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N. 262, LUGLIO 2014/ MENSILE, POSTE ITALIANE SPA, SPED. ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1 COMMA 1 - DCB ROMA ISSN 1974-2681 ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA ISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI www.accademia1953.it C IVILTÀ DELLA T AVOLA ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

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ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI

www.accademia1953.it

CIVILTÀDELLATAVOLAACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

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CARI ACCADEMICI...

3 Cucine territoriali e diversità genetica (Giovanni Ballarini)

FOCUS

5 la pizza Margherita: un compleanno amaro! (Paolo Petroni)

CULTURA & RICERCA

6 Conosciamo le nostre radici

9 storione: pesce o dolce? (Luigi Marini)

11 Cosa sono le “moeche” (Pietro Fracanzani)

12 Cucina francese-cucina cisalpina: una lunga storia di dare e avere (Maria Emilia Moro Maisano)

14 il vitto all’istituto san Michele di roma (Maria Attilia Fabbri Dall’Oglio)

16 Oryza sativa (Francesco Franchi)

26 la carne podolica in Puglia (Antonella Caroli Angiuli)

27 escoffier “alla napoletana” (Claudio Novelli)

29 una cena nell’antico egitto (Maria Cristina Guidotti)

31 la semplicità in cucina (Donato Pasquariello)

33 gli statuti cinquecenteschi tra commercio e tavola marinara (Pino Jubatti)

35 il prosciutto cotto di trieste (Giuliano Relja)

37 le uova, tra mitologia e attualità (Publio Viola)

39 granite, sorbetti e gelati (Nicola Barbera)

41 la vecchia parmigiana con il trito di cavallo (Gioacchino Giovanni Iapichino)

CENTRO STUDI “FRANCO MARENGHI”

8 guardando all’expo 2015 (Silvia De Lorenzo)

I NOSTRI CONVEGNI

18 le vie del latte (Milly Pati Chica)

19 gastronomia: ricerca della verità (Maurizio Campiverdi)

20 il cibo come metafora del vivere (e del sopravvivere) (Maria Cristina Carbonelli di Letino)

22 orio Vergani (Ada Gigli Marchetti)

SICUREZZA & QUALITÀ

43 adamo ed eva a tavola (Gabriele Gasparro)

LE RUBRICHE

4 Calendario accademico38 accademici in primo piano44 in libreria45 dalle delegazioni56 Vita dell’accademia75 Carnet degli accademici77 international summary

L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAè stata fondata nel 1953 da orio Vergani

e da luigi Bertett, dino Buzzati traVerso, Cesare Chiodi, giannino Citterio, ernesto donà

dalle rose, MiChele guido franCi, gianni MazzoCChiBastoni, arnoldo Mondadori, attilio naVa,

arturo orVieto, seVerino Pagani, aldo Passante, gian luigi Ponti, giò Ponti, dino Villani,

edoardo VisConti di Modrone, Con MassiMo alBerini e VinCenzo Buonassisi.

In copertina: elaborazione grafica di un particolaredell’opera “Natura morta con frutta” di Severin Roe-sen (1815-1872) esposta al New Britain Museum ofAmerican Art, New Britain, Connecticut, USA.

In copertina appare un Codice QR o QR Code, cioè uno di quei codici a barre con la forma quadrata che possono essere letti tramite le fotocamere dei cellulari edegli smartphone Android e iPhone. Quando trovate un QR Code potrete usare un’applicazione del vostro iPhone o smartphone con la fotocamera per deco-dificarlo e vedere cosa nasconde. Per leggere i codici QR è necessaria anche un’applicazione per la scansione, da installare sullo smartphone Android o suiPhone, che permette, puntando la fotocamera sul codice, di estrarre e decodificare le informazioni. Su Android potrete utilizzare, per esempio, la app BarCo-de Scanner, mentre su iPhone e iPad potrete scegliere I-Nigma oppure QR Reader. Basta far leggere a tablet o smartphone il codice QR in copertina, e imme-diatamente il dispositivo si collega al sito dell’Accademia. Dai prossimi numeri della rivista poi, con i QR Code che verranno pubblicati, potrete accedere a nuovie interessanti contenuti interattivi del sito dell’Accademia.

S OMM A R I O

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I COORDINATORI TERRITORIALI

Piemonte Area Est Mario tuccillo

Piemonte Area Ovest Mauro felice frascisco

Liguria Paolo lingua

Lombardia Area Est giuseppe Masserdotti

Lombardia Area Ovest dino Betti van der noot

Alto Adige ottokar Polasek

Veneto renzo rizzi

Friuli - Venezia Giulia renzo Mattioni

Emilia gianni negrini

Romagna gianni Carciofi

Toscana Area Est roberto doretti

Toscana Area Ovest franco Milli

Marche Mauro Magagnini

Umbria guido schiaroli

Lazio (Roma) gabriele gasparro

Lazio (Altre province) Massimo Borghetti

Abruzzo Paolo fornarola

Molise giovanna Maria Maj

Campania Mario de simone

Puglia Area Nord luigi altobella

Puglia Area Sud alessandro Corso

Basilicata antonio Masella

Calabria francesco Menichini

Sicilia Orientale Mario ursino

Sicilia Occidentale Cinzia Militello di Castagna

Sardegna Maria gabriella guiso

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C ari accademici, una recenteacquisizione scientifica gettanuova luce, con importanti

riflessi interpretativi, su una caratte-ristica della cucina in italia ossia lasua elevata e, per fortuna, persistentediversità in territori ristretti, tanto daessere definita microdiversità.nonostante l’urbanizzazione, la mas-sificazione selvaggia della nostra so-cietà, l’industrializzazione agroalimen-tare, l’invasiva diffusione della grandedistribuzione organizzata e soprattuttodella grande ristorazione, l’italia restauno dei paesi con la massima diversitàalimentare.la persistenza dei piatti regionali eterritoriali, diversi anche sulle piccoledistanze spesso misurate a una giornatadi cammino, sembra quasi un miracolodi resistenza, ed è una fragile ricchezzache strenuamente persiste e resiste difronte alla mondializzazione e alla

globalizzazione alimentare. solita-mente, nel passato e ancora oggi, siattribuisce l’estrema varietà delle cu-cine italiane alla grande irregolaritàed eterogeneità del territorio, che,dalle alpi alla sicilia, ha una straordi-naria diversità di climi, tipi di territori,nicchie ecologiche e paesaggi. la com-plessa orografia italiana è invocataquale base di barriere, divisioni fisichee frammentazioni.Queste quasi inesauribili varietà di con-dizioni incidono sulle tipologie e varietàdi vegetali e animali, quindi sulle qualitàdelle cucine, ma anche sui processi dipopolamento umano, antichi e recenti,quindi sulle culture di cui la cucina èespressione o specchio.se l’italia è suddivisa in una miriadedi nicchie biologiche e culturali, altempo stesso è stata e rimane un in-comparabile territorio di passaggio dipopoli e un Paese attraversato da flussimigratori che producono mescolamen-ti, contaminazioni e ibridazioni.a un continuo bilanciamento tra fe-nomeni fisico-geografici d’isolamento,e di mescolamento culturale, è di solitoattribuita l’innumerevole microdiversitàitaliana in termine di lingue e dialetti,prodotti agricoli, tradizioni sociali, ar-tigianali e non da ultimo anche culi-narie.Questa diversità è messa a rischio dalsuperamento dell’isolamento territo-riale e dall’omologazione culturale?e perché oggi si mantiene, anzi paresvilupparsi, una ricerca di biodiversitàalimentari e culinarie? due caratteri-stiche che sembrano quasi tipiche del-l’italia e che hanno suscitato l’interesse

di ricercatori i quali hanno cercatonuove e, per certi aspetti, inusitatestrade di spiegazione.ricercatori di quattro università italiane- Bologna, Cagliari, Pisa e roma “sa-pienza” - si sono posti la domanda sela variabilità biologica e culturale ita-liana non abbia anche un’altra base,più profonda, in un’altrettanto riccavariabilità genetica, che persiste neltempo.Come si legge in un recente articolodi M. Capocasa e collaboratori (Journalof Anthropological Sciences, volume92, 2013), la risposta non solo è af-fermativa, ma è andata oltre il previsto,dimostrando che la diversità genetica,riscontrata nella popolazione italiana,è superiore a quella che vi è nell’interaeuropa. Per esempio, nell’ambito dellepopolazioni del Veneto o della sarde-gna, e quindi entro poche decine dichilometri, vi è una diversità geneticasuperiore a quella che vi è in europatra portoghesi e ungheresi, oppuretra spagnoli e rumeni, che distanomolte centinaia se non migliaia di chi-lometri.l’origine dell’elevata microdiversitàitaliana si ritiene derivi dal congiuntooperare dei flussi migratori che hannopercorso la penisola e dalla segrega-zione indotta dalle caratteristiche ter-ritoriali.la risultante, elevata diversità geneticasarebbe alla base della creatività e del-l’adattabilità italiane, ma dà anche unnuovo volto all’origine e alla persistenzadelle cucine territoriali che sono ca-ratteristiche dell’italia.la variabilità genetica, infatti, inter-

La grande diversità genetica delle popolazioni italiane contribuisce al mantenimentodelle differenze delle cucine territoriali.

Cucine territoriali e diversità genetica

DI GIOVANNI BALLARINIPresidente dell’Accademia

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ferisce anche sull’apprezzamento sen-soriale ed è un nuovo campo d’inda-gine, la nutrigenetica, che si affiancaalla psicodietetica.anche se la genetica del gusto suscitamolto interesse, e nella nutrigeneticavi sono numerosi aspetti da approfon-dire, oggi sappiamo che le variazionigenetiche nella percezione dei sapori,e quindi nella formazione del gusto,

contribuiscono fortemente a determi-nare le diverse preferenze alimentari.sulla base delle attuali conoscenze,dobbiamo dunque ritenere che, nelcorso dei tempi, in ogni singola ristrettaarea italiana si è formata una miriadedi isole nelle quali una genetica parti-colare si è correlata a un’altrettantopeculiare caratteristica degli alimentie soprattutto del modo di combinarli

e trasformarli in alimento, quindi difare cucina.Questo nuovo modo di vedere le cento,mille cucine italiane permette di dareuna nuova dimensione alla ricerca ga-stronomica, anche come strumento diconoscenza di un’ancora nascente an-tropologia alimentare italiana.

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C A R I A C C A D EM I C I . . .

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SETTEMBRE

6 settembre - AstiConvegno “La cucina piemontesedell’Unità d’Italia: grandi chef del tempo. Riflessi sulla cucina moderna”

13 settembre - Coordinamento Territoriale Marche 49a edizione Premio Verdicchiod’Oro “Vino e cucina: un perfettoconnubio nella storia antica e moderna”

20 settembre - PineroloCinquantennale della Delegazione Convegno “Dalla cucina del Medioevo al cibo postmoderno”

26-27 settembre - FoggiaCinquantennale della Delegazione Convegno “Transumanar m’è dolce:la transumanza in Capitanata”

27 settembre - Delegazioni del Comprensorio DolomiticoConvegno “Dolomiti Unesco a tavola”

OTTOBRE

2 ottobre - CivitavecchiaTrentennale della Delegazione

4 ottobre - TigullioCinquantennale della Delegazione

11 ottobre - Maremma-PresidiConvegno “Incontro Italia-Francia: affinità e differenze tra le due grandi cucine”

16 ottobre - Cena ecumenica“La Cucina del riso”

16 ottobre - La Spezia2a edizione “Premio Delegazione della Spezia” per Istituto Alberghiero Ipssar “G. Casini”

16 ottobre - Pisa7a edizione “Premio Delegazione di Pisa” per Istituto Alberghiero Ipssar “G. Matteotti”

NOVEMBRE

8 novembre - Pisa ValderaConvegno “Le spezie e gli aromi in

cucina”

22 novembre - Milano NavigliDecennale della DelegazioneConvegno “Filosofia della cucina, estetica della tavola: un unico mondo, in divenire”

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI ACCADEMICHE 2014

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F O C U S

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Tradita da ingredienti scadenti e improvvisati pizzaioli, la pizza più conosciuta nel mondo è sempre meno italiana.

La pizza Margherita: un compleanno amaro!

DI PAOLO PETRONISegretario Generale dell’Accademia

Nello scorso mese di giugno, la celebre pizza Mar-gherita ha compiuto 125 anni di vita! Con unalettera del giugno 1889, inviata dal capo dei ser-

vizi di tavola della real Casa, si convocava, a Palazzo Capo-dimonte, il cuoco della pizzeria Brandi affinché preparasse,per sua Maestà la regina Margherita, le sue squisite pizze;in quell’occasione il pizzaiolo le dedicò la famosa pizza tri-colore, che poi prese il suo nome. ancora oggi è la più ri-chiesta assieme alla “marinara” (solo pomodoro, aglio eorigano) e alla “napoli” con capperi e acciughe sotto sale.la pizza napoletana in generale è stata riconosciuta dallaComunità europea, nel 2010, quale specialità tradizionalegarantita (stg) e nel 2011 è stata presentata dall’italia co-me candidata al riconoscimento unesco, come patrimonioimmateriale dell’umanità. Per il 40% degli italiani la pizza è il piatto simbolo del Bel-paese ed è la parola italiana più conosciuta all’estero, se-guita da cappuccino, espresso e spaghetti. tutto bene, dun-que. Purtroppo no. la pizza di casa nostra è sempre menoitaliana ed è fatta quasi sempre molto male, nonostante leregole dettate dalle associazioni e i tanti corsi per i pizzaio-li. in italia sembra ci siano almeno 50mila pizzerie, un nu-mero enorme, che però sfornano pizze quasi sempre delu-denti. Premesso che dopo l’hamburger la pizza è il prepara-to più difficile da fare (nessuno dei due è peraltro riprodu-

cibile nelle cucine di casa), i problemi risiedono sia negliingredienti sia nelle modalità di esecuzione. la situazionerelativa agli ingredienti è drammatica: mozzarelle ottenutenon dal latte ma da semilavorati industriali dell’est europa,pomodoro cinese o americano, olio di oliva tunisino e spa-gnolo o addirittura olio di semi e farina francese, tedesca oucraina. secondo la Coldiretti, solo nel 2013, sono stati im-portati in italia ben 481 milioni di chili di olio di oliva esansa, oltre 80 milioni di chili di cagliate per mozzarelle,105 milioni di chili di concentrato di pomodoro, dei quali58 milioni dagli usa e 29 milioni dalla Cina, e 3,6 miliardidi chili di grano tenero con una tendenza all’aumento del20% nei primi due mesi del 2014. Qualcuno userà tuttaquella roba! Ci sono poi i problemi di lavorazione: fornielettrici, paste non lievitate, acciughe scadentissime, impa-sti troppo sottili, cottura insufficiente per la fretta di serviretanti coperti tutti insieme. la pizza, purtroppo, è anche unmix di difficile digestione: se la mozzarella non è buona, lapasta non è lievitata, il pomodoro è acido, lo stomaco ne ri-sente, per di più aggravato dalla birra che quasi sempre an-naffia il tutto. anche se la pizza non è un piatto cucinato daun cuoco in un ristorante, ma da un pizzaiolo davanti allabocca del forno, l’accademia alza forte il suo grido di dolo-re per lo scempio del simbolo dell’italia.

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BUONE VACANZEGli uffici della Segreteria di Milano resteranno chiusi,

per le vacanze estive, dall’11 al 24 agosto.La Redazione di Roma resterà chiusa dal 2 al 31 agosto.

Un amichevole augurio di buone vacanzea tutti gli Accademici.

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C ontinuando la ricerca sulle no-stre radici, dopo la fondazionenel 1953, cosa sono gli acca-

demici e come si sviluppa l’accademia,soprattutto con l’originale “invenzione”delle delegazioni?Ma cosa sono le accademie?

Accademie e Accademiala nascita delle accademie moderneè strettamente collegata allo sviluppodell’umanesimo, quando gli studiosicrearono delle istituzioni alternativedove coltivare il loro modello di cultura.in italia, queste istituzioni sono so-prattutto le accademie, spesso di pochepersone (l’accademia dei lincei iniziacon quattro accademici) che s’accre-scono sempre per cooptazione. le ac-cademie, inoltre, hanno una sede pro-pria, dove si svolge l’attività accade-mica.in gran parte delle accademie vi sono

due o più categorie di accademici. ac-canto agli accademici ordinari (inscrittinell’ordo, o ordinamento, e dotati dipieni diritti elettivi attivi e passivi),quasi sempre vi sono gli accademiciCorrispondenti, a volte distinti in na-zionali ed esteri, anche questi sempre anumero chiuso e con diritti elettivi as-senti o limitati, a volte requisito neces-sario per un accesso all’ordinariato.l’esistenza di due categorie di accade-mici ordinari e accademici Corrispon-denti deriva dal fatto che l’attività ac-cademica, svolta nella sede dell’acca-demia dagli ordinari, si giova delle let-tere (o corrispondenze) inviate dagliaccademici italiani ed esteri e che sonolette e commentate nelle sedute acca-demiche.in modo analogo, avviene per le Uni-versitas Studiorumdove, accanto ai Pro-fessori ordinari, vi sono quelli straor-dinari e altre categorie, come gli asso-ciati, incaricati, aggregati, a Contratto.anche in questo caso l’entrata dei pro-fessori (quelli che professano un inse-gnamento pubblico) è sempre per co-optazione o “chiamata”, anche se oggiquesta è ristretta tra coloro che hannosuperato un concorso pubblico.in merito alla scelta della qualifica diaccademia, dino Villani racconta di unsuo viaggio a suzzara, dove orio Verganigli parlò per la prima volta della suaidea. scartarono il nome di club “perchéin italia esso non ha quel prestigio dicui gode all’estero, mentre quello di ac-cademia pareva troppo impegnativo eaddirittura iperbolico”. Qualche tempodopo, però, in un nuovo incontro alContinental di Milano, dove intervenneanche ernesto donà dalle rose, con-

cordarono di fermarsi proprio su diesso.

AccademiciPer rispondere alle domande sopra in-dicate, oltre agli statuti e ai regola-menti visti in una precedente noterella,ci aiuta il Comunicato Bimestrale dellaprimavera del 1954 del Presidenteorio Vergani.nella nostra accademia è doveroso ri-conoscere che, fin dall’inizio, e si è vistola volta scorsa in una precedente note-rella, in modo analogo a tutte le altreaccademie, vi sono tre categorie di ac-cademici, facendo la debita e importantepremessa che tutti hanno gli stessi dirittie doveri nei riguardi della partecipazionealle attività culturali.nella nostra accademia vi sono, infatti,gli accademici del Corpo accademicoo Consultori, gli accademici delegatie gli accademici delle delegazioni.Che anche questi ultimi possano fre-giarsi del titolo di accademici risultadal regolamento del biennio 1977-1979 che all’art.1 precisa: “Gli iscrittia ciascuna delegazione devono esserealmeno sei e hanno il diritto alla qualificadi accademico”.Costante era, e ancora oggi prevale, ilcriterio di cooptazione accademica, chesi svolge con scelte dall’alto al basso enon dal basso all’alto.e fin qui siamo nel pieno del migliorespirito accademico italiano, poi copiatoin tutto il mondo, ma una vera innova-zione che dobbiamo a orio Vergani èquella delle delegazioni.

Delegazioni: un’idea vincentea poco più di sei mesi di vita dell’acca-

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C U LT U R A & R I C E R C A

Noterelle sull’Accademia delle origini (seconda parte).

Conosciamo le nostre radici

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C U LT U R A & R I C E R C A

PAGINA 7

demia, sono già costituite e hanno ini-ziato la loro attività nove delegazioni,con ambiti territoriali diversi, come ri-sulta dalle loro denominazioni, a volteregionali, altre volte cittadine e chequindi vale la pena qui indicare.accanto alle delegazioni regionali dellaliguria, abruzzo e Puglie, vi è quelladella romagna, regione culturale anchese amministrativamente legata all’emilia,dove non vi è ancora alcuna delegazione(sarà poi quella stabilita a Parma). ledelegazioni cittadine sono quelle di Vi-cenza, treviso (anche per Belluno e Ca-dore, si precisa), trieste (in collegamentocon gorizia), firenze e torino.nello stesso periodo è in corso di crea-zione una delegazione per roma.Può parere strano che non vi sia alcuncenno per una delegazione a Milano,una apparente anomalia che possiamocomprendere, almeno inizialmente,sulla base di quanto indicato a proposito

delle accademie e degli accademiciCorrispondenti.se a Milano vi è la sede dell’accademia,non sarebbe possibile avere dei delegati(assimilabili agli accademici Corrispon-denti delle altre accademie)? a Milanosi è solo accademici Consultori.Come nasce l’idea di delegazioni, chenon trovavano riferimento in altre ac-cademie, e che solo di recente alcunedi queste (vedi quella dei georgofili)hanno attuato? un importante indizioviene dal Comunicato Bimestrale del1954, nel quale leggiamo quanto segue.“Come prima nostra attività è stata di-sposta la pubblicazione di una primaguida della Cucina regionale italiana,recante 10-15 ricette Classiche per re-gione. la pubblicazione avrà certo suc-cesso poiché è già stata richiesta dalMinistero Commercio esteri, e ha l’ap-poggio dell’alto Commissariato del tu-rismo, e dell’e.n.i.t.”.

la regionalità della cucina italiana èstata senza dubbio alla base della co-stituzione di delegazioni nelle qualiconcentrare l’attività culturale degliaccademici, scartando il meccanismotradizionale degli accademici Corri-spondenti presenti nelle altre accade-mie, e che, in seguito, vedrà prevalereun criterio di città con il suo territorio,e non di regione, in un’italia dei centoComuni.in modo analogo, l’elevata differenzia-zione territoriale delle cucine italianeha giustamente portato alla denomi-nazione di accademia italiana della Cu-cina e non accademia della Cucina ita-liana, ma soprattutto ha indotto a su-perare il problema di un numero chiusodegli accademici delegati e accademicidelle delegazioni, pur mantenendo chiu-so quello degli accademici del Corpoaccademico o Consultori.

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PREMIO GIOVANNI REBORAIl Presidente Giovanni Ballarini ha vinto la terza edizione del premio “Giovanni Rebora” quale riconoscimento “alla car-riera”. Prima di lui, nelle precedenti edizioni, erano stati premiati Massimo Montanari e Folco Portinari. Il premio con-siste in un singolare “oggetto”, un prezioso e storico utensile da cucina, ossia il testo di rame per cucinare la squisita “fo-caccia con il formaggio”, specialità di Recco e particolarmente pregiata quella dello storico ristorante “Manuelina” (ol-tre 150 anni di attività, sempre gestito dalla stessa famiglia), il cui titolare Giovanni Carbone è il fondatore e lo sponsordel premio. Carbone ha consegnato, insieme al Presidente della Giuria, Paolo Lingua, il “testo” - che reca incisi i nomidei premiati e il logo della “Manuelina” - nel corso d’una serata festosa, con oltre cento ospiti qualificati che hanno affol-lato il salone del ristorante. Il Presidente Ballarini ha ricambiato Carbone consegnandogli la medaglia dell’Accademia,riconoscimento riservato a chi tutela e valorizza la cucina italiana.A congratularsi con il Presidente, c’era, commosso, Federico Rebora, biologo marino, figlio primogenito di Giovanni Re-bora che accompagnava la madre Anna. L’idea di celebrare Giovanni Rebora è venuta, poco dopo la sua scomparsa, ol-tre che dai famigliari, anche da un gruppo di amici e di estimatori tra i quali appunto Carbone e Lingua. Giovanni Re-bora (1932-2007) era docente di Storia Economica all’Università di Genova; i suoi interessi spaziavano - per la storiadei traffici marittimi, degli scambi internazionali, della storia agraria - dal Medioevo all’età moderna e contempora-nea. Il suo primo lavoro di rilievo scientifico era stato uno studio sulla produzione e sul commercio dello zucchero, pecu-liare monopolio dei genovesi. Nell’ultimo quindicennio della sua vita, Giovanni Rebora, Accademico onorario della De-legazione di Genova Est, accentuò il suo interesse per la storia della cucina che completò con il saggio più famoso, tra-dotto in molte lingue, “La civiltà della forchetta” edito da Laterza.Insieme a Giovanni Ballarini, che ha ripercorso la propria vicenda con grande ironia, dichiarandosi disponibile a nuoviruoli e a nuove esperienze, la giuria ha premiato anche lo storico inglese (dell’University College di Londra) John Dickieper il volume “Con gusto” (Laterza) e la giovane ricercatrice Alice Mortarotti per un saggio sulla viticultura in Ligurianel XIII secolo. Nel corso della serata, oltre allo staff della “Manuelina”, guidato da Marco Penati, che ha predisposto unsontuoso “aperitivo”, si sono esibiti in cucina ospiti prestigiosi quali Filippo Chiappini Dattilo dell’“Antica Osteria delTeatro” di Piacenza e Luisa e Franco Casella della “Locanda dei Beccaria” di Montù Beccaria. (Paolo Lingua)

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È il Presidente giovanni Ballarini,dopo i saluti, a soffermarsi sulsuccesso, ma anche sui conte-

nuti della recente assemblea straordi-naria dei delegati e del successivo fo-rum che si sono svolti a rimini. le mo-difiche apportate al regolamento e allostatuto (approvato all’unanimità), ri-corda il Presidente, rappresentano unnecessario adeguamento alla continuaevoluzione delle norme che regolanoil funzionamento dell’accademia, in-serita in una società che cambia. l’isti-tuzione, pur mantenendo saldi i suoiobiettivi iniziali, si è evoluta nei numeri(da 30/60 membri iniziali agli 8000attuali), nell’organizzazione interna(costituzione di organi Centrali e ter-ritoriali: CsfM, Cst ecc.) e nelle mol-teplici attività (convegni, collaborazionicon enti, università, accademie): giusto,quindi, adeguare gli strumenti cui at-tenersi per trovare un equilibrio tra ra-

dici e rinnovamento. a questo proposito,il Presidente del Centro studi, PaoloPetroni, sottolinea l’approvazione, nelnuovo statuto, della durata di tutte lecariche degli organi accademici, por-tata da 2 a 3 anni, a partire da maggio2015 (assemblea ordinaria) e ricordal’inserimento del nuovo premio intito-lato a Massimo alberini, assegnato adesercizi commerciali che offrono pro-dotti (provati e giudicati direttamentedalle delegazioni) rispettosi della tra-dizione locale (negozi con laboratorio,gelaterie ecc.).due, infine, gli argomenti (strettamenteconnessi tra loro), oggetto di molti in-terventi: il ricettario e l’expo.Per quanto riguarda il primo, si sonoavvicendati il Presidente del Centrostudi, Paolo Petroni, e Carla Chiaramoniper definire lo stato dell’arte e le solu-zioni ai vari problemi riscontrati nelcorso dello svolgimento dei lavori. sepuò ormai dirsi conclusa la prima fase(quella dell’acquisizione di tutte le ri-cette), si passa adesso alla ricerca del-l’uniformità di termini e procedimenti(da non sottovalutare il problema delledefinizioni dialettali e della sommarietàdi alcune preparazioni). Qual è la solu-zione? Verranno rinviati i testi, suddivisiper regione, con evidenziate le mancanzeo le difformità, in mododa ricevere indietro, en-tro un mese, gli elabo-rati corretti.il Presidente Ballariniparte proprio dall’im-portanza del ricettario,che costituirà, all’inter-no dell’expo, un ele-mento importante che

definisce, in modo autorevole, il ruoloche svolge l’accademia nel dare un’iden-tità alla cucina italiana (perché è proprioattraverso le ricette della tradizioneche l’italia, che non è rappresentata dauno specifico prodotto, può dare identitàalla sua cucina). la ricetta ha un valoreculturale, come espressione della societàe del suo modo di utilizzare e trattareil cibo. Proprio grazie a questo stru-mento, che rappresenta come l’acca-demia intende l’alimentazione tradi-zionale italiana, si potrà essere presentia convegni ed eventi in collaborazionecon enti, Ministeri e istituzioni. tuttavial’expo, prosegue il Presidente, non èsolo Milano: in tutte le regioni sonopreviste attività volte a interpretare iltema “nutrire il pianeta”, e da qui l’invitoalle delegazioni a offrire il loro contri-buto sviluppando tutti gli aspetti chel’obiettivo dell’expo pone. nutrire il pia-neta non vuol dire solo dar da mangiareo salute ai popoli, ma considerare l’im-patto ecologico e la sostenibilità del-l’agricoltura, dell’energia, delle produ-zioni, della gestione degli sprechi.Conclude l’incontro Paolo Petroni, conl’invito a proporre gli argomenti tra iquali scegliere il tema dell’anno e dellaprossima cena ecumenica.

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C E N T RO S T UD I “ F R A NCO M A R E NGH I ”

DI SILVIA DE LORENZO

Il Centro Studi si è riunito per affrontare gli importanti obiettivi che vedrannol’Accademia impegnata il prossimo anno: dal Ricettario al grande appuntamento milanese, al tema della cena ecumenica.

Guardando all’Expo 2015

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I n una splendida posizione colli-nare, Canzano, in provincia di te-ramo, ha raggiunto grande noto-

rietà per la sua tradizionale arte del ri-camo e, ancor più, per alcuni piattitipici, come il “tacchino alla canzanese”,raffinatissimo e noto anche oltre iconfini nazionali.narrano le storie che, tanto tempo fa,sempre nel piccolo comune di Canzano,c’era un marito infedele che molto spes-so rientrava a notte inoltrata. alle ri-petute domande della povera mogliein attesa, che chiedeva dove fosse stato,l’infedele rispondeva che era stato amangiare il pesce. una sera, mentrel’uomo si accingeva ad uscire per “an-dare a mangiare il pesce”, la signora lotrattenne dicendo “stasera il pesce l’hopreparato io” e ne mise uno grande

sulla tavola dalla forma di uno storione,che in realtà era uno splendido dolce.le cronache non ci danno a sapere sequesto abile stratagemma sia riuscitoa sedurre il marito fedifrago e a ridurrele uscite serali, ma in compenso, è ri-masto questo meraviglioso dolce, uniconel suo genere, la cui laboriosa prepa-razione ne fa ormai un altro piatto invia di estinzione. leggende a parte, undato è certo: lo storione è un dolcenato a Canzano, paese dedito alla pre-parazione di piatti veramente singolaried elaborati, che poco hanno di rustico,e i canzanesi sono talmente gelosi delleloro ricette, che quella originale dello“storione di Canzano” è stata a talpunto custodita da una nobildonna delluogo, che, alla sua morte, volle farlachiudere con sé nella bara (così viene

DI LUIGI MARINIDelegato onorario di Teramo

Morbide creme sono il ripieno di un guscio di pasta reale. Un’altra gustosa ricetta che rischia l’oblio.

Storione: pesce o dolce?

LA RICETTAIngredienti: 1 kg di mandorle, 700 g di zucchero, 700 g di acqua, una bustina di vanillina; crema pastic-ciera bianca e crema pasticciera al cioccolato (per il ripieno).

Preparazione: Sbucciare e tritare finemente le mandorle; lasciarle asciugare, almeno per tre giorni, sucarta assorbente, cambiandola spesso. Una volta asciutte, procedere alla cottura della pasta reale (in realtàleggermente diversa dall’originale siciliana per le proporzioni degli ingredienti). In un tegame antiaderente,mettere acqua e zucchero e farlo sciogliere bene; quando inizia il bollore e il liquido giunge alla consistenzadel classico “filetto”, versarvi le mandorle a pioggia mescolando continuamente l’impasto; aggiungere la va-nillina, sempre girando per evitare che l’impasto si attacchi sul fondo. Dopo circa mezz’ora, quando la pastaè giunta a cottura lasciando una patina biancastra sul fondo del tegame, spegnere la fiamma. Lasciar raf-freddare l’impasto e poi lavorarlo bene con le mani. Preparare le creme pasticciere, una bianca e una alcioccolato, che andranno a costituire il ripieno del dolce. In uno stampo a forma di pesce, stendere la pastadi mandorle tirata sottilmente, riempirne l’interno con le creme. Ci si può sbizzarrire nel colorare la pastadi mandorle, e soprattutto nella decorazione esterna, perché il dolce ricordi più da vicino lo storione.

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riferito dai parenti). oggi la ricettaviene tramandata da madre a figlia “adorecchio”, così come la sua esecuzioneviene effettuata solo dopo averne vistola preparazione da antiche mani. sa-rebbe più corretto però affermare chequesto dolce sta lentamente scompa-rendo, vista la laboriosità della prepa-razione: in realtà è possibile gustarlosolo nel ristorante più noto del paese,“la tacchinella”, ove mani preziose, surichiesta, preparano, oltre a ricette ti-piche del posto, questo dolce di sicuraderivazione meridionale. la ricettaviene presentata così come è stata de-scritta dai titolari del ristorante.ogni descrizione del gusto, della mor-

bida dolcezza, è puramente superflua.tale dolce si differenzia dalla tradizio-nale pasticceria teramana, molto poverae fatta di ingredienti semplici. ho cercatodi risalire all’origine di questo piattodel tutto anomalo in terra d’abruzzo,ma non si trovano fonti attendibili:qualcuno trova i natali presso la famigliadei duchi d’acquaviva, che dovevanoessere dei gran buongustai, visti i nu-merosi e raffinati piatti loro attribuiti.altro aspetto particolare è che questodolce non ha mai varcato i confini delpaese di origine: a teramo città, chedista pochi chilometri da Canzano, ildolce è conosciuto, ma non lo si trovanei ristoranti, né famiglie della borghesia

si sono mai adoprate a confezionarlo.un altro dato strano è che un dolcemolto simile, seppur non a forma dipesce, ma sempre a base di pasta dimandorle e con un ripieno di creme, èpossibile trovarlo in un comune del-l’entroterra, isola del gran sasso, moltopiù distante dal paese dello storione:cosa accomuna questi due paesi? forseil fatto di trovarsi verosimilmente lungoil percorso quattrocentesco della viadella lana? e noi accademici riusciremoa far sì che tale dolce rimanga nellatradizione culinaria del teramano enon venga inghiottito nell’oblio?

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ANTICHE TAVOLEAgostino Gallo, bresciano, nel testo “Vinti giornate d’agricoltura”(1560 ca), espone le sue valutazioni trale molteplici buone ragioni per vivere in campagna (in villa) contrapposte al vivere nella città, luogo divita “scostumata” dove le “cattive compagnie” tante difficoltà gli avevano creato, così che se ne era volutoallontanare.Ricordo a tal proposito Catone il Censore “il quale abbandonò le sue grandezze di Roma per godersi il ri-manente di sua vita quietamente nel suo picciolo podere”.Nella conversazione tra Corn (Messer Cornelio Ducco) e Gio.Bat (Messer Giovanni Battista Avogadro)contenuta ne “La decima ottava giornata dell’agricoltura”, “sopra le cose dilettevoli della Villa e quanto èmeglio abitarvi che nella Città”, si descrive anche cosa si mangia in villa. Vi sono contenuti spunti interes-santi sulle abitudini alimentari del tempo. Il pesce d’acqua dolce abbondava e la pesca rappresentava an-che un gioco “sociale” cui partecipavano signori e contadini in divertita compagnia. Viene raccomandatodi cuocere e mangiare il pesce subito, appena pescato “vivo”. Si indica anche la grande quantità di lattici-ni (burri e formaggi) presenti nelle tavole sia “come vengono fatte” ma anche “diversamente artificiale”.Gio.Bat: “…prendiamo anco quella quantità di pesci e gamberi che noi vogliamo, dei quali (quasi sempre)ne mandiamo agli amici non poca somma e quello che serbiamo lo mangiamo così fresco fresco. E questa èla vera via del mangiare ogni buon pesce”. Corn: “Non è dubbio alcuno, che non vi è comparazione in bon-tà dal pesce morto a quello che si cuoce vivo”. Gio.Bat: “Seguendo similmente le comodità, che abbiamoqui, dico che pigliamo eziandio molta soddisfazione dei buoni latticini, dei quali tutto l’anno abbiamo incopia. E oltre che siamo padroni dei buoni formaggi e burri freschi più volte (per frugalità) mangiamo del-le ricotte, fioriti, giucate, capi di latte, lattemeli e altre somiglianti cose; ora pure come vengono fatte e oradiversamente artificiale, per farle più delicate. Abbiamo non solo buona comodità di vitelli, di castrati, dipollami, di colombi, di anitre, di oche, di pavoni, di galline indiane, di carne salate, e di perfetti formaggi,ma ancora di buoni frutti, di cedri, di limoni, di aranci, di asparagi, e di articiocchi”.Molte sono le carni disponibili elencate, ma è singolare che non venga menzionato il maiale. L’identità“cristiana”, a partire dal Medioevo, ha orientato il consumo della carne suina in chiara contrapposizionealle mense ebraiche e islamiche.Già nel X secolo il solo monastero bresciano di S. Salvatore aveva foreste che permettevano l’allevamentodi 7.700 maiali all’anno, destinati a finire sulle tavole salvo nei periodi di “magro”. (Giorgio Cirilli)

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Sono dei crostacei e nella fatti-specie granchi della famiglia deigranchi verdi, ossia molluschi

dal carapace (guscio a corazza) esa-gonale, dotato di cinque paia di zampedi color grigio-verde. Quando si parladi arrivo delle “moeche” in laguna diVenezia, non si intende una vera mi-grazione. i granchi, infatti, si pescanotutto l’anno e non sono dei migratori,però compiono una serie di mute e ci-clicamente abbandonano il vestito vec-chio per adeguarsi al cambio di sta-gione. Per arrivo delle moeche, quindi,si intende il momento dell’anno checade all’inizio della primavera o del-l’autunno, quando i granchi perdonoil loro carapace per adattarsi alla nuovastagione. lo spazio di poche ore, dallaperdita della muta all’avvio del ciclobiologico, fa del granchio una moeca.spogliati della corazza, i granchi sonotenerissimi, quasi molli, ed ecco l’ori-

gine, in lingua veneta, di “moeca”, ov-vero “molle”.tuttavia anche il leone di san Marco,il simbolo della repubblica Venetaper eccellenza, viene chiamato “moe-ca”, o meglio, “leon en moeca” quan-do, nelle monete, è raffigurato conle ali raccolte.la pesca delle moeche è praticatanelle zone di Chioggia, della giu-decca e di Burano. nel basso Pado-

vano, invece, le moeche si trovano an-che nella Valle Millecampi, area umidaal confine tra Padova e Venezia, contesadurante la guerra di Chioggia. i pe-scatori o “moecanti” utilizzano le retidi posta che mantengono l’equilibriobiologico. una volta pescate, le “moe-

che” vengono trasferite in appositi sac-chi di iuta durante il trasporto nei ca-soni.sono una vera delizia specialmentese cucinate fritte. si tratta di un pro-dotto delicato e reperibile solo per po-che settimane l’anno e perciò raro eed inserito tra i Prodotti agroalimentaritradizionali. le moleche vanno cottevive, con un rito ancestrale crudele.esistono due ricette principali: quellapiù praticata a Venezia prevede che igranchi molli vengano posti vivi nel-l’uovo sbattuto e salato fino a chequesti deglutiscano in parte il compo-sto, per poi passarli nella farina biancae friggerli.

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DI PIETRO FRACANZANIDelegato di Eugania-Basso Padovano

Lo spazio di poche ore, dalla perdita della muta all’avvio del ciclo biologico,fa del granchio una moleca.

Cosa sono le “moeche”

UNA RICETTA PER LE MASENETELe masenete sono le femmine dei granchi comuni che vivono abbondantisui bassi fondali della Laguna di Venezia. Hanno il carapace corto, ma al-largato nella parte posteriore e le zampe disposte a semicerchio. In autunnosubiscono una muta e si caricano di uova: allora i maschi se le portano ingroppa sia per proteggerle sia per fecondarle. È questa la stagione miglioreper gustarle, perché sono pregne del cosiddetto “corallo” e le loro polpinesono sode e saporite. Vanno acquistate vive. Una ricetta al volo per le masenete: lavarle con cura e in più acque. Usareuna pentola capiente, con acqua abbondante, e poi gettarle dentro per al-meno 7-8 minuti e lasciarle bollire. Spegnere e farle intiepidire nella loroacqua. Scolarle, togliere ad ognuna le zampine e, nella parte inferiore, stac-care, con un’unghia, el “petoral” (l’addome duro a corazza): al carapacesuperiore rimarranno attaccati il corallo e le polpine. Porre le masenete inuna terrina di coccio, salarle, peparle un poco, aggiungere prezzemolo tri-tato e olio extravergine di oliva. Mescolare bene e lasciarle riposare fino almomento di servire perché si insaporiscano bene. Vanno servite fredde, conuna morbida polentina bianca appena spaiolata. Per chi lo ama, si può ag-giungere uno spicchio di aglio e un po’ di limone. (Gian Paolo Pinton)

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G li scrittori antichi - ateneo,Posidonio, Plinio il Vecchio,ma anche Cesare, livio e ta-

cito - hanno tramandato notizie sulleabitudini alimentari dei Celti, popola-zioni venute dall’europa centrale e cheabitavano l’italia settentrionale primadella conquista romana, e al nord dellealpi, in quella che Cesare così definisce:“Gallia omnis est divisa in partes tres,quarum unam incolunt Belgae, aliamAquitani, tertiam qui ipsorum linguaCeltae, nostra Galli appellantur”. daigalli partiamo, per arrivare al coq-au-vin? Credo proprio si possa.Che cosa mangiavano i Celti, nei lorolunghi banchetti sotto le tende, sedutiper terra su giacigli di paglia e di pelli,afferrando con le mani, da basse tavoledi legno, intere porzioni di carne? nonsolo spiedi, ma sul focolare, che stavain mezzo, bolliva un gran calderone (illebète), oggetto principale e quasi sacro

della cucina, e la zuppa era la base del-l’alimentazione quotidiana: brodo caldo,fatto di ossa e parti di scarto, lardosalato, selvaggina minuta, arricchita daerbe di campo, qualche cavolo, qualcherapa, ma anche fave, lenticchie e piselli.un calderone che non veniva svuotatose non pochissime volte, e in quelle oc-casioni se ne recuperava il fondo perfare delle specie di saporose polpette.insomma, il calderone antesignano dellapetite marmite, e del pot-au-feu, di quellavivanda basilare e onnicomprensivachiamata con nomi diversi ed eseguitain numerose varianti, dall’ispanica ollapotrìda al più o meno sontuoso lessomisto, piatto unico nella cucina pie-montese e lombarda borghese o conta-dina, emblematico, economico, ma com-pleto e ricco nell’apporto proteico. oltrealla zuppa, la dieta dei Celti-galli con-sisteva soprattutto in carne di maiale,fresca o salata: i suini allevati a ghiande,prodotto abbondante dei querceti su-balpini. non soltanto erano agricoltori,quanto allevatori di polli, oche e anatre,e di bovini, che pascolavano ad altaquota, nelle regioni alpine. Con quellatte ricco di Alpe (parola di origine cel-tica) facevano un burro solido e com-patto che i romani chiamavano un-guentum, perché credevano fatto perungersi il corpo, e che assaggiò per laprima volta come condimento degliasparagi - così racconta Plutarco - propriogiulio Cesare. avvezzo all’olio delladieta mediterranea, però non gli di-spiacque, e disse la famosa frase, ai ro-mani che torcevano il naso De gustibusnon est disputandum.i Celti conoscevano anche il caglio e loimpiegavano per produrre formaggio,

che facevano stagionare oltre due mesiper conservarlo e che chiamavano bitu,cioè perenne, e il “bitto” è il saporosoformaggio della Valtellina e dell’alta ValBrembana. tipica bevanda dei popoliceltici - scrive Plinio - è la birra ottenutada orzo e frumento e tacito si stupisceche “il liquore bevuto presso i ricchi siail vino, venuto dall’italia e dalla regionedi Marsiglia, bevuto schietto, ma pressoi più poveri si beve birra, preparata conil miele”. a proposito di vino, una leg-genda riconduce anche il coq-au-vin allaconquista della gallia da parte di Cesare.un capotribù degli alverni, assediato inalesia dai romani, avrebbe fatto perve-nire a Cesare un fiero galletto vivo, comesimbolo del valore dei galli. Cesare, ri-cambiandogli la cortesia, lo invitò e glifece servire quel galletto, cotto però nelvino italico. tuttavia lo scambio di cor-tesie con i cugini d’oltralpe avrebbe at-traversato i secoli, con un’alterna vicendadi influenze e di prestiti, che seguono lastoria delle invasioni, delle guerre, dellealleanze matrimoniali fra le case regnanti,la circolazione degli artisti e la diffusionedi opere letterarie, di mode e modi divivere, ossia di stare a tavola.all’attuale cucina francese, stile di pre-parazione dei cibi e arte della ristorazioneconsiderata una delle basi della cucinaoccidentale, si è giunti attraversi secolidi evoluzione sociale e politica, che hafatto della francia anzitutto una forteentità nazionale. non che vi manchinole specificità regionali, che connotano abuon diritto la varietà delle cucine dellediverse parti di un terroir particolarmentericco di pregiate materie prime. tuttaviase parliamo di cucina francese sappiamoanche di riferirci ad una realtà ben co-

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DI MARIA EMILIA MORO MAISANOAccademica di Lodi

Dai Celti alla “nouvelle cuisine”: influenze, incontri e scontri che passano dalle Alpi.

Cucina francese-cucina cisalpina:una lunga storia di dare e avere

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dificata, ad una sorta di canoneclassico, a un sapere elaborato dacelebri cuisinier, che hanno lasciatotesti importanti di gastronomia. ogni epoca ha lasciato un testo,frutto dell’opera di un celebre cuo-co. nel Medioevo il primo grandecuoco fu guillaume tirel, dettotaillevent, maestro di cucina delre Carlo Vi; tagliava il vento conil celebre naso e si distingueva per l’ol-fatto finissimo. Pare curasse molto i sa-pori speziati e la presentazione dei piattiresi spettacolari ed elaborati da coloribrillanti, rivestiti di piume d’uccello eda foglie d’oro e d’argento. una primasvolta nel senso della semplicità e raffi-natezza del gusto, che si impose cosìda rendere la cucina francese la piùgrande del mondo, avvenne nel rina-scimento grazie a una nobildonna ita-liana, Caterina de’ Medici duchessa diurbino, che portò in dote allo sposoenrico ii la squisita armonia di quel pe-riodo, anche attraverso il suo stuolo dicuochi e pasticcieri. soprannominata“la dame de Cordon Bleu” per la fasciaazzurra che portava, Caterina aprì ad-dirittura una scuola, che diplomava ap-punto i cordon bleus, introdusse l’usodelle posate, la giusta sequenza di piattiseparando il salato dal dolce, i delicatisapori dei prodotti freschi, prevalentisull’abuso di spezie. insieme a Caterina,arrivarono gli aromi e le prelibatezzedella cucina toscana, la “salsa colla”che, rielaborata nel 1600 dal cuoco delcerimoniere del re sole louis de Bé-chamel si chiamò per sempre “bécha-mel”; la zuppa di cipolle (e fu la soupe àl’oignon); le rustiche pezzole o frittateche si raffinarono in sottili crêpe; ilfegato farcito e la papera al melarancio,che assunsero in francia (e a futuramemoria) le denominazioni di paté edi canard-à-l’orange, per entrare nellatradizione di corte francese, ma nonsolo, perché la caduta dell’ancien régimee la rivoluzione portarono con sé anchela diaspora europea degli chef delle ca-sate aristocratiche, che andarono adettar ricette in tutta europa. dal 1600al 1900, è tutto un fiorire in francia ditesti di cucina. Pierre de la Varenne,

con Le cuisinier françois, Marie antoineCarème e i cinque tomi dell’Art de laCuisine Française, anthelme Brillat-sa-varin e la Fisiologia del gusto, augusteescoffier, geniale capocuoco e inventoredi ristoranti mitici nonché padre, insiemea César ritz, del concetto stesso dellaristorazione alberghiera della Belle Épo-que. in una carrellata attraverso i secoli,dopo Cesare e Caterina de’ Medici qualipersonaggi chiave delle relazioni italo-francesi, non si può tralasciare, ovvia-mente, napoleone Bonaparte, le cuifortune passarono attraverso la cam-pagna d’italia, e la prima vittoria fu ri-portata proprio al Ponte di lodi (10maggio 1796). Che cosa abbia mangiatoa lodi, ospite a Palazzo Modignani e aPalazzo sommariva, non ci è stato rac-contato. del resto, napoleone era, comeCesare, poco amante dello stare a tavola:mangiava in un quarto d’ora e una solavolta al giorno; fra l’altro soffriva di ul-cera, per questo aveva sempre la manosullo stomaco, e non voleva ingrassare.gli storici raccontano tuttavia di unpiatto creato per lui, e che passò poi,un po’ modificato e reso meno “raffaz-zonato” nella cucina piemontese: il polloalla Marengo. frutto dell’emergenza,che il cuoco dell’Armée, dunan, si trovòad affrontare cercando affannosamentenelle fattorie dei dintorni qualcosa concui placare almeno per quella volta lafame del generale, dopo la battaglia diMarengo del 14 giugno 1800: un pollo,pomodori, tre uova e gamberi di fiume,aglio, cipolla e… niente burro, ma olio.ah, c’era anche il Cognac, che non potevamancare al seguito dell’Armée. un mé-lange un po’ azzardato, ma napoleonelo gradì molto e lo pretese ancora sempreuguale, anche per scaramanzia, perchéera legato ad una vittoria, arrabbiandosi

quando Carème, cuoco di talleyrand,sostituì i gamberi con gli champi-gnon. dopo il Congresso di Vienna(che durò tanto anche perché si bal-lava e si mangiava bene alla francesee il cuoco era quello di talleyrand),negli anni tra il 1815 e il 1847, unpezzo della fastosa corte di franciasbarca poco lontano da noi, a Parma.Qui Maria luigia, donna raffinata,

fa rivivere lo stile della corte di fontai-nebleau. la duchessa di Parma e Pia-cenza, fra l’altro, conosceva l’arte dellabuona tavola e, golosissima di zabaione,si faceva venire da Parigi i suoi cioccolatinipreferiti. il suo cuoco, Vincenzo agnoletti,romano di nascita, aveva però imparatol’arte dai cuochi francesi e il suo Manualedel cuoco e del pasticciere include fral’altro alcuni esempi di minute, ossiamenu adatti a ricevimenti più o menoimportanti, in cui privilegia il servizio“alla francese”, che prevedeva 25-30,fino a 84 portate presentate à buffet,mentre gli invitati, seduti, venivanoserviti dai camerieri. non è certo miseracosa che l’eredità francese abbia im-prontato così profondamente di sé ilglossario dei termini di cucina adottatiuniversalmente da tutti, esperti gourmete comuni degustatori, né più né menodi quanto oggi l’inglese sia la lingua del-l’economia e dell’informatica.Così, a conclusione della parabola, siamogiunti negli anni settanta-ottanta delXX secolo al fenomeno della nouvellecuisine, ultima frontiera dell’egemoniafrancese teorizzata da alain ducasse ePaul Bocuse, e basata su quattro regolefondamentali: prodotti freschissimi edi qualità; tempi di cottura brevi eprecisi; le salse leggere; l’estetica dellapresentazione è altrettanto importantedel sapore e della leggerezza dei cibi.Ci siamo dunque allontanati non pocodal calderone dei Celti, ma siamo oggipiù vicini all’opportunità che gli chefitaliani, consci dell’enorme patrimoniodi eccellenti materie prime e della varietàdella tradizione regionale di cui dispon-gono, sappiano ormai valorizzarla e af-francarsi da una sudditanza che è forsedi fama, più che di qualità.

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F ra le tante meraviglie di interesseculturale che roma offre, c’è ungioiello che va ricordato e visitato

per la sua importanza: si tratta del-l’istituto san Michele. nel corso dellasua lunga vita, questo istituto, ossial’ospizio di san Michele a ripa, nel-l’immaginario collettivo romano, èsempre stato l’emblema del pulsaredella vita stessa della città eterna. ogginon è più considerato un ospizio, maè diventato il Complesso Monumentaledi san Michele a ripa grande e operasotto l’egida dei Beni Culturali, dovevengono organizzati convegni, mostred’arte ed eventi culturali particolari.nelle epoche passate, invece, dal ri-nascimento in poi, la situazione dellapovertà e delle mendicità in romaaveva raggiunto punte allarmanti egli istituti religiosi e le opere pie cer-cavano di operare per accogliere lepersone indigenti, fanciulli e fanciulle

abbandonati, carcerati, poveri di ognitipo. nel corso dei decenni, i vari Papisi adoperarono per incrementare larealizzazione di istituti e Congregazionireligiosi, ma anche di favorire iniziativeprivate, che potessero contribuire, convalidi aiuti, a porre un freno al graveproblema cercando non solo di assi-stere, ma di fornire agli indigenti ancheformazione, rieducazione, insegnandoloro un mestiere. antonio odescalchi,nipote di Papa innocenzo X, creò nel1650 un primo istituto come ricoveronotturno. in seguito, Carlo tommasoodescalchi, dopo vari tentativi, riuscì,nel 1686, ad acquistare un terrenomolto vasto a ripa grande e a costruireun grande istituto comprensivo di varipadiglioni e di una cappella dedicataa san Michele che, in seguito, diede ilnome all’istituto. Questo divenne l’ospi-zio apostolico di san Michele a ripagrande, acquisendo un ruolo di granderilevanza sociale nel campo dell’assi-stenza e della formazione degli indi-genti non solo in italia, ma anche ineuropa. Presso la Biblioteca Casana-tense di roma, ho potuto consultaredue manoscritti, che hanno segnatola vita del san Michele. essi rappre-sentano una testimonianza di rilevanteimportanza come fatto di costume edespressione concreta delle condizionidi vita e del quadro alimentare riguar-dante il vitto quotidiano e delle festerituali offerte nelle mense pubblichee interne dei poveri del san Michele.fra la ricchezza del materiale indicatonei due esemplari, risulta interessantesegnalare, in breve, alcuni passaggi. l’attività dell’istituto comportava l’as-solvimento di svariati compiti e servizi

considerando l’alto numero di assistitiche, alla metà del settecento, si aggi-ravano intorno alle mille e cento per-sone. numeroso era il personale chedirigeva questa impresa. tutti opera-vano alle dipendenze del Maestro diCasa, dagli inservienti, agli insegnanti,ai medici, agli speziali, ai sacerdoti.ogni comunità, ragazzi, uomini, fan-ciulle, vedove, zitelle, era unita, maseparata dalle altre; ciascuna disponevadi un proprio edificio, dove trovavanoposto la dispensa, l’oratorio, la cucina,il refettorio, ecc. dalle disposizioni deidue manoscritti risulta che la curanella scelta dei prodotti e nella confe-zione delle pietanze era di buon livello:“nel vitto sono tutti trattati egualmentecosì gli uomini, come le donne, li ra-gazzi e le zitelle, e del pane lì se ne dàquanto gl’e ne bisogna, et è pane ditutta farina…, vino puro senza acqua,mezza foglietta la mattina, e mezza lasera” ed era considerato elemento rin-vigorente per tutti, persino per le la-vandaie alle quali erano destinate “fo-gliette due per ciascheduna”. Venivaservita “la mattina la minestra, treoncia di carne per pietanza; la seral’insalata et una pietanza, o cascio, osalame, o salume…, perché tra ragazzie zitelle ce ne sono de’ grandi, e de’piccoli, perché per li piccoli è troppo,e per li grandi è poco, chi fa le partiha il dovuto riguardo. agli infermi sidà pane bianco, e così nel vitto comene’ medicamenti sono trattati, comesi trattano ne’ periodici ospedali. ilMaestro di Casa ha la cura di mandareogni giorno alle zitelle la provvigionedi pane e companatico o di provvederedi mano in mano tutto che occorre

DI MARIA ATTILIA FABBRI DALL’OGLIOAccademica di Roma

Due manoscritti, presso la Biblioteca Casanatense, costituiscono una preziosa testimonianza sull’alimentazione quotidiana e festiva dei numerosi assistiti.

Il vitto all’Istituto San Michele di Roma

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per il bisogno…”. nella dieta eranoprevisti, molto spesso, uva passa, fichisecchi, olive, castagne secche, castagnefresche, noci, in dose “maggiore agliuomini, alle donne, ai Maestri, scorzitre”; mentre ai ragazzi “scorzi due”.l’olio era sempre presente per le insa-late e per le pietanze, e se ne forniva“foglietta una per bocche cento” senon quattro, secondo il tipo di lavorosvolto. riguardo alla carne, ne venivaservita “non meno di una libbra dicarne fresca per bocche quattro; unalibbra di prosciutto o salame per bocchedodici” e ogni quindici giorni anchela trippa: “alli ragazzi… la trippa conlibra una di lardo per il battuto, e libredue di formaggio tosto per grattaresopra la minestrina… e alla Comunitàdi uomini e donne… trippa, 2 libre dilardo per battuto e libre quattro diformaggio tosto per grattare sopradetta trippa…”. le uova erano consi-derate ottime per tutti e nei giorni“straordinari” delle ricorrenze, spe-cialmente ai giovani, se ne forniva unarazione doppia. troviamo citati il pescemarinato, una libbra “per bocche sette”;le alici, il merluzzo e le aringhe. l’uti-lizzo dei cereali era fondamentale: ab-bondavano farro, riso, semolella, pastacome vermicelli, maccheroni di varieforme, compresi “i fidelini destinatiagli infermi, perché più sottili”.

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L’IMPORTANZA DEL GIRASOLEDopo i cereali, le produzioni animali, gli oli e i grassi alimentari,il girasole è da ritenere fonte prioritaria di energia e di cibo per ilgenere umano.La pianta è originaria del nord America dove sono stati rinvenutireperti risalenti a 3000 anni prima di Cristo. Arrivò in Europanel 1500 e per un lungo periodo fu considerata ornamentale, poiquale becchime per gli uccelli e quindi come alimento contadinocome già facevano da millenni le popolazioni americane antiche.Successivamente si capì che dai semi si poteva estrarre un olio dibuona qualità, che fu motivo validissimo per una grande diffusio-ne del girasole quando i russi scoprirono un macchinario diestrazione da usare a livello industriale.Il girasole costituisce valida sorgente di proteine per l’alimenta-zione animale. Dalla lavorazione di una tonnellata di semi, dopol’estrazione dell’olio, si ottengono 300 chili di farine proteiche,che rappresentano un importante fattore nella dieta degli anima-li e del pollame. Con opportuni procedimenti industriali, da talifarine si possono ottenere proteine da destinare all’alimentazioneumana.Con i semi torrefatti si può fare un surrogato del caffè, con effettosedativo, che vince anche le emicranie ostinate, prendendone 2-3

tazzine al giorno.Se per l’alimentazione umana il soloolio di girasole da usare è il prodottodella prima spremitura, quello disuccessive estrazioni può utilizzarsiper preparare margarine, saponi oaltro, come l’uso di costituente di co-lori per la pittura, in luogo dell’oliodi lino che, per l’eccessiva ricchezza

di acido linoleico, si ossida facilmente, alterando i colori.Gli indiani di un tempo consideravano il girasole pianta sacra. Ilsuo nome deriva dal fatto che i suoi capolini si orientano verso ilsole grazie ad un fenomeno di eliotropismo positivo. Al riguardosi ricorda che Clizia, la bella oceanina, innamorata del dio sole,di cui parla Ovidio nelle “Metamorfosi”, fu poi trasformata ineliotropio, da alcuno inteso erroneamente sinonimo di girasole. Illuminoso fiore di girasole ha ispirato artisti e poeti, vedi il noto estupendo dipinto “I girasoli” di Van Gogh, e i versi di grandi e fa-mosi poeti, iniziando da D’Annunzio: “… i larghi dischi non coro-nati/di petali, né di semi,/le calatidi, somiglianti nella loro nudi-tà/a emblemi liturgici, a pallidi ostensori d’oro”. O, anche, “…igirasoli impazziti di luce” di Montale. O, come Govoni, che vedenei colori dei dischi, come fossero “occupati da uno sciame d’api”.Giuseppe Mazzini detestava invece i girasoli. Diceva che rassomi-gliavano a frittate con in mezzo un pezzo di carne, ma soprattut-to “perché i suoi colori, giallo e nero, richiamano quelli degli au-striaci”. (Amedeo Santarelli)

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L a civiltà è connessa coi cereali:l’uomo è stato cacciatore, rac-coglitore di frutti spontanei, pe-

scatore, pastore ma queste attività nonriescono a costituire riserve collettivesufficienti per costruire città, strutturarerelazioni complesse, istituire culturescritte. l’alfabeto nasce dai magazzinie dagli inventari: ceste di semi, orci diolio, anfore di vino, forme di pane.Quanti contenitori, di che peso, da chi,per chi; ci vogliono scribi, funzionari,un clero stabile e gerarchizzato, un so-vrano accumulatore e dispensatore.la storia dell’umanità si può leggereanche come una storia di conflitto (oconcorrenza) tra cereali: il frumentoegiziano e mediterraneo, la segale ger-manica, il mais di incas e aztechi, ilriso dell’oriente stanno dietro alle schierearmate, le compongono e le sostengono.Più che dalle bandiere e dalle insegne,i guerrieri sono differenziati dal rancio;

si combatte per difendere le riserve gra-narie o per implementarle: le insegnedelle legioni romane comprendono man-nelli di grano (manipoli), il luogo dellabattaglia si chiama “campo”, lo schie-ramento dei soldati ha lo stesso nomedel filo della falce (acies), e il dio dellaguerra, Marte, alle origini era il diodella mietitura. Con questi presupposti, ogni cerealediventa, prestissimo, sacro: orzo, farroe frumento per le cerimonie dei romani,mais per gli amerindi, riso per giappo-nesi e cinesi: c’è un dio nella pianta,talvolta crudele, ed esige anche sacrificiumani, talvolta misericordioso e allorasi fa egli stesso cibo sacrificale.troppo nota la sacralità mediterraneadel pane di puro frumento e del vino disola uva per discuterne qui; e tralasciamoanche le terribili e sanguinarie divinitàche si manifestano nel culto amerindiodel mais: tra il primo e il secondo limite,cioè tra il dio sacrificato del frumento eil dio sacrificatore del mais, c’è il riso.la prodigiosa fecondità, la strettissimaconnessione con l’acqua, l’indefinitaversatilità, e i rituali della semina, tra-pianto, coltivazione e preparazione sem-brano averlo esentato dalla ferociarituale imposta dalla coltivazione deglialtri cereali; il riso ha bisogno di pace,e promette pace. non è solo cibo, è cosmetico e medicina,e ha strette relazioni con l’infinito: si-gnificativa una popolare visione cinesedel paradiso, come illimitata e serenacampagna ben coltivata in cui un ventomiracoloso porta nubi di riso sui feliciabitanti. anche l’inferno, sempre secondouna fiaba cinese, è un’immensa e acco-gliente sala da pranzo, con tavole im-

bandite di ottimo riso, ma con bacchettelunghissime, così lunghe che i com-mensali non riescono a portarsi il grumodi riso cotto alla bocca, e soffrono lafame nell’abbondanza. il riso, anche se meno sacralizzato dimais e frumento, è più spirituale, piùtranquillo, più prossimo a concetti astrattie, tuttavia, non ha una letteratura com-plessiva come quella del suo più forteconcorrente, il frumento.il riso non è connesso direttamente colnostro pane, anche se la necessità dellasua cottura in acqua (come in acquacresce e vive) ne fa un cibo addiritturapiù materno. Ma in occidente è un im-migrato, un forestiero: antico quanto sivuole, ma forestiero, già a partire dalsuo primo nome (greco, ovviamente):oryza. etimologia incerta, ma parolasicuramente orientale, forse persiana,forse indiana, ascoltata da orecchie el-leniche: è nato in asia e da lì ha viaggiatoverso occidente. i greci lo conosconotramite i loro primi esploratori, già dalVi secolo a. C., e scienziati e geografi alseguito di alessandro il grande (iVsecolo a. C.) ne danno più sicure eampie notizie, ne conoscono il valorenutritivo, e l’importanza che gli annet-tono gli asiatici, che ne sanno fare anchemedicamenti e una specie di vino. Mail suo nome, la prima volta, compare insofocle, nel V secolo a. C., che conosceun “pane di riso”, orindes artos.tuttavia più che cibo, in occidente, permolti secoli il riso, nelle sue preparazioni,è stato medicina: per problemi intestinali,per cure dermatologiche, come acquadi riso o polvere, o olio della sua crusca.ed è un medicamento costoso, come ciracconta beffardamente orazio (Sermo-

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DI FRANCESCO FRANCHIAccademico di Belluno-Feltre-Cadore

Furono le capitali risiere della Serenissima a scoprire il vantaggio economico delle coltivazioni di riso, prima considerato solo come spezia e medicamento.

Oryza sativa

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nes, II 3), a proposito di una tisana diriso (tisanarium oryzae), prescritta controla sua pericolosa debolezza di stomaco:“Ma quanto mi costa? - Poco. - Ma quanto,dunque? - due sesterzi. - ahimé, chedifferenza fa, ch’io muoia per malattia,o per furti e rapine?”. dopo i romani, saranno gli arabi i grandiimportatori di riso in occidente, e contentativi di coltivazione in spagna giànel Xii secolo: ma sempre come spezia,e privilegio medicinale; e dopo di loro iVeneziani: e si tratta sempre di commerciodel riso, e non di vera risicoltura.la coltivazione presuppone un progettoanche commerciale, imprenditoriale;ma soprattutto presuppone un grandeinvestimento di capitali e di forza lavoro.una prima data certa è il 1463: france-sco i sforza, signore di Milano, proibiscel’esportazione del riso dal suo stato.Con l’aumento demografico del rina-scimento, il riso comincia ad assumereun valore strategico; coltivato in italia,la difende in parte dalla sua dipendenzadalle importazioni cerealicole estere,ed è elemento significativo delle espor-tazioni. nel 1475 gian galeazzo sforza,duca di Milano, nel corso di una tratta-tiva diplomatica col duca d’este, pro-mette dodici sacchi di semente di riso,segno evidente che in lombardia ormaiesiste una coltivazione abbondante especializzata, mentre Venezia continuaa importarlo. nel 1550, in lombardia,

gli ettari di risaia sono molte migliaia;da lì la coltivazione passa in Piemonte,e nella pianura veneta; e nascono iprimi problemi di massa, perché la pre-senza delle risaie significa anche malaria,e quindi occorre impiantarle lontanodai centri abitati e con buona canaliz-zazione per evitare l’impaludamento.Verona e Vicenza, e poi rovigo (un’ere-dità degli estensi, cui, in origine, ap-parteneva il Polesine, e che coltivavanoil riso anche a scopo di bonifica), sarannole capitali risiere della serenissima: igrandi nobili, e i conventi, che sono la-tifondisti, scoprono il vantaggio econo-mico delle coltivazioni di riso e gran-turco; il Veneto diventa ampiamenteterra di piantagioni attrezzate, e lesplendide ville che ne punteggiano ilterritorio, oltre che sontuose dimore,sono centri di controllo e immagazzi-namento delle derrate.da uno di questi nobili veneti, e da unadi queste ville, proviene il miglior testopoetico della letteratura didascalica sulriso, il poema La coltivazione del riso,quattro libri in endecasillabi, del mar-chese gian Battista spolverini (Verona,1695-1762), che lo compose a partiredal 1744 e lo pubblicò nel 1758. siamonel quadro della letteratura didascalicadel XViii secolo, in italia molto ricco diopere simili: il poema piacque al Pin-demonte, al Monti e al leopardi che neinserì passi nella sua Crestomazia poetica

del 1828, e contiene molte osservazioniancora interessanti: una visione, diciamo,ecologica, della necessità di rispettaregli equilibri naturali, che comprendeanche l’indicazione di una corretta po-litica delle acque e la difesa della mon-tagna per evitare disastri in pianura. almeno due importanti film italiani cihanno abbondantemente mostrato, inetà neorealistica, la condizione dellemondine e del loro lavoro (Riso amaro,1949, di giuseppe de santis; La risaia,1956, di raffaello Matarazzo): erano itempi in cui la risicoltura italiana eraforse la più importante d’europa; allora,come nel settecento, questo cereale erauna risorsa popolare fondamentale, unagrazia di dio, e stava nelle mani delledonne, sia nei campi, sia nelle cucine. dalle originarie pendici dell’himalaya,le cui acque rovinose trasportavano lepiantine alle paludi sottostanti, fino allePrealpi venete, l’oryza sativa è stata ca-pace di modificare i paesaggi, i costumi,la politica. Cibo e medicina, merce discambio e presidio di risorse strategiche,e anche sovrabbondanza di impulsi vitali,come dice il poema, nel libro iii, delletroppo giovani e troppo vivaci mondine.e abbiamo anche la ricetta ideale perun perfetto piatto di risotto veneto (nellesue molte varianti): “estro”, “bollor”,“brio”, “foco” e, ovviamente, “talentonatural”.

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CENA ECUMENICA 2014La riunione conviviale ecumenica, che vede alla stessa mensa virtuale tutti gli Acca-demici in Italia e nel mondo, si svolgerà il 16 ottobre alle 20,30, e avrà come tema

“La cucina del riso”. Un tema, quello scelto dal Centro Studi “Franco Marenghi” eapprovato dal Consiglio di Presidenza, volto a recuperare la cucina delle molte

varietà di riso, attraverso ricette tradizionali, in parte dimenticate e patri-monio delle cucine regionali. Senza trascurare le ricette che associano ilriso ai prodotti locali (vegetali e animali). I Delegati cureranno che la

cena ecumenica sia accompagnata da una idonea relazione di carattereculturale che illustri l’importante tema proposto e che, sulle mense, il menu sia

composto in omaggio all’alimento scelto.

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L a delegazione di Benevento,con il progetto “le vie del latte… sulle orme dei longobardi”,

ha partecipato con orgoglio al “forumuniversale delle Culture napoli e Cam-pania”, che ha posto al centro l’uomocon la sua originalità, la Cultura comemotore di sviluppo, la sostenibilitàquale occupazione e crescita, la ga-stronomia come arte e rispetto delcibo. il progetto si è svolto nella cittàdi Benevento, nel corso di un mese,riscuotendo grande consenso e parte-cipazione tra accademici, partner delforum, produttori coinvolti e cittadini.nel corso del primo incontro divulga-tivo il dottor adolfo Battisti, biologoresponsabile del laboratorio alimentidell’istituto zooprofilattico del Mez-zogiorno, sezione di Benevento, harelazionato sulla filiera del latte; l’ac-cademica danila Carlucci, medico-ve-terinario, ha illustrato la lettura delle

etichette dei prodotti caseari per unascelta consapevole, e la dottoressaersilia Palombi, medico-nutrizionista,ha trattato l’argomento “i formaggi,nutrimento e delizia del palato”. la chiusura è stata affidata all’ac-cademico antonio Barbieri, che èriuscito in maniera egregia a pun-tualizzare gli scopi dell’evento, dan-do vita, passione e professionalitàall’iniziativa. al termine dell’in-contro, il caseificio “fedele Case-

ria”, di Castelfranco in Miscano, haproposto prodotti di elevato pregio,ottenuti da tecniche artigianali, deli-ziando i palati di tutti i convenuti. nel secondo incontro divulgativo, ildottor Battisti ha presentato il “Progettopilota: caciocavallo di Castelfranco inMiscano al tartufo”, eccellenze del ter-ritorio sannita. l’argomento, di parti-colare interesse, ha dato luogo ad unaproficua interattività fra pubblico erelatori. l’incontro è stato concluso,con competenza e particolare coinvol-gimento, da danila Carlucci. l’azienda“gocce di latte” di Molinara ha evi-denziato l’abbinamento prodotti lat-tiero-caseari e scorzone aestivum deltaburno, offerto dallo chef angelod’amico. Per il terzo incontro, acca-demici e ospiti si sono recati nell’azien-da zootecnica “f.lli Marcantonio” diCastelfranco in Miscano, che coniugala ricerca e la modernità dell’alleva-mento bovino con la produzione delcaciocavallo secondo antiche e tradi-zionali ricette; a seguire la riunioneconviviale presso i locali dell’agrituri-smo “fedele Caseria”. l’incontro conclusivo ha concretizzatotutti gli scopi e gli intenti del progetto.

in questa occasione, ha partecipato ladelegazione del gargano, guidata dasaverio de girolamo, e undici acca-demici pugliesi che hanno fornito unvalore aggiunto al sentimento di ami-cizia e convivialità. non è mancata lapartecipazione delle istituzioni, graziealla presenza del Prefetto di Benevento,sua eccellenza dottoressa Paola galeoniche, confermando la sua simpatia perl’accademia, ha evidenziato l’impor-tanza di iniziative che promuovono laconoscenza dei prodotti agroalimentarie dei territori che di essi sono espres-sione. è intervenuto, quindi, il sindacodi Castelfranco in Miscano, avvocatoantonio Pio Morcone, che ha esaltatole eccellenze del territorio fortorino,congratulandosi per lo svolgimentodell’intero progetto. giuseppe trincucci, accademico delgargano, ha poi relazionato sulla muc-ca podolica e la capra garganica. sonoseguiti gli interventi dei produttori del“Caseificio dei Pini” di siponto (fg).Molto gradito l’intervento dello chefd’amico, che ha sapientemente rac-contato la realizzazione della ricettadei tortelli con fonduta di caciocavalloe tartufo, poi offerta alla degustazionedi quasi cento partecipanti. la chiusura del progetto è stata affidataall’assessore alla Cultura del Comunedi Benevento, avvocato raffaele delVecchio. tutti gli incontri sono stati co-ordinati e condotti dalla delegata MillyPati Chica, che ha profuso passione eattiva dedizione per l’intera durata delprogetto e che ha concluso ringraziandotutti coloro che hanno contribuito al-l’organizzazione del forum.

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I N O S T R I C ON V E GN I

DI MILLY PATI CHICADelegata di Benevento

Quattro appuntamenti, in cui i prodotti lattiero-caseari del territorio sono stati protagonisti di interessanti relazioni e di ottime preparazioni gastronomiche.

Le vie del latte

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I N O S T R I C ON V E GN I

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Per la prima volta nella storia del-l’accademia, a Bologna le tredelegazioni della città di san

Petronio, Bologna, Bologna dei Benti-voglio e Bologna-san luca, hanno riunitole loro forze per organizzare un conve-gno imperniato su un tema di grandeimportanza e attualità: “gastronomia:ricerca della verità”. relatori di altolivello hanno indubbiamente contribuitoal successo della manifestazione. grazie al grande attivismo e alla deter-minazione di anna Maria atti Bonaga,delegata di Bologna dei Bentivoglio, ilconvegno ha ottenuto il patrocinio dellaregione emilia romagna, dell’universitàdi Bologna “alma Mater studiorum”,della Camera di Commercio, della Con-fagricoltura dell’emilia romagna e delquotidiano “il resto del Carlino”. un enplein significativo che dimostra il pre-stigio di cui gode la nostra istituzione.

guido Mascioli, nuovo delegato di Bo-logna, ha dato un contributo efficace e

determinante. un particolareringraziamento va infine alCoordinatore territorialedell’emilia, gianni negrini,che ha partecipato attiva-mente ai lavori di prepara-zione, è stato prodigo di con-sigli ed è riuscito a convo-gliare a Bologna i rappre-sentanti di ben dieci dele-gazioni della regione.il convegno è stato mode-rato con grande signorilitàdal dottor francesco spa-

da, direttore di radio nettuno tV cheha dato copertura televisiva all’evento.il Presidente giovanni Ballarini ha apertoi lavori davanti ad una platea attenta einteressata che ha gremito la sala con-vegni dell’hotel “de la gare”. Con lasua autorevolezza e la sua limpida ora-toria, ha impostato il tema del convegnocon chiarezza ed efficacia, ricordandoanche il bel volume Il falso in tavolapubblicato dall’accademia nella Collanadi cultura gastronomica. dalla frodealimentare alla sofisticazione, dall’adul-terazione al vero e proprio falso gastro-nomico, il Presidente ha fornito unaserie godibilissima di esempi, dimo-strando che la ricerca della verità, ingastronomia, è tutt’altro che facile.l’assessore regionale all’agricoltura, ti-berio rabboni, ha presentato un inter-vento di alto contenuto istituzionale,tutto proiettato alla difesa, alla tutela ea una sempre maggiore affermazionedei tesori enogastronomici e agroali-mentari italiani, soprattutto quelli del-l’emilia romagna che ne è molto ricca.

il Vice direttore de “il resto del Carlino”,lo storico quotidiano della città, Massimogagliardi, ha enumerato le moltepliciiniziative che il quotidiano ha promossoe sostenuto in favore della gastronomiabolognese, spesso affiancando, come inquesto caso, iniziative dell’accademia.giorgio Cantelli forti, Presidente del-l’accademia di agricoltura, professoreall’alma Mater studiorum, accademicodi Bologna-san luca, ha affrontato iltema: “il falso nei prodotti agricoli”. lasua esposizione, necessariamente scien-tifica e supportata da un vasto utilizzodi grafici e di dati, è stata così brillanteda affascinare gli intervenuti, felici dipoter apprendere e memorizzare un’in-finità di utilissime informazioni a voltesconosciute.lo chef Marcello leoni, famoso in cittàper la sua classe e per il suo bellissimoristorante soprannominato affettuosa-mente “la balena”, ha brillantementeargomentato sul vero e sul falso incucina e anche su altri temi connessi,trattati con la sua ben nota “verve” e lasua straordinaria capacità di comuni-cazione.il delegato di Bologna-san luca MaurizioCampiverdi ha affrontato il tema “i ri-storanti italiani nel mondo e il falso neiloro menu”, esibendone numerosi esem-plari fra i più rari e interessanti dellasua collezione, ed evidenziandone glierrori, le caratteristiche e le singolarità.il Presidente Ballarini ha poi tratto leconclusioni del convegno sintetizzan-done le peculiarità e i risultati, primadel trasferimento al ristorante dell’al-bergo per un veloce e affollato pranzodi commiato.

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DI MAURIZIO CAMPIVERDIDelegato di Bologna-San Luca

Le tre Delegazioni di Bologna hanno lavorato insiemenell’organizzare l’interessante convegno.

Gastronomia: ricerca della verità

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L’ incontro-convegno ha trat-tato la gastronomia, dal 1944ad oggi, la sua importanza e

i suoi sviluppi. di appoggio e spuntoè stato uno straordinario scritto daltitolo Padelle, non gavette dove, neglianni di guerra, durante la prigionia,due ufficiali molisani, felice Carrieroe Michele Morelli, hanno raccolto eillustrato tante ricette, per esorcizzarela fame in un periodo di grandi stentie sofferenza, trovando rifugio e forzaper sopravvivere, proprio nei ricordidella cucina di casa e nell’illusionedel cibo. Questo manuale è un ina-spettato, prezioso specchio della ga-stronomia di quegli anni, della ric-chezza dei prodotti usati nella chiusacucina familiare che, pur se i mercatierano scarsi, permetteva una buonavarietà di ingredienti. una panoramicadi molti piatti ricercati e anche divarie ricette di altre regioni.in una bella sala riservata dell’hoteleuropa, il Museo del secondo risor-gimento d’italia di rocchetta al Vol-turno (is) e Michele Palma, appassio-nato collezionista di reperti bellici,hanno allestito una piccola mostra cre-ando una suggestiva atmosfera, in cuidivise e utensili da vettovagliamentoraccontano memorie di quel difficile,amaro periodo della nostra storia.agli eccellenti relatori, gli accademicinorberto lombardi, anna Maria lom-bardi, delegata di Campobasso, e gio-vanna Maria Maj, delegata di isernia,è affidato sia l’argomento storico perdescrivere quegli anni con i valori chene emergono, sia la ricerca e l’attento,puntuale approfondimento nelle ricettedella cucina e delle tradizioni molisane

e infine il potere evocativo e ironicodello stile grafico che accompagna ildire. l’accademica ida di ianni coor-dina il convegno con la sua qualificatasensibilità, esaltando l’inno alla vita ealla sopravvivenza che il testo sa in-fondere quando gli autori non cedonoalla fame ma alla fantasia. oltre ad un numerosissimo pubblico,è presente fausto Morelli, figlio di unodegli autori del memoriale e curatoredella pubblicazione. Ci racconta questomomento venuto da lontano, il suovivo ricordo del padre e della sua in-fanzia serena. una tenera rievocazione,uno sguardo molto intimo su un’epoca,un insegnamento e una visione dellastoria fuori dagli schemi. Pure, la storiac’è tutta, dal ruolo del padre partitoper la guerra, fino al suo ritorno acasa, estremamente provato nel fisico.gli anni di prigionia e la gelosa custodiadi questo diario clandestino - che nonè frutto della follia di chi non si rasse-gna alla fame, come lo criticò giovanniguareschi, presente nello stesso lagertedesco, ma un prezioso scrigno doveraccogliere esperienze e ricordi - fumotivo di straordinaria socializzazionenel lager per lo scambio di ricette fraprigionieri. scritte con minuzioso or-dine e sapientemente illustrate, sape-vano evocare la quotidianità, fuoridagli stenti. guidati dalle parole dei relatori, en-triamo in quel particolare momentostorico, dove l’ironia è un filtro per lasofferenza di quei ricordi ma è ancheun piccolo miracolo quando è nutritadi sarcasmo verso i carcerieri, costruitocome modo di sopravvivere. gli autorimolisani del diario rappresentano la

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DI MARIA CRISTINA CARBONELLI DI LETINOAccademica di Isernia

Un diario clandestino, fatto di ricette, disegni, ironia, per non soccombere alla triste realtà di un lager.

Il cibo come metafora del vivere (e del sopravvivere)

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gente perbene del ceto medio e, sen-tendo che bisogna tenere alti i verivalori della vita anche ordinaria el’onore di potersi esprimere, esorciz-zano la fame facendola diventare fan-tasia, ironia, beffa. il coraggio servema il senso vero della vita è la pacesenza eroi, la famiglia, il lavoro. uncontinuo oscillare tra sorriso e rifles-sione, porta al cibo come rifugio, cu-riosità, ricerca.analizzando le ricette presenti, se nescoprono tante, altrove introvabili,dell’antica cucina molisana e moltealtre, nate da uno scambio, una soli-darietà inaspettata: c’è anche una ri-cetta tedesca! un vero e proprio pre-zioso ricettario internazionale, italiano,molisano, una bella raccolta di parti-colari, di modi di cucinare, di aneddotie una carrellata di prodotti tipici, fracui la modernità del tartufo.i disegni, molto curati e originali, rac-chiudono tutto quanto è stato dettocon una forte capacità grafica che dàvita al cibo e, anche senza leggere, leillustrazioni trasmettono l’attaccamentoalla propria terra con elementi moltochiari ed evocativi. gli alimenti si ani-mano ricchi di sarcasmo e ironia. Moltopresente il fumo che diventa nuvola:è il sogno che apre all’immaginario, èprofumo, è calore domestico, nostalgia,amore, è vita che abbraccia personaggie pietanze, visi e oggetti. argomenti trattati dai relatori in modoegregio, un modo di fare cultura sullagastronomia e la cucina originale ebrillante che guarda al di là, quandosi riesce a fare di un piatto, di una ri-cetta, un rifugio, un punto fermo e diforza.Mentre in piccoli gruppi si commentaanimatamente quanto ascoltato, am-mirando ancora gli interessanti repertidi guerra, degna cornice a questo in-contro, viene servito un ricco aperitivodi varietà squisita e poi una piacevoleriunione conviviale che conclude questagiornata che resterà nel cuore di tutticome un momento culturale ed emo-tivo di grande impatto e dal profondosignificato.

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ALIMENTAZIONE E BENESSERE

Un grande quadro, rappresentazione del lavoro dei campi, operadel famoso pittore bergamasco Attilio Gattafù. Ossia la metaforadel duro lavoro dei contadini impegnati nella produzione di tan-ti alimenti che portiamo in tavola. Cibi sani. Il quadro ha fatto

da sfondo alla sala confe-renze della Banca don Riz-zo, dove la Delegazione diAlcamo-Castellammare delGolfo, presieduta da LiborioCruciata, ha organizzatouna conferenza, molto par-tecipata, dal titolo “Alimen-tazione e benessere, i benefi-ci di una buona cucina”. Unauditorio attento ha seguitola relazione di Domenico

Nuzzo, ricercatore del C.N.R., nutrizionista e Accademico. Unadotta esposizione per dimostrare il binomio, strettamente corre-lato, tra alimentazione e salute. Nuzzo ha parlato dei pericoli aiquali si va incontro abusando di bevande zuccherine e alimentiprodotti su scala industriale, dando buoni consigli per una sanaalimentazione.Nel dibattito è intervenuto il vice Sindaco di Alcamo SalvatoreCusumano, che sta portando avanti, con gli agricoltori locali, ini-ziative per la promozione dell’enogastronomia e dell’ortofrutticol-tura dell’Alcamese. Ha preannunciato che presto, nei vari super-mercati locali, verrà riservato uno spazio alle produzioni del ter-ritorio, lodando “la Delegazione di Alcamo, che già si è fatta pro-motrice di numerose iniziative finalizzate a valorizzare le tipicitàlocali”. Quando si parla di cucina, però, il riferimento ai ristoran-ti è d’obbligo. Ebbene, anche nel territorio si va affermando la vo-glia di sentire ancora antichi profumi e sapori, quelli che “lo chefagricoltore” coltiva nel suo orto, condendo i piatti in tempo realecon verdure e aromi appena raccolti. È il caso del giovane chef delristorante la “Campana” di Castellammare, Leonardo Bono, re-centemente insignito con la medaglia “Orio Vergani”. Alla conferenza erano presenti, tra gli altri, Beniamino Macalu-so, Direttore del Centro Studi della Sicilia Occidentale e NicolaNocilla, Delegato di Cefalù. In molti hanno posto domande aglioratori, durante il convegno, moderato dal giornalista GiuseppeManiscalchi. Al termine dell’incontro, che ha riscosso unanimiconsensi, tavole imbandite per assaggiare varietà locali, dovehanno spiccato le famose “paste vergini” (minni di virgini) delbar Napoleon. (Giuseppe Maniscalchi)

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O rio Vergani nacque a Milano il 6 feb-braio 1898 in un contesto familiareculturalmente assai vivace: letterati,

giornalisti, gente di teatro popolavano datempo la sua famiglia. un fratello della madreMaria rosa, guido Podrecca, fu un deputatosocialista e fondatore del settimanale anticle-ricale “L’Asino”. un altro fratello della madre,Vittorio Podrecca, fondò il teatro dei piccolidi roma e la sorella Vera fu una nota attrice,la prima interprete dell’opera di Pirandello,Sei personaggi in cerca d’autore.interrotti gli studi al ginnasio (egli si definivaautodidatta), trascorse l’adolescenza in variluoghi, Chioggia, san sepolcro, Viterbo, Co-lorno, per approdare a roma dove, tra glianni Venti e trenta, trascorse la giovinezza,avendo per compagni più cari, tra gli altri, fe-derico tozzi, Corrado alvaro, rosso di sansecondo e luigi Pirandello.fin da giovane ebbe alcune grandi passioni,frutto evidentemente degli anni della sua for-mazione, certamente eclettica, tutt’altro che

programmata, curiosa e disordinata, passioniperaltro che coltivò per tutta la vita, passioni,ancor prima che “interessi”, perché nelle suevarie eterogenee attività si immerse, spesso inmodo totalizzante, d’istinto, senza reti e filtri.innanzitutto amò la letteratura: giovanissimo,pubblicò il suo primo libro di novelle, Acquaalla gola, cui seguì un fiume di altri racconti eromanzi, alcuni dei quali vincitori addiritturadi importanti premi letterari: Io povero negro(1929), Levar del sole (1933), 45 gradi all’ombra,Sotto i cieli d’Africa, Riva africana e La via nera (dal1935 al 1938), Recita in collegio (1939), Basso pro-fondo (1940, Premio Viareggio), Un giorno dellavita (1942), Udienza a porte chiuse (1957, PremioMarzotto), Memorie di ieri mattina(1958), per noncitarne che alcuni. l’ispirazione e il successo peraltrovennero come conseguenza della grande notorietàcome giornalista.neppure trentenne fondò nel 1926 il PremioBagutta, il primo premio letterario italiano inordine di tempo.amò anche il teatro, “colla polvere dei palco-

scenici, i pettegolezzi e le passioni dietro lequinte tra i quali si aggiravano divi e dive, dauna grande stagione all’altra fino alla finedella gloria e della vita”. nel 1924 fondò e di-resse il teatro d’arte di roma presieduto daPirandello e di cui fu il regista e il commedio-grafo. e scrisse varie opere teatrali: Un vigliacco,nel 1923, Il cammino sulle acque, nel 1926,commedia messa in scena da Pirandello econsiderata tra le più singolari e coraggiosedi quell’epoca, ripresa negli anni Cinquantadal Piccolo teatro di Milano. scrisse anche, einfine, Il primo amore e Se egli tornasse, nel1940. in seguito fu anche autore di soggetticinematografici e radiofonici quali Stazionisulla laguna. amò la cucina, intesa come arte della gastro-nomia, tanto da essere, nel 1953, l’ideatore euno dei fondatori dell’accademia italianadella Cucina il cui scopo precipuo era la valo-rizzazione del cibo italiano. importante espres-sione culturale di un paese e di un popolo, lacucina per lui doveva essere intesa alla luce

Il tema di Expo 2015 è, come noto, “Nutrire il pianeta.Energia per la vita”. L’evento si propone anche di darevisibilità alla tradizione, alla creatività e all’innovazionenel settore dell’alimentazione e, fra gli obiettivi, fa esplicitoriferimento alla valorizzazione della conoscenza delle “tra-dizioni alimentari” come elementi culturali ed etnici.I soggetti proponenti hanno quindi inteso promuovere unpercorso utile per la riscoperta di un luogo di incontro e diaggregazione qual è la cucina e quanto ad essa è strettamentecollegato: il cibo. La cucina, quindi, come espressione direttadell’evoluzione dell’uomo, delle culture e della società.Come i lettori ricorderanno, la nostra Accademia è entrataa far parte del progetto “Dalla Terra alla Tavola”, promossodalla Biblioteca Nazionale Braidense, la Soprintendenzaper i Beni Archeologici della Lombardia, l’Archivio di Stato,l’Associazione BiblioLavoro e la Fondazione ISEC, e ha avutoil privilegio di aprire il ciclo di incontri con una giornata de-dicata ai Sessant’anni dell’Accademia, che si è sostanziatacon la partecipazione di chi scrive, del Segretario Generale

e Presidente del Centro Studi “Franco Marenghi”, PaoloPetroni e del Consigliere di Presidenza Gianni Fossati, investe di moderatore.Anche nel secondo ciclo, l’Accademia ha dato il propriocontributo mediante una giornata di studio sul suo FondatoreOrio Vergani, un uomo di vasti e multiformi interessi culturali:giornalista, scrittore, commediografo, saggista, critico e pre-cursore dei fotoreporter, anche se più noto al grande pubblicocome cronista sportivo. Il convegno ha visto la partecipazionedi Silvia Morgana (docente di Storia della lingua italiana,Università degli Studi di Milano), del Presidente dell’AccademiaGiovanni Ballarini e di Ada Gigli Marchetti (docente di Storiacontemporanea, Università degli Studi di Milano), autricedel pregevole studio qui pubblicato, che testimonia di un’interaesistenza spesa a descrivere, per la moltitudine dei proprilettori, le cose del mondo e, in principal modo, d’Italia, cheVergani conosceva a fondo per averla percorsa in ogni punto,con puntuale ricerca degli aspetti più genuini e più autentici.

Giovanni Ballarini

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DI ADA GIGLI MARCHETTIDocente di Storia contemporanea - Università degli Studi di Milano

“Le Università per Expo 2015” - Un contributo originale della professoressa Ada Gigli Marchetti dopo la giornata di studio su Orio Vergani alla Biblioteca Nazionale Braidense.

Orio Vergani

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della sua storia e delle sue espressioni letterarie.“storia e letteratura, infatti, sono” - affermavaVergani - “le buone invisibili compagne dimensa”.e amò soprattutto il giornalismo, attività cheincominciò ad esercitare molto presto.esordì, infatti, giovanissimo, debuttando nel1917 come redattore del supplemento lette-rario de “il Messaggero”. nel 1919 ebbe ilsuo primo incarico importante. da quell’anno,infatti, fino all’aprile 1926, fu collaboratoredell’“idea nazionale”, ossia di quel foglio che,raccogliendo attorno alla figura del direttoreenrico Corradini la seconda generazione diintellettuali nazionalisti provenienti da espe-rienze ideologiche e politiche di-verse (Maraviglia, federzoni, Cop-pola, forges davanzati), dovevasvolgere un ruolo di primo pianonella definitiva elaborazione delprogramma nazionalista. Per Ver-gani l’“idea nazionale” costituìuna vera e propria scuola di gior-nalismo, e non solo: fu infattiun’importante palestra di adde-stramento politico.uomo decisamente di destra, siiscrisse fin dal 1922 al sindacatonazionale della stampa per ade-rire, quattro anni dopo, nel 1926,al Partito nazionale fascista. nel-l’anno della sua adesione al nuovopartito, e dopo aver collaboratoalla “tribuna”, venne assunto dail “Corriere della sera” che in quelmomento aveva una tiratura me-dia giornaliera di quasi 450.000copie, chiamato dal suo direttoreugo ojetti. era quella l’epoca incui le “leggi fascistissime” eranoentrate definitivamente in vigoree la fascistizzazione della stampaera ormai un fatto compiuto. Commosso eorgoglioso della chiamata del più prestigiosoquotidiano dell’epoca, Vergani in principioebbe qualche scrupolo nei riguardi del direttoredella “tribuna”, roberto forges davanzati,per il quale avrebbe dovuto partire di lì apochi giorni in missione in tripolitania al se-guito di Mussolini. tuttavia, ben lieto dellachiamata e con il pieno assenso del suo ex di-rettore, accettò la proposta. dopo aver pattuitoprecisi accordi contrattuali che gli assicuravanouno stipendio di circa 1.200 lire, cui si ag-giungeva un caro viveri di 1.400 lire, ma chegli vietavano la collaborazione a qualsiasialtro giornale, prese servizio nella redazionedel “Corriere” il 1° maggio 1926.giornalista colto, dal tratto garbato ma con

precise ambizioni, Vergani fu uno dei più ver-satili e prolifici giornalisti italiani del suotempo, versatilità che mantenne per tutta lavita lavorativa. in centinaia e centinaia di ar-ticoli egli, infatti ,scrisse di tutto: di sport, dicostume, arte e scienze, di politica, di teatro,di lettere, di radio e persino di economia e dicucina… e fu anche tra i primi ad interessarsialle arti nuove: il jazz, il cinema e la coreo-grafia. e soprattutto si occupò, perlomenofino ad una certa fase della sua vita, di politica.Questi temi erano pressoché tutti già presentifin dagli articoli dei suoi primi anni di colla-borazione al “Corriere”.incominciò infatti con pezzi di “colore”, tra i

quali, uno dei primi, Scoperte in un libro dicucina. Continuò con articoli di cultura variatra cui un’intervista a gabriele d’annunzio emolte recensioni. e continuò ancora con moltiarticoli di sport. Memorabili furono i suoi re-portage sia dal giro d’italia (dal 1927) sia dalTour di francia, tanto da farlo considerare unmaestro del giornalismo sportivo italiano cui,secondo alcuni, avrebbe guardato lo stessogianni Brera.Vergani approdò infine al giornalismo politico.e qui volle e seppe dimostrare, da subito, diessere, ad un tempo, un giornalista tecnica-mente di razza, e un militante fedelissimo.dovunque egli fosse inviato, in italia o fuori,comunque nelle zone “calde” del momento,egli si sapeva orientare, riusciva ad allacciare

le relazioni “giuste”, capiva il “luogo” e il “mo-mento”. esponeva e interpretava i fatti, spessobattendo la concorrenza di colleghi inviatida altri giornali, sempre distinguendosi perla convinta adesione ideologica al regime. èil caso, per esempio, della Cecoslovacchiadove il giovane fu inviato dal “Corriere”, pochimesi dopo la sua assunzione, e dove riuscì afare il suo primo scoop, intervistando edvardBenesč, uno dei maggiori collaboratori (e poisuccessore alla Presidenza della repubblica)di tomàŝ Masaryk nell’organizzazione delmovimento di indipendenza di quel Paese. nel settembre 1926, Vergani fu inviato inspagna per riferire della crisi che in quel mo-

mento travagliava il Paese: Ma-drid era stata posta in stato d’as-sedio e la popolazione era statachiamata ad esprimersi sull’ope-rato di de rivera. dalla spagnariuscì ad inviare non solo nume-rosi e puntuali articoli che bendescrivevano la situazione poli-tica, ma riuscì anche a realizzareil secondo scoop della sua vita algiornale: l’intervista niente menoche al dittatore Miguel Primo derivera. Man mano che il regime fascistaandava consolidandosi, la pre-senza degli articoli di Verganinel giornale diventava più inva-siva, ma anche più incisiva. Par-ticolare rilievo acquistarono gliarticoli squisitamente politici.Come già era accaduto all’iniziodella sua carriera al giornale,Vergani veniva inviato, punta didiamante, ovunque fosse neces-sario esaltare il ruolo del regime.nel 1927 fu in albania da cui in-viò numerose Lettere: Ceneri e

bagliori, L’animo e le leggi, Orizzonti economici,Un esercito che nasce… l’anno seguente fu lavolta della tripolitania da cui trasmise “pezzi”dal tenore sempre più infervorato: La marciadelle ferree truppe tripolitane per giungere allavittoria di Tregrift, L’indimenticabile giornata.La visita del re a Tripoli, Steppa di ieri.le corrispondenze dall’estero, a partire dal1929, si intensificarono ulteriormente. l’affi-dabilità politica di Vergani fece sì che a lui ilnuovo direttore del giornale subentrato aojetti, Maffio Maffii, affidasse gli incarichipiù delicati. nel maggio ebbe, infatti, in esclu-siva, il compito di seguire, come inviatospeciale ed esclusivo del “Corriere”, la “grandecrociera aerea” di Cesare Balbo a odessa, cro-ciera che fu documentatissima da osannanti

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articoli. nel settembre dello stesso anno ebbel’incarico di fare un servizio da gerusalemme. anche il direttore che successe a Maffii, aldoBorelli, continuò ad avere grande fiducia inVergani tanto da affidargli, come inviato,servizi dalle più varie parti del mondo, inzone spesso lontane e difficili: tripolitania,Cirenaica, lituania, Bulgaria. ed egli instan-cabile andava dappertutto: inondava la reda-zione di reportage, non trovando mai una sostaper la sua vita privata e non riuscendo neppurea prendersi le vacanze matrimoniali.negli anni trenta Vergani, dunque,non solo aveva già dimostratodi possedere eccezionali ca-pacità giornalistiche, ma ave-va anche testimoniato dotidi sicura affidabilità poli-tica. articoli quali: Come siforma l’italiano nuovo, Scenedi entusiasmo delirante, IlDuce inizia da Grosseto il viag-gio in Toscana. Giornata d’av-vampante entusiasmo in terra diMaremma, Il Duce parla a Livorno ma-rinara tra scene d’entusiasmo. e ancora: L’en-tusiastica giornata fiorentina del Duce. L’indi-menticabile visione in Piazza della Signoria(discorso di Mussolini), Il Duce simbolo viventedella restaurata energia della Nazione passa inrivista a Firenze magnifiche unità di tutte leforze armate, Il Duce acclamato con stravolgenteentusiasmo dal popolo napoletano…, apparsitutti nel quotidiano milanese del 1930, loavevano reso uno dei più osannanti cantoridell’epopea fascista e dei suoi eroi, in parti-colare di Mussolini, il duce, e quindi lo avevanoreso meritevole di essere nominato in quellostesso anno Cavaliere ufficiale della coronad’italia.Mussolini non fu il solo “eroe” gratificato daipeana di Vergani. a lui si aggiunsero, via vianel tempo, e sia pure con toni meno accesi etali da non scalfire la leadership del duce,Ciano, starace, Balbo… e anche qualche mem-bro della casa reale.se è vero che il duce non fu il solo suo eroe,certo fu il più grande, l’unico capace di riunireattorno a sé una vera e propria Adunata ocea-nica e di mandare in delirio le folle. Questo èquanto sosteneva il poco più che trentenneVergani in un articolo comparso il 26 ottobre1932 e che riferiva di una manifestazione or-ganizzata a Milano per ascoltare Mussolini.una cronaca in cui all’esaltazione ufficialevuole mescolarsi il “pezzo di colore”, la de-scrizione oleografica, i bozzetti di popolo, se-condo schemi tanto ad effetto quanto intrisidi movimentismo postfuturista di maniera.

È una dura impresa raggiungere piazza delDuomo. A metà strada ogni gruppo capisce che,fra poco, andare più avanti sarà, se non impos-sibile, certamente difficile. Ma si va avanti lostesso. L’atmosfera della giornata è di festa.Bella è Milano, oggi con tutti questi tricolorialle finestre, con tutto il vario colore dei manifesti,con questi echi che da ogni parte giungono dicanti e di fanfare, e con questo sordo rumoredei passi della moltitudine in cammino. Non sisa, esattamente, dove si potrà arrivare.

Ma ci si arrangia con buona volontà. Chivedrà il Duomo di scorcio, in una

lontana prospettiva, sarà già for-tunato. Il raduno si svolge in

un pittoresco miscuglio. Allecolonne che giungono dallacampagna si affiancanoquelle cittadine. Ai combat-tenti, le falangi dei giovinetti.

Le donne, le operaie dei varistabilimenti e dei vari Sinda-

cati, anche loro in lunghe file,attaccano a cantare. L’adunata ha

così qua e là i suoi cori di voci argentinee voci bianche di fanciulle.Abiti cittadini e paesani, giacche di fustagno,camicie nere e vesticciole di donne, l’azzurrodelle sciarpe dei Balilla e il bianco delle magliettedelle Piccole italiane, orologi con la custodia dicelluloide e il correggiolo di cuoio tirati fuoriper vedere quanto tempo manca all’arrivo, grap-poli di belle ragazze ridenti agli stretti balconcini,vecchi garibaldini che parlano di Bezzecca e diCondino, l’oro degli strumenti a fiato di tutte lebande e delle fanfare calate da ogni parte perdare l’assalto sonoro alla città, certe pagnottegrandi come una luna d’agosto per calmarel’aspetto mattiniero di chi è venuto dal contado,tutto il bianco, il rosso e il verde immaginabili,un’amalgama di strapaese e stracittà, la tavo-lozza più varia per chi avesse la possibilità divedere tutto… L’occhio è richiamato dalle mac-chie dei colori più densi che spiccano qua e là,quelli delle varie tenute delle uniformi, dagliAvanguardisti agli studenti in berretto gogliar-dico, dai Volontari di guerra ai gruppi degli excombattenti, fino alle pattuglie dei più diversicorpi musicali luccicanti di ottoni. Dal grandeprato vivente sorgono selve di aste e alla sommitàdi ciascuna fiorisce un gagliardetto, spicca unabandiera, si leva un cartello. Ma, poi, anchequesti colori cedono al tono generale del quadro,grigio e rosa. La ricerca del particolare è im-possibile. Se si guarda un volto, se ne scopronoaltri mille.la “penna” di Vergani continuò a correreveloce sulla carta per tutto quel decennio.Come sempre non c’era avvenimento politico,

culturale e artistico, sportivo o mondano cuiil giornalista non partecipasse e di cui eglinon riferisse con articoli talvolta così ridondantida costringere il direttore a tagliarli drastica-mente. agli articoli di routine Vergani amava aggiun-gerne altri che viveva e presentava come fruttidi nuove avventure e di nuove sfide. tra questiun memorabile reportage, anche fotografico,da molti paesi africani, risultato di un lungoviaggio “molto faticoso per il caldo ossessio-nante e la nutrizione a base di chinino”. e cifurono anche articoli che parlarono, in certomodo, della sua partecipazione alla guerracivile spagnola.la politica, dunque, continuava ad essere iltema dominante di Vergani; il successo nonsolo lo gratificava e lo rendeva sempre più“caro al regime”, ma gli permetteva soprattuttodi essere al centro dei grandi eventi, al centroinsomma della “storia”. tali furono, per esem-pio, i ripetuti incontri di Mussolini con hitlere tale fu il viaggio che il giornalista fece inetiopia tra la fine del 1937 e l’inizio del 1938.in entrambi i casi Vergani non mancò di met-tere in grande rilievo il ruolo che egli avevaavuto e di cui quindi il “Corriere” avrebbe do-vuto vantarsi. a proposito dell’incontro Mus-solini - hitler del settembre 1937, egli scrivevainfatti al suo direttore: Comincio a trasmettere il mio servizio che credosarà veramente importante perché recatomi,per particolarissimo intervento al confine, sologiornalista con Baroni della Stampa, ho potutocompiere il viaggio nella stessa vettura salonedel convoglio presidenziale e assistere al primoincontro del Duce col Fuhrer e accompagnarloin auto per tutta la città sino alle 15. Sono cosìpure stato il solo a salire al seguito del Ducenell’appartamento privato del Fuhrer e lì misono trattenuto per oltre un’ora mentre sisvolgeva il primo colloquio così da poter descriverel’appartamento e la scena in tutti i loro parti-colari.Solo giornalista ho quindi accompagnato ilDuce al sacrario e alla casa degli italiani. Credoche il pezzo che vorrei intitolare: “Nel treno delDuce e nella casa del Fuhrer”, sarà la vera eunica cosa vista di tutta la giornata e l’unicascritta seguendo personalmente i due uominidi stato.Il mio servizio in ogni modo non ha a che farein nessuna parte con quelli di Tomaselli e Pavoliniche verranno dettati successivamente. Nellacasa del Fuhrer e nelle altre cerimonie da meviste non c’erano nemmeno gli informatori dellaStefani e delle Agenzie tedesche.a proposito del suo lungo viaggio in etiopia,da cui inviò numerosi articoli e fotografie,

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Vergani metteva in risalto come egli fosse “ilprimo giornalista a compiere… l’intero girodell’impero” e come, proprio per questo, peressere cioè testimone oculare di quanto avve-niva in quella regione, egli solo potesse riferirenotizie veritiere e quindi attendibili. l’11 di-cembre 1937 scriveva infatti a Borelli: Caro direttore ti ho spedito stamani l’ottavoarticolo e spedirò tra un paio di giorni gli altriche si riferiscono al viaggio per Addis Abeba.Abbiamo avuto notizia oggi della conferma delMaresciallo Graziani a Comandante delle truppeper tutto l’Impero. Questo ti avrà fatto capiremolte cose della situazione locale, cose alle qualigli articoli non possono accennare, ma di cui tiinformo perché il giornale ne sia tempestivamenteavvertito. Uno stato di rivolta, fomentato davari influssi stranieri, permane e si è accentuatonell’Impero dall’agosto, soprattutto nelle zoneconfinanti col Sudan… Di qui difficoltà dellecomunicazioni e difficoltà di una tranquillaespansione economica e delle ricerche di sfrut-tamento pratico…allo scoppio del conflitto mondiale, nel luglio1940, Vergani fu inviato sul fronte occidentalecome corrispondente di guerra e quindi em-bedded al seguito della Marina. a partire daquel momento, come era ovvio, gli articoliche riferivano delle operazioni militari preserogradatamente il sopravvento su tutti gli altri.il linguaggio del giornalista diventò - se pos-sibile - ancora più ridondante e retorico. itoni si alzarono. il nemico sistematicamentee ovviamente demonizzato. le forze italianesistematicamente e ovviamente esaltate perle “titaniche” imprese compiute. nel 1941,per non addurre che qualche esempio, uscivanoinfatti articoli quali: Ecatombe di velivoli nemici,Vittorioso scontro aeronavale nel Mediterraneocentrale, Il pedaggio di sangue pagato dal nemicoalle nostre forze aeronavali nel Mediterraneo,La gloriosa gente dei nostri arditi di mare…,articoli che gli valsero in quello stesso anno ilPremio della reale accademia d’italia perl’arte narrativa. a questi ne seguirono moltialtri dello stesso tenore nel 1942: Tre som-mergibili oceanici sono tornati vittoriosamentealla base, A ritmo serrato: gli affondamenti dinavi nemiche, Come è stato affondato dai nostriMas del Mar Nero la “Crimea rossa”, La selvadi siluri che spezza ventimila tonnellate di naviin Algeria. L’elogio del Duce.il 1° marzo 1943 Vergani, giornalista di “granclasse” - così lo definiva il Ministro dellacultura popolare, alessandro Pavolini - venneaddirittura nominato corrispondente politicoda roma da Borelli il quale, nell’annunciar-glielo, gli raccomandava di “mantenere algiornale… quella alta attività che gli era valsa

la designazione del nuovo posto e il consensoammirativo di tanto pubblico”. Vergani nonebbe il tempo di mantenere al giornale “l’altaattività” che Borelli gli riconosceva. Pochimesi dopo infatti, il 9 agosto, durante i “qua-rantacinque giorni”, venne licenziato dal nuovodirettore, ettore Janni, per ovvie ragioni di“convenienza politica”. Per il giornalista il li-cenziamento fu un colpo assai duro, convintocom’era, e com’era sempre stato, di aver datoper lunghi anni all’azienda la sua attività colmassimo scrupolo possibile nei più vari campi.epurato nel 1945, si limitò per qualche tempoa prestare piccole collaborazioni in vari giornalie con diversi editori che gli permisero la so-pravvivenza economica, e non solo.il vento tuttavia sembrò presto cambiare. l’an-no seguente, quando alla direzione del “Cor-riere” giunse guglielmo emmanuel, Verganivenne riassunto (vicenda non del tutto ina-spettata se è vero che il giornale anche dopoil licenziamento ospitò qualche contributo diVergani). il 7 settembre 1946 riprese servizioin redazione con il compito non solo di occu-parsi di cultura e di spettacoli, ma anche dicollaborare con il quotidiano del pomeriggio“Corriere d’informazione”. Con gli articoli dicultura e di spettacolo, Vergani riportò algiornale i suoi articoli di costume (si occupòanche del concorso di Miss italia e del festivaldi san remo…) e riportò soprattutto gliarticoli sportivi, in particolare quelli di ciclismoche cantavano le mitiche gesta degli eroi deldopoguerra: il “divino” Coppi e Bartali. e la politica? la politica era ormai un capitolochiuso. scomparsa dai suoi articoli sul “Corrieredella sera” ritornava però in tono assai dimessonella sua opera Alfabeto del XX secolo e neidiari che egli scrisse tra il 1950 e il 1959,usciti postumi e raggruppati in una pubblica-zione intitolata Misure del tempo: diario. inun passo del suo diario di poco prima dellasua scomparsa Vergani infatti scriveva: Sono a Marina di Ravenna per un premio dipittura. Al pomeriggio ho visitato il capannodov’è morta Anita Garibaldi. Alle otto di serasono a pranzo con Biancini, con mio figlioGuido e pittori locali in una trattoria conannesso dancing, lampioncini alla veneziana eorchestrina. Pranzo cattivo, conversazione fa-stidiosa. Alle nove e mezza mi si avvicina unvecchio amico proprietario di una casa di pro-duzione di documentari cinematografici e dicinegiornali. Mi dice di essere informato che lasalma di Mussolini è stata trasportata oggi aPredappio. La notizia dovrebbe tentarmi, e,come si dice, ispirarmi un servizio. L’idea delservizio - annotava con un certo pathos il gior-nalista che peraltro non accennava affatto a

rinnegare il suo passato - mi lascia perfetta-mente indifferente. Ho passato tanti anni ascrivere servizi su Mussolini. Conosco troppo isuoi errori per esaltarmi all’idea di quest’ultimacronaca sepolcrale. La pietà del sepolcro eradoverosa: ma non posso fare a meno di pensareagli infiniti uomini che per la sua guerra, sonorimasti, giovani senza sepoltura sulle vie delmondo: alle città distrutte, alle vecchie e aibambini morti nei combattimenti. Sui due piattidella bilancia Fascismo e Sconfitta, quest’ultimapesa terribilmente.Per Mussolini ho rischiato molte volte la vita.Oggi la partita è chiusa. L’avvenimento di Pre-dappio ha per me una distanza lunare. Scriverenon sarebbe che un’esercitazione di retorica fred-da: riaprire una pagina che da molti anni con-sidero chiusa. Sono stato per quasi venti anni ilcronista-principe delle manifestazioni mussoli-niane. È un tempo definitivamente chiuso. Nonvoglio né giudicare né scrivere bugie.se il capitolo della politica era ormai chiuso,non lo era certo quello della sua attività, vera-mente frenetica, come frenetico era stato ilsuo stile di vita che finì per logorare anzitempola sua pur forte fibra. “Vergani scriveva, fumavatroppo, correva sempre, onnipresente”.Per tutti gli anni Cinquanta il giornalista con-tinuò dunque a scrivere, come nel passato,forse anche di più, e di tutto. “Alla normaleattività di collaboratore e di inviato speciale,accanto agli elzeviri, ai saggi, alle interviste,alle recensioni, alle note di viaggio, alle variazioniteatrali, alle rubriche differenti, firmate conpiù pseudonimi, scriveva romanzi, commedie,introduzioni alle pubblicazioni altrui, tenevaconferenze, partecipava a riunioni, presiedevagiurie di premi artistici e letterari, stava intesta alle Accademie (compresa quella… Italianadella Cucina), stilava prefazioni ai cataloghidelle mostre d’arte, componeva pezzi di varietàper la radio e la televisione...”. e proprio al-l’accademia e alla rivista da lui fortementevoluta, “l’almanacco dell’accademia italianadella Cucina”, Vergani affidò il suo ultimo ar-ticolo poco prima di morire d’infarto il 6aprile 1960.scrivendo il “pezzo” di apertura del primonumero della rivista, dedicato alla cucina ro-mana (Piena di forza e di soavità), il giornalistain realtà sembrò chiudere il cerchio della suavita risalendo ai ricordi della sua prima gio-vinezza: “Ero figlio di famiglia e a 17 anniguadagnavo già un piccolo stipendio, ma lamaggior parte di quei soldi doveva passare nellacasa di famiglia: i soldi che mi avanzavano ba-stavano per le sigarette e per le caldarroste…”.

ADA GIGLI MARCHETTI

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M olti ancora non sanno cosasia la carne podolica. Primadi elencarne le qualità e il

valore nutrizionale, vedremo di co-noscere più dettagliatamente questarazza bovina così unica da regalarciun prodotto di nicchia, una carne d’ec-cellenza.nel fare questa conoscenza, elencan-done le origini e i luoghi dove attual-mente viene allevata, non ci sfuggiràdi cogliere anche l’aspetto “psicologico”che accompagna il bovino podolicodurante tutto il suo percorso di vita.ormai siamo sommersi da articoli etesti interi che denunciano le modalitàmalsane degli allevamenti, e non solodi quelli bovini, dove l’animale è co-stretto a vivere nelle stalle, privandolodell’istinto primario del pascolo, ali-mentato invece con del foraggio chemolte volte viene supportato da altresostanze nutritive. C’è chi è andato

oltre, affermando che l’umore che ilbovino sviluppa, vivendoin cattività, possa pro-durre degli ormoni cheinciderebbero sulla qua-lità della carne. in pocheparole, c’è chi sostieneche la carne dell’ani-male triste non è certoun buon prodotto. nonè un’esagerazione, unvoler umanizzare or-mai qualsiasi formadi vita sulla terra, maè un invito ad ana-

lizzare con curiosità laqualità della vita di questa razza, cheha la possibilità di pascolare libera-mente, nutrendosi al pascolo brado osemibrado, in un contesto spettacolareche la natura offre.in Puglia, gli allevamenti podolici sonopresenti nella provincia di foggia, gar-gano, sub-appennino dauno, nellaMurgia tarantina e in quella barese.Questi allevamenti, come altri in italia,sono riconosciuti per la loro specificitàdall’associazione nazionale allevatoribovini carne (anabic), che gestiscedal 1966 i libri genealogici delle razzebianche italiane (chianina, romagnola,marchigiana, maremmana, podolica).i luoghi di allevamento hanno tuttiuna caratteristica in comune: perfettoequilibrio tra gestione del territorio eintervento dell’uomo per la sua messain opera. Questa razza, per bontà umana (con itempi che corrono sembrerà un po’strano!), ha il dono di poter vivere,nutrirsi e riprodursi in modo intelli-gente, godendo dell’armonia che viene

a crearsi dal rispetto della natura, dellaterra e del lavoro dell’uomo.“Caratteristica peculiare di questo bo-vino è l’eccezionale potere di adatta-mento ad ambienti particolarmentedifficili, nonché la straordinaria ca-pacità di utilizzare risorse alimentariche non potrebbero essere sfruttatediversamente. Questo bestiame, infatti,riesce a valorizzare pascoli cespugliati,stoppie, macchie, utilizzando le fogliedi essenza arbustive, i ricacci di quellearboree e la produzione erbacea delsottobosco” (La razza podolica-Anabic).oltre all’ignaro bovino e al territorio,verso il quale c’è un estremo rispetto,ne trae beneficio soprattutto il consu-matore, in quanto ha la possibilità diacquistare un alimento dall’elevatovalore salutistico. tra l’altro, il gustodella carne podolica è unico, intenso,vero, corposo e genuino. Questa razza prende origine dal BosPrimigenius Podolicus, un bovino digrande mole e dalle corna lunghe, chesi suppone sia stato allevato in Mediooriente nel iV millennio a.C. e siagiunto in italia nel 452 d.C. al seguitodegli unni, passati attraverso le steppeucraine, vera culla della razza podolica.si pensa anche che possa essere arri-vato in italia già dal i secolo a. C. daCreta, dove fin dall’epoca minoica esi-steva il bovino macrocero identificabilecon il Bos Primigenius. originariamente,la razza podolica era destinata esclu-sivamente al lavoro; solo successiva-mente sarà valorizzata per la sua carnee il latte, che una volta munto vienetrasformato in mozzarelle, trecce e so-prattutto nel rinomato caciocavallo.

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DI ANTONELLA CAROLI ANGIULIAccademica di Lecce

I bovini di questa razza sono allevati allo stato brado o semibrado: anche gli animali possono vivere “felici”.

La carne podolica in Puglia

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È proprio vero: la francia a tavolaha sempre dettato legge. e noncerto grazie alle sue armi, che

dopo la parentesi napoleonica sonosempre andate maluccio, quanto piut-tosto per un genius loci esteso quantotutto il paese e con un ego smisurato,che ha sempre trattato con estremasufficienza le cucine altrui, giusto sal-vandone pochi piatti e infilandoli ditanto in tanto nei propri menu, un po’per esotismo e un po’ per ostentare be-nevolenza, cultura e ampiezza di vedute.Quando auguste escoffier, leggendario“re dei cuochi e cuoco dei re”, dà allestampe Le Guide culinaire, aide-mémoirede cuisine pratique nel 1903, fa tuttoquello che regolarmente facevano, efanno, gli autori di libri di cucina: co-dificano l’esistente, ossia la grande cu-cina francese. in qualche caso aggiun-gono una spolverata di farina del lorosacco e un grosso pizzico di fantasia.

Per quanto riguarda i piatti della cucinaitaliana adottati, essi appartengono adaree geografiche ben precise, e ad unmusicista. il Piemonte, e questo si spiegacon una contiguità geografica e conterritori pressoché comuni, ovvero con-tesi con le armi o più semplicementeacquistati o venduti a seconda dellecircostanze, alleanze o debiti da pagare.Milano, quasi a voler ricordare il pesoche ebbe nella nostra seconda guerrad’indipendenza con le vittorie di sol-ferino e san Martino, che sottrasserola lombardia e il suo capoluogo al con-corrente asburgico. un musicista, di-cevamo, quel gioacchino rossini cheaveva deciso di trascorrere la propriavita a Parigi e che amava soprattuttotartufi e foie-gras a tal punto che daquel momento in poi tutte le prepara-zioni contenenti i succitati ingredientiprenderanno il patronimico “rossini”.infine napoli, non si sa bene perché,forse per pura simpatia. in effetti i na-poletani sono stati gli unici, anche secon dieci anni di ritardo e per brevedurata, a importare la loro rivoluzione,e non solo, sono stati anche gli unicieuropei ad aver accolto con felicità learmate napoleoniche e con sincero en-tusiasmo gioacchino Murat quale re.allora, come non aggiungere al numerosterminato delle sue preparazioni i Ma-caronis? tiene subito a precisare: “sonodesignate, con questo nome, tutte lepaste di forma cilindrica, dagli spaghettila cui grossezza è quella di un grossovermicello fino ai cannelloni il cui dia-metro interno è di un centimetro. tuttele paste sono cotte in acqua bollente...”.dopo aver con alterne fortune svolaz-zato tra quelli à l’italienne, à la Milanaise,

à la Sicilienne e à la Piemontaise (questiultimi, bontà sua, con 200 grammi ditartufi bianchi), arriviamo finalmentea quelli à la Napolitaine.“spessi maccheroni bolliti, tenuti aldente; tagliati a pezzi e conditi di burro.Preparare uno stufato di bue al vinorosso e al pomodoro; lasciatelo cuocere10 o 12 ore perché deve ridursi in purè,e passatelo al setaccio. disporre in unostampo un letto di formaggio grattu-giato, ricoprirlo con uno strato di salsa,poi un letto di maccheroni. alternarecosì formaggio, salsa e maccheroni,fino al riempimento dello stampo, eservirli tal quale”. gli devono esseregiunti lontani echi di come si preparavail ragù. Ma non malissimo, date le di-stanze e l’epoca.Pur non essendoci mai venuto, escoffiersviluppa un’insana passione per l’excapitale del regno delle due sicilie ead una serie di preparazioni, a noi pres-soché sconosciute, affibbia l’epiteto àla Napolitaine.esordisce con un Consommè Napolitain,che compare caldo nei mesi invernali efreddo in quelli estivi; ne L’Aide mémoireculinaire, 1919, volume nel quale ricordaper sommi capi le preparazioni ai cuochi,parla di un consommè di semola addi-zionato di un terzo di purèe di pomo-doro, e guarnito con Queue de boeuf àla napolitaine tagliata in grossi dadi,brasata con vino bianco e brodo conaromi, carote, cipolle e pomodori. sem-pre à la Napolitaine ci sono dei Pommesd’amour, un Timbale de sole, un asso-lutamente incredibile Timbale de filetsde chevreuil (capriolo), una garnitureper grossi arrosti o volatili compostada Macaroni dit “Bec de plume”, nome

DI CLAUDIO NOVELLIAccademico di Napoli-Capri

Sono numerose le ricette che il grande cuoco francese attribuì a Napoli. Peccato che la maggior parte erano “napoletane” solo di nome.

Escoffier “alla napoletana”

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assai più affascinante per le nostre co-munissime “penne” condite col fondodi cottura delle carni, e legati congruyère e parmigiano, purè di pomodorie burro.un Timbale Napolitaine de cervelle pre-vede invece uno stampo cilindrico fo-derato di maccheroni, evidentementebucatini, perché poi indica di montarlia spirale e tenuti insieme da uno stratodi farcia; guarnire con dadini di cervellae funghi legati con una démi-glace alpomodoro. stufare.

a parte, altra salsa démi-glace, burro epomodoro. gli era forse giunta notiziadel nostro ben più fastoso timballoflammand o cerino di bucatini? e chedire di una vaga Cote de veau, una co-stoletta di vitello stufata, asciugata ericoperta sui due lati con una bechamelben ferma, arricchita di formaggio grat-tugiato, impanata all’inglese e fritta nelburro, con sempre al fianco la ormaitradizionale garniture, o di un Soufflè,dove a una purée di pomodoro ben ri-stretta si miscela una bechamel assai

densa, tuorli d’uovo e albumi montatia neve. a forma di timballo, alternandocon maccheroni legati con parmigiano.in forno a fuoco dolce. Per fortuna dialtre preparazioni, quali un’insalata ditonno, delle uova e delle Omelette sur-prise, escoffier non ha lasciato indica-zioni o suggerimenti, ma certamente,anche loro, come le altre descritte, dinapoletano avranno avuto ben poco,tranne il nome.

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PROFUMO DI UNA TERRA: IL BASILICOTra le acacie, le ginestre, gli alberi di giuda, le spolverate di pervinca e viola e i tanti profumi che c’inebriano attraversandole belle strade della Campania, e in particolare quelle che da Salerno, lungo il mare, portano nel basso Cilento, ecco emer-gere quella pianta aromatica, intensa e profumata: il basilico - Ocymum basilicum L. o basilikon (erba regia) - Herbe ro-yale. Fiorisce nei giardini, nei vasi con fusti eretti e ramificati, con foglie ovate, a volte bollose, da cui emergono piccoli fioribianchi o rosa che, seccati, diventano i semi per il nuovo anno. Inebria quel profumo, che più tardi si potrà assaporare nel-le salse, nelle minestre o, crudo, con un crostino di pane e una fetta di formaggio semipiccante. Scegliamo: c’è la varietà“Cinnamom”, originaria del Messico con i fiori rosa, il “dark opal” con i fiori rosa-malva, il “minimum” o basilico grecodalle foglie piccole, a cespuglio, con fiori bianchi, il “purple ruffles” dagli steli rosso viola, il “crispum”, l’“anise” dal profu-mo di anice. Nei giardini, spesso, in estate, strofinandolo sulla pelle allontaneremo le zanzare. Le sue proprietà sono infini-te e, per dirne alcune, è stimolante, antisettico, antinfiammatorio, diuretico, digestivo, afrodisiaco. Siete affetti da emicra-nia, afte, acidità di stomaco, insonnia, ansia, nausee da gravidanza, pressione bassa, dolori articolari, raffreddore, cadu-ta dei capelli, problemi circolatori o sintomi di pazzia? Sono qua, sono il basilico e risolvo ogni cosa.In cucina, eccoci davanti a una “caprese” che, con pomodori, mozzarella e foglie di basilico dona, insieme ai colori dellanostra bandiera, la freschezza di profumi e la fragranza dei sapori. La regina Margherita, nella pizza a lei dedicata, nonavrebbe potuto fare a meno di questo aroma.Originario delle regioni tropicali dell’Asia e dell’Africa, dell’India e dell’antica Persia, si è diffuso in tutto il bacino del Medi-terraneo e in quasi tutti i paesi caldi e temperati del mondo, attraverso i viaggiatori esploratori dell’800. In Cina, nel 1060d.C., era annoverato tra le piante medicinali e nell’antico Egitto e in Arabia erano annoverate le sue qualità medicinali. Plinio il Vecchio lo cita come pianta capace di risvegliare l’eros. Inoltre, basilico e granchi danno sollievo alle punture delloscorpione. Mentre il succo di basilico, col grasso d’oca, fa bene all’orecchio.In India il basilico santo (Ocimum sanctum), detto “tulsi” o “tulasi” (incomparabile), è una pianta sacra nella quale si im-persona Lakshami, sposa di Visnù, dea della bellezza e dell’armonia, che protegge chi vuol curare il proprio corpo e daredei figli. Spalanca le porte del cielo e, per questo motivo, a un moribondo si pone sulla fronte una foglia di basilico. È nellamedicina Ayurveda un elisir di lunga vita. Proprio in India, nel 1800, alcuni inglesi indossarono una collana di legno dibasilico per neutralizzare l’elettricità dei fulmini. I Greci e i Romani pensavano che seminare una pianta di basilico, ac-compagnandola da maledizioni, la rendesse sana, mentre nel Medioevo, per raccoglierlo, era necessario lavare la manodestra a tre fonti diverse per renderla pura. Il basilico è stato ritenuto anche simbolo dell’odio.Boccaccio, nel “Decamerone”: “Il basilico per lo lungo e continuo studio sì per la grassezza della terra procedente dalla te-sta corrotta che dentro v’era, divenne bellissimo e odorifero molto”. Carducci: “Vieni, la panzanella con le cipolline e il ba-silico è così buona la sera”. Verga: “Le colline erano tornate a vestirsi di verde e i fichidindia erano di nuovo in fiore. Le ra-gazze avevano seminato il basilico alla finestra e ci si venivano a posare le farfalle bianche”. Sempre in Verga: “Comare dibasilico è lo scambio di piantine di basilico”. D’Annunzio: “A suolo a suolo/basilico ti stendo/che tu ci dorma/che tu lo ta-gli/che tu l’odori/che di me ti rammenti”. Dessì: “L’odore che è nell’aria non è soltanto odore di basilico, di foglie di vite, dicedrina, è quel fiato caldo e vasto, è l’aria stessa del nostro paese”.Discusso, condannato o esaltato, il basilico, in Campania e in tutto il nostro Paese, da giugno a novembre alza la sua bellatesta e inebria del suo profumo e del suo sapore. (Maria Monica Martino)

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I l pane e la birra erano la base del-l’alimentazione degli antichi egi-ziani. la coltivazione dei cereali

era una delle attività più importanti,fin dall’epoca Predinastica e i cerealicoltivati nella valle del nilo erano es-senzialmente tre: il farro (triticum di-coccum), un tipo di frumento (proba-bilmente triticum aestivum) e l’orzo(hordeum sativum vulgare). la farinaottenuta era utilizzata per fare panedi vario tipo. le forme erano moltovarie, ma i più caratteristici erano ipani a forma di cono (con valore anchereligioso), e i pani tondi. talvolta eranocoperti di semi di cumino per insapo-rirli. spesso il pane tondo veniva svuo-tato della mollica e riempito con unripieno di carne e formaggio (in epocaellenistica), o con polpette di carne, ocon fegato di bovino. era molto diffusala farinata di cereali (grano, orzo ofarro), una specie di porridge, chiamataathera. il lievito non era conosciuto, eper lievitare la pasta di pane si usaval’avanzo della pasta del giorno prece-dente. la cottura avveniva in forni do-mestici. Con l’aggiunta di miele, fichi,datteri e uva passa, si ottenevano fo-cacce dolci; la pasta dolce poteva esserearrotolata a spirale e fritta nel grassoin una specie di padella. i pani d’orzo,invece, servivano soprattutto alla fab-bricazione della birra. la caccia e la pesca furono tra le attivitàpiù praticate nell’antico egitto fin dal-l’epoca preistorica e naturalmente han-no sempre fornito carne e pesce perl’alimentazione. si tratta soprattuttodi piccioni, anatre, oche, gru e varitipi di uccelli acquatici. le prede cat-turate venivano preparate e messe

sotto sale dentro grosse giare per essereconservate. Quanto alla pesca, moltopraticata soprattutto dalle classi menoabbienti e grazie alla pescosità delnilo, rappresentava anch’essa un’im-portante fonte di nutrimento. sullariva i pesci venivano aperti, puliti dalleinteriora, appesi a seccare e infineposti sotto sale dentro grandi giare

DI MARIA CRISTINA GUIDOTTIDirettrice del Museo Egizio di Firenze

La civiltà egizia, così lontana da noi per usi e religione, ha invece una cultura gastronomica spesso più simile alla nostra, di quanto non lo sia stata quella della civiltà romana.

Una cena nell’antico Egitto

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per la conservazione; il pesce frescoera invece cucinato di solito arrosto olessato. dalle uova dei muggini era ri-cavata anche una specie di bottarga.le uova, anche di struzzo, erano pre-senti sulla mensa egizia. l’allevamentoa scopo alimentare era praticato so-prattutto per i bovini, utilizzati ancheper i lavori agricoli, e per ovini, caprini,maiali e conigli. Ma anche alcuni tipidi uccelli venivano allevati: anatre,oche e gru appaiono rinchiuse in re-cinti, con inservienti che introduconoa forza nei becchi una specie di pastonecotto su bracieri, per far ingrassare i

volatili. gli egiziani preferivano allacarne arrostita, o allo spiedo, quellalessata, con la quale potevano esserepreparati anche succulenti pasticci.Per condire e friggere (altro tipo dicottura già in voga allora) era usato ilgrasso d’oca, o di maiale, o di bovino,molto meno l’olio. il sale e le spezieerano spesso presenti, come ginepro,anice, coriandolo, cumino. le verdureerano coltivate, in particolare lattuga(con valore anche religioso), cetrioli,ceci, fave, lenticchie, piselli, cavolo,cipolle, porri, aglio. Burro e formaggierano prodotti con il latte bovino,ovino e caprino. era coltivata e raccoltafrutta di vario tipo: cocomeri, meloni,mele, melagrane, uva, giuggiole, dat-teri. la coltivazione dell’uva, sia comefrutto sia per produrre il vino, è atte-stata in egitto fin dall’epoca Protodi-nastica; il vino era prodotto con uvasia bianca sia rossa. Veniva invecchiatoin anfore vinarie, che di solito ripor-tavano scritta l’annata (in base agli

anni di regno del faraone) e la tenutadi provenienza. forse è interessantetenere presente che esisteva il som-melier, anche se il vino, come bevanda,non ebbe mai la diffusione e l’impor-tanza che ebbe invece la birra, spessoprodotta anche in casa spremendo,attraverso un setaccio, dei pani di orzonon completamente cotti, imbevuti diliquore di datteri. la coltivazione del-l’olivo fu introdotta in egitto dall’orien-te solo nel nuovo regno, e anche dopo,l’olio d’oliva non fu tra i più usati incucina. gli oli più utilizzati per condiree per friggere erano l’olio di sesamo,quello di lino e soprattutto l’olio bak,tratto dalla noce di moringa. Moltopraticate erano invece l’apicoltura, so-prattutto nel delta del nilo, e la raccoltadel miele, utilizzato come dolcificante,ma anche puro sulle mense più ricche,o come ingrediente per produrre far-maci e cosmetici.

MARIA CRISTINA GUIDOTTISee International Summary page 77

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“AD ABUNDANTIAM”Oggigiorno non si parla e non si scrive più una “lingua”, ma un linguaggio infarcito da termini inglesio da neologismi astrusi. La sintassi, la grammatica sono massacrati senza pietà. Eppure in questoscempio, sopravvive, sconnesso e soffocato, il nostro caro e vecchio latino. E non solo quando viene an-ch’esso sbeffeggiato con i “mattarellum” e i “porcellum”, ma anche nel parlare comune. Sono centinaiale parole latine che appaiono tutti i giorni emergendo dal buio dei secoli. Consultiamo l’“agenda”, pre-sentiamo il “curriculum”, rispettiamo l’“habitat”, la sera ci rilassiamo davanti al “video”, stiamo atten-ti al “bonus malus” nell’assicurare la nostra auto e spesso finiamo un elenco con “et cetera”. Fra le tanteparole e allocuzioni, molte riguardano uno degli aspetti del vivere civile al quale i Romani tenevanomolto: il “manducare” termine volgare che usiamo spesso e che deriva da “mandere” (masticare). Quante volte nelle riunioni conviviali accademiche, quando in tavola arriva il vino, c’è sempre qualcu-no che esclama “Finalmente! Nunc est bibendum” e nel brindisi spesso aleggia “prosit”! Quel nettare diBacco che è battezzato a volte con nomi latini “Est, Est, Est” o “Lacrima Christi” e che possiede il potereliberatorio, per la gioia di chi lo beve, “In vino veritas”.Nelle discussioni fra Accademici sulla valutazione del piatto, entra spesso trionfalmente la famosa frase“De gustibus non est disputandum”, e, all’arrivo del dessert, c’è chi esclama “Dulcis in fundo”. Se il me-nu è particolarmente ricco, c’è la frase adatta “ad abundantiam”. Non possiamo non concludere conl’allocuzione della Scuola salernitana, che a volte sentiamo proclamare dagli Accademici “latinisti”:“post prandium aut stabis aut lente deambulabis”. Ed è proprio vero, niente di meglio di una passeggia-tina al fresco notturno dopo un’abbondante cena.(G. G.)

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L a nostra cucina tradizionale pre-senta caratteristiche di sempli-cità, intesa anche nell’accezione

di “compagna della verità”, come a suotempo affermato dal critico letterariofrancesco de sanctis? alcune personaliconsiderazioni, di seguito esposte, po-tranno tornare utili per dare prime ri-sposte al quesito. agli occhi di un operatore professionaleo di un consumato fruitore, la cucinaitaliana appare fondamentalmente sem-plice: a una sostanziale semplicità strut-turale sembrano infatti improntate, ingenerale, le pietanze che in essa trovanoaccoglimento e le connesse modalitàdi preparazione, elaborazione e cottura.un approccio cosiddetto “fenomeno-logico” conferma pure il valore di veritàdell’asserzione: quanto percepito daisensi trova sempre corrispondenza nellarealtà dei preparati; lo scrutinio daparte degli organi di senso permette

quasi sempre di formarsi un’idea nonvaga della pietanza proposta e degliingredienti di cui si compone, senzaincertezze attribuibili a falsa percezione.la conoscenza della materia da partedel valutatore gioca senz’altro un ruolodecisivo: a prescindere dall’obiettivaconsistenza, qualsiasi realtà appare na-turalmente semplice a chi ne possiedecognizione.allo stesso modo, la semplicità di fondodella nostra cucina, ravvisabile anchenei preparati in apparenza più com-plessi, non è solo quella riveniente dallastruttura oggettiva dei procedimenti,quanto quella soggettivamente percepitain base al modo di guardare ad essa; diqui la rilevanza pure dei profili psico-logici sottesi alla valutazione: questadifferisce notevolmente nella conside-razione di chi, impegnato nei compitidi cucina o immedesimato nel sempliceatto del consumo, gode di sufficientedisponibilità temporale ovvero di chisi sente condizionato, nell’assolvimentodelle medesime incombenze, da ritmiimposti da forme e stili di vita noncompatibili con le possibilità di un se-reno giudizio. la cucina italiana, comunque, malgradola ricca inventiva di cui è naturaleespressione, contempla un novero li-mitato di “famiglie” di procedimenti epratiche; l’estrema articolazione regio-nale dei piatti della tradizione è infattiriconducibile ad un’alquanto circoscrittaplatea di soluzioni canoniche, essendole molteplici variazioni interpretative,affermatesi localmente, dipendenti perlo più dalla variegata disponibilità ter-ritoriale di materie prime, oltre chedalle specifiche vocazioni delle popo-

lazioni, spesso portate a contrassegnarein modo rituale, nelle varie ricorrenze,la preparazione e il consumo di deter-minati piatti.nella pratica quotidiana, si è sempreseguito l’elementare principio di uti-lizzare soltanto quel che si aveva a di-sposizione, sia territorialmente sia sta-gionalmente, escogitando e affinandole tecniche più opportune utili a mas-simizzare il risultato complessivo intermini di sostentamento familiare edi gusto; si è per questo sviluppataun’elevata sensibilità alla ricerca di pro-dotti semplici e naturali, nelle molteplicivarietà presenti per ciascuna specie,ormai sparute nicchie a livello territo-riale. nell’attuale società globalizzata,questo principio, espressione di sem-plicità e di economicità dei comporta-menti alimentari, risulta di sempre piùdifficile applicazione, attesa l’accresciutae facile disponibilità di materie primedi qualsivoglia natura e provenienza;le ampliate possibilità, conferendo ul-teriori gradi di libertà ad operatori pro-fessionali e a frettolosi utenti occasionali,si rivelano opportune per sperimentarenuove materie prime, anche di altreculture e tradizioni, ma al tempo stessofanno emergere ancor più, dal con-fronto, le qualità intrinseche dei nostriprodotti del territorio, frutto di antichie sapienti procedimenti selettivi e arti-gianali. l’esame delle tradizioni locali o regionalidà modo di pervenire quasi sempre aduna storia sociologica delle relative co-munità; ciò è dovuto, oltre che alla pe-culiare caratterizzazione di ogni singolacucina e alla sua naturale coerenza siacon i prodotti del territorio sia con gli

DI DONATO PASQUARIELLOAccademico di Roma Appia

La semplicità di base della nostra cucina regionale è stata, negli ultimi tempi, sopraffatta da pseudo-arricchimenti, spesso di mera apparenza, veicolati da altre tradizioni e, soprattutto, da nuove mode.

La semplicità in cucina

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usi e le pratiche seguiti dalla popola-zione, anche alla facilità con cui si èpotuto di conseguenza garantirne neltempo la trasmissione familiare e in-tergenerazionale. le soluzioni così per-venuteci, al di là di comprensibili dif-ferenziazioni localmente rilevanti, co-stituiscono il risultato di attente verifi-cazioni e sperimentazioni, sia pure inorigine prevalentemente empiriche,che hanno permesso di ottimizzare ca-ratteristiche e qualità delle materie pri-me e idoneità dei processi in rapportoalle preferenze di gusto via via territo-rialmente consolidatesi.seguire la tradizione, con il suo ragio-nato ventaglio di soluzioni e il connessorigoroso ordine periodico di proposi-zione, si rivela atto abitudinario inscri-vibile nell’alveo proprio della semplicità:reiterare fedelmente modalità e prassidi cucina pervenuteci dal passato con-sente, infatti, di percorrere vie ampia-mente note, senza tema di incorrere inerrori e rischi imprevisti. analogamenteconfortante e di sicuro affidamento ri-sulta essere il ricorrente consumo quo-tidiano di prodotti conosciuti e lunga-mente assimilati. la stessa facilità neltrarre impressioni e sensazioni, asso-ciandole al personale archivio dellamemoria, contribuisce ad infondere si-curezza sul piano delle possibilità discrutinio delle pietanze, consentendodi coglierne analogie e difformità ri-spetto ai modelli acquisiti. la sostanziale semplicità dei procedi-menti di cucina è probabilmente daascrivere alla tendenza, storicamenteaffermatasi, di privilegiare le fasi pre-paratorie, e quelle di mera cottura, nonprestando soverchia rilevanza ai purimportanti aspetti della presentazionedei piatti, se non nei limiti di quantoaccettabile in contesti familiari di au-toconsumo. la ristorazione, poi, ha dasubito cercato di mutuare le pratiche ele soluzioni escogitate a livello familiare,assicurandone la diffusione pressochénelle forme originarie, con limitati af-finamenti, almeno sino agli anni piùrecenti, quanto ad elaborazioni aggiun-tive, presentazione e denominazioni.nel processo di definizione e di affina-

mento delle pratiche di cucina ci si è ingenere fermati ad uno stadio intermediodi perfezionamento, in piena coerenzacon l’essenzialità dei contesti di origine,senza pervenire a gradi di elaborazionee di trasformazione che avrebbero po-tuto pregiudicare la semplicità di fondoe la trasparenza dei risultati, valoriquesti ampiamente riconosciuti e sto-ricamente perseguiti. nell’evoluzione delle forme di cucinadel nostro Paese, probabilmente in di-pendenza delle peculiari connotazionidella popolazione, si è inteso quindinon eccedere in ulteriori livelli di sofi-sticazione, cui potevano certamenteindulgere le classi sociali più elevate,che poco avrebbero potuto aggiungerealla “sostanza” dei preparati ma cheben avrebbero potuto inficiarne la tra-sparenza e la genuinità, oltre che lacontinuità delle tradizioni.la richiamata semplicità delle pratichedi cucina è valsa, altresì, a garantire,per quanto possibile, la stessa “purezza”delle materie prime, assumendole e la-vorandole secondo il loro modo di es-sere, trattandole cioè per quanto diutile esse avrebbero potuto realmenteoffrire in rapporto alla loro natura; ov-viamente il discorso andrebbe aggior-nato alla luce dei gravi colpi inferti daanni a questa parte alla biodiversitàvegetale e animale, cui tanta cura e at-tenzione erano state invece storicamenteriservate da generazioni di appassionatie sperimentatori.l’evoluzione della scienza ha ancor piùesaltato la semplicità di fondo della cu-cina tradizionale, perché le acquisizionicui si è gradualmente pervenuti, in ter-mini di conoscenza dei processi, hannodato conferma della validità delle so-luzioni escogitate nel tempo a livelloempirico-sperimentale, offrendo unafondata consapevolezza delle praticheseguite. anche la tecnologia, nelle suemolteplici espressioni applicative, si èrivelata di grande ausilio nell’ulterioreprocesso di semplificazione, in quantoha via via supportato molte delle attivitànel loro stesso modo di essere, senzaalterarne natura e risultati, bensì sol-levando gli operatori dai compiti mag-

giormente gravosi (preparazione di im-pasti, predisposizione delle materienelle forme desiderate, regolazione dimodalità e tempi di cottura) e offrendoloro, nel contempo, adeguati spazi acompensazione degli odierni, stressantistili di vita.tuttavia è da osservare anche, purtrop-po, come la semplicità di base dellanostra cucina regionale sia stata negliultimi tempi sopraffatta da pseudo-ar-ricchimenti di vario genere, spesso dimera apparenza, veicolati da altre tra-dizioni e, soprattutto, da nuove modeimportate sulla spinta di una imperanteglobalizzazione con le sue dannoseconseguenze in termini di standardiz-zazione e omologazione del gusto, spe-cialmente a livello giovanile. il periodico manifestarsi di elementi dicomplessità, dettati dalle nuove modee dalle accresciute disponibilità, do-vrebbe peraltro indurre ad apprezzareancor più la semplicità costitutiva estrutturale della cucina del nostro Paeseche, nelle molteplici combinazioni cuiessa dà luogo, rimane coerente sintesitra lavorazioni agroalimentari, materieprime del territorio, procedimenti dicucina e carattere e valori propri dellapopolazione.significativo complemento di semplicitàpuò infine ravvisarsi nelle rituali con-dizioni di convivialità che accompa-gnano il consumo giornaliero dei pasti- purtroppo oggi di sempre più difficilereiterazione a causa dei modificati stilie forme di vita - che favoriscono la co-municazione familiare e sociale a finisia di condivisione di impressioni edemozioni sia di approfondimento e ade-sione allo spirito delle tradizioni.la semplicità si esprime, in definitiva,nella sostanziale facilità ed elementaritàdei procedimenti, universalmente ri-petibili ed eseguibili; sussista o menonei fatti, detto modo di essere dellanostra cucina, in aderenza alle più an-tiche tradizioni italiche, va comunqueperseguito e mantenuto per assicurarnela moderna praticabilità e la diffusatrasmissione dei valori ad essa sottesi.

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T re anni dopo l’ingresso nell’aureoXVi secolo, a Vasto, in abruzzo,venivano codificate le regole

del commercio e del consumo ittico,attraverso i cosiddetti “statuti Munici-pali”. s’intende che stiamo argomen-tando di quel cospicuo arco adriaticoche, ancora oggi, si propone per un’in-teressante riflessione in chiave di ga-stronomia locale: peraltro, va subitodetto, non soltanto di esclusiva ispira-zione marinara, perché, il quasi perpe-tuo dissidio-connubio tra i due prota-gonisti della cucina - il contadino-alle-vatore e l’ortolano-pescatore -, ha ge-nerato i risultati della tradizione, sottoforma di scapece, brodetto, ventricina,pizz’e fujje, cacio-e-uova, molinara, vino“Montepulciano”, distintivi di quell’area,e non da adesso. abbiamo scritto “arco(di mare, ma pure di territorio) adria-tico”, espressione che ci spinge men-talmente ad allargare i nostri orizzonti

- ma soltanto per una momentanea di-gressione colta -, fino alle prospicienzegradesi, all’interno delle quali operò,nel XV secolo (in contiguità stretta conl’evo del nostro tema dominante), unodei più grandi nomi in assoluto dellanostra gastronomia: intendiamo fareriferimento al Patriarcato di aquilejae a quell’eccelso protagonista della cu-cina italiana che fu Maestro Martino(de’ rossi) da Como (1430-1499), alservizio del cardinale ludovico sca-rampi Mezzarota - medico e condot-tiero, oltre che patriarca -, colà regnantecon la sua favolosa corte. tuttavia tor-niamo ai nostri “statuti”, tenendo co-stantemente un occhio a quel recenteprincipio formulato dal Presidente gio-vanni Ballarini, a proposito di “italiadelle cucine locali”.Bisogna, infatti, sapere che Vasto è unadelle poche fortunate località che di-spone di documentazioni istituzionaliattinenti ad argomenti, tra annonari egastronomici, di testimonianza multi-centenaria, insomma ab antiquo, ci siaconcesso. in esse - ancorché trasmesseattraverso un anonimo codice cartaceo,redatto in corsiva cancellieresca po-stmedievale, di non troppo agevole let-tura -, vengono restituiti brani signifi-cativi di una cultura materiale eviden-temente anteriore; si tratta di un corpuslegislativo e normativo che documenta,tra l’altro, una nomenclatura speciali-stica direttamente connessa con la com-mercializzazione e il consumo del “pe-scato” del litorale. se, da un lato, le regole contenute negli“statuti”, grazie all’esplicito riferimentodelle specie di mercato, per così dire,chiariscono le preferenze alimentari

del tempo tardomedievale - che saranno,ai giorni nostri, conclamate dal notopasso nel testo di guido Piovene (Viaggioin Italia, Milano, 1957) -, dall’altro,pongono il problema della loro cucina.ebbene, in questo senso occorre muo-vere dalla cosiddetta “gelatina di pesce”,ivi descritta, ossia da quell’unica indi-cazione culinaria che lo storico docu-mento ci ha trasmesso e che, in fondo,costituisce la dichiarazione solare delconsumo ittico di prevalenza nella zona.Prevedendo, inoltre, l’aumento di prez-zo, in soli cinque casi - il paragrafonormativo 3, iX, infatti, mentre qualificaquella merce come “gelatina realizzatacon specie particolari”, ne stabilisce ilprezzo (che era unico per tutte le altrespecie), maggiorato solo per queste va-rietà ittiche prescritte: dentici, murene,orate, pagelli, scorfani -, lascia trasparirela natura del preparato nella sfera ine-quivocabile del “cotto”, di tutte quellequalità alieutiche. riteniamo, tuttavia,che a questo punto il lettore perspicuoabbia già arguito, senza ulteriori giridi parole, che stiamo parlando dellanotissima “scapece” (Affare schibezo,dell’anonimo Meridionale del primoQuattrocento), di cui abbiamo già of-ferto il quadro storico-scientifico di cir-costanza. e sul quale, una volta tanto,non è il caso di indugiare oltre, comeabbiamo già rinunciato, giocoforza, aimenzionati dettagli precettistici degli“statuti”. Ci sia, inoltre, consentito diaggiungere - proprio in omaggio allacitazione sulle “cucine locali” d’inizio,meglio ancora a talune notizie storicheriguardanti la genesi della nostra nonproprio umile tavola -, che un altro do-cumento appartenente al domenicano

DI PINO JUBATTIAccademico di Chieti

Nel 1503, anno della storica Disfida di Barletta, a Vasto, si strutturava il futuro della sua gastronomia di mare.

Gli statuti cinquecenteschi tra commercio e tavola marinara

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fra’ serafino razzi (rocca san Casciano,1531-1613), ci informa attorno allatecnica di cattura dei granchi di scoglio,i deliziosi favolli, a Vasto chiamati “pe-losi”. il suo Viaggi in Abruzzo è uninedito del Cinquecento inoltrato (poi,pubblicato a cura di B. Carderi, l’aquila,1968): il celebre monaco toscano, at-traverso quel suo letterario linguaggiod’epoca - “…andammo alcuni padrifuori a diporto verso la marina […],scendendo giuso al litto del mare […].

dove, arrivati, si siedono alcuni concerte reticelle portate a pescare intornoad alcune grandissime pietre, overo,come qui dicono, Morgie, a gamberi ea granchi marini. […] dopo, inchinandogià il sole […], ce ne ritornammo alconvento con alquanti gamberi e granchipresi”-, ci informa che la testimonianzarisale al maggio 1576, e fornisce, inoltre,una fitta documentazione di solida im-portanza sociale e civile, oltre che reli-giosa; in confortevole attinenza con

l’ampia area delineata, ai tempi del do-minio di Casa d’avalos. Quantunque,ben oltre tali ineludibili notizie, la nostraconclusione l’affidiamo al succulentopiatto di successo culinario che è nato,poi, dall’impiego di quei saporiti crostaceiin cucina: le lasagnette fatte in casa alsugo di favollo, meglio conosciuto comesagnitell’e piluse, secondo imprescindibilelessicografia gastronomica vastese.

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MANIFESTO PER L'AUTENTICITÀMi propongo soltanto di fare un poco di volantinaggio ideale, più che di manifestare in piazza, grazie a queste colon-ne di Civiltà della Tavola sempre ricche di cultura in senso ampio e aperte ai contributi di tutte le ormai innumerevoliDelegazioni dell’Accademia. A queste ultime probabilmente può “pervenire” maggiormente la mia pretesa di andar ol-tre il cortile, dando libero sfogo alla curiosità; la quale richiede tempo e pazienza sia a chi la pratica sia a chi la subi-sce, e sovente non gradisce. Tuttavia può esser particolarmente proficua, anche oltre le intenzioni di avvio, proprio al-le persone sulla cui pelle si esercita. Mi riferisco alla pelle dei cuochi, in connubio, se non coincidente, con quella deigestori. Da Accademico, dopo ogni esperienza presso una nuova tavola, e conosciuto quindi nei fatti l’indirizzo gastro-nomico sommario del cuoco in questione, avviando un dialogo, quale è il mio primo approccio con lui? Gli chiedo seha fatto i compiti a scuola di Adrià o si è dato da fare nei ristoranti di maggior prestigio? Se ha frequentato bene le cu-cine di un’ottima scuola alberghiera o se conosce meglio di altri quel giornalista, quel conduttore, quella blogger, quelcastigatore, quell’annusatore? Queste domande gliele porrò dopo, ma forse non sarà necessario perché cadranno nelpiatto da sole. La mia domanda banale è da ufficio anagrafico, un dettaglio curioso, perché è il punto di partenza,che più facilmente - in un calcolo probabilistico - diverrà anche il punto di ritorno: “dove sei nato”, eventualmente an-che in quale frazione del Comune, tanto per eviscerare meglio. Se riflettete, è l’unica che ci permetta di distingueremeglio un cuoco dall’altro, anche conterraneo, più del gruppo sanguigno o del luogo di gavetta prevalente.Che cosa sia poi avvenuto nella sua testa, tra le mille scosse a cui è sottoposto in questa confusione mediatica, è discor-so di completamento, ma mai di annullamento della personalità. E su questi turbamenti intimi - determinanti per leconseguenze in ogni desco - varrebbe la pena di approfondire con analisi più scientifiche.Se l’identità è il primo passo verso l’autenticità, a ciascuno di noi Accademici, in Italia e all’estero, chiederei di portarealla luce i segreti della ristorazione, in primo luogo con etichetta italiana e italianeggiante, ma, e qui sta la vera miauscita dal cortile italico cui prima facevo cenno, in secondo luogo, i segreti di tutte le ristorazioni che portano insegneriferite ad una singola nazione o area geografica limitata.Vuol dire questo occuparsi di argomenti che non ci riguardano? Che ci facciamo i fatti degli altri? No, è curiosità be-nefica, a vantaggio di ciascuna cultura originaria ovunque collocata. È tutela di onestà e buona fede che non può cheripercuotersi positivamente proprio su chi la propone, un’Istituzione culturale disinteressata ma interessatissima anon farsi prendere per il naso da chiunque, sia sotto casa sia nel corso di un viaggio oltre ogni frontiera.Il messaggio per l’autenticità delle proposte commerciali, già venti anni fa, avrebbe dovuto evitare di ritrovare in scaf-fali di supermercati americani decine di marchi fantasiosi ma capziosi di paste o conserve, e ora, oltre ad aiutare lepoche industrie private italiane che possono permettersi il lusso di procedimenti in terre lontane, questo messaggiodovrebbe spingere fortemente le attività delle nostre diplomazie. Saremo ringraziati dai produttori alimentari deiluoghi d’origine, dai ristoratori che operano direttamente sulle materie prime della loro tradizione personale, sia dipartenza sia acquisita nei luoghi in cui operano stabilmente; dai consumatori che entrando in un ristorante giappo-nese avrebbero piacere di scambiare due parole con un giapponese e non con un cinese; dai clienti che meriterebberodi trovare in un ristorante cinese una vera cucina cinese di qualità; dai turisti che credono di aver mangiato una pizzadopo aver inghiottito una suola decongelata. I veri ristoratori cinesi, giapponesi, vietnamiti, indiani e via dicendo, fi-no ai nostri connazionali, troverebbero difesa e riqualificazione e riconoscerebbero anche il diritto di difesa dell’au-tenticità di matrice italiana, che è correttezza e trasparenza, e che meglio tutela il consumatore quando entra fiducio-so in un nuovo locale, attratto da una scritta accattivante, troppo spesso fuorviante. (Pier Carlo Lincio)

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P er prosciutto cotto si intendein genere una coscia suina, pri-vata dello zampetto, disossata

e posta in salamoia con diverse speziee aromi. dopo la zangolatura e un’even-tuale breve affumicatura, il prosciutto,chiuso in uno stampo metallico, chegli conferisce la tipica forma, vienecotto in forno a vapore. è quindi pres-sato, raffreddato e confezionato perla distribuzione. il taglio si esegue perlo più con un’affettatrice. Molto piùrara la preparazione e cottura del pro-sciutto lasciato intero con il suo osso.a trieste questa usanza, di antica tra-dizione boema, è stata importata nel1800 dalle numerose cuoche e dome-stiche che, dal Centro europa, venivanoa servizio presso le famiglie borghesie benestanti. Chiamato inizialmente“prosciutto di Praga”, è stato adottatoe si è rapidamente imposto in città,mentre, al contrario, nelle terre d’ori-gine, l’usanza veniva progressivamenteabbandonata. radicatosi profonda-mente nelle abitudini gastronomichelocali, è ancora oggi di larghissimadiffusione e consumo. Viene servitoquotidianamente caldo e fumante, ta-gliato a mano a fette spesse e accom-pagnato da senape e cren grattugiato,nei numerosi buffet, i caratteristici edesclusivi luoghi di ristoro della città.irresistibile motivo di richiamo, a tuttele ore, per avventori locali e forestieri.Come sottolineato da giuliana fabricioed elisabetta rosati rizzi nel testoTrieste, la tradizione a Tavola, una te-stimonianza certa del prosciutto cottodi trieste si trova nell’archivio del piùantico buffet triestino, “da Pepi”, tut-tora operante, e risale al lontano 1897.

una ricetta del prosciutto cotto conl’osso della metà del 1800 la troviamonel testo di cucina mitteleuropea DieSüddeutsche Küche di Katharina Prato,austriaca, tradotto in italiano dallatriestina ottilia Visconti aparnik nel1892: “mozzato al prosciutto la cimadel garretto e lavato in acqua calda,lo si mette in una marmitta copertod’acqua; per renderlo tenero bisognafarlo bollire da 2 a 4 ore, lasciandolopoi raffreddare nel proprio brodo”. inun altro capitolo intitolato “Metododi trinciare ed imbandire le vivande”,l’autrice fornisce poi i suoi personaliconsigli su come affettarlo e servirlo atavola.una variante molto usata e apprezzataa trieste è quella del prosciutto cottoin crosta, che prevede, dopo la suabollitura, un passaggio in forno rico-perto da una pasta di pane, che, quandoviene spaccata, a cottura ultimata, ri-vela il suo succulento contenuto e gliconferisce particolari aromi e sapori.in occasione di ricorrenze e festività,quella pasquale in particolare, un belprosciutto intero in crosta, da affettarea mano, è sempre protagonista, motivodi gioia e convivialità per tutti i com-mensali. la sua ricetta è riportataanche nel vecchio manuale di Katha-rina Prato che consiglia di ricoprirlocon un impasto di pane nero. Questo metodo di cottura, come rilevagiuliana fabricio nel suo La cucina ti-pica triestina, è antichissimo ed è ri-portato già nel De re coquinaria di api-cio che risale ai tempi della roma au-gustea. l’autore, secondo i gusti deltempo, consigliava di bollire il pro-sciutto intero con abbondanti fichi e

DI GIULIANO RELJADelegato di Trieste

Chiamato ancora, erroneamente, prosciutto di Praga, viene servito, caldo e fumante,tagliato a mano a fette spesse e accompagnato da senape e cren grattugiato, nei numerosi buffet della città.

Il prosciutto cotto di Trieste

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alloro, di praticare delle incisioni eriempirle di miele, avvolgerlo in unadi pasta di pane all’olio e per finire dicuocerlo nel forno. le aziende che producono attualmenteil cotto con l’osso, nel territorio, usanoancora in parte metodi artigianali. siutilizzano cosce magre fresche e noncongelate, che vengono siringate ma-nualmente in vena con salamoia e aro-mi naturali e sottoposte ad una lieveaffumicatura con trucioli di legni pre-giati, quali il faggio, senza usare essenzeartificiali e additivi. il prodotto, dopolentissima cottura, viene consegnatoancora caldo nei punti vendita che lorichiedono. le carni devono essere diun bel colore rosato; le fette, tagliatea mano, devono risultare morbide macompatte.anche se qualcuno, per antiche remi-niscenze, lo definisce ancora “Praga”o “tipo Praga”, termine che da tempoa trieste e in altri mercati fa riferimento

soltanto ad alcuni tipi di prosciutti di-sossati e pressati, la dizione oggi piùappropriata è “prosciutto cotto di trie-ste”, come da tempo è usualmente ecorrettamente chiamato e conosciuto. il Ministero delle Politiche agricolealimentari e forestali, usando ancorail nome di Praga, lo ha inserito nel-l’elenco nazionale dei prodotti agroa-limentari tradizionali per la regionefriuli - Venezia giulia e l’ersa, l’agen-zia regionale per lo sviluppo rurale,nell’atlante dei Prodotti della tradi-zione relativamente alla Provincia ditrieste. sottolineando che “la vecchiatradizione austroungarica, nata oltre150 anni fa, è andata persa nel luogodi origine…è introvabile nella repub-blica Ceca, mentre invece i macellai ei salumieri artigianali triestini hannoconservato nel tempo metodiche e re-gole omogene e così tuttora viene fattoanche dalle industrie locali”. il prodottoviene menzionato inoltre nella Raccolta

provinciale degli usi, pubblicata dallaCamera di Commercio di trieste, findal 1956. alcuni anni fa l’ente Came-rale, raccolta tutta la documentazionee definito il disciplinare, avvalendosianche della consulenza dell’accademicagiuliana fabricio, ha avviato per questoprodotto, con la denominazione di“Prosciutto cotto di trieste”, la praticaper l’ottenimento dell’indicazione geo-grafica Protetta (igp). Purtroppo, permotivi che non conosciamo, l’iter nonè ancora andato in porto e sembra es-sersi arenato a livello del Ministerocompetente. è auspicabile che un pro-dotto di alta qualità, esclusivo di unospecifico territorio, apprezzato dentroe fuori i suoi confini, di lunga tradizionee comprovata documentazione storica,possa al più presto trovare una suavalorizzazione e un giusto riconosci-mento.

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La collaborazione degli Accademici alla loro rivista, oltreche gradita, è indispensabile. Ma occorre che gli Accade-mici tengano presenti alcune norme essenziali, affinché iloro scritti, frutto di passione e impegno, trovino rapidaed esauriente pubblicazione.

� Testi degli articoli: è necessario che i testi venganoinviati per via elettronica, in formato word (no pdf)utilizzando questo indirizzo e-mail: [email protected]

� Lunghezza dei testi: importante che i testi abbianouna lunghezza compresa tra i 4000 e i 6000 caratteri(spazi inclusi): in questo modo si eviteranno tagli fastidio-si per chi li deve effettuare quanto per chi li subisce. Qual-siasi computer prevede il conteggio delle battute.

� Rubrica “Dalle Delegazioni”: al fine di agevolarne lalettura, contenere gli articoli nella lunghezza massimadi 2500 caratteri spazi inclusi.

� Schede delle riunioni conviviali: vanno inviate in Se-greteria ([email protected]). È altrettanto

importante che nella compilazione delle schede, per le“Note e commenti”, venga rispettato il limite di 800 ca-ratteri (massimo 1000) spazi inclusi, onde evitare anchein questo caso dolorosi tagli. Le schede giunte in Segrete-ria oltre il limite di 30 giorni verranno cestinate.

� Si prega inoltre di non inviare relazioni di riunioniconviviali tenute al di fuori del territorio della propriaDelegazione, o di quelle effettuate in casa degli Accade-mici, o che comunque non si sono svolte nei ristoranti onegli esercizi pubblici, in quanto non verranno pubblicate.

� Osservando queste semplici norme si potrà avere la ra-gionevole certezza di una rapida e testuale pubblicazio-ne. La Direzione della rivista si riserva, ovviamente, i ne-cessari controlli, l’eventuale revisione dei testi e la possibi-lità di pubblicarli secondo gli spazi disponibili.

Ogni numero della rivista viene impaginato il meseprecedente a quello riportato in copertina, in modoche arrivi agli Accademici nella data prevista. Ne ten-gano conto coloro che desiderano inviare un articolocon un preciso riferimento temporale.

ISTRUZIONI PER LA COLLABORAZIONE ALLA RIVISTA

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DI PUBLIO VIOLADelegato di Roma Appia

Hanno simboleggiato l’origine del mondo e la continuità della vita; sono state demonizzate perché ritenute pericolose per il fegato, ma rappresentano un alimento di alto valore biologico.

Le uova, tra mitologia e attualità

L’ uovo è stato utilizzato dal-l’uomo fin dall’antichità comefonte alimentare, ma nella

storia dei popoli ha rappresentatoanche numerosi aspetti di significatosimbolico, che indicavano non solola vita che nasce, ma anche la vitache continua, oltre che la stessa esi-stenza del mondo. in tutte le popo-lazioni e le religioni sono infattinumerose le leggende (e in alcunicasi le credenze) che riguardanol’uovo, e tra queste ricordiamo quel-

la dei buddisti, secondo i quali da unuovo emerse Brahma, il creatore delmondo, e lo stesso dicasi per i misteriorfici, secondo i quali la creazionedel mondo sarebbe stata legata alladea Madre, nata dal caos e fecondatadal vento, il quale, trasformatosi inserpente, avrebbe poi depositato unuovo in cui era contenuto l’universo:un qualcosa, cioè, che successivamentesi sarebbe diffuso ovunque e ampia-mente. Per certi aspetti questo concettodella creazione dell’universo lo tro-viamo anche nella mitologia cinese,nella quale si ritiene che l’uovo con-tenga i due inseparabili principi ditutte le cose creatrici del mondo (Yinge Yang), e non va dimenticato, infine,che ancora oggi in molte popolazionidelle isole del Pacifico si ritiene chela creazione del mondo sia nata daun uovo. accanto a questi riferimenti storico-mitologici, l’uovo ha posseduto e pos-siede ancora numerosi significati so-ciali e religiosi. regalare un uovo all’inizio della buonastagione significava, per i Persiani,augurare la fertilità e il perpetuarsi

dell’esistenza, tanto che durante lecerimonie sacre era considerato unsimbolo augurale. gli etruschi lo met-tevano nelle tombe per indicare lacontinuità della vita, e lo stesso signi-ficato esisteva anche per gli egiziani,per i quali costituiva una componenteimportante del banchetto funebre.essi identificavano infatti il gusciocon il sarcofago, ma consideravanoche dentro il guscio esisteva la vita, el’uovo pertanto veniva lasciato nel-l’interno della tomba poiché rappre-sentava il defunto in attesa della vitaultraterrena. in grecia, si riteneva chela morte corrispondesse allo sposaliziodell’anima con la divinità e tutte leimmagini legate a questa civiltà sot-tolineano l’importanza dell’uovo comesimbolo della vita che continua. inisraele, l’uovo era parte dei sacrificinel tempio e simboleggiava l’instabilitàe la precarietà della vita umana. Per iCristiani l’uovo significava la resur-rezione di Cristo dopo la morte sullacroce, tanto da essere diventato unsimbolo della Pasqua, anche se oggi,in occasione della settimana santa,più che un significato religioso, haassunto un significato gastronomico,tanto da essere sostituito da uova ar-tificiali fatte di cioccolata.i romani, popolo che apprezzava tantole leggende, quanto anche il piaceredella vita, oltre a considerare al paridegli etruschi la simbologia misticaultraterrena delle uova, seppero am-piamente valutare il loro valore nu-trizionale, ma soprattutto quello ga-stronomico. troviamo, sul tema, nu-merose documentazioni, tra le qualiricordiamo terenzio Varrone che,

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come descritto nel suo libro De re Ru-stica, ci ricorda che la cena dovevasempre iniziare con le uova sode. Celo conferma anche orazio, il qualeincontri gastronomici usava servireun antipasto a base di uova, associatoalle olive e a pesci piccanti. le uova,comunque, per i romani, non eranosoltanto un piatto aperitivo, ma co-stituivano anche alcuni piatti speciali,come apprendiamo da gavio apicioche creò la prima omelette (chiamataovemele) con uova, miele e pepe. unsecolo più tardi, Marziale affermò Abovo usque ad mala per designare l’im-portanza di tutto il banchetto, dal pri-mo boccone all’ultimo, ma confer-mando nello stesso tempo l’usanza dicominciare la cena con le uova, cottenelle più diverse maniere. Questa tra-dizione restò viva e radicata nel popoloromano che, come cottura, preferivaabitualmente quella delle uova sode,visto che in diversi scavi archeologicisono stati trovati dei portauova, insvariati metalli, tra cui alcuni, bellis-simi, nella casa di Meandro a Pompei. affermatesi come gradevole compo-nente della nutrizione e della gastro-nomia, in tempi recenti le uova sonostate però detronizzate dal loro altolivello salutare e mistico-religioso,perché ritenute pericolose per il fegatoe le vie biliari, al punto che era statoperfino consigliato agli epatopatici dievitare qualsiasi alimento che conte-nesse uova (come la pasta all’uovo) esi guardava con orrore alla loro frittura.successivamente, per la presenza delcolesterolo, le uova vennero ufficial-mente considerate pericolose ancheper il sistema cardiovascolare. Per quanto riguarda il fegato è statadimostrata la loro innocuità, anzi, neè stata evidenziata una loro attivitàprotettiva per la presenza di fosfolipidi,di metionina e colina, sostanze cheagiscono favorevolmente sulla fun-zionalità epatica. il tuorlo, inoltre, èun ottimo stimolante delle vie biliari,anche se va precisato che in qualchecaso, nei portatori di calcoli, la sti-molazione della colecisti può favorirela comparsa della colica.

Per quanto riguarda il colesterolo,non vi è dubbio che nei soggetti iper-colesterolemici deve essere posto uncerto riguardo, ma va ricordato chenel nostro organismo esiste un mec-canismo fisiologico di regolazione peril colesterolo, denominato “bio-feed-back”: ad una sua maggiore introdu-zione alimentare, il fegato riduce lasua biosintesi endogena che, viceversa,aumenta quando l’introduzione ali-mentare diminuisce, perché il cole-sterolo è necessario per la strutturadelle cellule e la sintesi degli ormonisteroidei.accanto a quanto precisato, deve essereinoltre sottolineato che l’uovo possiedeuna composizione proteica di altissimovalore biologico, oltre ad alcune vita-mine (a, e, B12 di esclusiva origineanimale), e alcuni importanti compostiantiossidanti come la luteina e la zea-xantina. non va poi neppure sottova-lutata la composizione proteica del-

l’albume, la quale, anche se legger-mente inferiore a quella del tuorlo,costituisce sempre una fonte di ami-noacidi essenziali. una raccomanda-zione comunque va fatta: è bene as-sumere l’uovo cotto onde distruggerel’avidina, una sostanza contenuta nel-l’albume che svolge azione antivita-minica nei confronti della vitaminaB9 (nota come biotina). la cotturanon altera comunque la composizioneproteica, né l’attività dei componentiantiossidanti. l’ideale sarebbe perciòconsumare non l’uovo crudo, bensìin camicia. in conclusione possiamo affermareche le uova posseggono sicuramenteun significato mistico-religioso, marappresentano soprattutto un alimentodi alto valore biologico, anche se,come per tutti gli alimenti, non vannoconsumate in eccesso.

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ACCADEMICI IN PRIMO PIANOL’Accademico di Asti, Antonio Guarene, ha ricevuto l’onorificen-za di Commendatore al merito della Repubblica.

L’Accademico de L’Aquila, Fabrizio Lazzaro, è stato elettoPresidente di Eurojuris Italia.

L’Accademica di Ragusa, Teresa Noto, è stata nominata Presiden-te della “Fondazione Gesualdo Bufalino” di Comiso.

L’Accademica di Caltagirone, Adriana Privitera, è stata nomina-ta componente della Commissione distrettuale rotariana del Di-stretto 2110, nell’anno 2014-2015, per il Basic Life Supporto.

L’Accademica di Pavia, Luana Stripparo, è stata nominata Presi-dente fondatrice del Lions Club Ticinum Via Francigena di Pavia.

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Un po’ di storia: la conserva-zione della neve, dai mesifreddi a quelli caldi, si fa ri-

salire al 1100 a.C. secondo uno scrittocinese che descrive costruzioni sotter-ranee per neve pressata e protetta dastrati di paglia che, con modeste varianti,saranno utilizzate (“neviere”) fino quasia tutto il 1800. infatti le prime macchineper la produzione di ghiaccio e le ghiac-ciaie per la sua conservazione sono do-vute all’ingegnere tedesco Karl Von lin-de (1876), inventore della prima “mac-china frigorifera” (che sfruttava l’eva-porazione di ammoniaca liquida e con-seguente raffreddamento). successi-vamente, negli anni trenta del 1900,la svedese electrolux produsse “frigo-riferi industriali” che, utilizzando deicompressori, ottenevano il raffredda-mento nella successiva fase di espan-sione di un gas liquefatto. Circa la con-servazione del ghiaccio naturale, ri-

cordiamo l’americano fredric tudorche, nel 1806, iniziò ad esportare il

ghiaccio del Maine edel fiume hudson aCuba, in Martinica eanche in india dove,secondo un diario dibordo, delle 180 ton-nellate imbarcate e iso-late con stuoie di paglia,ne arrivarono a desti-nazione ben 120!entrando più nel tema,la prima bibita fresca edissetante fu costituitasemplicemente dal ghiac-cio triturato, posto in unbicchiere, su cui veniva

versato succo di frutta di stagione: ti-picamente agrumi. Questa bibita puòessere quindi considerata l’antenatadella grattachecca romana. Prima di continuare, forse è opportunopremettere alcune definizioni dei varitipi di gelati: la grattachecca, che nonva confusa con la granita (gelato “gra-nuloso” ottenuto per parziale congela-mento di un composto di acqua, zuc-chero e succhi di frutta) o con la cre-molata (che utilizza polpa di frutta an-ziché succhi); entrambe vengono man-tecate senza fare ricorso alla gelatiera. i gelati si ottengono utilizzando le ge-latiere (macchine adoperate anche perla preparazione dei sorbetti) e si divi-dono in gelati magri (senza latte) egelati grassi (ice cream), che utilizzanolatte intero, con aggiunta di frutta,caffè, cioccolata ecc. i primi sono i piùantichi, e il gelato magro per antono-masia è il sorbetto (a base di sciroppodi zucchero e succhi di frutta). i gelati

magri possono essere suddivisi in duecategorie: subacidi (limone, cedro, me-larancia, fragola, amarena) e aromatici(cioccolato, caffè, mandorla nocciola,pistacchio).l’impiego di latte e a volte di uova (cre-me), invece di succhi (granite) o dipolpe (cremolate) differenzia i gelatidai sorbetti (il termine deriva dall’arabosharbet= neve dolce). un’altra grande famiglia è costituitadai semifreddi, nei quali al gelato clas-sico si uniscono panna montata, pandi spagna ecc. la miscela, posta in par-ticolari contenitori, prende vari nomi:spumone, cassata napoletana (amarena,vaniglia e pistacchio), cassata siciliana(crema chantilly), pesca melba (inven-tata nel 1893 dal celebre escoffier, chefdel savoy di londra, in onore della so-prano lirica helen Porter Mitclell, so-prannominata Melba, perché nativa diMelbourne), zuccotto (a forma dell’elmodelle milizie fiorentine del Cinquecento,chiamato ironicamente “zuccotto”). la nascita del gelato si colloca alla finedel 1500, con personaggi tutti italiani:il più noto è l’architetto e scenografofiorentino Bernardo Buontalenti (co-struttore della fortezza del Belvederee che per la sua inaugurazione, nel1595, preparò dei dolci ghiacciati, conforme statuarie, rimasti epici e ripetutianche in francia). il merito del Buon-talenti fu quello di aver fatto fare al ge-lato un passo fondamentale: non piùghiaccio triturato con aggiunta di spre-mute o polpa di frutta fresca, ma lattee creme che si coagulano sotto l’azionedel freddo, ottenuto in base alla reazioneendotermica, vale a dire con assorbi-mento di calore, da parte di una miscela

DI NICOLA BARBERAAccademico di Milano Duomo

Notizie e curiosità sull’evoluzione di queste fresche preparazioni, frutto, spesso, dell’ingegnosità e della fantasia italiana.

Granite, sorbetti e gelati

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di ghiaccio e sale (che abbassa la tem-peratura di congelamento del ghiacciodi 4-5 °C, come avviene d’inverno quan-do si sparge sale sulle strade perchénon gelino). Va menzionato, poi, il si-ciliano francesco dei Coltelli, detto“Procopio”, che nel 1689 aprì a Parigiil caffè “Procope”, tutt’ora esistente,che offriva ai clienti, oltre al caffè,anche i gelati. Vanno inoltre ricordati:il ruggeri (altro fiorentino), il tortoni(napoletano, che ottenne fortuna a Pa-rigi) e giovanni Bosio (genovese), cheaprì a new York nel 1770 la prima ge-lateria, seguito, poco dopo, da un altroitaliano: filippo lenzi.fino a circa 70 anni fa, l’unica attrezza-tura (congelatore a manovella), perprodurre soprattutto sorbetti, era co-stituita da un cilindro metallico stagnatoo zincato all’interno, della capienza di5-6 litri, nel quale si metteva una certaquantità di una miscela costituita, disolito, da succo di limone, zucchero eacqua. Questo cilindro veniva immersoin un recipiente più grande, isolato ter-micamente, contenente ghiaccio trituratoe sale. il cilindro veniva fatto ruotareper 10-15 minuti; si sollevava quindi ilcoperchio (pensiamo al carretto dei ge-latai ambulanti di alcuni decenni fa) econ una paletta si raschiava la parte di“miscela” che si era congelata sullepareti interne del cilindro e così via fin-ché tutta la miscela era diventata unamassa consistente di scagliette e granulisaporiti (come la granita siciliana).Come curiosità storica, nel 1894, i ven-ditori ambulanti di gelato (in prevalenzacadorini) erano così ben introdotti inaustria, che l’amministrazione viennese,per eliminare la concorrenza nei con-fronti dei locali venditori ambulanti didolciumi, negò loro la licenza. i gelataibellunesi pensarono, allora, di prenderein affitto dei piccoli locali a piano terra;li arredarono con panche e tavoli, li il-luminarono con “lanterne veneziane”e così presero vita le prime gelaterieartigianali. durante gli anni della gran-de guerra, gli emigrati “gelatieri” (fab-bricanti di gelato) e i “gelatai” (vendi-tori) furono costretti ad abbandonare ipaesi ospitanti. una certa ripresa av-

venne dal 1925 in poi ma, con lo scoppiodella seconda guerra mondiale, i nostrigelatai dovettero abbandonare queimercati. furono i soldati americani,con lo sbarco in europa, a riportare ilgelato, il loro “ice cream” (tra l’altropiù leggero, perché non utilizza uova,ma solo latte) nel Vecchio Continente.l’ice cream americano pare sia nato, afine ottocento, dall’intuizione di unlattaio di Baltimora, Jacob fussel, alquale, essendo avanzata una grandequantità di latte, per non farlo inacidire,lo trasformò in gelato, senza aggiuntadi uova (in una piazza di Baltimora c’ètutt’ora una statua dedicata a fussel).Pochi decenni dopo, si ebbe la grandediffusione dei gelati, grazie all’inven-zione consolidata dei compressori fri-goriferi, che consentivano di ottenerebasse temperature (da -20° fino a -40°C)di congelazione, necessarie per ottenerei gelati a base di latte e grassi e l’utilizzodi grandi macchinari che, con insuf-flazione di aria e un continuo mesco-lamento, amalgamavano perfettamentela miscela dei gelati. Così, i vecchi arti-giani, che per secoli avevano prodottogelati al sapore di frutta, intorno allametà del secolo scorso, scomparveroquasi del tutto. fino a quando, dall’in-gegnosità e fantasia italiana, non furonoinventati dei nuovi macchinari di piccoledimensioni capaci di amalgamare beneanche “miscele grasse” e di insufflarviun 30-40% di aria che le rendeva sofficie pastose.il primo a costruire una “gelatiera au-tomatica” di questo tipo fu, nel 1927,il bolognese otello Cattabriga, marcaben nota ancora oggi.

il gelato è un alimento completo (bi-lanciato, nutriente e sano) da consu-mare durante il pranzo, o meglio, nelpomeriggio come merenda. dopo unpasto abbondante è preferibile un sor-betto dolce e, a metà pranzo, comepassaggio tra due portate importanti,un sorbetto non dolce.occorre sapere che il gelato, in condi-zioni normali, si “scalda” in bocca aduna temperatura tra 8 e 10°C, quindinon crea nessun danno allo stomaco,anzi, richiamando i succhi gastrici, fa-cilita la digestione. Per completezza un accenno all’inven-zione del contenitore più tipico per ilgelato da passeggio: il cono. l’inventoredi un “antenato” del cono per gelato,secondo quanto riportato dal giornaledell’epoca, il “Washington Post”, fu unimmigrato italiano negli stati uniti,italo Marchioni che nel 1903 depositòall’ufficio brevetti di new York l’ideadi offrire il gelato posto tra due ostiedi pasta wafer. Questa novità, quandoarrivò a Milano, fu detta “parigina”.successivamente, riprendendo la for-ma, già in uso, di carta piegata a formadi cono, ma utilizzando una cialdache si poteva anche mangiare, nacquel’attuale “gelato da passeggio” (damangiare rapidamente, ma non in fret-ta). l’evoluzione del cono verso la ver-sione attuale dovette però risolveredue problemi: per il più importante,fu ancora un italiano, un certo spicache nel 1959 inventò il processo diimpermeabilizzazione per mantenerecroccante l’interno del wafer, impe-dendo così che la cialda diventasse“fradicia”; il secondo costituito dal ri-corso a coni stampati (anziché arro-tolati), e con il bordo superiore dotatodi un “balconcino” relativamente ro-busto, particolarmente adatto a rice-vere adeguatamente il gelato spatolato.la “coppetta” di carta cerata (che so-stituisce, per il consumo all’esterno,la più nobile coppa di metallo) viene,in genere utilizzata solo per tempera-ture esterne elevate e per gelati por-zionati “in palline”.

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L’obiezione degli avversi è rias-sumibile nell'affermazione cheil cavallo è animale troppo no-

bile per essere usato per la macellazionee l’uso alimentare, come se si attuasseuna qualche forma di cannibalismo.l’utilizzo del cavallo in qualità di animaleda soma, da traino, da guerra, da corsae, ultimamente, quasi da compagnia,ha oltretutto verosimilmente contribuitoa farlo considerare di tutto fuorché unanimale da macello, e il consumo dicarne equina ha assunto, spesso, la va-lenza di un segno di disperazione, peresempio durante guerre e carestie, quan-do la macellazione dei cavalli (o addi-rittura l’uso della carne di quelli dece-duti), prendeva l’aspetto di un ricorsoall’ultima risorsa.eppure il consumo di carne equina eragià presente nel neolitico, prima dellacultura Botai, popolazione semiseden-taria della steppa dell’attuale Kazakistan,attualmente considerata la prima adallevare i cavalli, già 5500 anni fa, comedimostrato da diversi reperti, quali iresti ossei dei metacarpi, simili a quellidei cavalli addomesticati dell'età delBronzo (3500 a.C. - 1200 a.C. circa); lescalfiture rinvenute sui premolari di al-cuni esemplari, suggestive per anticheforme di imbrigliatura, e le tracce dilipidi sulle pareti del vasellame, identi-ficati come residui di latte di cavalla.tali popolazioni, pertanto, utilizzavanoa scopo alimentare sia la carne sia illatte di questi animali. Così come per altri alimenti tabù, nondeve comunque stupire che, in alcuneciviltà, l’alimentazione con carne di ca-vallo sia proscritta, come presso gliebrei, o che durante il Medioevo due

papi, gregorio iii (731-741) e zaccariai (741-751), imponessero dei veti alconsumo di carne di cavallo, in quantolegato a riti pagani, mentre, presso altrepopolazioni, questo tipo di carne siadivenuto una tipicità. attualmente il consumo di carne equinain europa è particolarmente popolarein francia, mentre al contrario è inesi-stente in irlanda e in inghilterra, comenegli altri Paesi di lingua anglosassone.la carne di cavallo è molto apprezzataanche in asia Centrale e soprattutto ingiappone, dove viene servita nel basashi(una specie di carpaccio). in francia lacultura della carne è più sviluppata chein italia e i consumatori non disprezzanola presenza di grasso di marezzatura,per cui si trovano macellerie equinecon carne di animali adulti particolar-mente ricca, soprattutto in alcuni tagli,delle caratteristiche strie. in italia, vi-ceversa, la carne di cavallo più apprez-zata è quella di puledro, ossia di giovaneadulto, che è in genere magra.nella variegata distribuzione del con-sumo italiano di carne equina, Parmavanta una tradizione particolarmentesentita. in città è ancora possibile vederele insegne di alcune antiche macellerieequine sormontate da una testa di ca-vallo, quasi a mo’ di trofeo. la carne dicavallo un tempo era considerata di va-lore inferiore a quella bovina e ricordoancora che fino a circa quaranta anni faera possibile pranzare con una porzionedi cavallo con circa 400 lire. attualmente,invece, la carne di cavallo si è alquantonobilitata, così come per altri alimentiun tempo popolari (vedi il baccalà), e ilcosto di un chilo di macinato si aggiraattualmente sui 14-15 euro.

DI GIOACCHINO GIOVANNI IAPICHINODelegato di Parma

La carne di cavallo o si ama o si odia: non ci sono mezze misure.

La vecchia parmigiana con il trito di cavallo

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dal momento che cucinare in casa, eancor di più approntare le pietanze par-tendo dagli ingredienti, è divenuta un’at-tività quasi di lusso, il tipo di prodottoche attualmente le macellerie equineforniscono, per stare al passo coi tempi,è in gran parte costituito da semilavorati,tra cui spicca “al caval pisst”, il pesto dicavallo, ossia un macinato, oramai ven-duto già condito con sale e spezie, cheviene normalmente consumato crudo.fino a circa venti anni fa, non era rarotrovare nella lista delle vivande delletrattorie della città, veri e propri luoghidi ritrovo che servivano il pranzo versomezzogiorno agli operai e al secondoturno agli impiegati, un piatto tipico abase di carne equina: “la vécia”, ovverosiala vecchia, uno stufato di vegetali la cuistoria ed etimologia del nome è andataoramai perduta, tanto da far sosteneread alcuni che per vecchia si intendesseproprio la preparazione di un piatto al-l’antica maniera, stufato, per tradizione,arricchito con la carne di cavallo maci-nata, così che spesso, nel termine “vec-chia”, l’abbinamento con la carne equinaera sottinteso. si tratta di un piatto ricco, la cui dige-

stione potrebbe non risultare per alcuniparticolarmente agevole, che può tut-tavia essere consumato come piattounico e costituire, assieme ad un buon“bicér ad vin” un alimento adatto a chiha bisogno di apporto calorico e pro-teico. il vino locale che meglio si po-trebbe prestare a tale abbinamento è illambrusco.la ricetta per quattro persone, o per lomeno una delle sue varianti, prevedel’utilizzo di 500 g di carne di cavallo,meglio se non magra e macinata nontroppo finemente, 600 g di patate, 400g di cipolle, 3 peperoni (l’ideale: unogiallo, uno verde e uno rosso per ren-dere la pietanza più pittoresca), 3 po-modori freschi maturi oppure pelati,2 spicchi d’aglio, del brodo, prezzemolo,sedano, un po’ di pepe o di paprika e70 g “ad lard pisst”, di lardo pesto,cioè minuzzato fino a renderlo unaspecie di crema, che nella tradizioneparmigiana viene anche usata sui cro-stini, insaporita con l’aglio o con leerbe (ma questa è un’ altra storia). la preparazione del piatto è elementare.in un’ampia padella fonda, un tempoin ferro, ma le attuali antiaderenti sono

più che idonee, si attua una vera e pro-pria consecutio temporum degli ingre-dienti. il fuoco deve essere piuttostolento. si inizia rosolando nel lardo (ilburro o lo strutto sono da alcuni citaticome surrogati) le patate, tagliate aspicchi di media grandezza, fino a quan-do non sono dorate. si aggiunge la ci-polla tagliata fine assieme al battuto diaglio, prezzemolo e sedano e la si lasciaappassire con sale e pepe o paprika. diseguito vengono posti a cuocere nellapadella i peperoni tagliati a pezzi e ipomodori, aggiungendo eventualmentedel brodo se si dovesse asciugare troppoil contenuto della padella, anche se nonc’è da preoccuparsi più di tanto, qualchepiccola bruciacchiatura negli ingredientiprovoca una reazione di Maillard cheaggiunge aroma alla pietanza. Quandoi peperoni sono cotti, è pronta la base,la vera e propria vecchia, che in quantotale è possibile utilizzare come contorno.Per renderlo un piatto vero e proprio,invece, si versa nella padella, per finire,la carne di cavallo, che va mescolatacon gli altri ingredienti e lasciata cuocere,sobbollendo, per circa 10 minuti.la goduria legata a questa pietanzanasce già nella fase di cottura per gliaromi che pervadono la cucina. il piattova servito caldo, anche se poi è meglioaspettare che raggiunga una tempera-tura tale da non bruciarsi la lingua,perché chi è goloso di questa prepara-zione, corre il rischio di scottarsela, epersonalmente non potrei assolutamentecondannarlo per la sua golosità.

GIOACCHINO GIOVANNI IAPICHINOSee International Summary page 77

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C U LT U R A & R I C E R C A

IL PIATTO D’ARGENTO DELL’ACCADEMIAÈ in silver plate, in formato grande ed elegante e reca inciso, sul fondo, il logodell’Accademia. Questo oggetto simbolico è consigliato come omaggio da con-segnare ai ristoranti visitati, in cui l’accoglienza, il servizio e la cucina si sianodimostrati particolarmente meritevoli. Per ogni ulteriore notizia in merito e

per le eventuali richieste, i Delegati possono rivolgersi alla Segreteria di Milano([email protected]).

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S I C U R E Z Z A & Q U A L I TÀ

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Speriamo che i nostri amici ac-cademici di new York non pen-sino di organizzare una riunio-

ne conviviale accademica in uno deipiù famosi ristoranti della grandeMela, situato sulla upper West sidedi Manhattan, poiché dovrebberomangiare…nudi. è una nuova modaprofessata dagli amanti dei costumiadamitici e ha un nome: “Clothingopional dinner”. è accettata da nu-merosi ristoranti sparsi un po’ in tut-to il mondo. solo a new York sonouna decina i locali che, almeno unavolta al mese, organizzano la serata“nudista”. i clienti lasciano i loro ve-stiti alla reception e dopo essere statiaccompagnati al loro tavolo, ordina-no la cena che possono gustare in unambiente molto elegante e raffinato,dove le luci soffuse illuminano il pal-

lido chiarore dei corpi nudi dei clien-ti. di solito, il menu non è molto im-pegnativo. sono privilegiate le ver-dure grigliate, la purea di patate e ilsalmone. eppure fra la clientela “na-turista” più esigente c’è chi si lamen-ta poiché i camerieri sono vestiti ditutto punto. Ma le norme igienicheattuali sono un po’ bacchettone, poi-ché non consentono un’eccessiva vi-cinanza tra il cibo e alcune parti delcorpo scoperte. nulla di nuovo sottoil sole, anche nostro padre adamoquando mangiò la mela era nudo,come la seduttrice eva che glielaporgeva.

CARTA DA ZUCCHERO

nell’iride dei colori uno dei più belliè quel blu, simile al blu mirtillo. è ilcolore che chiamiamo “carta da zuc-chero”. la sua origine risale al XiXsecolo, quando lo zucchero era ven-duto sfuso in “cartocci” realizzati concarta di questo caratteristico coloreazzurrino. Pare che la colorazioneservisse a mascherare eventuali mac-chie o discolorazioni dovute al pro-cesso artigianale di fabbricazionedella carta. si passò poi, nei pastifici,a confezionare la pasta con carta diquesto colore. Caratteristici eranoquei tubolari pacchi di spaghetti, conetichette multicolori, che erano ilvanto di gragnano e delle zone cam-pane dedite alla produzione. duran-te il triste periodo bellico, l'oscura-mento delle finestre veniva, a volte,realizzato con questa carta incollatasui vetri.

ora lo zucchero non può essere mes-so più in vendita sciolto, e, anche alconsumo, nei bar e nei ristoranti, de-ve essere rigorosamente servito con-fezionato. una direttiva europea hamesso al bando le zuccheriere, intro-ducendo l’obbligo dell’imballaggio,con tanto di multe fino a seimila europer i trasgressori.se ci può essere un vantaggio dalpunto di vista igienico, si è ingenera-to uno spreco incredibile di zucche-ro, specialmente nei bar. è quellodello zucchero monodose avanzato,che finisce direttamente nel cestino.il Movimento di difesa del cittadinoha stimato che ogni anno sono circasettemila le tonnellate di prodottoche finiscono nella spazzatura: unaquantità enorme di zucchero. in veri-tà il Ministero delle attività Produtti-ve ha cercato di tamponare lo sprecoemanando una circolare nella qualesi chiariva che “rispondono alla defi-nizione di preimballaggio anche lezuccheriere dosatrici chiuse” e che“non è obbligatorio l’uso delle busti-ne”. nonostante ciò, i gestori dei barhanno preferito fare il pieno di microsacchetti di carta con la conseguenzache, oltre allo spreco di zucchero, c’èanche quello della carta delle bustinegettate via.

Una nuova moda al ristorante: quella delle serate riservate a chi vuole mangiare nudo. Al bar, recenti norme impediscono il consumo di zucchero nelle zuccheriere. Il prodottoavanzato nelle bustine monodose finisce, però, direttamente nel cestino.

Adamo ed Eva a tavola

DI GABRIELE GASPARRODelegato di Roma

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DONATORI DELLA BIBLIOTECA NAZIONALE “GIUSEPPE DELL’OSSO”Roberto Ariani - Delegato di Firenze“1954-2014 i sessanta anni della delegazionedi firenze”

Giovanni Ballarini - Presidente“Cucina di rifugio, cucina di montagna: Saporid’alta quota in Friuli Venezia Giulia”di Bepi Pucciarelli e giorgio Viel(accademia italiana della Cucina delega-zione di Pordenone, 2008)“Cuochi di Marca” a cura di alessandra Mel-dolesi (roma: Cucina & Vini editrice, 2008)“La mia cucina: con i vini di Antonio Picci-nardi” di ugo tognazzi(Milano: sugarco edizioni, 1983)“Food of Japan” di shirley Booth(london: grub street, 2002)“Soppressa asparagi ed oltre” a cura di lu-

ciano Bonuzzi(Cavaion Veronese: grafiche fiorini, 2002)“Magnêr in diálat: mangiare in dialetto: 21 spe-cialità gastronomiche classiche e tradizionali inrima del Ducato Estense” di romolo levoni (Vignola: Vaccari, 1998)“È tempo di pasta” di Vincenzo agnesi(roma: gangemi, 1992)“Un piatto di salute: le ricette della tradizionemediterranea riscoperte dagli allievi degli Isti-tuti Professionali per i Servizi Alberghieri e Ri-storazione italiani” di gabriele riccardi,angela giacco, rosalba giacco(Pisa: Primula, 2014)“Caroenum: alla scoperta del vino cotto”di Carla Mastrocola e al.(Macerata: CCiaa, 2002)“La salama da sugo: mito e realtà di una tradi-zione ferrarese” di romano guzzinati“Cucina trentina del settecento: 195 ricette ti-piche trentine: il primo studio storico completosulla cucina trentina” di aldo Bertoluzza (trento: edizioni uCt, 1990)

“Los itinerarios gastronómicos del CapitánCook” di Juana Barría aguiló(Barcelona: rBa, 2002)“La credenza dei sapori antichi: Ricettario”“Dire fare gustare: percorsi di educazione delgusto nella scuola” di rossano nistri(Bra: slow food editore, 1998)“Cucinabile top: laboratorio di servizi enoga-stronomici per il settore cucina: articolazioneenogastronomia per il quinto anno” di a. solillo, s. Palermo(Bergamo: editrice san Marco, 2014)“Mangiare” di Walter Benjamin(Milano: henry Beyle, 2014)“Dal cibo alla poesia” di luigi altobella“Dizionarietto delle tradizioni e del mangiare”(s. l .: Memphis, 2001)

Carla Bertinelli Spotti - Accademica diCremona“A cena dai nonni”(Verona: stimmgraf editrice, 1983)“4a rassegna di Natale: la cucina cremonese”dell’associazione artisti Cremonesi(Cremona: s. n., 1999)“Tris di zucca: virtù, tradizione, arte”di francesco Puerari, Carla Bertinelli spotti,giulio girondi(Mantova: editoriale sometti, 2013)

Dino Betti van der Noot - Delegato di Milano“Riso, rane, grana e panera” a cura di dinoBetti van der noot (Verona: s. n., 2014)

Francesco Bisantis - Accademico di Padova “Frutto del diavolo: un thriller culinario” di tom hillenbrand(roma: atmosphere, 2013)

Mario Boeri - Delegato di Santo Domingo“La cocina canaria” (Madrid: tikal, 2014)

Cesare Branciari - Accademico di Macerata“Il grillo del focolare” di Mercede Prandigerloni (trento: Monauni, 1976)“Sotto vetro: frutta, verdura, funghi, fiori,erbe aromatiche e spezie” di gianna Monte-cucco rogledi (Milano: longanesi, 1973)“Il grande libro di cucina” di Carlo santi e ro-sino Brera (roma: Curcio, 1966)

Centri Studi Territoriali del Friuli - VeneziaGiulia e del Veneto “Brodetti, broéti e boreti” a cura di giorgio Viel(udine: forum, 2014)

Giuseppe de Martino - Vice Presidente“La filosofia napoletana dei maccheroni” di Carmine Cimmino (s. l.: erasmus, 2014)

Antonietta De Sanctis Fantozzi - Accademica di Teramo“Il ricettario del mare”(firenze - Milano: giunti, 2011)

Maurizio Fazzari - Delegato di Londra“Cucina senza frontiere”(amsterdam: Mejier Pers, 1970)“Guida al vivere sani in Italia”di ilaria rattazzi (Milano: Mondadori, 1982)

Anna Fusaro - Accademica di Teramo“Il sogno di ogni uomo” di roberto Michilli(s. l.: galaad, 2013)

Delegazione di Isernia “Sua maestà il raviolo scapolese De. Co.”di renato sparacino(Cerro al Volturno: Volturnia, 2014)

Gerardo Landulfo - Delegato di San Paolo“Pão nosso: Receitas caseiras com fermento na-tural” di luiz américo Camargo(são Paulo: Panelinha, 2013)“Coleção Cozinhas da Itália”(são Paulo: gold editora, 2013)

Paolo Passano“Memorie di futuro: la tradizione agroalimen-tare di Lavagna ieri, oggi e domani” di PaoloPassano (sestri levante: gammarò, 2014)

Paolo Petroni - Segretario Generale“50° anniversario della Delegazione Viareggio-Versilia 1964-2014”“333 ricette della tradizione” di silvia tropeaMontagnosi (azzano san Paolo: Bolis, 2013)

Anna Ricci Pinucci - Delegata della VersiliaStorica“Atti del convegno L'olivo quercetano come ful-cro della cucina versiliese”(accademia italiana della Cucina delega-zione della Versilia storica, 2014)

Delegazione di Roma Eur “La cucina degli anni cinquanta”(roma: ricciardi e associati, 2012)

Ida Salvagnini Rossi - Accademica di Padova “La cucina del Veneto: carne, pesce, formaggi,verdure… tutti i segreti di una gastronomiavaria, raffinata e originale” di emilia Valli(roma: newton Compton, 2013)

D A L L E D E L E G A Z I ON I

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I N L I B R E R I A

Libri in Villa nella Conca della Presolana - Edizione 2014libri in Villa rappresenta un’esperienzaormai consolidata di approfondimentoculturale e di valorizzazione territorialeche si tiene da 10 anni in Valseriana a Ca-stione della Presolana (Bergamo). in que-sto contesto l’appuntamento estivo deimesi di luglio e agosto rappresenta un’oc-casione per riflettere attraverso i libri e iloro autori. nel mese di agosto, tra gli al-tri, giovanni Ballarini con il suo La cucinadei numeri primi (orme editori), intro-dotto da gianni fossati e con la presenzadi gualtiero Marchesi (Villa amelia diBratto, via rossini, 15, alle ore 16.30).

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D A L L E D E L E G A Z I ON I

PIEMONTE

BIELLA

OMAGGIO A GUGLIELMO MARCONI

il convivio di primavera si è tenutoad oropa, al ristorante “CroceBianca”. il tema dell’incontro ènato da un’idea di giorgio loziae dalla realizzazione pratica diluisa Benedetti. lozia, da semprestudioso del Biellese, questa voltaha pensato a personaggi illustriche abbiano soggiornato o visi-tato questa terra. la sua ricercaè approdata a guglielmo Marconiche proprio ad oropa, in occa-sione di un suo soggiorno nellavicina Valle Cervo, pensò e in-travide “il telegrafo senza fili”,come recita la lapide collocatanell’atrio della Porta regia delsantuario. “nell’estate del 1894dall’alta montagna d’oropa con-templando il Biellese pensai chel’uomo potesse trovare nello spa-zio nuove energie, nuove risorsee nuovi mezzi di comunicazione”.Prima del pranzo, luisa Benedettiha intrattenuto gli ospiti con unapresentazione di Marconi e dellesue semplici predilezioni gastro-nomiche e, in seguito, ha illu-strato il menu, da lei curato, idea-to su una successione di piatti aricordo delle origini irlandesidella madre e di quelle italianedel padre dello scienziato. gliaccademici hanno quindi gustatosapori decisamente diversi traloro. (Marialuisa Bertotto)

CUNEO-SALUZZO

DALLA MONTAGNA AL MARE

la delegazione ha colto l’occa-sione di una gita fuori porta, ac-cettando l’invito che l’accade-mico franco Costa ha rivolto ai“montanari” di andare a pren-dere una boccata di aria di mare.Con l’occasione si potevano pro-vare le virtù culinarie di alcunicomponenti della sua famiglia,titolari a genova del ristorante“le Cicale in città”. Quel giorno

il ristorante era chiuso, e gli ac-cademici sono stati accolti comeamici. ottimi i cibi serviti, dallapanissa allo gnocco di formaggio,dalle trofiette al pesto ai pansottiin salsa di noci, dalle seppie allemazzancolle, dalle cotolettinedi nasello alla julienne di zuc-chine, all’orata alla ligure. Pro-fumi di cucina che hanno sensi-bilizzato le papille con saporinon usuali e certamente straor-dinari. (evelina ribero)

IVREA

CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE

la delegazione ha festeggiato ilcinquantennale della sua costi-tuzione con una riunione riservataai soli soci, in un clima di amiciziatra quanti hanno partecipato neltempo alla vita accademica. ilsimposio si è tenuto alla “trattoriaModerna” del vecchio amicoadriano Presbitero, ristoratoredi eccellenza del territorio, cheha predisposto un menu vera-mente eccezionale.nel corso della serata, è stato fe-steggiato il delegato in qualitàdi socio fondatore; è stato attri-

buito all’accademico Camillo oli-vetti il riconoscimento di appar-tenenza da più di quarant’anniall’accademia; successivamenteè stato ufficializzato l’ingressonella delegazione di tre nuoviaccademici con la consegna delleinsegne di appartenenza.il simposio si è concluso conl’omaggio a tutti i soci di un li-bretto sul cinquantesimo anni-versario, che riporta gli avveni-menti salienti del periodo, l’elen-co di tutti gli accademici chene hanno fatto parte nel tempo,i ristoranti visitati e i due studisulla “tofeja” e sulla “zuppad’ajucche” a suo tempo redattiper l’ufficializzazione e il de-posito presso la Camera di com-mercio di torino. l’obiettivo diun incontro amichevole e intimoè stato pienamente raggiunto.(giuseppe Clerici)

VERBANO-CUSIO-OSSOLA

FUNGHI DI PRIMAVERA

a santa Maria Maggiore, un’espo-sizione di funghi primaverili euna vastissima proiezione di im-magini hanno costituito il filoconduttore della serata convi-viale della delegazione. il rac-colto della prima settimana dimaggio, benché meno copiosodi altre annate nella zona, hapermesso di conoscere, sotto laguida di un micologo di grandeesperienza, alcune varietà intutto o in parte sconosciute.sono stati illustrati esemplarirari e di difficile identificazionee distinzione, che possono ge-nerare un certo sconforto neiricercatori più veloci e “sicuri”,e, quindi, indurre ad una grandeprudenza i raccoglitori improv-visati. le ricette degustate sonostate ideate e realizzate da san-dro ferrari nella cucina del “Mi-ramonti”, ristorante e albergogestito dalla moglie, alessandraBalconi. la signora susannagiorgis, in costume tradizionalevigezzino, ha aperto la serata eaccolto gli accademici presen-tando altre signore in costumi

PAGINA 45

INDICE DELLE RUBRICHE

DALLE DELEGAZIONI pagina 45

VITA DELL’ACCADEMIA 56Valle d’aosta, Piemonte 56liguria 57lombardia 58trentino - alto adige, Veneto, friuli - Venezia giulia 59emilia romagna 60toscana 63Marche, umbria 65lazio 66abruzzo, Campania, Puglia 67Basilicata, Calabria, sicilia 68sardegna 69europa 70nel mondo 72

CARNET DEGLI ACCADEMICI 75

Ai Delegati: ricordiamo che i “commenti” delle riunio-ni conviviali devono essere contenuti in 800 (massimo1000) caratteri, spazi inclusi. I testi della rubrica “Dalle Delegazioni” non devono su-perare i 2500 caratteri.

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di diversa fattura ma sempredella Valle Vigezzo, all’operanella cottura, uno ad uno supiastra in ferro, degli “stinchett”(sottilissime cialde croccanti)esclusivi della valle. dalla spon-taneità dei boschi, alle colturedi grano saraceno che consentela produzione di grandi pagnotte(che da Coimo di druogno sidiffondono verso il Verbano e ilCusio, riconosciute e rielaborateda cuochi quotati), alla capacitàmanuale in cucina, è risultatauna serata particolarmente in-tensa e di vasti interessi, moltopiù difficile da realizzare in al-cuni moderni e urbani ristorantidi successo, contesti asettici mol-to contemporanei ma lievementeospedalieri. un’esperienza chepuò svolgersi soltanto là doveesistono persone che custodi-scono memorie, con la capacitàdi conservarle, la volontà di di-vulgarle, la fantasia nel rinno-varle riproponendole con pas-sione a qualunque avventore. (Pier Carlo lincio)

LIGURIA

ALBENGA E DEL PONENTE LIGURE

ROSSI A CONFRONTO

è stato questo il tema della riu-nione conviviale organizzata dal-la delegazione, per poter ap-prezzare un vino rosso ligure,di carattere e di particolare in-tensità, come il ligustico, accantoal “re dei vini-vino dei re”, sua

maestà il Barolo.luogo dell’incon-tro, il “Pernambuc-co”, che, pur es-sendo un rinoma-to ristorante di cu-cina marinara, haproposto ricettetradizionali di car-ne, come era nor-male nella cucinaligure prima delsuo rinnovamentograduale degli ul-timi anni. l’abbi-

namento cibo-vino ha permessoagli accademici di apprezzarele armonie e il valore dei viniproposti, e il ligustico non hasfigurato affatto rispetto al Ba-rolo, vanto dell’enologia dellelanghe e alfiere dei vini italianinel mondo. nel Ponente vengonocoltivati vitigni a bacca rossa, etra questi granaccia, tipico ligure,e sirah, vitigno internazionaleben presente in Provenza. dallaloro unione nasce il ligustico,intenso, persistente, di corpo,che ben si abbina alle carni, aiformaggi e alle paste fatte incasa condite con frutta secca. ilBarolo va benissimo con il cin-ghiale in casseruola con erbearomatiche, un tempo piattoprincipale nelle trattorie dell’en-troterra, ritrovo dei numerosicacciatori. delle tradizioni liguria tavola, e dei suoi ricordi, haparlato l’ospite della serata, eu-genia nante, albenganese, gior-nalista rai a roma, che non hadimenticato i piatti che la suafamiglia proponeva giornalmen-te, frutto di antiche tradizioni,legate alle stagioni e alla colti-vazione della terra. il padre, me-dico e universitario, appassionatocacciatore, conosceva bene lafauna locale e la proponeva adamici e ospiti del suo nosocomio,in cui l’alimentazione sana, na-turale, italiana, aveva un ruolofondamentale per il recuperodello stato di salute. la giorna-lista, con tutti gli accademici,ha apprezzato i piatti gustatinella riunione conviviale, che lehanno ricordato i sapori di untempo. “rossi a confronto” è

stato lo spunto per riportare allamemoria tradizioni di un recentepassato, ora messe da parte, masempre presenti nella culturadel territorio. (roberto Pirino)

GENOVA

FESTEGGIATI I “SENIORES”

la delegazione si è riunita pressoil ristorante “zeffirino” per fe-steggiare i suoi componenti chehanno raggiunto traguardi si-gnificativi di anzianità accade-mica: Manlio Pietrafraccia, gio-vanni gramatica di Bellagio eCarmine Carteny che hanno su-perato i 40 anni di appartenenza,e giovanni Bet che quest’annoha compiuto i 25 anni di anzia-nità. la partecipazione alla se-rata dell’accademico di frescanomina Manuel Macrì, il piùgiovane tra i componenti la de-legazione, ha creato un contrap-punto di energica freschezza edi lunga esperienza. la serata,sostenuta dall’impeccabile cu-cina del patron luciano Belloni,è stata improntata alla più gran-de cordialità tra i commensali,tra i quali il delegato della ri-viera dei fiori giuseppe ghi-glione, accompagnato dal figliodario pure lui accademico, e ilVice delegato di Milano navigli,giuseppe de francisco. la con-versazione ha toccato, tra gli al-tri, temi di interesse gastrono-mico in generale e accademicoin particolare, dimostrando an-cora una volta come lo scambiodi opinioni ed esperienze traappartenenti a delegazioni di-verse costituisca la linfa indi-spensabile per un’accademia inbuona salute. al termine dellacena, gramatica ha ripercorsole tappe della propria esperienzasul cibo, mettendo in luce gliaspetti legati alla tavola di unasocietà in continuo divenire. an-che Carteny ha voluto chiuderela serata con un breve discorso,esponendo il suo pensiero sulfuturo che l’accademia si ap-presta a vivere.

LOMBARDIA

ALTO MILANESE

VISITA AD UNA VECCHIA RISERIA

“dividere il proprio riso e il pro-prio vino con un amico sazia edisseta il doppio”, un vecchioadagio concretizzato dalla de-legazione che ha voluto e potutocoinvolgere, in un’esperienza diriso e vino, il delegato di VercelliMarco Ciocca che ha dedicatola giornata all’anticipazione dellacena ecumenica sul riso, in unalocalità dove il riso la fa da pa-drone indiscusso. gli accademicisi sono recati a fontanetto Po,per rivivere, all’interno della ri-seria san giovanni, un momentostorico che diverrà sempre piùdifficile ripetere. Questa riseria,pur essendo da tempo “a riposo”,ha mantenuto intatti i macchi-nari che sino al 1992 le consen-tivano di funzionare senza uti-lizzo di energia elettrica ma conla potenza dell’acqua che, scor-rendo dal Canale Cavour, per-metteva e permette ancor oggidi “inondare” tutto il territoriovercellese.senza dubbio emozionantel’esposizione degli antichi eventiraccontata dal professor Maurogardano (figlio dell’ultimo ti-tolare della riseria), che ha in-serito anche aneddoti personaliricordando il lavoro degli operaidediti alla pulizia e preparazionedel riso che riempivano i sacchidi iuta per distribuirli in moltipaesi. nell’esposizione è statasottolineata l’abitudine (ormaid’altri tempi) di non buttarenulla, tutto andava recuperatoe sistemato: i sacchi venivanoristretti e ricuciti, le pulegge incuoio (materiale prezioso ecaro) venivano continuamenteriassemblate e ricongiunte conpazienza e caparbietà e cosìogni altro utensile era rimessoa nuovo.non poteva certo mancare ilmomento conviviale nel quale,dopo aver sapientemente de-scritto i passaggi salienti della

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lavorazione del riso, si è avuto,come interprete principale, lostesso principe dei cereali. lariunione conviviale ha avutocome ospite d’onore il delegatodi Vercelli, che ha suggerito ilristorante “Balin” dove è statoservito un menu già collaudato,con vivande molto apprezzateda tutti e con la “panissa” ver-cellese quale piatto tipico. allafine del più che amichevole pran-zo, i delegati (alto Milanese eVercelli) si sono scambiati regaliche verranno sicuramente cu-stoditi come ricordo di una bellaesperienza vissuta “fuori porta”e incentrata sul tema accademicodell’anno.

LECCO

GIORNATA MANZONIANA

riccardo Balbiani ha curato l’or-ganizzazione della giornata de-dicata al romanzo “i Promessisposi”. gli accademici lecchesihanno ospitato due delegazioni:quella del tigullio e quella ditorino. la giornata è iniziatacon la visita a Pescarenico, trale terre manzoniane quella de-scritta con più accuratezza nelromanzo, tanto che di essa èquasi tutto individuabile. ac-compagnati da laura Valsecchi,guida ufficiale della Provinciadi lecco, gli accademici hannoiniziato con la visita alla chiesadei Cappuccini, oggi parroc-chiale, e al vicino con-vento, dal cui cortilesi ammira la loggiadelle noci e l’anticocampaniletto set-tecentesco dellachiesa, che at-trae per la suaparticolare se-zione triangola-re. Questo rionedi lecco è oggimolto cresciuto, manel piccolo nucleodelle case lungo l’addasi è respirata l’aria anticadel paesino rivierasco, con lasemplicità e la povertà delle case

dei pescatori, con il fascino deivicoli che in parte hanno man-tenuto l’antico nome.dopo una sosta dinanzi allatarga dell’“addio monti sorgenti”,tutti alla Villa Manzoni, nel quar-tiere Caleotto, residenza dellafamiglia di alessandro Manzoniche vi trascorse, come lui stessoscrive nell’introduzione al Fermoe Lucia, tutta l’infanzia, l’adole-scenza e la prima giovinezza. ilbrano più celebre, “Quel ramodel lago di Como…”, nasce pro-prio dai minuziosi ricordi visividel paesaggio che da questa villalo scrittore vedeva.a pranzo, tutti al ristorante “sangerolamo” a Vercurago, sotto ilcastello dell’innominato, dove,approfittando della tecnica edella professionalità dello chefluca dell’orto, è stato presentatoun menu degustazione “evoca-zioni manzoniane”, che ha presospunto dai piatti citati nel ro-manzo ma elaborati in chiavemoderna, giocando fra tradi-zione e innovazione. (riccardo Balbiani)

MANTOVA

ESTROSE VARIANTI DI PIZZA

gita fuori porta, per gli acca-demici della delegazione e an-che fuori tema, nel senso dellavacanza, per una volta, dallacucina tradizionale. in una qua-rantina, infatti, si sono ritrovati

a san Martino Buon al-bergo, dunque in area

veronese, accolti da“saporè”, sofistica-ta officina dellapizza, che rena-to Bosco inter-preta in variazio-ni estrose, rispet-tando la stagio-nalità dei prodotti

(rigorosamenteitaliani), la ricerca

della qualità, le tec-niche di preparazione.

impegno particolare di Bo-sco, la panificazione, con im-piego del lievito madre e di

farine macinate a pietra, che gliha permesso di entrare nel pre-stigioso “Club richemont”.Prodotto super il crudo di Parmariserva don romeo 24 mesi, maaltrettanto apprezzati, semprein abbinamento pizzaiolo, ilcotto e il salamino piccante.ospite d’onore, ricevuto da ome-ro araldi, il delegato di Verona,fabrizio farinati. scontato che,nella conversazione, spuntasseanche un argomento comune:il riso, segnatamente il Vialonenano, quindi risotto all’isolanae riso alla pilota in un confrontosempre aperto.

VENETO

BELLUNO-FELTRE-CADORE

ASSEGNATO ILPREMIO NUVOLETTI

Quest’anno la delegazione haassegnato il premio “giovanninuvoletti” al ristorante “alle Co-dole” di Canale d’agordo, risto-rante albergo a stretta improntafamiliare. la custodia delle tra-dizioni tramandate dalla mammaolga, la cucina gestita con manoabile da oscar, la passione nellaselezione della carta dei vini pre-parata da diego, decisamenteestesa anche oltre i confini na-zionali, e il sorriso di livia, checura con attenzione e cordialitàil servizio in sala, costituisconoun punto di forza che ha fatto

crescere in qualità tutto il locale.“alle Codole” si trova vicino allapiccola piazzetta del paese, doveci sono l’albergo, il panettiere, ilsalumaio, due bar e una chiesettacinquecentesca. sono paesini eborghi come questo, in cui sem-bra che il tempo sia rimasto so-speso, che coniugano molto benel’unione tra il territorio e le suetradizioni perché continuano araccontare qualcosa di loro chenon si trova altrove. l’assegnazione del premio vuoleessere un riconoscimento allabontà dei piatti, ma anche alfatto che qui si coniugano il vec-chio sapere e la storia, con ilpresente e la sperimentazionegastronomica. la bontà dellasua cucina riconcilia con il mon-do e con il presente.

TREVISO-ALTA MARCA

PASSEGGIATA CULTURALE A VENEZIA

è ormai consuetudine trovarsiin primavera a Venezia, per unapasseggiata guidata, e conoscereangoli, scorci architettonici an-cora ignorati e storie ad essi le-gate, sempre affascinanti. lastoria veneziana, poi, è così in-dissolubilmente legata a quelladi treviso e i richiami che spessoemergono chiariscono le influen-ze che ci sono state negli usi ecostumi durante la repubblicaserenissima. l’opportunità di

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avere a disposizione una guidapreparata e capace di correlarefatti, luoghi e toponomasticacosì particolare, rende ogni voltale visite estremamente interes-santi. è stato un percorso nonparticolarmente usuale, conspiegazioni ricche di riferimentistorici, sociali e anche gastro-nomici. la passeggiata si è con-clusa, come prima parte, al pa-lazzo Muti Baglioni, ora resi-denza dei Conti da Mosto,un’antica famiglia patrizia ve-neziana. è stato possibile visi-tarlo grazie alla disponibilitàdei proprietari i quali hannofatto da guida attraverso i variambienti, compresa una piccolacappella, tutti riccamente af-frescati. un brindisi finale con i Contida Mosto e poi il pranzo in unlocale stellato, “da fiore”, inte-ramente riservato per gli acca-demici. un menu particolareche ha richiamato le miglioritradizioni veneziane, come i risie bisi fatti esattamente con la“telarina” (una leggera patinain superficie), il brodo dei bac-celli e con l’aggiunta di pochis-sima cannella tanto per rilevarel’irrinunciabile vocazione dellacucina veneziana alle spezie. ifiletti di sogliola, appena pescata,di Caorle, arrotolati attorno agliasparagi verdi e depositati suuna salsa anch’essa di asparagi,volevano evidenziare come que-sto pesce fosse molto gradito aiveneziani che lo utilizzavanoanche per farlo in “saor” nellecase patrizie. il dessert, per la

chef Mara Martin, ha volutorappresentare un omaggio a tre-viso, con un delicatissimo e ori-ginale tiramesù realizzato congli amaretti. a conclusione delpranzo, è stato donato ai pro-prietari il libro della cena ecu-menica a dimostrazione che lacultura della tavola è e rimaneper gli accademici l’obiettivoprimario della loro attività. (nazzareno acquistucci).

VENEZIA MESTRE

RIUNIONE CONVIVIALE DELLE PREMIAZIONI

si è svolta a scorzé, nella salaconsigliare del Comune, dove ildelegato ettore Bonalberti, conalcuni componenti della Con-sulta di delegazione, presenteil sindaco, avvocato giovanniBattista Mestriner, ha consegna-to all’accademico lorenzo Mi-chielan, Presidente della Proloco, il Premio “nuvoletti”, “peril fattivo contributo offerto dalsodalizio alla promozione deiprodotti locali e alla conserva-zione, conoscenza e valorizza-zione della buona tavola tradi-zionale del territorio”. la Proloco di scorzé, da molti anni,organizza eventi e promuove lavasta gamma dei prodotti agroa-limentari di una terra vocataalla produzione di asparagi, pi-selli, radicchio di treviso e dialtre prelibatezze. forte il rife-rimento del delegato al valoredell’azione degli enti che fon-

dano sul volontariato la loro ini-ziativa, nelle Pro loco comenella stessa accademia, di de-dicarsi alla salvaguardia del beneprezioso della propria cultura edelle proprie tradizioni. a questoproposito, il sindaco Mestrinerha ringraziato l’accademia perquesto riconoscimento che faonore alla città di scorzé.terminata la cerimonia, trasfe-rimento al ristorante “san Mar-tino” di rio san Martino, gestitoda raffaele e Michela ros. si-niscalco il segretario e tesorieregianfranco Comelato. la riu-nione conviviale era incentrataanche sull’assegnazione di unriconoscimento per i venticinqueanni di vita accademica ai sociPaola Comacchio e Carlo Cao-duro, entrambi Consultori didelegazione. accanto al diplomadella Presidenza e alla consegnadel nuovo distintivo accademicod’argento, la delegazione ha vo-luto coniare una speciale me-daglia d’oro con dedica. la riu-nione conviviale è iniziata conun apprezzato assaggio di fra-gole e di piselli locali, gustosi,dolci e teneri. il resto, lasciatoalla fantasia di raffaele, che haservito il seguente menu: cosciadi quaglia su rapa rossa e pettocotto rosa su crema di piselli diPeseggia; lumache “in giardino”,accompagnate da erbe officinalidi stagione. a seguire, un risottocon asparagi bianchi e verdi,impreziosito da una scacchieradi verde di Montegalda, tartufonero e bottarga di gallina. unsecondo di straordinaria fattura:la guancia di maialino con car-ciofi violetti di sant’erasmo, conuna carne tenerissima, frutto diun’esperta e controllata cottura.

il piatto più controverso è statoil dessert tutto nocciola, belloalla vista, meno efficace al gusto.i vini: soave Classico doc 2012dell’azienda tamellini di Verona;straloja dolcetto 2013 dell’azien-da terralba di Cuneo. (ettore Bonalberti)

FRIULI - VENEZIA GIULIA

PORDENONE

PROTAGONISTA IL RISO

l’accademico arnaldo grandiha aperto il convivio di Pasquacon la relazione su usanze e pie-tanze pasquali, evidenziandocome la primavera e la Pasquasiano strettamente legate e comequest’ultima, anche nelle suemanifestazioni culinarie e nellaritualità delle proposte, risentadi una forte presenza di tradi-zioni antiche, anche pagane,che celebravano la primaveracome rinnovamento della naturacon offerte che, spesso, appunto,ritroviamo nella tradizione pa-squale. roberto albonico, sim-posiarca, ha curato la scelta dellequalità di riso per la realizza-zione delle portate del convivio.il riso utilizzato proviene dal-l’azienda agricola “Perucca”, si-tuata a Motta dei Conti in pro-vincia di Vercelli, dove da ge-nerazioni si coltiva riso, rispet-tando l’ambiente grazie ad an-tiche tecniche artigianali total-mente “biologiche”, senza uti-lizzo di conservanti, diserbantie agenti chimici per la brillatura.il riso Carnaroli, usato per lapreparazione del primo piatto,è considerato il “re dei risi” in

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D A L L E D E L E G A Z I ON I

quanto ha caratteristiche ecce-zionali per la preparazione deirisotti e per la cucina d’autore:rimane al dente nel cuore maaiuta la mantecatura rilasciandol’amido in superficie. nasce nel1945 dall’incrocio tra il Vialonenano (caratteristiche di bassis-sima collosità e alto contenutodi amilosio che garantisce ele-vata resistenza alla cottura, loritroviamo per la preparazionedel gelato) e il lencino (varietàdi riso molto lungo e grosso,dalla perla estesa). il riso Baldo,usato per la preparazione delsecondo piatto, è una varietàdi recente diffusione derivatadall’arborio. è un riso superfino,con chicchi piuttosto grandi,con un’ottima capacità di as-sorbimento e abbastanza con-sistenti tanto da renderlo par-ticolarmente adatto alla prepa-razione di risotti, risi conditi oal forno.in conclusione di serata, la con-segna a giuseppe aulenti, peranni membro della Consulta etesoriere della delegazione, delpiatto dell’accademia come se-gno di gratitudine per l’operasvolta. (roberto albonico)

UDINE

CORSI UNIVERSITARI PER SOSTENERE L’ATTIVITÀDEI MICROBIRRIFICI

la delegazione ha partecipato,nella prestigiosa sede della Pro-vincia, alla premiazione del mi-crobirrificio “foglie d’erba” diforni di sopra, cogliendo l’oc-casione per presentare alle au-torità e alla stampa locale il vo-lume Dal campo al boccale: labirra ritorna in Friuli, pubblica-zione degli atti dell’omonimoconvegno realizzato dalla dele-gazione stessa con la collabora-zione dell’università degli studidi udine e il patrocinio dellaProvincia.la regione friuli - Venezia giuliaè attualmente, in italia, quellache presenta la più alta densitàdi microbirrifici per abitante,

confermando una consolidatatradizione storica di produzionebirraia e dando giusto sbocco alprogetto realizzato dall’universitàdegli studi di udine che ha isti-tuito dei corsi ad hoc per fornireil know-how tecnico e gestionalenecessario ad intraprendere que-sta attività produttiva.alcuni microbirrifici vantanouna produzione di altissima qua-lità e ciò è stato dimostrato dairiconoscimenti che l’azienda pre-miata ha conseguito al “CrowneBeer Challenge” di liegi, aggiu-dicandosi con i suoi prodotti bentre medaglie in un contesto in-ternazionale altamente compe-titivo.il delegato Massimo Percotto eil Coordinatore territoriale ren-zo Mattioni hanno ribadito, du-rante le interviste rilasciate allastampa, come l’accademia siasempre fortemente impegnataa promuovere e valorizzare sulterritorio le valenze della ga-stronomia italiana, sia attraversol’organizzazione di convegni ealtri eventi culturali, sia medianteil confronto e il mantenimentodi una fitta rete di relazioni conuniversità e istituzioni pubbliche

e private che si occupano di que-ste tematiche.(Massimo Percotto)

EMILIA ROMAGNA

BOLOGNA

OMAGGIO AGLI ASPARAGI

si è rinnovata, anche quest’anno,la partecipazione della delega-zione alla “sagra dell’asparagoverde di altedo igp”, giunta allasua quarantacinquesima edizio-ne. la delegazione ha parteci-pato alla “serata d’autore”, de-dicata al gemellaggio con l’aspa-rago bianco di Badoere igp, nelVeneto. Come è ormai collaudatae apprezzata consuetudine, sisono alternati diversi chef chehanno presentato ciascuno ilproprio piatto a base di asparago.sono stati serviti: asparagi bian-chi di Badoere in savor; cannolodi pasta “viking” agli asparagiverdi di altedo e crema di for-maggio; risotto agli asparagibianchi con ragù di fagiana; spa-ghetti alla chitarra alla carbonaradi asparagi verdi; prosciutto dimaiale in bellavista con budinodi asparagi verdi al parmigianoreggiano; dessert a cura delmaestro pasticciere Marco Bal-boni con “la verde tentazione”,il tutto accompagnato da Pigno-letto frizzante (gaggioli), Pi-gnoletto fermo e Barbera (tiz-zano). hanno fatto gli onori di

casa gianni Cesari, Presidentedel Consorzio di tutela dell’aspa-rago verde di altedo igp, cheha illustrato le attività del con-sorzio e il nuovo gemellaggiocon i produttori di Badoere, elo chef Mauro spadoni, perfettoanimatore e coordinatore dellacucina. tutti i piatti sono statiottimi, a dimostrazione che sipossono mantenere livelli di ec-cellenza gastronomica anchecon oltre 130 persone a tavola.il delegato guido Mascioli, dopoaver brevemente presentato l’ac-cademia, ha manifestato al Pre-sidente Cesari e allo chef spa-doni l’apprezzamento degli ac-cademici, tutti concordi nell’ot-tima valutazione della serata.

BOLOGNA DEI BENTIVOGLIO

PER FAR MINESTRE DI TAGLIATELLI

simposiarca tito trombacco, ladelegazione, insieme al lionsClub archiginnasio, ha organiz-zato, nelle affrescate sale sei-centesche di Villa Baldi sassoli,una riunione conviviale di no-tevole spessore gastronomico-culturale: “Per far minestre ditagliatelli”. il particolare eventoè stato approntato dallo chefClaudio Cavallotti, il “cuocodella storia”, sotto forma di unaverticale della tagliatella. ai nu-merosi partecipanti sono stateproposte sei varianti di taglia-tella, che differivano tra loro sianelle dimensioni sia nel condi-mento, quale stringato percorsostorico-culturale su tale tipo dipasta: dalla sua origine, attra-verso tappe significative, ai gior-ni nostri. una particolare cita-zione per le sfogline che, se-guendo i canoni più fedeli legatialla tradizione della sfoglia bo-lognese, si sono impegnate a la-vorare, rigorosamente a mano,prima l’impasto (12 kg!), poi,con il mattarello, a tirare la sfo-glia. hanno preparato i vari tipidi tagliatelle che, cotte, conditee impiattate, sono arrivate, peril piacere dei partecipanti, sulle

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tavole, perfette come cottura. isingoli piatti sono stati presen-tati, illustrati e collocati nel loropreciso periodo storico, dallochef. la riunione conviviale si èaperta con la “lasagnuola di ma-gro”, ricetta duecentesca allaquale si attribuisce l’origine dellatagliatella; si è proseguito con i“tagliatini di pasta alla moda digranarolo”, Comune alle portedi Bologna, piatto settecentescodella campagna bolognese; poiè seguita la “tagliatella al pro-sciutto di lorenzo stecchetti”,l’ottocentesca stretta e grossatagliatella detta alla “romagno-la”. si sono quindi succedute laclassica “tagliatella bolognese”,vestita e condita con il suo tipicoragù, e la variante contadina,la “tagliatella alla cipolla”, con-dita con la dorata cipolla di Me-dicina; per ultima, la “tagliatellalarga”, altrove chiamata pap-pardella, con un ricco condi-mento di funghi e cinghiale.Come dessert: la “taurta rizzlei-na”, la tipica “torta di tagliatel-line” stese su una base di pastadi mandorle, e una squisita “cre-ma all’ananas”, per una degnachiusura di questo riuscitissimoconvivio. anche in questa occasione, laproposta di piatti tipici della tra-dizionale cucina locale è stataampiamente apprezzata: l’ap-plauso finale che ha accomunatolo chef, con la brigata di cucina,e il simposiarca ne è stata laconferma. (tito trombacco)

CARPI-CORREGGIO

VOLUMI ACCADEMICI IN DONO ALLA BIBLIOTECACOMUNALE

la serata, organizzata presso ilristorante “romeo” di Carpi, èstata anche l’occasione perchéil delegato donasse alla localebiblioteca civica copie delle pub-blicazioni dell’accademia, inquanto in questa biblioteca ègià esistente una sezione dedi-cata alla gastronomia. la diret-trice della biblioteca, dottoressaPrandi, ha ringraziato per laqualità delle pubblicazioni e haaltresì illustrato la biblioteca ci-vica, fiore all’occhiello della cit-tadina, sia per l’ubicazione siaper il numero dei volumi in essapresenti. la serata si è rivelataun successo per quanto riguardala qualità della riunione convi-viale, ma anche per l’importanteiniziativa posta in essere dal de-legato Pier Paolo Veroni e perla possibilità di far conoscerealla cittadinanza carpigiana leattività dell’accademia.

REGGIO EMILIA

GITA IN VALPOLICELLA

la scorribanda in terra venetadegli accademici reggiani, conospiti della delegazione di Car-pi-Correggio, preparata con me-ticolosità da lungo tempo, è stataun successo per la possibilità di

ammirare eccellenze paesaggi-stiche e architettoniche e ap-prezzare quelle gastronomiche.gli accademici hanno fatto sostaalla magnifica Villa MosconiBertani di arbizzano (Verona),struttura neoclassica del 1700,ricca di opere d’arte e immersain un suggestivo parco. Qui labellezza formale si sposa allastretta prossimità con il lavoroagreste e la produzione vitivi-nicola: nei sotterranei si ammi-rano, infatti, botti colossali dainvecchiamento. in questo mi-rabile scrigno, sede della CantinaBertani, è stato possibile appa-gare sia la sete di cultura insenso lato sia quella più squisi-tamente enologica. un’ottimadegustazione guidata ha degna-mente coronato la visita alleopere d’arte. Breve spostamentoper approdare al rinomato ri-storante “arquade” di “Villa delQuar”, monumento nazionale,a Pedemonte. in questa dimorapatrizia, la cucina ha saputo di-venire un punto di eccellenza edi attrazione internazionale. Quigli accademici hanno degustatoun menu di terra degno dellapiù nobile tradizione veneta edespressione del rispetto dellastagionalità delle materie prime.dopo un aperitivo con piccolifinger food e stuzzichini, i palatisono stati deliziati da un’insalatadi pane e pancetta croccanti,verdure e uovo di quaglia: unvero mirabile equilibrio di con-sistenze e sapori. Quindi hannotrionfato i tortelli di latte dellemalghe, con asparago, pomo-doro e cipolla di pianura. Comesecondo: schiena di maiale incrosta di asiago e cumino converdurine croccanti e prugnolo.epilogo regale con il cremosodi cioccolato all’olio extraverginedi oliva con chutney di pera elime, biscotto al pepe nero ecrema al mascarpone. un ser-vizio di altissimo livello e unacornice sfarzosa hanno reso in-dimenticabile questa esperienzagastronomica. è stata istruttivapure la visita, con degustazioni,al Museo dell’olio, a Cisano sullago di garda. la ricca e inte-

ressante gita si è conclusa conun pacifico “assalto” alle ciliegiein vendita presso una fattoriadi affi, souvenir di una bellagiornata. (fabrizio sevardi)

TOSCANA

MONTECATINI TERME-VALDINIEVOLE

PREMIO VILLANI ALL’AZIENDA BARGILLI

nel corso di un’affollata riunioneconviviale al “fornello” di Mar-ginone, è stato consegnato a Va-lentina Bargilli il premio “dinoVillani”, per la produzione delle“cialde di Montecatini”. orlandoBargilli, padre dell’attuale titolarePaolo, fondò l’azienda nel 1936.egli si applicò al perfezionamentodi un dolce di tradizione mitte-leuropea, le “oblaten” (due sfo-glie circolari di wafer, farcite dimandorle e zucchero), aggiun-gendovi tocchi distintivi e carat-teristici: cottura uniforme, totaleassenza di burro o di parti grasse,uso esclusivo, per la farcitura,di mandorle pugliesi, preferiteper il bassissimo contenuto diacidità. il risultato è un biscottosemplice, gustoso e leggero. tregenerazioni ne hanno mantenutolo standard eccellente, facendoneil dolce tipico di Montecatiniterme, apprezzato dai residentie regolarmente portato a casadagli ospiti. la tutela della tra-dizione non ha impedito al-l’azienda Bargilli di battere stradediverse, sempre nell’ambito es-senziale della “territorialità”: ne-gli anni, alle cialde si sono ag-giunti i brigidini e i cantucci, esi è realizzato il felice abbina-mento con il gelato.

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D A L L E D E L E G A Z I ON I

il conferimento del premio “Vil-lani” vuol essere un riconosci-mento per questa lunga attività,che rientra appunto nelle finalitàche l’accademia persegue. (alessandro giovannini)

PISA

DIPLOMA AL “V. BENY”

la delegazione ha organizzatola riunione conviviale presso ilristorante “V. Beny”, nel cuorestorico della città. un ritornoatteso e piacevole, in un eserciziogià ripetutamente visitato. il de-legato ha ricordato la storia dellocale e il percorso della lungacollaborazione tra damiano laz-zerini e sandra Biagiotti, pro-prietari dell’esercizio, e la de-legazione, esprimendo la sod-disfazione di comunicare a en-trambi l’assegnazione del “di-ploma di Buona Cucina 2014”.franco Milli ha quindi conse-gnato il diploma, consistente inuna pregevole opera grafica,riaffermando il compiacimentoper questo meritato riconosci-mento che premia serietà e im-pegno professionale verso i va-lori della tavola italiana.nel chiudere la riunione convi-viale, Milli ha ringraziato il sim-posiarca, savino sardella, peraver organizzato con sapienzala serata, svoltasi in una caldaatmosfera e allietata anche daottimi cibi e vini. la serata ha visto la partecipa-zione di graditi ospiti: gli acca-demici di livorno, Martino eBaracchino, e Barabotti dellaredazione de “il tirreno”. (franco Milli)

VALDARNO FIORENTINO

CENA A TEMA SULLA PANIFICAZIONE

si è svolta all’“hostaria Cecco-toccami”, nel comune (oggi riu-nito) di figline-incisa Valdarno,la riunione conviviale della de-legazione, che ha avuto un du-

plice aspetto: quello di una cenaa tema, sulla panificazione, vistala passione che lo chef fabriziogiusti mette nel realizzare tuttociò che si ottiene attraverso lalievitazione, e quello della con-segna del “diploma di BuonaCucina”. il ristorante, infatti, haricevuto il diploma, grazie al-l’attenzione rivolta sia ai piattidella tradizione, di terra e dimare, sia ad una discreta inno-vazione degli stessi, mai ostentatama sensorialmente presente, cheha portato il locale ad essereuno dei pochi della zona sempremolto apprezzati. la serata, al-lietata dalla presenza di CeciliaMoranti di rtV38 e del giorna-lista de “la nazione” di firenze,fabrizio Querusti, ha visto il de-legato ruggero larco affrontareil tema della panificazione at-traverso la sua storia, riassuntain schede consegnate ai presenti,e grazie alla dovizia di molti tipidi pane italiani che david Boniaveva scenograficamente alle-stito su un tavolo, in modo chetutti potessero valutare la grandevarietà di tipi esistenti. anche ilmenu ha avuto come trait d’unionil pane, presente in tutti i piatti:nel medaglione di tonno come“pane buns”, quello tipico deglihamburger; nella “pappa biz-zarra al pomodoro”, variante se-nese della forse più famosa “pap-pa al pomodoro fiorentina”, enell’umido di mare, con le clas-siche fette di pane toscano sciapo“abbruscato”, a insaporirsi nelsughetto reso appetitosissimodall’insieme di “tocchetti” di pe-

sce e dal sapore inconfondibiledi cozze e vongole. una seratache ha inoltre visto quale ospiteistituzionale il delegato di fi-renze roberto ariani che, al ter-mine della serata, ha consegnato,insieme al delegato del Valdarnofiorentino, il diploma ai titolaridel ristorante e idealmente allostaff tutto. il suono della cam-pana ha concluso la più che riu-scita serata, con gli accademicie i numerosi ospiti che hannopoi potuto portare via anche ilpane, alimento basilare e sempregradito, che era stato esposto.(ruggero larco)

UMBRIA

TERNI

LA STORIA DEI “BANDERARI”

riunione conviviale dedicataalla storia della città, intitolata“la terni di ieri”, a cura dei sim-posiarchi Claudio Borzacchinie Bruno Piergentili. dalla de-scrizione del nucleo urbano dellacittà dell’ottocento, del qualefaceva parte il palazzetto doveè ubicata attualmente l’“osteriadell’anfiteatro”, sede del convi-vio, si è ritornati al 1500 perrievocare il fatto di sangue dicui furono protagonisti “i ban-derari”. nell’organizzazione so-ciale dei comuni del Medioevoitaliano, i banderari erano i bor-ghesi, artigiani e commerciantiche avevano una rappresentanzanel Consiglio comunale. a terni

furono istituiti al ritorno deiPapi dalla cattività avignonesee avevano il compito di difenderela città da nemici esterni e disorvegliare che le fazioni poli-tiche in lotta, cioè i guelfi e ighibellini, non ricorressero piùalle violenze del passato. dopoqualche tempo si delineò semprepiù violenta la contrapposizionefra nobili e banderari che sfociònell’eccidio, nella notte del 22agosto 1564, di nobili, uominie bambini nelle loro abitazioni.Piergentili ha descritto, infine,traendole da documenti del-l’epoca, le condizioni di vita deidetenuti e l’alimentazione inuso nelle carceri. (guido schiaroli)

LAZIO

ROMA EUR

PREMIATI GLI ALLIEVI DELL’IPSSAR TOR CARBONE

il tradizionale appuntamentocon l’ipssar tor Carbone per laconsegna delle borse di studioofferte dalla delegazione ai treallievi che, a conclusione del-l’anno scolastico 2012-13, hannoconseguito la migliore votazionenegli esami di qualifica per isettori cucina, sala bar e ricevi-mento, è giunto alla settima edi-zione. il sodalizio che lega daanni la delegazione al primoistituto alberghiero di roma siè andato sempre più consoli-dando nel tempo grazie alla di-sponibilità e al genuino interessemanifestati dalla dirigente sco-lastica, professoressa giancarlagreto, e dall’intero corpo do-cente, rappresentato nell’occa-sione dalla vicepreside profes-soressa Patrizia spano. ospitidella delegazione, il dottor um-berto giraudo, dell’hotel “romeCavalieri”, premiato come mi-gliore maître al mondo, ex alun-no dell’istituto e compagno distudi di domenico santamaria,accademico di roma eur, re-sponsabile dei servizi di ricevi-mento della Presidenza della

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repubblica. due esempi concreti,per i numerosi allievi, del suc-cesso ottenuto grazie al naturaletalento e alla rigorosa prepara-zione offerta da questo presti-gioso istituto. la riunione conviviale allestitadagli allievi, oltre che una festa,ha costituito l’occasione per rea-lizzare una valida esercitazionedidattica. il menu è stato im-prontato su piatti elaborati ecomplessi: un test impegnativoche i giovani cuochi hanno sa-puto superare con risultati lu-singhieri. dopo l’aperitivo, ricco

e vario, si sono succeduti: pia-dina farcita con petto d’anatra,frutti rossi e salsa caramellatapiccante, lodata per la perfettacottura del magret de canard;farro mantecato con fusione dizucchine romane e pere abate,con una superba presentazione;originali caramelle di pasta fre-sca allo zafferano con ossobuco;uno squisito lombetto d’agnellocotto a bassa temperatura conpatate aromatiche e salsa al cioc-colato extrafondente e salvia;una mousse alla Malvasia pun-tinata, fichi secchi e croccante

di mandorle. tutti piatti carat-terizzati da presentazioni im-portanti e dal mirabile accosta-mento di gusti decisi e tra lorocontrastanti. appropriata la se-lezione dei vini: Prosecco extradry doc; Pigato della riviera li-gure di Ponente doc; teroldegodella Via augustea Vigneti delledolomiti igt; Malvasia biancadolce del salento igt. sotto laguida attenta del professor Mar-co Protopapa, tutti i piatti sonogiunti in tavola con estremapuntualità; molto curato il ser-vizio da parte degli allievi coor-dinati dal professor fabrizio gel-fusa. i ragazzi si sono mossi condisinvoltura tra una platea dicommensali numerosa e quali-ficata. alla fine della serata, uncaloroso e prolungato applausoa tutti i giovani partecipanti.(Claudio nacca)

ABRUZZO

PESCARA

GITA A ROMA

Questa bella e appassionantegita, perfettamente organizzatadal Vice delegato antonio ru-scitti, è stata caratterizzata, findall’inizio, dalla puntualità edall’affettuosa cordialità con laquale si è svolta. arrivati a roma,visita al palazzo del Quirinalecon una guida d’eccezione, l’ac-cademico louis godart, Consi-gliere culturale del Presidentedella repubblica. la sera, nelghetto di roma, si è svolta lariunione conviviale sul tema del-la cucina “kosher”, presso un ri-storante tipico, “da nonna Betta”,che però è stato al di sotto delleaspettative, non tanto per la cu-cina (peraltro anch’essa non ec-cezionale), quanto perché rele-gati in un seminterrato molto

claustrofobico. le portate servitesono state ovviamente ispirateal tema: carciofi alla giudia, gri-cia alla giudia, rigatoni con lapajata, coda alla vaccinara e ilfamoso abbacchio della cucinaromana. nonostante il semin-terrato, la serata è passata pia-cevolmente perché il simposiar-ca antonio ruscitti, con la suaverve, ha saputo creare una gra-devole atmosfera amicale.il giorno successivo, dopo la vi-sita, al Palazzo delle esposizioni,della mostra “gli etruschi e ilMediterraneo - la città di Cer-veteri”, guidati dal professor ste-fano tortorella, ordinario di ar-cheologia presso l’università “lasapienza”, con un breve viaggioverso labico, gli accademici sisono ritrovati presso un bel ri-storante, “antonello Colonna”,in cui questo ottimo chef ha pre-parato un pranzo d’eccezione,egregiamente illustrato dal sim-posiarca ruscitti, che ha meritatosenz’altro il plauso degli acca-demici. si è iniziato con un ape-ritivo con stuzzichini e bollicine,cui ha fatto seguito il “pranzogourmet dello chef”, costituitoda: terrine di foie gras con pizza,fichi e fagiolini; un superbo ri-sotto di verdure, seguito da unaltrettanto splendido “negativodi carbonara”, composto da fa-gottini ripieni di dadini di guan-ciale, da cui l’aggettivo “negati-vo”. Questi primi piatti sonostati coronati da un maialinocroccante e verdure di stagione,

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UNDICESIMA EDIZIONEDELLA “TABULA PRAENESTINA”

Si è svolta a Cave, in provincia di Roma, l’undicesima edizionedel Concorso internazionale di arte, cultura e gastronomiapresso il locale Istituto Alberghiero. Nel corso degli anni la ma-nifestazione ha assunto un particolare rilievo fra le varie ini-ziative promosse dagli Istituti di formazione professionale delsettore alberghiero e consegue successo e interesse negli am-bienti della formazione. L’iniziativa, sponsorizzata dall’Acca-demia fin dalla prima edizione, si svolge sotto il patrocinio delMinistero della Pubblica Istruzione, della Regione Lazio e delMinistero dei Beni Culturali. Lo scopo principale del concorsoè la valorizzazione delle gastronomie nazionali con riferi-mento alle singole produzioni del territorio, coniugando tra-dizione e innovazione. Il concorso è rivolto agli allievi degliIstituti Alberghieri e consiste nell’elaborazione e presentazionedi una portata che richiami la tradizione e il territorio dove èsituata la scuola rappresentata, con l’abbinamento ai vini.Hanno concorso studenti di dieci Istituti Alberghieri prove-nienti da varie regioni. I concorrenti erano allievi di cucina edi sala. Ogni Istituto ha presentato una preparazione di cucinacon il relativo abbinamento di vino, illustrati da un allievo chefe da un allievo di sala. La giuria giudicatrice, composta da tec-nici del settore, è stata presieduta dal Delegato e CoordinatoreTerritoriale di Roma, Gabriele Gasparro; ne faceva parteanche l’Accademico Consultore di Roma Sandro Tomassi. Oltreai premi previsti, sono stati attribuiti dei riconoscimenti spe-ciali dell’Accademia agli alunni che, nelle loro elaborazioni ga-stronomiche, hanno più accortamente unito la tradizioneall’innovazione e più hanno saputo coniugare l’abbinamentocon i vini e dimostrato particolari doti indispensabili per unacorretta gestione della cucina e del servizio di sala. Nel corsodella cerimonia di premiazione, Gasparro ha portato il salutodella Presidenza e ha consegnato i piatti dell’Accademia ai trealunni premiati. (G. G.)

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che ha consentito di esprimereil massimo apprezzamento peruna cucina veramente superiore.a completare il magnifico pran-zo, un dessert d’eccezione: il“diplomatico crema, cioccolatoe caramello al sale”, un felice ecoinvolgente contrasto tra il dol-ce della crema e delle sfoglie alcioccolato con il caramello alsale.un pranzo, conclusosi con i rin-graziamenti del dinamico de-legato, giuseppe fioritoni, davera accademia che ha deliziatoil viaggio di ritorno. (Carlo a. Marsilio)

TERAMO

IL PESCE VELOCE DEL BALTICO

siamo a Castelbasso, uno deiborghi più belli e suggestivi delteramano, paese purtroppo or-mai deserto (circa 40 anime ininverno), ma che si anima inestate, quando diventa sede diuna manifestazione artistica,culturale e gastronomica, cono-sciuta come “Castellarte”, moltofrequentata. Posto quasi all’in-gresso del paese, c’è “Per Voglia”,un ristorante a gestione familiaredi una giovane coppia che riescea coniugare ottime doti culina-rie, simpatia e capacità gestio-nale. una cucina semplice macurata, secondo la tradizionelocale, con attenzione alla sceltadegli ingredienti, e un pizzicodi modernità e di leggerezzasono alla base del successo diquesto ristorante, che, seppurfuori mano, comincia fortuna-tamente ad essere sempre piùnoto. il baccalà è uno degli in-gredienti più utilizzati da elenia,la giovane chef, ed è stato iltema della riunione conviviale,magistralmente orchestrata dalsimposiarca gabriele di teodo-ro. niente affatto stucchevole oripetitivo, il baccalà, un tempoalimento della cucina povera, èstato protagonista indiscusso ditutti i piatti della serata. nellarustica ma accogliente sala, dallesplendide volte a crociera in

mattoni, accostato ad un vinoaltrettanto degno, il “pesce ve-loce del Baltico” è stato servitoin insalata; fritto in tempura; inuna calda zuppa con i ceci; ac-compagnato a verdure nel ragùin bianco degli gnocchi; o sem-plicemente con una salsa al po-modoro su splendidi spaghettonial giusto punto di cottura. unottimo tortino di baccalà ha con-cluso la carrellata di piatti tuttiformalmente ineccepibili e maisopra le righe. ognuno di essi èstato adeguatamente abbinatoai vini (da tenere sicuramenteda conto) dell’azienda Jasci &Marchesani: presenti i titolari,che hanno illustrato la filosofiaaziendale e presentato ogni vino.un meritatissimo e caloroso ap-plauso alla giovane coppia, ele-nia in cucina e il marito in sala,ha concluso una serata accade-mica sotto tutti i punti di vista.(roberto ripani)

PUGLIA

ALTAMURA

APERICENA

nella suggestiva location delsalone delle ancelle, la delega-zione, insieme alla locale sezionedell’uciim, ha organizzato un’in-solita e originale serata sul temadella moda dell’“apericena”.si tratta di un neologismo, unlemma che lega i termini “ape-ritivo” e “cena”, cioè un mo-mento conviviale di relax checonsente di degustare, in com-pagnia di amici, un aperitivoaccompagnato da numerosi an-tipasti, insalate, tartine, piattifreddi nonché da macedonie,spiedini di frutta e golosi dolci.si tratta di un nuovo appunta-mento serale, che si svolge ge-neralmente tra le 19 e le 21,che consente di consumare unpasto pressoché completo ad unprezzo ragionevole.dopo il saluto della Presidentedell’ uciim, professoressa Vittoriafiorentino, e prima di passareall’attività laboratoriale, la de-

legata ha illustrato l’etimologiadel termine “aperitivo”, che de-riva dal latino aperire: aprire,iniziare, appunto. si tratta, quin-di, di una bevanda alcolica onon alcolica che si beve primadei pasti, per stuzzicare l’appe-tito, favorendo la stimolazionedei succhi gastrici. nello spiritodi fornire nuovi spunti per or-ganizzare in casa un ricco buffetda “apericena”, la delegata hapassato quindi la parola al mae-stro dionisio Caputo, che harealizzato, “in diretta”, un inte-ressante menu composto da:bicchierino gastronomico di ver-dure e cereali al profumo di sal-mone; riso Venere con formag-gio fresco, noci e gamberi; sfor-matino di carciofi; crostino conmelanzana; asparagi e pancettain pasta fillo; mini hamburgeral profumo di sesamo; cupcakessalati; arrotolato con zucchinee prosciutto di Praga. è poi in-tervenuto il suo giovanissimofiglio Vincenzo, che ha primadescritto e poi preparato nume-rosi cocktail con sicurezza emaestria.uno squisito gelato artigianalealla mandorla ha concluso que-sta carrellata di portate e be-

vande, tutte belle da vedere ebuone da mangiare! (immacolata Portoghese)

SICILIA

SIRACUSA

I PREMI PER “GRANDE ACCOGLIENZA 2014”

si sono svolti, al cineteatro Va-squez di siracusa, la premiazione“i leoni d’oro e d’argento” (illeone è stato scelto come simboloperché mantiene la sua vitalitàanche nella vecchiaia) e l’evento“grande accoglienza 2014”. lamanifestazione ha avuto l’avviocon il saluto del Presidente pro-vinciale di Confesercenti arturolinguanti e del sindaco di sira-cusa giancarlo garozzo. hannofatto gli onori di casa VeronicaVasques, Presidente provincialeassoartisti e silvia MargheritaPresidente provinciale assotu-rismo. Venti i premiati con que-sto riconoscimento al loro im-pegno lavorativo e alla loro pro-fessionalità. sono stati poi con-segnati, dal delegato di siracusaangelo tamburini, i quattro pre-mi della sezione “grande acco-glienza” che, anche quest’anno,continua a valorizzare il serviresiciliano su selezione provinciale:il ristorante “il Cortile arabo” eil “Principino” di Marzamemi; il“dammuso” di noto e il “BarMilano” di siracusa, i premiati.assoartisti-Confesercenti ha pre-sentato, a conclusione dell’even-to, una performance dal titolo“le note del tempo”, con i branipiù significativi d’operetta e mu-sica tradizionale napoletana del1900. la performance è stataeseguita dal soprano siracusanoMirella furnari e dal tenore alfioMarletta, accompagnati al pia-noforte dal maestro siracusanodavide Manigrasso.la manifestazione “grande ac-coglienza” continua, in lineacon le finalità accademiche, apromuovere l’ospitalità attentae la cortesia, oltre alle tipicitàterritoriali certificate. il viaggia-

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tore colto, infatti, associa sempreil ricordo delle bellezze paesag-gistiche, storiche e monumentalivisitate a siracusa con la memoria“del gusto, dei sapori, degli aromie della qualità dei piatti tipiciterritoriali”. Prodotti d’eccellenzacome il Moscato di siracusa, lamandorla pizzuta di avola, il me-lone retato di Pachino, l’olio ex-travergine d’oliva degli iblei, illimone di siracusa, il pomodorinodi Pachino, la patata novella disiracusa, l’arancia rossa di len-tini, il miele di sortino sono, in-fatti, l’essenziale chiave di voltadel successo della gastronomiasiracusana di qualità. (angelo tamburini)

MALTA

MALTA

LE TRADIZIONI DELLA CULTURA LADINA

nell’ambito di un’accademia in-tesa non solo come maestranell’arte dello star bene a tavola,

ma anche e soprattutto comeapportatrice di cultura, la de-legazione se ne è fatta portavocepresentando sull’isola la regionetrentino-alto adige e, in parti-colare, la cultura ladina. Conospiti provenienti da quella re-gione, motivati a dare giusto ri-salto e diffusione alle loro tra-dizioni e avvalendosi della pre-ziosa collaborazione dell’istitutoitaliano di Cultura, nella personadel dottor salvatore schirmo,che ha messo a disposizione ilocali dell’istituto, la delegazioneha presentato “dolasilla”, spet-tacolo multimediale, inteso avalorizzare le tradizioni dellacultura ladina.Questo incontro tra musica, leg-genda, arte visiva e gastronomia,che si è svolto in un evento aper-to al pubblico e alla presenza diospiti eccellenti, quali l’amba-sciatore giovanni umberto deVito e il Ministro della giustiziaa Malta Mr. owen Bonnici, haproposto una lettura della cul-tura ladina che ne prendesse inconsiderazione tutti gli aspetti,materiali e spirituali. l’evento,che prende il nome dalla prin-cipessa guerriera e principalefigura femminile del ciclo delleleggende dei fanes, ha permessodi fare un viaggio ideale nelcuore di questa regione. il dottorroland Verra, scrittore, ma so-prattutto grande conoscitore delterritorio, ha introdotto al mon-do della leggenda, sottolinean-done l’importanza all’internodella comunità.

il soprano susy rottonara hapoi cantato della triste storiadella principessa dolasilla, men-tre sullo sfondo venivano pro-iettate suggestive immagini trat-te dal film “il regno dei fanes”.ultimo e molto apprezzato l’in-tervento di Marina Crazzolara,rappresentante ladina degli al-bergatori alto adige, che ha ri-costruito la vita delle vallate la-dine attraverso una puntigliosaricerca storica, dove veniva mes-so in evidenza il legame fra ter-ritorio, cibo e stile di vita. Mari-na, con il marito luca, è pro-prietaria di un bellissimo masoristrutturato, trasformato in agri-turismo, dove ferve la produ-zione di formaggi e formaggelleottenuti esclusivamente con illatte delle loro stalle, tra i qualiun formaggio stagionato cheprende il nome di dolasilla, checrea continuità fra leggenda equotidianità. la serata è termi-nata con un elegante buffet, al-lestito dalla delegazione nellabella sala affrescata dell’anticopalazzo che ospita l’istituto, dovegli oltre cento convenuti hannopotuto assaggiare formaggi, sa-lumi, pane e vini di tradizioneregionale. (Massimiliana affanni tomaselli)

PRINCIPATO DI MONACO

MONACO

LE MARCHE NEL PRINCIPATO

nello splendido scenario del ri-storante “zelo’s”, affacciato sullespiagge di Montecarlo, lo chefMaurizio domizi, del ristorante“Cantagallo” di Pollenza (Ma-cerata), è riuscito con successoa portare a Montecarlo le spe-cialità della tradizione gastro-nomica delle Marche, accom-pagnate dai rimarchevoli vini. icommensali, tra i quali il Mini-stro della giustizia di Monaco,l’ambasciatore d’italia nel Prin-cipato e i delegati di albenga edi riviera dei fiori, hanno par-ticolarmente apprezzato le ta-

gliatelle con julienne di seppia,canocchia e riccioli di calamaroe la tagliata di branzino al tartufodi acqualagna. Come nota cul-turale della serata, il giornalistadi radio Montecarlo, Mauriziodi Maggio, ha sapientemente il-lustrato le caratteristiche storichedella regione così come alcunespecialità della gastronomia mar-chigiana. nelle Marche vivono506 ultracentenari, anche graziealla loro qualità della tavola. ilmenu prevedeva, oltre ai duepiatti già citati: alici marinateal Verdicchio su letto di misti-canza e scaglie di pecorino difossa; seppioline e moscioli diPortonovo con finocchi, aranciae agresto; purea di ceci con maz-zancolle e anelli di calamaropastellati; tagliata di branzinoal tartufo di acqualagna; pannacotta su cialda di mais quaran-tino con miele in barrique e ri-duzione di Vernaccia. i vini in abbinamento: Madre-perla spumante (Moncaro); Ver-naccia di serrapetrona (albertoQuacquarini); le Vele, Verdicchiodei Castelli di Jesi; VerdicchioPassito (entrambi Moncaro).

SVIZZERA

ZURIGO

INCONTRO CON LA CUCINAROMANA

Piacevole scoperta di un nuovoristorante a zurigo, “Cacio ePepe”, che offre una cucina au-tentica, di origine romana. ilmenu della serata è stato sceltodalla proprietaria e cuoca lu-ciana di Marzio, per permettereagli accademici di assaggiarediverse preparazioni. fiori dizucchina fritti; parmigiana dimelanzane; sformatino di car-ciofi; scamorza alla griglia; bu-catini cacio e pepe; abbacchiocon i carciofi; straccetti di carnedi manzo e melanzane; maialinocon patate. Come dessert, unacrema chantilly con dadini ditorta margherita. Vino in tavola:tellus di folesco. gli accademici

EUROPA

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D A L L E D E L E G A Z I ON I

hanno apprezzato tutti i piatti,bene eseguiti nel rispetto degliingredienti e della tradizionegastronomica romana, senzaconcessioni a un gusto d’oltral-pe, che sta, ormai da tempo,appiattendo la magnifica di-versità della cucina italiana insvizzera, uniformandola, salvopochissime eccezioni, di cuiquesto ristorante è un raroesempio.luciana ha saputo creare unambiente semplice, curato e pia-cevole, con un servizio attentoe competente: una cucina ro-mana vera, a zurigo. (elisabetta Capei odermatt)

UNGHERIA

BUDAPEST

VISITA ALL’UNIVERSITÀDI AGRARIA

la delegazione ha deciso diesplorare qualche realtà italianapresente sul territorio unghereseal di fuori della capitale e lascelta è caduta sulla cittadinadi Mosonmagyarovar, posta qua-si al confine con l’austria e laslovacchia. l’accademico CarloVolpe, chiamato a dirigere unostorico e importante caseificioper la produzione di formaggitipici ungheresi, ha organizzatouna visita all’importante uni-versità agraria, fondata nel set-tecento da Maria teresa d’au-stria, dove il vice rettore ne haillustrato la storia. in seguito, èproseguita la visita, nel corsodella quale gli accademici hannoassistito al processo di caseifi-cazione per la produzione delformaggio tipico, che ha moltocolpito e interessato. è statainoltre preparata un’interessanteselezione dei formaggi storica-mente qui elaborati e prodotti,che sono stati degustati congrande attenzione, durante laspiegazione del direttore del-l’istituto. successivamente, ac-compagnati dal parroco, che hasfoggiato il suo ottimo italiano,nel bel centro storico in gran

parte ristrutturato, c’è stata lavisita alla chiesa barocca dedicataa s. gottardo, voluta da Mariateresa d’austria, e alla criptadove sono sepolti gli arciduchidegli asburgo. Quindi, si è svoltala riunione conviviale presso ilristorante italiano “azur”. l’escur-sione si è conclusa con l’auspiciodi altre visite, che probabilmenteverranno effettuate dopo la pausaestiva in qualche cantina nelleregioni ungheresi a valenza vi-nicola. (alberto tibaldi)

SINGAPORE - MALAYSIA - INDONESIA

SINGAPORE- MALAYSIA- INDONESIA

SAPORI D’ITALIA

riunione conviviale tenuta nellaresidenza dell’ambasciata d’italiasu invito dell’ambasciatore PaoloCrudele. il tema “sapori d’italia”ha permesso ai due ristoranti,“garibaldi” e “otto”, di presentarei piatti che meglio ne esprimonola filosofia culinaria. Ciascun ri-

storante ha presentato tre piatti,cooperando invece sui tortelli alvitello, con emulsione alla salviae tartufo. i due chef, robertogaletti (“garibaldi”) e MichelePavanello (“otto”), hanno rega-lato ai convitati un trionfo di tra-dizione, innovazione e raffina-tezza di sapori. il primo ha pre-parato: vitello tonnato alla modapiemontese, dal sapore invitante;ossobuco, ben strutturato, ac-compagnato dalla guancia di vi-tello; panna cotta alla vanigliacon tartare di fragole e balsamicoantico. il secondo: carpaccio dipiovra con sedano croccante epolvere di pomodoro, semplicee delicato; tagliata di merluzzoin crosta di olive taggiasche esalsa all’aglio dolce, bilanciata einnovativa; tiramisù delle Vene-zie. Vini: santa Margherita Pro-secco doc; regaleali bianco 2012;nero d’avola 2011 (che andavabenissimo sia con il pesce sia conla carne); diamante d’almerita(tutti tasca d’almerita). l’ambasciatore, nuovo accade-mico onorario, ha ricevuto di-stintivo e cravatta.

STATI UNITI

SAN FRANCISCO

FESTEGGIAMENTI PER ILTRENTESIMO ANNIVERSARIO

alla presenza del Console ge-nerale Mauro Battocchi e di rap-presentanti delle delegazioni di

sacramento e di silicon Valley,si è tenuta la celebrazione deltrentesimo anniversario delladelegazione. il delegato Claudiotarchi, simposiarca per l’occa-sione, ha scelto il ristorante “laCiccia” per questa ricorrenza. iproprietari, Massimiliano Contie la moglie lorella degan, daanni applicano alla lettera i prin-cipi accademici: uso di materieprime di provata qualità, abbi-namento con vini possibilmentebiologici, il tutto sempre accom-pagnato da una genuina ospita-lità che rende il clima di sala si-mile a quello di un pranzo in fa-miglia per gli ospiti che, nume-rosissimi, frequentano il locale. i festeggiamenti sono iniziaticon un aperitivo servito nel nuo-vo ristorante che da pochi mesilorella e Massimiliano hannoaperto: “la nebbia”. gli ospitisi sono poi trasferiti al “la Cic-cia”, dove hanno trovato, comesegnaposto, una brochure conla storia della delegazione e iristoranti visitati nel corso deltrentennio. il delegato tarchi, prima del-l’inizio della cena, ha introdottola signora rita Biasin, mogliedel compianto gian Paolo Biasinche fu delegato a metà deglianni novanta, Walter romanini,delegato dal 2000 al 2010 e in-fine Carla anisman, la debut-tante delegata di silicon Valley,che ha aperto l’incontro con ilsuono della campana. Cena squisita e abbinamentodei vini molto felice, a confermache il ristorante merita ampia-mente i successi di critica e dipubblico. a fine serata, si è svoltala cerimonia della consegna del“diploma di Buona Cucina”, unriconoscimento particolarmentegradito dai coniugi Conti-degan. (Claudio tarchi)

NEL MONDO

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MONTEROSA8 aprile 2014

Ristorante “Valtournenche” di MarieAnge Maquignaz, in cucina GiuseppeFerola. �Piazza Guide Maquignaz 4,Breuil Cer vinia (Aosta); �Cell.339/1390055, fax 016/6948055;[email protected], www.puntama-quignaz.com; coperti 70. �Parcheggiocomodo; ferie dal 1° maggio al 30 no-vembre; giorno di chiusura mai �Valu-tazione 7,9; prezzo da 46 a 65 €; carteaccettate CartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: tartare di salmo-ne Balik su riso nero Venere e juliennedi zucchine marinate al limone; ravio-li di caciotta fresca e maggiorana convellutata di pomodorini freschi e basi-lico; tagliata di tonno alla griglia conmaionese di cappero e zenzero mari-nato; delizia di limone alla sorrentina.

I vini in tavola: roero arneis docg2012 (Prunotto); Chambave Mosca-to Passito doc 2007 (la Crotta di Vi-gneron).

Commenti: il ristorante, gestito congrande professionalità da Marie angeMaquignaz, si trova all’interno del ri-nomato hotel Punta Maquignaz diCervinia. il menu preparato per la se-rata dal simposiarca enrico sebastia-ni ha risposto alle aspettative degliaccademici. strepitosa la tartare disalmone Balik proprio grazie ad unsalmone affumicato a freddo, molto

lentamente, su un fuoco di legno lo-cale, secondo la tradizione russa. de-licati i ravioli di caciotta fresca e mag-giorana. apprezzata, per la freschez-za della materia prima e per la cottu-ra, la tagliata di tonno alla griglia conmaionese di cappero e zenzero mari-nato. gradevole al palato la delizia dilimone alla sorrentina che ha conclu-so una bella serata trascorsa ai piedidel Cervino imbiancato e illuminatoper l’occasione dalla luna piena.

ALESSANDRIA13 aprile 2014

Ristorante “Le cantine del Gavi” di Al-berto Rocchi con le figlie Roberta edElisa. �Via Mameli 69, Gavi Ligure(Alessandria); �0143/642458; [email protected], www.risto-rantecantinedelgavi.it; coperti 60.�Parcheggio insufficiente e scomodo;ferie gennaio e luglio; giorno di chiu-sura lunedì e martedì a pranzo. �Va-lutazione 8; prezzo € 50.

Le vivande servite: tortino di pastasfoglia con erbe amare e fonduta diMontebore; caprino fresco con pestodi fave; pomodori e olive taggiasche;risotto al gavi; capretto della tradizio-ne con patate della Val Borbera; zaba-ione al gavi con colomba artigianale.

I vini in tavola: gavi di nicola Ber-gaglio; Barbera d’alba di Prunotto;Moscato d’asti “la spinetta”.

Commenti: una bellissima giornatadi sole ha accolto in quel di gavi gliaccademici che, in grande numero,hanno partecipato alla riunione con-viviale pasquale bene organizzata dalConsultore iole Perassolo. sicura-mente rimarranno nella memoria ilgustoso tortino ai vertis (luppolo sel-vatico che si raccoglie ancora nellecampagne locali in primavera) e lafonduta di Montebore (un formaggiolocale riportato di recente sulle tavo-le dagli allevatori della Val Borbera).eccezionale opera di alberto rocchiil risotto al gavi, delizioso e profuma-to riso con il grande vino locale, ilCortese di gavi, e lo zabaione sempreal gavi da spalmare sulla colomba ar-tigianale di ottima qualità. dopo ilbrindisi e gli auguri del delegato, lamoglie Paola ha distribuito un picco-lo omaggio agli accademici ed agliospiti, contenti per questa bella gior-nata di “buona tavola”.

BIELLA3 maggio 2014

Ristorante “Croce Bianca” di Franco e IvanRamella, in cucina Ivan Ramella. �ViaSantuario di Oropa 480, Oropa (Biella);�015/2455923, fax 015/23465; [email protected], www.famigliara-mella.it; coperti 150+60 (all’aperto).�Parcheggio comodo; ferie mai; gior-no di chiusura lunedì. �Valutazione 7;prezzo fino a 35 €; carte accettate Car-taSì/Visa/MasterCard/Diners.

Le vivande servite: gnocco frittocon tomino di sordevolo e prosciuttodi Parma; cocotte di “pasticcio delpastore” irlandese gratinato al forno;lasagne di mare con zucchine trom-betta e fiori di zucca; roast-beef al-l’inglese su guantiere di portata ac-compagnato da Yorkshire pudding;patate al forno e salsa Piccadilly; va-riazione di zuppa inglese con fili dicioccolato bianco.

I vini in tavola: erbaluce spumante(ortolani); Colli Bolognesi ClassicoPignoletto (Bonzara); ronco dei Ci-liegi (Castelluccio); Moscato d’asti(traversa).

Commenti: il tema dell’incontro èstato guglielmo Marconi, introdottodalla simposiarca luisa Benedettiche ha anche creato il menu con lacollaborazione dello chef ivan ra-mella. sono state presentate ricettebritanniche e italiane in onore delladoppia nazionalità di Marconi. si èiniziato con un aperitivo prettamen-te italiano a base di un ottimo pro-sciutto di Parma affettato al momen-to. si è proseguito con l’irlandese

“pasticcio del pastore”, dal sapore,però, più delicato rispetto a quellooriginale e servito con un pesto dimenta fresca. Buone le lasagne dimare con le zucchine liguri. sceno-grafica la presentazione del roast-be-ef, purtroppo la carne è risultatatroppo cotta. indovinata la salsa scel-ta da accompagnamento. la zuppainglese ha suscitato qualche perples-sità per essere servita in un piccologuscio di cioccolato che ha reso diffi-cile il taglio e non ha retto l’abbina-mento con il Moscato. Come di con-suetudine il pranzo si è svolto in unclima di cordialità accademica.

IVREA11 aprile 2014

Ristorante “Berta” della famiglia Berta,in cucina Clara Berta. �Via San Firmino9, Pertusio (Torino); �0124/617206,cell. 339/7087494; [email protected], www.ristoranteber-ta.it; coperti 60. �Parcheggio como-do; giorno di chiusura lunedì e merco-ledì sera. �Valutazione 7,6; prezzo fi-no a 35€; carte accettate tutte.

Le vivande servite: piccolo aperiti-vo di benvenuto con battuta al coltel-lo di filetto piemontese con tropea alPassito su crema di ostriche e bollici-ne Mancini; tartare di scampi delMediterraneo con uova di salmone,burrata di Murgia e acqua di scarola;hamburger di branzino alla Bi-smarck; risotto con trombette e gam-beri rossi di Mazara; gnocco ripienodi seirass e basilico cotto al burrod’alpeggio con calamari scottati alsauvignon; tonno rosso impanatonei pistacchi e pomodori secchi sulampuga di verdure; cremoso algianduia con mele scottate e crum-ble di mandorle.

I vini in tavola: Brut Pinot Chardon-nay; “Mancini Primo” Vermentino digallura docg; “Cucaione” Vermenti-no di gallura docg; Moscato di sar-degna doc (tutti della Cantina delleVigne di Piero Mancini, olbia).

Commenti: la scelta di una cena abase di pesce, per un ristorante allependici del gran Paradiso, ha desta-to non poca curiosità: va subito reso

VALLE D’AOSTA

PIEMONTE

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onore ai gestori per l’alta qualità del-le materie prime. l’esecuzione deipiatti, fortemente innovativa, con ac-costamenti talvolta audaci, ha susci-tato pareri contrastanti. Così, se èstata molto apprezzata la tartare discampi, ci sono state perplessità (maanche elogi) per l’hamburger dibranzino alla Bismarck abbinato acialda di guanciale e tuorlo d’uovoimpanato. un piccolo appunto per-ché le variazioni al menu, benchédettate dalla mancanza di materieprime di qualità, hanno creato qual-che disorientamento tra i convitati.una nota positiva per i vini sardi diPiero Mancini, scelti dal simposiarcaangelo spiller, anche per omaggioad una terra duramente colpita dallarecente alluvione.

NOVARA15 aprile 2014

Ristorante “Al Sorriso” di Angelo e Lui-sa Valazza. �Via Roma 18, Soriso(Novara); �0322/983228; [email protected]; coperti 50. �Parcheggioincustodito, sufficiente; ferie gennaio;giorno di chiusura lunedì e martedì.�prezzo € 130.

Le vivande servite: calice di cham-pagne con piccolo stuzzichino; fegatograsso d’oca, cipolle alle rose, mele invarie consistenze; gamberi rossi disicilia, insalata di puntarelle romane,leggera salsa aiolì alla senape e lime;fagottini di pasta al papavero ripienidi gallina faraona alle spezie con sfo-glia di mela; tournedos di fassone alBarbaresco, asparagi d’albenga, con-sommé con raviolini di cipollotto emidollo; sorbettino tiepido al the eananas; vaniglia e lavanda con frago-line di bosco e zabaione al Moscato.

I vini in tavola: Champagne Cuvéeluise 2001 (Pommery); recioto deiCapitelli 2012 (anselmi); sauvignonQuarz 2013 (terlano); BarbarescoMontestefano 2000 (Produttori delBarnaresco); Moscato naturaled’asti 2012 (saracco).

Commenti: Per la riunione convivia-le in onore degli accademici di piùlungo corso (Boca, Ceffa e Varalli),non si poteva che affidarsi “al sorri-so” di soriso: prestigiosa e massimavetta della nostra ristorazione. Cosasi può dire di un “fuoriclasse”? nullache già non sia stato detto in elogioalla genialità delle sue prelibatezze eall’impeccabile eleganza del suo ser-vizio. si sono susseguite materiesceltissime, cotture magistrali e com-posizioni incantevoli. luisa e angeloValazza, per la sublimità della loro ar-

te, hanno già ricevuto riconoscimentiche li collocano nella storia della piùalta ristorazione. a tutto ciò si può ag-giungere solo la gratitudine per la cal-da e affettuosa accoglienza riservataall’accademia, in una serata ove, co-me sempre, i coniugi Valazza, con lacortesia, la professionalità e la passio-ne che li distingue, hanno inanellatouna serie di gioielli il cui pregio supe-ra, di gran lunga, il limite massimodella nostra usuale scala di voto.

VERBANO-CUSIO-OSSOLA7 maggio 2014

Ristorante “Miramonti” di AlessandraBalconi, in cucina Sandro Ferrari. �Piazzale Diaz 3, Santa Maria Maggio-re (Verbania); �0324/95013; [email protected], www.almira-monti.com; coperti 50+20 (all’aper-to). �Parcheggio comodo; ferie novem-bre; giorno di chiusura mercoledì.�Valutazione 7,9; prezzo da 36 a 45 €;carte accettate American Express/Car-taSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: insalata di spu-gnole, sedano bianco, parmigiano,soncino e guanciale; panzerotti dibrisaula ossolana ripieni di funghi;stracci di grano saraceno con mor-chella esculenta e conica al burrod’alpe; medaglioni di scottona concestino di polenta e funghi; rotolo disfoglia alle mele e lamponi.

I vini in tavola: durello lessini docspumante brut 2013 (Cantina Chia,soave); nosiola igt 2013 (Cantinagiovanni Poli, trento);Cabernetsauvignon garda doc, 2013 (Canti-na soave).

Commenti: in una sala di carattere ecalore alpino, i costumi tradizionalihanno accolto con un aperitivo inte-

gral-locale a base di preparazioneistantanea di “stinchett”, ossia cialdecroccanti di grano saraceno e fru-mento che - con un leggero condi-mento di burro e sale - sono un cibodi strada di altri tempi. le varietà difunghi primaverili hanno dato l’im-pronta a tutto il menu, curato negliabbinamenti e risultato particolar-mente equilibrato, con qualche im-perfezione in cotture alterne dellecarni, non tutte ugualmente brillan-ti. serata ricca di proiezioni, illustra-zioni e narrazioni storico-ambientali,da un lato, e micologiche in specie.simposiarca Paolo rossi, micologodimitri gioffi.

ALBENGA E DEL PONENTE LIGURE

15 aprile 2014

Ristorante “Pernambucco” della fami-glia Alessandri, in cucina NicolettaPellegrinetti. �Viale Italia 35, Albenga(Savona); �0182/53458, cell.333/5605655; coperti 40+20 (al-l’aperto). �Parcheggio privato del ri-storante, comodo; ferie ottobre; giornodi chiusura mercoledì. �Valutazione8; prezzo da 46 a 65 €; carte accettateCartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: flan di carcioficaldo con fonduta di fontina valdo-stana; terrina di coniglio; tagliolini

all’uovo con salsa di nocciole; cin-ghiale in casseruola con erbe aroma-tiche; torta di pere con crema pastic-ciera e mandorle.

I vini in tavola: ligustico rosso2010 (alessandri, ranzo); Barolodocg 2009 (fontanafredda, serra-lunga d’alba); Barolo docg 2009(Burlotto, Verduno); Moscato d’asti2013 docg (traversa, neive).

Commenti: il tema della serata era“rossi a confronto”, per valutare ilprogresso della viticoltura ligure diPonente rispetto alla storica impor-tanza delle langhe rappresentate dalBarolo. i piatti sono stati studiati diconseguenza per i corretti abbina-menti. Per quanto il Pernambuccosia un ristorante con cucina di mare,tutto è risultato ottimo e il ligusticoha dimostrato di essere un ottimo vi-no rosso che può stare accanto al Ba-rolo, degnamente, in quell’abbraccioideale che unisce la liguria al Pie-monte e all’italia intera, nella culturadel buon cibo e del buon vino. Piattiben presentati, servizio impeccabile,un plauso da tutti gli accademici edall’ospite eugenia nante, giornali-sta rai, che ha ricordato le tradizionidella sua famiglia a tavola e l’impor-tanza che una sana alimentazionedeve avere per la vita di tutti.

GENOVA20 maggio 2014

Ristorante “Zeffirino” di Luciano Bello-ni. �Via XX Settembre 20, Genova;�010/5705939; coperti 180. �Par-cheggio abbastanza comodo, a paga-mento. �Valutazione 7,68; prezzo € 45.

Le vivande servite: ripieni e torte diverdure, gamberi di santa Margheritain pastella, calamari dorati e fritti;“mandilli de sea” e paffutelli allafrank; filetto alla zeffirino con funghi,asparagi e patate; torta millefoglie.

I vini in tavola: Prosecco; Pigatodella riviera ligure di Ponente doc(antonio Basso); Chianti Classicodocg (azienda ‘Casale dello sparvie-ro’); Vino spumante dolce (aziendasantero).

Commenti: da questo ristorante lafamiglia Belloni è partita per portareall’estero il messaggio di una cucinaitaliana basata sulla qualità degli in-gredienti e sulla semplicità di piattisia liguri sia classici, eseguiti con lamassima cura. agli accademici, ac-colti dalla cordiale verve del titolareluciano, è stata riservata l’ampia sa-la superiore dove il servizio è stato

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inappuntabile. tra i piatti serviti, no-tevoli i “mandilli de sea” col basiliconell’impasto, conditi con un ottimopesto; assai originali i paffutelli ese-guiti su ricetta di frank sinatra conripieno di ricotta, verdure e fruttafresca accompagnati da una salsa albasilico più delicata. all’altezza deiprimi sono stati pure il gustoso e te-nero filetto e la leggera millefoglieguarnita col simbolo dell’accademiaper festeggiare i più anziani compo-nenti della delegazione. tra i vini,validi il Pigato e il Chianti Classico.

GENOVA EST16 aprile 2014

Ristorante “L’Angolo dei Beati” di An-gela e Domenico Legato. �Via Rossetti116r, Genova; �010/3761322; co-perti 30. �Parcheggio incustodito; fe-rie una settimana a novembre; giornodi chiusura sempre a pranzo e il lune-dì. �Valutazione 8; prezzo 40 €.

Le vivande servite: aperitivo conspumante e cuculli fritti alla genove-se; taglierini fatti a mano freschi conaragosta, pomodoro fresco e basili-co; zuppa di pesce alla genovese in-terpretata dai “Beati”; scelta tra me-ringata con cioccolato o tortino alcioccolato con graniglia di nocciole.

I vini in tavola: spumante Proximo(la Versa); Vermentino di Ponente2013 (Calvini - sanremo).

Commenti: il ritorno, dopo qualcheanno dall’ultima visita, in questo ri-storante, situato vicino al mare diQuarto dei Mille, ha salutato la con-segna del distintivo dei 40 anni diappartenenza all’accademia a Mariosguerso. alle parole di ringrazia-mento, sguerso ha voluto aggiunge-

re una sollecitazione a tutto il sodali-zio affinché continui sempre più in-tensa la ricerca di nuovi meritevoli lo-cali nel territorio. Cena ottima, in par-ticolare sono stati apprezzati i taglie-rini fatti a mano freschi con aragostae la possibilità di scegliere tra i duedessert, entrambi squisiti. da menzio-nare la magistrale presentazione deipiatti che ha allietato la vista di tuttigli intervenuti, presentazione che na-sce dalla lunga esperienza dello chefdomenico legato, acquisita nel corsodi tanti anni trascorsi nelle cucinedelle grandi navi da crociera genove-si. infine, vanno sottolineati l’ottimorapporto qualità-prezzo e la buonascelta dei vini serviti.

BERGAMO24 maggio 2014

Ristorante “Rifugio Alpino Monte Cavle-ra” di Gianni e Cesarina. �Monte Calve-ra-Vertova, Monte Cavlera (Bergamo);�340/3890884; coperti 110. �Par-cheggio custodito; ferie periodo inverna-le; giorno di chiusura inizio settimana.�Valutazione 6,8; prezzo € 25.

Le vivande servite: spumante constuzzichini; polenta con salame,pancetta e prosciutto; risotto alle er-be di prato appena raccolte; lumachecon paruc; stracotto alle erbe e po-

lenta; torta di mele, strudel e tortaall’amaretto; grappe.

I vini in tavola: Prosecco; Barbera;Valcalepio bianco.

Commenti: il delegato, proseguen-do nella scelta dei ristoranti abbinatiad alberghi, ha voluto sottoporreall’esame dei numerosi accademicibergamaschi la cucina di un rifugioalpino a 1.200 m di altezza. il menuera improntato sulla cucina delle er-be e quelle con le quali sono statipreparati tutti i piatti erano state ap-pena raccolte (con la consulenza diun esperto), dai prati vicini al rifu-gio. un medico specialista ha poi il-lustrato le varie proprietà curativedelle erbe spontanee esposte su unlungo tavolo e i quesiti non finivanopiù. il dottor Viscardi, primariodell’ospedale giovanni XXiii, ha ri-solto tutti i dubbi ed è stato moltoapprezzato. nel menu il risotto erasaporito, ma un po’ troppo asciutto;apprezzatissimi le lumache e lo stra-cotto con un’ottima polenta con par-te di grano saraceno. la torta al-l’amaretto di Cesarina ha poi strap-pato gli applausi. alla fine non sonomancati i cori alpini. ospiti il delega-to onorario di Crema e il delegato diMilano duomo.

LECCO11 maggio 2014

Ristorante “San Gerolamo” di LucaDell’Orto e Vanda Valsecchi. �Via SanGerolamo 56, Vercurago (Lecco);�0341/420429, fax 0341/220493;coperti 30. �Parcheggio scomodo; fe-rie 15 giorni a gennaio; giorno dichiusura domenica sera e lunedì. �Va-lutazione 8; prezzo 45 €.

Le vivande servite: consommé dicappone; il suo petto spadellato concastagne e salicornia; maiale con ver-ze e spugnole; stracotto di guancialeal nebbiolo con finta polenta bigia digrano saraceno; pesca con crumble egelato allo stracchino; meascia.

I vini in tavola: zweigelt 2012 (vi-gneto raro delle dolomiti radoar);sassella terrazzi alti 2011 (siro Buz-zetti).

Commenti: Premessa: un menu de-nominato manzoniano in riferimen-to al romanzo “i Promessi sposi” nonavrebbe senso perché qualsiasi ten-tativo sarebbe qualcosa di artificiosa-mente pittoresco e storicamente ar-bitrario. infatti, anche se parecchisono i passi dove vengono nominatialcuni cibi, nessun menu viene mai

descritto. Quello proposto dallo chefluca dell’orto prende spunto daipiatti citati nel romanzo ma elabora-ti in chiave moderna. il risultato èstata infatti una degustazione di altolivello giocata tra tradizione e inno-vazione, un menu che potremmo de-finire: “evocazioni manzoniane”.Particolare e intrigante il consommèdi cappone, buono il maiale con ver-ze e spugnole, eccezionale lo stracot-to di guanciale con finta polenta digrano saraceno. il simposiarca ric-cardo Balbiani ha infine letto alcunipassaggi della relazione da lui prepa-rata e poi distribuita a tutti gli acca-demici dal titolo “Cibo, vini, osti eosterie ne i Promessi sposi”.

SABBIONETA-TERRE DESTRA OGLIO15 maggio 2014

Ristorante “Agriturismo Val d’Oca” diRoberto e Teresa Marcellini. � Via Cor-riera 52, Squarzanella di Viadana(Mantova); �0375/80191, cell.348/1581656; [email protected],www.agritursmovaldoca.it; coperti75+40 (all’aperto). �Parcheggio privatodel ristorante; ferie luglio; giorno di chiu-sura lunedì, martedì, mercoledì. �Valu-tazione 7,6; prezzo fino a 35 €; carte ac-cettate CartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: spalla cotta cal-da con polenta; salame e salse di ver-dure; surbir di agnoli; tagliatelle alsugo d’anatra; petto d’anatra mutacon uva rossa e patate al forno; tira-misù con fragole; torta sbrisolona.

I vini in tavola: Prosecco di Valdob-biadene (Bartolomiol); lambruscootello (Cantine Ceci); gutturnio (ilCasello); Malvasia dolce (Casali).

Commenti: la cena si è tenuta inuna vecchia cascina adibita ad agri-turismo, in un’ampia sala in stile ru-stico. gli accademici sono stati ac-colti da un gradevole aperitivo a ba-se di ciccioli freschi accompagnati da

LOMBARDIA

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un buon Prosecco. la cena è iniziatacon un abbondante antipasto. i dueprimi piatti hanno soddisfatto tuttigli accademici, in particolare gliagnoli che erano di piccole dimen-sioni, con pasta molto sottile e conun buon ripieno, immersi in un bro-do saporito. di gusto deciso il pettodi anatra brasato con pancetta e aro-mi, che hanno un po’ nascosto la fre-schezza e l’acidità dell’uva rossa. ot-timo il dolce per l’armonia dei gusti ela leggerezza; molto buona, nella suafriabilità, la classica torta sbrisolona.Buoni i vini, gentile e premuroso ilservizio che si è fatto perdonarequalche lentezza. rapporto qualità-prezzo molto favorevole.

VALLECAMONICA8 maggio 2014

Ristorante “La Taverna”, in cucinaPiera Ducoli. � Via Prudenzini 15,Breno (Brescia); �0364/22391; co-perti 50. �Parcheggio scomodo; feriemai; giorno di chiusura lunedì. �Valu-tazione 7,4; prezzo fino a 35 €; carteaccettate nessuna.

Le vivande servite: casonsei al bur-ro versato; trippa in umido; controfi-letto alla brenese; assaggio di for-maggi tipici; spongata brenese.

I vini in tavola: Morellino di scansa-no (Melino); solane, Valpolicella ri-passo (santi).

Commenti: trattoria tipica nel cuoredi Breno, mantiene da anni le tradizio-ni del paese con un’ottima qualità e unambiente accogliente e familiare. ladelegazione ha voluto premiare l’at-tenzione ai prodotti tipici con un menudel territorio e della tradizione. Moltoapprezzato, da tutti gli accademici, ilcontrofiletto alla brenese che rappre-senta un punto di eccellenza del locale.

BOLZANO10 aprile 2014

Ristorante “Ploner” della famiglia Ploner,in cucina Richard Ploner. �Via Dacsel 1,Aldino (Bolzano); �0471/886556, an-che fax; [email protected]; coperti 60.�Parcheggio comodo; ferie 10-30 gennaioe 15-30 giugno; giorno di chiusura mar-tedì. �Valutazione 8,5; prezzo da 36 a45 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: spuma di topi-nambur con barbabietole rosse e olioalle erbe; hamburger di tonno conasparagi e mousse di asparagi, melee rafano, caviale all’olio di oliva; ra-violo con le mazzancolle bisqué; ca-nederlo di patate e baccalà avvoltonel nero di seppia con polpo; lomba-ta di agnello in manto di aglio orsinocon carciofi e lenticchie beluga; fra-gole con gelato al gorgonzola e bi-squit (verde) ai semi di zucca; aromidi primavera fava tonka, violette ejasmin e parfait di stellina odorosa.

I vini in tavola:riesling trocken Mar-kus Molintor haus Klosterberg 2011;reserve della Contessa Bio Manincor2012; Kalterer see auslese andi sölva2012; Merlot Mühlweg ignaz niedrist2010; forticus graf hardegg 1997;gewürztraminer roen Vendemmiatardiva 2009 (Cantina tramin).

Commenti: lo chef richard Ploner an-cora una volta ha superato se stesso.Cena perfetta, così come l’abbinamen-to dei piatti con i vini. un’autentica gio-ia per il palato, l’olfatto e la vista per-ché la presentazione delle vivande èstata magistrale, tanta inventiva incan-ta. si comincia bene con il saluto dellacucina a base di topinambur; l’hambur-ger di tonno si fonde benissimo con ilsapore degli asparagi bianchi, le mele eil rafano; difficile da scordare il saporedel raviolo con le mazzancolle bisqué:superlativo. il canederlo un capolavorodi tenerezza; magnifico l’agnello inmanto croccante con le lenticchie nere,speciale l’abbinamento delle fragolecon il delicato gelato al gorgonzola, ildolce un’apoteosi.

TREVISO14 maggio 2014

Ristorante “Marcandole” di Alessandroe Roberta Rorato, in cucina AlessandroRorato. �Via Argine Piave 9, Salgare-da (Treviso); �0422/807881; [email protected], www.macandole.it;coperti 80. �Parcheggio privato del ri-storante; ferie una settimana a giu-gno; giorno di chiusura mercoledì serae giovedì. �Valutazione 7,75; prezzoda 36 a 45 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: fritto misto distagione, scampi al vapore con insa-lata di “castraure”, pesto di rucola escaglie di primosale; risotto conasparagi bianchi e “peverasse”; risot-to con piselli, mazzancolle e nero diseppia; risotto con san Pietro, von-gole e colatura di alici; branzino allagriglia con capperi e asparagi gri-gliati con crema d’uovo; gelato allanocciola con cioccolato caldo.

I vini in tavola: Prosecco spumantedoc, sauvignon igt; Vite bianca igt;

Bianco di ornella igt (tutti dellaCantina ornella Molon).

Commenti: straordinario il fritto diapertura con tutti i pesci del Vene-ziano di piccola “taglia”, forniti dalmare in questo periodo, più dei tran-ci d’anguilla a dir poco sorprendenti.innovazione e tradizione sono statela caratteristica di tutti i piatti, ma inparticolare nei risotti dove, nel pri-mo, gli asparagi erano proposti sottoforma di “spuma” che si amalgamavaal resto nel preparare il boccone,mentre, nel secondo, il nero di sep-pia è stato proposto in elaborazione“croccante (da provare). l’ultimo ri-sotto rappresenta un utilizzo origina-le della colatura d’alici che rende ilpiatto particolarmente interessante.all’altezza del resto il secondo e ildessert. eccezionalmente fresco tut-to il pesce proposto.

PORDENONE11 aprile 2014

Ristorante “La Ciotola” di Roberto eStefano Cover. �Via Sant’Antonio 19,Porcia (Pordenone); �0434/590777;www.ristorantelaciotola.it. �Parcheg-gio incustodito, sufficiente, comodo;giorno di chiusura sabato a pranzo edomenica. �Valutazione 7,73; prezzo€ 42.

Le vivande servite: crostini di panedi Matera con prosciutto crudo Ca-marin; polentina di farina di riso concode di gamberi e pioppini; riso Car-naroli mantecato con scamorza affu-micata e bottarga di tonno; tagliatadi tonno con insalata di riso Baldo,melanzane e cren fresco; gelato di ri-so Vialone nano con san Marzano.

I vini in tavola: Prosecco millesimato(san simeone - Prata); ribolla gialla2012 Collio (ferruccio sgubin - dole-gna); friulano 2012 Colli orientali(gigante-Corno di rosazzo).

Commenti: la delegazione ha rispo-sto numerosa alla cena organizzatadal simposiarca roberto albonico,concordata con i fratelli roberto estefano Cover rispettivamente gesto-

VENETO

FRIULI - VENEZIA GIULIA

TRENTINO - ALTO ADIGE

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re e chef del locale, per festeggiare laPasqua e l’arrivo della primavera. Me-nu tutto a base di riso, in linea con iltema dell’anno accademico. i com-mensali hanno particolarmente ap-prezzato sia la polentina di farina diriso con le freschissime code di scam-po sia il raffinato e inusuale risotto abase di scamorza affumicata e bottar-ga di tonno. notevole anche il secon-do che lo chef ha personalizzato acco-stando il tonno ad un’insolita insalati-na di riso Baldo, melanzane e crenfresco. Valutato molto positivamenteil dessert, fragrante e delicato. Buonala scelta dei vini tra i quali si è distintoil Prosecco. l’ambiente accogliente eil servizio misurato e sobrio hanno re-so la serata deliziosa. rilevanza cultu-rale conferita all’incontro dall’inter-vento dell’accademico arnaldo gran-di che ha evidenziato l’unità simboli-ca tra le più antiche tradizioni dellaprimavera e la Pasqua.

TRIESTE15 maggio 2014

Ristorante “Ai Tre Magnoni” di DanieleValmarin. �Via dell’Eremo 243, Trie-ste; �040/910979, anche fax; coperti40. �Parcheggio incustodito, sufficien-te; giorno di chiusura lunedì e martedì.�Valutazione 8,5; prezzo € 50.

Le vivande servite: finto gelato concarpaccio di fiume, fragole e aranciovivo; soufflé di cappasanta, lime,broccoli e fonduta con tartufo e caf-fé; stratificazione di una carbonaracon baccalao e carciofi; caprese dibranzino; sorbetto piña colada; col-lante di cioccolato con tartare di fra-gole alla menta e crema inglese.

I vini in tavola: franciacorta (le ter-re); Malvasia (lenardon); Bianco Cam-pania (le terre); lambrusco (Ceci).

Commenti: Menu particolare, com-posto da piatti che hanno vinto diver-se medaglie d’oro a concorsi naziona-li e internazionali di cucina. il giova-ne cuoco daniele Valmarin ha saputoesprimere in modo egregio tutta lasua creatività con un menu in cui i di-versi sapori si sposavano in modoperfettamente equilibrato. Particolar-mente apprezzati il soufflé di cappa-santa e la carbonara con baccalao ecarciofi. grazie al simposiarca diegoallaix, esperto della materia, gli ac-cademici hanno, potuto degustare,inoltre, tre diverse monoarabiche(Brasile, guatemala ed etiopia), of-ferte gentilmente dalla illycaffè.

UDINE9 maggio 2014

Ristorante “Al Grop” della famiglia DelFabbro, in cucina Ramon Gigante.�Via Matteotti 1, Tavagnacco (Udine);�0432/660240, fax 0432/650158;[email protected], www.algrop.net; co-perti 150+20 (all’aperto). �Parcheg-gio privato del ristorante; ferie 1°-15agosto; giorno di chiusura mercoledì egiovedì a pranzo. �Valutazione 7,7;prezzo da 36 a 45 €; carte accettatetutte.

Le vivande servite: brindisi di ben-venuto e frivolezze di asparagi, po-lentina pasticciata con punte bian-che e verdi di asparagi; risotto agliasparagi e fiori di zucchine; asparagialla friulana e brovada; asparagi gra-tinati al montasio; millefoglie croc-cante alle fragole.

I vini in tavola: ribolla gialla spu-mante Collavini; friulano sirch; Mo-scato naturale d’asti elio Perrone.

Commenti: la serata voleva essereun omaggio all’asparago, prodotto ti-

pico della zona, in abbinamento al vi-no friulano che ben si presta ad ac-compagnare ogni sua preparazione. isimposiarchi Percotto e Bergamohanno predisposto un menu “oriz-zontale”, ove il turione fungesse daingrediente base di ogni portata. ipiatti più graditi sono stati il risotto,impeccabile nell’abbinamento con ifiori di zucchina e servito al dente,nonché la polentina pasticciata. tuttele portate sono state però apprezzate,come dimostra la votazione, così co-me l’ottimo friulano (ex tocai) servi-to a tutto pasto, le bollicine per i frittie il Moscato per il dolce. Qualche cri-tica all’ambiente un po’ rumoroso eall’allestimento della tavola tropposobrio, che non hanno comunque in-ficiato la buona riuscita della serata.

BOLOGNA23 aprile 2014

Ristorante “Rosteria Luciano” di RenatoBicocchi e Annarosa Casini. �Via Naza-rio Sauro 19, Bologna; �051/231249,fax 051/260948; coperti 40. �Parcheg-gio scomodo; ferie 3 settimane ad ago-sto; giorno di chiusura mercoledì (do-menica in estate). �Valutazione 7,9;prezzo € 35.

Le vivande servite: crescente, morta-della e parmigiano; gramigna alle 4carni; tagliolini prosciutto e asparagi;polpettine con i piselli; fritto mistoall’italiana dolce e salato; croccante,spumini e nocciole tostate della casa.

I vini in tavola: Pignoletto spuman-te; Barbera frizzante (entrambi tiz-zano).

Commenti: la delegazione, guidatadai simposiarchi Pinardi e forni, havisto pienamente confermata la tra-dizione del locale, da sempre puntodi riferimento della cucina bologne-se. Prestazione di livello eccellente,che ha ottimamente coniugato unservizio attento e preciso alla semprevalidissima e apprezzata cucina. sututti i piatti, particolarmente graditisono risultati la gramigna alle 4 carnibianche, delicata e saporita allo stes-so tempo, e il fritto, servito in tre di-

stinte portate per apprezzarne la fra-granza. il tutto accompagnato dal Pi-gnoletto di tizzano in versione spu-mante (metodo charmat) e dalla Bar-bera anch’essa frizzante. una seratadavvero piacevole, coronata dall’in-gresso di due nuovi accademici,gianluca alberti e Cristina Bragaglia.

BORGO VAL DI TARO30 aprile 2014

Ristorante “I due gatti” di Dino e Mas-simo Gatti, in cucina Andrea Schiaret-ti. �Largo Roma 4, Borgo Val di Taro(Parma); �0525/96593, cell.348/0520632; [email protected],www.iduegatti.it; coperti 80+30(all’aperto). �Parcheggio scomodo.�Valutazione 6,8; prezzo fino a 35 €;carte accettate tutte.

Le vivande servite: chisolino; uovoaffogato su crema di prugnoli; ta-gliolini con prugnoli; frittata di pru-gnoli; sorbetto al limone; crostata aimirtilli.

I vini in tavola: Bianco dei Colli diParma; gutturnio.

Commenti: tradizionale riunioneconviviale del fungo prugnolo. inapertura, il saluto del delegato agliospiti: luca Ponzi giornalista di rai3; il Coordinatore territoriale dellatoscana ovest franco Milli; il dele-gato di Versilia storica anna ricci; ilmonsignore don angelo Busi. Primadi dare inizio al convivio, è stato fe-steggiato l’accademico onorario lo-dovico stefanini per gli oltre 50 annidi accademia. il simposiarca francoBrugnoli ha intrattenuto i commen-sali con una dotta dissertazione sulfungo prugnolo e sulle riportate pro-prietà esoteriche. Molto apprezzatala frittata di prugnoli. nel complessoun pranzo gradevole, che ha tenutoconto della stagionalità dei prodottiserviti in tavola. Vini adeguati e pun-tuale il servizio. Corretto il rapportoqualità-prezzo.

BORGO VAL DI TARO18 maggio 2014

Trattoria “Da Alba” di Romano Giovan-nelli. �Località Specchio 13, Specchio diSolignano (Parma); �0525/58143; co-perti 100. �Parcheggio incustodito, suffi-ciente; ferie mai; giorno di chiusura mar-tedì. �Valutazione 7,65; prezzo € 28.

Le vivande servite: prosciutto crudo36 mesi con salame di produzionepropria, giardiniera di verdurine inagrodolce; tortelli d’erbetta; taglioli-

EMILIA ROMAGNA

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FRIULI - VENEZIA GIULIA segue

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ni con funghi prugnoli; arrosti misticon contorno di patate; semifreddoall’amaretto.

I vini in tavola: Prosecco; Cabernet;gutturnio.

Commenti: la riunione convivialecoincide con la chiusura della stagio-ne del fungo prugnolo. il simposiar-ca antenore zinelli ha intrattenuto icommensali esponendo tratti storicidel luogo, e raccontando aneddotisui percorsi e modalità per la raccol-ta dei funghi. le pietanze, impronta-te all’esaltazione dei sapori della tra-dizione, hanno riscosso vivo apprez-zamento per i sapienti abbinamentiche la cuoca, Marisa Busi, rezdorad’altri tempi, ha saputo realizzare,con quel sapiente tocco che conferi-sce ai piatti aromi e sapori, frutto dipassione e amore per il proprio lavo-ro. Meritevoli, in modo particolare, itagliolini ai prugnoli e comunqueogni piatto è stato gradito con pienosuccesso della serata. adeguati i vi-ni; ottimo il rapporto qualità-prezzo.soddisfacente il servizio.

CARPI-CORREGGIO 15 aprile 2014

Ristorante “Romeo”. �Via Carl Marx 99,Carpi (Modena); �059/8228279; [email protected], www.romeocar-pi.com. �Ferie mai; giorno di chiusuramai. �Valutazione 7; prezzo da 36 a 45 €;carte accettate CartaSì/Visa/Master-Card.

Le vivande servite: tartare di man-zo su salsa bernese e tuorlo d’uovomandorlato; riso Carnaroli con perecaramellate e polvere di liquirizia;tagliata di manzo con formaggio difossa e cavolo viola stufato; cestinodi sfoglia alle mele con il gelato allavaniglia.

I vini in tavola: alnè tordera;Chianti Biondi santi.

Commenti: la cena si è svolta nelnuovo cubo di vetro, uno spazio poli-valente inaugurato nel dicembre2013, molto luminoso. il menu pro-posto ai numerosi accademici e ospi-

ti era sicuramente invitante e parti-colare. la cena si è rivelata all’altez-za delle aspettative, con un buongradimento da parte dei commensa-li. al termine, il delegato Pier PaoloVeroni, ha donato alla direttrice del-la Biblioteca Civica di Carpi, dotto-ressa Prandi, numerose pubblicazio-ni dell’accademia.

FAENZA14 maggio 2014

Ristorante “L’Osteria di Guercinoro” diF. Ricci Maccarini. � Piazza Marconi 7,Brisighella (Ravenna); �0546/80464;coperti 30+20 (all’esterno). �Parcheg-gio comodo, incustodito; ferie variabili;giorno di chiusura martedì. �Valutazio-ne 7,18; prezzo € 35.

Le vivande servite: ricotta frescacon olio di Brisighella; fave e formag-gio di fossa; tagliere di salumi locali;lasagne al carciofo moretto; battutadi manzo al coltello con insalata dicarciofo moretto; torta di mele.

I vini in tavola: Chardonnay zenoi-de (azienda Calogna); sangiovesesuperiore Borgo di nola (azienda Càdi 4 archi).

Commenti: i simposiarchi alberto,enrico e fabio Castellari assieme agiorgio Cicognani, hanno organizza-to una riuscitissima riunione convi-viale avente per tema il “carciofo mo-retto di Brisighella”, ortaggio autoc-tono, che nasce nei tipici calanchidell’appennino brisighellese. l’in-contro si è svolto in un suggestivo lo-cale, scavato nella vena del gesso. ilconvivio si è aperto con antipasti dielevata qualità, frutto di un’attentaricerca: notevoli la ricotta freschissi-ma, le fave e il formaggio di fossa, isalumi di cinta senese. il carciofo èstato protagonista di una straordina-ria insalata abbinata ad un’altrettan-

to impeccabile battuta di manzo, ri-gorosamente tagliata al coltello, dialta qualità. le lasagne al carciofonon hanno invece trovato unanimitàdi consensi. Buoni i vini in abbina-mento. servizio attento e cordiale,un po’ penalizzato nei tempi a causadell’elevato numero di commensali.

FERRARA26 aprile 2014

Ristorante “La Capanna di Eraclio” diMara Grazia e Pierluigi Soncini, in cu-cina Maria Grazia Soncini e mammaVanda. �Località per le Venezie 21,Codigoro (Ferrara); �0533/712154,fax 0533/713410; www.lacapanna-dieraclio.it; coperti 30. �Parcheggiocomodo; ferie 15 agosto-12 settembre;giorno di chiusura mercoledì e giovedì.�Valutazione 7,8; prezzo da 66 a 100 €;carte accettate tutte.

Le vivande servite: composizione dicrostacei, pesci e verdure con salsaalla ligure; risotto di pesci bianchidell’alto adriatico; pesce san Pietroal forno con carciofi e olive taggia-sche; sorbetto al mojito; gelato di ri-so con saba di Pignoletto.

I vini in tavola: franciacorta Brut(san Cristoforo); Verdicchio dei Ca-stelli di Jesi Classico doc le Vaglie,2013 (stefano antonucci).

Commenti: il pranzo allestito daisimposiarchi giovanni Bragliani ePaolo rollo è stato di ottimo livello,con una perfetta accoglienza da partedi Pierluigi soncini e del fedele Mau-rizio e con un servizio ai tavoli moltoattento e curato. solo il risotto non èstato all’altezza degli altri piatti, tuttirealizzati con grande maestria daMaria grazia soncini e dalla mammaVanda, che hanno scelto personal-mente, come sempre, il pesce di pri-missima qualità nel mercato di goro.

ottimi i dolci, in particolare il gelatodi riso arricchito da una delicata sabadi Pignoletto e, a sorpresa, un assag-gio di torta di riso cotta secondo lavecchia ricetta della tradizione; gra-devole anche il fresco sorbetto al mo-jito. i vini di buon livello, sono statiabbinati alle portate con grande curae illustrati dal simposiarca Paolo rol-lo. nel corso della riunione convivia-le, dopo una dotta relazione del sim-posiarca giovanni Bragliani, il Vice-presidente Vicario severino sani, in-sieme al delegato luca Padovani, haconsegnato il meritato diploma diBuona Cucina 2014.

LUGO DI ROMAGNA30 aprile 2014

Ristorante “Taverna I Velai” di Ermi-nia Artioli, in cucina Erminia Artioli.�Via San Vitale 5, Sant’Agata sul San-terno (Ravenna); �0545/45622; [email protected]; coperti 48.�Parcheggio privato del ristorante; fe-rie agosto; giorno di chiusura martedì.�Valutazione 8,3; prezzo da 46 a 65 €;carte accettate tutte.

Le vivande servite: entrée della casa;melanzane alla parmigiana con spadae scamorza; fantasia di mare al vapo-re; assaggio di maccheroni al pettinecon asparagi, cozze e vongole; pesceal forno farcito con gamberoni in pan-cetta e radicchio; sorbetto artigianaledi frutta fresca: bis di mandarino tar-divo e limone di amalfi.

I vini in tavola: Prosecco docg Villasandi, Crocetta del Montella (tV);unico Cococciola terre di Chieti igt2013; Pecorino Cococciola terre diChieti igt 2013 (entrambi tenutaulisse).

Commenti: il miglior ristorante dipesce degli ultimi anni. Così si puòriassumere la serata conviviale inquesto ristorante aperto dal febbraiodi quest’anno e trasferitosi da Mari-na di ravenna. ottimi anche i vini,tra l’altro il Cococciola è stato unapiacevole sorpresa di un antico viti-gno recuperato e oggi vinificato afreddo. il pesce cucinato in modo su-blime e presentato altrettanto bene.da segnalare le cozze selvatiche ec-

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cellenti. in cucina, erminia artioli,che si è intrattenuta al termine congli accademici spiegando tutti i piat-ti e confrontandosi sui diversi utilizzidelle materie prime.

MODENA19 maggio 2014

Ristorante “Antica Trattoria PonteGuerro” di Eli e Claudia Ricci. �ViaModenese 4654, Spilamberto (Mode-na); �059/798909, fax 059/749079;coperti 120. �Parcheggio incustodito; fe-rie 10-30 agosto; giorno di chiusura do-menica. �Valutazione 6,39; prezzo € 35.

Le vivande servite: antipasto dellochef; tortelli verdi saltati con radic-chio rosso, prosciutto cotto e noci;tortelloni di zucca con soffice cremadi parmigiano e aceto balsamico; ta-gliata di entrecôte al rosmarino consale dell’himalya; patate al forno;misticanza con mela verde e acetobalsamico tradizionale di Modena;semifreddo allo zabaione e amaretticon cioccolata fusa e noce moscata;sorpresa dello chef.

I vini in tavola: Pignoletto spumantebrut (righi); lambrusco grasparossadi Castelvetro (tenuta stufanello);lambrusco di sorbara Vecchia Mode-na Premium (C. Chiarli); sangiovesedi romagna superiore (san Valenti-no); Vino zibibbo di sicilia.

Commenti: Vecchissima locandasulla strada da Modena a Vignola,dove probabilmente si fermavano ibirocci di ghiaia prelevata dal vicinofiume. oggi sono i numerosi tirnell’ampio parcheggio a dimostrarecome, tutto sommato, il mondo cam-bi meno di quel che si dica. gradevo-li gli antipasti, molto curati nella pre-sentazione. le minestre sono state ilpiatto meno riuscito perché trovateda molti troppo ricche di condimen-to. Buona e molto apprezzata la ta-gliata al rosmarino, forse il piattomigliore della serata. il dolce, in li-nea con la tradizione modenese, sipresentava ben eseguito ed è statoapprezzato. Molto valida la scelta deivini, ben abbinati, che hanno ricevu-to un’ottima valutazione. una seratapiacevole in cui al cibo si è unito ilpiacere di stare insieme.

REGGIO EMILIA9 aprile 2014

Ristorante “L’eco del mare”, in cucina Sa-batino Sorrentino. �Via Crocioni 2c, Al-binea (Reggio Emilia); �0522/597124;[email protected], www.ri-

storantelecodelmare.it; coperti 150+50(all’aperto). �Parcheggio comodo; feriesettembre; giorno di chiusura lunedì.�Valutazione 7,5; prezzo da 36 a 45 €;carte accettate CartaSì/Visa/Master-Card.

Le vivande servite: carpaccio di ma-gatello piemontese e scaglie di par-migiano reggiano; trofie al pesto li-gure; caprese con mozzarella di bu-fala, pomodorini, basilico e origanodei Monti lattari; manzo piemontesecon fagioli al fiasco; insalata di aran-ce; crema di mascarpone in cialda dimandorle caramellate.

I vini in tavola: Prosecco Valdobbia-dene giustino B. (ruggeri); ChiantiClassico 2012 (fontodi).

Commenti: la riunione conviviale“Che cosa è l’olio”, dedicata ad unapprofondimento di questo prodotto,è risultata interessante, utile e piace-vole, confermando l’importanza divalorizzare le potenzialità insite al-l’interno della delegazione. l’attentosimposiarca roberto Chiavolelli,esperto di oli, costruendo un menuatto a consentire la degustazione dioli d’oliva diversi attraverso abbina-menti con cibi di differente natura,ha permesso agli accademici di com-prendere meglio le basilari nozionisintetizzate con maestria e rigorescientifico all’inizio della serata. egliha offerto un prezioso vademecumscritto per l’occasione, di utilità pra-tica e base di approfondimenti. ilbravo chef sabatino sorrentino, ma-ster sommelier, ha dato prova di pro-fessionalità e duttilità con tutta lasua équipe, ulteriore rivelazione pergli accademici.

RICCIONE-CATTOLICA16 aprile 2014

Ristorante “Locanda Liuzzi” di Raffae-le Liuzzi, in cucina Raffaele Liuzzi.�Via Fiume 61, Cattolica (Rimini);�0541/830100; [email protected], www.locandaliouzzi.com; co-perti 40+12 (all’aperto). �Ferie va-riabili; giorno di chiusura lunedì. �Va-lutazione 7,6; prezzo da 46 a 65 €;carte accettate tutte.

Le vivande servite: guazzetto dizucca gialla con ricotta acida e sgom-bro affumicato; seppioline arrostite,limone candito, finocchi e granitaall’anice; riso Carnaroli in bianco,spezzato di scorfano e clorofilla di ci-me di rapa; cannelloni croccanti conscampi, ricotta di pecora, limonecandito e peperone grigliato; coda dirospo, salsa di gamberi, spugna di pi-

selli e cipollotti grigliati; granita difrutta; squacquerone acido con cou-lis di frutta e “m&m’s”; piccola pa-sticceria.

I vini in tavola: luzano Verdicchiodei Castelli di Jesi doc 2012 (gio-vanni e francesca Morotti Campi,Morro d’alba); Muffato della sala(antinori Castelli della sala, terni).

Commenti: la riunione conviviale siè svolta piacevolmente in un ambien-te sobrio ed elegante, alla presenza diun folto gruppo di accademici e ospi-ti. i piatti sono risultati tutti originalie hanno suscitato curiosità e attesa:la cucina di raffaele liuzzi, infatti, ècreata con fantasia, utilizzando ma-terie prime ricercate e ha l’obiettivodi coinvolgere attivamente ed emoti-vamente il commensale. tutte le por-tate hanno ricevuto una buona acco-glienza, con una nota particolare pergli antipasti e il risotto; ottimi i vini,scelti in una cantina allestita con cu-ra. Ben curato il servizio ai tavoli. unsimpatico dibattito con lo chef haconcluso la bella serata.

RICCIONE-CATTOLICA7 maggio 2014

Ristorante “dal Baffo” di Eugenio Pa-cassoni. �Via Piemonte 1, Riccione(Rimini); �054/1643377, anche fax;www.dalbaf foriccione.it; coperti120+80 (all’aperto). �Parcheggio co-modo; ferie mai; giorno di chiusuralunedì (tranne in estate). �Valutazio-ne 7,3; prezzo da 36 a 45 €; carte ac-cettate tutte.

Le vivande servite: crostini mare no-stro; sardoncini marinati; zanchetti al-

la piastra profumati all’aceto balsami-co; gamberetti sfumati al Cognac conasparagi; seppia con piselli; passatellialle vongole; strozzapreti gamberi,vongole e zucchine; triglia in guazzet-to; saraghina al forno; moletti alla gri-glia; fritto di paganello; dolcetti.

I vini in tavola: Bacchini vino spu-mante brut (tenuta del Monsignore,san giovanni in Marignano); larusrebola doc Colli di rimini 2013 lerocche Malatestiane (Cantina socialerimini); le gemme doc Verdicchiodei Castelli di Jesi Classico 2013 (Bru-nori san Paolo di Jesi); arrocco docgalbana di romagna Passito 2009 (fat-toria zerbina Marzeno faenza).

Commenti: il ristorante nasce nellontano 1969 come evoluzione di unchiosco che offriva piada e affettati achi assisteva al decollo o all’atterrag-gio degli aerei dall’adiacente aero-porto di rimini. l’ambiente è rusticoe accogliente. la cucina, a base dipesce e di carne, ricalca la tradizionelocale ed è ben interpretata dalla si-gnora tilde, moglie del titolare. ilricchissimo menu della serata ha im-pegnato gli accademici in una lungadegustazione e ha riscosso unanimeapprezzamento per quanto riguardai crostini, gli zanchetti alla piastra,gli strozzapreti e i moletti alla gri-glia. fra i vini va segnalata l’albana.

RIMINI14 maggio 2014

Ristorante “Collina dei Poeti” di SauroSapignoli. �Via Gavina 97, Santar-cangelo di Romagna (Rimini);�0541/620042, fax 0541/625050,cell. 335/7719730; [email protected], www.colliandeipoeti.it; coper-ti 200+250 (all’aperto). �Parcheggioprivato del ristorante; ferie mai; giornodi chiusura mai. �Valutazione 7,2;prezzo fino a 35 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: cassoncini alleerbe e salvia fritta in pastella; sfor-

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matino di squacquerone con salsa albasilico; formaggio erborinato deli-cato e burroso con savor; malfatti al-le verdurine; coniglio in porchettacon pancetta di mora romagnola ecarciofi alla giudia; ciambella e cro-stata con marmellata della Collinadei Poeti; gelato preparato e offertodall’accademico Bruno ghigi.

I vini in tavola: Vini della casa.

Commenti: sulla prima collina soprasantarcangelo di romagna, si troval’azienda agricola con il ristorante. ilnome è suggestivo e, in effetti, l’am-biente è molto particolare, sia per lacostruzione a ferro di cavallo, sia peri bellissimi ulivi, le vigne e i cipressiche circondano la tenuta. la riunioneconviviale è stata dedicata a partico-lari manicaretti tipici romagnoli, abase di cassoncini, squacquerone, ilfamoso “formaggio erborinato” (fos-sa dell’abbondanza di roncofreddo)e il tipico savor. un ringraziamento aidue accademici, giuliano ioni in ve-ste di simposiarca e Bruno ghigi,specialista nella produzione del gela-to, che ha offerto e servito, a fine ce-na, il suo sempre apprezzato gelato aigusti cioccolato, pistacchio e noccio-la. ad ogni portata è stato abbinatoun vino particolare prodotto dalle vi-gne circostanti e commentato dal-l’enologo stefano delbono. la serataè stata molto interessante e gradita.

COSTA DEGLI ETRUSCHI15 maggio 2014

Ristorante “Taverna dei Boncompagni”di Andrea Cinelli e Simone Salerno, incucina Andrea Cinelli. �Via VittorioEmanuele 38, Piombino (Livorno);�0565/222176, cell. 340/7326919;[email protected]; coperti33+25 (all’aperto). �Parcheggio zonapedonale; ferie ottobre; giorno di chiu-sura martedì. �Valutazione 8,5; prezzoda 36 a 45 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: mousse d’acciu-ga, pomodoro secco e formaggio ca-prino; insalata di razza con juliennedi sedano, carote e pompelmo rosa;cheesecake di baccalà; crême brulée

di foie gras al gambero rosso; triango-li ripieni di crostacei con scampetti econcassé di pomodoro e basilico; ri-sotto al nero con tartare di seppie epolvere di pompelmo; cernia spadel-lata con sformato di scarola e fondutadi formaggio; panna cotta al mojito.

I vini in tavola: trentino doc pasdosé (Wallenburg); Vermentino(Poggio rosso); friulano (Venica);Pinot noir (st. Michel eppan); Passi-to di noto (Planeta).

Commenti: riuscita riunione convi-viale in un locale, già antica osteria dimarinai, nel cuore del centro storicodi Piombino. Molto apprezzato il me-nu scelto tra le portate presenti in car-ta, così come l’abbinamento con i vi-ni. Caratteristiche del ristorante sonola freschezza e la stagionalità dei pro-dotti; questo ha, pertanto, comporta-to una variazione del piatto principa-le, in quanto la rana pescatrice non èstata pescata, tuttavia la sostituzionecon la cernia ha ampiamente colmatola lacuna gastronomica. difficile direquale, tra i piatti serviti, abbia riscos-so maggiore successo, vista l’alta qua-lità di ogni portata. una cucina cheadatta le tradizioni marinare in chia-ve moderna, mantenendo cotture es-senziali, mai banali. da segnalare laprofessionalità dei gestori sia in cuci-na sia nell’accoglienza. ospite dellaserata il dottor roberto Bedini, fonda-tore e direttore dell’istituto di Biolo-gia ed ecologia Marina, che ha rela-zionato su “le specie marine del Me-diterraneo: ieri e oggi”.

LIVORNO27 aprile 2014

Ristorante “Yacht Club Livorno” diMarisa Tronconi coi figli Renzo e Mas-simo Quercioli. � Via del Molo Medi-ceo 21, Livorno; �0586/892091, fax0586/895335, cell. 338/448853; [email protected]; coperti 90 nelsalone interno e 80 nel padiglione co-perto attiguo. �Parcheggio scomodo;ferie in agosto; giorno di chiusura do-menica sera e lunedì. �Valutazione7,5; prezzo € 35.

Le vivande servite:maionese di pesce,calamari ripieni, parmigiana al sarago,stuzzichini di mozzarella in carrozza ezucchine fritte; omelette al gambero;gnocchi di patate al pesto con vongoleveraci; sogliola al vino; piselli all’ingle-se, asparagi con salsa olandese e carcio-fi fritti; assaggi di zuppa inglese; profi-terole; crema fritta.

I vini in tavola: Cuvée riccadonnabrut; Vermentino di Bolgheri; rosso

di Bolgheri (entrambi donna olimpia1898); Passito di Pantelleria.

Commenti: Per il pranzo accademicoche ha seguito il convegno nazionale“la cucina della Belle epoque a livor-no: l’accademia navale, i grandi alber-ghi, le acque della salute, le ricette po-polari”, è stata progettata una media-zione fra le tre grandi scuole di cuci-na: la francese, che caratterizzava an-che in italia quella dei grandi alber-ghi, la sabaudo-marinaresca, che de-terminò i canoni della cucina dellaMarina Militare del regno d’italia einfine quella della tradizione popolareebraico-livornese. la singolarità delleproposte, accolte molto positivamentesia dalla delegazione che organizzavala giornata accademica, sia dai nume-rosi ospiti, ne ha determinato il pienosuccesso, avallato anche dai risultatidella votazione. applausi particolarialle apprezzate varietà di antipasti edi dessert.

LUCCA15 aprile 2014

Ristorante “Arturo”. �Via Lombarda54, Lammari, Capannori (Lucca);�0583/436112; coperti 50+30 (al-l’aperto). �Parcheggio scomodo. �Va-lutazione 7,65; prezzo da 36 a 45 €.

Le vivande servite: aperitivo di ben-venuto con Prosecco e fritturina di

paranza; spaghetti alle arselle; pac-cheri al sugo di triglie; cascata didiamanti di crostacei (catalana) e, inalternativa, pesce al vapore con oliodelle colline lucchesi; gelato confrutti di bosco.

I vini in tavola: Chardonnay Collio2012 (Komic); Pinot nero Blaubur-gunder, Joseph Meczan (hofstätter).

Commenti: serata molto partecipa-ta, il cui simposiarca è stato lo stessodelegato, alessandro Caturegli e allaquale ha presenziato anche la dele-gata della Versilia storica. localesemplice e informale, servizio fami-liare, per una serata all’insegna dellabuona cucina. Molto apprezzato ilmenu e la grande sapienza con laquale questa trattoria lavora il pesce,anche pregiato. gli spaghetti sonostati sostituiti con i tacconi che, abbi-nati alle vongole, hanno particolar-mente incontrato il gusto dei com-mensali. interessanti anche i vini inabbinamento.

LUNIGIANA17 aprile 2014

Ristorante “Podere Benelli” di Paola Be-nelli, in cucina Paola Benelli. �LocalitàOppilo, Pontremoli (Massa Carrara);�01877835154, cell. 338/9104330;www.poderebenelli.it; coperti 35. �Par-cheggio comodo; ferie novembre e feb-

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braio; giorno di chiusura mai. �Valu-tazione 8; prezzo fino a 35 €; carte ac-cettate nessuna.

Le vivande servite: sgabei con cula-tello; mortadella pontremolese; pan-cetta e testa in cassetta; crostini dimarocca di Casola con lardo; frittelledi calamari dell’orto; frittelle di pru-gnoli; crostini di rosticciana e caciot-ta vaccina; torta di erbe di campo;torta di patate e porri; testarolo arti-gianale pontremolese; ribollita di fa-gioli e castagne secche; frittelle di fa-rina di castagne con ricotta del pa-store e primo sale vaccino; frittelle dimele, rotelle e grappa; crostata conpere e cioccolato.

I vini in tavola: durella igt Val diMagra; Pollera igt Val di Magra; Bi-goncio, bianco dolce frizzante (tuttidel Podere Benelli, oppilo di Pontre-moli).

Commenti: la visita sulle colline dioppilo è stata una bellissima espe-rienza. orazio Benelli, anima del-l’omonimo agriturismo, ha propostoun suo percorso di degustazione, nonun classico menu, con ottime portate,elaborate principalmente con prodot-ti agricoli del podere. eccellenti i sa-lumi; una rara leccornia le frittelle diprugnoli; molto apprezzati i testaroliartigianali cotti nel modo tradiziona-le nei testi di ghisa; una riscoperta laribollita; buoni i dolci; perfetto l’ab-binamento dei vini, anch’essi del po-dere. Buono il rapporto qualità-prez-zo; ambiente caratteristico; serviziomolto accogliente.

PISA14 aprile 2014

Ristorante “V. Beny”. �Piazza ChiaraGambacorti 22, Pisa; �050/25067;coperti 25. �Ferie agosto; giorno dichiusura sabato a pranzo, domenica.�Valutazione 8,2; prezzo da 46 a 65 €;carte accettate tutte.

Le vivande servite: focaccine farci-te; zuppetta di fave lavorata con toc-chetti di pancetta fresca e pecorino;crêpe con asparagi selvatici, ricottafresca e tartufo marzolo; ravioli ri-pieni di ortica e noci conditi con bur-ro fuso, salvia e grana; fusilli di fari-na kamut con ragù di fagiano, Co-gnac e pinoli; controfiletto di scotto-na farcito, rosolato nel sangiovese etrifolato con carciofi; semifreddo trafior di latte e frutta di stagione.

I vini in tavola: Prosecco di Valdob-biadene docg (Carmina, ConeglianoVeneto); Poggio dorato, Ciliegiolo2012 (il gallettino, Chianni); ebo2010 igt toscana rosso (Cabernet esangiovese) (Petra, suvereto).

Commenti: un ritorno piacevole. lasignora sandra, in cucina, proponepiatti caratterizzati da abbinamentioriginali e invitanti, con una partico-lare cura nella scelta degli ingredien-ti, puntando alla loro stagionalità efreschezza. dopo le focaccette ripie-ne, gustoso tipico appetizer del risto-rante, gli accademici hanno partico-larmente gradito gli originali e ottimiantipasti, ai quali hanno fatto seguitogli eccellenti primi e il saporito madelicato controfiletto; un gustoso esemplice semifreddo ha chiuso lasuccessione dei piatti. analogamentemolto apprezzati i vini, accuratamen-te selezionati e presentati dal titola-re. il servizio, preciso, attentamenteseguito dal signor damiano e la suadisponibilità, con cortese dovizia diparticolari a descrivere la successio-ne dei piatti in tavola, hanno contri-buito alla piacevolezza della serata.

PISA VALDERA16 aprile 2014

Ristorante “Locanda di Camugliano” diSimone Cetti. �Via di Camugliano,Ponsacco (Pisa); �0857/733293, fax0587/980359; [email protected], www.camugliano.com; coperti50+70 (all’aperto). �Parcheggio incu-stodito sufficiente, fax 0587/980359;ferie variabili; giorno di chiusura lune-dì. �Valutazione 7,3; prezzo € 40.

Le vivande servite: scagliozzi di po-lenta caldi, pancotto toscano, sfor-matino di asparagi e pancetta su

crema di pecorinotoscano, caciot-ta dolce; cesti-no di granacon polpettine

di melanzane ebasilico su letto dipomodorini sau-té; ravioli fatti in

casa con ripieno di porri e salsicciasu crema di patate e pecorino tosca-no; tagliolini al cinghiale e alloro;stracotto di chianina al Chianti;mousse di ricotta e canditi e gocce dicioccolato.

I vini in tavola: Prosecco doc di tre-viso (Marcello del Majno); salico,bianco toscana; sodi del Paretaio,Chianti Classico; Vin santo.

Commenti: riunione conviviale inun locale sulle Colline pisane, di re-cente apertura e gestito da un’effi-ciente brigata di giovani. la villa, vo-luta nel 1532 da alessandro de Medi-ci, è dotata di un magnifico giardinoall’inglese ed è stata meravigliosa-mente restaurata. la locanda propo-ne una cucina rigorosamente del ter-ritorio, basata su ottime materie pri-me, e offre ai suoi ospiti anche alcunecamere, giardino e piscina con ango-lo relax. nella serata, dapprima unricco aperitivo e poi, a tavola, una se-rie di proposte, tutte correttamenterealizzate, e piatti della tradizione to-scana e del luogo, con tagliolini alcinghiale e stracotto di chianina, nelpiù puro spirito della tradizione. allariunione conviviale hanno partecipa-to molti ospiti, tra i quali alcune auto-rità della Provincia di Pisa. a fine se-rata, è stata consegnata allo chef, si-mone Cetti, la vetrofania accademi-ca, con i complimenti e l’invito a pro-seguire su un percorso che appare in-teressante, sorretto da una genuinapassione.

SIENA23 aprile 2014

Ristorante “La Locanda di Tommaso” diTommaso Ficai e Maila Tiberi, in cucinaTommaso Ficai. � Piazza Marconi 9-10,Castelnuovo Berardenga (Siena);�057/7355411, anche fax; [email protected], www.lalocandadi-tommaso.com; coperti 25+30 (all’aper-to). �Parcheggio comodo; ferie 10 gen-naio-10 febbraio; giorno di chiusura do-menica. �Valutazione 7,9; prezzo fino a35 €; carte accettate CartaSì/Visa/Ma-sterCard/Diners.

Le vivande servite: stuzzichino dibenvenuto; sformato di asparagi fre-schi, rosso d’uovo fritto e tartufo; la-sagnetta di baccalà mantecato e tar-tufo; arista di cinghialino glassato alVin santo e tartufo con farro biologi-co; gelato mantecato al tartufo.

I vini in tavola: ripa delle Mandor-le; la lellera Chianti Classico 2011(entrambi Vicchiomaggio); il gra-nello (Barone ricasoli).

Commenti: la riunione conviviale èstata dedicata ad uno dei prodottitradizionali della terra senese, il tar-tufo, che in una parte del territoriodella delegazione, le cosiddette “cre-te senesi”, ha una particolare diffu-sione. il menu è stato tutto sapiente-mente orchestrato dallo chef sul “tar-tufo marzuolo”, un tartufo bianco lacui denominazione deriva dal perio-do prediletto per la sua raccolta, so-prattutto il mese di marzo, fino almese di aprile. Particolarmente ap-prezzata dagli accademici la lasa-gnetta di baccalà mantecato e tartu-fo; anche il gelato ha riservato ungusto particolare al primo assaggioma coinvolgente via via che venivaassaporato. accogliente il piccolo lo-cale che si trova nella piazza princi-pale del paese.

VALDARNO FIORENTINO22 maggio 2014

Ristorante “Hostaria Ceccotoccami” diDavid Boni e Fabrizio Giusti, in cucinaFabrizio Giusti. �Via Francesco Pe-trarca 11, Figline - Incisa Valdarno(Firenze); �055/8334052, fax055/8333761, cell. 347/4770307;i n f o @ h o s t a r i a c e c c o t o c c a m i . i t ,www.hostariaceccotoccami.it; coperti65+20 (all’aperto). �Parcheggio co-modo; ferie 15 giorni a fine febbraio;giorno di chiusura martedì. �Valuta-zione 7,9; prezzo fino a 35 €; carte ac-cettate CartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: medaglione ditonno su fette di pane buns; cialdabrisé; patatine fritte e maionese;pappa bizzarra al pomodoro; umidodi mare su fette di pane “abbrusca-to”; sorbetto al limone.

I vini in tavola: Prosecco; spartitodi Castellare sauvignon 2012.

Commenti: serata sul tema dellapanificazione, illustrata dal delegatoanche con schede sinottiche e trami-te lo splendido tavolo allestito da da-vid Boni con numerosissimi tipi dipane della tradizione italiana. la riu-nione conviviale era inoltre incentra-ta sulla consegna del diploma diBuona Cucina al ristorante, dimo-

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strando, anche questa volta, di esse-re all’altezza dei due tempietti di cuiè insignito. Presente, in rappresen-tanza del Consiglio di Presidenza,roberto ariani che, al termine dellapiù che riuscita serata, ha consegna-to, insieme al delegato ruggero lar-co, il diploma a fabrizio giusti, a da-vid Boni e idealmente a tutto lo staff.gradito il menu che è stato apprez-zato da tutti gli accademici e dai nu-merosi ospiti. la serata è stata ogget-to di riprese televisive.

VALDELSA FIORENTINA21 maggio 2014

Ristorante “L’Antica Fonte” di Diva Pa-gnanelli, Salvatore Principato, Boc-cacci. � Via Valdracca 25, Certaldo(Firenze) � 057/1652225 anche fax;[email protected], www.ta-vernaanticafonte.it; coperti 40 + 60(all’aperto). �Parcheggio scomodo; fe-rie novembre-dicembre-gennaio; gior-no di chiusura mercoledì in inverno.�Valutazione 8; prezzo fino a 35 €;carte accettate tutte.

Le vivande servite: sformatino diverdure con fonduta di formaggio, inabbinamento: birra livorno 1892Bionda (ale); caserecci salsiccia eporri, birra Brunz “la regia” (Bitterale); quaglia farcita; gran fritto dipollo e coniglio, forestiera colors “laVerde” (tripple ale); tiramisù, “larossa” (tuscany style).

Commenti: la riunione conviviale,organizzata dall’accademica rober-ta Baronti, ha visto la partecipazionedi molti accademici e numerosiospiti. la cena è stata presentata dalbier sommelier eddy di nardo, ilquale ha permesso di pasteggiare abirra ricercando vari abbinamentitra diversi tipi di birre per le diverseportate. la serata è stata allietata danote di jazz e soul con donata dei.tra gli ospiti, il Consultore naziona-

le franco Cocco che ha tentatoun’analisi del futuro della cucina ita-liana. il Coordinatore territorialefranco Milli ha espresso il suo com-piacimento per la serata. la tavolaaiuta la cultura e la cultura aiuta latavola. soddisfazione del delegatoalessandro signorini per l’aspettoculturale e conviviale della serata.un plauso alla brigata di cucina consalvatore Principato e diva Pagna-nelli e alla signora Boccacci in sala.

VERSILIA STORICA12 aprile 2014

Ristorante “La Barca” di Piero Petrucci.� Viale Italico 3, Forte dei Marmi (Luc-ca); �0584/89323; coperti 100. �Par-cheggio custodito; ferie novembre; gior-no di chiusura lunedì a pranzo e marte-dì. �Valutazione 7,5; prezzo 45 €.

Le vivande servite: gamberi di fon-dale; trippa di pescatrice; risotto allagallinella e asparagi; pappardelle aicoltellacci; ricciola d’altura su fogliedi radicchio trevigiano e patate ma-scè; semifreddo al pistacchio.

I vini in tavola: Millenium, Vermen-tino e rosé (Cantina lvunae Bosoni).

Commenti: la riunione conviviale, aconclusione del convegno dal titolo“l’olivo Quercetano come fulcro dellacucina versiliese”, si è svolta in un ri-storante prospiciente al mare e il me-nu ha esaltato la tradizione marinaradel locale. gli accademici hannoespresso unanimemente un giudiziopositivo nel valutare ogni piatto, sal-vo le pappardelle ai coltellacci in cuiil sugo non era stato ben amalgamatocon la pasta. ottimi i vini. durante lariunione conviviale il segretario ge-nerale Paolo Petroni, oltre al saluto aicommensali, ha consegnato la spillaal nuovo accademico roberto guasti-ni. erano presenti anche il Coordina-tore territoriale franco Milli e molti

accademici delle delegazioni limitro-fe. Buono il servizio e soprattutto ilrapporto qualità-prezzo.

ANCONA13 aprile 2014

Ristorante “Le Grotte” di Luciano Bar-della. �Via Pontebovesecco 14, Genga(Ancona); �0732/973035; [email protected]; coperti 130 divisi in variesale + 200 per banchetti. �Parcheggiocustodito, sufficiente; ferie dal 10 al31 gennaio; giorno di chiusura dome-nica sera e lunedì. �Valutazione 8;prezzo € 40.

Le vivande servite: salumi: prosciut-to, salame tipo fabriano, sopressatadi fegato, sopressata, tenero di grot-ta, lonza, coppa di testa, guancialealla salvia; formaggi: pecorino sta-gionato in fossa, pecorino alle erbe inbarrique, alle vinacce, pecorino fre-sco alla rucola, al tartufo, alle noci,formaggi caprini assortiti, crema diricotta, primo sale, robiola mista par-migiano reggiano, mozzarella esinacon latte di bufala, stracciatella conlatte di bufala; focaccia al rosmarino,pizza assortita della casa, bruschettemiste, pizza di formaggio, quiche diverdure; julienne di zucchine e caro-te croccanti; stracciata d’uovo allamentuccia e asparagi; verdure allagriglia, verdure al gratin, insalata dirucola; crostone al fegato d’agnello;sfogliatine alle verdure, zuppa di le-gumi; arrosto “co’ lu pilottu” (polloruspante), agnello in casseruola aicarciofi; dolci pasquali.

I vini in tavola: lacrima di Morrod’alba; Verdicchio (entrambi delleCantine lucchetti).

Commenti: il titolare, luciano Bar-della che, grazie alla passione e al-l’attenzione verso l’agricoltura e iprodotti locali della sua famiglia, hatrasformato la piccola trattoria deigenitori nel ristorante, ha accolto gliaccademici con grande entusiasmo.lo chef alessandro Montanari haproposto un buffet che andava al dilà della tradizionale colazione di Pa-squa, ma di qualità eccellente. Parti-colare l’arrosto “co’ lu pilottu” che sicaratterizza per la speciale cotturadel pollo ruspante allo spiedo, irro-rato con la colatura infuocata delgrasso e magro di maiale. il vino siabianco sia rosso, anche se non imbot-tigliato, ha accompagnato in abbina-mento perfetto il buffet. l’interventoculturale dell’amico professor tom-maso lucchetti ha appassionato icommensali con la piacevolissimaesposizione sulla tradizionale cola-zione di Pasqua.

FOLIGNO15 maggio 2015

Ristorante “Scantafavole” di Paola Mi-canti, in cucina Sandro Baldini. �Piaz-zetta Piermarini, Foligno (Perugia);�328/0994380; coperti 40. �Par-cheggio scomodo in zona pedonale; fe-rie mai; giorno di chiusura mai. �Va-lutazione 7,5; prezzo fino a 35 €; carteaccettate CartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: tartare di filetto divitello con insalatina al limone; spumadi piselli e menta con spiedino di gam-beri; tagliatelle al ragù di faraona conasparagi selvatici e olive taggiasche;medaglione di vitello in crosta di sca-logni con patate arrosto; semifreddo allimone con fragole e meringa bruciata.

I vini in tavola: Prosecco (Vald’oca); Chardonnay (terlaner); Mo-rellino di scansano (germile).

Commenti: Piacevole ristorantino dinuova apertura nel centro storico. ini-zia l’avventura del giovane chef san-dro Baldini, allievo di importanti mae-stri della cucina internazionale e conun importante curriculum alle spalle.attenzione al territorio e alla tradizio-

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ne è il suo credo, lo testimonia la lava-gna del menu, ma cerca anche di sor-prendere con variazioni creative. eccoche accanto ad una ben fatta tartare apunta di coltello, appare una spumadelicata di piselli e menta, forse i piattipiù apprezzati; peccato la qualità dellombo di vitello: carne troppo dura, adinficiare il risultato di un piatto benpresentato e dal gusto particolare. Va-lutazione positiva degli accademici.

TERNI12 aprile 2014

Ristorante “Convento” di Carolina Ric-cio. �Via Roma 72, Otricoli (Terni);�0744/709021, fax 0744/709317;inf o@albergoumbr iaotr icol i . i t ,www.albergoumbriaotricoli.it; coperti130+100 (all’aperto). �Parcheggioprivato del ristorante, comodo; feriegennaio; giorno di chiusura martedì.�Valutazione 7,5; prezzo fino a 35 €.

Le vivande servite: frittini di verdu-re, focaccia e olive all’arancia; pro-sciutto, lonza, corallina, salsicciasecca, ciambella salata, pecorinobianco e speziato, frittata agli aspa-ragi, crostino ai carciofi, coratella;tagliolini con asparagi di campo eguanciale; agnello al forno con pata-te arrosto e insalatina; pastiera na-poletana; tozzetti; fragole al limone.

I vini in tavola: Prosecco doc (Villasandi treviso); Campogrande or-vieto Classico doc 2012 (santa Cri-stina antinori); rossoiolo 2010 igp(Cantina santo iolo di narni); Mo-scato Cuvée dolce (Conti d’elsa, Co-negliano).

Commenti: la riunione convivialeispirata alla primavera è stata prepa-rata con la consueta cura da Chiara eVincenzo Cerioni che, nell’occasione,ha festeggiato i venticinque anni diappartenenza all’accademia, e dagiorgia e Vincenzo Clericò. la pre-

senza di numerosi bambini, figli de-gli accademici, in un tavolo centraleloro riservato, ha allietato l’atmosfe-ra. aperitivo di benvenuto servito sulgrande terrazzo che domina la vallatasottostante. l’entrée a tavola ha rap-presentato “la colazione del giorno diPasqua”, quella che in tutta l’umbriaviene consumata al mattino allo scio-gliere delle campane. seguono la tra-dizione i buoni tagliolini con asparagidi campo e guanciale; ottimo il giova-ne agnello arrosto, morbido e sapido.in buon abbinamento il rossoiolo. siè fatta apprezzare, per gentilezza eprofessionalità, la giovane proprieta-ria Carolina riccio, che ha guidato ilpersonale di sala e consigliato ai sim-posiarchi una conclusione non um-bra: la pastiera napoletana.

CIVITAVECCHIA25 aprile 2014

Ristorante “Piccadilly-Hotel San Gior-gio” di Marco Palomba. �Viale Gari-baldi 34, Civitavecchia (Roma);�0766/5991, fax 0766/599230; co-perti 40. �Parcheggio incustodito, sco-modo; ferie mai; giorno di chiusura mai.�Valutazione 7,8; prezzo fino a 35 €.

Le vivande servite: julienne di sep-pioline con gherigli di noci e pomo-dori pachino; tagliatelle al cartocciocon frutti di mare; fritturina del ma-rinaio; insalatina verde; semifreddoal croccantino in salsa d’arancia egran Marnier.

I vini in tavola: falanghina Bene-ventana igp (Casa Vinicola del san-nio srl- Contrada san rocco).

Commenti: la riunione conviviale èstata organizzata dalla simposiarcagabriella di Chiara. il menu ha pie-namente soddisfatto i partecipantialla cena: ottime le tagliatelle al car-toccio con frutti di mare, sia per lapreparazione sia per la presentazio-ne in un cartoccio trasparente attra-verso il quale si potevano già apprez-zare gli ingredienti. semplice ma fra-grante la fritturina di pesce, alla qua-le ben si abbinava la falanghina Be-neventana; ottimo il semifreddo alcroccantino in salsa d’arancia prepa-rato dallo chef. Molto gradevolel’ambiente e molto professionale ilservizio.

LATINA13 aprile 2014

Ristorante “Santuccio” di Sisto e Gianni-no Perciballe. �Via SS Sebastiano e Roc-co 95, Sezze (Latina); �0773/888573,fax 0773/885952; [email protected]; coperti 300. �Parcheggio incusto-dito; ferie mai. �Prezzo € 40;

Le vivande servite: ricottine e moz-zarelline di bufala, prosciutto locale,insalata di carciofi, carciofi alla mat-ticella, gratinati, fritti dorati, pastic-cio di carciofo, crostini ai funghi por-cini; raviolone con ricotta di bufala ecarciofi; agnello al forno su patate;salsicce alla griglia e insalata mista;fragole con gelato o panna; colombae ovetti.

I vini in tavola: Polluce Bellone igt;Castore nero Buono igt (entrambiCantina Cincinnato, Cori); Prosecco“Manzane” superiore Valdobbiadenedocg.

Commenti: la delegazione è torna-ta da “santuccio” a sezze, località ri-nomata per la sacra rappresentazio-ne del Venerdì santo nonché per lasagra del carciofo che in questi gior-ni ha celebrato la 45a edizione. ed èstato proprio il carciofo il re dellariunione conviviale, esaltato dallecapacità gastronomiche di mammalina, nelle più svariate combinazio-ni. in particolare, soltanto l’antipastovaleva l’intero banchetto: basti pen-sare all’apprezzato “pasticcio” nelquale il carciofo viene amalgamatocon patate, ricotta, uova, prosciutto,parmigiano e pan grattato. oltre allaqualità della cucina, altri punti diforza del ristorante, che aderisce al“Club del gusto” promosso dallaCompagnia dei lepini, sono anche

l’accoglienza e il servizio. interessan-te, infine, la relazione sulla “culturadella cucina” illustrata dal simpo-siarca accademico Macale.

RIETI18 maggio 2014

Ristorante “Roma” di Arnaldo Bucci�Via dei Bastioni 29, Amatrice (Rieti);�0746/825777, fax 0746/825779;[email protected], www.ho-telristoranteroma.it; coperti 300. �Par-cheggio scomodo; ferie mai; giorno dichiusura domenica sera. �Valutazione8; prezzo fino a 35 €; carte accettateCartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: frittura tradizio-nale; scelta di salumi e di formaggidel paesaggio dei due parchi nazio-nali; amatriciana bianca (gricia);amatriciana; abbacchio alla cacciato-ra alla moda del “roma”; zuppa in-glese all’antica; paniere di frutta fre-sca di stagione.

I vini in tavola: Viognier 2013 (Ca-sale del giglio); Pecorino Colle Vec-chio 2012 doc (tenuta Cocci grifo-ni); Petit Verdot 2012 (Casale del gi-glio); rosso Piceno le torri 2010doc (tenuta Cocci grifoni); Caber-net sauvignon 2010; Mater Matuta2009; aphrodisium 2012 vendem-mia tardiva (tutti Casale del giglio).

Commenti: riunione conviviale per-fetta, organizzata dal simposiarcaalessandro Caponi, della delegazionedi ascoli Piceno, che ha visto la parte-cipazione, oltre che delle delegazionidi rieti e ascoli Piceno, anche di sie-na Valdelsa, Macerata, roma nomen-tana e losanna-Vennes. la riunioneconviviale, dal titolo suggestivo “Qua-le vino per quale amatriciana”, haconfermato la fama di “mago deglispaghetti all’amatriciana”, corretta-mente attribuita al ristorante. sublimii fritti (fiori di zucca in pastella, oliveall’ascolana e crema fritta) serviti inpiedi. ottimi i salumi e formaggi deiparchi nazionali dei Monti della lagae del gran sasso. inappuntabili la gri-cia e l’amatriciana, preparate secondoi canoni tradizionali. Buoni l’abbac-chio alla cacciatora e la zuppa ingle-se, preparata sostituendo la classicacrema con la chantilly.

VITERBO16 aprile 2014

Ristorante “La Chiesuola” di Paolucci-Leporatti. �Strada Chiesuola 16, Ba-gnaia (Viterbo); �0761/289524, fax0761/275084; [email protected],

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www.lachiesuola.it; coperti 70+200(all’aperto). �Parcheggio privato delristorante; ferie mai; giorno di chiusu-ra mai. �Valutazione 7,3; prezzo finoa 35 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: sformatini consalmone, ricotta e spinaci e con gor-gonzola e noci; zuppa cicoria e fagio-li; cotolette di agnello con carciofifritti; verdura ripassata e insalata ca-pricciosa; torta della nonna; sgon-fiottini alle arance.

I vini in tavola: orvieto Classicodoc (Bigi); est est est doc (Bigi);Cabernet franc Venezia giulia igt(toblar); Cannaiola di Martino iVdoc (Castelli).

Commenti: sulla sommità di unacollina, costeggiando inizialmente lameravigliosa Villa lante di Bagnaia,si raggiunge l’agriturismo dove ilsimposiarca della riunione convivia-le di primavera, il segretario-teso-riere giorgio foschi, ha organizzatola serata. in un ambiente raffinato edi classe anche nell’apparecchiaturadella tavola, si è svolta la cena conuna scelta equilibrata e di elevatafattura, con una particolare rilevan-za delle cotolette di agnello con car-ciofi fritti, compresi gli squisiti dolci,il tutto accompagnato da buoni viniin generale dei vigneti locali del Vi-terbese. a chiusura della bella sera-ta, l’applaudito ingresso tra i com-mensali della cuoca-proprietariaeleonora Paolucci.

TERAMO24 aprile 2014

Ristorante “Per Voglia” di Elenia Can-tarini. �Via XXIV Maggio 13, Castel-basso (Teramo); �0861/508035;[email protected]; coperti 50.�Parcheggio incustodito; ferie novem-bre; giorno di chiusura lunedì. �Valu-tazione 8,5; prezzo € 30.

Le vivande servite: insalata di bac-calà, pastellato di baccalà; ceci conbaccalà; gnocchi con fiori di zucca,zucchine e baccalà; spaghettoni Ver-rigni al sugo rosso di baccalà; tortino

di baccalà e verdure; baccalà e pata-te; tradizionale pizza dolce.

I vini in tavola: Pecorino 2013; ro-sato 2013; nerubò 2011 (tutti azien-da Jasci & Marchesani).

Commenti: il tema della riunioneconviviale, simposiarca uno dei deca-ni della delegazione, gabriele di teo-doro, ha avuto come protagonista il“pesce veloce del Baltico, …il bacca-là”. il saluto del delegato ha dato il viaalla serata, con la presentazione deltema e del simposiarca. un’insalata dibaccalà ha aperto la serie di portate,magistralmente orchestrate dalla si-gnora elenia, passando per un caldopastellato croccante e una zuppa diceci e baccalà. ottimi gli gnocchi confiori di zucca, zucchine e baccalà inbianco. a seguire un delizioso tortino,sempre a base di baccalà e verdure,per terminare con il più classico deipiatti teramani: baccalà e patate rigo-rosamente in rosso! la classica pizzadolce, versione Castelbasso, ha con-cluso la serata. una menzione partico-lare meritano gli ottimi i vini biologici.

SALERNO16 aprile 2014

Ristorante “Pappacarbone” di FuturaRestaurant s.a.s., in cucina Rocco Ian-none. �Via R. Senatore 30, Cava dei Tir-reni (Salerno); �089/466441, anchefax, cell. 328/4964436; [email protected], www.ristoran-tepappacarbone.it; coperti 50. �Par-cheggio zona pedonale; ferie variabili(agosto). �Valutazione 7,9; prezzo da46 a 65 €; carte accettate CartaSì/Vi-sa/MasterCard/American Express.

Le vivande servite: pane e alici di Pi-sciotta e calzoncello con ricotta e pe-pe; stufato di totani di Praiano con pu-rea di patate e carciofi; strascinati confavette, rosmarino e caciocavallo; ra-violi farciti di broccoli friarielli convongole e limone; merluzzo gratinatocon cocotte di zucchini e cipollotto;dolce alle nocciole di tenuta nannina.

I vini in tavola: rosso di Baal 2011(azienda agricola Casa di Baal).

Commenti: “Cibo, rito, convivio,amore” è stato il tema trattato dalprofessor Corsale, docente pressol’università di napoli. interessante epiacevole l’argomento, che ha desta-to viva attenzione. il menu, messo apunto da rocco iannone, è risultatoottimo ed è stato curato nei minimiparticolari. alcuni piatti hanno sicu-ramente rivelato la buona tecnica ela professionalità del cuoco. è statauna cena molto equilibrata e apprez-zata perché ha rispettato la tradizio-ne culinaria campana, ricercandomaterie prime esclusivamente diqualità e di stagione. Buono l’abbi-namento del vino alle pietanze. Piùche soddisfacente il rapporto quali-tà-prezzo. alla fine della serata, ildelegato ha consegnato a rocco e asua moglie gaetana, valida maestradi sala, il piatto d’argento dell’acca-demia.

FOGGIA9 maggio 2014

Ristorante “Da Mimmo” di DomenicaDi Latte, in cucina Marisa. � Via Mol-fetta 30/b, Foggia; �0881/685601;coperti 35. �Parcheggio incustodito;ferie 14-30 agosto; giorno di chiusuralunedì. �Valutazione 8; prezzo € 27.

Le vivande servite: salumi e for-maggi vari; antipasti di verdure e or-

taggi; pancotto al forno; torta difrutta fresca; torta al vino e al cioc-colato.

I vini in tavola: orfeo negramaroigp (Cantina Paolo leo, sandònaci).

Commenti: l’idea, proposta dallasimposiarca Vice delegata Carmend’intino, di sperimentare una nuovaformula, alternativa alla ristorazio-ne tradizionale, ma attualmentesempre più in voga, è riuscita consuccesso. gli accademici si sono ri-trovati, per una cena informale, inun piccolo ristorante annesso a unadelle più note gastronomie-enotechedella città. Qui, dopo le bruschettinedi benvenuto, gli accademici hannopotuto gustare ottimi salumi e for-maggi, serviti, a esaltarne piena-mente il sapore, appena affettati. èseguita una ricca varietà di antipastidi verdure e ortaggi, apprezzata siaper le generose porzioni sia per lagenuinità delle materie prime. ori-ginale il pancotto al forno con “fo-glie miste”. ottimo il dessert che haconcluso la piacevole serata. la con-segna della vetrofania al patronMimmo e alla moglie Marisa ha sot-tolineato l’unanime consenso.

FOGGIA-LUCERA10 maggio 2014

Ristorante “Conca d’oro” di Pietro Ma-strolitto. � SS16 km 583, Foggia;�0881/638160; coperti 80. �Par-cheggio custodito; ferie mai; giorno dichiusura domenica sera. �Valutazione8; prezzo € 35.

Le vivande servite: antipasto dellacasa con fritturine e non solo; risottoagli agrumi; lonza di maiale con pa-tatine al forno; dolce della nonna;composta di frutta fresca.

PUGLIA

CAMPANIA

ABRUZZO

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I vini in tavola: nero di troia “il tu-cano” 2012.

Commenti: una riuscitissima riunio-ne conviviale preceduta da una garaolfattiva fra gli accademici. Primadella gara, Mario de simone, dele-gato di avellino e Coordinatore dellaCampania, ha presentato in power-point i meccanismi neurofisiologicidell’olfatto e del gusto in genere. èseguita la gara, durante la quale iconcorrenti hanno annotato su diuna scheda quattro aromi serviti insuccessione attraverso quattro bic-chierini da annusare. la riunioneconviviale è stata caratterizzata daun’eccellente realizzazione del menuche ha meritato un’ottima valutazio-ne, con il simultaneo esame delleschede e con la composizione dellagraduatoria. la serata si è conclusa,fra la soddisfazione generale, con lapremiazione dei primi tre classificati.

POLLINO-POLICASTRO1° maggio 2015

Ristorante “Zi Marianna” di MariaDe Luca, in cucina Ines Cafaro. �ViaMuraglione 9, Pertosa (Salerno);�0975/397044, anche fax, cell.334/9871350; [email protected], www.hotelzimarianna.com;coperti 150+80 (all’aperto). �Parcheg-gio privato del ristorante; ferie mai;giorno di chiusura lunedì. �Valutazione7,85; prezzo fino a 35 €; carte accettateAmerican Express/CartaSì/Visa/Ma-sterCard.

Le vivande servite: carciofo ripieno ecicoriella selvatica; insalata di carciofibianchi crudi; bruschetta con patè dicarciofi; caciocavallo podolico; peco-rino degli alburni; zuppa primaveracon crostini; cortecce ai carciofi; ra-violi di ricotta al ragù; spezzatino divitello con carciofi e patate; insalatamista; fragole al naturale; crostata difrutta; pastiera cilentana.

I vini in tavola: Viola, aglianico delVulture igt; rosso di Costanza, aglia-nico del Vulture, igt riserva 2008(entrambi della Cantina tenuta leQuerce, Barile).

Commenti: Carciofo bianco di Perto-sa igp in cattedra. dopo la visita allegrotte dell’angelo, gli accademicihanno degustato un menu a base dicarciofo bianco di produzione del ri-storante. eccellente l’insalata di car-ciofi crudi, buona la zuppa primaveracon carciofi, fave e patate, così comele cortecce, pasta fatta in casa a mododi strascinati lisci, condita con carciofisaltati in padella. nel complesso unabuona riunione conviviale. Peccatoche il servizio non sia stato soddisfa-cente, forse a causa della concomitan-za della giornata festiva con il primogiorno di caldo, che ha reso il risto-rante stracolmo di clienti e la velocitàdi uscita delle pietanze ne ha risenti-to. Buono il vino, discrete le crostate.

VULTURE 25 aprile 2014

Ristorante “Tipicamente” di AntonioPuppio. �Via Umberto I 40, San Fele(Potenza); �0926/94004; [email protected], www.risto-rantetipicamente.it; coperti 35+25(all’aperto). �Parcheggio sufficiente,incustodito; ferie variabili; giorno dichiusura lunedì. �Valutazione 8; prez-zo € 35; carte accettate tutte.

Le vivande servite: carne di podoli-ca preparata in quattro maniere di-verse; tortino di patate e baccalà;mussillo su crema di fagioli; risottocon mela annurca e mascarpone; ra-violone con ripieno di provola e me-lanzana su salsa di piselli e pomodo-ro; maialetto nero di Basilicata inbassa temperatura su schiacciata dipatate e verdure; raviolo di ananasalla vaniglia e coulis di fragole.

I vini in tavola: Prosecco Millesimato“Villa dei Bruni”; Barolo docg “Can-nubi 2009” (giacomo Brezza e figli);Moscato dolce (Consorzio Viticoltoriassociati del Vulture di Barile).

Commenti: il bravo antonio Puppioha confermato la sua passione per lacucina e il suo estro culinario che lo

portano ad elaborare sempre in mo-do nuovo, da lui impropriamentechiamato “declinazione”, le pietanzedella tradizione. Molto apprezzate le quattro “declina-zioni” della carne di podolica chehanno aperto il pranzo. ottimo il ra-violone ripieno di provola e melanza-na. Molto gradito e apprezzato il ma-ialetto nero in bassa temperatura, ve-ramente eccezionale. il servizio, co-me sempre, è stato sollecito.

COSENZA16 aprile 2014

Ristorante “La Locanda dei Cocomeri”di Francesco Garrafa. �Località Coret-to, Montalto Uf fugo (Cosenza);�0984/937839; coperti 130. �Par-cheggio privato; ferie non stabilite;giorno di chiusura mai. �Valutazione9; prezzo € 35.

Le vivande servite: affettati di salu-mi misti; bruschette al ragù di cipol-la di tropea; torta rustica con ripie-no di frittata pasqualina; fave dasgusciare e cipolline fresche; pane difattura propria appena sfornato; la-sagnette ai carciofi; zuppetta di cico-ria con crostini e anelli di cipolla frit-ti; capretto al forno; insalatina diarance e finocchi; fragole al natura-le; formaggi (ricottine e pecorinoprodotti in azienda) con assaggi dimarmellate varie; pastiera.

I vini in tavola: Masseria falvo1727, graneta rosso igt; PercocaBianco terre di Cosenza igt; MoscatoPassito Milirosu igt.

Commenti: un menu, che ha avutocome filo conduttore gli ortaggi e leerbe di stagione, nonché le tradizio-ni del periodo pasquale, ha deliziatogli accademici, che hanno molto gra-dito anche l’attenzione posta sui det-tagli, come il pane fatto in casa e ser-vito caldo, che ha esaltato il saporedei salumi (da maiali allevati in pro-prio), delle carni e dei formaggi. leportate servite a tavola hanno costi-tuito un percorso, interpretato almassimo livello, nelle tradizioni del-la stagione e della festa: le lasagnetteai carciofi condite con una bescia-mella leggera che non prevaricava ilgusto dell’ortaggio; la zuppetta di ci-coria piacevolmente amarognola incui la cipolla, con la sua nota dolce,bilanciava sapientemente i sapori; ilcapretto tenero all’interno e ben ro-solato all’esterno; la pastiera colormiele, morbida e profumata. Moltoindovinata la scelta dei vini che, a se-conda delle portate, hanno molto be-ne accompagnato il pasto.

CALTANISSETTA15 aprile 2014

Ristorante “A casa mia” di Massimilia-no Petix, in cucina Massimiliano Petix.�Via delle medaglie d’oro 1, Caltanis-setta; �327/0191166; coperti60+10 (all’aperto). �Ferie agosto;giorno di chiusura lunedì. �Valutazio-ne 8; prezzo da 36 a 45 € ; carte accet-tate tutte.

Le vivande servite: caponata conmiele e mandorle; polpettine di me-lanzana; frascatola; pasta con maccoe finocchietto; polpettine di agnello inagrodolce; broccoletti e finocchi gra-tinati; frolla di ricotta e cioccolato.

I vini in tavola: Cabernet sauvignonigt (tenute di stefano).

Commenti: la delegazione, a di-stanza di un anno, visita questo ri-storante nei nuovi locali, apprezzan-do le capacità di Massimiliano Petixche per l’occasione abbandona la cu-cina creativa per cimentarsi in unmenu di spiccata tradizione nissena,proposto in base alla relazione della

BASILICATA

CALABRIA

SICILIA

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professoressa Marina Castiglione do-cente di linguistica italiana. ottimainterpretazione della frascatola (an-tica pietanza di origine poverissima,in pratica una polenta di grano servi-ta con sparacelli e pancetta). il temadella relazione sui cibi e i rituali del-la tradizione alimentare in sicilia:“Pratiche alimentari e cibi della tra-dizione attraverso la lingua”, ha in-curiosito gli accademici con tante in-formazioni sulla ricerca linguisticalegata alle preparazioni tradizionalisiciliane.

MARSALA27 aprile 2014

Ristorante “Agriturismo Carbona” di Ro-saria Di Benedetto. �Contrada SeggioStrasatto s.n., Castelvetrano (Trapani);�0924/906919, cell. 334/6206032;[email protected], www.agri-turismocarbona.it; coperti 100+100 (al-l’aperto). �Parcheggio privato; giorno dichiusura martedì e a pranzo, tranne ladomenica. �Valutazione 8; prezzo € 25.

Le vivande servite: bruschette, oliveschiacciate condite, carciofi arrosto,fritteddra, frittatine con erbette, trip-pa all’olivetana, salumi caserecci del-la zona, lingua salmistrata all’agro,formaggi del Belice, ricotta infornatacon pistacchi e ricotta infornata colmiele; lasagne in vellutata di carciofie salsiccia; stinco di maiale a fornocon patate; dadolata di frutta allacrema; semifreddo di pistacchio concolata nera di cioccolato.

I vini in tavola: syrah “Molino a ven-to” (Cantine orestiadi, gibellina).

Commenti: gli accademici hannodeciso di incontrarsi a Castelvetranoper una colazione conviviale pressoquesto agriturismo dove già nel 2012erano stati e ne avevano tanto appro-vato la cucina. nella prima mattinatahanno fatto una tappa culturale pres-so la chiesa di san domenico, dovel’ingegner Venezia ha guidato concompetenza la comitiva illustrando,dopo il recente restauro, i capolavoridell’interno risalenti alla scuola delManierismo siciliano di antonio fer-raro, tra rinascimento e Barocco. aseguire gli accademici si sono sposta-ti per la riunione conviviale che è sta-ta curata con oculatezza e semplicitàdal simposiarca silvio Piazza. l’alle-

gria collettiva e i consensi unanimiper la genuinità della materia primae la maestria legata alla tradizione si-ciliana casalinga, nonché il servizioattento, coniugato con l’affabilità deiproprietari, hanno generato gradi-mento e notevole consenso.

PALERMO14 aprile 2014

Ristorante “Gagini”, di Franco Virga eStefania Milano, in cucina Gianni Letti-ca. �Via Cassari 35, Palermo;�091/589918, cell. 388/1153519;[email protected], www.ga-ginirestaurant.com; coperti 55 +25 (al-l’aperto). �Ferie mai; giorno di chiusuramai. �Valutazione 6,8; prezzo da 36 a45 €; carte accettate CartaSì/Visa/Ma-sterCard/Diners.

Le vivande servite: fantasie di pa-ne; flan di carote su spinaci croccan-ti; paccheri di gragnano con salsic-cia dei nebrodi e crema di sparacelli;agnello dello chef con le sue coltri diverdurine; cassata di Pasqua.

I vini in tavola: Benedè Catarratto;donnatà nero d’avola (entrambialessandro di Camporeale).

Commenti: la riunione convivialeper gli auguri pasquali si è svoltapresso il noto e apprezzato ristoran-te, sito in pieno centro storico. la bri-gata di cucina ha elaborato il menupasquale utilizzando materie primefresche e in linea con la stagione, pre-diligendo le produzioni locali. l’esitodella riunione conviviale è stato giu-dicato dagli accademici, nel comples-so, se non entusiasmante come ci siaspettava, comunque dignitoso. ilservizio è stato accettabile ma nonpremuroso anche a causa della nu-merosa presenza di altri clienti, cheha notevolmente ritardato l’uscita deipiatti dalla cucina. i cibi sono statigeneralmente graditi, pur non susci-tando grandi emozioni: i paccheri so-no risultati poco legati nel sempliceintingolo delle verdure; le piccoleporzioni dell’agnello non hanno per-messo di gustarne appieno la prepa-razione; l’insolita cassata di Pasqua,preparata secondo una ricetta rivisi-tata rispetto alla tradizionale cassatasiciliana, ha deluso le aspettative.

SIRACUSA7 maggio 2014

Ristorante “Azienda agricola biologicaLimoneto” di Adelina Norcia. �Via delPlatano 3, Siracusa; �0931/717352,fax 0931/717728; [email protected],

www.agriturismolimoneto.it; coperti150. �Parcheggio incustodito, suffi-ciente; ferie 1°-30 novembre; giorno dichiusura mai. �Valutazione 7,35;prezzo € 25.

Le vivande servite: caponata, pomo-doro secco, salame, frittata, melanza-ne arrosto, olive condite e pomodoriripieni gratinati; panzotti di ricottacon ciliegino di Pachino e mandorla diavola; cavatelli al ragù di verdure; car-ne e salsiccia grigliata; patata di sira-cusa al forno; torta rustica di ricotta.

I vini in tavola: “lamùri” 2012 docsicilia (Cantina tasca, Conti d’alme-rita); “limoncello siciliano” (azien-da agricola limoneto, siracusa).

Commenti: un unico grande tavolodecorato con rami fioriti e i limoni delgiardino ha ricreato le atmosfere tipi-che delle cene siciliane al chiaro di lu-na, con il concerto di grilli e cicale. ildelegato angelo tamburini ha dato laparola al simposiarca giuseppe Ma-landrino che ha presentato il suo in-tervento culturale “Cruda, arrosto, op-pur lessata…benedetta la Patata!”. atavola, durante la cena, gli accademi-ci, in tanti, hanno rievocato pietanze emodi familiari di cucinare la patata si-racusana. i sapori della tradizione,ben confezionati dal maestro di cuci-na francesco Moscati, hanno corona-to la convivialità. un applauso sentitoe la consegna del guidoncino hannoconcluso l’incontro accademico.

CAGLIARI12 aprile 2014

Ristorante “Su passu” di Marco e Igna-zio. �Loc. San Gregorio, Sinnai (Caglia-ri); �070/758611, cell. 333/8623735.�Parcheggio incustodito; giorno dichiusura lunedì. �Valutazione 8,5;prezzo € 35.

Le vivande servite: misto di pro-sciutto; coppa; casu axedu; cordula;agnello con topinambur; tratalia concarciofi; lumache in umido; spiedinidi cinghiale; pecorino fresco su unpane carasau; trippa; culurgiones dipatate; galletti con salsa di cinghiale;

porcetto di Burcei arrosto; grigliatemiste di verdure; capretto in salsa dilimone; pinzimonio di verdure; “par-dulas” di Burcei; frutta mista locale,arance e mandarini.

I vini in tavola: Vini Cantine di Bur-cei.

Commenti: la delegazione si è riu-nita in un antico e ameno borgo vici-no Cagliari per visitare per la primavolta una vecchia “trattoria” suggeri-ta dalla simposiarca Mariangela de-rosas aste. il locale non ha deluso leaspettative. il giovane gestore e chef,animato da sano entusiasmo e moltoricettivo in termini di consigli, hapreparato un menu in linea con lastagione e con la tradizione culinariadel Campidano di Cagliari e delle fe-stività pasquali della sardegna. i pro-dotti, tutti genuini e legati al territo-rio, e la bravura negli accostamentidelle molteplici pietanze, il serviziocelere, hanno determinato un ap-plauso allo chef che ha dimostrato disaper proporre una cucina validausando i buoni prodotti del territorio.

CAGLIARI CASTELLO30 aprile 2014

Ristorante “Bottega del Mare”. �SS 195Località Maramura, Capoterra (Caglia-ri); �070/710794, anche fax, cell.347/ 8986891; [email protected];coperti 200+50 (all’aperto). �Parcheg-gio privato del ristorante, comodo. �Va-lutazione 8; prezzo da 36 a 45 €; carteaccettate tutte.

Le vivande servite: antipasti dellacasa, insalata di polpo, bottarga, coz-ze primavera; fregola in brodo conarselle e gamberi; risotto alla pesca-tora; astice; frittura di calamari; ver-dura fresca; frutta di stagione; ravio-lini dolci ripieni di ricotta al miele.

I vini in tavola: Merì Vermentinodoc (Cantina argiolas); nuragus;Moscato donna Jolanda (entrambiCantina Meloni).

Commenti: locale tradizionale dellacucina del pesce cagliaritano, ubica-to sul mare e raggiungibile in pochis-simo tempo dal centro cittadino, do-tato di ampio e confortevole par-cheggio. la serata è stata particolar-mente piacevole: la signora Cinzia,titolare del locale, ha offerto un’otti-ma cucina ove ha saputo coniugaresapientemente piatti, anche sempli-ci, della cucina cagliaritana con altripiù raffinati e gustosi. gli accademicihanno particolarmente apprezzato,tra gli antipasti, il polpo lesso e le

SARDEGNA

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cozze primavera. Molto gustosi i pri-mi, in particolare la fregola fatta amano, e ottimi i secondi. ad accom-pagnare il pranzo, particolarmentegraditi sono stati i vini, sapientemen-te abbinati. una riunione convivialesimpatica, all’insegna della buonacucina tradizionale di mare.

NUORO8 maggio 2014

Ristorante “Il Portico” di ristorante pe-pe nero s.n.c. �Via Monsignor Bua 13,Nuoro; �0784/217641; coperti 60.�Parcheggio scomodo; ferie dal 16 al31 luglio; giorno di chiusura mercole-dì. �Valutazione 8,5; prezzo € 40.

Le vivande servite: ostriche; gambe-ri rossi; anguilla croccante; seppiettafarcita; gambero rosso al lardo; cata-lana di rana pescatrice; agnolotti far-citi di baccalà con julienne di calama-ri al vino rosso; lombata di agnelloneal profumo di menta e limone conschiacciata di patate all’extravergine;cannolo farcito alla ricotta e zested’agrumi e mandorle con sorbetto al-la fragola profumato al pepe nero.

I vini in tavola: filighe Vermentinodoc (azienda vinicola Cherchi, usi-ni); sciala Vermentino di gallura docsuperiore (società agricola surrau ditino demuru, arzachena); Capiche-ra Classico Vermentino igt (aziendavitivinicola ragnedda, arzachena);luzzana Cannonau/Cagnulari igt(azienda vinicola Cherchi, usini);terre Brune Carignano del sulcis doc(Cantina di santadi); angialis igt(Cantina argiolas, serdiana).

Commenti: incastonato nel cuoredella vecchia nuoro, in un locale dipiacevole architettura, il ristorante èsempre attrezzato per ogni occasioneconviviale. l’accademia ne ha esalta-to la qualità attribuendogli il ricono-scimento di “Cucina eccellente”. an-che in occasione della consegna deldiploma, il ristorante, impegnato inun menu di ottima arte culinaria, inun connubio fra tradizione e moder-nità, è stato pressoché perfetto, conpiatti di sicuro coinvolgimento gu-stativo che hanno esaltato genuinitàe freschezza delle materie prime e laloro puntuale fusione di sapori e aro-mi. Meritano una citazione, per ri-manere in tema di eccellenza, gli an-tipasti, con la raffinata scelta di pro-dotti del mare, gli agnolotti farciti dibaccalà e la lombata di agnellone dalgusto accattivante. eccellenti i vini eil delizioso dessert. servizio cortesee scrupoloso, ambiente favorevoleper una gioiosa convivialità.

SASSARI24 aprile 2014

Ristorante “Il Cavalluccio”. � LocalitàPunta Tramontana, Castelsardo (Sas-sari); � 0794/74510, anche fax; co-perti 80/90. �Parcheggio libero e am-pio; giorno di chiusura martedì (in in-verno). �Valutazione 7; prezzo € 40.

Le vivande servite: cubo di salmoneconfit con crema di avocado al dra-goncello; cialda di polenta con bacca-là, mantecato alla liquirizia; quicheindividuale di dentice e zucchine conpurea di piselli dolci; risotto Carnaro-li al profumo di porcini e casizzolucon anguilla e champignon; ravioli dicernia vellutata di capesante e pomo-dorini alla brace; scaloppa di ombri-na con crema di bouillabaisse e zaffe-rano; crostatina calda di pere con pa-sta di nocciole e sorbetto di pera.

I vini in tavola: Brillante bianco, Brutspumante; Vermentino doc indolentebianco (Cantina tenute asinara).

Commenti: la delegazione ha visi-tato per la prima volta questo localedall’ambiente accogliente e gradevo-le. Con la guida dello staff del risto-rante si è potuto gustare un partico-larissimo menu, innovativo e di rivi-sitazione della tradizionale cucinasarda: protagonista assoluto il fre-schissimo pesce pescato nelle acquedel golfo dell’asinara. si è evidenzia-ta, lungo il corso della riunione con-viviale, la particolare perizia dellochef nell’arte di abbinare, con sa-piente professionalità, sapori e pro-fumi degli ingredienti utilizzati. ac-coglienza familiare dei titolari. ser-vizio inappuntabile.

FRANCIA

PARIGI24 aprile 2014

Ristorante “I Golosi” di Marco Tonaz-zo. �6 rue de la Grange Batelière, Pa-rigi; �0033/0148241863; coperti40. �Parcheggio incustodito, scomo-do; giorno di chiusura domenica. �Va-lutazione 7,32; prezzo € 60.

Le vivande servite: foglie di salviafritte; sgombro marinato con aceto dibirra; risotto con salsiccia alla ridu-zione di birra; ragù di manzo alla bir-ra; biancomangiare al miele di mon-tagna d’asiago. Birra 32 “tre + due”;Birra 32 “oppale”; Birra 32 “audace”;Birra 32 “admiral”; Birra 32 “Curmi”.

Commenti: la valorizzazione dellebirre artigianali italiane è stato il filoconduttore della riunione convivialeorganizzata dal simposiarca dome-nico Biscardi. Vari tipi di birra hannonon solo accompagnato ognuno deipiatti, ma sono, altresì, entrati nellaloro composizione. Marco tonazzo,proprietario, e Massimo Besim, chef,hanno dato prova di creatività felice-mente realizzata nelle profumate fo-glie di salvia fritte e nel risotto consalsiccia alla riduzione di birra. Me-no riusciti il ragù e lo sgombro mari-nato, piatti troppo familiari e pococurati nella presentazione. Molto vi-vaci gli scambi tra gli accademici eparticolarmente apprezzato l’inter-vento di Mauro Bochicchio, creatoredel Consortium Paris, che ha sensibi-lizzato sulla necessità di una sana di-sciplina alimentare, orientata suiprodotti stagionali e di sicura prove-nienza. da sottolineare, inoltre, co-me la rappresentante del Birrificio32 abbia illustrato brillantemente leparticolarità di produzione e di gu-sto di ognuna delle birre.

GERMANIA

MONACO DI BAVIERA9 maggio 2014

Ristorante “Cleopatra” di ArchimedeCalì, Gioacchino Castronovo e GiovanniFrisina. �Landsbergerstrasse 317, Mo-naco di Baviera; �0049/89564610;[email protected];coperti 90. �Parcheggio incustodito,sufficiente; ferie mai; giorno di chiusuralunedì. �Valutazione 8,04; prezzo 60 €.

Le vivande servite: aperitivo constuzzichini; antipasto tipico sicilia-no; zuppa di pesce con crostone dipane; pesce spada in crosta di olivecon pomodorini datterino; cassatasiciliana; cannolo aperto; insalata diarance tarocco.

I vini in tavola: spumante brut(Cantina scammacca del Murgo,santa Venerina); inzolia sallier dela tour; regaleali nero d’avola; dia-mante d’almerita (tutti azienda Con-te, tasca d’almerita).

Commenti: accoglienza simpatica,servizio professionale e accurato,

sotto la regia del neo gestore archi-mede Calì, hanno contribuito all’otti-ma riuscita della “serata siciliana”.simposiarchi il delegato Bernardozanghi e il segretario ferdinandodalla Villa che si sono divisi i compi-ti: il primo organizzando la riunioneconviviale, il secondo proponendoun’interessante relazione sull’in-fluenza, nella cucina siciliana, dellevarie popolazioni straniere che han-no dominato la regione. il menu, cheè cominciato con un magnifico caro-sello di stuzzichini, è stato moltogradito; particolare successo hannoavuto le patate “sfoglia” con alici efritte e gli arancini. Quasi tutti i piat-ti, ben abbinati ai vini, hanno incon-trato il favore degli accademici e de-gli ospiti; difformità di giudizio sullapreparazione del pesce spada che i“puristi” avrebbero preferito griglia-to e condito con olio e limone. ap-plausi alla brigata di cucina, con icuochi gioacchino Castronovo e gio-vanni frisina e all’efficiente brigatadi sala.

PAESI BASSI

AMSTERDAM-LEIDEN10 maggio 2014

Ristorante “Pianeta Terra”. �Beulingstra-at 7, Amsterdam; �020/6261912;www.pianetaterra.nel; coperti 50. �Par-cheggio nelle vicinanze. �Valutazione 8;prezzo € 65.

Le vivande servite: tagliere di salu-mi tradizionali provenienti dal parcodel gran sasso (salame di fegato,ventricina, mortadella di Campoto-sto); tagliolino di grano saraceno contartufo bianchetto e parmigiano 36mesi; filetto di muggine al forno conlardo di mora romagnola e rosmari-no servito con agretti saltati e patati-ne novelle; assaggio di formaggio emiele di ape nera siciliana; budino dicioccolato amaro e mandorle confrutti di bosco e salsa al mascarpone.

I vini in tavola: Barbera d’asti “Monross” 2012 (forteto della luja); Ver-dicchio di Matelica 2013 (Collestefa-no); Capolemole lazio bianco 2012(Carpineti); recioto della Valpolicella2010; orcia rosso “selvarella” 2011(Podere sante Marie domini Veneti).

Commenti: il ristorante non solo haconfermato il giudizio positivo diuna precedente visita, ma l’ha rinfor-zato grazie ad una scelta sapientedel menu, delle materie prime e al-l’abbinamento con vini di ottimaqualità, provenienti da piccoli pro-duttori fautori della coltivazione bio-

EUROPA

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logica (parti-colare rilievo per il Verdicchio di Ma-telica, dalle note fresche, acidule efruttate). accostamenti arditi, comeil tartufo e la colatura di alici del pri-mo piatto, si sono rivelati azzeccati ehanno prodotto un piatto interessan-te, bilanciato e buono. delicato e sa-porito il pesce, superlativo il budinoal cioccolato abbinato al recioto. ilservizio è stato gentile ed efficiente. iproprietari, in cucina e in sala, han-no fornito un esempio di bravura, ef-ficienza, semplicità e soprattuttopassione per quello che fanno. a giu-dizio unanime, il “Pianeta terra” sicolloca nella ristretta rosa dei veri,buoni ristoranti italiani in questa zo-na d’olanda.

DEN HAAG-SCHEVENINGEN12 aprile 2014

Ristorante “O’ Pazzo” di Dephne Stephen-son, in cucina Jeroen Smits. �Marinier-sweg 90, Rotterdam; �010/2827107;[email protected], www.opaz-zo.nl; coperti 200+48 (all’aperto). �Par-cheggio comodo; ferie due settimane inestate; giorno di chiusura lunedì. �Valu-tazione 7,7; prezzo da 36 a 45 €; carteaccettate American Express/CartaSì/Vi-sa/MasterCard.

Le vivande servite: tonno marinatoin salsa verde su insalata di patategrigliate, ostrica cotta in camicia esalsa alla bottarga; tortino di vitelloe mousse di porcini leggermente af-fumicato; risotto all’anguilla affumi-cata con capesante e aceto balsami-co; raviolo aperto allo stinco diagnello, limone e coriandolo; ippo-glosso alla griglia con una crosta dizafferano, salsa di vongole e pancet-ta servito con asparagi verdi; filettodi faraona con fegato d’anatra, com-poste di mostarda e salsa alla salvia escalogno; tortino al limoncello congelato alla vainiglia e olio extravergi-ne d’oliva; mousse di cioccolata fon-dente; ravioli di cioccolata e gelato aicantuccini.

I vini in tavola: Chiaretto Bardolinorosé 2013 (Cavalchina); rosato ros-simi 2012; Malvasia 2012 (entrambironco del gelso); torre rosso 2012(torre d’orti); friulano toc Bas2012 (ronco del gelso); Collio bian-

co fosarin 2012 (ronco deltassi); la rosa 2009 (Caval-

china); trockenbeerenausleseCuvée 2007 (Wegleitner).

Commenti: locale giovane, che of-fre una zona dedicata a pizzeria conforno a legna e una dedicata esclusi-vamente a ristorante. l’attenzione aiparticolari nella decorazione rende illocale particolarmente piacevole. ilmenu ha confermato le attese. il cuo-co Jeroen smits ha proposto diversescelte per soddisfare i desideri deimolti commensali. i commenti sonostati molto buoni ponendo l’accentosulla capacità del cuoco di sposare ebilanciare, nei piatti, sapori differen-ti. Particolarmente apprezzati il tor-tino di vitello (con un passaggio daldelicato della carne cruda al sofficedell’affumicato per giungere al sala-to del prosciutto), il risotto all’an-guilla affumicata (capace di utilizza-re l’anguilla, un ingrediente abbon-dantemente presente in olanda) e ilfiletto di faraona cotto alla perfezio-ne. i vini, scelti dal sommelier MikeChen, hanno degnamente accompa-gnato le pietanze, anche se alcuniabbinamenti non erano perfetti. at-tento e disponibile il servizio.

UTRECHT12 aprile 2014

Ristorante “Ripassa” di Ruud Dekkerse Vincent van Amersfoort. �Emma-plein 10, Biethoven (Utrecht); �003130/2251030; coperti 28. �Parcheggiosufficiente. �Valutazione 7,6; prezzo€ 62,50.

Le vivande servite: arancini alla“Bruno”; merluzzo con prosciuttosan daniele, burro allo zafferano easparago olandese; rettangoloni al-l’aragosta, capesante, finocchio ma-rino, pomodorini e gamberi di fiu-me; filetto di vitello, melanzana, sal-sa di aglio nero e pancetta; diversepreparazioni di arancia sanguinello.

I vini in tavola: Prosecco (toso); Ver-mentino salento bianco 2013 (Vec-chia torre); Collefrisio Pecorino 2013(terre di Chieti); dulcis trebbiano,vino liquoroso 2008 (lungarotti).

Commenti: il simposiarca edwardgiesen ha riportato la delegazione inquesto locale dove, in cucina, si ritro-va lo stile dello chef siciliano Brunogiovanni che ha presentato un otti-mo menu. si inizia con un frescoProsecco e una creazione di arancinialla siciliana, seguiti da un antipastocomposto da un ottimo connubio dimerluzzo pescato ad alta profondità

con asparagi lessiolandesi e unafetta di prosciuttodi san daniele essiccataal forno. il piatto forte è sta-to indubbiamente il primo. ec-cezionale! il secondo era ottimoanche se le aspettative erano piùalte. il dessert riportava di nuovo atavola l’ispirazione siciliana facendouso di arance sanguinelle per crearediverse preparazioni di dolci e gelato.i vini sono stati ottimi e complimentiai proprietari ruud e Vincent. tra tuttimerita di essere nominato il PecorinoCollefrisio. la serata ha goduto del ri-tuale tocco culturale grazie al contri-buto della dottoressa Brigitte giesenche ha tenuto una conferenza sui “Ca-ravaggisti” di utrecht.

REGNO UNITO

LONDRA8 aprile 2014

Ristorante “Albufera” di Melià WhiteHouse Hotel. �Albany Street Regent’sPark, Londra; �0044 20/73913000;coperti 80. �Parcheggio incustodito;giorno di chiusura mai. �Valutazione8; prezzo 75 €; carte accettate tutte.

Le vivande servite: stuzzichini as-sortiti, sfogliatella riccia; pizza alcontrario; palla di mozzarella ripie-na di taglierini al basilico; torta dimozzarella con frutta rossa.

I vini in tavola: Prosecco doc brut2013 (tenuta Ca’ Bolani); albente fa-langhina 2012 (feudi di san grego-rio); aglianico igt 2011 (Villa raiano).

Commenti: rosanna Marziale, chefstellata del ristorante di famiglia “leColonne” di Caserta e “ambasciatorenel mondo” della mozzarella di bufa-la per il Consorzio di tutela dop, conun menu gourmand, imperniato pro-prio sulla mozzarella, ha fatto gusta-re al meglio, e sotto spoglie del tuttoinedite, uno degli alimenti più ap-prezzati al mondo e di cui l’italia puòandare giustamente fiera. a conclu-sione della serata, dato il palese im-pegno di rosanna nella promozionedei valori e delle materie prime dellacucina italiana nel mondo, oltrechéessere una delle pochissime donnechef stellate in italia, il delegatoMaurizio fazzari - insieme al simpo-siarca Mariano Bonetto e alla presen-za del Vice ambasciatore VincenzoCeleste - le ha presentato un ricono-scimento che la delegazione conferi-sce a chef di particolare distinzione.una cena della cultura che si è rive-lata un vero evento gastronomico

grazie alla par-tecipazione straor-

dinaria di rosannae al suo interessante in-

tervento.

REPUBBLICA DI SAN MARINO

SAN MARINO13 maggio 2014

Ristorante “Ama Mapu” di Letizia Ghiot-ti. �Via Benedetto di Giovanni 9, Serra-valle, San Marino; �0549/970924, an-che fax. �Parcheggio incustodito, suffi-ciente; giorno di chiusura domenica.�Valutazione 8; prezzo € 25.

Le vivande servite: crostini quattrocolori; insalata di valeriana con filet-to di mela e ananas; noci e sesamocon salsa di mango; conchiglie al ra-gù vegetariano; veg-burger di migliocon verdure; spinaci saltati e cipolli-ne gratinate; torta crudista all’aran-cia e cacao.

I vini in tavola: rosso lesignano(azienda agricola Valentini, san Ma-rino).

Commenti: il desiderio degli accade-mici della delegazione di sperimenta-re una delle “cucine vegetariane” chesi stanno affermando sul territorio è,finalmente, esaudito. alla presenzadel Presidente dell’ aPas professores-sa emanuela stolfi e della giornalistadell’informazione, quotidiano sanma-rinese, dottoressa Chiara Macina, ildelegato ha introdotto la conversa-zione in merito al tanto dibattuto ar-gomento che cerca di fare coniugarela tradizione della tavola “romagnolo-marchigiana” con la cucina esclusiva-mente a base vegetale. la professo-ressa stolfi e l’accademica elena Ma-lagola Cappi, Presidente onorario del-l’aPas, hanno saputo, con le loro dot-te relazioni, coinvolgere i commensalinella vivace discussione che ne è se-guita. anche grazie ai buoni piattiserviti, alla familiare e accoglientepredisposizione del tavolo, il tutto si èmanifestato assai convincente e utileper comprendere i vantaggi di unacucina che si sposa autorevolmentecon la tradizione locale.

SPAGNA

MADRID25 aprile 2014

Ristorante “Osteria La Norma” di Al-fredo Gelso. �C/Santa Engracia 26,Madrid; �0091/2501894; coperti60. �Parcheggio incustodito; ferie se-

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conda quindicina di agosto; giorno dichiusura domenica sera. �Valutazione7; prezzo € 35.

Le vivande servite: carciofi alla giu-dia con pecorino; rigatoni alla nor-ma; roastbeef alla siciliana con pata-te al forno; cassatella.

I vini in tavola: Prosecco di Valdob-biadene; nero d’avola doc 2011.

Commenti: la serata si preannun-ciava speciale sia per il numero dipartecipanti sia per la nutrita e cer-tamente gradita presenza di amba-sciatori in pieno incarico e non, com-preso il dottor Pietro sebastiani, am-basciatore d’italia in spagna, nomi-nato accademico onorario in ricono-scimento della fattiva partecipazionealla vita della delegazione, e il dot-tor Marck anthony, ambasciatore diMalta in terra iberica e grande cono-scitore del Belpaese. la serata è statagradevole e di buon livello sotto ilprofilo culinario. i piatti proposti, as-sieme al nome (non casuale, vistal’origine catanese del cuoco e titola-re) del locale, hanno offerto l’occa-sione al simposiarca Marco Bologni-ni per condividere l’interessante ecuriosa genesi “belliniana” della nor-ma intesa come primo piatto: la pa-sta alla norma, così chiamata pro-prio in onore dell’insigne artista sici-liano. la cena ha soddisfatto i com-mensali sia per la qualità dei piatti,sia per la gentilezza e disponibilitàdel personale. Buoni i vini.

SVIZZERA

RODANO8 maggio 2014

Ristorante “Semplice”, in cucina Simo-ne Gibiino. �18, rue Etienne-Dumont,Ginevra; � 022/3102637; coperti30. �Parcheggio zona pedonale. �Va-lutazione 8; prezzo da 46 a 65 €; carteaccettate tutte.

Le vivande servite: antipasti assor-titi: arancini, caponata, involtini dimelanzane; polpettine al sugo; risot-to stracchino, verdurine e crema albalsamico; costolette di agnello sar-do in crosta d’erbe; millefoglie diparmigiana; duo di mousse: noccioledel Piemonte, pistacchi di Bronte ecialdina croccante.

I vini in tavola: roero arneis 2013(recit); salice salentino 2007 (leo-ne de Castris).

Commenti: il simposiarca John Bur-ke ha proposto una riunione convivia-

le in un nuovo ristorante nella vecchiacittà, a pochi passi dalla Cattedrale.esso propone delle sale non troppograndi, con un arredamento moder-no, che non dispiace malgrado il pa-lazzo tradizionale e tipico dell’archi-tettura del XVii secolo della città. laserata è stata articolata da un menuche ha voluto proporre una passeggia-ta attraverso alcune regioni italiane,esaltandone prodotti tipici e ricettetradizionali. dopo un aperitivo guar-nito da grissini e focaccia fatti in casa,accompagnati da piccoli affettati mi-sti, lo chef simone gibiino, di originesiciliana, ha dato inizio al servizio atavola con antipasti della sua regione,proponendo gli involtini di melanza-ne, gli arancini di riso, una raffinatacaponata, per non dimenticare un as-saggio di polpettine profumate con er-be e spezie tipiche della sicilia.

SVIZZERA ITALIANA15 aprile 2014

Ristorante “Osteria Fagetti” di AlbertoZaccone e Laura Piazza, in cucina Alber-to Zaccone. �Via Cantonale, San Vitto-re, (Ticino); �0041/918272622, cell.0041/793344171; [email protected], www.osteriafagetti.ch; coper-ti 42. �Parcheggio comodo; ferie dall’8gennaio al 18 febbraio; giorno di chiu-sura domenica sera e lunedì. �Valuta-zione 6,5; prezzo da 46 a 65 €; carte ac-cettate American Express/CartaSì/Vi-sa/MasterCard/Diners.

Le vivande servite: paté casalingodello chef; capretto al forno con pa-tate; sorbetto alla mela.

I vini in tavola: Prosecco Valdo;Merlot rosso del ticino 2012 (agri-lor Meinrad Perler).

Commenti: la serata si è svolta inun’atmosfera particolarmente calo-rosa di convivialità, piuttosto costret-ti in una piccola ma piacevole osteriadi paese, arredata con gusto, dove ilservizio faticava a passare. il capret-to pasquale ha una lunga tradizionein ticino, dovuta alle montagne doveprosperano le capre della razza au-toctona, in particolare la nera di Ver-zasca. l’ottima carne, di produzionelocale, è disponibile solo in questastagione. lo chef alberto zaccone,piemontese di origine ma ampia-mente inserito in svizzera, ha pre-sentato un capretto al forno ben con-dito e molto apprezzato dai convita-ti. un ringraziamento al fotografoMauro zappa per la visita alla roton-da di s. lucio, edificio carolingio, ecomplimenti all’ospite, ingegner al-trocchi, per la presentazione tecnica.

UNGHERIA

BUDAPEST10 maggio 2014

Ristorante “Azur” di Lorenzo Mar-chese, in cucina Lorenzo Marchese.�Fo u. 45, Mosonmagyarovar(Gyor-H); �003696/566023, cell.0036/706767700; www.azurette-rem.com; coperti 57 +50 (all’aper-to). �Parcheggio comodo; ferie mai;giorno di chiusura mai. �Valutazio-ne 7,2; prezzo fino a 35 €; carte ac-cettate CartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: carpaccio di vitel-lo marinato con caponatina di melan-zane; strozzapreti al ragù d’oca e strac-chino di Carlo; costolette d’agnello incrosta di mandorle con salsa all’amarodon Corleone; contorno di asparagi altricolore; tiramisù al cioccolato biancocon salsa ai frutti di bosco.

I vini in tavola: egri bikavér 2009(gál tibor); nero d’avola 2011(Cantina Monteverdi).

Commenti: Con questa visita ad unristorante fuori Budapest, la delega-zione si è prefissa lo scopo di valuta-re anche qualche ristorante con chefe cucina italiana fuori città. il menuproposto è stato molto ben presenta-to e curato dallo chef anche se il per-sonale di servizio risentiva un po’dell’emozione dovuta alla visita delladelegazione, alquanto insolita. nelcomplesso il risultato è stato decisa-mente buono, con la soddisfazioneunanime degli accademici e degliospiti americani che ormai seguonola delegazione per approfondire i sa-pori della vera cucina italiana. ap-profittando di essere fuori città, gliaccademici hanno effettuato altre vi-site gastronomico-culturali.

ARGENTINA

BUENOS AIRES21 aprile 2014

Ristorante “Mauro.it” di Mauro Crivellin.�11 De Septiembre 2465 - Capital Fede-ral, Buenos Aires; �0054/1148964404;

coperti 20. �Parcheggio incustodito; feriemai; giorno di chiusura domenica. �Valu-tazione 7,5; prezzo € 35.

Le vivande servite: burrata puglie-se; mozzarella alla caprese; bru-schetta di funghi; bruschetta classi-ca; risotto al Malbec e gorgonzola;gnocchetti sardi e mascarpone; pen-ne alla Mamma mia; lasagna alla bo-lognese; panna cotta con frutti rossi;panettone italiano con gelato e fruttidi bosco; tiramisù.

I vini in tavola: Blend Malbec Visen-tin.

Commenti: Piccolo e caratteristicoristorantino. l’ingrediente principalesembra essere l’amore per la buonacucina e la volontà di preservare l’in-tegrità della tradizione italiana. Conl’enfasi che lo contraddistingue, l’an-fitrione Mauro Crivellin ha intratte-nuto gli accademici con un interes-sante discorso sulla pasta, cavallo dibattaglia del suo ristorante. Per l’ap-punto, da “Mauro.it” non si offronosecondi piatti. ospite lorena MuñozVivas, figlia dell’accademico JorgeMuñoz, della delegazione di Madrid,dando luogo a una piacevole possibi-lità di aprire le porte nel pieno spiri-to conviviale dell’accademia. il climaarmonioso e casareccio del luogo, in-sieme alla genuinità delle pietanze,ha fatto sì che ognuno si sentisse aproprio agio per trascorrere una pia-cevole serata.

AUSTRALIA

ADELAIDE16 aprile 2014

Ristorante “Andre’s cucina e PolentaBar” di André Ursini. �94 FromeStreet, Adelaide; �08/82240004,fax 08/82240009; [email protected], www.andrescucina.com.au;coperti 75 +16 (all’aperto). �Parcheg-gio incustodito; ferie 24 e 25 dicembre,dal 31 dicembre al 16 gennaio, venerdìSanto e Pasqua; giorno di chiusura lune-dì a pranzo e domenica. �Valutazione 8;prezzo € 60.

Le vivande servite: piatto misto disalumi italiani, formaggi, mozzarelladi bufala dop, olive, verdure griglia-te; carpaccio di trota con peperonicolorati, capperi e aceto balsamicobianco; carpaccio di filetto di manzocon noci e taralli sbriciolati, tartufonero, pecorino e balsamico invec-chiato; assaggi di cavatelli al basilicocon il sugo di granchio blu, zucchinie pomodori arrostiti; ravioli ripienicon melanzana affumicata al sugo di

NEL MONDO

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pomodoro cimelio, basilico e pecori-no; pesce del giorno dentice e cozzecon salsina estiva; tagliata di manzocon patate, parmigiano e balsamico;polenta con taleggio e funghi; insala-ta mista; bomboloni di banana ripie-ni con cioccolata e serviti con unespresso.

I vini in tavola: Merlot rosé 2011;shiraz 2011 (entrambi vigneriaamadio, Kersbrook nelle colline diadelaide); shiraz 2011 (vigneria Vir-gara, angle Vale nella pianura diadelaide); Vino rosso aglianico-fi-delis (Cantina del taburno, Bene-vento).

Commenti: la serata si è svolta pres-so questo giovane ristorante, situatonel cuore della città. di origine friula-na, andré è testimone di una passio-ne per il cibo italiano. usando ortag-gi e vegetali stagionali, coltivati nelproprio orto sulle colline di adelaidecon metodo biologico, andré mostrauna certa attenzione alla consistenzadei piatti e alla concretezza dei sapo-ri. il menu fisso ha permesso agli ac-cademici di poter assaggiare una va-rietà di piatti preparati dallo chef Pa-tricia streckfuss. il ristorante è di pic-cole dimensioni e quando c’è moltagente risulta rumoroso.

MELBOURNE24 aprile 2014

Ristorante “Merchant Osteria Veneta”di Rodriguez Grossi & Famiglia Grollo.�Rialto 495 Collins Street, Melbour-ne; �00613/96147688; www.mer-chantov.com; coperti 150. �Parcheg-gio custodito, comodo; ferie variabili;giorno di chiusura domenica. �Valu-tazione 8,4; prezzo € 75.

Le vivande servite: crostini con bac-calà mantecato; dentice in saor conzafferano, uva passa e pinoli; risottocon seppie e il loro inchiostro; agnel-lo in umido con polenta; strudel dimele; gelato alla vaniglia e ciliegie alMaraschino luxardo.

I vini in tavola: nV durello 2012(fattori); soave 2012 (tomellini);Malvasia istriana 2011 (Primosic);Bardolino, 2009 (giovanna tantini);torcolato (galio).

Commenti: il ristorante, creato dalfamoso chef gay grossi, è stato impo-stato con l’intenzione di ricrearel’ambiente tipico di un’osteria vene-ziana. tema della serata “la cucinadella serenissima”. lo chef albertofava, un giovane cuoco ex allievodell’istituto alberghiero “orio Verga-

ni’ di ferrara, con entusiasmo ha ela-borato il menu nel quale, oltre aipiatti tipici della cucina veneziana, siè voluta evidenziare anche l’influen-za su di essa dei paesi con i quali ve-niva in contatto. ottimi i crostini conil baccalà mantecato. il risotto “Mo-ro” con seppie e il loro inchiostro haottenuto il voto più alto. l’agnellobrasato era ben abbinato alla polen-ta. infine lo strudel con il gelato e conle ciliegie completavano le varie in-fluenze che la cucina della serenissi-ma ha ricevuto dalle aree limitrofe. ivini, tutti dalle zone della serenissi-ma, sono stati piacevolmente abbina-ti alle vivande. il servizio, attento ecordiale, è stato coordinato dal bra-vissimo caposala roger lancia. il de-legato ha donato allo chef il guidon-cino dell’accademia.

BRASILE

SAN PAOLO28 aprile 2014

Ristorante “La Tambouille” di Gian-carlo Bolla, in cucina Tiziano Cappai�Avenida Nive de Julho 5925, SanPaolo; �0055/1130796277; [email protected], www.tambo-uille.com.br; coperti 90. �Parcheggioprivato del ristorante; ferie mai; gior-no di chiusura mai. �Valutazione 8,2;prezzo da 46 a 65 €; carte accettatetutte.

Le vivande servite: antipasto assor-tito; ravioli di magro al gorgonzola;scaloppine di vitello ai funghi conpatate al forno; cassata Ca’ d’oro conamaretti.

I vini in tavola: Colli senesi docg2011 (Cesani) ; Chianti Classico docg2010 (san fabiano in Calcinaia).

Commenti: la prima riunione uffi-ciale della delegazione fu realizzata

nel maggio 1984 al ristorante Ca’d’oro, all´interno di quello che eral´albergo più lussuoso della città. inattesa della riapertura, l´anno pros-simo, del tradizionale locale fondatodalla sua famiglia nel 1953, il giova-ne fabrizio guzzoni “si allena” con illigure giancarlo Bolla, in passatomaître del Ca’ d’oro e dal 1971 pro-prietario di questo elegante “la tam-bouille”. lo chef tiziano Cappai èstato incaricato di riproporre lo stes-so menu della cena di trent’anni fa,includendo la famosa cassata conamaretti, eseguita secondo la ricettaoriginale. il simposiarca edoardoPollastri, oltre a parlare dei primitempi della delegazione, ha divertitoi numerosi accademici e amici conuna serie di aforismi sulla cucina.

SAN PAOLO SUD1° maggio 2014

Ristorante “Zucco” di Jurandir Meirel-les. �rua Haddock Lobo 1416, SanPaolo; �011/38970666; coperti 80.�Parcheggio custodito; ferie mai; gior-no di chiusura mai. �Valutazione 7,2;prezzo € 78.

Le vivande servite: carpaccio di sal-mone aromatico oppure carpaccio difiletto e grana padano con aceto bal-samico; branzino alla mediterraneaaccompagnato da risotto al limoneoppure medaglione alla griglia albrie e Marsala con risotto manteca-to; millefoglie di fragole con mascar-pone e frutta di stagione.

I vini in tavola: Pinot grigio allegri-ni 2013; Primitivo di Manduria Mas-seria trajone 2012.

Commenti: in un ambiente moltoconfortevole e particolarmente gra-devole, si è svolta la cena organizza-ta dal nuovo accademico robertodel Manto. alcuni problemi con la lo-

gistica, dovuti ai numerosi parteci-panti e ai molti avventori del risto-rante non hanno inficiato il successodella serata. Certamente si è sentitala mancanza di una sala disponibileper il dibattito accademico sulla cu-cina del riso, preparato dal segreta-rio e accademico romano ghisalber-ti. riguardo ai piatti serviti: i risotti,che sarebbero dovuti essere all’onda,sono risultati eccessivamente mante-cati ma il branzino alla mediterraneae i medaglioni al brie e Marsala era-no saporiti e molto ben cucinati. ilmillefoglie ha suscitato l’approvazio-ne dei numerosi convenuti. Buoni ivini; efficiente il servizio.

REPUBBLICA DOMINICANA

SANTO DOMINGO29 aprile 2014

Ristorante “Sapori & Antipasto” di Fran-co Curcio e Vilma Sosa. �Av. Enriquillo5, Los Cacigazcos, Santo Domingo;�809/ 4825714, fax 809/4823140;coperti 80. �Parcheggio custodito; feriemai; giorno di chiusura mai. �Valuta-zione 7,6; prezzo € 37.

Le vivande servite: parmigiana dimelanzane; ravioli con mozzarella dibufala al pesto; spezzatino di vitellocon polenta; salame dolce di ciocco-lato.

I vini in tavola: Prosecco extra dry(Valdoca); Montepulciano d’abruz-zo, 2011 (Villa Medoro).

Commenti: anche quest’anno, ap-profittando del bel tempo, il convivioè stato realizzato sulla terrazza che èl’area più capiente di questo acco-gliente locale, dove il delegato esimposiarca per l’occasione, MarioBoeri, ha preso la parola salutando ipartecipanti e illustrando il menuche è stato basato su piatti della tra-dizione. la parmigiana di melanzaneha riscosso un notevole successo poi-ché non soltanto era squisita al pala-to ma anche notevole nella sua pre-sentazione, in piccole terrine conelaborazione individuale per ognicommensale. ottimi anche i ravioli.a seguire, lo spezzatino di vitello conun saporito sughetto ristretto che haesaltato al massimo la polenta. ilMontepulciano d’abruzzo ha costi-tuito un abbinamento abbastanza ar-monico. da evidenziare un buon rap-porto qualità-prezzo e un buon servi-zio che permette ai gestori di questolocale italiano di mantenersi tra i pri-mi in un mercato molto competitivo,dove molti ristoranti non resistononeppure un anno.

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SINGAPORE-MALAYSIA-INDONESIA

SINGAPORE-MALAYSIA-INDONESIA9 aprile 2014

Ristorante “Ravello by Cesare Canta-rella” di Cesare Cantarella, in cucinaCesare Cantarella. �14 B KendingtonPark Road, Serangoon Garden Estate,Singapore; �62877330; www.ravel-lo.com.sg; coperti 40. �Parcheggio co-modo. �Valutazione 6,68; prezzo da36 a 45 €; carte accettate AmericanExpress/CartaSì/Visa/MasterCard.

Le vivande servite: antipasto classi-co pasquale; brodo di pollo con tor-tello; pappardelle allo stracotto dicapretto; pastiera napoletana consorbetto di limone.

I vini in tavola: Prosecco Castellen-go; Pinot grigio santa Cristina 2011;nero d’avola 2011; Montessu 2011;Vigna di Pallino Chianti 2011.

Commenti: il gestore Cesare Canta-rella ha accolto gli accademici con latradizionale calorosità campana. lasimposiarca Chiara randi ha elabo-rato un menu che si basava su piattitipici regionali del periodo pasquale.hanno molto incuriosito le note chela simposiarca ha letto sulla storiaculinaria di tortano e casatiello, brio-che rustica dai sapori forti e caratte-ristici che lo chef ha servito in ag-giunta al menu concordato. apprez-zate le pappardelle, interpretazionetipica della cucina fusion mediterra-nea, con uso di spezie e ingredientitipici del territorio. la pastiera nonha incontrato il gradimento di alcuniconvitati campani. servizio cortese eadeguato al tipo di locale. riunioneconviviale piacevole in un ristorantedal profilo semplice ma simpatico efamiliare.

STATI UNITI

HOUSTON-TEXAS24 aprile 2014

Ristorante “Vallone’s” di Scott Sulma.�947 Gessner, Houston Texas;�713/3956100; www.vallonesstea-khouse.com; coperti 250. �Parcheggiocomodo; ferie mai; giorno di chiusurasabato e domenica a pranzo. �Valuta-zione 8,5; prezzo da 66 a 100 €; carteaccettate tutte.

Le vivande servite: insalata capre-se; raviolini al mais; ossobuco di ma-iale con risotto alla milanese; torta

alaska con gelato di pistacchio, cioc-colato e fragole.

I vini in tavola: Prosecco (trevisiol);soave Classico 2012 (Monte tondo);Morellinno di scansano 2012 (Pog-gio Brigante).

Commenti: una serata piacevole inun ambiente elegante e accogliente.Cucina italiana interpretata in chiavemoderna, con un pizzico di fantasia.Molta attenzione ai particolari, comeper esempio un prosciutto croccante,un delicato olio all’essenza di tartufo,e pane fresco, veramente eccezionale.serata con molti ospiti in cui si è par-lato con allegria delle proprie espe-rienze di cucina italiana.

NEW JERSEY29 aprile 2014

Ristorante “Battello” di Cory Chekepp.�502 Washington Boulevard, JerseyCity (USA); �201/798179; coperti180. �Parcheggio scomodo; ferie mai;giorno di chiusura mai. �Valutazione8,5; prezzo € 60.

Le vivande servite: stuzzichini dibenvenuto (tra cui polpo alla gri-glia); trio di pasta; gnocchi di ricot-ta; raviolini di ricotta e spinaci; ta-gliatelle alle vongole; bistecca blackangus ai ferri con glassa di carote epolenta cremosa; torta al cioccolato.

I vini in tavola: Prosecco (Caposal-do); Chardonnay (Jerman); Caber-net sauvignon 2012 (Villa Pozzi);Moscato nivole (Michele Chiarlo).

Commenti: serata veramente me-morabile, organizzata dalla simpo-siarca gail de Cresce, che ha presen-tato una breve dissertazione sullastoria dei tempi di cottura delle vi-vande nell’antichità cristiana: (2 aveMaria per le uova all’occhio di bue!).i piatti, presentati con cura dallo chefryan de Persio, sono stati graditi.una speciale menzione va al trio dipasta. servizio piacevolmente curatodalla maestra di sala dominique.

SACRAMENTO SAN FRANCISCO3 aprile 2014

Ristorante “Uva Trattoria”. �1040 Clin-ton Street, Napa; �707/2556646; co-perti 150. �Parcheggio incustodito; fe-rie mai; chiuso il lunedì, Natale, Capo-danno, sabato e domenica a pranzo.�Valutazione 7,5; prezzo € 25.

Le vivande servite: arancini con sal-

sa marinara; gnocchi con riduzionedi gorgonzola; scaloppine al limonee capperi con contorno di broccoli epatate arrosto; zeppole di ricotta.

I vini in tavola: falanghina 2010 (an-thologia, Masseria felicia); sangiove-se e Montepuciano 2011 (Polago);sangiovese (la spinetta); Passito diPantelleria (donna fugata, Ben rye).

Commenti: la delegazione si è uni-ta al delegato di san francisco,Claudio tarchi, per visitare una trat-toria situata nella zona vinicola dinapa. la cena si è contraddistinta,come ci si poteva immaginare, perl’ottimo abbinamento dei vini, cheha fatto scoprire fiori all’occhiellodell’enologia italiana non ancora as-saggiati da alcuni accademici. il ser-vizio attento e ben orchestrato, l’am-biente festoso ma discreto e la con-versazione stimolante di due delega-zioni di diverse età a confronto, han-no fatto chiudere un occhio su unacucina un po’ più vicina alla tradizio-ne italo-americana che a quella ita-liana vera e propria.

SAN FRANCISCO4 maggio 2014

Ristorante “La Ciccia” di MassimilianoConti e Lorella Degan. �291, 30th Stre-et, San Francisco; �014115/5508114;www.laciccia.com; coperti 50. �Par-cheggio difficile; ferie 2 settimane varia-bili a luglio; giorno di chiusura dome-nica e lunedì. �Valutazione 8; prezzo€ 75; carte accettate Visa, MasterCard.

Le vivande servite: insalatina di ca-lamaretti e verdurine; malloreddusalla campidanese; stracotto di ca-pretto e olive sarde; tortino di ricottae zafferano.

I vini in tavola: Vermentino di gal-lura 2012 (thilibas Pedres); Cellati-co 2009 (Cantine Ca del Vent); ros-so Piceno gotico 2009 (Cantine CiuCiu); Moscato giallo acinidoro 2011(la Montecchia).

Commenti: Per il trentesimo anniver-sario della delegazione, il delegatoClaudio tarchi si è affidato a Massimi-liano Conti e lorella degan. dopo un“sostanzioso” aperitivo offerto pressoil nuovo locale, “la nebbia”, gli acca-demici hanno cenato a poca distanzanella “casa madre”. Perfetta scelta, perl’inizio cena, l’insalatina di calamarettie verdurine, sinfonia di colori e saporimorbidi ed equilibrati, abbinata ad unprofumatissimo Vermentino di gallu-ra. i malloreddus alla campidanese,cucinati perfettamente al dente, si

sposavano con un ragù di maiale ezafferano e un leggerissimo piccanti-no. il piacevolissimo rosso Piceno go-tico con uno stracotto di capretto, è ri-sultato l’accoppiata vincente della se-rata. Per finire, il tortino offerto conun Moscato giallo dei Colli euganei,per ricordare che lorella è pur sempredi… Padova! a fine cena si è svolta lacerimonia della consegna del “diplo-ma di Buona Cucina”, un premio me-ritatissimo per la giovane coppia Con-ti - degan.

URUGUAY

MONTEVIDEO21 maggio 2014

Ristorante “Hostaria dei bù e bei” diGiovanni Ciuffo. �Avenida Bolivia1365, Montevideo; �2606/0296 an-che fax; coperti 40. �Parcheggio incu-stodito; ferie gennaio; giorno di chiu-sura lunedì e martedì. �Valutazione8,6; prezzo € 39.

Le vivande servite: bruschette va-rie; fritto misto all’italiana; pappar-delle al salmì di coniglio; sorbetto allimone; arrosto misto al forno conpatate al rosmarino; torta alla frutta.

I vini in tavola: Prosecco brut (Can-tina Canalia, Valdobbiadene); tan-nat Premier stagnari 2013 (salto,uruguay).

Commenti: si tratta di uno dei mi-gliori ristoranti di cucina tradizionaleitaliana a Montevideo, dove la chefnancy Veiga si prodiga per estrarredalle sue pentole il meglio delle ricettedifficilmente reperibili nella città. l’in-contro è stato propizio per consegnareal titolare il premio “giovanni nuvo-letti”, giustamente guadagnato dal si-gnor Ciuffo per lo sforzo realizzato as-sieme alla moglie per mantenere lacucina italiana ad alti livelli. nell’occa-sione sono intervenuti, invitati del de-legato, il direttore dell’istituto italianodi Cultura, Michele gialdroni e il ret-tore dell’università della impresa, ro-berto Brezzo, anche loro complimen-tatisi per la riuscita dell’evento e perl’ottimo menu presentato.

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NUOVI ACCADEMICI

PieMonte

Cuneo - Saluzzo angelo gianotti Vincenzo liaci Pietro trapani

liguria

Savona gianluigi figini

loMBardia

Cremona Marco davó Mario Murelli stefano ricci

Lariana Biagio giancola

trentino - alto adige

Bressanone riccardo de Paola rudiger nitz Mario Pascucci

friuli - Venezia giulia

Muggia-Capodistria stelio smotlak

Trieste Michèle emilia Moretti

eMilia roMagna

Riccione-Cattolicaaldo Merli

tosCana

Costa degli Etruschi stefano zanobini

Valdelsa Fiorentina Cristina Bartaloni

Valdichiana-Valdorcia SudMatteo Brivio sforza

Versilia Storica alberto sancin

MarChe

Ancona-Riviera del Conero nicola Michele esposito

Maceratasergio eleuteriPaolo Micozzi

lazio

Roma Nomentana sergio Busettoannalisa Menegollifranco tempesta

Roma Valle Del Tevere-Flaminia giuliana Maria de Maria Marina fraticelli

Viterbo achille lanzuolo

CaMPania

Napoli-CapriMaria luisa Cusatifabrizio leccisi

Penisola Sorrentinaalfonso donadio

SalernoMariano russo

Puglia

Brindisiroberto Mazzara

Castel del Montegabriella d’erricoriccardo giovanni Merra

siCilia

Alcamo-Castellamare del GolfoPier luigi di gaetano

Gelasaverio gioacchino Palumbosalvatore tringali

australia

Canberratania Julian

Sydneyisabella franceschiniluke Jarman

Cina

Hong Kongalberto Boni

PrinCiPato di MonaCo

Monaconicole guiochet

singaPore-MalaYsia-indonesia

Singapore-Malaysia-Indonesiafabio Cascapera

stati uniti

Atlantaandrea orianthony Yezzi

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NUOVE DELEGAZIONI

eMilia roMagna

Ravenna Romea Delegatodavide rossi Vice Delegatifranco albertini (da Ravenna) francesco donati (da Ravenna) Consultore - Segretariogian roberto Marziani (da Ravenna) Consultore - Tesorieregiandomenico Pinza (da Ravenna) Consultoritiziana Baldrati (da Ravenna)giorgio dainese (da Ravenna)roberto graziani (da Ravenna)gabriele Manfredi (da Ravenna)Accademiciernesto giuseppe alfieri Pasquale ancarani donato Claps luciano Contessi rinaldo fabbri Valerio farinelli luisa golnelli sergio Kraigher ivan nanni domenico Pallotta fabio Pezzi roberto Plazzi Maurizio rambelli giorgio sarti (da Ravenna)fedora savini (da Ravenna)andrea Valenti

VARIAZIONE INCARICHI

eMilia roMagna

Carpi-CorreggioConsultore - Tesorieredaniele Carboni

lazio

Roma Aurelia Vice Delegato - Tesoriereazzo zanghieri

siCilia

CaltagironeConsultoreadriana Privitera

Palermo MondelloDelegato onorarioantonio ravidàDelegatogiuseppe BarresiVice Delegatoloredana leone ViolaConsultore - SegretarioMario Pompeo de lucaConsultore - Tesorieregianfranco CupidoConsultorifilippo agnellogirolamo Cusimano

australia

SydneyDelegatoMaria teresa PiccioliVice Delegatoalfredo schiavoConsultore - Segretarioadelene Martin Consultore - Tesoriereteresa restifa

stati uniti

VirginiaDelegatoMarino de MediciVice DelegatoJames gardinerConsultore Segretario -Tesorierelinda Jean ammiratiConsultoriKaren MonroeJuan PittalugaJane Postale Vickers

TRASFERIMENTI

eMilia roMagna

Ravennaroberto Merlini(da Cervia - Milano Marittima)

CaMPania

SalernoMarianna Ventre (da Roma Nomentana)

NON SONO PIÙ TRA NOI

Veneto

Rovigo-Adria-Chioggiaantonio giordani

Treviso giuseppe ferretto

tosCana

Valdarno Aretinosalvatore stefanelli

lazio

Romagiampaolo tinghi

aBruzzo

Chietirosetta Valignani

Pescara Aternumgiuseppe Vitullo

aggiornamenti a cura diCarmen sogailenia CallegaroMarina Palena

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Dear academicians, a recentscientific acquisition has shednew light - with an important

interpretive impact, on a characteristic ofitalian cuisine and its high, andfortunately persistent, level of diversity inconfined areas. this unusual situationcould even be called micro-diversity.in spite of the rampant urbanization,unbridled marketing and “massification”of our society, agro-alimentaryindustrialization, the invasive spread oforganized mass distribution andespecially the industrialized restaurantbusiness, italy still remains one of themost nutritionally diverse countries in theworld. the persistence of regional andterritorial dishes (that may even differbetween places that are within a day’swalk of one another) seems nothing shortof a miracle of resistance. our fragileculinary patrimony has managed topersist and resist even in the face ofnutritional globalization. typically, in thepast and still today, the wide variety foundin italian cuisine has been attributed tothe great unevenness and heterogeneity ofthe territory. from the alps to sicily thereis extraordinary diversity in terms ofclimate, terrain, ecological zones andlandscape. the complex orography of italyis often used to explain the country’sbarriers, physical divisions andfragmentation.this nearly inexhaustible array ofconditions have an influence on thetypology and variety of animal and plantlife, and therefore on the quality ofcuisine, but also on the human processes,both ancient and modern. italy’s manyculinary expressions are a reflection ofthese variations. While italy is subdividedinto a myriad of biological and culturalniches, it always has been and willcontinue to be to be a land that has beensubject to an incomparable human passageowing to the migratory fluctuations thathave resulted in culinary mixing,

contaminations and hybridization. the innumerable expressions of micro-diversity in italy in terms of language anddialects, agricultural products, and social,artisanal and culinary traditions is usuallyattributed to a continuous equilibriumbetween the physical and geographicalphenomena of isolation and mixing ofcultures. is this very diversity at risk ofbeing overcome by regional isolation andcultural standardization? how do we stillmanage to maintain, and even develop,research on nutritional and culinarybiodiversity? these two characteristicsthat seem to be so typical of italy haveelicited the interest of researchers who areseeking new, and to some degree, far-fetched explanations for them. researchers from four italian universities- Bologna, Cagliari, Pisa and roma“sapienza” - posed the question as towhether italian biological and culturalvariability might be based on anotherfactor with deeper roots: its geneticvariability that has persisted over time. arecent article by M. Capocasa and severalcollaborators in the Journal ofanthropological sciences (Volume 92,2013) suggests that that the answer is notonly affirmative, but that the influence ismuch greater than anticipated. thisdemonstrates that the level of geneticdiversity that is found in the italianpopulation is higher than anywhere elsein europe. for example, within thepopulation of the Veneto region or ofsardinia, or even from areas less than 50kilometers apart, there exists a highergenetic diversity than that found ineurope between Portuguese andhungarians, or spaniards and romanians- populations that are located hundreds ifnot thousands of kilometers apart.the origin of the high level of micro-diversity in italy is deemed to be a resultof the combination of two factors: humanmigration up and down the peninsulatogether with isolation imposed by

regional geographic characteristics. theresulting high level of genetic diversitymay very well be the source of italiancreativity and adaptability. it alsodemonstrates a new aspect of the originand persistence of the regional and localcuisines that are typical of italy. indeed,genetic variability impacts on oursensorial appreciation and has resulted ina new area of research: nutritionalgenetics, which is related to the field ofpsychodietetics. although the genetics of taste elicits agreat deal of interest and there are stillmany aspects of nutritional genetics thatneed clarification, we do know today thatgenetic variations in the perception offlavors, and therefore in the formation oftaste, are important factors in determiningand developing nutritional preferences.Based on our current knowledge, we canstate that over time, every individual areaof italy has been formed by a myriad of“islands” where a unique genetic detailcorrelates to an equally specificcharacteristic of the foodstuffs andespecially the way they are combined andprepared: this is how cuisine is made.this new way of looking at the hundreds,even thousands of different italiancuisines can provide a new dimension togastronomic research, especially as aninformational tool in the still youngscience of italian nutritionalanthropology.

GIOVANNI BALLARINI

FOCUS

THE MARGHERITA PIZZA: A BITTER BIRTHDAY!

see page 5

during the past month of June, thefamous Pizza Margherita celebrated its125th birthday! a letter dated June 1889,written by the head of the table services ofthe royal Palace, summoned the cook ofthe Brandi Pizzeria to the CapodimontePalace in naples to prepare pizza for herMajesty Queen Margherita. the pizzamaker responded by preparing the famousthree-color pizza that took the name of

D E A R A C A D EM I C I A N S …see page 3

REGIONAL CUISINE AND GENETIC DIVERSITY

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the Queen. even today, it is by far themost popular variety of pizza, along withthe “marinara” (only tomato, garlic,oregano) and the “napoli” that has capersand anchovies in salt. the neapolitanpizza has been recognized by theeuropean union in 2010 as a traditionalguaranteed specialty (stg) and in 2011it was introduced by italy as a candidatefor unesco recognition as an intangiblepatrimony of humanity. forty percent of italians consider pizzathe symbolic dish of italy. it is the italianword most known overseas followed bycappuccino, espresso and spaghetti. thisseems all well and good. not really. ournational pizza is less and less italian and isprepared badly in spite of the rulesdictated by associations and the manycourses for pizza makers. it is calculatedthat in italy alone there are 50,000pizzerias, a humungous number, turningout pizzas that are almost alwaysdisappointing. While it is true that afterthe hamburger pizza is the most difficultfood to prepare (none of the two foodscan be accurately reproduced in the homekitchen), the problems lie both in theingredients and the preparationtechnique. the problem of the ingredientsis indeed dramatic: we have mozzarellasthat are not produced with milk but withsemi industrial products from easterneurope, Chinese or american tomatoes,olive oil from tunisia or spain, not tomention vegetable oil, and french,german or ukrainian flour. according tothe Coldiretti agricultural association, in2013 alone italy imported 1,058 millionpounds of olive oil and olive residues, 176million pounds of curd for mozzarella,231 million pounds of tomatoconcentrate, of which 127 million camefrom the united states and 63 from China,plus 7.92 billion pounds of soft wheat, animport that is trending toward a 20percent increase in the first two months of2014. somebody is using all this stuff! inaddition, there are preparation problemsto consider: electric ovens, unleaveneddough, poor quality anchovies, thinmixtures, insufficient cooking time in thehaste of serving too many pizzas at thesame time. unfortunately, pizza is a mixthat is difficult to digest: if the mozzarella

is not good, the dough not properlyleavened, the tomatoes acidic, thestomach suffers, especially if a lot of beeris ingested as is customary with pizza.even though pizza is not a dish that isprepared by a chef in a restaurant, but bya pizza maker in front of the open oven,the academy raises a loud cry of pain forthe slaughter of this symbol of italy.

PAOLO PETRONI

LEARNING ABOUT OUR ROOTSsee page 6

research on the roots of the academysince its foundation in 1953 is ongoing.Who were the original academicians andhow did the academy develop? a look atthe original “invention” of thedelegations.

LOOKING FORWARD TO EXPO 2015see page 8

the study Center held a meeting totackle the important objectives andprojects with which the academy will beinvolved during the coming year: fromthe new edition of the recipe Collectionto the great event of expo 2015 in Milanto the theme of the annual ecumenicaldinner.

“STORIONE” (STURGEON): FISH OR DESSERT?

see page 9

storione is a dessert that was born inCanzano (teramo) and has never gonebeyond the confines of its birthplace. theoriginal recipe has been jealouslyguarded by a local noble woman. therecipe for this dessert, passed on orallyfrom mother to daughter, is slowlydisappearing owing to the laboriousnessof its preparation.

WHAT ARE “MOECHE”see page 11

eugania-lower Padua delegate Pietrofracanzani tells us all about the moechesoft shell crabs that can be enjoyed in thespring and fall around Venice. With thechanging of the seasons, these crabs shedtheir shells. during the short hours thatthey are without shells they are known asmoeche, they are extremely tender,almost springy.

FRENCH CUISINE AND CISALPINE CUISINE:

A LONG HISTORY OF GIVE AND TAKEsee page 12

from the ancient Celts to “nouvelleCuisine”: influence, engagements andbattles have criss-crossed the alps. lodiacademician Maria emilia Moro Maisanoprovides us with an historical-gastronomical analysis. today’s italianchefs, well aware of the enormouspatrimony of excellent raw materials andthe variety of regional traditions they haveat their disposal, must also know how toenhance them. in this way they canliberate themselves from a subjection thatis based more on reputation than quality.

MEALS AT ROME’S SAN MICHELEINSTITUTE see page 14

two manuscripts from the Casanateselibrary were analyzed by romeacademician Maria attilia fabbridall’oglio. they bear valuable witness tothe festivals and day to day life andnutritional conditions at both the internal

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mess hall and external soup kitchens runby the institute san Michele in rome atthe end of the 17th century.

ORYZA SATIVAsee page 16

rice was born in asia and spread to thewest where, for many centuries itspreparation was considered medicinal. asfrancesco franchi, academician fromBelluno-feltre-Cadore explains, oryzasativa managed to alter landscapes,customs and politics from the slopes of thehimalayas to the alpine foothills of theVeneto.

THE MILKY WAYsee page 18

With its project the Milky Way: followingin the footsteps of the lombards, thedelegation of Benevento participated inthe universal forum on the Culture ofnaples and Campania. the eventconsisted of four meetings in which thedairy products of the area were thesubjects of both interesting presentationsand excellent gastronomic dishes.

GASTRONOMY: IN SEARCH OF THE TRUTH

see page 19

the three Bologna delegations joinedforces to organize a conference revolvingaround an important and current subject:

gastronomy: in search of the truth.excellent presentations contributed to thesuccess of the project.

FOOD AS A METAPHOR FOR LIFE (AND SURVIVAL)

see page 20

a combined meeting-conference organizedby the isernia delegation dealt withgastronomy from 1944 to the present, andits relevance and developments. anextraordinary piece of writing entitledfrying Pans not Mess tins provided theinspiration for the event. While imprisonedduring World War ii, two officials fromMolise collected and illustrated hundredsof recipes to keep their hunger at bay.

ORIO VERGANIsee page 22

the universities and expo 2015 is anoriginal contribution by Professor adagigli Marchetti, a history Professor at theuniversity of Milan. her presentation wasa reflection on a day devoted to the studyof orio Vergani at the Braidense nationallibrary.

THE MEAT OF PODOLICA CATTLE IN APULIAsee page 26

in order to help us become betteracquainted with this relatively unknownbreed, lecce academician antonella

Caroli angiuli describes the origins of andplaces where Podolica cattle are raised.the meat of this breed constitutes anoutstanding niche product.

ESCOFFIER NEAPOLITAN STYLEsee page 27

even though he never visited naples,auguste escoffier’s 1903 Le Guide culinaire,aide-mémoire de cuisine pratique (theCulinary guide: an outline of PracticalCuisine) clearly demonstrates his incurablepassion for the former capital of theKingdom of the two sicilies. in it he attachesthe epithet “neapolitan style” to a series ofdishes that were all but unknown in naples.

A DINNER IN ANCIENT EGYPTsee page 29

Bread and beer were part of the basicnutrition of the ancient egyptians. thecultivation of grain was one of the majoractivities in the nile valley. Maria Cristinaguidotti, director of the egyptianMuseum in florence paints a completepicture of egyptian nutrition. even thoughit is far removed from us in terms ofcustoms and religion, ancient egyptiancivilization was in some waysgastronomically closer to our own thanthat of the ancient romans.

OUR STRAIGHTFORWARD CUISINEsee page 31

does traditional italian cuisine exhibitcharacteristics of simplicity? rome appia

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academician donato Pasquariello tries toanswer this question through somepersonal considerations. the basicsimplicity of our regional cuisine hasrecently been overcome by pseudo-enhancements, often merely in terms ofappearance, from other cultures,traditions and especially, new fashions.

SIXTEENTH CENTURY REGULATIONS ON MARITIME COMMERCE

AND CONSUMPTIONsee page 33

Vasto is one of the lucky few localities thatpossesses several centuries worth ofofficial documents relating to suchsubjects as food rationing andgastronomy. as Chieti academician PinoJubatti explains, they have access to abody of legislative and normative acts thatdocuments, among other things, aspecialized nomenclature devoted to thecommercialization and consumption ofthe fishing of the littoral.

COOKED PROSCIUTTO FROM TRIESTE

see page 35

the many cooks and domestic workerswho came to italy in the early 1800s towork for bourgeois families brought withthem an ancient Bohemian tradition:cooking an entire bone-in prosciutto ham.still today at the many characteristic“buffet” restaurants in trieste this meat -erroneously called “Prague ham” - isserved in thick hot slices accompanied byhorseradish or mustard.

EGGS: BETWEEN MYTH AND REALITYsee page 37

Man has used eggs as an important sourceof food since ancient times. Butthroughout human history the egg hasalso had great symbolic value. itrepresents not only the beginning of anew life but also the continuation of lifebeyond this world. rome appia delegatePublio Viola shows that all populationsand religions have numerous legendsregarding the egg.

GRANITAS, SORBETS AND GELATOsee page 39

Milan duomo academician nicolaBarbera discusses the subject of granitas,sorbets and gelato with a brief historicalintroduction, from the first preservationof snow (1110 a.d.) to the first industrialrefrigerators (1876). he then lists anddescribes in detail the various types of icecream and ices.

“LA VECCHIA”: VEGETABLE AND HORSEMEAT STEW FROM PARMA

see page 41

italians eat horse meat in a variety of way,but Parma is particularly well known for itsconsumption. Parma delegate gioacchinogiovanni iapichino presents a typicalancient local recipe: la vécia is a vegetablestew embellished with ground horse meat.

TranslatorNICOLA LEA FURLAN

Summarized FEDERICA GUERCIOTTI

I N T E R N AT I ON A L S UMM A R Y

luglio 2014 / n. 262

DIRETTORE RESPONSABILEgioVanni Ballarini

COORDINAMENTO REDAZIONALEsilVia de lorenzo

PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONEsiMona Mongiu

IN QUESTO NUMERO SCRITTI E RICETTE DIgiovanni Ballarini,

nicola Barbera, Maurizio Campiverdi, Maria Cristina Carbonelli di letino,

antonella Caroli angiuli,giorgio Cirilli, silvia de lorenzo,

Maria attilia fabbri dall’oglio,Pietro fracanzani, francesco franchi,

gabriele gasparro, ada gigli Marchetti, Maria Cristina guidotti,

gioacchino giovanni iapichino,Pino Jubatti, Pier Carlo lincio, Paolo lingua,

giuseppe Maniscalchi, luigi Marini,Maria Monica Martino,

Maria emilia Moro Maisano,Claudio novelli, donato Pasquariello,

Milly Pati Chica, Paolo Petroni, gian Paolo Pinton, giuliano relja,amedeo santarelli, Publio Viola.

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