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MAURIZIO RICCI Ordinario di diritto del lavoro nell’Università di Foggia L’ACCORDO QUADRO E L’ACCORDO INTERCONFEDERALE CONFINDUSTRIA DEL 2009: CONTENUTI E MODELLI DI RELAZIONI INDUSTRIALI (*) SOMMARIO: 1. Introduzione. — 2. Gli assetti della contrattazione collettiva: prime osservazioni. — 3. Il ruolo «ordinatore» del CCNL. — 4. La contrattazione di secondo livello. — 5. La rappresentanza negoziale. — 6. Le norme assenti o parzialmente differenti o nuove delle intese separate (rispetto al documento sindacale unitario). — 7. La disciplina transitoria. — 8. Alcune osservazioni conclusive. 1. Il 22 gennaio 2009, è stato sottoscritto un Accordo Quadro (d’ora in poi: AQ), dalla natura giuridica controversa (infra), in cui si sono enunciati princìpi da definire in Accordi interconfedera- li (1). A lungo negoziato (2), alla fine è stato sottoscritto da tutte le (*) Il saggio riproduce, con modifiche e note, il testo della relazione al Convegno, “La riforma degli assetti contrattuali nell’Accordo Quadro del 22 gennaio 2009”, organizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza e dalla Scuola di Specializza- zione per le Professioni Legali dell’Università di Parma. (1) Periodo 2 della Premessa. Secondo F. CARINCI (Una dichiarazione d’in- tenti: l’Accordo Quadro 22 gennaio 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali, q. Riv, 2009, 179), le fonti contrattuali ivi richiamate sono «molteplici, non univoche e non sistematiche» in virtù di quella «approssimazione propria delle intese collettive, riconducibili sia alla scarsa rilevanza assegnata alla proprietà di lin- guaggio, sia alla scarsa o nessuna voglia di chiarezza». (2) In realtà, il negoziato sulla riforma del sistema contrattuale è iniziato nell’autunno 2007 con il Governo PRODI, anche per ottenere provvedimenti in materia fiscale, tariffaria e dei prezzi sulla base di un documento unitario (Cgil, Cisl, Uil, Per valorizzare il lavoro e far crescere il Paese, novembre 2007), oltre a misure di decontribuzione e detassazione per la contrattazione decentrata. Con la caduta del Governo Prodi, la trattativa è ripresa con la Confindustria. Dopo lo R I D L, 2009, I

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MAURIZIO RICCI

Ordinario di diritto del lavoro nell’Università di Foggia

L’ACCORDO QUADRO E L’ACCORDO INTERCONFEDERALECONFINDUSTRIA DEL 2009:

CONTENUTI E MODELLI DI RELAZIONI INDUSTRIALI (*)

SOMMARIO: 1. Introduzione. — 2. Gli assetti della contrattazione collettiva: primeosservazioni. — 3. Il ruolo «ordinatore» del CCNL. — 4. La contrattazione disecondo livello. — 5. La rappresentanza negoziale. — 6. Le norme assenti oparzialmente differenti o nuove delle intese separate (rispetto al documentosindacale unitario). — 7. La disciplina transitoria. — 8. Alcune osservazioniconclusive.

1. Il 22 gennaio 2009, è stato sottoscritto un Accordo Quadro(d’ora in poi: AQ), dalla natura giuridica controversa (infra), in cuisi sono enunciati princìpi da definire in Accordi interconfedera-li (1). A lungo negoziato (2), alla fine è stato sottoscritto da tutte le

(*) Il saggio riproduce, con modifiche e note, il testo della relazione alConvegno, “La riforma degli assetti contrattuali nell’Accordo Quadro del 22 gennaio2009”, organizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza e dalla Scuola di Specializza-zione per le Professioni Legali dell’Università di Parma.

(1) Periodo 2 della Premessa. Secondo F. CARINCI (Una dichiarazione d’in-tenti: l’Accordo Quadro 22 gennaio 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali, q.Riv, 2009, 179), le fonti contrattuali ivi richiamate sono «molteplici, non univochee non sistematiche» in virtù di quella «approssimazione propria delle intesecollettive, riconducibili sia alla scarsa rilevanza assegnata alla proprietà di lin-guaggio, sia alla scarsa o nessuna voglia di chiarezza».

(2) In realtà, il negoziato sulla riforma del sistema contrattuale è iniziatonell’autunno 2007 con il Governo PRODI, anche per ottenere provvedimenti inmateria fiscale, tariffaria e dei prezzi sulla base di un documento unitario (Cgil,Cisl, Uil, Per valorizzare il lavoro e far crescere il Paese, novembre 2007), oltre amisure di decontribuzione e detassazione per la contrattazione decentrata. Con lacaduta del Governo Prodi, la trattativa è ripresa con la Confindustria. Dopo lo

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associazioni imprenditoriali (3) e sindacali, tranne quella maggio-ritaria (4). Il 15 aprile, per il settore industriale, il successivoAccordo interconfederale (d’ora in poi: AI) è stato firmato dallaConfindustria, dalla Cisl e dalla Uil; in sede separata anche dal-l’Ugl.

Sul versante delle relazioni industriali, la prima novità è rap-presentata dalla mancata firma della Cgil. Un accordo separatonon rappresenta una novità nel corso degli ultimi anni, così comein alcuni recenti rinnovi di ccnl. Se si fa riferimento alle trattativecentralizzate (triangolari e interconfederali) dell’ultimo quarto disecolo, però, i precedenti sono rappresentati solo dagli Accorditrilaterali di S. Valentino (1984) e del Patto per l’Italia (2002),anche quest’ultimo sottoscritto durante il precedente GovernoBerlusconi.

Dal punto di vista metodologico, l’analisi sarà condotta inriferimento al contenuto dell’AI, operando un raffronto con l’AQ econ il documento sindacale unitario «Linee di riforma della strut-tura della contrattazione» (5). Nell’economia del lavoro, non siintende analizzare la molteplicità delle questioni giuridicamenterilevanti, ma soprattutto le caratteristiche dei nuovi assetti con-trattuali per una prima valutazione sui futuri scenari, operazione,questa, in genere non facile nelle relazioni industriali.

stallo della trattativa bilaterale, su impulso della Cgil, è iniziato il confrontotriangolare.

(3) Tra le Associazioni dei datori di lavoro l’AQ non è stato firmatoinizialmente dall’Abi, dall’Ania ed è stato preceduto dalla firma di alcune prein-tese separate di Cisl e Uil con la Confindustria (10 ottobre 2008), le Associazionidell’artigianato (21 novembre), la Confcommercio (17 dicembre 2008), la Confe-sercenti (22 dicembre 2008) e Confprofessioni (20 gennaio 2008).

(4) L’AQ non è stato sottoscritto dalla Cgil e, secondo A. ACCORNERO (Ilnuovo modello contrattuale. La Cgil e il mondo del lavoro, Ildiariodellavoro.it, 23gennaio 2009), per non modificare gli equilibri tra i livelli contrattuali in virtùdella dispersione degli occupati nella struttura delle imprese, temendo che «lospostamento del baricentro non aliment(asse), bensì ostacol(asse) l’allargamentodella contrattazione aziendale». Cfr. anche A. MEGALE, Accordo separato del 22gennaio 2009. Un grave errore, nelMerito.com, 26 febbraio 2009.

(5) Il Documento unitario è stato approvato il 12 maggio 2008 dagliorganismi dirigenti delle tre confederazioni sindacali; in particolare, nel ConsiglioDirettivo della Cgil su 105 votanti vi sono stati 28 voti contrari.

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Nella Premessa dell’AI, tra le finalità, nel confermare la strut-tura contrattuale articolata su due livelli, è introdotta una partenuova, assente nell’AQ, in cui si afferma che un sistema di relazioniindustriali, «che persegua condizioni di competitività e di produt-tività», rafforzerà il «sistema produttivo, lo sviluppo dei fattori perl’occupabilità e il miglioramento delle retribuzioni reali di tutti ilavoratori» (6). Specie quest’ultimo inciso sembra correlabile allanecessità dei sindacati firmatari di rispondere alle critiche dellaCgil, secondo cui l’AQ non avrebbe tutelato il salario reale (7).

Con carattere sperimentale (quattro anni), l’AI sostituisce leregole del protocollo del 1993 (8). Al fine di verificarle, si stabiliscela costituzione di un Comitato paritetico interconfederale (9) per il«monitoraggio, l’analisi e il raccordo». Si codifica dunque un assettogerarchico nel rapporto tra il livello interconfederale e gli altrisottoordinati con un accentramento del potere decisionale a favoredel primo, già verificatosi in altri momenti del nostro sistema direlazioni industriali (ad es., fino all’accordo sul conglobamento del1954 e nell’esperienza concertativa degli anni Ottanta).

Per cogliere meglio l’elemento indicato, vanno ricordati alcuniprofili del Regolamento di funzionamento del Comitato pariteti-co (10). L’oggetto dell’analisi e del confronto tra le parti si incentrasu due tematiche: le relazioni industriali (11) e lo sviluppo dellacontrattazione collettiva, anche alla luce delle informazioni fornitedalle strutture categoriali e territoriali. Tra le ulteriori funzio-

(6) Periodo 2 della premessa.(7) È, questa, una delle principali motivazioni della Cgil, espressa dal

Segretario Generale della Confederazione, G. EPIFANI, nella lettera inviata allaPresidente della Confindustria, E. MARCEGAGLIA, il 15 aprile u.s., prima dellasottoscrizione dell’AI nella stessa giornata.

(8) Par. 2, «Assetti contrattuali».(9) Periodi 5 e 6 della premessa.(10) Il Comitato si riunisce, di norma, quattro volte l’anno, e in «ogni altra

occasione ritenuta opportuna» per analizzare lo stato dell’industria, dell’occupa-zione e del sistema di relazioni industriali anche per verificare la funzionalità delleregole dell’AI.

(11) Ad es., il costo del lavoro, la produttività, l’occupazione, la gestionedelle risorse umane (i regimi d’impiego, il collocamento, la mobilità, la Cig, le pariopportunità). È singolare la reintroduzione di un termine (il collocamento),sostituito da oltre dieci anni nella disciplina giuridica del mercato del lavoro daquello ora impiegato (i servizi per l’impiego) dopo l’emanazione del d. lgs. n.469/1997.

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ni (12) del Comitato, va segnalato che le deliberazioni sono assunteall’unanimità nei casi di ritardata conclusione di un ccnl e dell’ac-cordo interconfederale, nonché dell’approvazione di «linee di orien-tamento per i comportamenti dei rispettivi organismi e dei lororappresentanti ai vari livelli».

Nel complesso, presenza e funzioni attribuite al Comitatoparitetico indicano un forte accentramento del potere decisionale enegoziale con un processo a cascata (dal livello di vertice finoall’istanza organizzativa di base), il che appare in controtendenzarispetto alle esigenze di flessibilità aziendale e allo sviluppo dellacontrattazione collettiva di secondo livello, ritenuta uno deglielementi critici del protocollo del 1993 (13) e, nelle intenzioni delleparti contraenti, da superare proprio con le intese in esame.

2. Rispetto al livello negoziale bipolare (nazionale e decen-trato) sorgono fondati dubbi in merito all’effettivo sviluppo dellacontrattazione collettiva di secondo livello (14), specie territoriale.

Come è noto, per favorire effettivamente la negoziazione de-centrata nell’industria in virtù della distribuzione dei lavoratorinelle imprese (il nanismo dimensionale), occorre puntare proprio suquesta articolazione contrattuale, oggi quasi assente (tranne inedilizia), sulla falsariga dell’esperienza di altri settori merceologici(artigianato, agricoltura, commercio e servizi) (15).

(12) Il Comitato può analizzare anche altri temi di esame congiunto; inparticolare, potranno manifestarsi «valutazioni e proposte autonome», sulle quali,in caso di consenso, potrà essere emanato anche un avviso comune.

(13) Cfr. già la Commissione GIUGNI del 1997; il documento sindacaleunitario sulle linee di riforma della struttura della contrattazione collettiva del 12maggio 2008 e, soprattutto, quello separato firmato da Confindustria, Cisl e Uilnello stesso mese, secondo cui «il modello contrattuale vigente (...) ha ormaiesaurito la propria funzione»: così il punto 1, periodo 1, nonché l’AQ.

(14) Secondo stime ufficiali, la contrattazione decentrata coinvolge il 30%dei lavoratori e il 10% delle imprese con un forte squilibrio territoriale e dimen-sionale: il 4% nel Mezzogiorno e nelle imprese fino a venti dipendenti tra il 4% el’8% (compresa la contrattazione territoriale già presente). A favore dell’AQ,perché specializzerebbe i due livelli negoziali, T. TREU, L’accordo per il nuovomodello contrattuale, GL, 2009, 5, 12.

(15) Sui livelli di contrattazione decentrata (territoriale e aziendale) neidiversi settori merceologici, cfr. per tutti L. BELLARDI, Concertazione e contratta-zione, Cacucci, 1999, 183 ss.

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In proposito, si registra un arretramento rispetto non solo aldocumento sindacale comune, il che si può sempre verificare nelcorso di un negoziato, ma sotto certi profili anche in riferimentoall’AQ. In esso il rafforzamento del ruolo della negoziazione disecondo livello pare confermato, là dove si afferma l’intenzione diintrodurre specifiche soluzioni di salvaguardia («elementi econo-mici di garanzia o forme analoghe»): il tutto «ai fini della effettivitàdella diffusione della contrattazione di secondo livello» (16), anchese in realtà non si è mai sancito il principio della necessarietà (17).

Nell’AI, invece, e salvo ulteriori precisazioni (infra), si fariferimento al secondo livello negoziale (aziendale o, alternativa-mente, territoriale), ma con precisi paletti per la diffusione diquella territoriale, in quanto si aggiunge un’espressione («laddoveprevisto, secondo l’attuale prassi, nell’ambito di specifici settori»),ripresa letteralmente dal protocollo del 1993 (18).

L’indicazione dell’attuale prassi non solo è contraddittoriarispetto all’effettivo sviluppo, pur dichiarato negli stessi AI e AQ,ma è anche un ossimoro, perché — con il riferimento all’attualeprassi — di fatto si limita la contrattazione territoriale a queilimitati settori dove è già disciplinata.

Nell’AI, però, alle dichiarazioni di principio non corrispondeuna consequenziale formulazione sul piano giuridico, né sono pre-visti strumenti promozionali per favorirne la diffusione, se non gliincentivi statali per consentire la parziale detassazione e decontri-buzione (19), la cui reale entità sarà sensibilmente condizionatadalle variabili economiche (20).

A conferma della contraddizione sulla contrattazione di se-

(16) Par. 2, punto 15.(17) L. BELLARDI, Regole del conflitto e conflitto sulle regole. L’accordo separato

sulla revisione del modello contrattuale, in D. CARRIERI-V. NASTASI (a cura di), Spazioe ruolo delle autonomie nella riforma della contrattazione pubblica, Il Mulino, 2009,in corso di stampa.

(18) Par. 2, punto 1.(19) Nelle disposizioni amministrative (circolare del Ministero del Lavoro e

dell’Agenzia delle Entrate dell’11 luglio 2008), emanate dopo alcune leggi (artt. 1,comma 67-70, l. 247/2007, 2, comma 1-5, d.l. n. 93/2008, convertito con modifi-cazioni nella L. 126/2008 e 5, d.l. 185/2008, convertito con modificazioni nella l. n.2/2009), si è fornita una definizione molto ampia di contrattazione di secondolivello, agevolabile fiscalmente.

(20) Secondo stime ufficiali (FMI, UE, Governo) e pur con alcune lievidifferenze, per il 2009, è previsto un netto peggioramento degli indicatori econo-

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condo livello, va ricordata un’ulteriore disposizione secondo cui ilccnl definisce modalità e àmbiti di applicazione della negoziazionedecentrata, ma con una significativa e limitativa locuzione («nellospirito dell’attuale prassi negoziale con particolare riguardo allepiccole imprese») (21).

3. Il ruolo «ordinatore» del CCNL. — Nell’AI si afferma espli-citamente il ruolo regolatore del ccnl (con cadenza triennale (22) enon più quadriennale per la parte normativa e retributiva) nelsistema di relazioni industriali a livello nazionale, territoriale eaziendale (23).

La differente vigenza temporale rappresenta un ritorno alpassato, a conferma della caducità delle innovazioni contrattuali:nel 1993, con il rinnovo biennale economico, si intendevano limi-tare le aspettative salariali dei lavoratori, per non alimentareulteriormente la spirale inflazionistica, all’epoca molto forte. Oggi,con la modifica in esame si desidera razionalizzare la strutturanegoziale, evitando sovrapposizioni temporali tra contrattazionecollettiva nazionale e decentrata.

Sempre nel ccnl si disciplineranno i diritti di informazione/consultazione in attuazione delle direttive comunitarie; le regole ele procedure di funzionamento di eventuali organismi paritetici perapprofondire gli andamenti economico-sociali (24), nonché lo svi-luppo di forme di bilateralità per incentivare il funzionamento deiservizi integrativi di welfare (25).

mici più importanti: pil (- 4,4%), deficit (- 5,4%), debito/pil (- 115, 3%), entratefiscali (- 5,6% nel primo trimestre del 2009).

(21) Par. 2.3, periodo 5.(22) Per T. BOERI - P. GARIBALDI, Come cambia la contrattazione, in lavo-

ce.info.it, 10 febbraio 2009, la durata triennale rischia di comportare una minorcopertura retributiva per i lavoratori. Il passaggio della cadenza del ccnl daquadriennale a triennale è parso coerente a F. CARINCI, op. cit. 185, sulla base diun duplice presupposto: «quello “economico”, di avere a che fare con un tasso diinflazione calante; e quello “tecnico”, di affrontarlo con un indicatore più reali-stico».

(23) Par. 2.3, periodo 1. È da segnalare una differenza rispetto al contenutodell’AQ, nel quale si attribuiva indifferentemente tale funzione al livello siainterconfederale, sia categoriale, il che avrebbe introdotto un ulteriore accentra-mento del potere decisionale e negoziale in àmbito interconfederale (infra).

(24) Par. 2.3, periodo 1.(25) Par. 2.3, periodo 4.

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In riferimento a quest’ultimo profilo, va segnalato che losviluppo della bilateralità, per le modalità realizzate sul pianolegale (26), può porre delicati problemi al sindacato rispetto allasua funzione. Infatti, si subordina l’erogazione dell’indennità didisoccupazione all’intervento integrativo degli enti bilaterali, conuna possibile violazione costituzionale (art. 39), in quanto i sinda-cati diventano «soggetti diretti e/o consociati di erogazione deisussidi pubblici, a discapito dello loro funzione di rappresentanzaautonoma del mondo del lavoro» (27). L’accesso a un diritto pub-blico, però, non può essere subordinato a un intervento privato(pagamento a un ente bilaterale), oltre a configurarsi una possibilediscriminazione per i lavoratori impiegati in aziende non aderentia enti bilaterali o in settori dove tali enti non esistono. Si potrebbesottendere, così, «la crescita di una casta parallela che sostituisce lacontrattazione con la fornitura di servizi, nonché una autoalimen-tazione delle organizzazioni datoriali e sindacali» (28).

Nell’àmbito dell’AI (29), in analogia con il protocollo del 1993sul piano metodologico ma con significativi mutamenti rispetto aicontenuti, si regolamentano la fase temporale per il rinnovo deiccnl (quasi sette mesi); la durata delle clausole di tregua sindacale(sette mesi invece di quattro) e la sanzione in caso di sua inosser-vanza (diritto di chiedere la revoca o la sospensione dell’azione inatto); la copertura economica a favore dei lavoratori in servizio el’interessamento del Comitato paritetico in caso di mancato rin-novo del ccnl, decorsi sei mesi dalla sua scadenza.

Va registrata una discrasia tra il contenuto dell’AI («valutarele ragioni che non hanno consentito il raggiungimento dell’accordoper il rinnovo del contratto») e quello del regolamento di funzio-namento del Comitato: in quest’ultimo caso si attribuisce esplici-tamente il compito di procedere «con deliberazioni». Forse, ilcontrasto è più apparente che reale, posto che tali deliberazionidevono essere assunte all’unanimità, il che ridimensiona l’efficaciagiuridicamente vincolante della norma in esame.

(26) Art. 19, l. n. 133/2008.(27) L. MARIUCCI, L’accordo separato sul sistema contrattuale: una scatola

vuota o un progetto reale?, Cgil.it.(28) A. MEGALE - B. LAPADULA - R. SANNA, Gli effetti dell’accordo separato,

Ires.Cgil (27 gennaio 2009).(29) Par. 2.3, periodi 1-7.

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Il ruolo sovraordinato del ccnl è confermato anche dalla disci-plina sulla negoziazione di secondo livello, dettata dallo stesso ccnl,come nel protocollo del 1993, in riferimento a soggetti, contenuti,tempi e procedure negoziali (infra).

La tutela della retribuzione reale (30) (rectius: il suo migliora-mento, secondo le parti contraenti) si dovrebbe sviluppare a unduplice livello: nazionale e decentrato (infra).

Quanto al primo profilo, si è modificato il precedente mecca-nismo di rivalutazione delle retribuzioni (31), colpevole di avercausato solo una lievissima crescita delle retribuzioni (32), sosti-tuendolo con un nuovo indice previsionale (33), anche se «depuratodalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati» (34). Senzavalutare economicamente tale indice rispetto a quello del proto-collo del 1993, va posta in luce la sensibile differenza in riferimentoalla proposta del documento sindacale unitario (tasso d’inflazionerealisticamente prevedibile).

L’entità della riduzione nel grado di copertura è correlataall’andamento del ciclo economico internazionale; sarà più conte-nuta solo in periodi di crisi, tenendo presente che il consumatoreitaliano spende in misura maggiore rispetto all’estero per i prezzienergetici (35), non tutelando l’obiettivo di garantire la retribu-zione reale (36) dei lavoratori.

(30) L’OIL parla di emergenza salariale in Italia, in quanto si è registratoil maggior declino delle retribuzioni osservato negli undici paesi dell’eurozona peri quali erano disponibili dati comparabili. Il declino è testimoniabile, tra l’altro,nella più ridotta quota delle retribuzioni sul PIL (- 13% tra il 1979 e il 2007).

(31) Come è noto, il meccanismo di rivalutazione retributiva è basato sultasso programmato d’inflazione, salvo un recupero biennale sullo scostamento trainflazione programmata e quella reale (par. 2, punto 2, periodo 1-4).

(32) Nel periodo dicembre 1993/dicembre 2008, si è registrato solo unincremento dell’1,7% della retribuzione reale rispetto al tasso d’inflazione e del7,7%, considerando anche gli incrementi retributivi integrativi.

(33) Si tratta dell’IPCA, indice dei prezzi al consumo armonizzato inàmbito Europeo per l’Italia. Tale indice sarà elaborato «da un soggetto terzo diriconosciuta autorevolezza e affidabilità», secondo l’AI (par. 2, punto 2, periodo2), non ancora individuato dalle parti.

(34) Par. 2, punto 2.2, periodo 1.(35) Secondo i dati Eurostat (2008), la maggiore incidenza del costo del-

l’energia tra l’Italia e gli altri paesi dell’Area Euro è del 45% per le famiglie e del36% per le imprese.

(36) Su questo profilo cfr. M. ROCCELLA, Salari: tutte le ragioni per nonfirmare, Il Manifesto, 25 gennaio 2009; T. BOERI - P. GARIBALDI, Come cambia la

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Nell’AI si prevede solo il parziale recupero dello scostamentotra inflazione prevista e quella effettiva, perché tale scostamentosarà effettuato al netto dei prezzi dei beni energetici importati (37)e la decisione di operare il recupero retributivo (entro la vigenzadel ccnl con un incremento salariale dei minimi) è demandata alComitato paritetico interconfederale in merito alla «significatività»di tali scostamenti (38). Di conseguenza, gli incrementi non signi-ficativi non saranno percepiti dai lavoratori; inoltre, in presenza diuna loro «significatività», non ancora identificata, il Comitato pa-ritetico, che delibera all’unanimità, potrebbe decidere solo con ilconsenso della Confindustria, titolare di un potere decisionaledecisivo.

Anche in riferimento alla costruzione del nuovo indice previ-sionale, basato su un valore retributivo medio, da determinare inoccasione del rinnovo dei ccnl (39), si sono sviluppate forti pole-miche tra le organizzazioni sindacali: le parti contraenti l’AIl’hanno difeso, mentre la Cgil ha sottolineato la sensibile differen-ziazione dell’istituto rispetto alla proposta sindacale unitaria.

Nell’AQ prima (40), e nell’AI (41) poi, si affronta il tema,presente nel documento sindacale unitario, della razionalizzazionedei ccnl in un’ottica di riduzione numerica (attualmente oltrequattrocento) (42). La riduzione e, dunque, l’ampliamento delcampo di applicazione potrebbero incentivare la diffusione dellacontrattazione di secondo livello per consentire un migliore ade-guamento della disciplina degli stessi ccnl alle differenziate speci-ficità (territoriali, settoriali e aziendali) (43).

contrattazione, lavoce.info.it, 10 febbraio 2009. Di diversa opinione è A. PIZZOFER-RATO, Accordo separato del 22 gennaio 2009: quali ulteriori prove di dialogo?,lavoce.info.it, 5 marzo 2009, sulla base dell’introduzione del nuovo indice dirivalutazione retributiva, della copertura economica tra la scadenza del ccnl e ilsuo rinnovo e dell’introduzione dell’erg.

(37) Par. 2, punto 2.2, periodo 3.(38) Par. 2, punto 2.2, periodi 4 e 5.(39) Il nuovo indice, secondo il contenuto dell’AI (par. 2, punto 2.2, periodi

6), si basa su un valore retributivo medio, composto dai minimi tabellari, dalvalore degli aumenti periodici di anzianità considerata quella media di settore edalle altre eventuali indennità in cifra fissa stabilite dallo stesso ccnl.

(40) Punto 19.(41) Par. 8.(42) Così il periodo 3 della parte rubricata «contratto nazionale».(43) L. BELLARDI, Regole del conflitto e conflitto sulle regole. L’accordo separato

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Rispetto a un problema reale, si è fin troppo arricchita ladisciplina dell’AI con un contenuto che non brilla per chiarezzaespositiva. Infatti, nell’intesa interconfederale si parla di tre di-stinte fattispecie (semplificazione, razionalizzazione e riduzionenumerica dei ccnl) (44), con tratti non così alternativi: specie leprime due sono sovrapponibili, mentre la riduzione è piuttosto uneffetto del processo di razionalizzazione. Ancora più criptica ap-pare la clausola, secondo cui per ognuna delle tre ipotesi andrebbe«verificato lo specifico interesse» e «gli obiettivi comuni» (45) delleFederazioni di categoria titolari dei rispettivi contratti naziona-li (46). Tale funzione sarebbe demandata al Comitato pariteticointerconfederale, con il compito di definire altresì nuovi contratticollettivi in «aree prive di discipline contrattuali specifiche» (47):così, forse, da un effetto di semplificazione/riduzione si passerebbeal suo opposto (l’incremento numerico dei ccnl).

4. Si sono introdotte diverse modifiche alla disciplina dellacontrattazione di secondo livello, il cui svolgimento resta pursempre volontario anche dopo la stipulazione dell’AQ e dell’AI,non essendo stato introdotto un diritto a contrattare (48).

Sulla base di un richiamo all’esperienza dei paesi comunitaricon un maggior decentramento della contrattazione collettiva (49),nell’AI si afferma il nesso tra la maggiore diffusione della negozia-zione di secondo livello e l’incremento sia della produttività, siadelle retribuzioni reali, affermazione, questa, non contenuta né neldocumento sindacale unitario, né in quello separato sulle lineeguida sulla contrattazione collettiva.

sulla revisione del modello contrattuale, in D.. CARRIERI - V. NASTASI (a cura di),Spazio e ruolo..., in corso di stampa.

(44) Par. 8, punto 8.1.(45) Par. 8, punto 8.1, periodo 3.(46) Par. 8, punto 8.1, periodo 2.(47) Par. 8, punto 8.1, periodo 4.(48) L. BELLARDI, op. ult. cit., in corso di stampa e V. BAVARO, Alcune

questioni sull’Accordo Quadro di riforma degli assetti contrattuali, ildiariodellavoro,28 febbraio 2009. Contra: P. ICHINO, Note tecniche sull’accordo interconfederale del 22gennaio, lavoce.info.it, 30 gennaio 2009, parla, invece, «di un vero e proprio dirittodi intavolare la trattativa in tutte le aziende in cui il nuovo sistema si applicherà».

(49) Par. 3.1, periodo 1.

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Subito dopo, riprendendo una richiesta del documento sinda-cale unitario, dell’AQ e dell’AI, si chiedono incentivi finanziari alGoverno per consentire una detassazione e una decontribuzione asostegno della contrattazione di secondo livello (50), quasi sullafalsariga di un’analoga previsione normativa del protocollo del1993, seppur in quel caso limitata al profilo contributivo-previden-ziale (51). Ai fini della fruizione degli incentivi statali, si assumonosolo gli aumenti retributivi correlati al raggiungimento di obiettivisia di produttività/qualità, sia di redditività/competitività, con-cordati tra le parti (52).

Rispetto al protocollo del 1993, vi è un’unica differenza, nonmolto significativa sul piano della prassi applicativa: è stataespunta dal premio variabile, da corrispondere ai lavoratori, lalocuzione «eccedente quella già riconosciuta negli aumenti retribu-tivi del contratto nazionale» (53).

Come è noto, la retribuzione variabile si è sviluppata perchél’impresa postfordista ha bisogno di maggiore professionalità ecollaborazione dei lavoratori, a fronte dell’inadeguatezza dellatradizionale struttura della retribuzione rispetto ai ritmi di svi-luppo aziendale, oltre a offrire il vantaggio di consentire incre-menti retributivi e contenere l’aumento del costo del lavoro perunità di prodotto. Tuttavia, tale retribuzione (specie quella legataalla redditività) è determinata dal ciclo economico, il che coinvolgei lavoratori nel rischio d’impresa: si pone un problema di demo-crazia industriale perché implica uno sforzo collettivo rispetto alquale emerge il problema di consentire ai lavoratori di verificare ilraggiungimento o no dei risultati concordati.

In proposito, le modalità dell’AI non sembrano tutelare effi-cacemente i lavoratori. Infatti, a differenza del documento sinda-cale unitario, là dove si faceva riferimento all’obbligo di traspa-renza sul quadro economico-finanziario e di bilancio dell’impresa,nonché all’obbligo informativo e consultivo (assetti societari, si-tuazioni debitorie e finanziarie), nell’AI, invece, sembrano meno

(50) Sottolineano in modo particolare i costi per i contribuenti T. BOERI - P.GARIBALDI, Come cambia la contrattazione, lavoce.info.it, 10 febbraio 2009.

(51) Par. 2, punto 3, periodo 3, del protocollo 22 luglio 1993.(52) Par. 3, punto 3.1, periodo 2.(53) Par. 2, punto 2, periodo 2, del protocollo 22 luglio 1993.

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efficaci le norme in questione. Vi è un dovere informativo, in capoall’impresa, sui criteri di misurazione e di valutazione per i con-tratti territoriali (54), mentre per quelli aziendali si prevede unpreventivo esame congiunto sulle condizioni produttive e occupa-zionali anche in relazione alla competitività e alla redditività dellastessa impresa per definire obiettivi aziendali, importi, parametried erogazione salariale (55).

È poi prevista l’adozione di linee guida, concordate bilateral-mente, per favorire la diffusione della contrattazione di secondolivello nelle piccole imprese (56), i cui risultati sono trasmessi alComitato interconfederale per incentivare la negoziazione decen-trata (57).

Nel complesso, emerge una sostanziale timidezza nel recepiretutele più incisive a favore dei lavoratori, specie nel caso dicollegamento tra andamento della redditività d’impresa ed even-tuale incremento retributivo, non cogliendo le indicazioni del-l’Unione Europea (58), con cui si invitano gli Stati membri adavvertire i lavoratori dei rischi insiti nelle formule di flessibilitàsalariale, evitando ingiustificate disparità di trattamento retribu-tivo.

Più in generale, la vera questione è se si intenda promuovereuna mera partecipazione economica dei lavoratori, per integrare laretribuzione dei lavoratori, ovvero una partecipazione forte. Sonomolti i nodi da sciogliere; tra questi, un profilo attiene al rapportotra i nuovi assetti del sistema di relazioni industriali, l’evoluzionedei contenuti dei rapporti di lavoro e l’introduzione di sistemi dipartecipazione finanziaria per obiettivi strategici, che si configu-rano quali modifiche rilevanti rispetto alle logiche di scambiotipiche del rapporto di lavoro subordinato.

Sempre in materia di salario, nell’AI si è prevista l’erogazionedi «un elemento di garanzia retributiva», per favorire la diffusionedella contrattazione di secondo livello, evitando nel contempo laconvenienza economica per le imprese a non negoziare in sede

(54) Par. 3, punto 3.3, periodo 3.(55) Par. 3, punto 3.3, periodo 4 e 5.(56) Par. 3, punto 3.4, periodo 1.(57) Par. 3, punto 3.4, periodo 3.(58) A titolo meramente esemplificativo cfr. già Racc. 92/443/U E

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decentrata. In presenza di due requisiti (la mancata stipulazione diun accordo aziendale o territoriale; la non percezione di tratta-menti economici individuali o collettivi), sulla falsariga di altreesperienze (59), i lavoratori hanno diritto a percepire un’indennitàfissata dal contratto collettivo nazionale sulla base della situazionerilevata nell’ultimo quadriennio (60). Sia nell’AQ, sia nell’AI, però,non si chiariscono i parametri di riferimento (importo forfetariodeciso a livello nazionale oppure la produttività del settore mer-ceologico oppure quella aziendale), rispetto ai quali calcolare l’ele-mento di garanzia.

Allo stato, non si può valutare l’entità di tale voce retributivain assenza dell’esperienza applicativa. Tuttavia, vi sono ulteriorielementi da considerare: nell’esperienza contrattuale per un’inden-nità sostanzialmente analoga (supra), il valore economico è mode-sto e nella stessa direzione è interpretabile il riferimento al «parti-colare riguardo per le situazioni di difficoltà economico-produttiva». Per il futuro, tale indennità potrebbe essere fissata inmisura bassa (61), evitando lo sviluppo della contrattazione disecondo livello: paradossalmente, potrebbe verificarsi il singolarecaso di un istituto, introdotto con una finalità condivisile, ma chedi fatto consente quella opposta.

In merito alle materie, oggetto di negoziazione decentrata, visono alcuni mutamenti rispetto al protocollo del 1993: anche inquesto caso si introduce un codice di procedimentalizzazione tra ilivelli, demandandone la funzione regolatrice al contratto nazio-nale. A differenza del 1993, però, si potrà negoziare «per le materiedelegate, in tutto o in parte, dal ccnl o dalla legge» su «materie eistituti», non contrattati in altri livelli di contrattazione (62).

(59) Cfr. i ccnl del settore metalmeccanico, stipulati tra il 2007 e il 2008, neiquali si è introdotto un elemento perequativo, in cifra fissa, uguale per tutti, afavore dei lavoratori dipendenti da «aziende prive di contrattazione di secondolivello riguardante il Premio di risultato o altri istituti retributivi comunquesoggetti a contribuzione e che nel corso dell’anno precedente abbiano percepito untrattamento retributivo composto esclusivamente da importi retributivi fissatidal ccnl». L’elemento perequativo oscilla tra i 130 (cooperative) e i 260 euro annuilordi (industria e piccola industria), importi omnicomprensivi, né incidenti sul tfr.

(60) Par. 4, punto 4.1, periodi 1 e 2.(61) P. ICHINO, Note tecniche sull’accordo interconfederale del 22 gennaio,

lavoce.info.it, 30 gennaio 2009.(62) Par. 3, punto 3.2, periodo 1.

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La prima differenza, la più importante, è che la clausola di«non ripetibilità» non è più limitata alla retribuzione, ma è stataestesa a tutti gli istituti, come nel protocollo trilaterale del 1983,con un criterio gerarchico e non funzionale nella distribuzione dellecompetenze in virtù della locuzione impiegata (materie delega-te) (63) nell’AQ e nell’AI.

La seconda diversità è rappresentata dal richiamo alla legge,prima assente. Alla luce di alcune normative legali (ad es., d. lgs. n.276/2003 e d. lgs. n. 251/2004) e di possibili anomie dovute allaquantità (nel caso prima indicato, sul piano più formale, chesostanziale) dei rinvii legislativi all’autonomia collettiva (64), forsesi intende sviluppare la contrattazione di secondo livello sullematerie demandate dalla legge, a prescindere dagli effetti che talirinvii potranno avere sulla tenuta della struttura negoziale.

Rispetto al protocollo del 1993, non presentano novità, essen-done l’esatta copia, le procedure informative/consultive per la«gestione degli effetti sociali connessi alle trasformazioni aziendali(innovazioni tecnologiche, organizzative e ristrutturazioni) sullecondizioni di salute, sicurezza, lavoro e occupazione, anche inriferimento alle pari opportunità» (65). Così come è una sempliceclausola di stile, quella secondo cui — per favorire la contratta-zione aziendale con contenuti economici nelle imprese di minoridimensioni — nei ccnl le parti «possano» concordare «linee guidautili a definire modelli di premio variabile (da riadattare) in fun-zione delle concrete esigenze delle aziende interessate» (66): sulpiano giuridico, una norma di questo tipo non implica nessunavincolatività (nemmeno a contrattare) in capo ai soggetti nego-ziali, trattandosi di una facoltà.

Completano la disciplina sulla contrattazione decentrata lenorme procedimentali sulla vigenza (tre anni invece di quattro,

(63) L. BELLARDI, op. ult. cit., in corso di stampa, ad avviso della quale,però, si potrebbe ipotizzare anche un collegamento «al richiamo esplicito alla leggecome fonte di tali competenze».

(64) Sia consentito il rinvio ad Autonomia collettiva e individuale nellaprevisione legislativa del mercato del lavoro: alcune osservazioni, in Diritto del lavoro.I nuovi problemi, Studi in onore di M. Persiani, Cedam, I, 2005, 553 ss.

(65) Par. 3, punto 3.2, periodo 3.(66) Par. 3, punto 3.4.

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così come per il ccnl) (67), sulle modalità di stipulazione degliaccordi (rsu e strutture territoriali delle organizzazioni sindacalifirmatarie del ccnl), sui tempi di svolgimento del negoziato (avviodelle trattative due mesi prima della scadenza del contratto con«riscontro» aziendale entro venti giorni dalla ricezione della piat-taforma rivendicativa), sulla tregua sindacale (tre mesi dalla datadi presentazione delle proposte di rinnovo), sul possibile interventodelle strutture associative orizzontali in caso di mancato rinnovocinque mesi dopo la scadenza. Tutte disposizioni, queste (68), chenon hanno particolarmente innovato rispetto al protocollo del1993, tranne l’ultima che sembra ricalcare in qualche modo l’espe-rienza non esaltante (sul piano dell’effettività) dei protocolli, inverità molto più procedimentalizzati, Iri ed Efim del 1984/1986 percontrollare il conflitto collettivo.

A conferma dell’intento di ridimensionare il ricorso ad azionidirette tra le parti, in caso di eventuali controversie, si prevede peri ccnl il ricorso alla conciliazione prima, all’arbitrato (69) poi. Se ècondivisibile che la gestione delle relazioni industriali sia deman-data innanzi tutto al governo delle stesse parti, tuttavia l’effettivocontrollo del conflitto collettivo sembra molto condizionato dallamancata sottoscrizione dell’AQ e dell’AI da parte della Cgil.

Infine, non certo per la sua importanza, si è introdotta unadisciplina con cui si consente la derogabilità della normativa delccnl da parte di quella di secondo livello, seppure in presenza dialcune condizioni e limiti (70). Si riprende, così, un punto dell’AQ,ma con alcune integrazioni.

La prima condizione è che la derogabilità della disciplinacontrattuale è consentita in due fattispecie (la crisi aziendale (71);lo sviluppo economico e occupazionale dell’area (72)), tra loro

(67) Par. 3, punto 3.2, periodo 2.(68) Par. 3, punto 3.5, periodi 1-4.(69) Par. 3, punto 3.6, periodi 1-4.(70) Par. 5, «Intese per il governo delle situazioni di crisi e per lo sviluppo

economico e occupazionale del territorio».(71) Nell’esperienza delle relazioni industriali vi sono stati casi, talvolta

anche tipizzati legalmente, nei quali si è consentito di introdurre deroghe (p.es.,gli strumenti di programmazione negoziata).

(72) Par. 5, punto 5.1. La locuzione pare riferirsi al divario Centro-Nord eSud, con la facoltà per i soggetti negoziali di introdurre discipline contrattualipeggiorative nella parte normativa e/o retributiva.

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molto differenti: specialmente la seconda è molto generica e troppoampiamente utilizzabile, tanto è vero che — quale condizione dilegittimità per la stipulazione del relativo contratto — nell’AI sisono introdotti alcuni parametri definiti oggettivi. Tra questi,forse, alcuni possono esserlo (l’andamento del mercato del lavoro;il tasso di produttività; il tasso di avvio e di cessazione delleiniziative produttive), mentre per altri è difficile ritenerli tali (ilivelli di competenze e professionalità disponibili; la necessità dideterminare le condizioni di attrattività per nuovi investimen-ti) (73).

Riprendendo una norma dell’AI (assente nell’Accordo Qua-dro), altra condizione per l’esercizio della derogabilità contrattualeè che le intese sottoscritte a livello decentrato siano preventiva-mente approvate dalle parti stipulanti i ccnl della categoria inte-ressata. Questo consente alle federazioni nazionali di categoria diesercitare un controllo diretto sul loro contenuto e conferma an-cora una volta l’importanza del livello nazionale rispetto a quellisotto ordinati (74).

Quanto al merito, ed è l’aspetto più rilevante e discutibile delladisciplina in esame, in via sperimentale, si possono sottoscrivereintese a livello territoriale tra le strutture orizzontali delle particontraenti il ccnl, aventi a oggetto la modifica, totale o parziale, «disingoli istituti economici e normativi» dello stesso ccnl (75): è, così,demandata un’amplissima facoltà discrezionale a favore delle particirca il quantum di derogabilità che si desidera introdurre. Inrelazione alla durata, nell’AI, si utilizza la locuzione «anche in viatemporanea», il che però può indicare l’esatto contrario in virtùdell’avverbio impiegato: non si esclude, anzi si legittima, unaderogabilità definitiva. Alle parti contraenti è attribuita pienaflessibilità non solo nel merito e nella durata, ma anche nelletecniche di derogabilità, con le regole che si trasformano da un«prius rispetto alla produzione a un posterius» (76). In futuro,questo potrebbe incentivare la polverizzazione della forza-lavoro,

(73) Par. 5, punto 5.1, periodo 2.(74) Par. 5, punto 5.1, periodo 3.(75) Par. 5, punto 5.1.(76) V. BAVARO, Alcune questioni sull’Accordo Quadro di riforma degli assetti

contrattuali, ildiariodellavoro.it, 28 febbraio 2009.

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rendendo più difficile ai sindacati il compito di elaborare unastrategia rivendicativa generale.

La previsione ipotizzabile è che la derogabilità della disciplinacontrattuale nazionale possa diventare la condicio sine qua non perconsentire la stipulazione di accordi territoriali. In altri termini,tenute presenti le condizioni del mercato del lavoro (alto tasso didisoccupazione e forte presenza del lavoro nero e precario) (77),della crisi economica, della distribuzione della forza lavoro nelleimprese (il nanismo dimensionale) e delle divisioni sindacali, l’ec-cezione (la derogabilità) potrebbe diventare la regola, in assenzadella quale di fatto non si possano stipulare, non sul piano giuridicoma su quello delle relazioni industriali, contratti territoriali.

Inoltre, in senso contrario a quanto dichiarato sulla specializ-zazione dei due livelli negoziali, s’intacca così «il principio di nonduplicità di intervento regolativo sulle stesse materie», oltre asvincolare tale effetto «da qualunque filtro o soglia di rappresen-tatività minimale» (78).

Infine, proprio le forti riserve della Cgil renderanno presumi-bilmente complessa la gestione della derogabilità, perché i lavora-tori aderenti a tale confederazione potrebbero invocare l’inappli-cabilità del contratto peggiorativo, anche se a dire il vero ilproblema potrebbe complicarsi nel caso in cui il contenuto delcontratto di secondo livello non sia necessariamente tutto conces-sivo, ma contenga anche miglioramenti (normativi e/o retributivi).

5. Emergono sensibili differenze tra i contenuti sostanzial-mente sintetici dell’AQ e dell’AI, da un lato, e quelli del docu-mento sindacale unitario, da un altro. Il che indica forse duefenomeni: l’affiorare di diverse concezioni associative e sindacalidei firmatari delle intese rispetto a quella della Cgil; il ridimensio-namento nella trattazione del tema, forse scontato nel momento incui si sottoscrivono delle regole con il dissenso della confederazionesindacale maggioritaria.

A fronte dell’inattuazione dell’art. 39, comma 2 ss., Cost., una

(77) A conferma del peggioramento del fenomeno Cnel, Mercato del lavoro,in Notiziario trimestrale, aprile 2009, 2, 2 ss.

(78) A. PIZZOFERRATO, Accordo separato del 22 gennaio 2009: quali ulterioriprove di dialogo?, lavoce.info.it., 5 marzo 2009.

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nuova regolamentazione della rappresentanza e della democraziasindacale è un tema all’ordine del giorno da molti anni, su cui inquesta sede pare inutile ricordare l’evoluzione del dibattito, anchescientifico. Anzi, tranne la riforma nelle P.A. (79), nell’impiegoprivato è sempre mancata una analoga, nonostante la sua urgenza— con modalità e posizioni diversificate — sia stata segnalatacome imprescindibile.

Nel documento unitario, pur nella sua brevità, Cgil, Cisl e Uilavevano disciplinato sinteticamente i principali profili: dall’esi-genza di certificare la rappresentanza e la rappresentatività delleorganizzazioni sindacali anche nel settore privato con l’attribu-zione di tale funzione al Cnel (anche per i dati nelle P.A.), allanecessità di partire dai dati associativi (deleghe Inps) da combi-nare con i consensi elettorali per i rinnovi delle rsu.

Nell’AQ prima, e nell’AI poi, forse ma non solo in virtù dellanatura separata delle intese, la regolamentazione è quanto maiscarna. Nel primo Accordo, infatti, la disciplina è limitata a unsintetico riferimento, peraltro non chiarissimo, alla rappresen-tanza, con cui si rinvia a successivi accordi, da stipulare entro tremesi, per fissare nuove regole, «ivi compresa la certificazione al-l’Inps dei dati di iscrizione sindacale» (80). Analoga norma è con-tenuta nell’AI, in cui le parti contraenti rinviano a un ulterioreaccordo interconfederale per definire la rappresentanza dei lavo-ratori nelle imprese, ma con un (forse) più esplicito, anche seindiretto, riferimento al dato elettorale, là dove si parla di valutare«le diverse ipotesi» (81). Quindi, nella seconda intesa la formula-zione sembra collegarsi maggiormente al contenuto del documentosindacale unitario nel quale i due elementi (dato associativo edelettorale) sono stati posti sullo stesso livello di importanza.

A proposito della scelta della struttura organizzativa, continuaa persistere una differenza tra le opzioni (specie) della Cisl, ma

(79) In termini cronologici più vicini a noi, il riferimento è all’Accordocollettivo quadro del 7 agosto 1998, poi al d. lgs. n. 29/1993, oggi trasfuso nel d.lgs.n. 165/2001.

(80) Punto 17. Secondo F. CARINCI, op. cit., 197, «non c’è alcuna apertura aun sistema misto associativo-elettivo, (...) ma c’è la consapevolezza che anche peril dato associativo è necessario un riscontro numerico non affidato esclusivamenteall’auto-certificazione delle stesse OO.SS.».

(81) Par. 7, punto 7.1.

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anche della Uil, da un lato, e della Cgil, da un altro. Le diverseopzioni, in realtà, sottendono differenti concezioni tra le confede-razioni sindacali già a partire dalla loro fondazione (sindacatoassociazione e sindacato di classe), anche se nel corso degli anni taliconcezioni si sono man mano attenuate. Non è, forse, casuale chein un momento di divisioni ognuna delle organizzazioni recuperiideologicamente i tratti distintivi d’origine.

Nell’economia del lavoro e senza entrare nel merito, è solo ilcaso di ricordare anche un ulteriore problema nell’ipotesi di man-cata stipulazione di contratti collettivi da parte della Cgil: ilraccordo tra RSU, disciplinate dall’AI (23 dicembre 1993) e rsa, dicui all’art. 19 dello statuto dei lavoratori, titolari dei diritti deidiritti e delle prerogative, sanciti dal Titolo III dello stesso Sta-tuto.

Completamente modificata e ridotta è la parte relativa allademocrazia sindacale, dalla quale sono state espunte le modalità dipresentazione e di approvazione delle piattaforme rivendicative edelle ipotesi di accordo, scelta dovuta forse alla natura «separata»delle intese stipulate.

Completa il quadro la semplice riproposizione delle (giuridica-mente note) clausole di influenza, per effetto delle quali «le parti siimpegnano a rispettare e a far rispettare — nell’esercizio del potered’influsso delle organizzazioni di rappresentanza delle imprese edei lavoratori — tutte le regole che liberamente sono definite inmateria di contrattazione collettiva» (82). La reintroduzione di taliclausole acquista un particolare significato in virtù delle caratte-ristiche dell’AI, basato sulla forte prevalenza della struttura cen-tralizzata rispetto alle altre sottoordinate gerarchicamente.

6. Vanno segnalate alcune differenziazioni tra il contenutodel documento sindacale unitario, e quelli dell’AQ e dell’AI. Da unpunto di vista metodologico, ovviamente, in qualsiasi negoziatoesiste uno scostamento tra la piattaforma rivendicativa sindacale el’intesa stipulata. Tuttavia, in questo caso si ha l’impressione chela diversificazione tra rivendicazioni e risultati contrattuali possaimputarsi in misura maggiore alla natura separata delle intese, con

(82) Par. 7, punto 7.2.

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un consequenziale indebolimento del potere negoziale delle orga-nizzazioni sindacali contraenti, così come conferma l’esperienzastorica delle nostre relazioni industriali.

Quanto al primo profilo, pur nella loro sinteticità, sono assentialcuni punti ritenuti importanti dalle stesse organizzazioni sinda-cali. Tra questi, mancano norme sulla formazione dei lavoratoriper contrastare la precarietà del lavoro; sul decentramento pro-duttivo (appalti, outsourcing e cessioni di rami d’azienda), nonchésulla dimensione europea e internazionale della contrattazionecollettiva. L’assenza di una specifica disciplina contrattuale per leprime due aree tematiche è rilevante a fronte di un progressivoincremento dell’area del lavoro precario e della necessità di raffor-zare maggiormente i lavoratori coinvolti, ancor di più a fronte dellagrave crisi economica in atto; mentre la mancata regolamentazionedella contrattazione collettiva transnazionale segnala un deficitpolitico-culturale su temi in cui molto spesso ci si limita a meredichiarazioni di principio.

Sulle norme contenutisticamente in parte differenti, nell’AI vasegnalato l’apparato sanzionatorio (il diritto di chiedere la revocao la sospensione dell’azione messa in atto) in caso di mancatorispetto delle tregua sindacale; al contrario, una sanzione piùefficace era prevista nel protocollo del 1993 (pagamento postici-pato o anticipato dell’indennità di vacanza contrattuale, a secondadella responsabilità rispettivamente sindacale o imprenditoriale).

Accanto agli elementi indicati, ve ne sono altri, assenti neldocumento sindacale e presenti nell’AQ, ma non per ovvi motivinell’AI, poiché coinvolge solo in parte i soggetti contraenti. Ilriferimento è a chi sia legittimato a proclamare lo sciopero nelleaziende di servizi pubblici locali (83). Senza entrare nel merito diuna problematica discussa da molto tempo in dottrina, ci si puòlimitare a una sola osservazione: la scelta di affrontarla rappre-senta un fuor d’opera rispetto al contenuto dell’AQ, incentratosulla riforma degli assetti contrattuali, accordo sottoscritto anchedalla Confindustria, che non rappresenta certo l’associazione diriferimento delle aziende indicate. Forse, l’obiettivo del Governo è

(83) Punto 18, oltre a confrontare l’art. 1, comma 2, lett. a), d.d.l. delegaper «La regolamentazione e prevenzione dei conflitti collettivi di lavoro con riferimentoalla libera circolazione delle persone», approvato dal Governo il 27 febbraio 2009.

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stato l’ottenimento del consenso di parte dei sindacati a sostegnodella revisione legislativa (l. n. 146/1990 e successive modificazioni)su un punto molto discutibile sul piano costituzionale: limitare lafacoltà di proclamare lo sciopero solo in capo ai sindacati rappre-sentativi della maggioranza dei lavoratori.

Infine, è nuova la sanzione scaturente dal mancato «rispettodei tempi e delle procedure definite» per il rinnovo dei ccnl. Ora,infatti si riconosce «una copertura economica, nella misura che saràstabilita nei singoli contratti collettivi nazionali di lavoro di cate-goria, a favore dei lavoratori in servizio alla data di raggiungi-mento dell’accordo di rinnovo» (84): si recepisce, così, una condi-visibile richiesta del documento sindacale unitario.

7. Non vi sono particolari elementi da segnalare, se non ladurata dell’AI (quattro anni, dalla sua stipulazione), oltre all’im-pegno delle parti (sei mesi prima della sua scadenza) di valutare latenuta del sistema di relazioni industriali per apportare eventualicorrettivi (85).

Si è fissato anche il termine (1º novembre 2009), a decorrere dalquale si applicheranno le nuove regole (86), tranne per i contratticollettivi (nazionali e di secondo livello), già scaduti ma con trat-tative non ancora iniziate per il loro rinnovo (87). Di conseguenza,per le altre intese negoziali con diversa cadenza temporale, siapplicheranno le norme del protocollo del 1993, comprese le mo-dalità per l’eventuale «recupero degli scostamenti inflazionisticiregistrati nel biennio precedente» (88).

8. Pare opportuno soffermarsi brevemente su alcuni profilidelle intese separate: dalla natura giuridica dell’AQ, alle caratte-ristiche della struttura negoziale e al modello di relazioni indu-striali.

Sul primo punto, le opinioni finora emerse sembrano propen-dere per un superamento, anche formale, del modello di concerta-

(84) Par. 2, punto 2.4, periodo 4.(85) Par. 7, punto 6.1.(86) Par. 7, punto 6.2, periodo 2.(87) Cfr. la dichiarazione fra le parti, allegata all’AI.(88) Par. 7, punto 6.2, periodo 3.

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zione sociale. Infatti, l’AQ si configurerebbe quale un AI atipico,nel senso che alla definizione dei suoi contenuti hanno contribuitonon solo le tradizionali parti sociali, ma anche il Governo, ma soloquale datore di lavoro. Gli esempi a conferma di questa valuta-zione sarebbero diversi: dalle norme sul lavoro pubblico, all’as-senza di impegni espliciti anche quando si affrontano questioniesterne alla competenza delle parti sociali (la decontribuzione e ladetassazione per sviluppare la contrattazione di secondo livel-lo) (89). Sostanzialmente simile alla precedente un’altra opinione,secondo cui non si tratta di un Protocollo triangolare Governo/parti sociali, ma di un accordo interconfederale «allargato», con ilGoverno presente non come esecutivo, che mette a disposizionerisorse normative e finanziarie, ma come «datore» e «responsabile»dell’intero universo del lavoro pubblico privatizzato (90).

Le citate ricostruzioni suscitano alcune perplessità, ove sitengano presenti alcune norme (sicuramente le nuove regole sullosciopero nei servizi pubblici essenziali, ma forse anche quelle suglienti bilaterali, sulla rappresentanza sindacale e sulla decontribu-zione/detassazione per la contrattazione decentrata), non di esclu-siva pertinenza delle parti sociali (91).

Rispetto al passato (modello di concertazione sociale degli anniNovanta o di dialogo sociale del 2002), con l’AQ si sancisce unmutamento. Sembra delinearsi un modello molto debole di concer-tazione sociale, dai contenuti talvolta evanescenti, se raffrontaticon quelli di precedenti protocolli. La nuova versione è vagamenteconcertativa, caratteristica, questa, confermata non tanto dallanatura separata dell’intesa, quanto dalla circostanza che l’AQ sicollochi fuori dell’alveo di una politica dei redditi e dei modelliclassici di concertazione sociale. Per le caratteristiche descritte,non sembra nemmeno che si sia in presenza del modello di dialogosociale, teorizzato nel Libro Bianco del 2001 e nel quale, come ènoto, è il Governo il soggetto promotore dell’intesa a due tra leparti sociali nelle materie di loro competenza, riservandosi le scelte

(89) L. BELLARDI, op. ult. cit., in corso di stampa e V. BAVARO, op. ult. cit.(90) F. CARINCI, op. cit., 177.(91) In tal senso cfr. L. MARIUCCI, op. cit., secondo cui le norme citate sono

di «interesse pubblico e perciò di natura squisitamente politica».

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di politica economica con una consultazione nella fase istruttoriadelle misure da adottare.

Rispetto al passato sono differenti anche le caratteristichedella nuova struttura contrattuale, contraddistinta da una formadi centralizzazione confederale e da un ruolo regolatore comples-sivo del sistema con una limitazione (talvolta) dell’autonomiacontrattuale delle categorie. Collocabile nella stessa chiave di let-tura, è il ridimensionamento del ruolo del ccnl sulla parte retribu-tiva, in quanto l’unico valore economico del contratto derivadall’IPCA, così come gli incrementi (solo se significativi) tra infla-zione prevista e inflazione reale saranno decisi dal Comitato pari-tetico interconfederale (92). Sempre nella stessa direzione va ricor-data la norma sulla delibera del Comitato per approvare le «linee diorientamento per i comportamenti dei rispettivi organismi e deiloro rappresentanti ai vari livelli» (93).

La centralizzazione si verifica anche in senso discendente neiconfronti della contrattazione di secondo livello (le strutture oriz-zontali dei sindacati stipulanti il ccnl potranno essere interessate,«per valutare le ragioni che non hanno consentito il raggiungi-mento dell’accordo» decentrato) (94). Senza ricordare i differentiprofili (supra), esiste un forte scarto tra le dichiarazioni di intenti(la valorizzazione della contrattazione di secondo livello, specieterritoriale) e la traduzione contrattuale nell’AQ e nell’AI.

Le complesse vicende sottese alla stipulazione delle inteseseparate ripropongono, come in passato, la necessità di garantirecon maggior efficacia la democrazia sindacale, spingendo forse indirezione di più incisivi strumenti di partecipazione democratica(p.es., il referendum).

A fronte dell’impossibilità di approvare una legge sulla rappre-sentanza nell’impiego privato, prima in ossequio alla scelta se-condo cui le rsu avrebbero dovuto configurarsi quali struttureautonome rispetto alle organizzazioni sindacali e ora perché per il

(92) Secondo A. MEGALE - B. LAPADULA - R. SANNA, op. cit., il ccnl, «per laparte economica, si limiterà ad applicare ciò che gli viene consegnato, senzaflessibilità né in alto né in basso».

(93) Punto 3, periodo 2 dell’allegato all’AI «Regolamento di funzionamentodel Comitato paritetico interconfederale».

(94) Par. 3, punto 3.5, periodo 4.

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Governo Berlusconi non sembra prioritario (95), emerge l’impre-scindibile esigenza di introdurre meccanismi regolativi per risol-vere come amministrare i dissensi e le diversità di scelte contrat-tuali. Né ci si può limitare solo all’esercizio di voto, pur legittimo,espresso dai ristretti organismi dirigenti dei sindacati, senza coin-volgere la totalità dei lavoratori (iscritti e non iscritti), specie ovele scelte in discussione coinvolgano importanti profili contrattuali(anche concessivi).

I problemi posti dagli Accordi separati sono indubbiamentemaggiori di quelli risolti dal punto di vista sia giuridico (96), sia direlazioni industriali. Tra i molti, basti pensare che, se i sindacati,firmatari di tali accordi, ne chiederanno l’applicazione, analogarichiesta potrà essere avanzata dalla Cgil. Questa, infatti, in virtùdella natura meramente obbligatoria delle clausole dell’AI, po-trebbe legittimamente (sul piano giuridico) far riferimento al pro-tocollo del 1993, così come potrebbero farlo, altrettanto legittima-mente, i lavoratori iscritti a quest’ultima confederazione.

Tuttavia, se per i sindacati firmatari sarà difficile ignorare ildissenso della confederazione sindacale maggioritaria, problemianaloghi si aprono anche per questa confederazione. A confermadelle descritte difficoltà, in presenza del rinnovo di un ccnl conmiglioramenti retributivo-normativi, seppur con alcuni peggiora-menti su altri istituti rispetto alla previgente disciplina normativa,quanti lavoratori, pur iscritti alla Cgil, presumibilmente continue-ranno a rivendicare l’inapplicazione in ossequio alla loro adesione?

Si è affermato e, forse, non a torto sul piano della strategiacomplessiva, che nella vertenza la Cgil ha una «grande responsa-bilità per aver condotto la vicenda in modo da trovarsi nell’angoloa scegliere tra la sconfitta di firmare un accordo consideratonegativo oppure la sconfitta costituita dall’accordo separato» (97).In altri periodi storici, forse più complessi di quelli attuali (gli anniCinquanta), la Cgil è stata in grado di capovolgere radicalmente la

(95) Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, La vita buonanella società attiva. Libro verde sul futuro del modello sociale (25 luglio 2008), 24.

(96) Per una sintetica prospettazione di alcuni problemi sul piano giuridicocfr. L. MARIUCCI, op. cit.

(97) A. AMORETTI, Il nuovo modello contrattuale. Una voce fuori dal coro,ildiariodellavoro, 9 febbraio 2009.

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sua strategia rivendicativa (98), ripartendo dalla contrattazionenei luoghi di lavoro, con una forte autocritica sulla sua imposta-zione all’epoca fin troppo lontana dalle imprese, caratterizzateallora da intensi processi di trasformazione tecnologica e organiz-zativa. Oggi, in presenza di un sensibile ridimensionamento delruolo dell’ideologia, la Cgil rischia di perdere consensi tra i lavora-tori che non votano più a favore delle tradizionali aree politiche diriferimento della stessa Cgil, come in passato.

Anche all’interno della stessa confederazione sembrano emer-gere due orientamenti: il primo critico nei confronti delle intese,ma che si pone il problema di riannodare i rapporti con Cisl e Uil,anche alla luce delle imminenti tornate contrattuali; il secondonettamente più critico e maggioritario in qualche federazione dicategoria (ad es., quella metalmeccanica), molti anni fa modello dipattern making nell’àmbito della stessa confederazione, da tempocontrario anche al modello di concertazione sociale.

Una più ampia riflessione non può non coinvolgere Cisl e Uil eil mondo imprenditoriale. Le prime dovrebbero riflettere suglieffetti normalmente scaturenti dalle intese separate. Negli anniCinquanta e Sessanta, il quasi dimezzamento degli iscritti alla Cgilsi è tradotto solo in lieve misura in un incremento di adesioni allealtre due confederazioni: si è trattato, infatti, di un processo didesindacalizzazione con l’indebolimento del potere negoziale edella tutela del mondo del lavoro. Anche nel 2002, la firma sepa-rata del Patto per l’Italia, dal contenuto molto modesto, non hacomportato particolari vantaggi né ai soggetti contraenti, né ailavoratori.

Forse, facendo riferimento alle vicende storiche del nostrosistema di relazioni industriali e alle esigenze reali, presenti oggi, sipuò riprendere un percorso comune, coinvolgendo le associazioniimprenditoriali e le organizzazioni sindacali nel ridurre le disugua-

(98) Il riferimento, fin troppo scontato, è all’importante riunione del Con-siglio Direttivo della Cgil (28 aprile 1955), durante la quale DI VITTORIO sviluppòl’autocritica dopo le severe sconfitte nelle votazioni per il rinnovo delle commis-sioni interne nelle principali imprese del Nord (Fiat, innanzitutto), autocriticaculminata con l’accettazione della contrattazione articolata al congresso confe-derale di Milano (1960).

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glianze (99) e ridare slancio alle imprese, andando a incidere sullecause.

La prima è la bassa produttività rispetto ai principali paesidell’area dell’euro e alla concorrenza internazionale, produttivitàche dovrebbe basarsi su ricerca e sviluppo, prodotti e serviziinnovativi, organizzazione del lavoro a elevato contenuto profes-sionale, oltre che su mezzi di produzione atti a migliorare la qualitàdi prodotti e servizi, piuttosto che risparmiare solo sul costo dellavoro e l’impiego della forza-lavoro. La seconda causa è indivi-duabile nei limitati investimenti Italiani in ricerca e sviluppo: pocopiù della metà dei quindici paesi più sviluppati dell’Unione Euro-pea e molto meno della metà rispetto a quelli più sviluppati (insenso decrescente Giappone, Stati Uniti, Germania e Gran Breta-gna).

Contrattando il tema dell’innovazione, completamente assenteinvece nelle intese del 2009 (100), e incentivando gli investimentiin tecnologia, le parti sociali potrebbero svolgere un ruolo propul-sivo per lo sviluppo del paese.

L’ACCORDO QUADRO E L’ACCORDO INTERCONFEDERALE CONFINDUSTRIA DEL2009: CONTENUTI E MODELLI DI RELAZIONI INDUSTRIALI. — Riassunto. Nel saggio sonoanalizzati i contenuti dell’Accordo Interconfederale del 15 aprile, stipulato dalla Confindustria, dalla Cisl edalla Uil alla luce sia del precedente Accordo Quadro del 22 gennaio 2009, anch’esso non sottoscritto dalla Cgil,sia del documento sindacale unitario (maggio 2008). In particolare, sono esaminati i nuovi assetti dellastruttura contrattuale (soggetti, livelli, contenuti e procedure contrattuali) e i modelli di relazioni industrialiscaturenti dalle intese separate.

THE FRAMEWORK AGREEMENT AND THE CONFINDUSTRIA INTERCONFEDERALAGREEMENT OF 2009: CONTENT AND MODELS OF INDUSTRIAL RELATIONS. Summary. —This paper contains an analysis of the content of the Interconfederal Agreement of 15 April 2009, signed byConfindustria and by the Cisl and Uil trade unions, in the light of the previous Framework Agreement of 22January 2009, which was also not signed by the Cgil trade union, and the unitary trade union document ofMay 2008. The analysis focuses above all on particular aspects of the new bargaining structure (the partiesinvolved, the bargaining levels, content and bargaining procedures) and the models of industrial relationsarising from the separate agreements.

(99) Secondo l’OIL, tra i trenta paesi più industrializzati a livello interna-zionale, solo cinque presentano indici di disuguaglianza superiori all’Italia: unquinto della popolazione più povera percepisce meno del 7% del reddito totale afronte di un altro quinto che, invece, riceve più del 41%.

(100) Nonostante vi sia un riferimento all’innovazione, contenuto in pre-messa (periodo 4), rimasto però fine a se stesso.

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