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1 - GELSI E GELSICOLTURA

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Tra storia e fantasiaScavando nei ricordi della scuola elementare, nei ricordi di chi l’ha frequentata nel Friuli degli anni cinquanta, riaffiora alla memoria una storia che veniva ripetuta di continuo a noi bambini di quel tempo: Il baco da seta o filugello… ovvero l’epopea immaginifica del prezioso insetto arrivato migliaia di anni prima dalla Cina clandestinamente dentro il bastone di bambù dopo essere stato trafugato da alcuni monaci. Un’allegoria per ricordare che la produzione della seta, divenuta così importante per le famiglie friulane, lo era altrettanto per l’economia cinese ed era custodita scrupolosamente affinché non venisse esportata fuori dai confini del continente giallo.A chi si interessa di storia della bachicoltura questa narrazione pare naturalmente poco credibile, a partire dal fatto che, essendo la storia ambientata alcuni secoli prima della venuta di Cristo, riesce difficile immaginare l’esistenza di monaci. Queste figure sono più probabilmente viandanti dediti ai commerci che in ogni caso, per andare dalla Cina al Mediterraneo, avrebbero dovuto camminare per anni a piedi o a dorso di animale attraversando una grande varietà di climi, spesso tra i più improbi. È interessante osservare che persino il noto scrittore Alessandro Baricco, nel suo bellissimo romanzo “Seta” (e da cui è stato tratto un bellissimo film) che racconta proprio del commercio/furto di bozzoli tra la Cina e la Francia del XIX Secolo scriva “I produttori di seta di Lavilledieu erano, chi più chi meno, dei gentiluomini e mai avrebbero pensato di infrangere la legge (rubando i bachi n.d.r.) nel loro paese. L’idea di farlo dall’altra parte del mondo, tuttavia, risultò loro ragionevolmente sensata”. Non si capisce poi come le uova dei bachi si sarebbero potute conservare, per poi schiudersi finalmente nei paesi del bacino del Mediterraneo, ma stiamo parlando di una storia per bambini e le storie per bambini, per quanto fantasmagoriche, racchiudono sempre un fondo di verità. Andiamo brevemente ad esaminarla.

IntroduzioneSERIBACHICOLTURA

IN FRIULI

Elia Tomai

I documenti storici greci e romani arrivati fino a noi confermano l’esistenza di un rapporto commerciale con i popoli dell’estremo Oriente, prevalentemente per il commercio di stoffe preziose come appunto la seta, che può aver favorito il lungo cammino del filugello e del suo metodo pratico di coltura. Ma questo non può essere avvenuto né in un tempo breve e nemmeno in un’unica soluzione. I documenti più attendibili riferiscono che il primo seme dei bachi giunga dai “Paesi dell’Himalaya” nell’anno 551 d.C. per opera di due monaci (in questo caso la favola diventa storia) i quali vengono incaricati dall’Imperatore di Bisanzio Giustiniano di trafugare e nascondere dentro dei bastoni i preziosi insetti, dopo aver osservato con prudenza le tecniche di allevamento del prezioso filugello. Da Costantinopoli la bachicoltura si diffonde poi nei Paesi del Mediterraneo, continuando poi la sua espansione in Europa, incluse Germania ed Inghilterra. Solo in questi ultimi paesi la nuova coltivazione non riesce ad affermarsi, causa l’inclemenza dei climi.

Il baco in ItaliaÈ dato certo che la prima regione italiana ad avviare l’allevamento dei bachi, a cavallo dell’anno Mille, è la Sicilia. Dalla Trinacria la bachicoltura si diffonde sull’intero territorio del nostro Paese, trovando praticamente ovunque condizioni ambientali favorevoli tanto che l’Italia manterrà nei secoli successivi il primato europeo della produzione dei bozzoli e delle sete. Questo succede parallelamente alla produzione di lino e canapa, conosciuti già nell’antichità ma che si limitano alla lavorazione domestica e la cui produzione supera raramente il mero soddisfacimento dei bisogni personali operando al massimo entro i confini del mercato locale.

L’allevamento del baco, dalla schiusa delle uova sino alla finale produzione del filo da tessere, obbedisce a una filiera produttiva ben precisa. Dalla incubazione del seme a sinistra: Filatrici con macchina per filare per uso casalingo.

Foto arch. Comune di Dignano

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o uovo (il baco, bombix mori, deve nascere e riprodursi entro l’anno), spunta il baco che ha di fatto 30 - 32 giorni di crescita (si alimenta delle foglie del gelso (morus) tanto da aumentare di ben 10 mila volte il suo peso e 6 mila volte il suo volume). Alla fine il baco si imbozzola; dopo 10 giorni il bozzolo deve essere essiccato al fine di impedire alla crisalide di sfarfallare (se la farfalla esce dal bozzolo, questi viene bucato e diventa assolutamente inservibile per il prezioso filato). Infine alla filanda, ove il bozzolo, previo riscaldamento viene spazzolato per ricercare l’origine del filo per essere dipanato (ed eventualmente ritorto) in matasse e successivamente avviato alle manifatture tessili per la produzione di capi di vestiario, paramenti sacri, arredamento ma anche in medicina e cosmetica. Per le esigenze legate alla riproduzione dei filugelli, dal bozzolo non essiccato esce la farfalla che, previo accoppiamento, depone un elevato numero di uova. Così il ciclo completo della vita del prezioso animaletto ne perpetua la specie.

La seta, conosciuta già in epoca romana, ma utilizzata con parsimonia dato l’elevato costo d’importazione, dopo l’VIII-X° secolo d.C. si diffonde con l’introduzione dell’allevamento dei bachi da seta nel paesi mediterranei. Se universalmente conosciute sono le tecniche di tessitura delle fibre vegetali e animali, quelle relative alla trattura e tessitura della seta sono custodite gelosamente fino alla fine del medioevo. Sull’avvio e la diffusione in maniera strutturata della bachicoltura in Italia ci sono attestazioni che risalgono a prima dell’anno 1000 d.C. Come già detto, i primi furono i siciliani, sudditi del Re Ruggero II il quale, dopo aver conquistato la Grecia, porta con se come bottino di guerra diversi maestri esperti in questo settore.

Nel 1200 la bachicoltura si diffonde nell’area della Lucchesia (Lucca) e da qui risale verso l’Italia settentrionale. Per quanto concerne le provincie del Veneto e del Friuli, si hanno notizie certe del commercio della seta parallelamente allo sviluppo degli scambi via mare con Bisanzio. Spezie e tessuti preziosi costituiscono il prezioso carico delle navi che renderà grande Venezia. Dapprima la Serenissima conserva la supremazia nell’importazione e nel commercio delle sete ma presto capisce di poter fare da sé. Verso il XVI secolo inizia ad avviare una propria manifattura serica, facendo nascere il setificio veneziano e arrivando al punto di raggiungere presto la supremazia del settore in Europa. Un primato che Venezia riesce a mantenere e potenziare a scapito

della terraferma, Friuli compreso, relegando lo stato de tera al solo allevamento dei bachi e proibendo con rigide leggi e disposizioni ogni forma di produzione (filanda) anche domestica della seta. La Serenissima è altrettanto severa nei confronti dei ladri di gelsi; l’attenzione verso la preziosa pianta e le rigide norme che regolano l’allevamento di bachi e la produzione della seta si spiegano facilmente, se teniamo conto che l’allevamento del filugello costituisce per la Dominante una condizione economica fiorente con entrate in continua crescita e ottenute in sostanziale condizione di monopolio.

Pur a fasi alterne, dovute principalmente alle diverse epidemie che colpiscono i bachi, l’allevamento dei filugelli si impone come la più redditizia fonte di guadagno per le campagne venete e friulane. Questa condizione, di per sé straordinariamente moderna, va via via rafforzandosi perdurando ben oltre la caduta della Serenissima, avvenuta nel 1797, per esaurirsi inesorabilmente dopo un lungo e virtuoso ciclo a cavallo degli anni sessanta del XX secolo. Per spiegare una così lunga e fortunata parabola storica gli studiosi sono concordi. Il baco inizia il suo ciclo a ridosso dell’inverno per terminarlo in primavera con la sbozzolatura, una stagione che per le famiglie contadine è caratterizzata da grande penuria economica, superata solo con il governo oculato delle poche risorse alimentari accumulate. La risultanza della vendita dei bachi fa dire che ‘E jerin i prins bees da l’an chei che si tiravin dongje cu la galete. (sono i primi soldi guadagnati e servivano a saldare i conti di bottega ammucchiati nel periodo invernale nel fare i pochi acquisti per la casa). E questa sicura entrata monetaria, già di per sé rara in un’economia prevalentemente agricola com’è quella friulana, è in sintesi cagionata da qualche giornata di lavoro.

Ritornando sui nostri passi, con la caduta della Repubblica veneziana vengono inficiate tutte le prescrizioni sulla produzione della seta e ovunque nel Veneto e in Friuli sorgono e si moltiplicano due nuove attività industriali: gli essiccatoi e le filande. Al crollo della Serenissima il Friuli passa per un cinquantennio sotto il dominio dell’Impero Austro-ungarico. Sono questi anni di regressione economica, mitigati in parte solo grazie alla gelsi-bachicoltura che continua a mantenere il primato come attività più redditizia da realizzarsi in campagna.

Nel 1696 appare la prima malattia del filugello, il calcino. Come conseguenza la produzione di bozzoli crolla a valori minimi, vista l’impossibilità di individuare mezzi

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Fabio Asquini, olio su tela

efficaci per combattere la sopraggiunta insidia. È questa la prima vera minaccia allo sviluppo della nuova manifattura. Bisognerà aspettare fino al 1825 per individuare l’agente del contagio e vincerne le cause.Debellato il calcino, tra il 1845-50 un secondo flagello minaccia di distruggere la bachicoltura: la pebrina o mal delle petecchie. La produzione subisce nuovamente un calo drammatico: da 60 milioni di kg a 10 milioni circa. I contadini di tutta Europa, presi dalla disperazione, si danno alla distruzione del patrimonio gelsicolo. Saranno gli italiani a far luce sul nuovo male, escogitando la selezione manuale del seme coadiuvati dall’ausilio di un nuovo strumento: il microscopio. Anche i gelsi sono attaccati da una cocciniglia, la Diaspis pentagona, e anche qui si trova il decisivo rimedio con la lotta biologica.

Il ‘900 registra una notevole ripresa della produzione dei bozzoli, subendo naturalmente dei cali sia negli anni del primo conflitto che in quelli del successivo, per il marasma sociale che avvolge l’Italia. Tutto si esaurisce irrevocabilmente nel decennio dopo il secondo conflitto mondiale.

L’opera di Antonio ZanonIl gelso e l’utilizzo della sua foglia per alimentare l’allevamento del baco da seta rappresenta, dal XVI Secolo all’ultimo dopoguerra, uno dei segni fondanti e tangibili della tradizione agricola friulana. Per avere un’idea della considerazione di cui godeva basti pensare che in dialetto friulano il gelso è chiamato morâr, ma questa parola può riferirsi anche a tutti gli altri alberi. L’introduzione di questo albero in Friuli, la cui epoca ci resta sconosciuta, è intimamente legata alla sericultura che dal 1500 al 1700 diviene come detto una delle attività più importanti dell’economia agricola.

Saranno la filanda e la tessitura a telaio a costituire i nuclei di aggregazione che andranno a far nascere le prime attività di carattere industriale in Friuli, le quali impegneranno un gran numero di persone, soprattutto donne di tutte le età che dalla produzione della seta traggono per la prima volta un proprio reddito. La seri-bachicoltura coinvolge ampie fasce di popolazione in tutto il suo percorso di produzione, dalla cura delle foglie, all’allevamento dei bachi, al trattamento del filo per la tessitura ed è un primo e valido esempio di filiera produttiva.Chi comprende questa sorta di piccola rivoluzione industriale e riusce a dare l’impulso più marcato, volto da un lato ad estendere la coltivazione del gelso e dall’altro

a sfruttare industrialmente l’allevamento del baco, è l’economista Udinese Antonio Zanon (1696 – 1770). La comprensione di questo poliedrico personaggio ci è possibile tramite il gran numero di lettere e scritti che sono arrivati fino a noi. Pagine che rimandano a un uomo illuminato, perennemente in contrasto con coloro – e sono la maggioranza – che non vogliono capacitarsi della grandezza delle novità. Scrive Zanon: Eppure tutti questi così evidenti vantaggi mai non valsero ad estirpare la malnata opinione, che la coltura del gelso e del baco pregiudichi il lavoro dei campi.

Questo ragionamento va verso la proprietà fondiaria tradizionale, che mal digerisce il nuovo percorso intrapreso dai contadini verso la nuova coltura. Nella corrispondenza epistolare con il fagagnese Fabio Asquini (1726 – 1818), un altro “illuminato”, li definisce senza giri di parole, l’infinito numero de’ stolti. Asquini, che fa della sua azienda un centro irripetibile di modernizzazione, incontra Zanon nel 1772 e tra i due si apre una fitta corrispondenza dalla cui lettura si evince – tra l’altro - l’interesse di Asquini per la bachicoltura. Produce infatti due scritti, Notizie storiche sopra il commercio e l’arte della seta e L’arte della seta.

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Antonio Zanon. Olio su tela. Opera del pittore Alessandro Longhi

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Zanon coltiva una vera e propria avversione all’uso, allora diffuso, di affittare i gelsi e ottenere una rendita senza alcun impegno personale utile per il raggiungimento del fine produttivo.…..quando abbiamo abbondanza di bachi, il prezzo della foglia va all’eccesso; e l’anno seguente ne viene minorata la semente: onde non si veggono mai due anni seguitamente di abbondanza.Queste vicende disanimano i contadini, i quali oltrecciò, se periscono i bachi, restano con debito dell’affitto de’ mori. Ad un cossiffatto inconveniente io son d’opinione, che l’unico rimedio sarebbe quello d’introdurre, le “metadie”, com e volgarmente s’appellano, le quali sono un contratto, che fa il padrone de’ mori, con quelle persone che devono avere la cura di nodrire i filugelli; mercé del quale la metà de’ bozzoli è del prorpietario, e l’altra metà di chi ha faticato: il che propriamente si dice “fare a parte”.Parole che esprimono con chiarezza le difficoltà di sviluppo della bachicoltura, e che danno ulteriore testimonianza del fatto che l’incremento della coltivazione dei gelsi e l’allevamento dei bachi sono per Zanon gli interventi idonei a risollevare tutta l’economia friulana. Il suo impegno sarà anche diretto alla battaglia per la riduzione di dazi, causa diretta della crisi del mercato serico. L’impero Asburgico reagisce applicando sgravi fiscali nel Friuli austriaco, andando ad alimentare una concorrenza così serrata da sfociare addirittura in fenomeni di contrabbando di bozzoli .

Le battaglie condotte nel segno del rinnovamento dell’agricoltura e delle attività industriali in Friuli furono portate avanti con l’azione e gli scritti di Zanon, tanto che alla sua morte la nobiltà friulana reagisce volgarmente, ispirando il meschino epitaffio:

Colui che nacque da un prepuzio incisoQui giace assai lontan dal Paradiso

Presso la tomba un gelso orsù piantate.Arda la torba e cuoca le patate:

Assista alla funzion tacito intento,Poi sul fuoco vi piscj il Parlamento.

Il nobile verseggiatore, compiaciuto del suo fine umorismo, oltraggia l’uomo Zanon e la sua opera, massimamente ed efficacemente rivolta alla diffusione in Friuli della coltura del gelso e della bachicoltura. Con la convinta e impegnata azione di Fabio Asquini a Fagagna, viene inoltre rilanciata l’estrazione della torba (come reazione alla mancanza di legna da ardere) e la coltivazione della patata. Da questo

necrologio si può facilmente evincere tutta la miopia e il conservatorismo della classe possidente del tempo che avrebbe davvero orinato, se avesse potuto, sulle ossa di Zanon e non solo metaforicamente. La chiusura mentale della classe possidente peserà molto e per tanto tempo sulla vita del Friuli.

La crisi a metà ‘800È l’800 il periodo storico in cui in Friuli esplode in modo esponenziale la gelsibachicoltura, in un modo tale da modificare radicalmente il paesaggio agrario attraverso la piantata diffusa dei gelsi, “i morârs”: verso la metà del secolo in Friuli se ne contano circa 200 mila. Nel contempo, con tenacia e caparbietà, si sviluppano gli studi e le sperimentazioni pratiche con innesti mirati diretti all’aumento di produzione e qualità delle foglie. Sono fasi molto convulse, tanto che le organizzazioni di categoria auspicano un contingentamento della produzione complessiva nazionale, che dovrebbe tornare a 50 milioni di chilogrammi annui di bozzoli. Le malattie di cui abbiamo sopra riportato poi causano l’eradicazione di numerosi alberi, facendo mancare la quantità di foglie necessaria per alimentare i bachi. Diventa così impossibile continuare ad aumentare la produzione di bachi.I tecnici da parte loro insistono nella ricerca di nuove pratiche di incubazione e di allevamento, con l’obiettivo di raggiungere una resa di 40 chilogrammi di galletta per oncia di semi di bachi. I bachicultori friulani capiscono che solo aprendosi alle novità disciplinari potranno aumentare la produzione in maniera significativa e stabile. Infatti dai dati diffusi, si evince chiaramente che si raggiunge addirittura la media di 80 chilogrammi per oncia. Un risultato che non può non offrire stimoli di riflessione a livello nazionale.Negli anni a cavallo del 1850, come accennato, una grave calamità cade sulla testa dei poveri contadini e dei sottani (contadini senza terra): una sconosciuta malattia, la pebrina, insidia almeno un terzo degli allevamenti. Sorgono allora in Friuli le stazioni bacologiche che, dopo l’annessione della regione al Regno d’Italia (1866), vedono questi Istituti potenziati e la cui capacità zooiatrica apporta visibili benefici tanto che la produzione di bozzoli ritorna a raggiungere elevati ed insperati livelli di produzione. In questo periodo si diffondono in molti centri friulani due strutture industriali mai conosciute prima: l’essiccatoio bozzoli e la filanda a prevalente manodopera femminile. I redditi delle lavoratrici non sono elevati e le condizioni di lavoro molto precarie, ma sebbene sottopagate, le donne sono in grado di procurare

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un salario che permette una nuova entrata nella miserrima economia delle campagne.Secondo alcune stime si riportano i dati standard del processo produttivo dalla quantità di foglia del gelso, allo spazio di allevamento seconda le età, alla produzione dei bozzoli. Il seme dei bachi è venduto a “once”; dal secondo dopoguerra sostituita da una nuova unità di misura più precisa, il “telaio” che contiene un numero fisso di 20 mila uova.”Unità di misura oncia. 1 Oncia uova 60 mila. Un terzo di oncia uova 20 mila. Per i bachi nati da 20 mila uova sono richiesti:alla 1° età una spazio di 1 mq. per 10 Kg di fogliaalla 2° età una spazio di 2 mq. per 20 Kg di fogliaalla 3° età una spazio di 5 mq. per 70 Kg di fogliaalla 4° età una spazio di 10 mq. per 180 Kg di fogliaalla 5° età spazio non definito per 600 Kg di fogliaper una produzione di chilogrammi 35/40 di bozzoli da cui si ricavano 20/25 chilogrammi di seta cruda e 15 chilogrammi di cascami. (dati indicativi).Nella nostra zona nascono una serie di importanti strutture, a conferma del ruolo che la gelsi-bachicoltura ha assunto nel territorio. Sono questi gli essiccatoi e le filande di Martignacco, Mereto di Tomba, Coseano,

Dignano Carpacco, San Daniele, Mels e Colloredo di M.A. Nella loro ondivaga linea produttiva, le filande del Friuli nel 1915 sono circa 80 e di queste solamente sei si possono definire “moderne”, caleranno di numero negli anni dopo la Grande guerra. Negli anni venti il settore riceve una spinta notevole, animato dalla ferrea volontà dei contadini di procurare nuovi redditi per poter acquisire i fondi che lavorano per conto di altri e costituire la piccola proprietà contadina: un sogno che diventa a portata di mano! Un periodo felice, questo, per la gelsi-bachicoltura, le cui entrate sono dopo il 1922 integrate da quelle generate da una nuova coltura: il tabacco.

Friulani protagonisti della sericolturaAlcune figure friulane vanno obbligatoriamente citate tra i protagonisti della storia della sericoltura nell’ottocento e tra queste primeggia quella di Gherardo Freschi (1805 – 1883). Uomo dai molteplici interessi, è conosciuto per aver pubblicato già dal 1842 la rivista L’Amico del Contadino, che non si rivolge direttamente ai contadini, che purtroppo sono quasi tutti analfabeti, ma ai loro parroci e ai piccoli possidenti che avrebbero poi provveduto a divulgarne i contenuti.Mostra vivo interesse per l’educazione popolare, sempre

Gherardo Freschi Luigi Chiozza

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con l’obiettivo di migliorare le condizioni dei meno abbienti. Rimane persuaso dell’idea che le razze europee di baco da seta avrebbero dovuto essere rinvigorite attraverso l’ibridazione con le razze asiatiche, e per questo organizza una spedizione scientifica che toccherà India, Cina e Giappone. Lo stesso Freschi riesce ad allevare con successo le razze importate, e continua ad essere uno strenuo divulgatore, nei vari congressi italiani ed europei del settore. Pubblica Il testamento di un vecchio bacologo, e sarà fra i primi a convertire il proprio opificio in filanda a vapore. Resterà un difensore del movimento a favore delle piccole filande rurali le quali dimostrano la grande vitalità della sericoltura friulana rispetto le altre zone d’Italia.

Una figura fondamentale della nostra seribachicoltura è quella di Luigi Chiozza (1828-1889), che a Scodovacca trasforma alcuni locali della villa di famiglia per dedicarli alla sua attività di ricercatore scientifico. Nel 1870 ospita nella sua villa il grande scienziato francese Luois Pasteur (1822 - 1895). Tra i risultati più importanti raggiunti dallo studioso d’oltralpe c’è quello di aver debellato la pebrina, malattia che in tutta Europa colpisce gli allevamenti del baco da seta. Pasteur scopre infatti che i filugelli sani si ammalano quando nidificano nello stesso giaciglio di

quelli che hanno contratto la malattia. Nel 1865 riesce ad individuare l’origine della Pebrina e conseguentemente scopre un valido e universalmente riconosciuto metodo di prevenzione.

Altra importante grande imprenditore è Carlo Kechler (1823 - 1901). Di origine triestina, si trasferisce a Scodovacca nella tenuta agricola dei Chiozza per cercare lavoro. Ragazzo dalla vivace intelligenza, segue a Udine Pietro Antivari, cognato della moglie di Chiozza e noto industriale, impiegandosi dapprima come fattorino poi via via diventandone socio. Sposa Angela Chiozza, figlia di Luigi Kecler, figura di prestigio nella storia del Friuli, possiede un lungo curriculum di cui è impossibile riportare in questo spazio tutta l’attività imprenditoriale, politica e amministrativa. Ci soffermiamo però sulle sue idee innovative nella seribachicoltura.

La sua attività principale è quella di gestire da imprenditore il setificio, già filatoio, di Venzone. Le sue sete lì prodotte si fanno spazio sui mercati Europei, e sono tenute in grande considerazione su quello, importantissimo, di Lione. A Venzone indirizza i propri sforzi di ammodernamento del settore, cercando di separare l’attività manifatturiera

Ritratto fotografico del Sen. Gabriele Luigi PecileCarlo Kechler

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da quella agricola. In concreto si tratta di impedire che la manodopera impiegata per alcuni mesi all’anno in filanda faccia anche i lavori di campagna, a scapito della produzione industriale che dev’essere continua. Kechler cerca inoltre di ridurre il numero delle incannatrici a domicilio le quali, se permettono di contenere i costi di produzione, lo fanno unicamente a scapito della qualità del prodotto.

Nel 1784 Kechler costruisce nella vicina Ospedaletto un opificio, succursale di Venzone, per l’incannaggio della seta dotandolo di incannatoio e straincannatoio meccanici. Distribuisce alle lavoratrici a domicilio soltanto la seta di qualità inferiore. Dalle pagine del Bullettino dell’Associazione Agraria Friulana Kechler informa costantemente i suoi coevi sul commercio serico e sulle notizie bacologiche, analizzando e cercando di trovare rimedi per una crisi e un declino del settore che avanzano nonostante la dinamicità imprenditoriale dimostrata da

alcuni. Resta fiducioso che l’innalzamento della qualità, il miglioramento delle condizioni ambientali e una più rapida distribuzione con la costruzione di una rete infrastrutturale possano ribaltare la situazione. I suoi scritti sulle filande e filatoi a vapore, promossi, oltre che dall’Associazione agraria, anche dall’Accademia di Scienze, lettere e arti e della Società Alpina Friulana, delineano una breve storia della seta in Friuli ma, soprattutto, forniscono importanti dati statistici sull’industria serica nella provincia friulana del secondo Ottocento, dati questi che Kechler vuole far conoscere anche a livello nazionale. Su questi temi non può certo mancare l’opinione illuminata di Luigi Gabriele Pecile, (1826 – 1902). Il Senatore, dalle pagine del Bullettino dell’Associazione Agraria Friulana, affronta i temi legati alla seri-bachicoltura e trasmette le esperienze pratiche frutto di una costante e impegnata sperimentazione nella propria azienda. A tale proposito chiama a Fagagna un grande docente di agricoltura, il prof. Federico Viglietto, che

Frontespizio libro legato PecileBiblioteva del Seminario Udine

Frontespizio amico del contadinoBiblioteva civica Udine