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1. Contenuto del D.Lgs. n. 507/1999 e materie di interesse finanziario per le

quali la delega non è stata esercitata.

Nella prima parte il decreto è articolato in cinque titoli riguardanti:

- la riforma del sistema sanzionatorio in materia di alimenti (artt. 1 a 8 del Titolo I);

- la modifica del sistema sanzionatorio in materia di disciplina della navigazione

(artt. 9 a 16 del Titolo II);

- la riforma del sistema sanzionatorio in materia di circolazione stradale (artt.17 a 23

del Titolo III);

- la riforma della disciplina sanzionatoria delle violazioni finanziarie (escluse quelle

in materia di imposte sui redditi e IVA: artt. da 24 a 27 del Titolo IV);

- la riforma della disciplina sanzionatoria relativa agli assegni bancari e postali (artt.

da 28 a 37 del Titolo V).

Nella seconda parte, il titolo VI contiene disposizioni di carattere generale o speciale

inerenti a:

- depenalizzazione di reati previsti dal codice penale, con la indicazione delle

autorità competenti ad applicare le sanzioni amministrative (artt. da 38 a 59 del

Capo I);

- depenalizzazione di reati previsti da leggi speciali, indicando le autorità competenti

ad applicare le sanzioni amministrative (artt. da 60 a 93 del Capo II);

- modifiche alle disposizioni generali sulla depenalizzazione contenute nella Legge

24 novembre 1981, n. 689, e riguardanti la reiterazione delle violazioni, il principio

di specialità, l’aggiornamento delle sanzioni amministrative pecuniarie,

l’opposizione all’ordinanza-ingiunzione, la competenza per il giudizio di

opposizione all’ordinanza-ingiunzione e il giudizio di opposizione (artt. da 94 a 99

del Capo III).

La terza parte del decreto contiene disposizioni transitorie e finali, che regolano la

successione della legge nel tempo, con particolare riguardo ai problemi relativi alla

competenza per i procedimenti amministrativi riguardanti gli atti dei procedimenti

penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi.

Dal confronto del contenuto del decreto con le materie delegate dalla Legge n.

205/1999, emerge che per alcune di esse, come sottolineato nella relazione al

decreto, non è stato ritenuto opportuno esercitare la delega.

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Tale mancato esercizio concerne, in particolare, talune sanzioni penali relative a

delitti puniti con la sola multa o a contravvenzioni concernenti violazioni relative alla

disciplina dei mercati finanziari, mobiliari e assicurativi e del riciclaggio che, come

previsto dall’art. 6, comma 3, della legge delega n. 205/1999, avrebbero dovuto

essere trasformati in illeciti amministrativi, ad eccezione delle condotte ostative

all’attività delle autorità di vigilanza o consistenti nella produzione di documentazione

non veritiera ovvero che offendono in maniera rilevante il bene tutelato.

La delega non è stata esercitata in quanto, come afferma la relazione ministeriale, la

ricognizione della legislazione vigente non ha consentito di rilevare spazi operativi

concreti per il suo esercizio.

Infatti:

- il recente testo unico dell’intermediazione finanziaria (D.Lgs. 24 febbraio 1998, n.

58) ha già attuato un’ampia depenalizzazione, mentre talune ipotesi di reato sono

escluse dalla depenalizzazione, perché rientranti nell’eccezione suddetta e cioè

perché consistono in condotte di ostacolo alla vigilanza – art. 171, comma 2 e art.

174, comma 2 del D.Lgs. n. 58/1998, o corrispondono ad ipotesi di falso – artt.

169 e 174, comma 1 – ovvero offendono in maniera rilevante il bene tutelato,

come nei casi di gestione infedele o di confusione di patrimoni, di cui agli artt. 167

e 168 dello stesso decreto;

- il testo unico della legge in materia bancaria e creditizia (D.Lgs. 1 settembre 1993,

n. 335) non prevede più violazioni suscettibili di depenalizzazione, già operate dal

cosiddetto decreto Eurosim (D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415), ad eccezione delle

ipotesi di reato che rientrano nell’accennata eccezione, come quelle relative alla

intermediazione finanziaria; peraltro, l’abuso di denominazione bancaria (art. 133),

punito con la multa, è stato depenalizzato dopo l’entrata in vigore della L. n.

205/1999, dall’art. 30 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342.

In campo assicurativo la delega non è stata esercitata per le fattispecie ivi previste

perché la materia rientrava nella competenza del Ministero dell’Industria, Commercio

e Artigianato. Si tratta, in particolare, delle contravvenzioni previste per

amministratori, revisori, sindaci e direttori generali che non ottemperino alla richieste

e non si uniformino alle prescrizioni dell’ISVAP (art. 53, comma 3, della legge 12

agosto 1982, n. 576) e della contravvenzione per l’omissione o il ritardo delle

prescritte comunicazioni all’ISVAP, quando le stesse riguardino atti da cui è derivato

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pregiudizio delle garanzie poste nell’interesse degli assicurati (art. 16, comma 2,

della Legge 9 gennaio 1991, n. 20).

La relazione afferma, infine, che non si è ritenuto di intervenire in materia di

riciclaggio, in quanto si tratta di una disciplina autonoma, cui la legge delega n.

205/1999 avrebbe dovuto fare espresso riferimento.

2. La disciplina sanzionatoria sugli assegni bancari e postali.

Negli articoli da 28 a 32 del Titolo V, sono riportate le modifiche al sistema

sanzionatorio relativo alla disciplina degli assegni bancari e postali. In particolare le

modifiche riguardano:

- il R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, con diversa configurazione delle fattispecie;

- la Legge 15 dicembre 1990, n. 386, dove le sanzioni penali sono state sostituite

da quelle amministrative.

Sono state, infatti, depenalizzate le ipotesi di emissione di assegno senza

autorizzazione (per le quali è ora prevista una sanzione amministrativa di base da

Lire 2.000.000 a Lire 10.000.000, raddoppiabile qualora l’importo dell’assegno superi

Lire 20.000.000); e di emissione di assegno senza provvista (per la quale sono

previste sanzioni amministrative nella misura ridotta della metà di quelle suddette);

sono state infine previste sanzioni accessorie, fra le quali assume rilievo il divieto di

emettere assegni bancari o postali.

Sono state, inoltre, riconsiderate ed aggiornate le sanzioni penali, relative alle

dichiarazioni false all’atto del rilascio di moduli assegni e al rilascio di moduli di

assegni a persona interdetta.

Sono state anche modificate le norme di procedura, le modalità di applicazione delle

sanzioni accessorie e formulate nuove ipotesi di responsabilità.

E’ anche prevista la istituzione, presso la Banca d’Italia, di un archivio informatico

degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento irregolari.

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3. Abrogazioni e modifiche delle norme del codice penale (art. 38 a 95 del

Titolo VI, Capo I).

In base ai loro effetti, le disposizioni della legge delega e del decreto delegato

possono essere così distinte:

- norme abrogratrici, quale l’art. 18 della legge delega n. 205/1999, che ha eliminato

dal codice reati considerati inattuali, quali ad esempio l’oltraggio ad un pubblico

ufficiale o ad un pubblico impiegato, la sfida a duello, la mendicità, il turpiloquio;

- norme modificatrici ma non depenalizzanti, come nel caso del furto, che è punibile

a querela della persona offesa, salvo che non ricorra una delle circostanze ivi

indicate (violenza su cose, furto con armi o con destrezza, ecc.);

- norme depenalizzanti, come, ad esempio, nei casi di alterazione di segni nei valori

di bollo o nei biglietti ferroviari usati (art. 466 CP), usurpazione di titoli o funzioni

(art. 498 CP), vendita, distribuzione o affissione abusiva di scritti o disegni (art.

663 CP), divulgazione di stampa clandestina (art. 663-bis), distruzione e

deterioramento di affissioni (art. 664), ubriachezza (art. 688 CP), bestemmia e

manifestazioni oltraggiose verso i defunti (art. 724 CP) e commercio di scritti,

disegni ed altri oggetti, contrari alla pubblica decenza (art. 725 CP).

4, Depenalizzazione di reati previsti da leggi speciali.

Il Titolo VI, Capo II, negli articoli da 66 a 93 attiva una estesa depenalizzazione di

reati previsti da leggi speciali, che vengono conseguentemente modificate.

In particolare si segnalano le modifiche:

- al R.D.L. 14 novembre 1926, n. 1923, relativamente ai divieti di importazione ed

esportazione, cioè alle proibizioni o limitazioni, per motivi di ordine economico, di

importare o esportare determinate merci, di interesse strategico e nucleare, specie

di flora e fauna protette, alcuni prodotti della siderurgia o agricoli, ecc. La

sanzione penale ai divieti, costituita dalla reclusione fino a tre mesi e con la multa

fino a lire un milione, è stata trasformata nella sanzione amministrativa da lire

800.000 a lire 4.000.000, applicabile dal Ministero del Commercio con l’estero;

- al RDL 1 ottobre 1938, n. 1933, di riforma del lotto pubblico ed, in particolare,

all’art. 116, che vieta qualsiasi operazione che abbia per oggetto la cessione di

obbligazioni di prestito a premio autorizzate ed anche del solo diritto di concorrere

individualmente o in partecipazione all’alea di quei premi: la sanzione penale

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dell’ammenda da lire 50.000 a lire 500.000 è stata sostituita con la sanzione

amministrativa da lire 500.000 a lire 3.000.000, applicabile dal Ministero del

Commercio, industria e artigianato.

5. Modifiche alla legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte relativa alle

disposizioni generali, sostanziali e procedimentali, riguardanti le violazioni

penali depenalizzate e punibili con la sanzione amministrativa.

Il Titolo VII del D.Lgs. n. 507/1999 stabilisce i nuovi principi in materia di sanzioni

amministrative derivanti da fattispecie penali, con riguardo:

- alla reiterazione delle violazioni (nuovo art. 8bis);

- alla specialità degli illeciti (art. 9);

- all’aggiornamento del limite minimo delle sanzioni amministrative pecuniarie (art.

10);

- ai criteri di applicazione della sanzione amministrativa (art. 11);

- all’ambito di applicazione delle norme (art. 12);

- al procedimento di opposizione all’ordinanza-ingiunzione (art. 22), alla

competenza per il relativo giudizio (art. 22-bis) e alla procedura.

Quanto alla reiterazione, introdotta dall’art. 8-bis, si precisa che l’articolo si collega

all’art. 8, che regola il cumulo giuridico delle sanzioni nei casi di concorso di

violazioni, e regolamenta un aspetto particolare del cumulo giuridico per violazioni

oggetto di reiterazione, da intendere come una forma di recidiva (amministrativa,

analoga a quella penale), definita puntualmente come fattispecie complessa di

violazioni, che si ha quando:

- nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, già

accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un’altra

violazione della stessa indole;

- più violazioni della stessa indole, accertate con un unico provvedimento esecutivo.

La norma definisce le violazioni della stessa indole attraverso la recezione del

disposto dell’art. 101 del codice penale, adattandone il contenuto alle sanzioni

amministrative. Le violazioni sono conseguentemente qualificate come aventi la

stessa indole, quando costituiscono:

- violazioni della stessa disposizione:

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- ovvero, anche violazioni di disposizioni diverse, che presentino una sostanziale

omogeneità o caratteri fondamentali comuni, tenuto conto della natura dei fatti che

le costituiscono ovvero per le modalità della condotta.

La reiterazione è qualificata come specifica, se riguarda la stessa disposizione e

generica, negli altri casi. Le violazioni successive alla prima non rilevano a tali fini,

quando siano commesse a breve distanza di tempo e siano riconducibili ad un unico

disegno programmatico.

Gli effetti della reiterazione sono determinati dalla legge (con un aumento della

sanzione); essi non si verificano quando la sanzione sia pagata in misura ridotta

ovvero quando sia stato annullato il provvedimento di irrogazione della precedente

sanzione.

Quanto al principio di specialità, l’art. 9 stabilisce che quando un fatto sia punito con

una sanzione penale ed una amministrativa, si applica quella speciale (criterio,

questo, alquanto discutibile per la sua genericità). Per talune violazioni, previste

dalla legge 30 aprile 1962, n. 283, in materia di disciplina degli alimenti, viene

peraltro specificato che quando il fatto sia punito con la sanzione amministrativa e la

sanzione penale, si applichi soltanto la disposizione penale.

Il limite minimo delle sanzioni amministrative è stato fissato in Lire 12.000 (e non più

in Lire 4.000).

In base all’art. 12 della Legge 689/1981, le modifiche sopra richiamate alla disciplina

generale delle sanzioni amministrative sono applicabili anche nel caso in cui queste

non siano state previste in sostituzione di una sanzione penale (quindi anche in

materia tributaria).

6. La depenalizzazione di reati tributari non previsti dal D.L. n. 429/1982

conv. nella Legge n. 516/1982 e successive modificazioni.

La depenalizzazione dei reati tributari diversi da quelli previsti in materia di imposte

dirette e di IVA è stata operata con gli artt. 24 (relativamente al principio di non

ultrattività delle sanzioni abrogate), 25 (che prevede la depenalizzazione dei reati di

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contrabbando doganale), 26 (per modificare la disciplina del contrabbando abituale)

e 27 (per una depenalizzazione specifica in materia di IVA).

L’art. 24 del D.Lgs. n. 507/1999 abroga definitivamente l’art. 20 della legge 7 gennaio

1929, n. 4, che prevedeva la cosiddetta ultrattività delle sanzioni tributarie,

amministrative e penali – intesa come applicabilità delle sanzioni previste al

momento della violazione, anche quando queste fossero successivamente abrogate;

in precedenza, l’art. 20 era stato abrogato con il D.Lgs. n. 472/1997, limitatamente

alle sanzioni amministrative, oggetto specifico di tale decreto.

L’abrogazione ha portata generale per tutti i tributi, ancorché, in materia di

depenalizzazione delle sanzioni penali previste in materia di imposte sui redditi e di

IVA, la non-ultrattività debba trovare ancora una definitiva conferma; lo stesso

articolo 24 esclude tuttavia che, in applicazione di tale principio, si possa chiedere il

rimborso di sanzioni pagate.

L’art. 25 pone una soglia per depenalizzare i reati minori in materia di contrabbando

doganale, specificatamente indicati, inserendo un articolo n. 295-bis nel testo unico

delle leggi doganali approvato con il DPR 13 gennaio 1973 n. 43, soglia costituita da

un ammontare di diritti di confine pari a Lire 7.000.000. Si può quindi beneficiare

della depenalizzazione solo quando detti diritti non superino tale importo, e in tali casi

si applicherà una sanzione amministrativa da 2 a 10 volte i diritti di confine evasi.

Il beneficio non può essere concesso in presenza delle circostanze aggravanti del

contrabbando previste dall’art. 295, comma 2, del testo unico, con applicazione della

pena della reclusione da 3 a 5 anni.

L’ultimo comma dell’art. 25 esclude dalla depenalizzazione il contrabbando di

tabacchi lavorati esteri, in relazione alla recrudescenza di questo e di altri reati

commessi dalla malavita organizzata, quali il traffico illecito di stupefacenti e di armi.

La depenalizzazione “speciale” in materia di IVA concerne il reato previsto dall’art. 2,

comma 26, del D.L. 19 dicembre 1984, n. 83, che riguardava i soggetti forfetari

previsti dalla cosiddetta legge Visentini-ter, che avessero effettuato acquisti senza

applicazione dell’IVA, con previsione di sanzioni diverse, a seconda che gli acquisti

fossero superiori o inferiori a Lire 10 milioni. La sanzione amministrativa ora prevista

varia da lire 4 milioni a 20 milioni di Lire per acquisti senza applicazione dell’IVA

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Riforma della disciplina sanzionatoria relativa agli assegni bancari

e postali mediante depenalizzazione e modifiche dei reati vigenti

(titolo V, artt. 28 a 37 del D.Lgs. n. 507/1999)

E’ articolata in 4 parti:

A. Ipotesi depenalizzate e sanzioni relative.

1. Emissione di assegni senza autorizzazione

2. Emissione di assegno senza provvista

- sanzioni amministrative pecuniariee accessorie per le due ipotesi

- disciplina dei procedimenti relativiall’applicazione delle sanzioniamministrative

B. Sanzioni penali modificate.

1. Dichiarazioni false all’atto del rilascio dimoduli di assegni

Sanzioni penali previste per delitti.

2. Rilascio di moduli di assegni apersona interdetta

C. Revoca delle autorizzazioni ademettere assegni e responsabilità deltrattatario

- Riferimenti all’archivioinformatizzato

D. Istituzione di archivio informatizzatopresso la Banca d’Italia per assegnibancari postali e carte di pagamentoirregolari.

Con due regolamenti da emanare

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Riforma della disciplina sanzionatoria relativa agli assegni

bancari e postali mediante depenalizzazione e

modifiche dei reati (Titolo V, artt. 28 a 37 del D.Lgs. 507/1999)

A. Ipotesi depenalizzate e relative sanzioni pecuniarie e accessorie.

1. Emissione di assegno senza autorizzazione

Chiunque

- emette assegno bancario o postale

- senza l’autorizzazione del trattario

Nota (1) Autorità competente all’applicazione

della sanzione.

Il prefetto del luogo di pagamento dell’assegno

(art. 30 D.Lgs. 507/1999 che sostituisce art. 4

L. 386/1990)

- Sanzione amministrativa

da Lire 2.000.000 a

10.000.0000 (art. 28,

comma 1, D.Lgs. 507/1999

(Previdente sanzione:

reclusione da tre mesi ad

un anno (art. 1 Legge 15

dicembre 1990, n. 386,

sostituito).

- Se l’importo dell’assegno è

superiore a Lire 20.000.000

o nel caso di reiterazione

delle violazioni, la sanzione

amministrativa si applica

da lire 4.000.000 a

24.000.0000 (art. 23,

comma 2 D.Lgs.

507/1999).

Nei casi suddetti non è

ammesso il pagamento in

misura ridotta ai sensi dell’art.

16 della L. 689/1981 (art. 28,

comma 3, D.Lgs. 507/1999)

- Le sanzioni amministrative

accessorie sono indicate al

punto (3).

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2. Emissione di assegno senza provvista.

Fuori dei casi previsti al precedente punto 1,

chiunque

- emette un assegno bancario o postale

- che, presentato in tempo utile,

- non viene pagato in tutto o in parte per

difetto di provvista.

Nota (1) Autorità competente ad applicare

la sanzione

Il prefetto del luogo di pagamento dell’assegno

(art. 30 D.Lgs. 507/1999, che sostituisce art.

4 legge 386/1990).

Nota (2) Pagamento dell’assegno emesso

senza provvista dopo la scadenza del termine

di presentazione (art. 33, Dlgs 507/1999).

Le sanzioni amministrative non si applicano

se il traente entro 60 giorni dalla data

di scadenza del termine di presentazione del

titolo, effettua il pagamento dell’assegno, degli

interessi, della penale e delle eventuali spese

per il protesto e per la constatazione equivalente.

Pertanto il procedimento, per l’applicazione delle

sanzioni amministrative, non può essere iniziato

prima del decorso del termine suddetto.

- Sanzione amministrativa

da Lire 1.000.000 a Lire

6.000.000 (art. 29, comma

1, D.Lgs. 507/1999)

(previgente sanzione:

multa da Lire 300.000 a

lire 5.000.000 o reclusione

fino a otto mesi).

- Se l’importo dell’assegno

è superiore a Lire 20

milioni o nel caso di

reiterazione, si applica la

sanzione amministrativa

da Lire 2.000.000 a Lire

12.000.000 (art. 29,

comma 2, D.Lgs

507/1999)

- Nei casi suddetti non è

ammesso il pagamento in

misura ridotta ai sensi

dell’art. 16, della L.

689/1981 (artt. 29, comma

3, D.Lgs 507/1999)

- Le sanzioni

amministrative accessorie

sono indicate al punto (3).

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3. Sanzioni accessorie previste per le violazioni

indicate ai punti precedenti 1 e 2 dall’art. 31 del

D.Lgs. 507/1999, che sostituisce l’art. 5 della

legge 386/1999):

Violazioni e sanzioni accessorie

Per le violazioni del punto 1 (emissione senza

autorizzazione del trattario).

Per le violazioni del punto 2, emissione senza

provvista ma nel caso in cui l’importo

dell’assegno, ovvero di più assegni emessi in

tempi ravvicinati e sulla base di una

programmazione unitaria, è superiore a Lire

5.000.000.

Per le violazioni suddette, se l’importo

dell’assegno o di più assegni emessi in tempi

ravvicinati e sulla base di una programmazione

unitaria è superiore a Lire 100.000.000, ovvero

risulta che il traente, nei cinque anni precedenti,

ha commesso due o più violazioni in oggetto per

un importo superiore complessivamente a lire

20.000.000, accertate con provvedimento

esecutivo.

- La sanzione accessoria di

base consistente nel

divieto di emettere

assegni bancari o postali

(1)

- Stessa sanzione

accessoria suddetta (1)

- Applicazione congiunta di

una o più delle seguenti

sanzioni accessorie:

1. interdizione dall’esercizio

di un’attività professionale

o imprenditoriale (2)

2. interdizione da uffici

direttivi delle persone

giuridiche e delle imprese

(3)

3. incapacità di contrattare

con la pubblica

amministrazione (4).

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Effetti e durata delle sanzioni amministrative accessorie (art. 31 D.Lgs. 507/1999

che sostituisce l’art. 5 della legge n. 586/1999).

Con riferimento alle note (1), (2), (3) e (4) sopra indicate:

1. il divieto non può avere una durata inferiore a 2 anni se superiore a 5 anni;

2. l’interdizione non può avere una durata inferiore a 2 mesi, se superiore a 2

anni e comporta la privazione della capacità di esercitare una professione,

industria o commercio, per i quali è richiesto un permesso o una speciale

abilitazione, autorizzazione o licenza dell’autorità;

3. l’interdizione non può avere una durata inferiore a due mesi, né superiore a 2

anni e comporta per il soggetto l’incapacità di esercitare l’ufficio di

amministratore, sindaco, liquidatore e direttore generale, nonché ogni altro

ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica e

dell’imprenditore;

4. l’incapacità comporta il divieto di concludere contratti con la pubblica

amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio,

per la stessa durata non inferiore a 2 mesi e non superiore a 2 anni.

Competenza ad applicare le sanzioni accessorie.

Competente è lo stesso Prefetto competente ad applicare la sanzione amministrativa

pecuniaria, il quale, nel determinare le sanzioni accessorie, tiene conto della gravità

dell’illecito e dell’importo dell’assegno o degli assegni emessi.

La inosservanza delle sanzioni amministrative accessorie costituisce delitto

(art. 22 D.Lgs. 507/1999, che sostituisce l’art. 7 della legge 386/1990).

Costituisce delitto, punito con la reclusione da 6 mesi a tre anni, sia l’inosservanza

dei divieti conseguenti alle sanzioni accessorie (non pecuniarie) previste dall’art. 5

sostituito, nonché per la inosservanza della sanzione accessoria prevista per il delitto

delineato (pubblicazione della sentenza e divieto di emettere assegni bancari e

postali per un periodo non inferiore a 2 anni, né superiore a cinque anni).

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Procedimenti per l’applicazione delle sanzioni amministrative.

Sono previsti dall’art. 8-bis inserito nella legge 386/1990 dall’art. 33 del D.Lgs.

507/1999, e per quanto da esso non previsto dalle disposizioni contenute nelle

sezioni I e II del capo I della legge generale 24 novembre 1981, n. 689.

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B. Sanzioni penali riconsiderate e aggiornate con le nuove disposizioni

(art. 37 del D.Lgs. n. 507/1999 che sostituisce gli artt. 124 e 125 del R.D.

21 dicembre 1993, n. 36 e successive modificazioni).

1. Dichiarazioni false all’atto del rilascio di

moduli di assegni.

Per il richiedente che dichiari di non essere in alcun

modo interdetto dall’emissione di assegni, qualora

vengano rilasciati uno o più moduli di assegni.

- Reclusione da 6

mesi a due anni (art.

37 comma 1 D.Lgs.

507/1999)

2. Rilascio di moduli di assegni a persona

interdetta.

Per il dipendente responsabile, che rilascia moduli di

assegni bancari o postali senza accertarsi che il

richiedente sia interdetto, sulla base dei dati

risultanti dall’archivio informatico.

- reclusione fino a 1

anno salvo che il

fatto non costituisca

più grave reato (art.

37, comma 2, D.Lgs.

507/1999).

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C. Revoca delle autorizzazioni ad emettere assegni e responsabilità del

trattario.

Sono previste dagli artt. 34 e 35 del D.Lgs. 507/1999, che modificano rispettivamente

gli artt. 9 e 10 della legge 15 dicembre 1990, n. 386.

In particolare:

- la revoca comporta il divieto, della durata di 6 mesi, per qualunque banca e

ufficio postale di stipulare nuove convenzioni di assegno con il traente e di

pagare gli assegni tratti dal medesimo dopo l’iscrizione all’archivio

informatico, anche se emessi nei limiti della provvista;

- la revoca di ogni autorizzazione di emettere assegni è determinata dalla

iscrizione nell’archivio informatico del nominativo del traente, in caso di

mancato pagamento, in tutto o in parte, di un assegno per mancanza di

autorizzazione o di provvista;

- la revoca è preceduta da un preavviso di revoca, mediante comunicazione

del traente da parte del trattario, della iscrizione nell’archivio, se non venga

effettuato il pagamento nel termine previsto, invitandolo anche a restituire tutti

i moduli di assegni in suo possesso.

La responsabilità del trattario:

- sussiste qualora omette o ritarda l’iscrizione nell’archivio informatico ovvero

autorizza il rilascio di moduli di assegni in favore di persona iscritta

nell’archivio;

- consiste nella obbligazione solidale con il traente a pagare gli assegni emessi

dallo stesso traente nel periodo in cui avrebbe dovuto operare la revoca,

anche se manca o è insufficiente la provvista, nel limite di 20 milioni per

assegno.

D. Istituzione dell’archivio informatico degli assegni bancari e postali e delle

carte di pagamento irregolari.

Previsto mediante l’inserimento dell’art. 10-bis nella legge 15 dicembre 1990, n. 386,

con l’art. 34 del D.Lgs. n. 507/1999, l’archivio informatico è istituito presso la Banca

d’Italia (che può avvalersi anche di gestore esterno), per inserirvi i seguenti dati:

- generalità dei traenti degli assegni bancari o postali emessi senza

autorizzazione o senza provvista;

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- assegni bancari e postali emessi senza autorizzazione o senza provvista;

ovvero assegni non restituiti alle banche e agli uffici postali dopo la revoca

dell’autorizzazione;

- sanzioni amministrative e accessorie applicate nonché sanzioni penali

connesse ai divieti;

- generalità dei soggetti per le quali è stata revocata l’autorizzazione ad

emettere assegni;

- carte di pagamento per le quali sia stata revocata l’autorizzazione all’utilizzo;

- assegni bancari o postali e carte di pagamento, di cui sia stato denunciato il

furto o lo smarrimento.

L’accesso all’archivio è ammesso agli interessati (secondo l’art. 13 della legge 31

dicembre 1996 n. 675) a prefetti, banche, intermediari finanziari vigilati e uffici postali,

nonché all’autorità giudiziaria per lo svolgimento delle proprie funzioni.

Sono al riguardo previsti due regolamenti:

- entro 150 giorni dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 507/1999 un primo

regolamento relativo alle modalità di trasmissione di dati all’archivio e al loro

trattamento da parte della Banca d’Italia, e alla loro consultazione;

- entro 30 giorni dal precedente regolamento, un secondo regolamento di

attuazione della Banca d’Italia, che disciplina le modalità e le procedure

relative alle attività previste dal primo regolamento.