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21 L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO 1. L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO Aggiornamento di giurisprudenza (Si precisa – a valere anche per i moduli successivi – che l’aggiornamento di giurisprudenza riguarda le decisioni di interesse intervenute a partire dal 9 ottobre 2017, data da cui si ritiene debba decorrere l’annualità del corso di formazione periodica). Cass. civ. sez. VI, ord. n. 24920 del 20 ottobre 2017 Amministratore di condominio – Esercizio delle sue funzioni – Diligenza del buon padre di famiglia. Nell’esercizio delle sue funzioni l’amministratore di condominio assume le veste del mandatario e pertanto è gravato dall’obbligo di eseguire il mandato conferitogli con la diligenza del buon padre di famiglia a norma dell’art. 1710 c.c. Cass. civ. sez. II, sent. n. 25216 del 24 ottobre 2017 Parti comuni – Atti conservativi – Poteri dell’amministratore. L’art. 1130, n. 4, c.c. che attribuisce all’amministratore del condominio con riguardo alle parti comuni dell’edificio il potere di compiere atti conservativi, deve interpretarsi estensivamente nel senso che, oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa o a quella parte co- mune, l’amministratore ha il potere-dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato. Pertanto rientra nel novero degli atti conservativi di cui al citato art. 1130, n. 4, c.c., l’azione di cui all’art. 1669 c.c. intesa a rimuo- vere i gravi difetti dì costruzione, nel caso in cui questi riguardino l’intero edificio condominiale ed i singoli appartamenti, vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno che abilita alter- nativamente l’amministratore del condominio ed i singoli condòmini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto. Trib. civ. Massa, sent. 6 novembre 2017 Amministratore – Compenso – Mancata indicazione analitica – Nullità della delibera – Esclusione. È nulla la nomina dell’amministratore condominiale con conseguente nullità della delibera in parte qua in assenza della specificazione analitica del compenso a quest’ultimo spettante per l’at- tività da svolgere, tanto nel caso di prima nomina che di successive riconferme. Né, a tal fine, può rilevare la mera indicazione di una somma complessiva inserita tra le voci del preventivo di spesa. Cass. civ. sez. VI, ord. n. 27235 del 16 novembre 2017 Manutenzione straordinaria – Esecuzione su disposizione dell’amministratore – Assenza di delibera. Il principio secondo cui l’atto compiuto, benché irregolarmente, dall’organo di una società re- sta valido nei confronti dei terzi che abbiano ragionevolmente fatto affidamento sull’operato e sui poteri dello stesso, non trova applicazione in materia di condominio di edifici con riguardo TJ_826_Manuale_CorsiFORMAZIONEPERIODICA_AmministratoreCondominio_2018_1.indb 21 30/10/18 14:49

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1. L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO 

Aggiornamento di giurisprudenza(Si precisa – a valere anche per i moduli successivi – che l’aggiornamento di giurisprudenza

riguarda le decisioni di interesse intervenute a partire dal 9 ottobre 2017, data da cui si ritiene debba decorrere l’annualità del corso di formazione periodica).

Cass. civ. sez. VI, ord. n. 24920 del 20 ottobre 2017Amministratore di condominio – Esercizio delle sue funzioni – Diligenza del buon padre

di famiglia.

Nell’esercizio delle sue funzioni l’amministratore di condominio assume le veste del mandatario e pertanto è gravato dall’obbligo di eseguire il mandato conferitogli con la diligenza del buon padre di famiglia a norma dell’art. 1710 c.c.

Cass. civ. sez. II, sent. n. 25216 del 24 ottobre 2017Parti comuni – Atti conservativi – Poteri dell’amministratore.

L’art. 1130, n. 4, c.c. che attribuisce all’amministratore del condominio – con riguardo alle parti comuni dell’edificio – il potere di compiere atti conservativi, deve interpretarsi estensivamente nel senso che, oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa o a quella parte co-mune, l’amministratore ha il potere-dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato. Pertanto rientra nel novero degli atti conservativi di cui al citato art. 1130, n. 4, c.c., l’azione di cui all’art. 1669 c.c. intesa a rimuo-vere i gravi difetti dì costruzione, nel caso in cui questi riguardino l’intero edificio condominiale ed i singoli appartamenti, vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno che abilita alter-nativamente l’amministratore del condominio ed i singoli condòmini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto.

Trib. civ. Massa, sent. 6 novembre 2017 Amministratore – Compenso – Mancata indicazione analitica – Nullità della delibera –

Esclusione.

È nulla la nomina dell’amministratore condominiale – con conseguente nullità della delibera in parte qua – in assenza della specificazione analitica del compenso a quest’ultimo spettante per l’at-tività da svolgere, tanto nel caso di prima nomina che di successive riconferme. Né, a tal fine, può rilevare la mera indicazione di una somma complessiva inserita tra le voci del preventivo di spesa.

Cass. civ. sez. VI, ord. n. 27235 del 16 novembre 2017Manutenzione straordinaria – Esecuzione su disposizione dell’amministratore – Assenza di

delibera.

Il principio secondo cui l’atto compiuto, benché irregolarmente, dall’organo di una società re-sta valido nei confronti dei terzi che abbiano ragionevolmente fatto affidamento sull’operato e sui poteri dello stesso, non trova applicazione in materia di condominio di edifici con riguardo

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a prestazioni relative ad opere di manutenzione straordinaria eseguite da terzi su disposizione dell’amministratore senza previa delibera dell’assemblea dei condòmini, atteso che i rispettivi po-teri dell’amministratore e dell’assemblea sono delineati con precisione dagli artt. 1130 e 1135 c.c., limitando le attribuzioni dell’amministratore all’ordinaria amministrazione e riservando all’as-semblea dei condòmini le decisioni in materia di amministrazione straordinaria.

Cass. civ. sez. II, ord. n. 28764 del 30 novembre 2017 Amministratore – Revoca – Reclamo avanti la Corte di appello.

Il ricorso proposto ai sensi dell’art. 111 Cost. avverso il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo nei confronti del decreto del tribunale di revoca dell’amministratore di con-dominio, previsto dall’art. 1129 c.c., anche nel testo successivo alla riforma di cui alla legge n. 220 del 2012, non è ammissibile, trattandosi di provvedimento camerale che, se pur reso all’esito di un procedimento plurilaterale, e cioè ad interessi contrapposti, non ha alcuna efficacia decisoria, lasciando all’amministratore revocato la facoltà di chiedere la tutela giurisdizionale del diritto provvisoriamente inciso e di far valere le sue ragioni attraverso un processo a cognizione piena.

Trib. civ. Milano sez. III, sent. n. 12149 del 30 novembre 2017Amministratore – Decreto ingiuntivo – Notifica effettuata a sé stesso presso l’indirizzo di

residenza.

La notifica di un decreto ingiuntivo volto al recupero di somme dovute dal condominio all’am-ministratore effettuata a sé stesso presso l’indirizzo di residenza – e non a un curatore speciale nominato dal tribunale allo scopo – è inesistente perché intervenuta nei confronti di persona in palese conflitto di interessi.

Trib. civ. Palermo sez. II, sent. del 9 febbraio 2018 Amministratore – Omessa indicazione dei giorni di ricevimento – Effetti sulla delibera di

nomina.

Non costituisce motivo di invalidità della delibera di nomina dell’amministratore condominiale l’omessa indicazione dei requisiti di cui all’art. 1129, comma secondo, c.c. Le informazioni di cui al citato comma devono, piuttosto, essere inserite in una comunicazione dell’amministratore, la cui omissione potrà implicare – al più – una responsabilità dell’organo amministrativo, qualora rifiuti di ricevere i condòmini in un giorno predeterminato.

Trib. civ. Palermo sez. II, sent. del 9 febbraio 2018 Indicazione del compenso per l’attività di amministratore – Omissione – Conseguenze.

Dalla lettura dell’art. 1129, quattordicesimo comma, c.c. si evince che l’ammontare del com-penso richiesto dall’amministratore non deve necessariamente essere indicato nella delibera as-sembleare. Infatti, per espressa disposizione di legge, esso può essere precisato dall’amministratore all’atto di accettazione della nomina, atto che può intervenire in un momento anche successivo alla delibera stessa. Non è, pertanto, nulla né annullabile la delibera assembleare di nomina dell’ammi-nistratore, che non riporti gli elementi di cui al citato art. 1129, quattordicesimo comma.

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Trib. civ. Bologna sez. III, decr. del 26 aprile 2018 Amministratore – Nomina giudiziale – Nomina assembleare intervenuta nelle more – Effetti.

Qualora nelle more tra il deposito del ricorso ex art. 1129 c.c. per la nomina giudiziale di un amministratore condominiale e l’invio alla notificazione dello stesso intervenga la nomina assem-bleare, deve dichiararsi la cessazione della materia del contendere. Né l’eventuale invalidità, sotto qualunque profilo, della suddetta nomina può essere in alcun modo delibata in sede di procedi-mento di volontaria giurisdizione, trattandosi di questione devoluta all’esclusiva sede contenziosa di impugnazione della relativa delibera.

Cass. civ. sez. II, ord. n. 12120 del 17 maggio 2018Amministratore – Prorogatio – Volontà contraria dell’assemblea alla conservazione dei poteri.

La perpetuatio di poteri in capo all’amministratore uscente, dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all’art. 1129 c.c. o per dimissioni, fondandosi su una presunzione di conformità di una siffatta perpetuatio all’interesse ed alla volontà dei condòmini, non trova applicazione quando risulti, viceversa, una volontà di questi ultimi, espressa con delibera dell’as-semblea condominiale, contraria alla conservazione dei poteri di gestione da parte dell’ammini-stratore, cessato dall’incarico. 

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Percorso didattico 

1.1. Nomina, durata dell’incarico e diniego di rinnovazione (o disdetta).

a) Nomina dell’amministratoreIn base all’art. 1129 c.c. – norma inderogabile ai sensi del successivo art. 1138 c.c. – la nomi-

na dell’amministratore è obbligatoria quando i condòmini siano almeno nove. Ai fini di questo calcolo – è bene precisare – occorre tener presente il numero delle unità immobiliari in pro-prietà separata e distinta rispetto alle altre, con la conseguenza che il proprietario di più unità immobiliari è da conteggiarsi sempre in ragione di un condomino e che eventuali compro-prietari della stessa unità immobiliare sono da calcolarsi, anch’essi, come un solo condomino.

Ove l’assemblea non provveda alla nomina in questione, sia i singoli condòmini sia l’ammi-nistratore dimissionario possono adire l’autorità giudiziaria.

Contestualmente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico, l’amministra-tore deve comunicare ai condòmini i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale (la sede legale e la denominazione, ove si tratti di società), il locale dove si trovano i registri di ana-grafe condominiale, dei verbali delle assemblee, di nomina e revoca dell’amministratore, di con-tabilità, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta e rimborso della spesa, possa prenderne gratuitamente visione e ottenerne copia firmata dallo stesso amministratore.

L’assemblea potrà chiedere all’amministratore, al momento in cui ne valuta la nomina, di presentare una polizza di assicurazione per la responsabilità civile che copra gli atti da lui com-piuti nell’esercizio del mandato. I massimali della polizza dovranno essere aggiornati dall’am-ministratore nel caso di lavori straordinari (prima dell’inizio degli stessi) e tale adeguamento non dovrà essere inferiore all’importo di spesa deliberato per dare sempre adeguata copertura in caso di responsabilità.

Se l’amministratore ha una polizza di assicurazione per l’intera attività da lui svolta (cioè per diversi condominii), occorrerà una dichiarazione dell’impresa di assicurazione che garantisca le condizioni richieste per lo specifico condominio. Per approvare la nomina, così come la revoca, dell’amministratore occorre – ai sensi dell’art. 1136, secondo e quarto comma, c.c. – un quorum deliberativo, in prima e seconda convocazione, costituito da un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (fermi i quorum co-stitutivi di cui al primo e terzo comma dello stesso art. 1136 c.c.).

Eguali quorum – deve ritenersi – occorrono per richiedere l’anzidetta polizza di assicurazio-ne essendo la decisione in questione parte integrante della delibera di nomina (cfr. C. Sforza Fogliani, Codice del nuovo condominio, ed. La Tribuna, VI edizione, 2018, 147). Quanto alla conferma dell’amministratore in carica, nulla la legge di riforma dell’istituto condominiale (l. n. 220 dell’11.12.2012) ha precisato in proposito. Applicando i principii espressi dalla giuri-sprudenza di legittimità nelle sentenze n. 71 del 5.1.1980 e n. 4269 del 4.5.1994, deve ritenersi, comunque, che occorrano, anche in questo caso, gli stessi quorum appena indicati per la no-mina e la revoca.

Per quanto concerne i requisiti previsti dall’art. 71-bis disp. att. c.c. per svolgere l’attività di amministratore condominiale, così come per i casi di revoca dell’amministratore, si rinvia alle tavole sinottiche in argomento (Dopo la riforma, chi può fare l’amministratore di condominio e Quando l’amministratore può essere revocato sulla base della legge di riforma del condominio), predisposte dall’Ufficio legale della Confedilizia e riportate sul sito internet: www.confedilizia.it.

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b) Durata dell’incarico e diniego di rinnovazione (o disdetta)L’art. 1129 c.c. prevede, al primo periodo del decimo comma, che “l’incarico di ammini-

stratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per uguale durata”. Ma, in pratica, cosa significa la formulazione della norma?

Punto di partenza dell’interpretazione è che la riforma conferma in un anno la durata (certa) dell’incarico di amministratore (e in questo senso è anche l’orientamento delle prime pronunce sull’argomento: cfr. Trib. Cassino decr. n. 1186 del 21.1.2016) Ciò, salvo rinnovo (tacito). Salvo – quindi – che i condòmini non manifestino una volontà contraria a tale rinnovo: in sostan-za, se l’assemblea condominiale non approvi una delibera di disdetta o, meglio, di “diniego di rinnovazione”.

La delibera in questione dovrà essere adottata – deve ritenersi – con la stessa maggioran-za che abbiamo visto sopra per la nomina e la revoca dell’amministratore (art. 1136, quarto comma, c.c.).

L’assemblea per la delibera di “diniego di rinnovazione”, dal canto suo, potrà essere even-tualmente convocata da (o a richiesta di) due condòmini (art. 66, primo comma, disp. att. c.c.) con tempestiva comunicazione – e comunque, prima della scadenza annuale – all’amministra-tore (il quale, in ogni caso, potrà anche prenderne formalmente atto – quindi, a verbale – in sede di assemblea).

Non si ritiene automaticamente applicabile all’assemblea in parola (e, quindi, salvo espressa deliberazione favorevole e previo suo inserimento all’ordine del giorno dell’assemblea stessa) quanto previsto dal secondo periodo dell’art. 1129, decimo comma, c.c. e cioè la contestuale nomina – come in caso di revoca o dimissioni – di un nuovo amministratore: questo, non solo per ragioni pratiche, ma anche per maggior sicurezza, non prevedendolo espressamente la norma (che si limita, appunto, alla revoca o alle dimissioni). Al proposito, va infatti sottoli-neato che il “diniego di rinnovazione” è istituto del tutto diverso dalla “revoca”, potendo solo la seconda intervenire anche nel corso del mandato, così come precisato – con l’espressione “in ogni tempo" – all’art. 1129, undicesimo comma, c.c. (cfr. C. Sforza Fogliani, Codice del nuovo condominio, ed. La Tribuna, VI edizione, 2018, 148).

Ancora, deve dirsi che non si ritiene applicabile al rinnovo tacito la disposizione che pre-vede che, “ad ogni rinnovo dell’incarico”, l’amministratore condominiale comunichi i propri dati anagrafici e le altre informazioni di cui alla stessa disposizione (art. 1129, secondo comma, c.c.). Ciò, naturalmente, sul presupposto che sia obbligo dell’amministratore – come si ritiene – comunicare senza ritardo a tutti i condòmini ogni variazione che intervenga, nei dati e nelle informazioni fornite, in corso di mandato.

DA TENER PRESENTEUn aspetto da chiarire, con riguardo ai requisiti prescritti dall’art. 71-bis disp. att. c.c. per svolgere

l’attività di amministratore, è il seguente: quali siano le conseguenze per il caso in cui venga nominato un amministratore che non abbia frequentato un corso di formazione iniziale ovvero che non svolga, durante il mandato, attività di formazione periodica.

Iniziamo subito col dire che l’art. 71-bis disp. att. c.c. nulla prevede in proposito. Il quarto comma si limita a regolare il diverso caso della perdita dei requisiti elencati al primo comma della stessa dispo-sizione e contraddistinti con le lettere a), b), c), d) ed e), precisando che ciò “comporta la cessazione dall’incarico” e, che, in tale evenienza, “ciascun condomino può convocare senza formalità l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore”.

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In disparte ogni considerazione circa l’uso dell’espressione “senza formalità" ciò che rileva, per quanto qua di interesse, è che la lettera g), la quale si occupa proprio degli obblighi di formazione ini-ziale e di aggiornamento, non venga affatto citata. E se questo è comprensibile con riguardo al requisito della formazione iniziale (che non può, all’evidenza, venire a mancare nel corso del mandato), così non è, con riguardo al requisito della formazione periodica, che comporta, invece, la frequenza, scadenzata a intervalli regolari, di un corso. Il tutto senza considerare che nulla il predetto art. 71-bis dispone, in linea generale, allorché si nomini un amministratore sprovvisto dei requisiti di legge.

In giurisprudenza, in relazione alla questione di interesse, è stato sostenuto – senza però fornire particolari motivazioni – che una delibera con la quale venga nominato un amministratore sprovvisto dei prescritti requisiti sia da ritenersi nulla (cfr. Trib. Padova sent. n. 818 del 24.3.2017). E nello stesso senso si è espressa anche una parte della dottrina sul presupposto che una delibera del genere sarebbe contraria all’ordine pubblico (cfr. A. Celeste e A. Scarpa, in Riforma del condominio, Giuffré Editore, 2012, 173).

In verità, una decisione con cui si nomini un amministratore privo dei prescritti requisiti – non incidendo, all’evidenza, sugli interessi (generali) della collettività ma solo su quelli (particolari) della compagine condominiale – non sembra essere contraria all’ordine pubblico. Più in generale, poi, si può affermare che, ove il legislatore della riforma avesse voluto dare particolare rilievo all’art. 71-bis avreb-be senz’altro inserito questa previsione tra quelle definite inderogabili dal successivo art. 72. Deve con-cludersi, pertanto, che una decisione siffatta sia più semplicemente annullabile (e quindi impugnabile entro il breve termine di 30 giorni, decorrente dalla data della deliberazione per i dissenzienti e gli aste-nuti; dalla data di comunicazione della deliberazione stessa per gli assenti). Il che non toglie, tuttavia, che ciascun condomino – ai sensi dell’art. 1129, undicesimo comma, c.c. – possa ricorrere all’autorità giudiziaria per la revoca di un amministratore così nominato.

Se è vero, infatti, che l’inottemperanza, da parte dell’amministratore, all’obbligo di svolgere la for-mazione iniziale non è tra le ipotesi che il predetto art. 1129, al dodicesimo comma, elenca espressa-mente come “gravi irregolarità”, è anche vero che l’elencazione in questione è meramente esemplificati-va, come si evince facilmente dall’espressione utilizzata nell’occasione ("costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità"). Del resto, se è sufficiente l’incompleta (o l’inesatta) comunicazione da parte dell’ammini-stratore dei suoi dati anagrafici e professionali (comunicazione da rendere al momento dell’accettazio-ne dell’incarico e ad ogni rinnovo dello stesso) per far rientrare ciò nel novero delle “gravi irregolarità”, non si vede perché non si possa far rientrare in questo ambito una condotta ben più grave come quella di svolgere l’attività di amministratore senza la prescritta formazione iniziale.

Le stesse considerazioni possono ripetersi per l’ipotesi della mancata osservanza dell’obbligo di formazione periodica. Anche in questo caso, dunque, deve ritenersi che ciascun condomino possa chiedere la revoca dell’amministratore inadempiente rivolgendosi all’autorità giudiziaria.

Naturalmente, alla revoca potrà provvedere anche l’assemblea. E, per le ragioni appena riferite, potrà considerarsi senz’altro una revoca per giusta causa.

Sempre in tema di requisiti per svolgere l’attività di amministratore, un approfondimento merita il caso dell’amministratore condannato penalmente. Ai sensi dell’art. 71-bis, primo comma, lettera b) disp. att. c.c., infatti, non possono svolgere l’attività di amministratore coloro che sono stati condan-nati per delitti contro la pubblica amministrazione o contro l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni. Sono altresì esclusi – ex lettera c) del citato art. 71-bis – i sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione.

Dal confronto delle due previsioni normative si nota subito che la riabilitazione, ex art. 178 c.p., viene specificatamente richiesta ("Salvo che non sia intervenuta riabilitazione") solo nel caso in cui vi sia stata la sottoposizione a misure di prevenzione, divenute definitive, mentre non viene fatto alcun

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riferimento a tale istituto nel caso di condanna dell’amministratore, con sentenza passata in giudicato, per un reato indicato nella lettera b) del comma 1 del richiamato art. 71-bis.

Appare evidente che in questo specifico ambito trova piena applicazione l’art. 14 delle preleggi al codice civile – chiaramente esplicitato dal brocardo “ubi lex voluit, dixit, ubi noluit, tacuit"– che esclude l’interpretazione analogica in ordine alle norme eccezionali, ossia quelle che – come nella fattispecie che ci occupa – introducono eccezioni rispetto ad una regola di tipo generale. Per tali norme vige il principio di stretta interpretazione e le stesse non si possono applicare al di là delle ipotesi testualmente previste, e ne è preclusa ogni interpretazione estensiva. Quindi, per i reati di cui alla precitata lettera b), neanche la riabilitazione consente l’esercizio dell’attività. 

1.2. Informativa in occasione del rinnovo tacito dell’incarico di ammi-nistratore.

Come abbiamo visto nel paragrafo che precede, il punto di partenza dell’interpretazione dell’art. 1129, decimo comma, primo periodo, c.c. è che il legislatore ha confermato in un anno la durata (certa) dell’incarico di amministratore. Questo, salvo rinnovo (tacito). Salvo – quindi – che l’assemblea manifesti una volontà contraria a tale rinnovo.

Ciò posto, interessa in questa sede evidenziare come da parte di alcuni amministratori si stia diffondendo la prassi di inserire all’ordine del giorno dell’assemblea nuovamente l’approva-zione, alla scadenza del primo anno di mandato, della loro nomina. Con il rischio però, in tal modo, di ingenerare confusione sull’effettiva durata dell’incarico: al termine del secondo anno dalla prima nomina potrebbero sorgere dubbi, infatti, se ritenere l’incarico pervenuto alla sua naturale scadenza ovvero oggetto di rinnovo tacito in virtù della nuova nomina infrabiennale.

Il suggerimento a chi amministra è allora, a ridosso della scadenza del primo anno di man-dato, di informare i condòmini – tramite apposita comunicazione o non appena se ne presenti la possibilità (ad esempio in occasione di un’assemblea convocata precedentemente la predetta scadenza) – che non verrà, al termine del primo anno di incarico, richiesto all’assemblea di no-minare nuovamente l’amministratore, lasciando così operare il rinnovo tacito per un ulteriore anno, magari aggiungendo che chi non fosse d’accordo può evitare che il rinnovo tacito operi esercitando (con lettera scritta e richiesta di assemblea) il suo diritto di diniego di rinnovazione. Un modo semplice ed efficace per superare gli equivoci di cui abbiamo detto.  

1.3. Termine per la formazione periodica.Come emerge dalla tavola sinottica “Dopo la riforma, chi può fare l’amministratore di con-

dominio" alla quale abbiamo rinviato in precedenza, l’attuale quadro normativo – così come delineato dall’art. 71-bis disp. att. c.c. – richiede per svolgere l’incarico di amministratore, fra le altre cose, la frequentazione obbligatoria di un corso, prima di formazione iniziale e, poi, di formazione periodica. Un’eccezione è prevista per coloro che abbiano svolto attività di ammi-nistrazione condominiale per almeno un anno nel periodo che intercorre tra il 18.6.2010 e il 18.6.2013: tali soggetti, infatti, possono svolgere l’attività in questione adempiendo solo all’ob-bligo di formazione periodica. Sono invece esonerati dagli obblighi di formazione iniziale e periodica gli amministratori nominati tra i condòmini dello stabile (intendendosi per tali gli amministratori che abbiano la proprietà di una unità immobiliare nel condominio, pur even-tualmente non risiedendovi).

Il decreto ministeriale n. 140 del 13.8.2014 ha poi chiarito che la periodicità dell’aggiorna-mento debba avvenire con “cadenza annuale”. Proprio quest’ultima precisazione ha posto il problema, però, se l’aggiornamento debba essere scadenzato sulla base dell’anno solare oppure

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in ragione dell’entrata in vigore del citato decreto. La maggioranza degli interpreti (ma in tal senso si è espressa anche la giurisprudenza: cfr. Trib. Padova sent. n. 818 del 24.3.2017) propen-de per ritenere che la periodicità dell’aggiornamento decorra dal 9 ottobre 2014, data di entrata in vigore del provvedimento. E ciò, perché è giusto reputare che il legislatore delegato abbia voluto assicurare una risposta immediata all’obbligo di formazione che, diversamente (e, cioè, andando immotivatamente con l’anno solare), sarebbe scattato dal primo gennaio, creando una chiara incongruenza tra l’entrata in vigore del provvedimento e la sua effettiva operatività.

DA TENER PRESENTEL’art. 71-bis disp. att. c.c. (cfr., ancora, la citata tavola sinottica “Dopo la riforma, chi può fare l’am-

ministratore di condominio") – stabilisce che “possono svolgere l’incarico di amministratore di condo-minio coloro: a) che hanno il godimento dei diritti civili; b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni; c) che non sono stati sottoposti a misure di pre-venzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione; d) che non sono interdetti o inabilitati; e) il cui nome non risulta annotato nell’elenco dei protesti cambiari; f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado; g) che hanno frequentato un corso di formazione ini-ziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale”.

Ciò posto – e precisato anche, come abbiamo già detto, che lo stesso art. 71-bis puntualizza che i requisiti di cui alle predette lettere f) e g) non sono necessari per gli amministratori del proprio con-dominio né per coloro che abbiano svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell’arco dei tre anni precedenti il 18.6.2013, salvo, per questi ultimi, l’obbligo di formazione pe-riodica – la domanda da porsi è come gli interessati possano dimostrare la sussistenza di tutti i suddetti requisiti di legge.

Mettendo da parte la lett. b) che reca con sé aspetti di non immediata soluzione e di cui, pertanto, ci occupiamo alla fine del presente scritto, diciamo subito che, con riguardo alla lettera a), esiste un ap-posito “certificato di godimento dei diritti civili" che può essere richiesto dall’interessato al Tribunale del luogo di residenza. Stesso discorso per quanto concerne la lettera c): anche in tal caso il certificato relativo alle misure di prevenzione può essere richiesto dall’interessato al Tribunale del luogo di resi-denza. La dimostrazione dell’assenza di interdizione e inabilitazione di cui alla lettera d) può essere attestata, invece, con il certificato rilasciato dal casellario giudiziale. Mentre la non iscrizione nell’e-lenco dei protesti cambiari – non esistendo un documento che attesti tanto (dalla visura dei protesti effettuabile presso qualsiasi Camera di commercio emergono solo i protestati) – non può che essere autocertificata. Quanto, poi, alle lettere f) e g), le condizioni ivi previste potranno essere provate con l’e-sibizione (in originale o in copia), rispettivamente, del diploma di scuola secondaria di secondo grado (lett. f) e di attestati di partecipazione a corsi di formazione iniziale o periodica (lett. g). E con riguardo a quest’ultimo punto, si ricorda, peraltro, che la Confedilizia pone a disposizione degli interessati corsi di formazione sia per via telematica sia in sede (cd. corsi frontali o residenziali).

Infine, coloro che sono chiamati a dimostrare di aver svolto attività di amministrazione di con-dominio per almeno un anno, nell’arco dei tre anni precedenti il 18.6.2013, potranno attestare tale re-quisito esibendo verbali assembleari da cui risulti la loro nomina nel periodo di tempo considerato o più semplicemente – per non perdere e non far perdere tempo all’assemblea (dato che l’adempimen-to in questione può rappresentare una causa di forte rallentamento dei lavori assembleari, dovendo i condòmini procedere ad un accurato esame della documentazione fornita da chi si candida come am-ministratore) – producendo un attestato/dichiarazione di esonero dall’obbligo di formazione iniziale, ottenibile rivolgendosi alle Associazioni territoriali della Confedilizia che, allo scopo, hanno istituito un apposito servizio.

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Venendo adesso alla lettera b), la dimostrazione dell’assenza di condanne penali per i delitti ivi in-dicati è – come anticipato – di più difficile soluzione. Nel certificato del casellario giudiziale non com-paiono, infatti, le condanne per le quali sia stata disposta la non menzione o vi sia stata la riabilitazione. Pertanto, al fine di superare tale criticità, si può ipotizzare di ricorrere alla “visura" di cui all’art. 33, d.p.r. n. 313 del 14.11.2002, che dà la possibilità all’interessato di prendere visione di tutte le iscrizioni a suo carico esistenti presso il casellario giudiziale.

Va evidenziato, però, che la visura (la cui richiesta può essere presentata presso qualsiasi Procura della Repubblica e non è soggetta al pagamento di diritti o bolli) non contiene indicazioni relativamen-te al nominativo della persona a cui si riferisce (quindi Tizio potrebbe tranquillamente usare la visura di Caio), sicché – affinché il dato sia completo – sarà necessario integrarla con un’autocertificazione che attesti la titolarità della visura stessa.

Un ulteriore interrogativo che si pone, sempre con riferimento ai requisiti prescritti dall’art. 71-bis disp. att. c.c. per amministrare un condominio, riguarda, poi, l’ipotesi dell’amministratore che non svolga con regolarità, negli anni, l’attività obbligatoria di formazione periodica.

Sul punto la legge nulla dispone. Mentre eventuali richiami a comportamenti analoghi tenuti da professionisti come, in ipotesi, gli avvocati (ma lo stesso discorso può ripetersi, naturalmente, per i no-tai, i geometri, gli architetti ecc), non sono, all’evidenza, conferenti, trattandosi di soggetti sottoposti alla vigilanza del proprio ordine professionale che, in caso di inadempienza agli obblighi formativi, ha il potere di irrogare sanzioni disciplinari.

Orbene, ove si intendesse assumere, con riguardo al problema che ci occupa, una posizione rigo-rosa, la risposta non potrebbe essere che una: l’interessato sarebbe sempre esposto all’annullabilità della delibera di nomina e, comunque, alla revoca del mandato (richiedibile da ciascun condomino rivolgen-dosi all’autorità giudiziaria o deliberabile dall’assemblea). E ciò, anche se, in futuro, ottemperasse, con puntuale regolarità, agli obblighi formativi.

Diversamente, nell’ipotesi in cui ci si orientasse verso una tesi più indulgente, potrebbe ritenersi che – data la cadenza annuale dell’aggiornamento – l’aver assolto, per l’anno in corso, agli obblighi for-mativi renda irrilevanti gli inadempimenti pregressi (si veda, in senso sostanzialmente conforme, Trib. Padova sent. n. 818 del 24.3.2017, secondo cui il mancato assolvimento dell’obbligo di formazione pre-clude all’interessato, per l’anno seguente, lo svolgimento dell’attività di amministratore).

Entrambe le posizioni non sembrano, tuttavia, condivisibili. La prima – esponendo, come detto, per tutta la carriera l’interessato agli indicati rischi dell’annullabilità della nomina e della revoca del mandato – conduce a conseguenze, all’evidenza, eccessive. Tanto più laddove si pensi che, risolvendo in questo modo la questione, il soggetto coinvolto perderebbe l’interesse ad ottemperare, per il futuro, con puntuale regolarità agli obblighi formativi. La seconda posizione invece, pur presentando il vantag-gio di consentire all’interessato di poter proseguire la carriera senza particolari preoccupazioni, porta, però, a favorire comportamenti non certo virtuosi, se solo si consideri che, in questo modo, chi non si aggiornasse per anni e poi svolgesse un corso di formazione periodica, sarebbe da ritenersi in regola, in evidente spregio alle finalità della normativa (oltre che a dispetto di chi, ogni anno, ha puntualmente ottemperato agli obblighi di legge).

Invero, la soluzione sembra potersi trovare percorrendo un’ulteriore strada, che tenga conto del complessivo comportamento dell’interessato.

Così la delibera con cui venisse nominato un amministratore che non avesse svolto, con regolarità, l’attività di formazione periodica potrebbe ritenersi annullabile laddove, sulla base di una valutazione d’insieme, emergesse un’inadempienza non episodica o, comunque, tale da non consentire di ritenere, in concreto, l’interessato in possesso di quella preparazione alla quale l’introduzione dell’aggiornamen-to annuale obbligatorio, all’evidenza, mira.

La suddetta valutazione spetterebbe, naturalmente, all’autorità giudiziaria investita della questione e si tratterebbe senz’altro di un vaglio legittimo se solo si considera che la giurisprudenza ha riconosciu-

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to più volte – in occasione dell’impugnazione di delibere – la facoltà dell’organo giudicante di entrare nel merito della vicenda (e quindi di esprimersi su aspetti diversi da quelli puramente formali come, ad esempio, il raggiungimento di una determinata maggioranza). Si pensi, per fare un esempio, all’ipotesi di un eventuale conflitto di interessi tra condominio e condomino: secondo la giurisprudenza maggio-ritaria tale conflitto ha incidenza sui quorum deliberativi (con la conseguenza che tali quorum devono essere computati con esclusione dei millesimi di cui il condomino in conflitto sia portatore), ma, ciò, sempreché sussista, in concreto, “una sicura divergenza tra l’interesse del singolo condomino e quello comune" (cfr., ex multis, Cass. sent. n. 13011 del 24.5.2013). Una condizione, quest’ultima, della quale il giudice è chiamato a verificare l’esistenza attraverso una valutazione che deve necessariamente (supe-rare il piano formale ed) incentrarsi sul contenuto degli interessi coinvolti.

Tornando al caso che ci occupa, un comportamento, pertanto, che si concretizzasse in una par-tecipazione ai corsi di formazione periodica non costante negli anni ben potrebbe essere valutato di-versamente rispetto alla condotta di chi avesse saltato una sola annualità, magari per validi motivi (ad esempio di salute).

Discorso simile può farsi anche con riguardo alla revoca.Come abbiamo già avuto modo di osservare, l’elencazione di cui all’art. 1129, dodicesimo comma,

c.c. relativa ai casi di “gravi irregolarità" è meramente esemplificativa, il che dà la possibilità, anche in questo caso, di attribuire il giusto peso a condotte differenti. Discende da quanto precede che il giudice chiamato a pronunciarsi sul ricorso di un condomino per la revoca dell’amministratore – ma la stessa cosa può ripetersi con riferimento ad un giudizio in cui si discuta dell’esistenza (o meno) della giusta causa a fondamento di una delibera di revoca assunta dall’assemblea – avrebbe comunque la possibilità di effettuare una valutazione di merito e, sulla base della condotta complessiva dell’interessato, ritenere revocabile, ad esempio, il mandato di chi abbia svolto l’attività di formazione periodica saltuariamente, e, quindi, in modo tale da non garantire il possesso della necessaria preparazione, obiettivo – come ab-biamo detto – dell’aggiornamento annuale obbligatorio. 

1.4. I passaggi chiave per la revoca dell’amministratore.La revoca dell’amministratore è spesso argomento di discussione in ambito condominiale.

E siccome può essere disposta tanto dall’assemblea quanto dall’autorità giudiziaria, è bene aver chiari i passaggi chiave di entrambe queste procedure.

Iniziamo dalla revoca disposta dall’assemblea. Anzitutto, affinché l’assemblea possa deliberare sulla revoca dell’amministratore, il primo

passo è chiedere che tale argomento venga posto all’ordine del giorno con una lettera inviata allo stesso amministratore. Tale richiesta – ex art. 66, primo comma, disp. att. c.c. – deve essere fatta da almeno due condòmini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio. Un’eccezione è prevista dall’art. 1129, undicesimo comma, c.c., il quale prevede che anche i singoli condòmi-ni possano chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore per: 1) commissione di gravi irregolarità fiscali; 2) non ottempe-ranza all’obbligo di apertura e utilizzazione del conto corrente condominiale.

Se dalla richiesta dei due condòmini rappresentanti un sesto del valore dell’edificio decorro-no inutilmente dieci giorni, gli interessati – sempre in base al predetto art. 66, primo comma, disp. att. c.c. – possono provvedere direttamente alla convocazione.

Quanto alla forma dell’avviso di convocazione, tanto in caso di convocazione da parte dell’amministratore quanto in caso di convocazione diretta da parte degli interessati, il relativo avviso – conformemente a quanto previsto dal terzo comma del citato art. 66 disp. att. c.c. (cfr. capitolo III) – deve contenere la specifica indicazione dell’ordine del giorno (oltreché del luogo e dell’ora della riunione) ed essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata

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per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certi-ficata, fax o tramite consegna a mano. Al riguardo vale la pena precisare, peraltro, che, secondo i maggiori commentatori, i giorni in questione devono intendersi “liberi”, sicché nel calcolo non vanno considerati né il giorno della convocazione né quello della ricezione dell’avviso.

Infine, una volta convocata l’assemblea, per approvare la revoca dell’amministratore (che benché possa “essere deliberata in ogni tempo”, così come precisato dall’art. 1129, undicesimo comma, c.c., ove non venga esercitata in presenza di giusta causa potrebbe esporre il condo-minio a richieste di risarcimento) occorrerà – ai sensi dell’art. 1136, secondo e quarto comma, c.c. – un quorum deliberativo, in prima e seconda convocazione, costituito da un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (fermi i quorum costitutivi di cui al primo e terzo comma dello stesso art. 1136 cod. civ. cfr.: capitolo IV).

Veniamo, adesso, alla revoca da parte dell’autorità giudiziaria.Tale revoca può essere disposta – su ricorso anche di un solo condomino – al verificarsi delle

circostanze indicate all’art. 1129, undicesimo comma, c.c., all’art. 69, secondo comma, disp. att. c.c., e all’art. 1131, quarto comma, c.c. Per l’elencazione delle singole ipotesi si rinvia alla già citata tavola sinottica sull’argomento (Quando l’amministratore può essere revocato sulla base della legge di riforma del condominio).

L’istanza di revoca deve essere presentata con ricorso al Tribunale il quale provvede – ai sensi dell’art. 64 disp. att. cod. civ. – in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l’am-ministratore in contraddittorio con il ricorrente. Contro il provvedimento del Tribunale può essere proposto reclamo alla Corte d’appello nel termine di dieci giorni dalla sua notificazione o comunicazione (a seconda di quella delle due che per prima intervenga).

Da tener presente, infine, che, ai sensi del tredicesimo comma del più volte citato art. 1129 c.c., l’amministratore revocato dall’autorità giudiziaria non può nuovamente essere nominato dall’assemblea.

DA TENER PRESENTEIn materia di revoca giudiziale dell’amministratore, l’art. 1129 c.c. prevede, all’undicesimo com-

ma, che tale tipo di revoca possa essere disposta, fra l’altro, anche “in caso di gravi irregolarità”. Un aspetto da chiarire è, quindi, se, per la revoca in questione sia sufficiente il verificarsi di una

singola grave irregolarità ovvero ne occorrano più d’una. Al riguardo il predetto art. 1129 c.c. non dà particolari indicazioni limitandosi ad aggiungere, al

successivo dodicesimo comma, che “costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità" delle particolari con-dotte tenute dall’amministratore che la stessa disposizione individua ed elenca in otto punti.

Per risolvere la questione conviene, allora, prendere l’avvio dalla previgente formulazione dell’art. 1129 c.c. e, segnatamente, dal suo terzo comma, il quale prevedeva che l’amministratore potesse esse-re revocato dall’autorità giudiziaria ove, in particolare, vi fossero fondati motivi di “gravi irregolarità”.

La disposizione in parola, infatti, contenendo anch’essa l’espressione “gravi irregolarità”, può rap-presentare senz’altro la chiave per comprendere correttamente l’attuale previsione. E ciò, naturalmente, attraverso l’interpretazione che di essa giudici ed interpreti hanno fornito nel tempo.

Ebbene, dall’esame della giurisprudenza, emerge che è sufficiente il verificarsi di una singola gra-ve irregolarità per ritenere compromesso il rapporto di fiducia tra condòmini ed amministratore e per giustificare, di conseguenza, la revoca di quest’ultimo. Si veda in tal senso, a titolo esemplificativo, la pronuncia del Tribunale di Salerno (datata 3.5.2011), che ha qualificato come una grave irregolarità, tale da comportare la revoca dell’amministratore, la mancata apertura ed utilizzazione di un conto corrente intestato al condominio, oppure la decisione della Corte di appello di Genova (datata 5.4.1991) da cui si

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desume la revocabilità dell’amministratore che abbia, con riguardo alla convocazione di un’assemble-a, ostacolato volontariamente l’informazione di tutti i condòmini in relazione all’indizione della stessa.

Ad eguale conclusione si perviene esaminando il pensiero degli interpreti (cfr. AA.VV., Trattato del condominio, ed. Cedam, 2008, 1091).

Non vedendosi ragione per discostarsi da questo orientamento nell’interpretare l’art. 1129 cod. civ., così come riformulato, si deve allora concludere che non occorra una serie di “gravi irregolarità” – bastando, allo scopo, solo il verificarsi di una singola grave irregolarità tra quelle ad esempio elenca-te, come detto, al dodicesimo comma della norma in questione – per giustificare il ricorso all’autorità giudiziaria.

Rimanendo in argomento, un ulteriore interrogativo riguarda la nomina, da parte dell’assemblea, dell’amministratore revocato giudizialmente.

Al riguardo è il caso subito di sottolineare che, prima che intervenisse la riforma, il codice non dava alcuna indicazione, sicché le posizioni tra gli interpreti erano discordanti. Adesso, al contrario, la situazione è chiara: la nuova formulazione dell’art. 1129 c.c. si occupa, infatti, espressamente della questione prevedendo, al tredicesimo comma, che in caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, i condòmini non possano “nominare nuovamente l’amministratore revocato”.

Precisato che il tenore letterale della norma porta a ritenere che il divieto ivi previsto si applichi solo al condominio gestito dall’amministratore revocato e non si estenda quindi ad altri condominii, non può non evidenziarsi come la disposizione in questione risulti senz’altro opportuna e condivisibile. Grazie ad essa, infatti, il legislatore dà rilievo al sindacato riservato dalla legge all’autorità giudiziaria in materia di revoca; sindacato, che altrimenti perderebbe di significato laddove l’amministratore, cessato dalla carica su decisione del giudice, venisse nuovamente nominato alla prima assemblea utile, perché espressione, ad esempio, di maggioranze precostituite legate alla particolare composizione del condo-minio. 

1.5. Compenso.Sul compenso dell’amministratore di condominio la giurisprudenza si è pronunciata più

volte. Di recente, si segnala la sentenza della Cassazione n. 22313 del 30.9.2013, secondo cui “l’attività dell’amministratore, connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali deve ritenersi compresa, quanto al suo compenso, nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell’incarico per tutta l’attività amministrativa di durata annuale e non deve, pertanto, essere retribuita a parte”. A giudizio dei Supremi giudici, infatti, non è pos-sibile esigere, da parte di chi amministra un condominio, compensi per prestazioni aggiuntive in mancanza di una specifica delibera in punto, giacché spetta solo all’assemblea “il compito generale di valutare l’opportunità delle spese sostenute dall’amministratore”. Nella specie si trattava di attività connessa all’esecuzione di lavori nello stabile e della redazione e stipula del relativo contratto di appalto.

Nel precisare che la decisione in parola conferma quanto già statuito in materia dalla giu-risprudenza di legittimità in altre occasioni (cfr., fra le altre, Cass. 10204 del 28.4.2010), vi è da aggiungere che la legge di riforma dell’istituto condominiale ha introdotto una previsione che mira proprio a prevenire il sorgere di contenziosi di questo tipo. Il riformulato art. 1129 c.c. prevede infatti, al quattordicesimo comma, che l’amministratore, “all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo”, debba “specificare analiticamente" l’importo dovuto a titolo di compenso; pena: la “nullità della nomina stessa" (sul punto si veda peraltro, per completezza, la pronuncia riportata all’inizio del presente capitolo del Tribunale di Palermo datata 9.2.2018). Chi svolge l’attività di amministratore deve, dunque, portare, ora, a conoscenza dell’assemblea (affinché l’accetti), in sede di conferimento (o di rinnovo) dell’incarico, la retribuzione richie-

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sta, e ciò tanto per le competenze relative a prestazioni di carattere ordinario quanto per quelle relative ad attività di natura straordinaria. La questione di eventuali pretese di somme aggiunti-ve rispetto al compenso inizialmente pattuito deve, pertanto, ritenersi definitivamente superata.

Sempre in argomento, occorre poi sottolineare l’importanza di definire in sede assembleare la periodicità con cui l’amministratore possa incassare il proprio compenso.

Infatti, in assenza di una decisione sul punto (oppure di una norma del regolamento che tratti della questione), deve ritenersi – anche sulla base della disciplina sul mandato, alla quale lo stesso art. 1129 c.c. rimanda per regolare i rapporti tra condòmini e amministrazione con-dominiale (e da cui non emerge, salvo naturalmente diverso accodo tra le parti, la possibilità di un pagamento frazionato del compenso concordato) – che l’amministratore non possa per-cepire quanto convenuto se non alla scadenza (annuale, come abbiamo visto) dell’incarico. Con l’effetto che eventuali incassi in corso di mandato potrebbero essere ritenuti illegittimi e quindi causare all’interessato problemi di vario genere (anche di natura penale). Problemi che, necessariamente, si proietterebbero sulla compagine condominiale, la quale verrebbe ad essere coinvolta in complessi quanto delicati contenziosi.

È evidente, pertanto, come la regolamentazione della materia sia di interesse non solo per gli amministratori ma anche per gli stessi condòmini: al momento del conferimento (o rinno-vo) dell’incarico o, comunque, appena se ne presenti l’occasione sarà bene, allora, chiarire la questione.

Si segnala che, per l’analiticità della specificazione dell’importo di cui al predetto art. 1129 c.c., può farsi riferimento alle voci di cui allo Schema tipo per la determinazione del compenso dell’amministratore di condominio, predisposto dal Coordinamento condominiale della Confe-dilizia e il cui testo è reperibile presso le Associazioni territoriali della Confedilizia (recapiti sul sito www.confedilizia.it). 

1.6. Affissione dei dati dell’amministratore.L’art. 1129 c.c. prevede, al quinto comma, che “sul luogo di accesso al condominio o di

maggior uso comune, accessibile anche ai terzi”, sia “affissa l’indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici, dell’amministratore”.

Si tratta di previsione non sanzionata, che, peraltro, nulla dispone su chi debba provvedere all’adempimento in questione. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, tuttavia, deve ritenersi, nel silenzio della legge, che ogni decisione al riguardo non possa che essere di competenza dell’assemblea che – ove decida di provvedere all’"affissione" in parola (termine che fa pensare ad un supporto cartaceo) – dovrà determinarne anche l’esatto luogo oltre che deliberarne la relativa spesa (quest’ultima – tra l’altro – ricorrente ad ogni cambio di amministratore, per cui la stessa potrà eventualmente essere posta a carico dell’amministratore scelto comprendendola nel compenso pattuito) (cfr. C. Sforza Fogliani, Codice del nuovo condominio, ed. La Tribuna, VI edizione, 2018, 147).

Per l’"affissione" dei dati di cui alla norma (che, se effettuata all’esterno dell’edificio con-dominiale, potrà essere spesso danneggiata) l’assemblea dovrà acquisire il consenso (scritto) dell’amministratore ad esporre i dati in questione, sussistendo peraltro l’obbligo dello stesso di prestare il consenso – deve ritenersi – ove la richiesta gli sia formulata contestualmente al con-ferimento dell’incarico e alla pattuizione del compenso. Allo stesso amministratore competerà di porre all’ordine del giorno dell’assemblea l’argomento (anche sotto il profilo della spesa rela-tiva) della sostituzione dell’"affissione" come effettuata, in caso di danneggiamento della stessa.

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