1-IL CUSCINETTO 2 · seconda guerra mondiale. Elettronica : Trasduttori di velocità o di...

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IL CUSCINETTO

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IL CUSCINETTO

Indice analitico

Mappa concettuale……………………………………………….………pag.1

Introduzione…………………………………………………….……………pag.2

Tecnologia……………………………………………………….……………pag.3

Inglese…………………………………………………………….…..…….pag.15

Meccanica…………………………………………………….…………....pag.21

Italiano………………………………………………………………........pag.34 Storia…………………………………………………………………........pag.44

Elettronica…………………………………………………………........pag.57

Mappa Concettuale

Il cuscinetto

Tecnologia: Enunciazione delle varie tipologie di cuscinetto con le loro cartteristiche.

Inglese: Elenco dei più comuni tipi di cuscinetti.

Meccanica: Dimensionamento cuscinetto teorico e applicato a un esercizio.

Italiano: Filippo Tommaso Martinetti, la sua passione per la velocità e la macchina.

Storia: 2^ Guerra Mondiale, bombardamenti alle fabbriche di cuscinetti a sfere tedesche.

Elettronica: Trasduttori di velocità o di posizione per il controllo del moto dei cuscinetti.

Introduzione Tecnologia: Def. cuscinetto, caratteristiche, tipologie e fasi

di lavorazione per la creazione delle sfere per cuscinetti volventi.

Inglese: Def. cuscinetto, caratteristiche ed enunciazione

dei maggiori tipi di cuscinetti conosciuti.

Meccanica: Classificazione dei cuscinetti, dimensionamento

teorico del cuscinetto ed esercizio di dimensionamento dell’albero di rinvio e dei relativi cuscinetti.

Italiano: Vita, poetica di Filippo Tommaso Martinetti e

legami con il futurismo e le avanguardie.

Storia: Racconto dei vari eventi più significativi della

seconda guerra mondiale.

Elettronica: Trasduttori di velocità o di posizione.

IL CUSCINETTO

Definizione di cuscinetto

I cuscinetti sono quei componenti di una macchina utili per ridurre l’attrito delle parti in movimento. La maggior parte dei cuscinetti usati sono di tipo volvente. Essi sono composti da un anello interno e uno esterno, da un numero di sfere o di rulli uniti da una gabbia e composti da acciaio speciale, inox o plastici.

Caratteristiche dei cuscinetti

Il materiale usato per i cuscinetti è un acciaio speciale per assicurare le migliori prestazioni dei cuscinetti volventi, ma è importante tenere presente che esistono anche cuscinetti in acciaio inox, acciaio per alte temperature e di materiali plastici. La gabbia ha il compito principale di mantenere opportunamente distanziati tra loro i corpi volventi di un cuscinetto, siano essi sfere o rulli. Le gabbie sono realizzate in acciaio, ma talvolta possono essere di ottone o plastica. Il gioco interno dei cuscinetti è lo spostamento totale possibile di un anello rispetto all’altro, in senso radiale o in senso assiale. Le protezioni sono realizzate in acciaio o gomma, mentre le guarnizioni di tenuta sono montate tra l’anello esterno e l’anello interno del cuscinetto, oppure intorno all’albero esternamente al cuscinetto. Sono estremamente importanti, in quanto impediscono la penetrazione di sostanze contaminanti e trattengono le perdite di lubrificante. I carichi che agiscono sul cuscinetto sono: - il carico assiale: ovvero quel carico che agisce in direzione dell’asse; - il carico radiale: ovvero quel carico che agisce in direzione perpendicolare

rispetto all’asse; - il carico combinato: ovvero quel carico che agisce sia in direzione

perpendicolare rispetto all’asse, sia in direzione dell’asse; - il carico istantaneo: ovvero quel carico che agisce eccentricamente rispetto

a un punto o dell’asse.

Tipologie di cuscinetti

Cuscinetti a rulli cilindrici Essi sono facili da montare e da smontare dato che sono scomponibili. Poiché all‘interno del cuscinetto vi sono dilatazioni termiche, esso viene costruito con tolleranze molto precise. I cuscinetti a rulli cilindrici possono trasmettere elevati carichi radiali e sono adatti per velocità di rotazione molto elevate.

Cuscinetti a rulli conici

I cuscinetti a rulli conici sono realizzati per sopportare carichi combinati molto elevati (radiali-assiali). Il tipo ad una corona di rulli conici può sopportare carichi assiali diretti in un solo senso e per questo motivo sono generalmente montati in opposizione con un altro che mantiene equilibrato il carico assiale che agisce in senso opposto.

Cuscinetti a rullini Sono quei cuscinetti formati da rulli cilindrici (lunghi e sottili) adatti per quelle applicazioni dove lo spazio è limitato e sono caratterizzati da un minore attrito rispetto quelli a rulli.

Cuscinetti a sfere

Sono quei cuscinetti i cui corpi volventi (sfere) sono costituiti da una o più corone di sfere.

Cuscinetti assiali

I cuscinetti assiali possono sopportare carichi che agiscono in un solo senso. Sono scomponibili ed il loro montaggio risulta estremamente semplice.

Cuscinetti assiali a rulli cilindrici

Questi cuscinetti costituiscono sistemi di supporto rigidi, in grado di trasmettere senza problemi carichi elevati e carichi ad urto; ma possono trasmettere carichi assiali molto elevati in un‘unica direzione.

Cuscinetti assiali orientabili a rulli

Essi trasmettono carichi assiali elevati e carichi radiali relativamente bassi e sono adatti per velocità di rotazione relativamente elevate e possono compensare disallineamenti.

Cuscinetti assiali a sfere Essi vengono utilizzati per trasmettere esclusivamente carichi assiali. I cuscinetti a semplice effetto (ad una corona) sono adatti per trasmettere carichi assiali in un‘unica direzione, mentre i cuscinetti a doppio effetto sono adatti per carichi assiali in entrambe le direzioni.

Cuscinetti assiali a sfere a contatto obliquo

Sono cuscinetti di precisione utilizzati prevalentemente per applicazioni in macchine utensili. Essi si distinguono per un‘elevata rigidità, un attrito ridotto e l‘idoneità alle velocità di rotazione elevate per cambiamenti veloci di posizione.

Cuscinetti di precisione Sono quei cuscinetti che vengono utilizzati nelle macchine utensili e presentano una elevata velocità.

Cuscinetti ibridi Sono quei cuscinetti volventi formati da anelli di acciaio e corpi volventi in ceramica.

Cuscinetti obliqui a sfere I cuscinetti obliqui a sfere hanno le piste dell’anello interno e dell’anello esterno spostate l’una rispetto all’altra, disposti in maniera tale da renderli particolarmente adatti per sostenere carichi combinati, cioè carichi che agiscono contemporaneamente in senso radiale e in senso assiale. I cuscinetti obliqui ad una corona di sfere possono sopportare carichi assiali agenti in un solo senso, per permettere di sopportare carichi assiali in due sensi basta aggiungerne un altro girato di 180°. Esse vengono utilizzati prevalentemente nei mandrini di macchine utensili.

Cuscinetti a sfere a contatto obliquo a due corone Sono adatti per sistemi di supporto, nei quali viene richiesta una guida assiale rigida. Trasmettono carichi radiali e carichi assiali in entrambe le direzioni. L’angolo di contatto è di 25° e 35°.

Cuscinetti orientabili a rulli

I cuscinetti orientabili a rulli hanno di solito due corone di rulli con in comune una pista sferica sull’anello esterno. Le due piste dell’anello interno sono inclinate di un certo angolo rispetto all’asse del cuscinetto. Sono adatti per applicazioni dove è richiesta un‘elevata capacità di carico e la compensazione di disallineamenti, ma anche dove si verificano carichi radiali ad urto.

Cuscinetti orientabili a rulli a due guide

Sono cuscinetti per applicazioni pesanti dove spesso sono presenti sollecitazioni vibranti. Questi cuscinetti hanno una capacità di carico molto elevata e possono compensare inflessioni dell‘albero e disallineamenti delle sedi del cuscinetto.

Cuscinetti orientabili a sfere

Grazie alla loro capacità di auto-allinearsi possono compensare i disallineamenti, dovute a inflessioni dell‘albero e a deformazioni del supporto. I cuscinetti orientabili a sfere trasmettono carichi radiali e carichi assiali in entrambe le direzioni.

Cuscinetti radiali Sono quei cuscinetti realizzati a sfere o a rulli che vengono utilizzati per carichi radiali.

Cuscinetti radiali a sfere Sono quei cuscinetti realizzati ad una o due corone di sfere, adatti a velocità molto elevate e per applicazioni con carichi radiali e assiali.

Cuscinetti radiali rigidi a sfere

Sono utilizzati in quasi tutti i macchinari, i veicoli e le apparecchiature. Possono trasmettere carichi radiali ed assiali e sono adatti per velocità di rotazione elevate.

Cuscinetti volventi Con il termine “volvente” si indica i cuscinetti a sfere e a rulli.

I cuscinetti a sfere a quattro contatti

Possono essere caricati assialmente in entrambe le direzioni e richiedono solo uno spazio di montaggio minimo.

Ralle Sono cuscinetti volventi di grandi dimensioni utilizzati per gru e scavatrici per gallerie. Possono raggiungere diametri anche di diversi metri.

Fasi di lavorazioni per la creazione delle sfere dei

cuscinetti volventi

Taglio del materiale da barra cilindrica.

Stampaggio del pezzo tagliato; questa lavorazione consiste nel trasformare la forma cilindrica del pezzo in una forma

sferica.

Limatura per sgrossatura o utilizzo di rodatrici e sgrossatura ed asportazione di sorvametallo; con questo tipo di lavorazione si elimina il sovrametallo rimasto dallo

stampaggio.

Trattamento termico di tempra, cementazione e

rinvenimento; con queste lavorazione si ha lo scopo di cambiare le caratteristiche del materiale, permettendo ad

esso di aumentare le proprie caratteristiche tecniche e microstrutturali.

Rettifica e lappatura per calibratura e finitura superficiale (toll. ± 0,0001”); con ciò si ha lo scopo di portare in

tolleranza la sfera e permetterli una eccellente rugosità.

Lavaggio, lucidatura finale e asciugatura; questa fase è utile per l’eliminazione di eventuale

materiale presente sulla sfera (magari non visibile ad occhio nudo).

Verifica dimensionale e superficiale; quest’ultima fase determina se la sfera è idonea per l’utilizzo nel cuscinetto.

BEARINGS

Width

Corner Radius

Shoulders

Inner Ring

Ball Race

Corner Radius

Separator

Outer Ring Ball Race Face

Bore

Outside

Diameter

Inner

Outer Ring

Definition A bearing is a device that supports, guides, and reduces the friction of motion

between fixed and moving machine parts.

Features Basically, a bearing consists of an inner ring, an outer ring, a set of balls or rollers, enclosed in a cage, and is made of special steel, stainless steel, high-

temperature resistant steel or plastics. Special steel enhances the performance capacities of rotary bearings.

In a bearing, the outer ring and the inner ring slide against each other in an axial and/or a radial direction. Seals are fitted between two rings or around the

shaft, preventing lubricant from contamination or leakage. The cage is made in various designs and out of many materials. The cages

keep rolling elements properly spaced out between two rings. The cage may be made of steel, brass, bronze aluminium alloy, textile laminated phenolic

composition, carbon steel, etc.

Bearings vary greatly over the forces and speeds that they can support. A load is a force applied to the bearing. Loads can be:

1) radial when the load is applied perpendicular to the shaft axis 2) axial when the load is applied parallel to the shaft axis

3) combined when the load is both radial and axial

Major types There are many types of bearings, each used for different purposes. Bearings

can be classified as providing sliding or rolling contact.

Leonardo da Vinci's early

prototype

Rolling-element bearings A rolling-element bearing is a bearing which carries a load by placing round elements between two pieces. The relative motion of the pieces causes the

round elements to roll with little sliding. There are many types of rolling-element bearings.

For example:

Ball bearings

Roller bearings

Tapered roller bearings

Needle roller bearings

Ball thrust bearings

Roller thrust bearings

Sliding bearings A sliding bearing typically uses a lubricant to reduce friction between the sliding surfaces. A shaft and a bushing bearing is known as a journal bearing.

The fluid lubricant forms a film between the sliding surfaces so that there is no contact between solid components. These kinds of bearing are known as fluid

film bearings.

Bushings

Fluid bearings Fluid bearings are bearings which solely support the bearing's loads on

a thin layer of liquid or gas.

Magnetic bearings

A magnetic bearing is a bearing which supports a load using magnetic levitation.

Cenni

sui

Cuscinetti Volventi

Classificazione dei cuscinetti

CINEMATICO:

• Assiale; • Radiale; • Radiale e assiale (obliquo);

STRUTTURALE:

• Cuscinetto rigido, cioè l’asse dell’albero è uguale all’asse del cuscinetto; • Cuscinetto orientabili, cioè consentono l’inclinazione degli assi tra quello

del cuscinetto e quello dell’albero; • Cuscinetto con diametro interno conico; • Cuscinetto con scanalatura esterna; • Cuscinetto con schermatura;

Designazione

Esempio: Tipo di cuscinetto “SKF” - “61804”

• Il n° 6 indica il tipo di cuscinetto; • Il n° 1 indica la larghezza del cuscinetto; • Il n° 8 indica il diametro esterno; • I n° 0 4

Dimensionamento cuscinetto

Si deve inizialmente capire qual è il carico agente sul cuscinetto. I vari carichi possono essere:

• Radiale (Fr); tale carico può essere supportato da cuscinetti radiali a sfere e a rulli cilindrici (TAB I.70-I.71 );

• Assiale (Fa); tale carico può essere supportato da cuscinetti assiali a sfere e a rulli (TAB I.75);

• Radiale e assiale (Fa e Fr); tale carico può essere supportato da cuscinetti obliqui a sfere e obliqui a rulli conici (TAB I.72-I.73).

Successivamente si passa al calcolo del carico dinamico con l’utilizzo della seguente formula:

C = P (L10)1/p

C è il coefficiente di carico dinamico; P è il carico dinamico equivalente. Quando il carico è :

• radiale allora P = Fr; • assiale allora P = Fa; • radiale e assiale P = XFr + YFa; dove X ed Y sono i

coefficienti ricavabili dal rapporto Fa/Fr. L10 è la durata teorica del cuscinetto, in milioni di giri; “L10” si può ricavare dalla relazione tra L10 e Lh , con l’utilizzo della seguente formula :

L10 = 60 n Lh/106 p : è una costante; “p” dipende dal cuscinetto se è :

• a sfera , p = 3 • a rulli , p = 10/3

Esercizio di

dimensionamento

dell’albero di rinvio e

dei cuscinetti

PII

PI

P

Puleggia n° 1

Puleggia n° 2

Ruota dentata n° 3

Ruota dentata n° 4

Albero condotto

Albero di rinvio

Albero motore

Dati: P = 7,5 KW nm = 1450 rpm nc = 225 rpm i1/2 = 2 C60 σr = 850 MPa η ½ = 0,85 η3/4 = 0,95 d1 = 250 mm Calcolo delle potenze agenti sui tre alberi e dei loro rispettivi momenti torcenti:

PII = P/η3/4 = 7894,7 W PI = PII/η1/2 = 9287,9 W

ωm = 2πnm/60 = 151,8 rad/s

MTm = PI/ωm = 61,2 Nm

MTr = MTm⋅ i1/2 = 122,4 Nm MTc = MTr⋅ i3/4 = 391,7 Nm

i1/2 = nm/nr nr = nm/ i1/2 = 725 rpm d2 = i1/2 ⋅ d1 =500 mm

Calcolo delle forze agenti sull’albero di rinvio: 1.FORZE AGENTI SULLA PULEGGIA n°2:

S2 = T1 + T2 = 4F2 = 1958,4 N

T1 = 2,5 ⋅ F2 = 1224 N T2 = 1,5 ⋅ F2 = 734,4 N F2 = 2MTr/d2 = 489,6 N

2.DIMENSIONAMENTO RUOTA DENTATA A DENTI

ELICOIDALI n°3: Dati: β =18° α = 20° i3/4 = 3,2 A = 5 m/s 25CrMo4 σR = 900 MPa

V σσσσAMM,D mt Veff ∆∆∆∆V

4 m/s 125 MPa 3,4 mm 2,1 m/s 1,9 m/s

2,1 m/s 158,4 Mpa

3,1 mm 1,8 m/s 0,3 m/s

1,8 m/s 165,4 MPa

3,1 mm 1,8m/s 0 m/s

σAMM,D = σR/gR ⋅ A/A+V = 165,4 Mpa

d3 = Zmin3 ⋅ mt = 49,6 mm

mt = , 3

2 cosTr

AMM D MIN

M

y z

βλ σ

⋅ ⋅⋅ ⋅ ⋅

Zmin3 = 2 23/ 4 3/ 4

2

(1 2 ) sini i iα+ + ⋅ ⋅ −

Veff = ωr ⋅ d3/2 = 1,8 m/s

ωr = 2πnr/60 = 75,9 rad/s

∆V = V − Veff = 0 m/s

mn = mt ⋅ cos β = 2,95 mm da3 = d3 + 2ha = 55,5 mm

ha = mn = 2,95 mm df3 = d3 − 2hf =42,2 mm hf = 1,25 ⋅ mn = 3,69 mm

b = λ⋅ mn = 29,5 mm

3.CALCOLO DELLE FORZE AGENTI SULLA RUOTA DENTATA n°3:

- FORZE RADIALI:

R3 = T3 ⋅ tg α / cos β = 1888,9 N T3 = 2 MTr / d3 = 4935,5 N

R3 agisce sull’asse “Y”; T3 agisce sull’asse “X”;

4.DIMENSIONAMENTO ALBERO DI RINVIO: - PIANO “Y-Z”:

S2 R 3

yA y c

Ya− S2 + Yc− R3 = 0

+ R3 ⋅ 0,45 + S2 ⋅ 0,1− Yc⋅ 0,4 = 0

Ya =+ S2 − Yc + R3 = 1232,7 N

Yc = + R3 ⋅ 0,45 + S2 ⋅ 0,1 = 2614,6 N

0.4 D) Mf = 0 Nm C) Mf = R3 ⋅ 0,05 =− 94,4 Nm B) Mf = R3 ⋅ 0,35 + Yc⋅ 0,3 = 123,3 Nm A) Mf = −R3⋅ 0,45 + Yc⋅ 0,4 − S2⋅ 0,1 =− 850

+1045,8−195,8 = 0 Nm

- PIANO “X-Z”:

yA y c T 3

Ya + Yc + T3 = 0

− T3 ⋅ 0,45− − Yc⋅ 0,4 = 0

Ya = − Yc − T3 = 616,9 N

Yc = − T3 ⋅ 0,45 = − 5552,4 N 0.4

D) Mf = 0 Nm

C) Mf = T3 ⋅ 0,05 = 246,8 Nm A) Mf = T3 ⋅ 0,45 + Yc⋅ 0,4 = 2220,9 − 2220,9 = 0 Nm

MTOT = 2 2

Fy FxM M+ = 275,9 Nm

Mf ID = 2 23 5

8 8Tot TotF F TrM M M⋅ + ⋅ + = 292,1 Nm

dALB. = 332 Fid

AMM

M

π σ⋅

⋅ =

σf MAX = MTOT / Wf = 32,6 MPa

Wf = π/32 ⋅ dALB.3 = 8946,8 mm3

τ = MTr / WT = 6,8 MPa

WT = π/16 ⋅ dALB.

3 = 17892,3 mm3

σID = ( )22max 3Fσ τ+ ⋅ = 34,7 MPa

σID < σAMM

La struttura è verificata!

5. DIMENSIONAMENTO DEL CUSCINETTO:

Dati:

• Cuscinetto a sfere radiale; • L10h = 50000 [h] • p = 3

C = P ( L10 )1/p

L10 = 60 ⋅ nr ⋅ L10h /106 = 2175 milioni di giri

C = 63946,6 N CI = 76100 N

dALB. = 45 mm D = 120 mm B = 29 mm

I Trasduttori di

Velocità

I trasduttori si possono definire dei dispositivi che convertono una grandezza fisica (posizione, velocità, temperatura, …) in un'altra senza alterarne la caratteristica. In uscita la grandezza è di natura elettrica, pneumatica o oleodinamica. In questo lavoro descriverò i trasduttori di velocità. I trasduttori di velocità si possono distinguere in:

trasduttori di tipo analogico ; trasduttori di tipo digitale.

Nei primi si utilizza un componente che è in grado di accettare una grandezza che varia con continuità nel tempo fornendo in uscita un analogo segnale. Nei secondi dispositivi viene utilizzato un elemento a soglia, che attua una semplice commutazione ottenendo, in uscita, un segnale digitale.

Il controllo della velocità viene sempre associato a quello di posizione, e l’informazione può essere osservata attraverso l’elaborazione dei segnali prodotti dal trasduttore. I trasduttori analogici sono: • le dinamo tachimetriche; • gli alternatori tachimetrici.

Dinamo tachimetriche

Le dinamo tachimetriche funzionano in corrente continua e hanno il flusso di eccitazione costante, dovuto all’alimentazione a tensione costante dell’avvolgimento dell’eccitazione indipendente o utilizzano il campo di un magnete permanente. Quest’ultimo è utilizzato quando si ha bisogno di maggiori garanzie di accuratezza e stabilità di funzionamento nel tempo.

La dinamo tachimetrica E’ un generatore in corrente continua, con eccitazione a magnete permanente. Il rotore è collegato all’albero di cui si vuole misurare la velocità. Una volta in rotazione alla velocità di n giri/min la dinamo genera ai suoi morsetti una tensione E data da:

E = Kd Ф n dove: Kd costante di proporzionalità della dinamo (dipende dalle caratteristiche costruttive); Ф flusso magnetico (generato dal magnete permanente). La costante tachimetrica Kd è espressa in Vs/rad, ma può essere assegnata anche in V/rpm(giri al minuto) o in V/1000 rpm; la conversione da una unità di misura all’altra si ricava facilmente se si considera che:

1[rpm]=1[giro/minuto]=2π/60[rad/s]=0,1047[rad/s]. Vantaggi: • la tensione generata (da 10 a 20 V ogni 1000 giri/min) non richiede

amplificazione; • la linearità è tra 0,5÷1% e la sensibilità è tra 5÷10 V ⁄ 1000 rpm; • non presentano errori di offset; • si può distinguere il verso di rotazione rilevando la polarità della tensione

in uscita. Svantaggi: • la caratteristica di uscita dipende dalla resistenza del carico; • la tensione generata presenta una ondulazione (“ripple”) la cui frequenza

aumenta all’aumentare della velocità di rotazione; • la massima velocità misurabile non è troppo elevata a causa dei vincoli

elettrici e meccanici; • presenta problemi di manutenzione ed usura meccanica; • l’ondulazione della tensione in uscita; questa ondulazione può essere

diminuita aumentando il numero di lamelle del collettore;

• la presenza di contatti striscianti sul collettore; • la linearità che dipende dal carico, per questo vengono utilizzati dei campi

di eccitazione generati da magneti permanenti o si costruiscono circuiti con materiali di alta qualità e laminati;

• l’elevata inerzia e attrito meccanico; • alla velocità massima di lavoro si può avere la vibrazione delle spazzole.

Alternatori tachimetrici

Un alternatore tachimetrico (detto anche tachimetro ad induzione) è simile ad un piccolo motore asincrono bifase, con due avvolgimenti (in cave) spostati di 90° ed un rotore costituito da un conduttore metallico cilindrico cavo. Uno dei due avvolgimenti viene alimentato con una tensione alternata a 50, 60 o 400 Hz. Se il rotore viene posto in movimento diviene sede di correnti indotte di Focault che si richiudono nella massa del conduttore stesso. Le correnti indotte si addensano nella zona adiacente alle espansioni polari induttrici, ed hanno verso opposto. L’intensità delle correnti indotte è proporzionale alla velocità del rotore, l’ampiezza della tensione sinusoidale di uscita è proporzionale alla velocità di rotazione. Nella rotazione in verso opposto commutano i versi delle correnti indotte e la tensione subisce un cambiamento di fase di 180°. In tale modo, con un opportuno circuito risulta possibile discriminare anche il verso della rotazione. Al contrario della dinamo tachimetrica, questo componente non ha parti striscianti e presenta quindi la massima affidabilità; inoltre si può ottenere una linearità migliore dello 0,5% (mentre quella della dinamo è del 2%) e una bassa inerzia.

Si ha però il difetto di una tensione residua a rotore fermo.

Encoder di velocità (digitale)

L’encoder incrementale ottico viene utilizzato anche come trasduttore digitale di velocità: la frequenza f[Hz] degli impulsi luminosi captati dall’elemento fotorilevatore è proporzionale alla velocità di rotazione n dell’albero. Infatti se l’elemento rilevatore riceve f impulsi/secondo, cioè 60 f impulsi/minuto, ed ogni giro genera nj impulsi giro, allora il numero di giri al minuto è:

n = 60 f/nj [giri/minuto] Per ottenere una tensione continua proporzionale alla frequenza degli impulsi, questi vengono posti in ingresso ad un convertitore frequenza-tensione. Il convertitore presenta elevata linearità, accompagnata però da una certa lentezza di risposta. Negli encoder ottici commerciali i valori tipici del numero di feritoie sono compresi tra 100 e 600: numeri più alti assicurano maggiore precisione. La generazione degli impulsi può anche sfruttare un principio diverso da quello ottico: ad esempio capacitivo o magnetico. Nel sistema magnetico il trasduttore si compone di una ruota dentata (con denti a passo costante) e una testina rivelatrice delle variazioni di riluttanza. I vantaggi dell’encoder digitale di velocità sono comuni a tutti i dispositivi digitali: maggiore precisione e affidabilità, un più ampio campo di velocità, ed inoltre la possibilità di contare su una vasta gamma di circuiti integrati che realizzano le funzioni necessarie. Svantaggio principale è invece la lentezza nella rilevazione delle variazioni di velocità, perché occorre attendere i conteggi; tale svantaggio non permette di raggiungere soddisfacenti prestazioni dinamiche.

TRASDUTTORI AD EFFETTO HALL

Il tipo di sensore, di cui ci stiamo occupando, funziona in virtù di un effetto elettromagnetico scoperto nel 1879 dallo scienziato E.H. Hall che, fin da quel tempo, rese noto, quanto illustrato in figura 1.

Fig. 1 - Interpretazioni schematiche dell'effetto Hall

Quando sui terminali di un conduttore si applica una tensione V (schema in alto di figura 1), questa, se è una tensione continua, promuove un flusso di elettroni uniforme dal punto A verso il punto B, senza che, tra due punti estremi di una sezione trasversale del conduttore (C - D) sussista alcuna differenza di potenziale. L'indice del voltmetro, infatti, rimane fermo sullo zero centrale. Se, invece, come indicato nella figura 1, si avvicina un magnete al conduttore, il flusso di elettroni subisce una deviazione dal percorso rettilineo, con un certo ammassamento verso il punto D ed un diradamento nella zona prossima al punto C. Il risultato elettrico più appariscente è quello della presenza di una tensione, fra i punti C - D, segnalata dall'indice del voltmetro. Invertendo le polarità del magnete, anche il corrispondente concentramento di elettroni e la deviazione dell'indice dello strumento si invertono. Con il risultato che il punto C è questa volta più negativo del punto A e l'indice del voltmetro flette verso i valori positivi. Più simbolicamente il concetto di tensione di Hall si esprime attraverso lo schema riportato in figura 2, nel quale con Va si indica la tensione di alimentazione del circuito, mentre con GND è segnalata la linea di terra (ground = terra).

Fig. 2 - Schema simbolico di un sensore ad effetto Hall, il cui segnale d'uscita è prelevabile dai

punti C - D.

In generale, dunque, la tensione di Hall si manifesta quando un campo magnetico di intensità H coinvolge, trasversalmente, un conduttore percorso da corrente ed è rilevabile fra le estremità delle due sezioni perpendicolari. In una piastrina di silicio drogato, di spessore d, attraversata nel senso della lunghezza da una corrente I, e interessata da un campo magnetico di induzione B nel senso della profondità, si genera una tensione Uu perpendicolare alla corrente e all’induzione, di valore:

Uu = Rh Bl/d essendo Rh il fattore di Hall. I trasduttori ad effetto Hall sono sensori che si basano sull'effetto Hall. I trasduttori ad effetto Hall trovano una vasta applicazione, ad esempio per misure indirette di corrente o come interruttori di prossimità. Nel primo caso, si misura il flusso magnetico causato dalla corrente che circola in un filo, e da tale misura si ottiene l'entità di tale corrente. Nel secondo caso viene generato un campo elettromagnetico che investe il trasduttore ad effetto Hall: quando un corpo arriva in prossimità del sensore, determina una variazione dell'induzione magnetica sul trasduttore. La vicinanza dell'oggetto viene quindi segnalata con una commutazione del livello d'uscita da on ad off o viceversa.

Comunemente i trasduttori ad effetto Hall sono assemblati all'interno di un chip.

Esso può essere costituito da due piedini dove viene applicata la tensione di alimentazione, e da due che forniscono in uscita una tensione differenziale proporzionale alla densità di flusso.

Filippo Tommaso Marinetti

La vita Marinetti nacque ad Alessandria d’Egitto il 22 dicembre 1876 da una famiglia benestante e fu uno scrittore, poeta e ideologo italiano. Alla sua nascita fu registrato con il nome di Emilio Angelo Carlo, ma nelle sue opere utilizzò il nome del nonno Filippo Tommaso. Cominciò a studiare dai Gesuiti, ma dopo aver fondato la prima rivista scolastica venne minacciato di essere espulso dai gesuiti per via degli scandalosi romanzi di Emile Zola che vi pubblicò. Allora, per decisione dei genitori, venne mandato a studiare a Parigi, dove ottenne il Baccalaureato nel 1893. Successivamente si iscrisse alla facoltà di legge dell’Università di Genova, dove si laureò nel 1899. Nel 1905 fondò a Milano la rivista internazionale la “Poesia”. Amante della velocità, venne ripescato, nel 1908, in un fossato a seguito di un incidente. Per evitare due ciclisti si era buttato fuori strada con l’automobile. Dopo questo episodio Marinetti diventò un uomo nuovo deciso a liberarsi degli orpelli decadentisti e liberty. Nel 1909 diventò il rappresentante ufficiale del nuovo movimento poetico del “Futurismo”. Il 20 febbraio 1909 pubblicò il Manifesto del Futurismo sulla rivista “Le Figaro” di Parigi. Nel 1910 si unirono a lui tre giovani pittori: Umberto Boccioni, Carlo Carrà e Luigi Russolo, con i quali inaugurò le serate futuriste. Con questa pubblicazione intendeva esporre i principi a cui si doveva ispirare il movimento, ossia il rifiuto radicale del passato e la creazione di una cultura integralmente rinnovata. Nel 1911 scoppiò la guerra italo-turca e il nostro poeta non si tirò indietro e partì per la Libia come corrispondente di un giornale francese. In seguito pubblicò i suoi articoli nel volume “La battagli di Tripoli”. Nel 1912 pubblicò il Manifesto tecnico della lettura futurista, dove definì i procedimenti della scrittura letteraria. Inserì anche le serate al teatro, dette anche “serate futuriste”, dove la componente spettacolare era legata alla recitazione di testi che prevedeva il coinvolgimento di tutto il pubblico. Spesso queste serate terminavano con l’intervento delle forze dell’ordine. Nel 1913 partì per una serie di conferenze in Russia e nel 1914 pubblicò il libro "Zang Tumb Tumb". Alla vigilia della prima guerra mondiale Marinetti e i futuristi si proclamarono accesi interventisti e decisero di partecipare alla guerra. Marinetti venne arrestato per aver bruciato delle bandiere austriache in Piazza Duomo a Milano. Quando l’Italia entrò in guerra Marinetti decise di andare a combattere come volontario, ma ferito all’inguine venne rimpatriato. In questo periodo scrisse un manualetto “ Come si seducono le donne”, che ottenne un incredibile successo. Alla fine della guerra redasse un programma politico futurista e le sue idee rivoluzionarie portarono alla formazione dei fasci futuristi e con essi alla fondazione del giornale "Roma Futurista".

Successivamente, insoddisfatto della “ vittoria mutilata”, decise di partecipare all’impresa di Fiume, ma fu deluso dal comportamento di molti seguaci di D’Annunzio e in seguito costretto, proprio da quest'ultimo, a lasciare la città. In quest’anno conobbe la poetessa e pittrice Benedetta Cappa che sposò nel 1923 e da cui ebbe tre figli. Il programma futurista redatto da Marinetti ispirò Mussolini. Il 23 marzo 1919 partecipò alla riunione del San Sepolcro per la cerimonia dei fasci da combattimento. A seguito della sconfitta elettorale del novembre del 1919 Mussolini e Marinetti furono arrestati con l’accusa di detenzione illegale di armi da fuoco. Mussolini venne rilasciato subito, invece Marinetti uscì dopo una ventina di giorni. Mussolini si avvalse della collaborazione dei futuristi e della loro abilità propagandistica. Durante il 1920 Marinetti si allontanò dal fascismo accusandolo di reazionarismo e passatismo. Nel 1922 pubblicò "Gli Indominabili". Nel 1929 gli fu conferita la carica di Letterato d'Italia. Nel 1935 decise di recarsi come volontario in Africa Orientale. Nel luglio del 1942 ripartì per il fronte nella campagna di Russia dove il suo stato di salute peggiorò. Muore per un attacco cardiaco il 2 dicembre 1944 a Bellagio sul Lago di Como mentre era in attesa di venire ricoverato in una clinica svizzera.

La poetica Marinetti affronta i temi su cui si articola la poetica futurista come la metropoli, la velocità, la simultaneità, l’individuo, lo stato d’animo, la guerra, la spiritualità, la casa. Il fine è quello di “svegliare la sensibilità attraverso una “sensibilità gagliarda". La sua caratteristica principale sta nel suo spirito vitalistico, ai limiti dell’anarchia, nell’adesione incondizionata alla vita moderna, al progresso, al mito della velocità e della macchina, ai ritmi dinamici della nuova realtà totalmente industrializzata. Il movimento, il gesto e la parola entrano nell’opera costituendo un nuovo linguaggio, conciato e rutilante, esplosivo, carico di tensione drammatica. Marinetti esprime i contenuti in un nuovo modo:

• abolisce il culto della tradizione nella poetica e nel linguaggio;

• riscrive nuovamente la sintassi;

• propone di usare le parole in libertà, senza alcun legame grammaticale e sintattico e senza organizzarle in frasi o periodi;

• sostiene la necessità di usare espressioni dialettali, neologismi, onomatopee di suoni animali o meccanici.

Al centro del pensiero marinettiano vi è la teoria delle “ parole in libertà”. Questa teoria viene definita e perfezionata in tre manifesti tecnici:

• il Manifesto tecnico della letteratura futurista dell’11 maggio 1912 e le Risposte alle obiezioni dell’11 agosto dello stesso anno;

• la Distruzione della sintassi, l’Immaginazione senza fili, le Parole in libertà dell’11 maggio 1913;

• Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica del 18 marzo 1914.

Marinetti afferma che le nuove forme di comunicazione, di trasporto e d’informazione esercitano sulla psiche un'influenza decisiva, perché producono fenomeni significativi come l’accelerazione della vita, l’amore del nuovo, dell’imprevisto, del pericolo, l’allargamento delle ambizioni e dei desideri umani, la semi-uguaglianza tra uomo e donna, la modificazione della concezione della guerra, un nuovo senso meccanico, una fusione dell’istinto con il rendimento del motore, l’amore per la velocità, della profondità e dell’essenza dello spirito. Tutto ciò sta alla base della nuova sensibilità futurista. Le “parole in libertà" sono lo strumento linguistico per tradurre in modo efficace questa nuova sensibilità. Questo strumento è una tecnica poetica espressiva completamente nuova e molti collegamenti che avevano aderito al futurismo restano disorientati dalle nuova tecnica poetica. Le indicazioni di Marinetti sono chiare e perentorie:

1. distruggere la sintassi inserendo i sostantivi a caso; 2. usare il verbo all’infinto per annullare l’io dello scrittore; 3. abolire l’avverbio, la punteggiatura, l’aggettivo qualificativo; 4. ogni sostantivo deve avere il suo doppio, cioè un sostantivo deve essere

seguito senza alcuna coniugazione da un altro sostantivo; 5. trovare delle gradazioni di antologie sempre più vaste; 6. realizzare un maximun di disordine nel disporre le immagini; 7. sostituire la psicologia dell’uomo con l’ossessione lirica della materia; 8. introdurre in letteratura il rumore, il peso, l’odore; 9. uccidere dovunque la solennità.

Marinetti, contro la bestiale e nauseante concezione del libro composta di versi passatisti e dannunziani, introduce una rivoluzione tipografica imprimendo alle parole tutte le velocità e sottolineando la forza espressiva.

L'Avanguardia

Il forte impulso al cambiamento che si avverte nella cultura europea a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento assume modi e aspetti diversi, più o meno apertamente dichiarati. Il punto estremo della volontà di provocazione e rottura di quel tempo è costituito dall'Avanguardia. Con il termine di Avanguardia si indica generalmente ogni scuola, movimento, gruppo intellettuale o anche artista isolato del primo Novecento che sostiene, nelle varie arti e nell'attività culturale e, di conseguenza, anche nel costume, posizioni nuove, rivoluzionarie, in rivolta con la tradizione e con il più recente passato e in polemica con il contesto culturale e sociale. Questo fenomeno artistico e letterario, audace ed estremista, è promosso da gruppi di artisti riuniti sotto un preciso manifesto da loro firmato e si presenta come un atto di denuncia dello stato oppressivo della società borghese e del sistema capitalista, sfociando in un rifiuto, anche violento, del sistema, in un'opposizione al predominio della mentalità utilitaria e mercantile e in una negazione senza compromessi. L'Avanguardia rappresenta un capovolgimento totale: se l'arte borghese è essenzialmente merce da consumare insieme con gli altri prodotti industriali, l'Avanguardia oppone risultati che non possono essere scambiati e venduti perché non hanno valore commerciale perché sono privi di ogni comunicatività

immediata e di ogni abbellimento e non incontrano i gusti del grande pubblico, anzi ne provocano spesso un sentimento di disgusto (si pensi alle reazioni negative alle "serate" futuriste e alle mostre dada o surrealiste), creando così una profonda frattura tra l'artista e il pubblico tradizionale. Alla difesa della tradizione, l'Avanguardia oppone l'originalità assoluta, la negazione della storia e dell'uso del linguaggio comune. L'artista dell’Avanguardia è essenzialmente un inventore di linguaggi e forme, il cui obbiettivo è essenzialmente quello della distruzione e della rivoluzione e il cui linguaggio punta a un massimo di disordine da contrapporre all'ordine dei valori esistenti. Tutta la prima metà del Novecento è dominata dall'attività violenta dell’Avanguardia, che investe tutte le arti, con movimenti che interessano l'intera concezione del mondo, come il futurismo, il surrealismo, l'espressionismo, il dadaismo, il vorticismo, l'astrattismo, ecc. L'impegno alla trasformazione vuole per lo più essere totale, estendendosi ai più diversi aspetti della vita e del costume; di qui lo stretto rapporto che tende a crearsi con la politica. Per il suo carattere di azione eversiva diretta contro l'intero sistema sociale, infatti, l’ Avanguardia non è mai un puro fatto separato: la carica rivoluzionaria che è in essa si concretizza o in posizioni di estremo anarchismo o in una collaborazione con movimenti rivoluzionari fascisti e comunisti. Marinetti e i futuristi aderiranno poi, nel dopoguerra, al regime fascista. Fu per loro una scelta obbligata, date le loro idee superomistiche e antiborghesi, antiparlamentari e nazionalistiche. Antonio Gramsci, invece, coglierà nel futurismo, per il suo distacco dalla cultura accademica e borghese, la possibilità di dare vita a un'arte del proletariato. Dal punto di vista storico, l’avanguardia ha attraversato tre fasi:

• le prime avanguardie o avanguardie storiche, nella prima metà del Novecento, caratterizzate da movimenti e manifesti, con tendenza a riversarsi nella attività politica tout court;

• le seconde avanguardie, o neoavanguardie, negli anni Cinquanta-Sessanta, caratterizzate dal dibattito critico e dalla guerriglia semiologica con i linguaggi della società di massa;

• le terze avanguardie, ancora da mettere compiutamente in luce, apparse alla fine del secolo sotto la formula della terza ondata, caratterizzate dallo scontro con il postmoderno e dall’uso dei linguaggi del passato come strumenti eversivi.

IL FUTURISMO

La rottura con il passato Il futurismo è un’avanguardia storica di matrice totalmente italiana. Nato nel 1909, grazie al poeta e scrittore Filippo Tommaso Marinetti, il futurismo diviene in breve tempo il movimento artistico di maggior novità nel panorama culturale italiano. Si rivolge a tutte le arti, comprendendo sia poeti che pittori, scultori, musicisti, e così via, proponendo in sostanza un nuovo atteggiamento nei confronti del concetto stesso di arte. Ciò che il futurismo rifiuta è il concetto di un’arte élitaria, ossia per pochi eletti, e decadente, confinata nei musei e negli spazi della cultura aulica. Propone invece un balzo in avanti, per esplorare il mondo del futuro, fatto di parametri quali la modernità contro l’antico, la velocità contro la stasi, la violenza contro la quiete, e così via. In sostanza il futurismo si caratterizza già al suo nascere come un movimento che ha due caratteri fondamentali:

• l’esaltazione della modernità; • l’impeto irruento del fare artistico.

I valori su cui si fonda la visione del mondo futurista sono quelli della velocità, del dinamismo, dello sfrenato attivismo, considerati come distintivi della moderna realtà industriale, che ha il suo emblema nella macchina. Il culto dell'azione violenta ed esasperata è in aperto contrasto fin da subito con ogni forma di organizzazione politico-sindacale (il parlamentarismo, il socialismo, il femminismo) nel nome di un individualismo assoluto da cui emerge il mito del nuovo superuomo: "Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno". Di qui l'adesione all'ideologia nazionalista e militarista che celebra la guerra come "sola igiene del mondo". I futuristi, inoltre, disprezzano i comuni atteggiamenti spirituali e sentimentali (nei confronti della donna e dell'amore, ad esempio), criticando la sensibilità romantica e decadente, propria di una civiltà ormai superata. La contestazione futurista si spinge fino al linguaggio, come mezzo di comunicazione e di trasmissione di idee considerate antiquate. La parola perde la funzione, che le era attribuita dalla letteratura tradizionale, di indicare l'oggetto a cui si riferisce per assumere un significato più ampio attraverso l'analogia. Marinetti scrisse: " Ogni sostantivo deve avere il suo doppio, cioè il sostantivo deve essere seguito, senza congiunzione, dal sostantivo a cui è legato per analogia. Esempio: uomo-torpediniera, donna-golfo, folla-risacca, piazza-imbuto, porta-rubinetto ecc." L'analogia non deve essere immediata. Un cane fox-terrier può essere paragonato a un altro animale o all'uomo ma anche a una piccola macchina o all'acqua che bolle. L'analogia deve essere libera e collegare cose distanti tra loro che sono solo apparentemente diverse tra loro. Anche la sintassi tradizionale subisce uno stravolgimento con l'abolizione degli elementi di interpunzione (il punto, la virgola, i due punti ecc.) e l'introduzione del verbo all'infinito. Le parole devono essere libere.

Il Manifesto del Futurismo Il futurismo ha una data di nascita precisa: il 20 febbraio 1909. In quel giorno, infatti, Marinetti pubblicò sul «Figaro», giornale parigino, il Manifesto del Futurismo. In questo scritto sono già contenuti tutti i caratteri del nuovo movimento. Dopo una parte introduttiva, Marinetti sintetizza in undici punti i principi del nuovo movimento:

1 Noi vogliamo cantar l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.

2 Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.

3 La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno.

4 Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.

5 Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.

6 Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e magnificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.

7 Non v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.

8 Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!… Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.

9 Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.

10 Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica.

11 Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo

scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.

L'Artista del Futurismo

In un altro suo scritto, Marinetti disse come doveva essere l’artista futurista. «Chi pensa e si esprime con originalità, forza, vivacità, entusiasmo, chiarezza, semplicità, agilità e sintesi. Chi odia i ruderi, i musei, i cimiteri, le biblioteche, il culturismo, il professoralismo, l’accademismo, l’imitazione del passato, il purismo, le lungaggini e le meticolosità. Chi vuole svecchiare, rinvigorire e rallegrare l’arte italiana, liberandola dalle imitazioni del passato, dal tradizionalismo e dall’accademismo e incoraggiando tutte le creazioni audaci dei giovani». L’adesione al futurismo coinvolse molte delle giovani leve di artisti, tra cui numerosi pittori che crearono nel giro di pochi anni uno stile futurista ben chiaro e preciso. Tra essi, il maggior protagonista fu Umberto Boccioni al quale si affiancarono Giacomo Balla, Gino Severini, Luigi Russolo e Carlo Carrà. Il movimento ebbe due fasi, separate dalla prima guerra mondiale. Lo scoppio della guerra disperse molti degli artisti protagonisti della prima fase del futurismo. Boccioni morì nel 1916 in guerra. Carrà, dopo aver incontrato De Chirico, si rivolse alla pittura metafisica e come lui, altri giovani pittori, quali Mario Sironi e Giorgio Morandi, i cui esordi erano stati da pittori futuristi. Nel dopoguerra il carattere di virile forza di questo movimento finì per farlo integrare nell’ideologia del fascismo, esaurendo così la sua spinta rinnovatrice e finire paradossalmente assorbito negli schemi di una cultura ufficiale e reazionaria. La sua rivalutazione sta avvenendo solo da pochi anni e solo dopo che soprattutto la storiografia inglese ha storicamente rivalutato questo fenomeno artistico.

I manifesti e l'arte

Uno dei tratti più tipici del futurismo è proprio la grande produzione di manifesti. Attraverso questi scritti gli artisti dichiaravano i propri obiettivi e gli strumenti per ottenerli. Essi risultano, quindi, molto importanti per la comprensione del futurismo. Da essi è possibile non solo valutare le intenzioni degli artisti, ma anche in che misura le intenzioni si sono attuate nella loro produzione reale. Il primo manifesto sulla pittura futurista risale al 1910. A firmarlo furono Boccioni, Carrà, Russolo, Severini e Balla. In esso non si va molto oltre della semplici enunciazioni di principi che ricalcano gli obiettivi fondamentali del movimento.

La modernità e la velocità La macchina è l’asse portante, è l’innovazione tecnologica di questo inizio secolo, è strumento di trasformazione della coscienza e della sensibilità umana. In questo inizio d’epoca che va anche sotto il nome di «Bella epoque» si registrano profondi mutamenti. Il 1905 è importante per il cinema, si gira «La presa di Roma» il primo film italiano a soggetto. Sempre in quest’anno fanno la prima apparizione: • la macchina del caffè espresso • l’orologio da polso • l’aspirina, un miracoloso antinevralgico e antinfluenzale della Bayer.

La

Seconda

GuerraMondiale

Verso la guerra

Giappone e Cina tra le due guerre

La questione delle frontiere tedesche e delle riparazioni di guerra sembrò risolversi con gli Accordi di Locarno (1925). Il successivo Patto Briand-Kellog (1928) intendeva addirittura aprire una nuova era di pace; in realtà, non fu neanche in grado di contenere la rivalità tra le grandi potenze, che anzi si aggravò dopo la crisi economica del 1929. Anche in Asia i trattati di pace concorsero a creare instabilità. La Conferenza di Parigi non aveva soddisfatto né il Giappone né la Cina, entrambi sottoposti alle decisioni dell’Inghilterra e della Francia. E anche qui la crisi del 1929 esasperò la situazione, con gravi conseguenze sia all’interno dei paesi sia nei rapporti tra gli stati. La partecipazione alla prima guerra mondiale accrebbe il prestigio internazionale del Giappone. Come alleato dell’Intesa, lo Stato asiatico ottenne lo Shantung (una zona della Cina in precedenza sotto il dominio tedesco) e il controllo di alcune isole nell’Oceano Pacifico (Marianne, Caroline e Marshall) di grande importanza strategica. Il Giappone era un paese povero di risorse naturali e la sua economia si reggeva sulle esportazioni. Per fare fronte alla crisi economica del 1929, che determinò una contrazione del mercato internazionale, e assicurarsi altri mercati, venne ritenuta indispensabile la conquista di nuovi territori. I grandi gruppi industriali si allearono con le gerarchie militari ed impressero alla politica giapponese un orientamento espansionistico, in particolare ai danni della Cina. Questo indirizzo trovò una prima applicazione nel 1931 con l’occupazione militare della Manciuria, una regione cinese ricca di materie prime. Nel 1937, l’esercito nipponico iniziò l’invasione della Cina settentrionale, occupando le principali città, incluse Pechino e Shangai. In Giappone si rafforzarono i gruppi di matrice fascista, si affermò un governo autoritario, sotto la tutela dell’imperatore Hirohito, sul trono dal 1926, e venne tolto il potere al Parlamento. Nel 1911, a causa dell’incapacità dell’imperatore cinese di controllare il territorio, l’Impero crollò e l’anno successivo fu proclamata la repubblica. Artefice del cambiamento fu soprattutto Sun Zhongshan, fondatore e capo del Partito nazionale del popolo, il Guomindang. Il potere di questa repubblica, però, rimase assai limitato. Vaste regioni del nord erano controllate da comandanti militari, i cosiddetti signori della guerra. La Cina rimaneva un potenza fragile, tanto che, nonostante avesse partecipato alla prima guerra mondiale, non riuscì a riottenere il territorio dello Shantung che, invece, i trattai di pace assegnarono al Giappone.

Di fronte a questa prevaricazione il movimento nazionalista del Guomindang riprese vigore e potè contare sull’appoggio del Partito Comunista Cinese, fondato nel 1921 da Mao Tse-tung. Il movimento rivoluzionario costituì a Canton, nel sud del paese, un governo alternativo a quello di Pechino che venne sostenuto dall’Unione Sovietica e si proponeva l’obiettivo ambizioso di riunificare la Cina. Dopo la morte di Sun Zhongshan nel 1925, il movimento Guomindang passò sotto la guida del comandante dell’esercito Chang Kai Shek, un nazionalista moderato ed ostile ai comunisti. Nel 1926 iniziò la campagna militare contro il governo di Pechino e le milizie del Nord. L’esercito del Guomindang, guidato dai comunisti, si rivelò subito superiore anche perché esso era appoggiato dagli operai che, nel 1927, insorsero e cacciarono da soli le armate nordista da Shangai prima dell’intervento dell’esercito del Guomindang. Ma quando Chang Kai Shek raggiunse Shangai, con un colpo di scena, fece attaccare dalle sue truppe le milizie comuniste che controllavano la città; contemporaneamente diede l’ordine di eliminare i comunisti da tutte le altre zone del paese occupate dal Guomindang. Successivamente conquistò Pechino nel 1928. L’esercito del Partito Comunista, colto di sorpresa dall’aggressione del Guomingdang, subì gravissime perdite e i comunisti sfuggiti alla repressione si riorganizzarono sotto la guida di Mao Tse-tung (1985-1976). Nel 1931 fondarono una repubblica sovietica nelle zone montuose della Cina sudorientale, espropriarono i proprietari terrieri e costituirono un esercito popolare di contadini. Preoccupato per la diffusione delle zone “rosse” Chang Kai Shek lanciò contro i comunisti le cinque “campagne di annientamento”. L’ultima ebbe particolare successo e riuscì ad accerchiare l’armata comunista. Per sottrarsi all’accerchiamento Mao Tse-tung guidò i suoi 100.000 uomini in una “lunga marcia” di circa 12.000 chilometri, conducendoli nello Ya’nan dove installò una nuova “repubblica sovietica”: solo 7.000 soldati comunisti raggiunsero lo Ya’nan, ma l’epica ritirata aumentò il prestigio del Partito comunista e quello personale di Mao Tse-tung. Negli anni successivi, la guerra civile fu interrotta dalla necessità di fronteggiare l’attacco dei Giapponesi: nel 1936, infatti, tutte le forze politiche cinesi si riunirono in un unico fronte antinipponico. Nel 1937 esplose la guerra contro il Giappone che confluì, nel 1941, nella seconda guerra mondiale. La resa dei conti tra comunisti e Guomindang venne così rinviata al dopoguerra.

Crisi e tensioni in Europa La crisi economica del 1929 spinse molti paesi verso una politica autoritaria al proprio interno ed espansionistica all’esterno. Il caso più clamoroso fu quello della Germania nazista che a partire dal 1933 affossò definitivamente il precario equilibrio internazionale stabilito con il trattato di Versailles nel 1919. Hitler intendeva guidare il suo popolo alla conquista dello spazio vitale e all’imposizione di un nuovo ordine europeo che avrebbe visto la grande Germania dominare il continente. La guerra era lo sbocco naturale di tale politica. Hitler rivendico il diritto del proprio paese a difendersi dotandosi di armi e di un esercito adeguati. Proprio per questo, a causa delle limitazioni imposte al riarmo dal trattao di Versailles, nel 1933 uscì dalla Società delle Nazioni. Nel 1935 introdusse il reclutamento obbligatoria e firmò un trattato con la Gran Bretagna che gli consentiva di costruire una flotta navale, a condizione che non superasse il 35% di quella inglese. Nel 1936, infine, riportò le truppe tedesche nella regione della Renania che, secondo il trattato di Versailles, doveva rimanere smilitarizzata. L’espansione del Reich iniziò con un successo e un fallimento. Il successo fu il risultato del plebiscito con il quale la popolazione della Saar, ricca regione carbonifera, affidata alla Francia come riparazione dei danni di guerra, decise con il 90% di favorevoli, il ritorno sotto la Germania. Il fallimento fu il tentativo, andato a vuoto, di annettere l’Austria che culminò con l’assassinio del cancellier austriaco Dollfuss nel 1934. Preoccupata per la prova di forza tedesca, la Francia chiese la convocazione della Conferenza di Stresa, sul Lago Maggiore, nel 1935 assieme a Gran Bretagna e Italia. La Conferenza di Stresa fu, però, un fallimento perché le tre nazioni si limitarono a una formale condanna e a ribadire generici impegni per il mantenimento della pace. Per accreditare il fascismo a livello internazionale, Mussolini era intervenuto a favore dell’Austria, contro il tentativo di invasione tedesca, e a Stresa si mostrò preoccupato per la pace, mantenendo una posizione di equidistanza tra Francia e Gran Bretagna, da una parte, e Germania, dall’altra. Approfittando di questo prestigio, nel 1935, Mussolini aggredì e invase l’Etiopia, dimostrando anche l’impotenza della Società delle Nazioni che, invano, espresse la sua condanna e impose inutili sanzioni. Infatti la Società delle Nazioni, non avendo una forza militare pronta ad intervenire e, soprattutto, non potendo contare sull’appoggio degli Stati Uniti, chiusi nel loro isolazionismo, non poteva fermare l’aggressione di un paese contro un altro. Incuranti delle condanne diplomatiche, Germania, Italia e Giappone uscirono dalla Società delle Nazioni. Come conseguenza della vittoria in Etiopia, nel 1936, Mussolini firmò un accordo con la Germania che accomunava la politica estera dei due paesi:

l’Asse Roma-Berlino che aveva come capisaldi l’antibolscevismo e il comune interesse per i Balcani. Per contrastare l’Unione Sovietica, la Germania allargò l’alleanza anche con il Giappone formando così, nel 1937, l’Asse Roma-Berlino-Tokio, costituendo così uno degli schieramenti della seconda guerra mondiale. Allarmata per la politica estera della Germania, l’URSS, nel 1934, ruppe il suo isolamento ed entrò nella Società delle Nazioni stringendo un patto di alleanza con la Francia, dimostrando, così, di voler collaborare con le democrazie occidentali per contrastare il pericolo nazista. Ciò fu formalmente deciso con il VII° Congresso dell’Internazionale Comunista (Comintern), nel 1935, con il quale venne stabilita la linea politica di combattere i fascismi in un unico fronte, alleandosi con i partiti democratici occidentali. Il Comintern spinse i partiti comunisti d’Europa a costituire dei fronti popolari che unissero, in una unica coalizione, tutte le forze antifasciste, dai cattolici ai socialisti. I fronti popolari vinsero le elezioni in Francia, dove andò al governo il socialista Leon Blum che riuscì a fare riforme sociali importanti, ma non ebbe sufficiente forza in politica estera per contrastare le pretese tedesche. Anche in Spagna il fronte popolare vinse le elezioni, ma la destra militarista non accettò la svolta democratica e diede inizio alla guerra civile. La Gran Bretagna fu uno dei pochi paesi in Europa a mantenere il sistema democratico e a superare la crisi del 1929 senza ricorrere a soluzioni autoritarie. La sua politica estera fu, però, debole nell’affrontare l’espansionismo dei regimi totalitari in Europa. Appeasement, cioè pacificazione a prezzo di concessioni fu la linea di politica estera inglese. Le ragioni di questo comportamento debole vanno ricercate nell’errore di valutazione delle reali intenzioni di Hitler, nell’idea che si sarebbero contenute le ambizioni della Germania con un accordo pacifico. La radicata diffidenza verso l’Unione Sovietica, inoltre, impedì alla Gran Bretagna di creare una nuova alleanza antinazista. Dal 1933 al 1939, dunque, Hitler portò avanti indisturbato il suo progetto espansionista, consapevole che né la Francia né la Gran Bretagna sarebbero intervenute. La difesa ad ogni costo di una pace fragile portò alla guerra.

La guerra civile in Spagna

L’economia dominata per la maggior parte dall’agricoltura era basata sul latifondismo. I ceti dominanti erano i proprietari terrieri, gli esponenti dell’esercito, gl’imprenditori e l’alto clero. Nel 1923 il re Alfonso XIII di Borbone favorì la dittatura militare di Miguel Primo de Rivera, che si ispirava al fascismo e rimase al potere fino al 1930. Nell’aprile del 1931 si tennero le elezioni amministrative ed ebbero successo i partiti favorevoli alla repubblica. Il re andò in esilio e fu proclamata la dittatura. Nel 1933 si ebbe la rivincita della destra. Nel 1934 scoppiarono numerose insurrezioni, che vennero represse duramente. I comunisti sotto direttiva di Stalin entrarono nel Fronte popolare e nel febbraio del 1936 vinsero le elezioni. Ci fu un’ondata di insurrezioni e in contemporanea la destra organizzò un colpo di Stato. Nel luglio del 1936 la congiura iniziò. Guidato dal generale Francisco Franco e aiutato dall’aviazione italiana e tedesca, l’esercito ribelle riuscì a sbarcare nel Sud della Spagna. Così, iniziò la guerra civile. Questa guerra venne vista come una questione internazionale; il governo repubblicano consapevole della proprio debolezza chiese aiuto alla Francia. A sostegno dei repubblicani andò l’Unione Sovietica. Tra gennaio e marzo del 1939 l’esercito di Franco, essendo meglio organizzato, vinse e occupò Barcellona e Madrid. La democrazia era finita in Spagna e la dittatura di Franco avrebbe avuto termine nel 1975.

La vigilia della guerra mondiale

Nel 1938 l’Austria venne finalmente annessa alla Germania. Hitler non soddisfatto prese di mira la Cecoslovacchia usando il pretesto che i Sudeti erano di fatto un popolazione a maggioranza tedesca. Il 29 e 30 settembre 1938 Mussolini, Hitler, il premier britannico Chamberlain e il Primo ministro francese Daladier s’incontrarono alla Conferenza di Monaco. In quella occasione si manifestò l’arrendevolezza delle democrazie occidentali, con Francia e Gran Bretagna che sottoscrissero decisioni già prese, dietro la promessa che fosse garantita l’indipendenza del resto della Cecoslovacchia. Hitler, rafforzato dai cedimenti di Francia e Gran Bretagna, non rispettando i patti appena sottoscritti, nel marzo del 1939, completò la conquista della Cecoslovacchia, annettendo la Boemia e la Moravia. La Slovacchia restò formalmente indipendente, ma venne ridotta a stato vassallo della Germania. Fu una aperta annessione imperialistica ai danni di popolazioni estranee al mondo tedesco. Non soddisfatto, Hitler, il 21 marzo del 1939 chiese alla Polonia la città di Danzica e la striscia di terra che univa quella città alla Polonia (il corridoio polacco). In questo caso la Gran Bretagna dichiarò di appoggiare l’indipendenza della Polonia in caso di aggressione.

Nel 1939 anche l’Italia fascista si allineò alla politica aggressiva della Germania: in aprile le truppe italiane occuparono l’Albania che venne annessa all’impero. Il rapporto di amicizia fra Italia e Germania venne rafforzato con un’alleanza militare: il 22 giugno 1939 venne firmato il Patto d’acciaio, con il quale i due paesi si impegnavano a fornire reciproco aiuto in caso di guerra. Di fatto, l’Italia si impegnava ad entrare in guerra quando Hitler avesse voluto. Hitler, però, voleva anche garantirsi la neutralità del’’Unione Sovietica. Per questo il 23 agosto del 1939 i ministri degli esteri di Germania e Russia, Ribbentrop e Molotov, firmarono il patto di non aggressione della durata di 10 anni. A questo si aggiungeva un protocollo segreto, reso pubblico dagli Stati Uniti nel 1949, che stabiliva:

• le modalità di spartizione della Polonia; • le sfere di influenza di Germania e URSS nella regione baltica;

Con il Patto Molotov-Ribbentrop tutto era pronto per l’invasione della Polonia, avvenuta l’1 settembre 1939, e che avrebbe segnato l’inizio della seconda guerra mondiale.

Il mondo in guerra

1939-40- La “guerra lampo”

L’1 settembre 1939 la Germania attaccò la Polonia e la costrinse alla resa, in tre settimane. Il 3 settembre la Francia e la Gran Bretagna dichiararono guerra alla Germania. Il 17 settembre anche l’Unione Sovietica iniziò l’occupazione della Polonia. Nella foresta di Katyn avvenne uno degli episodi più sanguinosi, dove i Sovietici uccisero migliaia di ufficiali polacchi e gettarono i corpi in fosse comuni. L’esercito franco-inglese e quello tedesco si fronteggiarono ognuno nelle proprie linee difensive, praticamente senza combattere (“guerra strana”). I Sovietici continuarono la loro avanzata occupando la Lituania, la Lettonia e l’Estonia, regioni definite da Stalin “indispensabili per la sicurezza dell’URSS”. Con lo stesso pretesto attaccò la Finlandia, tra il dicembre 1939 e il marzo 1940. Il 9 aprile la Germania attaccò la Danimarca e la Norvegia. La Danimarca venne subito occupata, mentre la Norvegia si arrese dopo due mesi. La Germania sembrava che potesse davvero realizzare una “guerra lampo”, cioè un attacco massiccio e rapido attuato con l’impiego di aerei e carri armati. Il 10 maggio 1940, Hitler, decise di attaccare di sorpresa la Francia. Questa operazione, chiamata piano Manstein; venne condotta con particolare abilità tattica. Le truppe tedesche invasero il Belgio e l’Olanda, così puntando su Parigi. I Francesi e gli Inglesi furono accerchiati e costretti a imbarcarsi a Dunkerque per ritirarsi in Inghilterra nel 27 maggio – 4 giugno. L’esercito tedesco occupò il nord della Francia e raggiunse Parigi il 14 giugno. Il presidente del consiglio francese Paul Reynaud proponeva di continuare ad oltranza il conflitto con la Germania; mentre il maresciallo Henri-Philippe Petain, appoggiato dalle forze della destra, proponeva di scendere a patti con la Germania. Venne optata la seconda ipotesi. Nel 22 giugno 1940 venne eseguito l’armistizio tra Francia e Germania, secondo la quale il territorio francese venne diviso in due parti:

• la parte della Francia centro-settentrionale rimase all’occupazione tedesca;

• la parte della Francia centro-meridionale costituì un governo collaborazionista, cioè disposto a collaborare con gl’invasori.

Nel 1939 l’Italia si trovò in un momento difficile. Mussolini si era impegnato con il patto d’acciaio (del maggio 1939) di aiutare la Germania in caso di guerra. Hitler sapeva che l’Italia non era pronta ad entrare in guerra, perciò annunciò la non belligeranza; cioè l’Italia non entrava in guerra, ma nemmeno si manteneva neutrale. Il 10 giugno 1940 l’Italia entrò in guerra contro la Francia e l’Inghilterra. Mussolini attaccò la Francia che era già in crisi e facendo ciò venne definito dai paesi nemici “una pugnalata alla schiena”.

Nel 28 ottobre 1940 Mussolini annunciò “spezzeremo le reni della Grecia”, e la invase. Venne sconfitto ed ebbe gravi perdite. Dopo la sopraggiunta sconfitta della Francia solo l’Inghilterra poteva continuare la guerra. Nel maggio del 1940 in Gran Bretagna divenne Primo ministro Winston Churchill. Esso annunciò di combattere fino alla vittoria. Tra agosto e settembre, i tedeschi tentarono lo sbarco sulle coste britanniche; quest’azione era chiamata operazione leone marino. Per invadere la Gran Bretagna bisognava annientare l’aviazione inglese. Per due mesi si ebbero scontri tra RAF, cioè l’aviazione inglese e la Luftwaffe, cioè l’aviazione tedesca; questa battaglia fu definita “la battaglia d’Inghilterra”. Londra e altre città subirono enormi bombardamenti, ma la RAF riuscì ad infliggere ai tedeschi gravi perdite. Il 17 settembre, Hitler dovette rinunciare al progetto d’invasione. L’illusione della guerra lampo fini e si continuo con una guerra di logoramento. Per tedeschi, nonostante il fallimento della guerra lampo, il bilancio rimase comunque positivo: - l’Italia si era schierata con la Germania; - si erano rafforzati i legami con il Giappone, che portò ,il 27 settembre 1940,

alla firma del Patto Tripartito. Esso era composto da Italia, Germania e Giappone.

1941- La guerra mondiale Nella primavera del 1941 la Germania fu costretta a intervenire in aiuto dell’Italia. Nel nord Africa le truppe tedesche guidate dal generale Erwin Rommel giunsero a pochi chilometri del canale di Suez. Invece nei Balcani, la Germania conquistò la Iugoslavia, la Grecia e l’isola di Creta; in più impose delle alleanze forzate con Romania e Bulgaria. L’Italia dovette rinunciare a svolgere un ruolo autonomo nella guerra, mentre la Germania poteva guardare ad espandere il proprio dominio verso le regione dell’Est europeo, in nome del progetto di conquista dello “spazio vitale”. La conquista dell’URSS aveva anche altre ragioni: - i popoli slavi erano ritenuti inferiori; - l’URSS era la patria del comunismo; - l’URSS era un territorio ricchissimo di materie prime, di cui la Germania

aveva bisogno per poter continuare il conflitto. Il 22 giugno 1941 la Germania invase la Russia seguendo il cosiddetto Piano Barbarossa che prevedeva l’applicazione della guerra lampo, cioè il rapido annientamento delle forza nemiche. Vennero impiegati 3 milioni di uomini, 10.000 carri armati 3.000 aerei. Anche l’Italia partecipò all’intervento inviando nel luglio del 1941 il CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia). I sovietici persero diversi territorio (i Paesi Balcanici, la Bielorussia, l’Ucraina e la Crimea sttentrionale), ma riuscirono a resistere. Con il sopraggiungere del lungo e freddo inverno russo l’avanzata si arrestò e si passò dalla guerra lampo alla guerra di logoramento.

Il Giappone, dopo avere iniziato una politica espansionistica contro la Cina, venne in contrasto con la Gran Bretagna, la Francia e gli Stati Uniti per il controllo del sud-est asiatico e del Pacifico. Dopo aver stretto il Patto dell’Asse (1940) con Germania e Italia, il Giappone strinse con l’Unione Sovietica nel 1941 un patto di neutralità. L’espansionismo giapponese, dando fiato al nazionalismo asiatico con al motto di “l’Asia agli asiatici”, mirava non solo a conquistare nuovi territori, ma soprattutto a ridurre l’ingerenza occidentale. Nel 1941 i giapponesi conquistarono l’Indocina francese e gli Stati Uniti, per reazione, bloccarono le esportazioni verso il Giappone. Questa fu una azione pesantissima verso uno Stato privo di materie prime e provocò l’entrata in guerra del Giappone. Il 7 dicembre 1941 i giapponesi attaccarono, senza formale dichiarazione di guerra, la flotta americana ancorata a Pearl Harbour, nelle isole Hawaii distruggendone quasi tutte le navi. Il giorno 8 dicembre 1941 gli Stati Uniti e la Gran Bretagna dichiararono guerra al Giappone, che venne subito sostenuto dalla Germania e dall’Italia. La guerra si era così definitivamente estesa a tutto il mondo. Nel 1941 gli Stati Uniti, e soprattutto dopo l’attacco a Peral Harbour, posero fine alla politica di isolamento, accentuata in seguito alla crisi del 1929, e il presidente Roosevelt approvò la “Legge affitti e prestiti” con la quale veniva fornito materiale bellico a condizioni vantaggiose per 4 anni ai paesi antifascisti e soprattutto alla Gran Bretagna, divenendo così l’”arsenale della democrazia”. Con la firma della Carta Atlantica, nell’agosto del 1941, venne sancito l’avvicinamento tra Stati Uniti e Gran Bretagna. In esso si affermavano i principi di collaborazione tra gli stati e di autodeterminazione dei popoli che avrebbero dovuto guidare la politica internazionale dopo la fine del dominio nazista. L’intervento in guerra degli Stati Uniti determinò una forte crescita della produzione industriale: gli occupati passarono da 10 milioni a 17 milioni nell’arco di 4 anni, dal 1939 al 1943. Il dominio nazista in Europa Nel 1942 il dominio della Germania nazista in Europa raggiunse la massima espansione. Nella “nuova Europa”, che il nazismo voleva costruire, al vertice vi doveva essere la “Grande Germania”, costituita da Germania, Alsazia, Lorena, Boemia, con 100 milioni di abitanti. Immediatamente dopo si trovavano i paesi satelliti come la Francia e l’Italia. Al di sotto, direttamente dipendenti come colonie, i territori conquistati militarmente. In questo nuovo ordine la supremazia doveva spettare alla razza ariana. I popoli slavi dovevano semplicemente fornire la mano d’opera e le risorse necessarie a sostenere l’economia del Reich.

Gli Slavi dovevano essere tenuti in condizione di schiavitù, mentre gli Ebrei andavano completamente sterminati. A tale scopo i nazisti crearono più di 900 lager, cioè campi di concentramento e di sterminio, situati in Germania, Polonia, Austria e Cecoslovacchia. I nomi di quelli più tristemente noti sono: Auschwitz, Buchenwald, Mauthausen, Dachau, Treblinka, Bergen-Belsen, Flossenburg.. Gli Ebrei, già sottoposti a discriminazioni e persecuzioni, nel 1938, dopo la “notte dei cristalli”, furono anche deportati nei lager. In tutta Europa e in particolare nell’Europa dell’est, gli ebrei furono perseguitati e deportati in massa nei campi di prigionia. In essi si doveva lavorare fino allo sfinimento e si moriva di fame, di stenti e di malattie. Chi non era in grado di lavorare veniva ucciso nelle camere a gas. Nel 1942 Hitler decise di attuare la “soluzione finale”, cioè lo stermino organizzato di tutti gli Ebrei. Si realizzo così l’Olocausto (sacrificio) o come dicono gli Ebrei, la Shoah (catastrofe). Si trattò di un vero e proprio genocidio, cioè dello sterminio di una intera popolazione. Questo termine venne usato per la prima volta nel 1946 durante il processo di Norimberga, in cui i capi nazisti vennero processati e condannati per avere commesso questo crimine. Nei lager nazisti morirono 6 milioni di ebrei, per lo più russi, polacchi e tedesci oltre a mezzo milione di zingari. Qualsiasi opposizione veniva soffocata nel sangue, come la sollevazione nel ghetto di Varsavia (aprile 1943) dove su 450.000 persone i sopravvisuti furono solo 50.000. In tutti i paesi occupati dall’esercito nazista nacquero movimenti di opposizione e di liberazione. La resistenza al nazismo venne guidata in Francia dal generale De Gaulle, in Iugoslavia dal maresciallo Tito. Anche in Germania una parte dell’esercito si oppose al regime organizzando un attentato a Hitler (20 luglio 1944) che però fallì. In Italia la resistenza fu un fenomeno complesso, al cui interno si manifestarono profondi contrasti politici. Fenomeno opposto alla resistenza fu il collaborazionismo: persone o gruppi che appoggiavano gli invasori. Il caso più clamoroso fu quello del capo del governo collaborazionista norvegese, Vidkun Quisling.

Dalla guerra totale ai progetti di pace Con la prima guerra mondiale si affermò, come conseguenza della industrializzazione, il nuovo tipo di guerra totale: una guerra di massa che coinvolge tutta la società e che viene combattuta sia sul fronte esterno che su quello interno. Con la seconda guerra mondiale questo concetto venne esasperato: la guerra fu un evento mondiale perché venne combattuta sui cinque continenti, venne coinvolta la popolazione civile; non esistevano più fronti, tutti, militari e civili, si trovavano in prima linea. La diminuzione della produzione agricola e la distruzione delle strutture di trasporto e di vendita ridusse alla fame intere popolazioni. La seconda guerra mondiale fu anche una guerra tecnologica: vennero utilizzati nuovi strumenti e soprattutto nuove armi e nuove tecniche di attacco sempre più distruttive. Le più rilevanti furono; il radar, i sottomarini, i carri armati, il bombardamento aereo indiscriminato sulle città, la bomba atomica. Molte industrie vennero riconvertita alla produzione bellica e si fece largo ricorso alla manodopera femminile, in precedenza scarsamente utilizzata. I moderni mezzi di comunicazione (cinema e radio) vennero utilizzati per propagandare le motivazioni ideologiche degli Stati in guerra. I nazisti combattevano in nome della loro delirante teoria sulla superiorità della razza ariana. Anche il fascismo italiano e l’imperialismo nipponico si richiamavano ad analoghe aspirazioni di supremazia. Ad essi si opponevano, ideologicamente, gli Inglesi e gli Americani che, secondo i valori espressi dalla Carta Atlantica, intesero la guerra quale lotta di civiltà contro la degenerazione nazifascista. La guerra mondiale doveva essere contrastata con progetti di pace altrettanto mondiali. Il primo passo, in questa direzione, fu la firma da parte di Roosevelt e Churchill, nell’agosto del 1941, della Carta Atlantica, che sancì la solidarietà ideale e politica tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Essa richiamava otto punti, tra i quali: il diritto dei popoli alla autodeterminazione, la disponibilità a facilitare i rapporti di collaborazione commerciale tra gli Stati, l’auspicio di un disarmo generalizzato. Gli Stati Uniti, sconfessando il loro iniziale isolazionismo, iniziarono a svolgere un ruolo guida a livello internazionale per raggiungere e mantenere la pace. Il 26 gennaio 1942 ventisei paesi, richiamandosi ai principi della Carta Atlantica, si proclamavano Nazioni Unite. Verso la fine del 1943, poiché era chiaro che la guerra avrebbe avuto una svolta favorevole, si intensificarono gli incontri politici tra Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica. A tale scopo si tennero numerose conferenze. In quella di Teheran nel dicembre 1943, a cui parteciparono Churchill, Stalin e Roosevelt, venne concordato l’apertura di un nuovo fronte in Francia, mediante lo sbarco in Normandia.

Roosevelt chiese di fare nascere un’organizzazione mondiale nella quale discutere ogni controversia internazionale. Stalin ottenne assicurazioni per i futuri confini dell’URSS e di poter fare diventare suoi alleati i paesi confinati, al fine di proteggere il paese da aggressioni esterne. Quanto alla Germania fu deciso di dividerla in zone di influenza sottoposte alla tutela o al controllo degli Alleati. I risultati di questa conferenza vennero, poi, ratificati nella Conferenza di Yalta. Churchill, Stalin e Roosevelt si incontrarono a Yalta, in Crimea, nel febbraio del 1945. In quella occasione Stalin si impegnò ad entrare in guerra contro il Giappone. La Germania venne divisa in quattro zone di occupazione controllate dagli Stati Uniti, dall’Unione Sovietica, Dalla Gran Bretagna e dalla Francia. Venne anche deciso di sciogliere l’esercito tedesco, di denazificare il paese, di perseguire i criminali nazisti e di far pagare alla Germania i danni di guerra. Venne anche sancito il principio atlantico del diritto per i paesi liberati di autodeterminare il proprio futuro politico. Yalta è diventato il simbolo della spartizione dell’Europa in due aree di infulenza: quella occidentale, sotto il controllo americano, e quella orientale sotto il controllo sovietico. In realtà, la decisione di dividere l’Europa venne presa dai carri armati sovietici che minacciavano i paesi dell’Europa orientale e che solo un’altra guerra avrebbe potuto allontanare. Nella conferenza di Yalta, il presidente americano Roosevelt, malato e prossimo alla morte, si dimostro accondiscendente con Stalin. Il suo successore, Harry Truman, invece, assunse un atteggiamento ben più rigido nella successiva Conferenza di Potsdam, vicino a Berlino, nel luglio del 1945. La solidarietà tra USA e URSS, sancita dal comune impegno contro il nemico nazista si stava rapidamente incrinando. Era l’inizio della guerra fredda.