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1 1 La crescita del debito pubblico italiano e la spending review Negli ultimi decenni l’Italia si è trovata più volte a dover fronteggiare i problemi derivan- ti da un eccessivo livello del debito pubblico. Agli inizi degli anni ’90, dopo che per molti anni i Governi avevano finanziato la spesa per interessi ricorrendo sistematicamente all’emissione di titoli di Stato, il sistema era diventato sostanzialmente ingovernabile, rendendo necessaria una dolorosa politica di rientro che si concretizzò soprattutto in un aumento della pressione fiscale. Nell’ultimo decennio il debito pubblico italiano ha raggiunto livelli talmente elevati (oltre i duemila miliardi di euro), soprattutto a seguito della crescita esponenziale della spesa pubblica, da spingere le principali agenzie di rating (che hanno proprio il compito di giudicare l’affidabilità degli operatori, pubblici e privati, che emettono titoli obbligazio- nari) ad esprimere un giudizio più critico nei confronti della capacità del nostro Paese di far fronte a tale debito; tale giudizio ha inevitabilmente fatto schizzare verso l’alto, in particolare tra il 2010 e il 2012, i rendimenti dei BTP (rischio più elevato, rendimento più elevato), facendo crescere talmente il costo delle risorse finanziarie raccolte dallo Stato da far effettivamente aumentare il rischio di insolvenza (cd. default). Il parametro utiliz- zato per misurare tale rischio è il cd. spread, cioè la differenza fra il rendimento dei BTP italiani e il rendimento dei Bund, analoghi titoli di Stato della Germania (considerato il Paese europeo più affidabile). La necessità di porre un freno alla crescita del debito pubblico si è questa volta tradotta, data la già elevata pressione fiscale, soprattutto in politiche volte al contenimento e alla razionalizzazione della spesa pubblica (cd. spending review) che hanno contribuito a ri- portare lo spread a livelli accettabili. Il problema dell’elevato debito pubblico (soprattut- to se rapportato al Pil) resta tuttavia uno dei principali problemi che il nostro Paese deve affrontare, soprattutto se si considera che gli interessi annui che lo Stato italiano deve pagare ammontano a molte decine di miliardi di euro, risorse che altrimenti potrebbero essere destinate a interventi in favore della crescita economica (investimenti strutturali, alleggerimento della pressione fiscale sui cittadini e sulle imprese e così via), quanto mai fondamentali, in un periodo di grave crisi economica come quello attuale, per invertire la tendenza.

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Negli ultimi decenni l’Italia si è trovata più volte a dover fronteggiare i problemi derivan-ti da un eccessivo livello del debito pubblico. Agli inizi degli anni ’90, dopo che per molti anni i Governi avevano finanziato la spesa per interessi ricorrendo sistematicamente all’emissione di titoli di Stato, il sistema era diventato sostanzialmente ingovernabile, rendendo necessaria una dolorosa politica di rientro che si concretizzò soprattutto in un aumento della pressione fiscale.Nell’ultimo decennio il debito pubblico italiano ha raggiunto livelli talmente elevati (oltre i duemila miliardi di euro), soprattutto a seguito della crescita esponenziale della spesa pubblica, da spingere le principali agenzie di rating (che hanno proprio il compito di giudicare l’affidabilità degli operatori, pubblici e privati, che emettono titoli obbligazio-nari) ad esprimere un giudizio più critico nei confronti della capacità del nostro Paese di far fronte a tale debito; tale giudizio ha inevitabilmente fatto schizzare verso l’alto, in particolare tra il 2010 e il 2012, i rendimenti dei BTP (rischio più elevato, rendimento più elevato), facendo crescere talmente il costo delle risorse finanziarie raccolte dallo Stato da far effettivamente aumentare il rischio di insolvenza (cd. default). Il parametro utiliz-zato per misurare tale rischio è il cd. spread, cioè la differenza fra il rendimento dei BTP italiani e il rendimento dei Bund, analoghi titoli di Stato della Germania (considerato il Paese europeo più affidabile). La necessità di porre un freno alla crescita del debito pubblico si è questa volta tradotta, data la già elevata pressione fiscale, soprattutto in politiche volte al contenimento e alla razionalizzazione della spesa pubblica (cd. spending review) che hanno contribuito a ri-portare lo spread a livelli accettabili. Il problema dell’elevato debito pubblico (soprattut-to se rapportato al Pil) resta tuttavia uno dei principali problemi che il nostro Paese deve affrontare, soprattutto se si considera che gli interessi annui che lo Stato italiano deve pagare ammontano a molte decine di miliardi di euro, risorse che altrimenti potrebbero essere destinate a interventi in favore della crescita economica (investimenti strutturali, alleggerimento della pressione fiscale sui cittadini e sulle imprese e così via), quanto mai fondamentali, in un periodo di grave crisi economica come quello attuale, per invertire la tendenza.