistema, generando punti o zone di inerzia, attorno alle quali il sistema si organizza per compensare. Questo fa sì che la potenza del RdV non è più totalmente libera di esprimersi in relazione ai FN. Quindi nella zona inerziale ci sono sia le forze condizionanti sia le potenze biodinamiche del RdV. Attraverso il lavoro CS sosteniamo processi con cui le forze intrappolate del RdV possano tornare disponibili nel sistema. Le inerzie possono generarsi a seguito di traumi fisici, emotivi, tossine, malattie, ecc. Nel FI la potenza del RdV rimane intrappolata per cercare di ristabilire il miglior equilibrio possibile per il sistema.

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Il FI è un'area congestionata che condiziona la libera espressione della RP perché non è in grado di rispondere al movimento del RdV. I FI infatti sono fissi, a differenza di quelli naturali che sono mobili. Può anche capitare che FN diventino inerziali. RELAZIONE fra FULCRI INERZIALI e FULCRI NATURALI. Quando i fulcri inerziali si formano in un punto qualsiasi del sistema, l’espressione della RP deve riorganizzarsi di conseguenza, e così le strutture del corpo. Spesso quello che accade è che i fulcri naturali, partecipando alla riorganizzazione, vengono condizionati dagli schemi inerziali, diventando meno liberi di muoversi e addirittura spostati rispetto alla LM. Nei processi di risoluzione, impareremo a percepire i fulcri naturali che si orientano nuovamente alla loro espressione naturale. Al cuore di ogni resistenza, di ogni inerzia o di ogni malattia, c’è la Salute che cerca di mantenere il migliore equilibrio possibile, cercando di compensare le forze inerziali. I FI non ci interessano tanto perché mostrano uno squilibrio, quanto per la potenzialità di guarigione racchiusa nel loro centro.

4) NEUTRALITA’/ASSESTAMENTO DELLO SCHEMA CONDIZIONATO

PRINCIPI GENERALI:

I seguenti principi si applicano a livello generale a tutti i lavori con orientamento ai tessuti. Ricordiamo che anche le ossa sono tessuti. DIREZIONE DI ENERGIA: mentre siamo in contatto con la fascia, l'energia é sia trasmessa dalla mano anteriore alla mano posteriore, che viceversa. DIREZIONE FACILITATA o PREFERITA: Parti dandoti il tempo di entrare in contatto con l’area con la quale stai lavorando (neutralità del contatto e della relazione). Prendi uno spazio iniziale in cui creare un senso di connessione fra te, attraverso le tue mani, e il ricevente. Permetti al corpo del ricevente di assestarsi nel tuo contatto, e permetti alle tue mani di rilassarsi e di entrare in continuità con i tessuti con cui è in contatto. Immagina ciò che conosci dell'anatomia di quella parte. Mantieni un orientamento locale, alla parte con cui hai il contatto fisico, senza chiudere tutta la tua attenzione in quel punto, ma cercando di mantenere un campo percettivo relativamente ampio, orientato verso il senso di globalità, di interezza, della persona. Permetti alle tue mani di sprofondare leggermente nei tessuti, per quanto lo permettano, come se ci fosse un intenzionale avvicinamento delle mani tra di loro. Permetti a entrambe le tue mani di essere mosse dai tessuti. Lascia che i tessuti ti mostrino le loro dinamiche di movimento. A un certo punto percepirai una direzione nella quale i tessuti si muovono spontaneamente, esprimendo una forma fra le tue mani: questo è il loro movimento preferito. La direzione preferita è quella che i tessuti prendono in risposta alla presenza di un fulcro inerziale, quindi ci mostra che i tessuti non sono liberi di esprimersi, bensì condizionati. La direzione preferita ci mostra che i tessuti sono limitati nella loro possibilità di movimento. La direzione preferita ha un suo confine: è il punto di movimento massimo permesso dalle forze inerziali in una determinata direzione. PUNTO DI EQUILIBRIO BILANCIATO (O PUNTO DI TENSIONE BILANCIATA) o NEUTRALITA’ NELLO SCHEMA. Questo concetto deriva da un approccio classico definito “Punto Bilanciato di Tensione Membranosa o Legamentosa”. E’ uno stato in cui tutte le tensioni presenti nei tessuti trovano un punto di equilibrio, un assestamento, attorno al fulcro inerziale che

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le organizza. E’ uno stato di equilibrio dinamico in cui cessa il tira e molla presente nei tessuti e le forze impegnate a mantenere uno stato condizionato trovano una condizione di riposo. I tessuti accedono così a uno stato neutrale in cui le forze generate dal fulcro inerziale trovano un punto di tensione bilanciata. Qui le forze della RP non sono più impegnate a contenere le inerzie e mantenere il migliore equilibrio possibile ma diventano libere di sostenere le potenzialità di auto-guarigione e di auto-regolazione del sistema. E’ considerato il punto di miglior potenziale affinché il processo di auto-guarigione si attivi. Mentre sei in contatto con i tessuti e percepisci le loro dinamiche di movimento, che evidenziano le direzioni preferite, lascia che le mani siano mosse da questi movimenti. Lascia che le mani diventino plastiche e si adattino ai movimenti dei tessuti. Nota le direzioni preferite e i confini dei movimenti. Man mano che i movimenti si mostrano, puoi orientarti alla linea mediana del corpo (asse mediale) per avere una miglior comprensione dello schema condizionato. Dai il tempo allo schema di chiarirsi. Mentre continui ad ascoltare potresti sentire i tessuti che man mano iniziano ad assestarsi attorno a un punto di equilibrio. Puoi sentire la “forma” che i tessuti assumono esprimendo il loro schema condizionato e mentre si assestano puoi sentire che accedono a uno stato di riposo, in cui le tensioni trovano un equilibrio. Non sempre questo accade spontaneamente e ci può essere bisogno di un sostegno, soprattutto quando il movimento è organizzato attorno a più aree di inerzia. In questo caso senti i tessuti che si muovono preferibilmente in certe direzioni senza assestarsi. Permetti alla fascia di seguire la direzione preferita, accompagnandola. Il movimento può essere molto piccolo, da seguire solo intenzionalmente, oppure un po’ più ampio e fisico. La nostra intenzione non è di accompagnare la fascia fino al suo punto di confine, ma di invitarla a rallentare e ricercare un punto di equilibrio. Il punto di equilibrio viene trovato prima del confine. Al confine la fascia è nella sua tensione massima, prima del confine può trovare un punto in cui le tensioni possono bilanciarsi. L’invito intenzionale a rallentare può essere sufficiente a sollecitare uno spontaneo assestarsi attorno a un punto di equilibrio. Se questo non accade, solitamente puoi notare che c’è come un movimento che dondola avanti e indietro senza riuscire a trovare un assestamento. Puoi quindi portare un’intenzione leggermente più attiva nelle tue mani e accompagnare questo movimento, che avrà una direzione preferita, come uno spingere maggiormente in una direzione mentre dondola, e lo inviti a rallentare prima del punto di confine della direzione facilitata, finché non riesce ad accedere a una condizione di equilibrio, di neutralità, nelle sue dinamiche. Quando questo punto viene raggiunto comincerai a sentire che i tessuti si assestano nella quiete: si parla anche di neutralità nello schema. Qui è dove sosteniamo i tessuti a stare (sempre attraverso la plasticità delle nostre mani) affinché qualcosa possa essere liberato. Ricorda che al centro delle tensioni, delle inerzie, c’è la Salute al lavoro. La nostra attenzione non è verso cosa non funziona ma verso la Salute al centro di ogni squilibrio. Quando sei in contatto con lo schema, domandati “Che cosa organizza tutto questo?”. L’idea è di poter percepire il fulcro inerziale locale che organizza la struttura che hai fra le mani. Ci vorrà del tempo per imparare a percepire il fulcro inerziale, non c’è fretta. Nel frattempo ricordati di mantenere la domanda aperta. Quando i tessuti accedono al punto di equilibrio, non ci sarà più il tirare o spingere in certe direzioni, ma i movimenti si assesteranno in uno spazio di quiete. Questa quiete non vuol dire che niente accade: è un acquietarsi in cui gli schemi inerziali, le forze intrappolate, possono iniziare a liberarsi. Possiamo sentire movimenti nei fluidi che compongono i tessuti, rilasci nei tessuti, forze che si liberano. E’ importante riconoscere il punto di equilibrio come un luogo in cui restare, affinché il processo di liberazione e riorganizzazione possa accadere. All’inizio, quando le capacità percettive non sono ancora raffinate, potrà sembrare un punto in cui il lavoro “è finito”, mentre in realtà siamo nel punto in cui il lavoro “inizia”. Dopo aver avuto accesso al punto di equilibrio attorno al quale le tensioni dei tessuti si bilanciano, possiamo essere testimoni del processo di liberazione e dissipazione. Questo processo avviene tramite rilasci che possono manifestarsi in tanti modi diversi (vedi sotto).

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Quando il sistema si riorganizza, cominciamo a percepire i tessuti come più morbidi, più espansi, come se tornassero a respirare, a volte il movimento della RP si presenta esprimendo un’espressione più libera ed equilibrata. Nel processo di riorganizzazione è importante orientarsi alla linea mediana del corpo, per guidare e sostenere il processo di bilanciamento e riallineamento. Ricorda che la risoluzione è sempre quella possibile in quel momento, per cui non ti aspettare che sia necessariamente “completa”. Durante tutto il processo è importante mantenere un contatto gentile e spazioso, senza “aggrapparsi” ai tessuti. Nonostante il processo venga descritto per fasi sequenziali, teniamo presente che non sempre è così lineare, ma all’interno della stessa pratica il processo può ripetersi più volte in forma “ridotta” (es. parziale assestamento nel punto di equilibrio, alcuni rilasci, assestamenti intermedi, ulteriore assestamento nel punto di equilibrio, ulteriori rilasci, ecc.) per poi accedere a un livello più profondo.

• Orientamento all’espressione della RP (in questo caso a livello del ritmo CS). • Emergere dello schema condizionato, con presenza di direzioni preferite delle fasce. • Ricerca e accesso al punto di equilibrio che permette il bilanciamento delle tensioni presenti

(orientarsi alla Salute). Domanda: “Che cosa organizza questo?” (ricerca del fulcro inerziale).

• Processi di rilascio delle inerzie presenti. • Processo di riorganizzazione (orientarsi alla linea mediana del corpo).

Il punto di equilibrio ci introduce a uno dei principi dell’orientamento biodinamico che svilupperemo andando avanti: LA GUARIGIONE AVVIENE NELLA QUIETE. Così come il movimento della vita emerge dalla quiete, è nella quiete che i processi di riequilibrio avvengono. Il movimento ci mostra lo schema condizionato, ma il punto cruciale è accompagnare lo schema condizionato a trovare un punto di equilibrio fra le sue tensioni: in questo punto di equilibrio il sistema raggiunge uno spazio di quiete, e da qui le forze intrappolate del RdV possono liberarsi e aiutare il sistema a rilasciare le inerzie e riorganizzarsi. RILASCIO TESSUTALE: o release, è la definizione che si usa per descrivere il processo che porta al senso di ammorbidimento e rilassamento che possiamo percepire quando una restrizione si scioglie. Il rilascio è sempre un evento positivo, indice di liberazione. Vi sono molti fattori coinvolti nel rilascio dei tessuti: - cessazione o diminuzione dei riflessi nervosi che hanno prodotto un incremento nel tono tessutale; - cambiamenti morfologici da resistenze elastiche a scorrimento viscoso: questo indica che le fibre si sono allungate, perdendo la memoria molecolare biomeccanica di ritornare alla loro lunghezza prima del trattamento; - un senso di incremento nel passaggio di fluidi attraverso i tessuti; - un senso di incremento nel passaggio di energia attraverso i tessuti; - un'emissione di calore, che sorge dalla regione del corpo in trattamento; - un senso di forza che respinge la mano dell'operatore mentre palpa o tratta la zona corporea; - scatti che avvengono nel corpo; - senso di “scarico” energetico; - presenza di una pulsazione che cresce fino a un massimo e poi decresce. Questo é il fenomeno della pulsazione terapeutica, che può accadere quando nel corpo del ricevente è in atto un processo di auto-correzione. L'ampiezza di questa pulsazione sembra incrementare da zero fino a un massimo sotto le mani del praticante, quindi decresce e alla fine scompare. Non è la pulsazione cardiaca, anche se può sembrare quando si sente per la prima volta. Il periodo di maggiore ampiezza può mantenersi per alcuni secondi o per diversi minuti. La sua presenza ci dice che qualcosa sta accadendo. Non togliamo le nostre mani dal corpo del ricevente finché non sentiamo che la pulsazione cessa o diviene impercettibile. Ricordati di mantenere spaziosità nelle tue mani. Un rilascio deve essere provato per essere compreso. Sembra che i tessuti si ammorbidiscano, che si muovano in modo più simmetrico e che l'area sia più soffice e rilassata.

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Normalmente il lavoro su un tessuto si considera concluso quando l'area accede a uno spazio di maggior equilibrio e rilassamento, i tessuti sono più morbidi, elastici, nell’area c’è più spazio. PERCEPIRE IL FULCRO INERZIALE: Quando siamo orientati al campo dei tessuti, come quando ci orientiamo al ritmo CS, un fulcro inerziale può essere percepito, ad es., come una restrizione tessutale che condiziona l’espressione del ritmo CS in particolare in quell’area. Abbiamo già detto che ogni schema inerziale, a livello dell’organismo nella sua globalità, è organizzato da un fulcro inerziale primario e da una serie di fulcri inerziali secondari. Il primario è ciò che organizza lo schema, i secondari emergono per compensazione. Quando lavoriamo orientati al ritmo CS, siamo orientati alle dinamiche locali di una specifica area o struttura. Quando ci occupiamo di dinamiche locali (orientamento al ritmo) portiamo attenzione al fulcro inerziale che organizza l’area, ma possiamo ampliare, con il tempo, la nostra capacità di percepire come lo schema locale è inserito nella globalità del corpo e se a sua volta il fulcro locale è organizzato in risposta ad un altro fulcro principale. La domanda che portiamo nelle nostre mani per aprirci alla percezione del fulcro inerziale può essere “Che cosa organizza questo schema?”. Porre questa domanda apre un campo di indagine. Non entriamo però in questo campo con l’intenzione di cercare, quanto di sollecitare una possibilità. Ci vuole del tempo affinché la domanda venga processata dal sistema e una risposta emerga. Il sistema ama la pazienza durante questo processo. Non cerchiamo e attendiamo che sia il sistema a parlare. Poniamo la domanda e ci mettiamo in attesa. Non c’è niente che dobbiamo fare. Possiamo iniziare a notare varie cose che accadono nei tessuti con i quali siamo in contatto. Possiamo sentire i tessuti che tirano verso un punto o che il loro movimento è impedito a partire da una tensione in una certa zona. Ci vuole del tempo perché lo schema o il fulcro inerziale diventino evidenti. Sills (2001) ci dice: “Prova a indovinare; permettiti di sbagliare. Nel tempo imparerai ad avere sempre più fiducia in quello che senti.” Possiamo dire che ogni schema inerziale ha una sua conformazione descrivibile attraverso 3 aspetti: forma, movimento e qualità. La conformazione è data dall’organizzazione dei tessuti, nonché dei fluidi di cui i tessuti sono composti, attorno ai siti di potenza inerziale, quindi include l’insieme dello schema inerziale e i fulcri inerziali. Esprime la deviazione dallo stato di espressione ideale. La forma è data dall’espressione fisica dell’insieme di tensioni, resistenze, densità, rigidità, a livello delle cellule e dei tessuti nel loro insieme. Il movimento riguarda il condizionamento che le inerzie pongono sull’espressione della motilità e della mobilità del sistema mentre esprime la RP (ad es. una rotazione esterna più ampia da un lato). La qualità può essere espressa a livelli diversi. Ci possono essere sensazioni fisiche di densità, pesantezza, secchezza, congestione, gonfiore, infiammazione, mollezza, debolezza, ecc. Oppure ci possono essere delle tonalità emotive: senso di tristezza, pianto trattenuto, chiusura emotiva, ecc. Queste tonalità emotive possono emergere dalla percezione tattile con tessuti e fluidi, o emergere come una risonanza che si apre dentro di noi. A volte le qualità possono evocare delle immagini. Come dice Sills (2001), non stiamo palpando solo un corpo fisico! C’è molto di più che arriva attraverso le nostre mani. “La vita è un vasto, inconoscibile movimento di completezza dove nessuno è separato e niente è escluso.” Toni Packer48

48Insegnantedi“indaginemeditativa”(meditativeinquiry)dioriginetedesca.

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APPROCCI DI RIEQUILIBRIO DEI DIAFRAMMI LE MANI SONO SEMPRE POSTE IN MODO CHE I POLLICI SIANO RIVOLTI VERSO LA TESTA DEL RICEVENTE. ABITUATI A LAVORARE INDISTINTAMENTE SIA DA UN LATO CHE DALL'ALTRO DEL RICEVENTE. Poni per prima la mano sulla zona posteriore, datti il tempo di entrare in contatto, di verificare la comodità tua e del ricevente poi aggiungi la mano superiore. Non avere fretta. Una volta entrata in contatto fisico con il diaframma specifico, datti il tempo di entrare in contatto con te stessa, allarga il campo percettivo, pur mantenendo un orientamento all’area con cui sei in contatto, e lascia che le mani diventino morbide e accoglienti. Non applicare nessuna pressione, ma lascia la mano superiore libera di fluttuare sui tessuti e quella inferiore libera di affondare sul lettino, ricevendo e accogliendo l'area posteriore del cliente. Lascia che fra le tue mani ci sia un senso di spazio. Inizia con un primo momento di ascolto, senza fare o cercare niente, e lascia che pian piano si stabilisca un contatto di fiducia. Semplicemente ascolta e lascia che le tue mani si fondano con i tessuti del ricevente. Lascia che una serie di fenomeni appaiano nel tuo campo percettivo, finché percepisci un assestamento nella relazione del contatto fra te e il ricevente. Qui è possibile aprirsi all’ascolto di come la RP (livello del IRC) si manifesta attraverso questi specifici tessuti. A questo punto, senza appesantire la mano e senza applicare una pressione, lascia che il contatto si faccia profondo quanto i tessuti del diaframma te lo permettono. E’ come invitare le mani ad avvicinarsi intenzionalmente fra di loro, ma non c’è uno spingere quanto l’attivarsi di un’intenzione energetica. Questo sprofondare può restare puramente intenzionale oppure corrispondere a un certo grado di adagiamento nei tessuti. La cosa importante è che non sia imposto o applicato dall’esterno, ma chiamato da dentro, dai tessuti. Nell’attivare l’intenzione di avvicinare le mani dialoghiamo con i tessuti e negoziamo con loro il punto di contatto che ritengono appropriato. Entra in contatto con la percezione delle fasce come sono strutturate sul diaframma sul quale stai lavorando. Man mano che le mani sprofondano nei tessuti inizierai a sentire la motilità e la mobilità dei tessuti con i quali sei in contatto. Permetti a questi movimenti di mostrarsi e di definirsi. Permetti a entrambe le mani di galleggiare sui tessuti e di essere mosse da questi movimenti. Fai attenzione a non agganciare i tessuti e a non amplificarne i movimenti. Lascia che accadano sotto le tue mani, ascoltali. Nota le direzioni preferite. Porta attenzione alle direzioni dei tessuti in contatto con entrambe le mani. Il contatto con la fascia dei diaframmi è un contatto diverso da quello che utilizziamo ad es. al cranio per ascoltare l’espressione della RP. La fascia ha una qualità elastica e richiede di essere ben incontrata a livello delle sue densità e tensioni per poter accedere al punto di equilibrio. Di nuovo, non vuol dire che dobbiamo avere un contatto pesante, ma che dobbiamo negoziare il giusto contatto, che può variare tantissimo da un cliente a un altro o da un momento a un altro durante la stessa seduta. A volte il diaframma ci chiederà un contatto molto leggero e spazioso, altre volte ci chiamerà fisicamente in profondità dentro i tessuti. Quando i movimenti si definiscono, possiamo notare che le fasce, ben incontrate dal nostro contatto, iniziano spontaneamente a rallentare i movimenti nella loro ricerca del punto di equilibrio. Questo è possibile perché il contatto delle nostre mani diventa un fulcro di orientamento per i tessuti nel processo di auto-equilibrio. Se invece notiamo che il sistema fatica ad accedere al punto di equilibrio, possiamo intenzionalmente invitare i tessuti a rallentare i loro movimenti e trovare un punto di equilibrio prima che il movimento si spinga verso il suo confine massimo.

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Una domanda utile da tenere nelle tue mani per cercare informazioni rispetto al fulcro inerziale: “Che cosa organizza questo schema?”. Prendi l’abitudine a porre la domanda anche se all’inizio ti sembrerà difficile poter avere una risposta. Tenere un orientamento alla linea mediana del corpo può darti informazioni sullo schema condizionato. Anche se siamo in contatto con l’emergere degli schemi condizionati, il nostro interesse non è per ciò che “non va bene” ma è rivolto alla Salute che è sempre presente. Quando i tessuti accedono al punto di equilibrio bilanciato, diventa più evidente lo schema che li condiziona, l’area fra le nostre mani ci mostra una forma che si organizza attorno a un fulcro inerziale. Dal punto di equilibrio il sistema inizierà a dissipare le forze inerziali intrappolate tramite processi di rilascio dei tessuti e dei fluidi che li compongono, per poi accedere alla riorganizzazione. Per sostenere il processo di riorganizzazione orientati alla linea mediana del corpo. Portiamo attenzione al fatto che il processo non è lineare come lo descriviamo, e che spesso quello che accade è un susseguirsi di più fasi di semi-assestamento, semi-dissipazione, semi-riorganizzazione prima che il sistema acceda al punto di equilibrio. Ricordiamo che ogni processo è unico e anche che ci possono volere molti processi prima che qualcosa veramente si assesti e si riorganizzi. In condizioni di tessuti molto congestionati a volte è già tanto arrivare a un senso di acquietamento senza nemmeno veramente accedere al punto di equilibrio. E’ veramente importante, con la pratica, sviluppare un senso di fiducia nelle capacità di auto-regolazione del sistema e della RP. Quando lasciamo andare il contatto, togliamo prima la mano appoggiata nella parte anteriore del corpo e aspettiamo un attimo prima di togliere l’altra. Vediamo ora le prese specifiche per ogni diaframma.

DIAFRAMMA RESPIRATORIO

Questo diaframma è la chiave della relazione fra le strutture trasverse. Si trova al centro del sistema, creando un cancello di passaggio fra la parte superiore e quella inferiore. E' importante dare il maggior sostegno possibile a questa area nella sua possibilità di apertura e di connessione tra il visibile e l'invisibile, tra l'accettabile e l'inaccettabile, tra la consapevolezza e l'inconsapevolezza. Data la sua funzione di crocevia, è sempre importante trattare il respiratorio, possiamo anche dire che se non sai cosa fare puoi andare sul diaframma respiratorio. Ricorda che al centro del diaframma respiratorio c'è un grosso tendine che è in continuità con il pericardio del cuore. La mano posteriore (pollice verso il cranio) viene posta in modo da accogliere sul palmo la colonna al livello tra T10 e L1. Dopo aver stabilito il contatto, poni l'altra mano anteriormente, sulla parte

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inferiore della cassa toracica, così da avere nel palmo parte dello sterno, il processo xifoideo e la zona superiore del plesso solare. Entrambe le mani sono aperte, con le dita leggermente divaricate.

DIAFRAMMA PELVICO Iniziamo da questo diaframma in quanto è il polo inferiore del sistema, base su cui si poggiano i poli superiori, ispirandoci al principio embrionale per cui lo sviluppo avviene dal basso verso l’alto. Il pelvico può trasportare tematiche legate alla sessualità e al valore di sé. E’ un’area delicata in quanto può trattenere tematiche legate ad abuso sessuale. E' bene far sapere al ricevente che andremo a lavorare su questa zona (“adesso dovrei andare a lavorare sulla zona pelvica, va bene?”), soprattutto se abbiamo la sensazione che la persona possa avere delle difficoltà, coinvolgendo la persona attivamente chiedendole di poggiare le dita sulla sinfisi pubica, cosi che possiamo trovare

il giusto contatto senza “vagare” per la zona, rischiando di creare scomodità nella persona. Chiediamo alla persona se si sente comoda una volta che abbiamo posizionato le mani, dandole cosi anche la possibilità di esprimere l'eventuale disagio. Altre volte invece il disagio può essere dell'operatore, e le stesse procedure ci aiutano a “rompere il ghiaccio”. Poni una mano sotto il sacro, in posizione trasversale, cosi che le spine corrano attraverso il tuo palmo, ricordando di usare la mano con il pollice rivolto verso il cranio del ricevente. Datti un attimo per sentirti comodo in questa posizione, e poi poni l'altra mano anteriormente, sulla parte inferiore dell'addome, così che l'eminenza tenar della tua mano tocchi il margine superiore dell'osso pubico e la restante parte copra la regione sovra-pubica, con le dita leggermente divaricate, in modo da coprire una maggiore area possibile. Per fare questo puoi appoggiare la mano sulla pancia e poi lasciarla scivolare verso la sinfisi pubica oppure puoi chiedere al cliente di toccare la sua sinfisi pubica con le dita. Entra in contatto con le fasce pelviche disposte come delle amache che si intrecciano sul fondo del pavimento pelvico.

INGRESSO TORACICO

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Non è un vero e proprio diaframma, ma lo trattiamo come tale in quanto é un luogo in cui molte fasce si pongono in modo trasversale. E’ una zona da cui passano molte strutture importanti, come vene, arterie, nervi. Le tensioni in questa zona possono generare pressione nello scorrimento dei fluidi da e verso il cranio e possono contribuire alla congestione dei seni venosi, provocando sintomi come mal di testa, giramenti di testa e bassa vitalità. E' il diaframma che è importante liberare prima di andare a fare qualsiasi contatto di liberazione sulla zona del cranio (che vedremo dal 2° livello in poi). La mano sulla zona posteriore (pollice verso il cranio) viene posta in modo da accogliere nel palmo le vertebre che vanno da C7 a T3. Dopo aver stabilito il contatto, poni l'altra mano sulla zona anteriore subito sotto le clavicole così da accogliere lo sterno sotto il palmo.

ULTERIORI DINAMICHE INERZIALI TESSUTALI

Porteremo adesso l’attenzione verso altri aspetti che contribuiscono allo scorrimento più o meno libero delle fasce nel corpo e che dunque hanno un’influenza sulla libertà di espressione del MRP e della RP. Il primo aspetto a cui porteremo attenzione sono le cicatrici, che come è intuibile, possono creare un impedimento allo scorrimento dei tessuti. Vedremo poi le articolazioni, che vengono considerate come dei piccoli diaframmi, quindi aree dove potenzialmente è più facile che inerzie restino intrappolate. Poi passeremo ai muscoli ileo-psoas.

LE CICATRICI Alla base dell’approccio CS c’e il concetto di CONTINUITA’ FASCIALE e di LEGGERA MOBILITA’ del sistema delle fasce. Le cicatrici rappresentano un evento interessante nella mobilità fasciale e sono all’origine di molte disfunzioni della fascia, creando un ostacolo e un punto di disorganizzazione, che va a influire direttamente sulla motilità e mobilità del MRP. Con l’esperienza si è rilevato che sono importanti tanto le cicatrici profonde, dovute a interventi chirurgici o a grossi traumi, quanto le cicatrici più superficiali. A volte la risposta a una disfunzione con origine in una cicatrice compare molto lontano dalla cicatrice stessa, al punto che può sembrare inverosimile. Una cicatrice appendicolare può essere la causa di mal di testa o di dolore alle ginocchia. Le cicatrici sono delle aree che facilmente trattengono inerzie importanti. Nel tempo impareremo a riconoscere le priorità di lavoro. Nel frattempo, come linea guida, possiamo dire che vale la pena occuparci delle cicatrici nelle prime sessioni. Al momento non ci occupiamo cicatrici sulla testa, perché il trattarle necessita abilità di riequilibrio del cranio, che ancora non sono state affrontate. RIEQUILIBRIO delle CICATRICI Nel lavorare una cicatrice abbiamo bisogno di trovare una posizione in cui una mano sia posizionata preferibilmente al lato opposto di dove si trova la cicatrice. Ad es., se la cicatrice è quella dell’appendicite, posizioniamo una mano nella parte posteriore del corpo corrispondente all’area della cicatrice. Poi poniamo gentilmente la punta delle dita dell’altra mano sulla cicatrice. Come sempre, è importante trovare una posizione comoda in cui poter stare a lungo. Come ogni volta che entriamo in una nuova posizione, prendiamo un attimo di tempo per verificare che si crei un assestamento reciproco nella relazione attraverso il contatto. Prendi contatto con la zona creando uno spazio intenzionale nel quale il corpo possa sentirsi libero di esprimere un movimento in questo tessuto specifico.

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La mano sottostante funge sia da sostegno energetico, sia da contatto con i movimenti che i tessuti dell’area esprimono in risposta alla presenza della cicatrice. Quindi lungo tutto il processo entrambe le mani sono coinvolte. Le dita sulla cicatrice e la mano opposta mantengono un senso di galleggiamento sui tessuti e mentre permettono ai movimenti di esprimersi vengono mosse da questi movimenti. Facciamo attenzione a non agganciare i tessuti e a non amplificarne i movimenti. Lasciamo che semplicemente accadano, mentre notiamo le direzioni preferite e l’emergere di uno schema. Ricorda che siamo in contatto con la fascia, che ha qualità plastiche e richiede di essere ben incontrata a livello delle sue densità e tensioni per poter mostrare gli schemi e permettere l’accesso al punto di equilibrio. Se necessario, accompagna il movimento, avendo cura di invitarlo a rallentare per ricercare l’accesso al punto di equilibrio, che viene trovato prima che il movimento arrivi al suo punto di confine. Una volta che i tessuti si assestano attorno a un punto di equilibrio, abbi la pazienza di aspettare i processi di rilascio delle inerzie, delle tensioni, e poi i processi di riorganizzazione. Mantenere un orientamento consapevole verso la linea mediana del corpo nella fase di riorganizzazione aiuta il processo. Cicatrici “importanti” possono necessitare di lavoro ripetuto nel tempo. Possiamo solo fare quanto ci è permesso dal sistema ogni volta, non di più. Sempre come linea guida per il processo di apprendimento, dopo aver sostenuto il processo di riequilibrio della cicatrice, può essere utile prenderci cura del diaframma più vicino e di quello respiratorio. Il diaframma più vicino può aiutare ad approfondire il riequilibrio nell’area della cicatrice, il respiratorio è importante per aiutare il corpo a lasciar andare le tossine che si liberano con il lavoro sulle cicatrici, grazie alla sua connessione con fegato e cistifellea. E’ utile indicare alla persona di bere abbastanza acqua il giorno della sessione e il successivo, per aiutare il processo di smaltimento delle tossine che si liberano quando un tessuto contratto si rilassa (questa è una buona indicazione in genere, dopo le sessioni). Il lavoro sulle cicatrice può essere accompagnato dall’emergere di emozioni legate all’evento che le ha originate. Se l’attivazione dovesse essere forte, invitate il ricevente a portare attenzione al respiro, senza accelerarlo, e al contatto del corpo con il lettino. Se necessario, invitare il ricevente ad aprire gli occhi e prendere contatto con l’ambiente circostante.

LE ARTICOLAZIONI Le ossa prendono contatto fra loro a livello delle articolazioni, che risultano più o meno mobili. Nelle articolazioni avvengono prevalentemente 2 movimenti opposti, che possiamo guardare a 2 conversazioni che intrattengono con la struttura globale del corpo:

• compressione: quando sostengono il peso • allungamento: quando vengono stirate

Ad es., nell'articolazione della spalla abbiamo la compressione quando ci si appoggia sulle mani, e allungamento quando si cammina. Le articolazioni intrattengono così un dialogo tra la mobilità e l'immobilità, tra la caduta e l'equilibrio. Le articolazioni possono essere suddivise in (Olsen, 1994):

- FIBROSE: non c’è cavità articolare, ossa tenute insieme da tessuto connettivo fibroso; alcune accentuano al massimo la stabilità riducendo al minimo la mobilità (es. suture del cranio) altre consentono maggiore libertà di movimento (es. collegamento radio e ulna).

- CARTILAGINEE: non c’è cavità articolare, le ossa sono collegate tramite tessuto connetivo cartilagineo con tessuto fibroso di supporto (es. disco piatto che separa i corpi delle vertebre o la sinfisi pubica).

- SINOVIALI (quelle che ci interessano in questa sede): le superfici articolari delle ossa sono rivestite di cartilagine e si trovano all’interno di una capsula fibrosa piena di

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liquido e rivestita dalla membrana sinoviale. Include la maggior parte delle articolazioni che riusciamo a percepire quando muoviamo il corpo, ad es. spalle, anche, ginocchia, caviglie, gomiti, dita piedi e mani, polsi, ma anche articolazione fra atlante ed epistrofeo (2° livello) e articolazione a cerniera della mandibola (4° livello).

La cartilagine è un rivestimento madreperlaceo bianco. Ha una composizione simile all'osso ma è maggiormente idratata e più elastica, serve per proteggere l'osso sottostante dalle sollecitazioni di pressione e sfregamento. La cartilagine è concepita per sopportare queste sollecitazioni, è relativamente elastica e forma una parete molto liscia che permette alle due superfici di scivolare una sull’altra durante il movimento. La cartilagine non è vascolarizzata e si nutre grazie al liquido sinoviale e all’osso che ricopre. La cartilagine può essere lesa sia a causa di eventi traumatici, che per eccessiva usura. La lesione cartilaginea si chiama artrosi e si accompagna spesso a una sofferenza delle regione interessata con rigidità articolare e muscolare. Il liquido sinoviale è secreto dalla membrana sinoviale delle articolazioni ed ha una consistenza simile all’albume dell’uovo. Nutre e protegge le parti terminali delle ossa, impedendone lo sfregamento durate i movimenti. Nello stato di riposo questo liquido è più denso, ed è responsabile della maggiore rigidità mattutina. Si fluidifica con il calore prodotto dal movimento. Le membrane sinoviali sono modificazioni del tessuto connettivo e dipendono, per il nutrimento e per l’eliminazione dei materiali di scarto, dalla circolazione del sangue. Quando le membrane sinoviali sono infiammate possono smettere di produrre liquido sinoviale, producendo artriti. RIEQUILIBRIO delle ARTICOLAZIONI Ogni articolazione può essere considerata come un diaframma, in quanto rappresentano delle interruzioni trasversali sulla disposizione longitudinale delle fasce. La corretta tensione fasciale a livello articolare non é solo importante per la libertà di movimento dell’articolazione stessa, ma anche per il drenaggio di tutto il distretto corporeo a valle. L’articolazione ha micro-movimenti fasciali, superficiali e/o profondi. La loro direzione dipende dalle strutture anatomiche che li generano e che sono diverse da articolazione ad articolazione. Per una comunicazione adeguata con il resto del corpo (ricordiamo la comunicazione tra tutti i sistemi del corpo) e per un'adeguata mobilità, le articolazioni necessitano di spazio al loro interno: aiutare il sistema a ricreare questo spazio è uno degli obiettivi principali del lavoro sulle articolazioni Ogni articolazione necessita di spazio per permettere movimento e azione, sia all’interno che all’esterno. Il lavoro sulle articolazioni é lavoro sui tessuti: non solo sulle ossa, ma sui fluidi, tessuti e fasce. Le articolazioni periferiche sono organizzate da un fulcro naturale lungo la linea centrale:

• le articolazioni degli arti inferiori hanno il loro fulcro naturale di movimento alla 5° vertebra lombare (L5);

• quelle degli arti superiori hanno il loro fulcro naturale di movimento alla 7° vertebra cervicale (C7).

E’ importante mantenere un orientamento consapevole al fulcro naturale dell’articolazione con la quale lavoriamo sia per ricevere informazioni rispetto agli schemi inerziali presenti sia per guidare il processo di riequilibrio. E’ normale che all’inizio non sia facile percepire il fulcro naturale e la sua relazione con l’articolazione: mantenere l’orientamento non vuol dire riuscire a sentire ma permette, nel tempo, alla capacità percettiva di iniziare a svilupparsi. E’ importante mantenere la nostra intenzione orientata verso questa possibilità, come una domanda aperta “Quale è la relazione di questa articolazione con il suo fulcro naturale?”. Il primo passo nel lavoro con le articolazioni è, come sempre, trovare una posizione comoda in cui avvolgere l’articolazione fra le nostre mani, in modo che questo sia comodo sia per l’operatore sia

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per il ricevente. Trovata la posizione ci prendiamo un attimo per verificare che si crei un assestamento nella relazione instaurata dal contatto. E’ possibile ascoltare l’espressione della RP a livello dell’articolazione e questo ci può dare indicazioni sullo stato di questa zona. Abbiamo l’articolazione di una persona tra le nostre mani, le mani l’avvolgono e galleggiano sui tessuti, rilassate e leggere, in modo da non impedire quello che avviene. Al tempo stesso, per essere in contatto con la struttura profonda dell’articolazione, l’intenzione é quella di muoversi con le mani verso l’interno dell’articolazione stessa, lasciandole sprofondare quanto l’articolazione è disposta a lasciar entrare. Ricordiamo che sprofondare non vuol dire stringere né premere, è una qualità principalmente energetica e conseguentemente fisica, con cui le mani incontrano le tensioni e le inerzie presenti nei diversi tessuti che formano l’articolazione (tendini, muscoli, ossa, fasce). Mentre ascoltiamo i movimenti che iniziano a mostrarsi, con le loro direzioni preferite, manteniamo un contatto locale e apriamo il campo percettivo per poterci orientare al fulcro naturale dell’articolazione con la quale siamo in contatto, che ci può rilevare informazioni utili rispetto allo schema condizionato e al fulcro inerziale principale che lo organizza. E’ importante saper aspettare, in atteggiamento ricettivo finché uno schema comincia a emergere. I movimenti si mostrano sotto le mani, chiedendo alla mano di adattarsi (se le mani sono rigide non permettiamo ai movimenti di mostrarsi), e facciamo attenzione a non amplificarli, quando piuttosto a rallentarli se necessario. La nostra intenzione è di invitare i movimenti dell’articolazione ad assestarsi attorno a un punto di in una condizione di equilibrio delle tensioni presenti, in modo che le varie tensioni possano accedere a un punto di riposo dal quale le forze intrappolate possano iniziare a liberarsi, dissipandosi, per poi accedere al processo di riequilibrio. Nel processo di riequilibrio ci orientiamo sia verso il fulcro naturale dell’articolazione sia verso la linea mediana del corpo. Porta attenzione a tutti i segnali di release, fino ad arrivare a un punto di rilassamento finale, in cui l'articolazione accede a una condizione di rilassamento, spazio, morbidezza. A questo punto è possibile orientarci nuovamente all’ascolto della RP (in questo caso siamo orientati al ritmo CS) e notare i cambiamenti nella sua espressione. Dopo l'articolazione è utile riequilibrare il diaframma più vicino, sede del fulcro naturale relativo. Un buon modo con cui concludere è con una presa che contatti contemporaneamente l’articolazione e il suo fulcro naturale, es. una mano sotto il ginocchio e 1 sotto l’area di L5 (simile alla presa del pelvico). Tenere le due parti, ascoltare la loro relazione e permettere un assestamento in questa relazione.

MUSCOLI PSOAS e ILIACI

Gli psoas sono dei muscoli potenti e imponenti che partecipano alla deambulazione, permettendo il trasferimento del peso del corpo dal tronco alle gambe e ai piedi. Sono muscoli profondi che stanno sotto vari organi e visceri e vene intestinali e addominali.

" Permettono la stabilizzazione e il mantenimento dell’equilibrio della colonna, dato che sono attivi in pressoché tutte le posture e nei movimenti della colonna lombare.

" Sono muscoli che contribuiscono al raddrizzamento della colonna. " Fungono, per le inserzioni che hanno con le vertebre lombari, da impalcatura della colonna,

perché i quattro manicotti muscolari di cui sono costituiti contribuiscono a sostenerla. Solitamente vengono chiamati ileo-psoas poiché vista la vicinanza delle loro inserzioni possono per alcuni essere considerati come un unico muscolo. Nel momento dello sviluppo, la curvatura lombare dove trovano inserzione gli psoas, è quella che permette il passaggio dalla posizione carponi del bambino a quella eretta. Se portiamo attenzione alla postura possiamo notare che: - in posizione eretta lo psoas permette il sollevamento del ginocchio verso il tronco; - nel passaggio dalla posizione seduta a quella eretta permette alla colonna di flettersi.

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A femore fisso lo psoas determina l’inclinazione laterale, la flessione e la rotazione dal lato opposto della contrazione, e l’iliaco porta il bacino in antiversione. Se il bacino viene mantenuto fisso, insieme flettono il femore in lieve adduzione e rotazione esterna.

fonte www.medicinapertutti.altervista.com

I muscoli ileo-psoas sono la chiave di un corpo equilibrato e ben organizzato. Ne abbiamo 2, uno per lato, ognuno composto da 3 fasci muscolari con funzioni specifiche. Il grande psoas è attaccato a T12 e alle 5 vertebre lombari, scende anteriormente al di sopra del pube e si attacca nella parte interna della coscia al piccolo trocantere. In posizione eretta permette il movimento di sollevamento del ginocchio; nel passaggio dalla posizione seduta a quella eretta permette la flessione della colonna vertebrale. Il piccolo psoas parte da T12 e si unisce al bordo del pube, contribuendo all’allineamento del bacino quando siamo in posizione eretta e impedendo agli organi della zona di cadere in avanti. E’ un muscolo residuo dall’evoluzione dalla posizione carponi a quella eretta ed e in via di estinzione, infatti alcune persone non lo hanno.

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Il m. iliaco è attaccato alla cresta iliaca e alla parte interna dell’osso ileo estendendosi in avanti al disopra del pube e attaccandosi sul piccolo trocantere. Permette movimenti che richiedono forza, come quello di calciare una palla o di correre. La loro integrazione, attraverso connessioni tendinee, ha un’influenza profonda sulla zona pelvica. Se muoviamo il pube avanti e indietro, questi sono i muscoli coinvolti. Li possiamo contattare anche contraendo i m. del ventre, portando la pancia in dentro. Andiamo a vedere le CONNESSIONI di questi importanti muscoli con altre parti del corpo: - Questi muscoli collaborano con quelli addominali (congiunti con sterno, gabbia toracica e pube), i quali permettono al movimento iniziato dagli ileo-psoas di proseguire con forza e resistenza. - Sono connessi con il diaframma respiratorio, che si attacca sulla colonna vertebrale a livello delle vertebre lombari. Il diaframma respiratorio, come i m. ileo-psoas, risponde a due diversi ritmi del corpo, quello viscerale e quello scheletrico. Muovendosi verso l’alto e verso il basso durante la respirazione, massaggia gli organi e le vertebre. - L’esofago e alcuni nervi passano attraverso il diaframma; l’aorta si appoggia appena dietro di esso, seguendo la direzione degli psoas e scendendo lungo le gambe. - Una complessa rete di nervi si muove attraverso e attorno agli psoas, creando comunicazione tra visceri e cervello. - Ogni rene e situato lateralmente al m. psoas. - La vescica e gli organi riproduttivi sono posizionati di fronte agli psoas. La posizione di questi muscoli è sia verticale che diagonale. L’ileo-psoas si può contrarre o flettere. E’ importante nella deambulazione, permettendo il trasferimento del peso del corpo dal tronco alle gambe e ai piedi, permettendo alla colonna di stabilizzarsi continuamente durante il movimento. Il movimento della deambulazione viene iniziato dal tronco e trasmesso dagli psoas. Inoltre gli psoas controbilanciano la relazione dei movimenti antero-posteriori. Questo li rende indispensabile per l’equilibrio. Molti malposizionamenti posturali sono dovuti a tensioni anomale in questi muscoli. Gli psoas funzionano come una pompa idraulica, stimolando i movimenti dei fluidi cellulari. Nella deambulazione infatti, attraverso la continua contrazione e allungamento, le viscere e la colonna vertebrale vengono massaggiate permettendo un’attivazione cellulare ed un flusso continuo di sangue. Animando la zona pelvica e le gambe influiscono inoltre ad una profonda attivazione delle funzioni anali e sessuali. Attraverso il movimento dei muscoli, anche le ossa si muovono, e sono appunto le ossa ad essere preposte al supporto del peso, non i muscoli, attraverso le articolazioni che servono appunto a distribuire il peso in modo appropriato verso le ossa. CONSEGUENZE DELLE TENSIONI A CARICO DEGLI PSOAS: • Una contrazione di questi muscoli può accentuare la curva lombare (lordosi), con conseguente

alterazione delle v. toraciche e cervicali (cifosi), e getta le basi della scoliosi. • Quando gli psoas sono contratti, ci sarà anche uno scompenso a livello di organi che

occuperanno uno spazio più ristretto e non fisiologico, si avrà un addensamento di liquidi che non permetteranno un morbido movimento di organi e colonna.

• I dolori mestruali possono essere una conseguenza della contrazione di questi muscoli, e così anche l’infiammazione del nervo sciatico.

• In presenza di cicatrici, che sono fulcri inerziali trattenuti nei tessuti (es. appendicite), è molto facile che l’ileo psoas sia coinvolto.

• Se una persona stringe abitualmente i denti, avrà quasi sicuramente anche gli psoas contratti. • Questo muscolo entra in forte tensione anche durante il periodo della gravidanza e del parto. • Negli sportivi, le tanto utilizzate flessioni del tronco da sdraiati con le mani intrecciate dietro la

testa per rinforzare gli addominali, in realtà non fanno altro che rinforzare lo psoas, a danno stesso della schiena. Avere l’ileo psoas molto sviluppato e soprattutto accorciato non è l’ideale, poiché esso provoca trazione in avanti del bacino e di conseguenza della zona lombare della colonna, con una lordosi che si accentua.

• In questo muscolo somatizziamo emozioni e memorie profonde (paura, rabbia, dolore): una tensione muscolare in questa zona della schiena può portare facilmente a delle alterazioni emotive.

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COME SI OSSERVA UNA TENSIONE SUGLI PSOAS: • Avvicinando una all’altra le caviglie del ricevente supino, se uno degli psoas è teso si noterà una

gamba più corta rispetto all’altra. • Più spesso l'attenzione sarà catturata dagli psoas a seguito dell'ascolto, senza che

necessariamente ci sia una manifestazione esterna come quella descritta sopra. E' una percezione che mi può arrivare in più modi, in particolare portando attenzione al fulcro naturale delle articolazioni delle gambe L5: possiamo dire che ogni volta che lo troviamo in condizione inerziale gli psoas sono coinvolti, o come causa o come risposta.

RIEQUILIBRIO MUSCOLI ILEO-PSOAS Le dinamiche dei muscoli ileo, psoas e piriformi influenzano direttamente l'area pelvica; gli psoas inoltre si connettono direttamente con l'area del diaframma respiratorio, dato che si inseriscono a livello della 12° vertebra toracica. Il diaframma pelvico è particolarmente importante nel lavoro di autoregolazione e riequilibrio del MRP, in quanto l'equilibrio del sacro, la base cranica e la colonna vertebrale/canale durale si influenzano reciprocamente in modo diretto. La vertebra L5 è il fulcro naturale delle gambe e di tutte le sue articolazioni, e dinamiche in queste aree sono spesso motivo di tensioni e squilibri. I muscoli che si inseriscono nelle ossa delle pelvi diventando tendini e poi periostio e osso stesso; se per motivi fisici, emotivi o altro non riescono a esprimersi nel movimento in maniera equilibrata, influenzeranno in maniera diretta il MRP. I muscoli psoas fanno parte della colonna lombare e gli iliaci della parte pelvica, ma unendosi in un unico tendine che si inserisce nel femore possono creare delle tensioni sull’osso sacro, così come i piriformi possono far traslare lateralmente l’osso sacro. Queste tensioni sono causa di rotazioni dell’intero diaframma pelvico e di spostamento del naturale fulcro delle gambe a livello di L5, cosi come influenzano direttamente (psoas) o indirettamente il diaframma respiratorio. Anche le articolazioni e il sistema fasciale delle gambe ne sono coinvolte. Nel processo di riequilibrio dei sopra citati muscoli, prendiamo particolarmente in considerazione le caviglie, le ginocchia e le ossa iliache. E’ attraverso queste articolazioni che dolcemente possiamo invitare questi muscoli e tendini a ricercare un equilibrio. Possiamo riconoscere la presenza macroscopica di dinamiche non in equilibrio a inizio sessione, quando il ricevente é già steso sul lettino: per gli psoas queste dinamiche si possono esprimere con una gamba più corta (psoas contratto) e una più lunga; per i piriformi con una gamba più aperta (piriforme contratto) e una più chiusa. Man mano che la sensibilità palpatoria aumenta, diventeremo in grado di percepire anche dinamiche più microscopiche. In un lavoro di supporto alla possibilità di auto-regolazione di queste strutture, possiamo sia rivolgerci direttamente a un contatto con questi muscoli (presa sull’inserzione dello psoas a livello del piccolo trocantere, oppure contatto con questa inserzione e con l’area che coinvolge le vertebre da T12 a L4) sia utilizzare altri approcci attraverso i quali indirettamente contattare gli psoas (le varie articolazioni delle gambe e del bacino, i diaframmi respiratorio e pelvico). Presa sull’inserzione dello psoas a livello del piccolo trocantere del femore: in questa presa le mani sono posizionate in modo che i pollici siano rivolti in direzione caudale. Una mano si posiziona sotto la coscia, con il lato del mignolo in contatto con la piega del gluteo; l’altra mano si appoggia sulla parte superiore della coscia, con il lato del mignolo appoggiato vicino all’incavo dell’inguine. Presa inserzione piccolo trocantere e area da T12 a L4: in questa presa una mano è posta sotto la coscia come nella presa precedente, mentre l’altra mano è sotto alla schiena, con la presa inferiore di quando contattiamo il diaframma respiratorio. Quindi qui ci troviamo con la 1° mano con il pollice in direzione caudale e la 2° mano con il pollice in direzione craniale.

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Indipendentemente dalla presa utilizzata, ci diamo il tempo di percepire un assestamento nella relazione del contatto. A questo punto entriamo in contatto con la struttura che ci interessa, attraversando intenzionalmente i vari strati che ci separano da un contatto diretto con questi muscoli. Entrambe le mani sprofondano intenzionalmente nei tessuti. Inizieremo a notare dei movimenti. Permettiamo a questi movimenti di diventare chiari e di mostrarci i loro schemi preferiti. Durante questa fase il contatto con il fulcro naturale L5 ci aiuta ad avere un senso più chiaro degli schemi di tensione e della localizzazione del fulcro inerziale che organizza questi schemi. Man mano che lo schema inerziale diventa evidente, permettiamo ai tessuti di assestarsi orienta dosi verso un punto di equilibrio, in cui tutte le tensioni presenti possano trovare un bilanciamento. Quando i tessuti accedono a questo punto di equilibrio, permettiamo al processo di dissipazione delle tensioni e di riorganizzazione di accadere, con pazienza e senza fretta. Nella fase di riorganizzazione l’orientamento al fulcro naturale L5 e al senso di linea mediana nell’area della colonna vertebrale è sia una guida per il sistema sia un indicazione dei cambiamenti che stanno avvenendo. Durante tutto il processo é importante riconoscere il tipo di spazio che sta tra le nostre mani, le sue qualità ed espressione, mantenendo una costante presenza a quello che succede, mentre lo sosteniamo. L’ascolto del sacro prima del lavoro contribuisce a darci indicazioni sulla condizione dell’area; dopo il lavoro di fornisce indicazioni sul riequilibrio avvenuto. “Siamo il dischiudersi vivente della vita stessa. Nessuno può controllare questo dischiudersi. (...) C'è la possibilità di portare attenzione, di essere veramente presenti, e di ascoltare la nostra condizione umana. Possiamo condividere ciò che impariamo per il miglioramento di tutto?”

Franklin Sills, 2001

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GLOSSARIO DELLE ABBREVIAZIONI

CS: cranio-sacrale C7: 7° vertebra cervicale FI: fulcro inerziale FN: fulcro naturale IRC: impulso ritmico craniale LCS: liquido cerebro-spinale L5: 5° vertebra lombare ML: Marea Lunga MM: Marea Media MRP: Meccanismo Respiratorio Primario

MTR: membrane a tensione reciproca (meningi) QD: Quiete Dinamica RCS: ritmo CS RdV: Respiro della Vita RP: Respirazione Primaria SCS: sistema cranio-sacrale SN: sistema nervoso SNC: sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale)