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Newsletter informativa della Cooperativa Olivotti e dell'Associazione Incontro e Presenza

PASQUA 2017ANNO XXIV, NR. 1

San Francesco, uomo risorto

IN QUESTO NUMERO

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EditorialeSan Francesco, uomorisorto.

Servizio AccoglienzaMigrantiDamo i numeri!

Corsi di linguaitaliana inCooperativa.

La rubrica delvolontarioLe prime impressionidi... Carolina.

Notizie da Pagnanod'AsoloEsperienze diMontagnaterapia.

Giardino alimentarea Pagnano.

Critica-mente.

Paolo vi raccontaIl Partenone

Impronte colorateLa nostra vita incomunità

Diari di viaggioIl mio Brasile

Pane, volpe e psicologiaIl piacere dicondividere

Tutte cose da OrtoSconto

30 Aprile 201 7 giornodella memoria e delringraziamento

Editoriale - A cura di fr. Alberto Demeneghi

Vedendosi Francescotormentato da tante afflizioni,una notte, mosso a pietà di sestesso, diceva: “Signore, vieniin mio aiuto, guarda alle mieinfermità, affinché io sappiasopportare pazientemente! ”.E subito gli fu detto in spirito:“Dimmi, fratello: se qualcuno,per queste tue tribolazioni einfermità, ti desse un tesorocosì grande e prezioso, chetutta la terra fosse un nulla alsuo confronto, non ne sarestifelice?”. Francesco rispose:“Signore, un simile tesorosarebbe davvero grande eprezioso, meraviglioso edesiderabile”. E sentìnuovamente quella voce:“Dunque, fratello, sii lieto efelice nelle tue malattie etribolazioni, e d'ora in poi vivinella sicurezza, come tu fossigià in possesso del mio regno”. La mattina, levatosi, interrogò icompagni: “Se l' imperatore donasse a un suo servo un regno intero,non dovrebbe quel servo esserne molto felice? Se gli cedesseaddirittura tutto l' impero, non dovrebbe sentirsi ancor più felice?”.Soggiunse: “Ebbene, io devo godere molto per le mie infermità etribolazioni, trarne conforto nel Signore e rendere sempre grazie aDio Padre e al suo unico Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, e alloSpirito Santo, per la grazia così grande a me concessa: che cioè sisia degnato di dare la certezza del suo regno a me, indegno servosuo, ancora vivente e rivestito di carne”.(Specchio di perfezione, Fonti

Francescane nr. 1 799).

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2Editoriale San Francesco, uomo risorto

Punto a capo.Newsletter informativa della Cooperativa Olivotti e dell'Associazione Incontro e Presenza.

Sede: Via Nazionale 57, 30034 Mira (VE) - tel. 041 -420349. Reg. Trib. Venezia 1236 del 0.03.1999

Questo testo do-cumenta che sanFrancesco du-rante la vita ter-rena riceve lacertificazione diessere «uomo ri-sorto» a quel ti-po di vita chenon ha limiti edè il possesso diogni bene, diogni felicità, diogni pienezza.Questo ha ope-rato Gesù Cris-to per ogni uo-mo nella sua

Risurrezione. Perciò Gesù Cristo ha portatonella storia dell’uomo una novità assoluta, cheè questa: la vita di ogni uomo è una vita «senzafine», cioè «eterna».

San Francesco dopo aver avuto da Gesù Cristoquesta certificazione prosegue così: «Voglioperciò, a lode di Lui, a nostra consolazione eedificazione del prossimo, comporre un nuovoCantico delle creature del Signore, di cui ciserviamo ogni giorno e senza delle quali nonpossiamo vivere, e nelle quali il genere umanomolto offende il suo Creatore. Noi siamocontinuamente ingrati di così grandi favori ebenefici, non lodando come dovremmo ilSignore, creatore e datore di tutti i beni».

La conseguenza più impressionante di questa«certificazione» è lo stato di letizia permanenteche San Francesco viveva in mezzo a tutte levicissitudini della vita. San Francesco è unuomo lieto e chiedeva a tutti i suoi frati diessere lieti, perché la letizia del cuore è lacondizione dell’uomo che fa esperienza del-l’incontro con Cristo Risorto dai morti. Per SanFrancesco non c’era nulla di più assurdo dellatristezza per chi aveva incontrato Cristo Risor-to. E non voleva vedere alcun suo frate triste.

Dentro l’ esperienza della «vita lieta» SanFrancesco si trova a suo agio, sente che questodesidera il suo cuore, e che è il sommo desi-

derio del cuore di ogni uomo. Questa esperien-za San Francesco la descrive in forma di para-bola in quel suo testo che viene chiamato«Della perfetta letizia». Lì troviamo il punto piùaltro di quel percorso della letizia del cuore cheè iniziata in San Francesco, quando agli inizidella sua esperienza di conversione il Signoresi svela a lui nel Crocifisso di San Damiano, equando il Signore lo condusse tra i lebbrosi.Da questo incontro ne esce con la netta per-cezione che «quello che mi pareva amaro, mifu convertito in dolcezza dell’anima e delcorpo».

Anche quest’anno alcuni tra noi andranno inpellegrinaggio ad Assisi per respirare la letiziadi San Francesco. Essa è come un fuoco chenon brucia ma riscalda e riempie di unasperanza certa: quella speranza che rendeinstancabile il passo della vita. Non ci sonolimiti insormontabile nella vita. Ogni esperienzadi limite è una esperienza di crescita e dicompimento.

Gesù Cristo Risorto apre sulla vita di ogni uomoquella prospettiva che San Paolo nella letteraai cristiani di Colossi formula così: «Se dunquesiete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù,dove è Cristo, seduto alla destra di Dio;rivolgete il pensiero alle cose di lassù non aquelle della terra. Voi infatti siete morti e lavostra vita è nascosta con Cristo in Dio!Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato,allora anche voi apparirete con Lui nella gloria»(Col. 3,1 -4).

Per tutto questo vidico e vi diciamo:BUONA PASQUA!

M.I. Rupnik,La visione di san Damiano.San Giovanni Rotondo, chiesa inferiore disan Pio da Pietrelcina.

M.I. Rupnik,San Francesco manda a

predicare la penitenza e lamisericordia.

San Giovanni Rotondo,chiesa inferiore di san Pio

da Pietrelcina.

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NUMERI E ATTIVITÀ

Il totale degli utenti ospitati da ottobre 2015 afine gennaio 2017 è di 170.Per ognuno di essi c’è la normale prassi cheprevede le seguenti pratiche:• Prima accoglienza e introduzione in

struttura.• Profilassi sanitaria al SISP.• Controllo pneumologia ed eventuali

profilassi per TBC.• Controllo documenti e copia degli stessi per

archivio SAM (Servizio AccoglienzaMigranti).

• Documentazione per Tessera Sanitaria oeventualmente STP (Stranierotemporaneamente presente).

• Preparazione personale in vista dellacompilazione del modulo C3.

• Accompagnamento prima convocazione inQuestura.

• Documentazione e fototessere per rilascioPermesso di Soggiorno e successivi rinnovi.

Oltre alla normale prassi,ogni utente è seguito per-sonalmente dagli opera-tori in base alle diverseesigenze e problemati-che.Gli interventi sanitariprogrammati sono ad og-gi complessivamente 413.

Attualmente ospitiamo 62richiedenti asilo.

VOLONTARIATO

I richiedenti asilo ospitati in via Nazionalehanno seguito volontariamente un percorso diconoscenza teorica e conoscenza pratica incucina (con un numero costante di 3 ospiti +2ospiti dislocati in casa rossa) sempre affiancatied istruiti da due operatori.

In via Bologna abbiamo accompagnato duegestanti. La prima ha partorito 7 mesi fa, è na-to il piccolo Clinton, ed ora è stata trasferita inaltra struttura per il proseguo del progetto ac-coglienza; la seconda ha partorito tre giorni fa,è nata la piccola Vania.

In via Molinella due ospiti continuano l’espe-rienza teoretica e pratica in «Orto sconto»tutti i giorni; i restanti 8 sono impegnati ognilunedì - mercoledì – venerdì in esperienza for-mativa/lavorativa di giardinaggio e orticultura,sfalcio, potatura con operatori e volontario conconoscenze specifiche. Un numero costante di10 utenti ha svolto lavori di manutenzione delverde presso il giardino della struttura, ilcampo adiacente e il perimetro.

Diamo i numeri!

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A cura di Donato Diamante

Servizio Accoglienza Migranti Diamo i numeri!

Servizio AccoglienzaMigranti

In questo numero vogliamo presentare un bilancio sinteticodell'attività che il Servizio Accoglienza Migranti dellaCooperativa Olivotti ha svolto negli ultimi due anni. I numeri e levarie pratiche evase non sono però in grado di esprimere laprofondità e la bellezza della dimensione umana che viviamo nelquotidiano rapporto con le persone che si affidano alla nostraaccoglienza. Persone, nomi, volti, storie e situazioni con cui ab-biamo «camminato» assieme, all' insegna della conoscenza reci-proca e della condivisione della nostra vita.

Ecco Casa Rossa. Gli ospiti di via Nazionale vi sono ospitati afianco del Centro Studi.

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4Servizio Accoglienza Migranti Diamo i numeri!

Gli utenti ospitati presso l’Hotel Riviera aFiesso D’Artico sono presenti 25. Sono orga-nizzati in tre squadre da 5 che ogni mercoledìsvolgono lavori socialmente utili presso ilterritorio del Comune di Fiesso D’Artico. Finoad oggi ci sono state 35 uscite per questoservizio, sparso su tutto il territorio comunale.Presso la Parrocchia di Dolo si recano alcuniospiti, quando necessario, per svolgere varieattività sia in Patronato che in Asilo, di manu-tenzione, riordino pulizia, secondo le esigenzespecifiche delle strutture.Nelle attività svolte a Fiesso D’Artico e pressola Parrocchia di Dolo sono impegnati, oltre agliospiti, anche gli operatori della Cooperativa.

CORSO DI LINGUA ITALIANA

Come prevede la convenzione con la Prefet-tura tutti gli utenti hanno potuto usufruire deicorsi di lingua italiana tenuti da 5 volontari, 2frati e 3 operatori della Cooperativa Olivotti.Gli ospiti sono divisi in 7 classi da otto/novepersone ciascuna. Ogni classe ha svolto, ad og-gi, il programma per un totale di ore 40.

SERVIZIO DI MEDIAZIONE

Per tutti gli ospiti presenti nelle strutture diaccoglienza è prevista quotidianamente lamediazione linguistico-culturale; si coprono leseguenti lingue: inglese, francese, urdu, farsi,curdo, arabo, afghano, pashtu, dari, tigrino.

Da inizio 2016 ad oggi sono stati s 145interventi di mediazione (usufruendo deimediatori interni ed esterni alla struttura)riguardanti frontiera e porto.

TUTELA LEGALE

A partire dall’ingresso in struttura gli utentisono seguiti nella preparazione del modelloC3, questo avviene per ogni singolo utenteaccolto. L’utenza ha la possibilità di usufruiredei mediatori e degli operatori per prepararsinei migliori dei modi all’appuntamento con laCommissione Territoriale, questo avviene perogni singolo utente. Sono stati predisposti 14accompagnamenti individuali dall’avvocato pereffettuare colloqui e preparazioni individualiagli utenti che hanno ricevuto esito negativodalla Commissione Territoriale.

EQUIPE DEL SERVIZIO ACCOGLIENZA MIGRANTI

Nell’ultimo anno sono stati apportati miglio-ramenti nel servizio Accoglienza a livello pro-fessionale. È stato creato un «contratto di ac-coglienza», più un «regolamento di accoglien-za» tradotto in inglese, francese e arabo.

Attraverso il dialogo con le Istituzioni ondeimplementare e organizzare con scadenze set-timanali, sia la Distretto per Tessere Sanitarie,sia al SISP per tutta la profilassi.Si continua ad implementare i rapporti con gliEnti e le Istituzioni locali proprio per svilup-pare sempre di più una cultura dell’acco-glienza diffusa.

Ecco la casa di accoglienza di via Molinella, a Mira.

Le altre strutture: Fiesso (a sinistra) e Mira (a destra).

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Servizio Accoglienza Migranti Corsi di lingua italiana in Cooperativa

D a circa 20 anni i volontari dell’AssociazioneIncontro e Presenza, che operano nell’ambitodelle iniziative promosse dalla Cooperativa, sialternano nei corsi di lingua e cultura italiana.Inizialmente i corsi erano stati pensati per ri-spondere ad una esigenza di inserimento econoscenza della lingua italiana. Anno dopo annosono divenuti momenti di crescita umana e cul-turale tra italiani e nuovi cittadini. Negli anni icorsi inizialmente erano rivolti alle donne resi-denti nei comuni del Mirese e Miranese sonoaumentati e sono stati ripetuti per molte volte.Dacirca un decennio la richiesta è stata molto piùspecifica e rivolta anche ad adulti maschi. Sonoarrivati nel nostro territorio i primi immigrati,ed i richiedenti asilo . Il loro numero è aumenta-to progressivamente. Da una prima fase di emer-genza siamo ora ad una presenza stabile di per-sone che si fermano nel nostro territorio per unperiodo variabile.

Da parte dei volontari l’insegnamento dellalingua italiana è diventato uno degli obiettivi peraccogliere e far conoscere una nuova realtàculturale. Non c'è solo il problema linguistico,esiste una differenza nel sentire e vivere laquotidianità. E’ importante perciò accompagnarel’accoglienza con elementi di cittadinanza, disicurezza e di storia. Nei corsi si è cercato diraggruppare gli allievi in base al livello di com-petenze e conoscenze. Il livello A0 è rivolto a chinon ha strumenti per affrontare l’apprendimen-to: chi è analfabeta o ha grosse difficoltà dovutealla lingua madre troppo diversa da quellaitaliana. Il livello A1 è il livello base rivolto a chiera già in possesso di alcune strutture elemen-tari e prevede una serie di interventi di rinforzoe completamento delle basi linguistiche italianeper una lingua di comunicazione.

I livelli A1+ e A2 sono per chi, già scolarizzatoin lingua madre, può completare lo studio dellagrammatica e rafforzare la fonetica e il lessico.Per le donne del comune di Fossò gli incontri sisvolgono il venerdì mattino dalle ore 9.30 alle 11presso il centro Civico. A Mira, in via Bernini, ledonne si incontrano con le docenti il martedìmattina dalle 9.30 alle 11 .

Per ospiti migranti si sono organizzati più gruppibasandosi principalmente sui prerequisiti lin-guistici dei corsisti. A Mira in Casa Rossa e CasaBianca due gruppi che si incontrano due voltealla settimana; in Via Bologna un gruppo didonne si trova il giovedì pomeriggio; in viaMolinella il gruppo frequenta due incontrisettimanali al pomeriggio; a Fiesso d’Artico inHotel Riviera ci sono tre gruppi che siincontrano due volte alla settimana al mattinoe/o al pomeriggio. Alcuni dei nostri ospiti, infine,partecipano in modo autonomo ai corsiorganizzati dal CPIA di Dolo.

Altre iniziative di alfabetizzazione linguistica perle donne sono state realizzate a Piani-ga,Fiesso d’Artico e Mira nell’ambito deiprogetti promossi dal Centro del Volon-tariato e dall’ASL 13.L’esperienza in atto si avvale di volontariche da anni collaborano e da altri docentiche hanno dato la loro disponibilità. Utilesarebbe avere più volontari –docenti perpoter offrire un insegnamento a piccoligruppi.

Corsi di lingua italiana in CooperativaA cura di Franca Sbrogiò

Corsi differenziati: s sono organizzati più gruppi basandosiprincipalmente sui prerequisiti linguistici dei corsisti

Anno dopo anno i corsi di lingua e cultura italianasono divenuti momenti di crescita umana e culturaletra italiani e nuovi cittadini.

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Le prime impressioni di... Carolina

6 Le prime impressioni di... CarolinaLa rubrica del volontario

La rubricadel volontario

D opo quattro mesi di intense esperienze colgocon piacere l'occasione di fermarmi a riflettere percondividere con voi le mie prime impressioni davolontaria presso la Cooperativa Olivotti.

Nel delicato momento del post-lauream sentivo ilbisogno di investire il mio tempo (finalmente libero! )in un'attività che mi permettesse di scoprire ilmondo non soltanto attraverso i libri.A volte, non è necessario allontanarsi molto. . . edecco che nella confusione delle mille possibilitàemerge la Cooperativa Olivotti e il suo staff.Dato il mio percorso di studi, mi viene proposto dicollaborare all' insegnamento della lingua italianaagli stranieri richiedenti asilo, ospiti delle strutturedi accoglienza migranti.

Sebbene, fin dal principio, sia stata premurosamenteaccompagnata in questa nuova impresa, inizialmenteero investita dai molti dubbi che spesso affiancanoi nuovi progetti: in primo luogo «come posso io,giovane ragazza appena uscita dalla “scuola”,insegnare qualcosa?», «sarò in grado di rendermiutile?», ma soprattutto «come mi rapporto a personecosì diverse da me?». Insomma gli ostacoli chevedevo erano molti: la mia inesperienza, la comples-sità dell'attività stessa (ovvero facilitare l'appren-dimento di una lingua), la peculiarità della classe(eterogenea per età e provenienza) e non ultimo ilmio essere donna in mezzo a molti (quasi tutti)uomini.Fortunatamente il mio profondo desiderio di met-termi in gioco e la grande disponibilità di tutti glioperatori mi hanno condotta dai “miei” studenti.

E, come spesso accade, la realtà differisce dallenostre aspettative, e ci sorprende.

Fin dalla prima lezione sono stata accolta da tutti ipartecipanti con il sorriso: fin da subito hanno faci-litato il mio inserimento, rispettando il mio ruolo, edimostrando il loro interesse a partecipare attiva-mente al corso per ottenere il loro primo strumentodi integrazione, la lingua.Ma a sorprendermi di più è stato scoprire che spessol' insegnamento dell' italiano diviene quasi un pretestoper veicolare valori ben più alti di una regola gram-maticale, e che, il fattore umano – il nostro essereumani – ha la capacità di ergersi a linguaggio uni-versale, superando, senza negare, le differenze checaratterizzano ciascuna persona. Mi ha stupita, dun-que – e continua ogni giorno a stupirmi – il fatto che,nonostante il mio ruolo fosse quello di “insegnante”,a imparare nuove forme di espressione, nuoveparole, nuovi usi e costumi, appartenenti a culturediverse dalla mia, ero io.E a quanti tentano di riportarmi all' interno dicontesti educativi più “accademici”, ai quali la miaformazione conduce, ora rispondo che un ambienteinformale (non anarchico), in cui giovani e meno

giovani, principianti ed esperti,uomini e donne, si sentono liberi disbagliare, di ridere dei propri errori,senza doversi sentire giudicati, è illuogo ideale in cui apprendere. Ecome avrete ben capito, io ho ancoratanta voglia di imparare.

Carolina presta la sua preziosa opera come volontariapresso il Servizio Accoglienza Migranti, collaborando al-l' insegnamento della lingua italiana ai nostri ospiti.In questo numero di Punto a Capo Carolina si ferma a trac-ciare un primo bilancio del proprio servizio, condividendocon noi le riflessioni e le emozioni sorte in lei nei primimesi di attività.

Il fattore umano – il nostro essere umani –ha la capacità di ergersi a linguaggio uni-versale, superando, senza negare, le dif-ferenze che caratterizzano ciascuna per-sona.

A cura di Carolina, volontaria presso il Servizio Accoglienza Migranti

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Esperienze di MontagnaterapiaA cura dei ragazzi della comunità di Pagnano

8 Esperienze di MontagnaterapiaNotizie da Pagnano d'Asolo

Notizie daPagnano d'Asolo

C iao a tutti! !Lo scorso ottobre siamo partitida Pagnano con il nostro ope-ratore Mario, e assieme ad un gruppo di ragazzidelle comunità di Mira e di Riese, e del Ser.T. diDolo, ci siamo diretti verso i Colli Euganei.La sera prima di partire c’erano alcuni dubbi,alcune speranze, paure ed emozioni confuse periniziare questa nuova esperienza…

Sono rimasto sorpreso dalla scelta dell’equipedi farmi provare la Montagnaterapia: perchéproprio io? Non conoscendo per nulla questanuova situazione, mi sono sentito lusingato epreoccupato.

Avevo paura, in fondo, di ciò che non conoscevo,i miei limiti fisici e il fatto che in un ambientenuovo avrei conosciuto molte persone, istruttori,ragazzi e ragazze di altre comunità, anche deiminori in cui avrei specchiato i miei figli. . . Nona caso il fatto che sapevo che dal SeR.T. sarebbevenuta una persona che avevo conosciuto inComunità mi faceva sentire più tranquillo.

Appena arrivati, gli istruttori ci hanno fatto fareun test ad ognuno per capire le nostre capacitàfisiche, le paure e le attitudini personali. Primadi arrampicarci ci hanno insegnato a metterel’imbragatura, a fissare la corda con un nodoparticolare detto «otto», e ad avere un giustoutilizzo delle scarpette.

La via si chiudeva in due: uno che si arrampicae l’altro che fa da sicura; questo permette diacquisire fiducia nel compagno che deve sos-tenere la corda per evitare la caduta dell’altro.

Questa esperienza mi ha toccato molto, la pauradi cadere, le vertigini, l’invidia verso coloro chevedevo più bravi; la paura di non riuscire è statasempre presente e sono sicuro che se non fossistato coinvolto in modo responsabile da chi miaveva proposto l'esperienza avrei mollato.E'emersa la mia difficoltà a conoscere erapportarmi con gli altri, la timidezza, la paura

di non essere capito.

La motivazione che avevo mi haaiutato a superare tutto questo e lasoddisfazione finale mi ha fattovivere una situazione nuova.

La via si chiudeva in due: uno che si arrampica el’altro che fa da sicura, questo permette diacquisire fiducia nel compagno che devesostenere la corda per evitare la cadutadell’altro.

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9 Esperienze di MontagnaterapiaNotizie da Pagnano d'Asolo

Ora so che se voglio posso fare eaffrontare cose che prima non credevopossiblile, come i miei difficili rapportifamiliari, con l' impegno, la costanza esenza fermarmi davanti alle paure ealle incertezze.Insomma, questa esperienza ha apertoaltre prospettive nel mio camminofuturo.

Roger

Q uando Carmine e Mario mihanno chiamato in ufficio non miaspettavo che mi avessero scelto perquesto percorso. . . evidentemente sonostato scelto per il mio problema, che è quello distare spesso da solo e di non avere la pazienzadi ascoltare i problemi altrui.La sera prima di partire per la prima giornataero un po' pensieroso perchè non sapevo cosami aspettava e non sapevo con chi avrei avuto ache fare.

La mattina, quando sono arrivato sul posto, unragazzo di Mira è subito venuto da me iniziandoa parlare della sua storia. Questo mi ha aiutatoa buttar giù quel «muro» che ho con chi nonconosco e sono riuscito a stare bene con tutti ipartecipanti parlando liberamente di tutto quelloche ci domandavamo.Avrei voluto parlare un po' di più di cose piùprofonde con i minori perchè, avendo figli,capire cosa passa per la testa dei ragazzi magari

può aiutarmi a essere più in contatto con leesigenze e i sogni dei miei due splendidi figli.

In questo esperienza è emersa la mia difficoltànel relazionarmi con persone nuove, la paurache il mio compagno «perdesse» la corda, e chesi distraesse finché scalavo la via.Alla vista della parete da scalare, mi sonochiesto se ce l’avrei fatta oppure no.Al momento del «volo», ho avuto una lungaesitazione e paura perché facevo fatica a fidarmidi chi mi faceva da sicura.

Questa esperienza mi ha aumentato l’autostimaperché arrampicandomi nei punti più difficili,ho stretto i denti e con fermezza ho portato atermine la Via. Ho imparato ad abbattere quelmuro che mi faceva isolare dalle persone!Da questo corso mi sono portato via la voglia diconoscere persone nuove e di aprirmi con ilprossimo senza avere pregiudizi.

Confrontandomi con gli altri, i pensieri negativisi volatilizzano e mi sono reso conto che anch’ioposso aiutare gli altri con i miei consigli oesperienza.

Adriano

Adesso che abbiamo capito come affrontare e

superare le difficoltà…Ci vediamo alla prossima

esperienza!!! Grazie a tutti!

Roger e AdrianoAttrezzatura: prima di arrampicarci gli istruttori ci hanno insegnatoa mettere l’imbragatura, fissare la corda con un nodo particolaredetto «otto», e ad avere un giusto utilizzo delle scarpette.

Il toponimo Rocca Pendice - che oggi identifica l' intero monte - deriva propriodall'esistenza di un castello costruito in prossimità della sua cima e di cuirimangono solo i ruderi (www.collieuganei. it).

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10 Giardino alimentare a PagnanoNotizie da Pagnano d'Asolo

Avevamo già an-nunciato il progettodi costruire sul terri-torio della Comunitàdi Pagnano d’ Asolo ilGiardino Alimentare,come il tentativo percreare un modello dicoltivazione capace dimettere in relazionealberi, arbusti, ortag-gi ed erbe in modotale che producano ali-menti in maniera continuativa lungo il corsodell'anno, avendo sempre l’attenzione a favori-re lo sviluppo di tutte le specie che compongo-no il «giardino», che siano in grado a conso-ciarsi ed a collaborare tra loro a partire daquelle già presenti sul territorio secondo lasua storia.

Di fatto la costruzione del «giardino alimen-tare» è una autentica opera di restauro perrestituire l' incanto di un mondo antico eperseguire un disegno di bellezza, utilità esenso del bene comune da conservare per chiverrà dopo di noi. E' anche un doveroso tributoverso un contadino di nome Erminio che haamato e protetto questa terra, per con-segnarcela poi in eredità.

Simbolicamente il giardino alimentare è latraduzione di quei valori sui quali è statacostruita e vive la comunità di Pagnano. Ilgiardino alimentare con le sue regole, i suoiprodotti , i suoi riti di condivisione del cibo, lasua rigorosa etica vuole essere un percorso diperfezionamento per tutti coloro che vipartecipano.

Cosa abbiamo fatto?

Abbiamo iniziato individuando la prima area diintervento. Abbiamo scelto di intervenire dalterritorio d’ingresso alla comunità che rimanea sud-est rispetto alla casa. Abbiamo invitato ilSig. Luca Berdusco a valutare secondo criteriobiettivi quale poteva essere l’intervento daeseguire.

Durante quest’inverno abbiamo proceduto aespiantare tutta la vegetazione che non eraconsona al nostro progetto. E abbiamo valoriz-

zato piante che stavano per essere soffocateda una vegetazione lasciata fuori controllo.

E’ stato un lavoro molto rilevante che hacoinvolto tutta la comunità e alcuni volontari.Abbiamo così avuto la soddisfazione di riap-propriarci di spazi del nostro territorio che lavegetazione rendevano impraticabili. Questointervento ci ha fatto ricavare legna da arderesufficiente per coprire il fabbisogno delprossimo anno.

Una volta fatta pulizia abbiamo proceduto apiantumare piante che daranno un volto algiardino alimentare. Sul territorio boschivo afianco del torrente «Peron» abbiamo sceltopiante adeguate per ogni tratto di habitat.Abbiamo piantumato vicino all’acqua il carpinobianco poi, salendo sul pendio, il faggio, lafarnia, il pado, l’olmo di monte. Sul territoriocoltivato a frutteto abbiamo aumentato lepiante da frutto già esistenti in modo che lospazio sia armonicamente occupato epermetta la crescita di quelle erbe che sonoconsociate, e possiamo raccogliere sia erbeche frutti dagli alberi secondo il volgere dellestagioni. In prospettiva c’è la volontà diintrodurre erbe e piante per arricchire labiodiversità.

Giardino Alimentare a Pagnano

Ecco l'avanzamento dei lavori: in alto a destra il viale d' ingressoprima del «restyling»; a sinistra lo stesso viale, dopol' intervento di pulizia; in basso infine la legna prodotta, cheservirà per il riscaldamento della casa durante i mesi invernali.

A cura dei volontari della comunità di Pagnano

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11 Critica-menteNotizie da Pagnano d'Asolo

A Pagnano d'Asolo è stato attivato il progetto di pre-venzione delle Dipendenze «Critica-Mente». I destinatari diquesto progetto sono gli alunni delle terze medie.Gli obiettivi sono molteplici:1 )incrementare il pensiero critico sulle sostanze psicoattive(alcool e droghe illegali);2)promuovere gli atteggiamenti e le abilità sociali che favo-riscono lo stare bene con se stessi e con gli altri;3)monitorare l’evoluzione degli stili di divertimento e delleconoscenze condivise informalmente dagli alunni.La struttura del progetto prevede un incontro di coordi-

namento e condivisione con i docenti referenti e altri docenti, al quale seguono due incontri inclasse di due ore ciascuno, all' interno dell'orario scolastico. Un terzo incontro viene effettuatonella nostra Comunità di Pagnano d'Asolo, con testimonianze dei nostri ospiti. Infine, comeconclusione, vengono realizzati due incontri con i genitori degli alunni.Nel numero precedente di Punto a Capo abbiamo pubblicato alcune lettere dei ragazzi delledelle scuole medie che hanno partecipato al progetto; ne presentiamo ora altre altre due.

Critica-Mente. Progetto diprevenzione delle Dipendenze

Cari M. F. e A,Dopo aver sentito le vostre storie – che fino adallora mi sembrava impossibile associarle a unapersona in carne e ossa – non riesco ancora acapire come si fa a fare scelte, a scegliere lastrada più facile anche se più pericolosa, conpoi il rischio di passare il resto della propriavita, o almeno una parte, in malo modo,dipendenti da quella sostanza. Ma con le vostreesperienze però ci avete insegnato cose che inostri genitori non possono insegnarci. Ci avetedato esempi concreti che non sono da seguire. Evoi ce lo avete fatto capire bene. Questi esempici hanno fatto paura. Ma cosa più importante,voi e questi esempi, ci avete dato sicurezza,facendoci capire che non va fatto quello chepurtroppo voi avete fatto.

Grazie per averci chiarito le idee e per averciaperto ancora di più la porta per la stradagiusta, anche se può essere più difficile.Grazie di tutto. D.

Cari M. F. e A.Oggi, venendo nella vostra comunità, mi avetedavvero colpito. Siete riusciti tutti insieme a fraAlberto a trasmetterci qualcosa di veramenteimportante, quella cosa che non si impara daigenitori, quella cosa che un giorno, magari nonmolto lontano, ci potrebbe salvare la vita. Credoche molti ragazzi tra noi - impazienti di provareuno spinello a causa di cattive compagnie –abbiano davvero capito qualcosa. .

La comunità non è semplice da affrontare,perché è l’unico rifugio dove non potersinascondere da voi stessi. Abbiamo veramenteappreso, grazie alla vostra testimonianza, moltecose, perché ci avete insegnato che “fino aquando una persona non confronta se stessanegli occhi e nel cuore degli altri, scappa”, eanche se potrebbe sembrare la via più facile èquella più pericolosa.

So che non è stato semplice raccontare i vostrierrori davanti a una ottantina di persone,ricordare gli sbagli passati e non piangere, nonmollare, anche se eravate circondati da buio,paura e disperazione. Mi anche colpito il fattoche non vi interessa per quanto tempo ancoradovrete rimanere in comunità.

Vi ringrazio per questa bellissima e istruttivaesperienza, che ha toccato il cuore di tuttiquanti e ha portato nuove conoscenze nellanostra vita. F.

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Il PartenoneA cura di Paolo Lenarda

12 Il PartenonePaolo vi racconta

Paolovi racconta

Atene è, oggi, la capitale dellaGrecia: una bellissima città sovra-stata da una collina dove, giàcinquecento anni prima di Cristo,gli antichi greci hanno costruito unmaestoso tempio per adorareMinerva dea della sapienza e dellearti: il Partenone.Con l’avvento del Cristianesimo lacostruzione è stata trasformata inuna chiesa e, attorno al 1450, dopoche i turchi hanno conquistato laGrecia, è diventata una moschea.Le trasformazioni subite nel corsodei secoli hanno portato notevolimodifiche alla struttura originale mail Partenone non aveva mai perso le carat-teristiche e il pregio di un grande meravigliosotempio greco.Esploratori e pittori, fino al 1600 sono riuscitia vedere, a descrivere e a riprodurre la bel-lezza originaria del Partenone.Oggi il Partenone è un rudere bellissimo,importantissimo e molto visitato. Un nobile,elegante, rispettato rudere pieno di storia, diricordi e di opere d’arte che ci permette,ancora, di intuire la sua originaria maestosagrandezza.

Chi ha distrutto il Partenone?E’stata la Repubblica di Venezia: siamo statinoi.

Nei suoi mille anni di vita, la Repubblica diVenezia ha avuto, per 500 anni, rapporti con iturchi: erano rapporti commerciali, ma anchedi guerra: invidia commerciale, sete di potere,desiderio di nuove conquiste territoriali,diversità e odio religioso.

L'episodio più famoso è più cruento è labattaglia navale di Lepanto, quando, nel 1571 ,Venezia comandava la Lega Santa, contro l’Impero turco. La battaglia finisce con lavittoria della Lega, ma lascia, fra le due parti,circa 40.000 morti in mare e 200 navi cattu-rate o affondate.

Nel 1684 inizia una nuova, lunga e difficileguerra contro i turchi, condotta, per Venezia,da Francesco Morosini, futuro Doge. I turchi,che occupavano la Grecia, si difendevano dall’interno del Partenone, dove tenevano anchearmi ed esplosivi. Morosini non ha avuto alcunrispetto per la storica e antica costruzione e, il25 settembre 1687, al tramonto, con un colpodi mortaio, Venezia colpisce il Partenone e lodeturpa per sempre.

Qui mi fermo per permettervi di pensare alletragedie e alle distruzioni dei secoli passati e aquelle di oggi ed invitarvi a considerare chesolo la cultura, e la comprensione potrannopermettere la salvezza dei popoli e della lorostoria.

Il nostro presidente, il dr. Paolo Lenarda, è un appassionatoesperto di storia e arte. Ha colto con entusiasmo l' idea dicondividere con noi la sua esperienza offrendoci, in questoe nei prossimi numeri, una nuova rubrica: «Paolo viracconta». In essa gusteremo il racconto di eventi, aneddotie curiosità, che ci condurranno lungo i sentieri della storiaa visitare alcune tra le infinite tappe che l'uomo hapercorso nella sua straordinaria vicenda.

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Dal buio alla luce

Sei anni fa ho preso una strada sbagliata,difficile e senza via d'uscita. Un tunnel che peranni mi ha portato solo alla distruzione di mestesso, e mi stava portando anche alla perditadella mia famiglia. Ero incontrollabile. Nem-meno la mia compagna riusciva a tenermi lon-tano da quel mondo, sarei arrivato anche alpunto di lasciarla, perché quando io mimettevo in testa di fare una cosa non c'eranulla e nessuno che mi facesse cambiare idea.Adesso sono in comunità da quasi sette mesi.Mi sono reso conto di cosa stavo perdendo acausa del mio egoismo.Sono stato molto fortunato ad avere unacompagna che nonostante tutto ha semprecreduto in me e non si è mai arresa. Grazie alei nostra figlia è una bravissima bambina,perché le ha dedicato tutto il tempo di cuiaveva bisogno. La ringrazio per averla ac-compagnata incontro a me, dappertutto. Ladistanza di questi anni mi ha fatto capirequanto sia importante la mia famiglia e quantosia innamorato di loro.Ora inizio a vedere una luce dopo tanti anni dibuio, intravvedo il mio traguardo. Tra un po' dimesi saremo tutti assieme ed io non sarò più la

persona che ero prima. La mia compagnapotrà contare su di me, e tutte le scelte leprenderemo assieme. Perché ho capito cheessere egoisti in un rapporto non fa bene, eche le cose vanno fatte in due, dialogando econdividendo tutto. Patrick

Al Maneggio

La comunità mi ha dato l'opportunità di fareun'esperienza di lavoro in un maneggio.Questa notizia mi è stata data dall'operatriceRoberta. Recatomi con padre Alberto sul luogodi lavoro ho conosciuto la direttrice. Il lavorosi svolge dal lunedì al venerdì, al mattino, e inquesta esperienza ho le mansioni di dare damangiare ai cavalli, pulire i box, e qualchealtro lavoro all' interno della stalla. Ogni giornoho questi compiti.All' inizio è stato un po' pesante, ma con ilpassare dei giorni ho acquisito manualità,praticità e velocità. Inoltre ho acquisitosicurezza in me stesso.Nel maneggio ci sono cavalli e poni daaccudire, oltre a cani, gatti, galline e papere.Tra loro c'è anche «Agonia», una gatta chemiagola sempre perché è cresciuta in ap-partamento, ma poi è stata abbandonata neipressi del maneggio. . . e di lei ci prendiamoparticolarmente cura!Ciao a presto!

La nostra vita in comunitàA cura dei ragazzi della comunità di Mira

13 La nostra vita in comunitàImpronte Colorate

La storia personale, le relazioni con sè e con gli altri, i desideri ele aspettative per il futuro.. . La comunità è il luogo per«riprendere in mano la propria vita e farne un capolavoro».Ma la strada è in salita! La voglia di farcela e di ricostruirsi unavita per un futuro migliore si intreccia con la quotidiana fatica dicamminare assieme, fidandosi gli uni degli altri, verso la mètacomune. Eccoci allora a condividere con i nostri lettori le nostreesperienze e riflessioni, le fatiche e le speranze, maturate inquesto affascinante percorso che ci conduce a scorgere nuoviorizzonti per la nostra vita.

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14 La nostra vita in comunitàImpronte Colorate

Com'ero e come mi vorrei

Ciao a tutti, mi chiamo Massimo e sono unragazzi di 34 anni. Ho problemi di tossico-dipendenza da circa 10 anni, e questo mi haportato anche a commettere reati per man-tenermi il vizio. Sono in comunità da un mese,ed è la prima volta che decido di cambiare lamia vita una volta per tutte, affidandomi allacomunità Olivotti di Mira.

Questo spazio sul Punto a Capo che mi è statodato lo voglio usare per spiegare com'ero ecome vorrei essere, nei confronti della miaragazza, della mia famiglia, e di me stesso.Come prima cosa vorrei precisare l' importanzadi averli ancora vicini. Perché è fondamentalesapere che c'è ancora qualcuno che crede inme, che ha fiducia e che mi ami cercando distarmi vicino, nonostante tutto il male che hoprovocato, oltre a tutto quello che ho fatto ame stesso.

Qui in poco tempo mi sono trovato adaffrontare un'altra realtà, rispetto a quella diprima. Una realtà fatta di regole, responsa-bilità e lealtà, senza quella maschera che ave-vo prima. Tutto questo senza essere circonda-to dai miei affetti. Solo qui, grazie all'aiutodell'équipe e alla voglia di voltare pagina, hocapito che devo prendermi cura di me stesso.È infatti solo conoscendo me stesso, i miei li-miti e le mie capacità, che potrò finalmentetornare ad essere libero e mostrare realmente,non solo a parole o con false promesse, quantoimportante sia la mia famiglia per me.

Spero di riuscire in quest' impresa, e so già chesarà la sfida più dura della mia vita.Ho finalmente capito che se non cambio io nonpotrò mai promettere un futuro alla miaragazza, né potrò mai essere un appoggio allamia famiglia quando avrà bisogno di me, comeio ho avuto bisogno di loro. È dura per mestare fisicamente lontano dai miei affetti, eaffrontare tutto questo. Ma sarebbe ancora piùdura continuare a far finta che vada tutto

bene. Nascondendomi dalla verità mi ritrove-rei ancora una volta da solo, non sapendo ap-prezzare quello che ho e pensando che tuttomi sia dovuto. Io spero di averlo capito, e dicominciare una nuova vita da uomo libero.

Massimo

Punto a capo

Punto a capo. Credo che non ci sia titolo piùappropriato per descrivere l'entrata in comu-nità. Perchè per me ha significato la chiusuradi un capitolo e l' inizio di uno tutto nuovo. Perdescrivere questo con poche parole posso diredi avere deciso, finalmente e dopo infiniti vanitentativi, di uscire dalla mia vita di tossico-dipendente, fatta solo di amicizie di conve-nienza, bugie, delusioni, e chi più ne ha più nemetta.

Non voglio usare le solite frasi fatte, che ladroga uccide o rovina la vita e ogni rapportosociale; anche se sono tutte grandi verità.Sono proprio questi infatti i motivi che mihanno portato a cambiare la mia vita. Ma lacosa per me più importante e difficile èriuscire a chiedere aiuto a chi ci è vicino e civuol bene. Nel mio caso sono i miei genitori,che nonostante tutto mi hanno sempre aiutato.Quando finalmente ho deciso di affrontare ilmio problema mi hanno accompagnato al serd,dove insieme all'assistente sociale ho deciso dientrare in comunità per un programma tera-peutico. E per la precisione nella comunitàOlivotti di Mira, dove al suo interno ho trovatoun'équipe terapeutica meravigliosa e compa-gni di ogni età che mi hanno fin da subito fattosentire a mio agio.

L'entrata in comunità è solo la parte di unpercorso fatto di convivenza, regole, gruppiterapeutici in cui aprirsi e confrontarsi con glialtri. Tutto questo fa parte del lavoro chedobbiamo fare su noi stessi per affrontare ilmondo che sta fuori e per riuscire a nonricadere nel capitolo che con tanto impegnoora siamo decisi a superare.

Denis

Solo qui, grazieall'aiuto dell'équipee alla voglia divoltare pagina, hocapito che devoprendermi cura dime stesso. È infattisolo conoscendome stesso, i mieilimiti e le miecapacità, che potròfinalmente tornaread essere libero. . .

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15 La nostra vita in comunitàImpronte Colorate

Un passo alla voltaper la prima volta

Ciao!Prima di tutto ti ringrazio peraver iniziato a leggere questoarticolo su di me! Io sonoSimone. Dopo anni di sbagli,delusioni, isolamento, scelteaffrettate e sbagliate, sono ar-rivato all'età di 32 anni senzaun futuro concreto, duraturo esicuro. Non avevo mai cercato o chiestoaiuto in passato, nonostante i miei genitoriabbiano cercato di aiutarmi in tutti i modipossibili, morali e psicologici.Ero giunto al punto di non credere più in mestesso, mi ero rinchiuso in casa convincen-domi che non ci fosse più speranza per unfuturo, e che l'unica via che mi era rimastafosse l' isolamento. Mi rifugiavo nei miei pen-sieri, e nelle mie cose acquistate con lavorisaltuari. Nonostante lavorassi in regola –seppur occasionalmente – e fossi pulito dareati, non credevo di potercela fare ad esse-re autonomo.

Adesso mi rendo conto che lavoravo perisolarmi, per costruirmi il mio mondo arti-ficiale attorno a me, in quella camera daletto che ormai da cinque anni era diventatail luogo in cui passavo gran parte della set-timana, fra computer, videogiochi ed inter-net. In quella camera infine ho fatto entrarele sostanze, ragazze «sbagliate», e alcuniche facevano uso di sostanze.

Mentivo a me stesso e restavo fermo aguardare gli altri e i miei amici che cos-truivano il loro futuro. Il tempo passava, e lasituazione dentro di me peggiorava sempredi più, al punto da esasperare la mia soffe-renza. La mia famiglia, ormai sfinita dal miomalessere, si è rivolta al serd.

Per un mese sono stato lontano da sostanze,nonostante credevo non servisse ad aiutar-mi. Ho presto disertato il serd, e credevoormai che fosse tutto finito, data la situazio-ne. Finché un giorno gli operatori del serdvennero a trovarmi a casa, e mi dissero cheormai non c'era alternativa che entrare incomunità.

Qui posso fare questo profondissimo cam-biamento di me stesso, a cui prima non davoalcuna importanza. Iniziato cinque mesi fa,mi fa rendere conto che avrei dovuto preoc-cuparmene prima di lasciarmi annegare nelnulla. Ora, pur avendo iniziato con dolore esofferenza, non mi sono lasciato di nuovoandare. Sto riscoprendo quanto sia impor-tante per me avere fiducia in me stesso, enon solo. Qui non si da' spazio alle fantasieinsensate, ma si realizzano seri progetti perognuno di noi. Ora mi si sta riaccendendo lasperanza, da tempo rimasta soffocata oaddirittura spenta.

Ci si deve dare del tempo per conoscersi edaccettarsi per come si è. Ci deve essere unpunto di partenza per cambiare radicalmen-te una volta per tutte, con nuova forza, perun futuro migliore. Ora sto cambiando, stovedendo la mia vita con nuovi occhi, che misono stati dati per poter finalmente essereautonomo e felice.

Simone

Ci si deve dare del tempo per conoscer-si ed accettarsi per come si è. Ci deveessere un punto di partenza per cam-biare radicalmente una volta per tutte,con nuova forza, per un futuro migliore.

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16 La nostra vita in comunitàImpronte Colorate

A più mani, com

e

anchenella vita

Il gruppo terapeutico

Il gruppo terapeutico di cui vogliamo renderviparte con questi nostri pensieri prende vita conl'obiettivo – la speranza – di poter fornire unospazio nel quale favorire il confronto e l'ascoltoreciproco tra compagni di percorso, uno spaziolibero e accogliente nel quale ogni pensiero èautorizzato, ogni vissuto emotivo è libero diessere espresso, il senso di sé possa essereaccolto e continuare a svilupparsi.

È importante che i membri del gruppo possanoavere a disposizione un luogo sicuro nel qualepoter ascoltare e riconoscere i pensieri cheattraversano la mente senza l'uso di sostanze.Il gruppo terapeutico diventa un gruppoesperienziale: uno spazio, cioè, nel quale si faesperienza di relazione e di condivisione, diprendersi cura dell'altro e di essere a propriavolta accuditi, avendo la possibilità in questomodo di consolidare un senso di sé spessofragile, immaturo. Si lavora quindi sulle dinami-che interpersonali che prendono vita nel grup-po, giungendo così a focalizzare le modalità re-lazionali caratteristiche di ognuno, l' immagineche ciascuno ha di sé e dell'altro.

E io, come conduttrice, che ruolo ho? Lo descri-verei come il mestiere della tessitrice, che in-treccia e annoda i fili delle esperienze e dei lorosignificati, contribuendo a rendere l' immaginedi ognuno più chiara, a focalizzare i nuclei disofferenza ma anche le enorme risorse dispo-nibili.

Vorrei concludere questa breve introduzioneringraziando Nicolò, Lorenzo e Andrea, che mihanno accompagnata nella stesura di questariflessione. Sono soddisfatta per aver offertoloro uno spazio di riflessione che così tanto siallontana dai comportamenti agiti e poco pen-sati che ben conoscono, e sono orgogliosaperché hanno saputo cogliere la mia solle-citazione dimostrando un bagaglio di risorse af-fettive e riflessive, con cui se vorranno potrannoattraversare il viaggio tortuoso, complicato maemozionante che è la vita.

Emilia

Tutto nasce dalle relazioni

Da più di un anno frequento gruppi terapeuticianche all'esterno di un percorso comunitario.Per mia esperienza e per l'aiuto che ne horicevuto, credo sia lo strumento più importanteper una crescita individuale all' interno di unqualsiasi contesto sociale. In generale ho vis-suto gruppi di tipologia ed intensità diversi traloro, e tutti utili, interessanti e carichi d'ener-gia.

Il simbolismo del «cerchio», la condivisionedelle esperienze, il donarsi anche i segreti piùnascosti, l'aiuto reciproco. . . questo ed altroancora mi piace ed anche mi «intriga» deigruppi terapeutici.Tutto nasce dalle relazioni, e qui c'è la pos-sibilità di sviluppare conoscenze in profondità.

Emilia, coordinatrice dell'équipe terapeutica, assieme ad Andrea, Lorenzo e Nicolò, ospiti incomunità, raccontano la propria esperienza all' interno del gruppo terapeutico. Un racconto «a piùmani», che ora condividono con i lettori di Punto a Capo.

Descriverei il ruolodi conduttricecome il mestieredella tessitrice,che intreccia eannoda i fili delleesperienze e deiloro significati,contribuendo arenderel' immagine diognuno più chiara,a focalizzare inuclei disofferenza maanche le enormerisorse disponibili.

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17 La nostra vita in comunitàImpronte Colorate

In particolare nel gruppo piccolo che condividouna volta alla settimana in questo percorso, lasensazione è che non ci sono maschere. Il postogiusto per essere completamente se stessi.Considerazione ed ascolto, che è poi quello dicui tutti abbiamo bisogno.

Le maschere che sempre indosso nella vita ditutti i giorni, dentro questo gruppo cadono.Essere smascherati fa male, fa arrabbiare, ma èanche l'unico modo di entrare in contatto con iltuo Io più vero e profondo. Perchè l' Io super-ficiale è bravo a nascondersi dietro una corazzadi paure fatta di schemi e convinzioni non sani.Una corazza di difese costruite in anni con falserelazioni, vissute con grande sofferenza.

Lorenzo

Un ciclo di crescita che non ha fine

Nella vita comunitaria il gruppo terapeutico èsecondo me il momento più costruttivo nelperiodo che una persona vive in questo tipo distrutture. Il nostro gruppo inizia sempre conuna frase che insieme diciamo per dare inizioad un momento in cui lasciamo da parte tutto eci concentriamo su di noi.

Quando parlo in gruppo cerco di aiutare l'altroe me stesso, cercando un equilibrio funzionale,e cerco di comprendere lui e capire meglio me.Spesso la difficoltà sta nel ricevere un rimandoche può essere preso come un attacco, ma lavera forza sta nel cogliere l'aiuto, allora si checambia tutto.

Ormai mi sento in armonia con questacomunità, e sono legato a tutto ciò che ne faparte, perché mi ha cambiato in meglio e mispinge ogni giorno ad andare incontro ai mieiproblemi.

Mi sento sempre in obbligo durante il gruppo didare il mio parere, in ogni circostanza, e aricevere tutto, da qualsiasi persona, perché iosono qui per cambiare, e per dare alla mia vitauna svolta e una marcia in più, perché so diaver sbagliato.

Ho fiducia nell'équipe, e avere un operatore lìcon noi mi aiuta a poter dire tutto ciò che pensopossa fare del bene a noi utenti, e so che sesbaglio loro sono lì, a farmi comprenderel'errore e quindi si crea un ciclo di crescita chenon ha fine. So di essere migliorato in moltiaspetti che mi serviranno in futuro, e so che hoancora molto da imparare, ma dentro questogruppo mi sento al sicuro, e finalmente possodire di essere libero.

Andrea

Nel gruppo avviene il cambiamento

Il gruppo terapeutico è indubbiamente lo stru-mento della comunità più importante nel qualeci si confronta con gli alrti utenti, con la pre-senza degli operatori.Quando si arriva in comunità, si crede diarrivare in un posto lontano dai pericoli, dovedopo un po' di tempo ci si dimentica dellesostanze e si può tornare ad una vita normale. . .Ovviamente non è così semplice! ! !Anch'io sono arrivato in comunità dal carcere,con una lunga storia di spaccio e dipendenzadalla droga. Il lavoro che si fa e che ancora oggisto facendo è trovare un equilibrio, ricominciaread apprezzare quello in cui non credevo più,tirare fuori il buono che non sapevo più di averee fare i conti con tutte quelle cose che mi hannosempre fatto male, che tenevo dentro e non homai superato.

Le maschere che sempre indosso nella vita di tutti i giorni, dentroquesto gruppo cadono. Essere smascherati fa male, fa arrabbiare,ma è anche l'unico modo di entrare in contatto con il tuo Io piùvero e profondo. Lorenzo.

Spesso la difficoltà sta nel ricevere un rimando che può esserepreso come un attacco, ma la vera forza sta nel cogliere l'aiuto,allora si che cambia tutto. Andrea

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18 La nostra vita in comunitàImpronte Colorate

Praticamente la mia normalità era la miaanormalità, mi ero incasinato la vita e qui ci sipuò mettere dentro di tutto: la paura di esseregiudicato, di affrontare le cose, di dire allepersone ciò che si pensa, imparare a conoscersied essere onesti con se stessi, capire quello chein passato nel nostro vissuto non ha funzionato,e capire come una scelta sbagliata può cambia-re la nostra vita, figuriamoci una serie di man-canze familiari cosa possono fare; per poi pas-sare a tutte le modalità che ci si crea quando sientra nel mondo della droga, le relazioni solo diinteresse, le bugie che si raccontano, l' incapa-cità di essere onesti con chiunque. Ed è proprioin gruppo che ci si confronta con gli altri e cheavviene il cambiamento. Il gruppo è per me unmomento speciale, se ne fa uno al giorno delladurata di un'ora, con la presenza di un tera-peuta.

Qui cadono tutte le barriere e si entra in intimi-tà con gli altri ragazzi, si parla di tutto e spe-cialmente di ciò che si è veramente, tutti diconocosa ne pensano e spesso fa male, ma serve amigliorarsi. Grazie al gruppo ho preso fiducia inme stesso, ho imparato ad instaurare con lepersone delle relazioni vere. Non mi è servitosolo per vedere le cose negative di me che nonandavano, ma anche per scoprire tante risorseche non immaginavo di avere. Sento infine didover ringraziare la mia terapeuta e tuttal'équipe per avermi fatto vedere che stradaprendere, perché ho la sensazione che mi stan-no salvando la vita.

Nicolò

Conclusione

Partendo dalla sollecitazione iniziale «Il GruppoTerapeutico», il pensiero ha oscillato tra fun-zione del gruppo e percorso terapeutico comu-nitario. Emerge quindi come il gruppo, nelcontesto della Comunità Terapeutica, diventauno spazio a sé, ma al contempo integrato ed«aperto».

Se la Comunità Terapeutica èun luogo sicuro nel qualepoter sperimentare la relazio-ne con l'altro e le emozioni«vive e grezze», il gruppo è lospazio in cui tali emozioni erelazioni vengono amplificateed elaborate, permettendo unalenta e graduale digestione deivissuti e delle esperienze.

Abbiamo scritto questi pensie-ri «a più mani», perché ci ren-diamo conto che solo nel con-fronto e con il sostegno del-l'altro tutto prende forma:com'è in gruppo, dove il con-tributo e il rispecchiarsi con

l'altro permettono di consolidare il senso di sé,così è stato in questa sede dove l' integrazionedei nostri pensieri ci ha permesso di consolidareun senso comune del Gruppo terapeutico e delpiù ampio Programma Terapeutico. Ma così èanche nella vita. . .

Specialità Oven

Questa è una ricetta che ci è stata data inRussia, e precisamente in Siberia, da unasignora del posto. Sono dei biscotti di avena enoci.

Ecco gli ingredienti:2 bicchieri di fiocchi di avena2 uova intere1 bicchiere di farina1 kg di burro1 bicchiere di noci tritate¾ di bicchiere di zucchero½ cucchiaino di vaniglia

Esecuzione:Mescolare il burro, lo zucchero e la vaniglia.Sbattere bene e poi aggiungere le uova.Quando l' impasto è ben amalgamatoaggiungere la farina, le noci e l'avena, emescolare bene.Preparare la piastra del forno con la cartaforno, e distribuire l' impasto a mucchietti (¾ dicucchiaio).Informare a 180° per 15-20 minuti.

Ora gustateviquesti biscottiche sonoenergetici e dirapidaassimilazione,ottimi per fornireenergia e calorie,per affrontare ilfreddo invernale!

Piergiovanni

Grazie al gruppo ho preso fiducia in me stesso, ho imparato ad instaurare con le personedelle relazioni vere. Non mi è servito solo per vedere le cose negative di me che nonandavano, ma anche per scoprire tante risorse che non immaginavo di avere. Nicolò

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I l Brasile, ufficialmente Repubblica Federa-tiva del Brasile, è una repubblica federale del-l’America meridionale.La maggior parte del paese si trova nella zonatropicale, dove le stagioni non sono parti-colarmente ostili dal punto di vista climatico,grazie alla sua vegetazione e al clima, è unodei paesi con il maggior numero di specie dianimali al mondo. Pprecedentemente abitatoda indigeni, il Brasile fu scoperto dagli europeinel 1500, da una spedizione portoghese gui-data da Pedro Alvares Cabral. La sua primacapitale fu Salvador, che fu sostituita da Riode Janeiro fino a quando non si fece una nuovacapitale, Brasilia.

La regione in cui vivevo io era Paraiba, aNord-est, precisamente a Joao Pessoa a dueore dal mare, in un quartiere sopra una collinachiamato Alto Do Mateos.Da bambino, assieme agli amici, andavo agiocare a calcio in un campo vicino a casa,tutti rigorosamente a piedi scalzi, passavamoore sotto il sole cocente finchè, stanchi, cispostavamo verso i fiumi vicini per fare un belbagno.Ci divertivamo a tuffarci dagli alberi uno dopol’altro, a giocare ancora a pallone o a

19 Il mio BrasileDiari di viaggio

Diaridi viaggio

Il mioBrasile

. . . e graziealla suavegetazione eal clima ilBrasile è unodei paesi conil maggiornumero dispecie dianimali almondo.

La maggior parte del paesesi trova nella zonatropicale. . .

Qui a sinistra: una cascata formata dal corso del fiume Iguazù,che nasce nei pressi di Curitiba, e prima di confluire nel Paranàdelimita il confine Tra il Brasile e l'Argentina.

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catturare i granchi. Verso il pomeriggio cispostavamo verso un frutteto di mango,passavamo ore sopra gli alberi e tornavamo acasa con la pancia piena. La cena la passava-mo a casa ma subito dopo tornavamo fuori,questa volta però davanti alla chiesa. C’era chigiocava a domino, chi a biglie e chi chiac-chierava.

Il clima brasiliano ha una grande varietà dicondizioni atmosferiche, vista la ricca evariegata topografia del suo territorio, comun-que si può considerare che la maggior partedel paese ha un clima tropicale.

Questo Paese è il più popoloso dell’AmericaLatina e il quinto più popolato del mondo. IlBrasile ha una società multietnica. La popo-lazione è, principalmente, discendente dagliindios, coloni portoghesi, schiavi africani e didiversi gruppi di immigrati, che sono arrivatinel Brasile soprattutto fra il 1820 e il 1970. Gliimmigrati erano principalmente italiani e por-toghesi, ma anche tedeschi, spagnoli, giap-ponesi e siriani-libanesi.

Ho avuto la fortuna di conoscere il mio bis-nonno materno, indigeno cabocco. Mia mam-ma, spesso, mi raccontava dei riti che usavanofare, come dipingersi il volto, indossare indu-menti particolari o la corona con la piuma dipappagallo, danzare e cantare tutti assieme. Iriti si concludevano mangiando tutti assiemepiatti tipici come la torta di mais e la fagiolata.

Il portoghese è la lingua ufficiale ed è parlatoda quasi tutti i suoi abitanti, fu influenzatodalle lingue africane e indigene.

La foresta brasiliana piùimportante è la ForestaAmazzonica, consideratail polmone verde dellaTerra. E' caratterizzatanon solo dalla sua gran-dezza ma anche dallavarietà di specie animaliche vi abitano.

La religione si è evoluta dall’incontro dellaChiesa Cattolica con la religione tradizionaledei discendenti degli schiavi africani e dellapopolazione indigena. Ricordo che la dome-nica ci trovavamo nella chiesa di Santa Cla-ra, vicino a casa; dopo la messa si festeg-giava assieme tutta la giornata con musica etante buone cose da mangiare!

In Brasile ci sono moltissimi tipi di carnevalea seconda della regione in cui ci si trova.Quello che attrae di più turisti brasiliani èquello di Salvador de Bahia, mentre quello chepiù attrae turisti stranieri è quello di Rio deJaneiro. Con mio fratello, durante questo pe-riodo, andavamo verso la spiaggia dove si ri-univano grandi camion attrezzati con grandicasse musicali, si ballava e si festeggiava. Icamion procedevano lentamente lungo laspiaggia e noi tutti stavamo dietro.

Il brasile è un Paese tanto grande e per questovario, vi ho raccontato le cose belle ma pur-troppo non è tutto così. Vi consiglio comunquedi visitarlo e di conoscere le nostre bellezze ela nostra storia.

20 Il mio BrasileDiari di viaggio

Sotto: la spiaggia diCopacabana, a sud diRio de Janeiro

La statua delCristo

Redentore, aRio de

Janeiro, èalta 38metri;

l'aperturadelle braccia

misura 28metri!

Qui sotto: uno scorcio sulla capitaleBrasilia. A destra: il fiume Guaporé.

Qui a destra unosplendidotramonto

dall'arcipelago diFernando de

Noronha,nell'Oceano

Atlantico.

Rio de Janeiro, inuno scorciopanoramico altramonto

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Tutto è iniziato per gioco. Sembra banale, invece è propriodalle cose più semplici che possono nascere grandi idee.Infatti, l’idea di iniziare a scrivere questa rubrica è nata dalgiocare sul significato di alcune parole, che poi, per l’appunto,sono diventate il titolo di questa rubrica: «Pane, volpe epsicologia». Esso racchiude l’insieme di alcuni concetti com-plessi: ciò che in parte comprende la mia formazione e pro-fessione; la mia passione per l’arte culinaria; e infine il curio-so suggerimento da parte di alcuni, di associare tutto questocon un animale da sempre ritenuto emblematico, come lavolpe.. .

Un ringraziamento particolare va al mio amico Manuel, che ha saputo aiutarmi con le suedoti artistiche, disegnando il logo di questa mia rubrica che ho il piacere di iniziare ascrivere. Roberta

Il piacere di condividereA cura di Roberta, psicologa operatrice nella comunità di Mira

21 Il piacere di condividerePane, volpe e psicologia

Vorrei raccontare la mia esperienza di alcunigiorni fa, avvenuta qui in comunità. Insieme adei ragazzi, abbiamo preparato una ricettagustosa che appartiene alla tradizione agro-alimentare della Valtellina: i pizzoccheri.Insieme ai ragazzi abbiamo preparato questopiatto tipico, condividendo il piacere di speri-mentarsi in cucina e la soddisfazione per lariuscita del piatto. Infatti, il risultato è stato sor-prendente e ben apprezzato da molti commensa-li. Inoltre, davanti a quel bel piatto di pizzocche-ri filanti, si è creato un piacevole momento du-rante il quale abbiamo parlato delle nostre espe-rienze culinarie e di molto altro.

Il punto è che condividere con gli altri le proprieesperienze e i propri pensieri porta a rinforzare ilegami sociali, ad accrescere in qualche modo lenostre conoscenze sulla realtà che ci circonda;ma soprattutto porta anche alla gratificazionepersonale. In quanto, l’esperienza di condividerecon gli altri attiva e utilizza gli stessi circuiticerebrali connessi al senso di gratificazione.Infatti, la possibilità di aver trascorso la mattina-ta insieme ai ragazzi preparando qualcosa insie-me, mi ha permesso di avvicinarmi di più a loro.Inoltre l’importanza di condividere con loro sia illavoro in cucina sia la soddisfazione per la riu-scita di qualcosa, hanno contribuito alla gratifi-cazione personale di ognuno e al piacere di co-noscersi maggiormente.

A questo proposito non mi resta che salutare,lasciando di seguito la ricetta per dei buoni piz-zoccheri valtellinesi, augurando di poter provarelo stesso piacere che ho provato io, nel pre-pararli e gustarli insieme ad altre persone.

INGREDIENTI per 4 persone:320 g di pizzoccheri160 g di patate125 g di burro125 g di spinaci160 g di fontina della Valtellina100 g di parmigiano grattugiato2 spicchi di agliopepe e noce moscata in polvere.

PREPARAZIONE:Lessare gli spinaci e successivamente spadellarlicon un filo d’olio, uno spicchio d’aglio, sale e pepe.Lessare in acqua salata le patate sbucciate e fattea dadini. Verso metà cottura delle patate aggiun-gere nella stessa pentola anche i pizzoccheri, farcuocere per 12-15 minuti e poi scolare il tutto dal-l’acqua.A parte, preparare il formaggio a dadini e scio-gliere il burro in un pentolino dai bordi alti con lospicchio d’aglio, un po’ di noce moscata e pepe.In una teglia mettere uno strato sottile di pizzoc-cheri con le patate e gli spinaci, cospargere conparmigiano e i dadini di formaggio; proseguire inquesto modo alternando i componenti.Alla fine versare il burro fuso, togliendone l’aglio,e mettere la teglia in forno per 5 minuti a 120 °Cper far amalgamare il tutto.

Pane, volpe epsicologia

foto: .mangiarebuono.it

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22Tutte cose da Orto Sconto

Tutte cose da Orto ScontoA cura di Vincenzo Beninato

Tutte cose daOrto Sconto

G iorni fa ho visto di sfuggita che PippoBaudo presenta ancora!Inizialmente mi sono chiesto se avessi man-giato pesante, ma la cosa ha avuto comunquel’effetto di farmi tornare alla memoria la tele-visione degli anni sessanta con i suoi due ca-nali. La programmazione era molto strutturatae rigida, ogni serata offriva una proposta pre-cisa: lunedì film, mercoledì documentario, gio-vedì quiz, sabato varietà, venerdì teatro.Ho ancora viva in mente la qualità di quellaprogrammazione di testi teatrali interpretatida grandissimi attori. Tra questi Eduardo DeFilippo, la sua capacità di recitare solo con gliocchi e le espressioni del suo volto scavato, ele sue commedie: Filumena Marturano, Napolimilionaria, Questi fantasmi…

A proposito di “questi fantasmi”: se ne stannoaggirando parecchi e sempre più numerosinelle nostre città e nei nostri paesi, spesso neiluoghi più impensati e improbabili si fannoquesti strani incontri. Alle Giare, una localitàdel Comune di Mira ai confini con la laguna,un luogo naturalisticamente molto bello mascomodissimo da raggiungere, è facile avvista-re gruppi di ragazzi di colore aggirarsi spaesa-ti come il vecchio che si perde nella nebbia inAmarcord di Fellini.

Chi, magari durante le ferie, ha viaggiato inluoghi isolati, lontani e disabitati, ha sicura-mente incontrato questi fantasmi, che i raris-simi residenti chiamano genericamente africa-ni, come se l’Africa, invece di essere un im-menso continente, fosse una piccola provinciauniforme.

Ai nostri occhi distratti risultano trasparenti,inconsistenti, tutti uguali tra loro. Mi causa unsenso di vertigine pensare, anche per unmomento, a come reagirei io se mi trovassinella loro condizione.

Tutti noi abbiamo vissuto in modo fortuna-tamente sporadico la sensazione di essere fuo-ri luogo, di sentirci agli occhi degli altri invisi-bili, anonimi, non considerati.Credo che questa sia una delle esperienzepersonali più frustranti e dolorose.

Tempo fa ero molto preoccupato per i ragazzistranieri che sono con me ad Orto Sconto: duedi loro avevano in programma il colloquio conla “Commissione” che decide se interrompereo far continuare il loro percorso di ricono-scimento ed ospitalità nel nostro Paese. I mieiragionamenti razionali mi portavano a temereil peggio, non essendo i loro paesi di prove-nienza nella lista di quelli in guerra o governa-ti da regimi dittatoriali.Sono state grandi la mia sorpresa e la mia sod-disfazione nel sapere che l’esito del colloquioera stato positivo. Ho chiesto loro come fosse-ro riusciti a superare la prova, Manuel mi harisposto semplicemente: «Ho raccontato la miastoria».Già, «la mia storia», finalmente la possibilità difarsi conoscere, di parlare un po’ di sé, dellapropria famiglia, delle proprie sofferenze.

Abbiamo più volte definito Orto Sconto unpiccolo laboratorio di integrazione.Nella prima pagina del nostro diario di bordosono riportati i nomi di tutti i ragazzi che inquesti anni hanno condiviso con noi questaesperienza: ormai un centinaio.E’ un segno di quest’impegno che abbiamosempre cercato di onorare: far sì che il contat-to con la terra, il lavoro comune, il rapportoquotidiano aiutassero i nostri compagni distrada a sentirsi riconosciuti e accolti.Il nome e la propria storia sono le tappefondamentali tra il nulla della mancanza diun’identità e l’essere considerati persone.

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2330 Aprile 2017 Giorno della memoria e della riconoscenza

C hiunque sta per entrare nella comunità diPagnano incrocia con lo sguardo sul pavimentodi ciottoli la scritta NANI ERMINIO. Abbiamovoluto così essere sempre aiutati a fare memo-ria di Colui che ci ha lasciato in dono la sua ca-sa e il suo podere.

Sono passati 27 anni dal dono. E sono passati5 anni da quando Erminio è andato in Para-diso: era il 3 maggio 2012. Ogni anno voglia-mo ravvivare la memoria del dono e del dona-tore e potenziare il sentimento di gratitudine.

E’ commovente che Nani Erminio nel 1990abbia avuto l’intuizione che quella sua casache iniziava già a dare segni di decadimentopotesse diventare una bella casa abitata dapersone che volevano intraprendere un per-corso di rinnovamento fisico, morale e spi-rituale.

E’ commovente anche la determinazione diErminio, all’età di 75 anni, di spogliarsi dellasua proprietà e iniziare una nuova vita dicomunità con i Frati Cappuccini nel vicinoconvento di Sant’Anna.

Quest’anno abbiamo scelto ladomenica 30 aprile come gior-no della memoria e del ringra-ziamento. Memoria e ringra-ziamento per un passato che siperpetua nel presente.

Vogliamo vivere questo giornodi memoria e di ringraziamentocon due segni per rinsaldare larelazione con la cittadinanza diPagnano di cui ci sentiamoparte.Il primo segno è un segno chesottolinei l’appartenenza. Percui partecipiamo alla santaMessa nella chiesa parroc-chiale di Pagnano alle ore 9.45.Il secondo segno è preparare ilpranzo per gli amici del Filod’Argento del Maglio di Pagna-no dove andiamo a fare volon-tariato per condividere la loroesperienza.

30 Aprile 2017Giorno della memoria e del ringraziamento

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Per contribuire alle attività della Cooperativa

Anche quest’anno puoi contribuire a sostenere  le attività della  Cooperativa GiuseppeOlivotti s.c.s. , che si occupa di cura e accompagnamento di persone in disagio sociale,

promozione del benessere famigliare,scolastico e di comunità.

Le nostre attività in ambitoSOCIO-SANITARIO:

PERCORSI TERAPEUTICO-RIABILITATIVI ED

EDUCATIVI RIVOLTI A:•Giovani abusatori di sostanzepsicotrope.

PROGETTI DI PREVENZIONE ALLE TOSSICO-DIPENDENZE PER GIOVANI E ADULTI IN:•Disagio Sociale•Disagio minorile•Sostegno alla genitorialità

Le nostre attività in ambito deiSERVIZI AL LAVORO:•Attivazione di tirocini pressoAziende Private•Accompagnamento per soggettisvantaggiati e inoccupati•Formazione personalizzata.

Codice Fiscale: 01514790276

Le agevolazioni fiscali per le liberalità nei confronti di ONLUS sono le seguenti:

1 ) per le persone fisiche: detrazione dall’Irpef del 26% su un importo massimo di 30.000 euro(detrazione massima euro 7.800).2) per le imprese (imprenditori individuali, società di persone, società di capitali, enticommerciali): deduzione dal reddito per importo non superiore a 30.000 euro o al 2% delreddito d' impresa dichiarato.

Se più conveniente per il contribuente, in alternativa ai punti 1 ) e 2) sopra riportati, e cioè siaper le persone fisiche che per le imprese: deduzione dal reddito nel limite del 10% del redditodichiarato e comunque nella misura massima di 70.000 euro annui.

Si fa presente che:- in ogni caso l'agevolazione compete a condizione che il versamento sia eseguito tramitebanca o ufficio postale ovvero mediante carte di debito, di credito e prepagate, assegnibancari e circolari- l'agevolazione compete nell'anno di pagamento (principio di cassa).

Puoi sostenere le attività della Giuseppe Olivotti s.c.s. Onlusanche mediante una donazione:

IBAN: IT10 Y 05034 36180 0000000 64970