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07. Equipaggio della barca a vela e team odontoiatrico. Professionalità e procedure a confronto Franco Tosco 1 Lessicom Srl 1 Socio fondatore, presidente CdA di Lessicom Srl. Area di intervento: organizzazione aziendale, formazione, ricerca e sviluppo, comunicazione e marketing.

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07. Equipaggio della barca a vela e team odontoiatrico. Professionalità e procedure a confrontoFranco Tosco1 – Lessicom Srl

1 Socio fondatore, presidente CdA di Lessicom Srl. Area di intervento: organizzazione aziendale, formazione, ricerca e sviluppo, comunicazione e marketing.

Da un lato abbiamo un gruppo, l’equipaggio di una barca a vela, un team di non professionisti ma con la passione del mare, un gruppo molto af!atato, abituato ad allenarsi e a misurarsi in gare con professionisti e vincendo spesso.Dall’altro abbiamo il team delle risorse umane di uno studio odontoiatrico, da noi ben conosciuto e che seguiamo da anni.Al centro il dott. Sandro Fabbro, proprietario della barca e regatante lui stesso con la funzione di drizzista (il termine e la sua funzione saranno spiegati in seguito nel corso del dell’articolo), e contemporaneamente titolare dello studio odontoiatrico omonimo, dove il team delle risorse umane odontoiatriche svolge il suo lavoro.

Una struttura di servizi alla persona non può prescindere dalla costruzione di pro-cedure a cui tutti, indistintamente, si devono uniformare, qualunque sia il livello delle funzioni ricoperto all’interno del sistema. La chiarezza delle procedure e la precisione nella loro applicazione incide direttamente sulla qualità del servizio fornito e sulla percezione della qualità che di esso l’utente ne ricava.Se ne deduce quindi che la professionalità non può prescindere dalle procedure applicate. Devono procedere di pari passo, perché l’una sviluppa, accresce e giu-sti!ca l’altra.

La precisione nell’applicazione delle procedure nei team di sistemi con !nalità lu-diche che producono spettacolo rivolto a un pubblico (ad esempio i team sportivi) è data per scontata. L’allenamento !sico e mentale richiedono tempi lunghi e i passaggi sono ripetuti all’in!nito, !no a quando ogni gesto non diventa veloce e automatico, assumendo le due componenti fondamentali della precisione e della rapidità. Il risultato di questa fatica è la vittoria che, percorrendo la via della pre-cisione procedurale, esalta la professionalità.

Tutte le strutture che offrono servizi professionali devono applicare questo metodo. Ciò vale per gli studi di architetti, di avvocati, di commercialisti, di consulenti del lavoro, di notai ecc. In questo caso la vittoria è una prestazione che soddisfa il

E subito riprende

il viaggio

come

dopo il naufragio

un superstite

lupo di mare

Introduzione

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cliente e che risponde al suo bisogno, anche se talvolta non chiaramente espresso o magari anche inde!nito. Valga come esempio un progetto di spazio attrezzato richiesto a un architetto che, alla !ne, può entusiasmare il cliente pur essendo assai lontano da quanto pre!gurato all’origine. Tanto più il metodo vale per gli studi clinici dove si risponde al bisogno di salute. Qui la professionalità e le procedure devono necessariamente procedere all’unisono. Anche in questo caso l’obiettivo è la vittoria, dove vincere signi!ca sì scon!ggere il male e rispondere al bisogno del paziente, ma signi!ca anche scon!ggere i competitor e quindi reggere al meglio le s!de del mercato. S!de che, inserite pesantemente dalla crisi nella vita degli studi, diventeranno d’ora in poi componenti strutturali di cui tenere conto nel mondo delle professioni.In particolare, ed è il caso di questo articolo, ci sembra cruciale osservare il rapporto professione/procedure nei team sportivi e in quelli odontoiatrici.

Nel confronto tra i due gruppi, uno amatoriale (l’equipaggio di barca a vela) e uno di professionisti del campo odontoiatrico (il gruppo di risorse umane di uno studio odontoiatrico), quello amatoriale risulta di gran lunga vincente. Rispetto all’applicazione delle procedure, elemento volto a far risaltare la professionalità, le parti sembrano invertite e l’equipaggio di barca a vela sembra essere il team di professionisti, mentre quello delle risorse umane sembra il team amatoriale. Basti osservare come descrivono i loro allenamenti, la differenza delle mansioni e la loro unicità (un operatore è sostituibile, ma il risultato complessivo diventa minore), la necessità di provare più volte le azioni tutti insieme (minori prove col-lettive, minore qualità !nale), la selezione dei membri del team (un soggetto può essere molto bravo, ma deve essere escluso se crea tensioni nel gruppo), l’autono-mia operativa sotto la direzione unica del capo, il comando a colui che sa meglio tenere insieme il team, ecc.

Probabilmente il dialogo che qui si propone (e che si vorrebbe trasformare in un format) va a mettere in discussione l’importanza della formazione per le risorse umane del team odontoiatrico. A volte essa è vista come non necessaria, un costo aggiuntivo, un’azione che può essere svolta in studio con il semplice af!ancamen-to. Qui sembra emergere che la formazione del gruppo, l’esercitazione comune, l’allenamento individuale e la memorizzazione dei vari passaggi procedurali sono invece un valore aggiunto percepito dai pazienti e un aumento della produzione che mira, anche in questo caso, alla vittoria.

Equipaggio barca a vela

Roberto Manzan - TimoniereSandro Fabbro - DrizzistaLuciano Sera!ni - LogisticaMassimo Vischi - TailerGianni Boscarol - ProdiereFabrizio Medeossi - Aiuto prodiere

Partecipanti a confronto

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Equipaggio della barca a vela e team odontoiatrico.

Professionalità e procedure a confronto

Manuel Polo - RandistaPaolo Leghissa - Tailer

Team studio odontoiatrico

Simona Bevilacqua - Segretaria Marika Turoldo - AssistenteHanna Tonetti Vatula - Assistente

Moderatore: mi interessa, nel dialogo con voi, confrontare le due situazioni. Perché è vero che esiste lo stesso capo al vertice dei due team. Ma essere capo delle risorse umane è più facile, perché rispetto ai dipendenti si possiede lo status di medico e di soggetto che paga gli stipendi. Nel caso dell’equipaggio su una barca a vela, invece, si è operativamente uno dei membri che trascorrono insieme il proprio tempo libero. Quindi valgono molto di più la stima personale, la leadership, come si è costruito il gruppo, i modi di stare insieme, come il gruppo si autoseleziona e si è autoselezionato nel tempo. Inoltre il gruppo che compone l’equipaggio di una barca a vela ha un obiettivo preciso oltre al divertimento, ed è vincere.

Dott. Sandro Fabbro: una delle qualità che di sicuro possediamo, e secondo me sta qui la nostra grande forza, è riuscire a stare insieme. Cosa molto rara. Non so quali siano state le alchimie che hanno funzionato. Ci siamo trovati anche noi in situazioni un po’ sgradevoli, però alla !ne il gruppo è rimasto solido, stabile per 12 anni. Non so di chi sia il merito, ma così è. Il merito penso sia di tutti quanti. Siamo tutti abbastanza af!ni, riusciamo a integrarci bene.

Moderatore: ma qual è il criterio con cui vi siete messi insieme all’inizio?

Dott. Sandro Fabbro: secondo me è stato un caso, ognuno si conosce via via durante la selezione.

Roberto Manzan: tutto è nato dal bisogno di avere una !gura particolare su questa barca, il 10 x 10. Le persone sono montate a bordo uno per volta, il gruppo non è mai andato avanti da solo. Per primo è arrivato il dott. Fabbro. In seguito, lui ha presentato un amico, il quale ha partecipato con noi alle regate. Questo gruppo, insomma, si è creato un po’ per volta. Eravamo tutti di Monfalcone e avevamo la barca lì e di conseguenza si tratta di un gruppo nato pian piano. Abbiamo fatto alcune regate e ci siamo trovati bene e abbiamo proseguito insieme.

Moderatore: secondo voi c’è stato qualcuno che ha selezionato più degli altri, oppu-re lo avete fatto tutti? Da quello che dice Gianni Boscarol la selezione l’avete fatta tutti insieme, mentre mi pare di cogliere dal discorso di Roberto Manzan che sia stata invece una selezione più mirata, non so se dettata dal dott. Fabbro, dal primo arrivato, però una qualche forma di selezione mi pare di capire che l’avete fatta.

Dialogo

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Massimo Vischi: sì, c’è stata la selezione perché c’è bisogno di tanto tempo, tanta dedizione, molte volte si esce e non si fa niente perché non c’è vento, poi si torna a casa e ce n’è troppo, e questa è già una selezione naturale. La priorità numero uno è stare su una barca a vela durante le regate. Questo è un aspetto per cui in 12 anni il nostro gruppo ha visto passare una ventina di persone diverse. È chiaro, ci va costanza. Chi non aveva questa priorità, nella selezione naturale si autoeliminava.

Moderatore: quindi la selezione è così dura? Cioè, in 12 anni più di 20 persone sono passate e se ne sono andate?

Roberto Manzan: sì, sicuramente. Se mettiamo giù i nomi delle persone che sono passate, forse anche di più. Ma è naturale che sia così, perché la barca non ha bisogno di 6 o 7 Gianni (che svolge il ruolo di prodiere) o di 6 Roberto (che fa il timoniere), o di 6 dott. Fabbro (che è il drizzista). La barca ha bisogno di 2 persone sul tailer, 1 randista, 1 prodiere, 1 doppio prodiere (aiuto prodiere); le !gure sono quelle.

Moderatore: quindi voi siete tutti specializzati in un settore? Non siete sostituibili l’uno con l’altro?

Roberto Manzan: diciamo che una persona può anche fare qualcos’altro, però ognu-no ha il suo ruolo e deve fare solo quello.

Moderatore: questa divisione di compiti invece è molto più teorica che reale all’in-terno dello studio odontoiatrico. Teoricamente il team di uno studio è un gruppo selezionato (anche con delle forme di esclusione particolari), ma le funzioni sono abbastanza interscambiabili tra loro. Ad esempio la segretaria che va a fare l’as-sistente al medico, l’igienista che a volte svolge entrambe le funzioni (segreteria e assistenza), i pagamenti che non sempre vengono fatti fare dalla stessa persona ecc. Mi interessava vedere proprio questo aspetto. In un equipaggio di una barca, che cosa succede se manca una !gura precisa, ad esempio il prodiere?

Tutti: siamo nei guai!

Dott. Sandro Fabbro: Roberto forse può spiegare bene quali sono i ruoli fondamen-tali a bordo di una barca.

Roberto Manzan: l’informazione principale è che dalla prua alla poppa ci sono persone ben precise. La prua è quella che sta davanti e la poppa è quella che si trova dietro. Questo vale sia sulle barche grosse sia su quelle piccole. Le !gure a bordo sono sempre le stesse, a prescindere dalle dimensioni della barca. Alla prua si trova il prodiere, che lavora e si arrangia sulla parte davanti della barca. Il suo ruolo non è sostituibile da altre !gure del gruppo o, se vogliamo, è sostituibile ma a un livello più basso. Diciamo che è possibile sempre far tutto, ma se si vuole partire

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per mare o partecipare a una regata e vincerla dobbiamo avere necessariamente queste !gure: un prodiere e due tailer (cioè i due che stanno a destra e a sinistra della barca e regolano le vele, girano le manovelle).

Dott. Sandro Fabbro: devo fare una precisazione, ci si può trovare in situazioni molto diverse: con tanto vento e con poco vento. In un caso piuttosto che nell’altro, il comportamento cambia completamente. Con poco vento anche il prodiere o il drizzista o qualcun altro possono coprire la !gura del tailer, ma con tanto vento questo non è possibile. È un po’ come avviene all’interno di uno studio: quando hai 4 pazienti funziona tutto, ma quando i pazienti sono 100 o 150, io ci ho provato, è un po’ più dif!cile.

Gianni Boscarol: allo stesso modo dipende da com’è la regata. Se si tratta di una regata “bastone”, quindi breve e tecnica, oppure se è una regata “lunga”, che ha dei tempi molto più lenti, dilatati.

Moderatore: nello studio vi capita, per esempio, di trovarvi in situazioni in cui non riuscite a fare tutto?

Simona Bevilacqua: sì certo, succede anche a noi.

Dott. Sandro Fabbro: non di continuo, ma succede. In studio se tutto il gruppo gira si riesce a tamponare.

Moderatore: bisogna però sottolineare anche l’aspetto che riguarda il livello di professionalità. Il prodiere, in questo caso, è un operatore che lavora al top. Il suo ruolo potrebbe essere coperto anche da altri membri dell’equipaggio, ma a un livello più basso. Questo penso che valga anche per lo studio? Ognuno di voi ha delle

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specializzazioni che svolge abitualmente. Se queste mansioni le svolge un’altra persona, si ottiene un risultato più basso?

Simona Bevilacqua: sì certo.

Moderatore: volevo soffermarmi proprio su questo aspetto. Nell’equipaggio di una barca ci sono poi i due tailer…

Roberto Manzan: sono due !gure specializzate, proprio come all’interno di uno studio odontoiatrico: uno specialista che deve sapere regolare le vele.

Moderatore: regola le vele dietro ordini del capo?

Roberto Manzan: i tailer sono dei veri specialisti, hanno solo quel compito…

Luciano Sera!ni: …regolare le vele e portarle al massimo.

Roberto Manzan: …devono arrangiarsi da soli.

Fabrizio Medeossi: il grosso problema però è che quando manca la coordinazione ci sono sempre delle dif!coltà, anche se davanti c’è una persona molta esperta. Il meccanismo funziona bene se anche quelli che stanno dietro seguono perfetta-mente quello che fanno coloro che stanno davanti. Chi sta a prua può essere anche il più grande esperto al mondo ma se chi sta a poppa fa di testa sua, davanti si fa una fatica bestiale e si sbaglia di sicuro. Il livello di una prestazione si alza solo se tutti hanno un livello medio o mediamente alto e sono coordinati tra loro. Basta che uno solo abbia un livello più basso e diventa tutto più complesso, sembra tutto più faticoso.

Manuel Polo: la cosa interessante è appunto che non basta che tutti siano a un livello alto, dev’esserci un af!atamento a bordo. Si deve aver fatto un certo numero di regate insieme per riuscire a portare il livello oltre un certo limite. Mi è capitato quest’anno di fare regate importanti con a bordo persone tutte di alto livello ma che non avevano mai fatto una regata assieme. Abbiamo fatto errori che sul 10 x 10 io non ho mai visto. Si tratta certo di una barca più tecnica e più dif!cile da

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manovrare, ma errori più semplici sono stati fatti da persone con molta più espe-rienza e questo perché le persone non avevano mai regatato insieme, mancava lo spirito di gruppo.

Massimo Vischi: sì, questo aspetto è fondamentale. Ancor più della bravura del singolo, conta quella del gruppo.

Moderatore: …la somma delle persone conta più della somma dei soggetti singoli?

Fabrizio Medeossi: sì, non è necessario parlare. Le cose si fanno, si sa come reagisce chi sta dietro. Se tu sei davanti, a prua, e fai qualcosa e sai già come reagirà quello dietro, quando lo fa o in che momento, e se ti prende in tempo, allora non fai una fatica bestiale a fare una cosa se viene fatta da tutti nello stesso istante.

Moderatore: ma come si impara questo comportamento, questo modo di stare insieme?

Fabrizio Medeossi: non so se si impara.

Moderatore: voi però un metodo lo avete descritto, per prima cosa bisogna aver fatto delle regate insieme per un po’ di tempo. Basta quello?

Roberto Manzan: no.

Moderatore: che cosa ci vuole allora?

Roberto Manzan: se io sono bravo e Massimo, che fa il tailer, è anche lui bravo, però lui fa 50 regate l’anno e io ne faccio 10, anche se io sono in gamba di sicuro lui porterà in barca qualcosa in più di me. A me mancherà la barca, l’allenamento. Regatare vuol dire anche allenarsi. Posso essere tecnicamente molto bravo, ma se partecipo a poche regate mi mancherà l’esperienza sulla barca. È come il timoniere che deve timonare. Una persona che timona sempre, sicuramente sarà più brava di un’altra che timona di meno. È basilare.

Moderatore: quindi possiamo sintetizzare due aspetti: primo, l’aver fatto un certo numero di regate tutti insieme, e secondo, l’allenamento. L’allenamento è sempre di gruppo o può essere anche individuale?

Roberto Manzan: l’allenamento può essere individuale, però per il buon funziona-mento di un 10 x 10 è molto importante quello di gruppo, tutti insieme.

Manuel Polo: se ci si allena in gruppo si ha un’esperienza collettiva, quindi si uni-scono i due punti sottolineati prima, cioè l’allenamento e l’af!atamento.

Massimo Vischi: se una situazione di stress non viene respinta, sicuramente crea un

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contrasto e tutto peggiora in un’escalation quasi inevitabile, l’umore diventa pes-simo e il risultato di conseguenza. Questa è un’altra componente importantissima.

Paolo Leghissa: vorrei tornare anche all’argomento che si è accennato prima, quello della selezione. C’è anche una selezione che avviene secondo una visione condivisa. Ci sono imbarcazioni, equipaggi, migliori o peggiori di noi. La selezione è stata fatta in maniera naturale, automatica per una condivisione di valori, di modi di fare, di aggressività, di competizione alta o bassa che viene condivisa.

Moderatore: ci sono poi altre !gure determinanti? Abbiamo elencato il prodiere, il tailer…

Roberto Manzan: …il randista.

Moderatore: che cosa fa il randista?

Roberto Manzan: regola la vela dietro, la vela principale della barca, la vela maestra.

Moderatore: quindi c’è una !gura dedicata alla vela principale.

Roberto Manzan: sì. Accanto a lui poi ci sono altre !gure, che forse il nostro gruppo sul 10 x 10 a volte ha un po’ trascurato...

Dott. Sandro Fabbro: …ma nonostante questo abbiamo sempre vinto.

Roberto Manzan: …poi però abbiamo il dott. Fabbro, che suona il piano…

Dott. Sandro Fabbro: davanti ho tutto in mano io. Se io faccio bene anche gli altri fanno bene, se io faccio male, o sono in ritardo, anche gli altri saranno in ritardo. E insieme a me ci sono anche i tailer, se loro non lavorano bene chi sta davanti soffre, piange.

Moderatore: Gianni, tu che cosa fai?

Gianni Boscarol: il prodiere, il ruolo più importante.

Moderatore: Roberto, tu invece che ruolo hai?

Roberto Manzan: il timoniere. Insieme a noi ci sono poi questi due ragazzi giovani.

Dott. Sandro Fabbro: bisogna dire che l’ingresso di queste !gure giovani sicura-mente ha portato nel gruppo non solo delle belle relazioni, ma è anche una carica di entusiasmo e di leggerezza. Questo è un aspetto importante.

Paolo Leghissa: l’allenamento è imprescindibile, ma le sollecitazioni vengono anche

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da chi porta qualche esperienza nuova.

Moderatore: in questa cosa che voi avete costruito, avete molto sottolineato il fatto che bisogna andare d’accordo e che bisogna trovarsi bene. Secondo voi in tutti i gruppi di lavoro o i gruppi in cui si ha un obiettivo è basilare trovarsi bene tutti insieme?

Roberto Manzan e Hanna Tonetti Vatula: sì, sicuramente.

Moderatore: quando si sta su una barca si passa molto tempo insieme.

Roberto Manzan: …a volte andiamo anche in osteria.

Manuel Polo: nell’ambiente lavorativo lo stare bene insieme è ancora più importan-te, e più piccola è la realtà lavorativa, più questo diventa importante.

Moderatore: quando uscite in barca avete di sicuro l’obiettivo di divertirvi e allo stesso tempo quando si partecipa a una regata l’obiettivo è vincere.

Dott. Sandro Fabbro: anche noi abbiamo avuto degli episodi bui, qualche problema relazionale, e devo dire che sulla barca si creano gli stessi meccanismi che si veri!-cano all’interno dello studio. Non capisci mai bene qual è la verità e chi è la causa di che cosa. Ogni situazione è da interpretare. Sulla barca erano entrate delle persone che non facevano bene al gruppo e che poi sono statte allontanate.

Moderatore: sulla barca quindi la soluzione è allontanare dal gruppo chi non è in sintonia; a volte sul luogo di lavoro questo non può accadere. Dott. Sandro Fabbro: in azienda è più complicato.

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Roberto Manzan: tante volte bisogna “scaricare” – come abbiamo fatto – quella persona che è anche brava e professionale in barca, ma che mette zizzania nel gruppo.

Dott. Sandro Fabbro: …porta negatività.

Roberto Manzan: ci si chiede, è meglio dividersi o scaricare una persona?

Moderatore: secondo voi si può applicare la stessa cosa anche in ambito lavorativo?

Roberto Manzan: penso di sì, sicuramente. In passato ho lavorato alla Ansaldo, lì ero un caposquadra e avevo i miei grattacapi. Quando trovi una persona che è molto valida ma è una testa matta, che cosa fai? Te la tieni ben stretta perché è valida, ma ti trovi costretto a isolarla dagli altri.

Moderatore: lì è possibile, ma su una barca forse no.

Roberto Manzan: se manca una persona che svolge un ruolo preciso, devi comun-que recuperare questa persona, la butti in barca e sai che la devi tenere un giorno o due e dopo è chiusa la faccenda. Questo può succedere. Tante volte siamo in crisi di equipaggio e trovi la persona giusta ma sai che comunque è una persona dura da gestire, però sei obbligato ad andare a fondo, come è già successo a volte.

Moderatore: quando si veri!ca un caso simile, voi vi aspettate che sia il gruppo a risolvere il problema o che sia il capo a risolverlo?

Roberto Manzan: il problema si risolve da solo.

Moderatore: sì, ma su una barca c’è un capo? Per me, che guardo da esterno, è il dott. Fabbro.

Roberto Manzan: ma certamente.

Manuel Polo: però dev’essere un capo in grado di ascoltare molto l’equipaggio, perche poi le decisioni vengono prese da tutto l’equipaggio.

Moderatore: ma per voi il capo ideale è il più bravo o lo specialista nel suo settore?

Roberto Manzan: in barca il concetto di capo è del tutto diverso. Faccio l’esempio dello skipper: tante volte si tratta della persona che gestisce tutti ma non è neces-sariamente il più bravo. È il più bravo nel coordinare e nel tenere insieme l’equipag-gio, però per esempio non è il massimo dal punto di vista tecnico e professionale.

Moderatore: è quello che nei gruppi si chiama “capo reale”, accanto a un “capo formale”. Il capo reale è colui che sa.

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Dott. Sandro Fabbro: in barca comanda chi sa.

Fabrizio Medeossi: …non è che sa, ma tutti si !dano di quello che dice o decide.

Manuel Polo: tutti lo seguono perché si !dano.

Dott. Sandro Fabbro: è un meccanismo che non puoi alterare. Tutti si !dano di una persona in cui credono. Infatti, quando ci sono delle !gure deboli, tutti esprimono la propria opinione ma nessuno ha davvero la parola. Mentre è necessario che ci sia qualcuno che sa il fatto suo e che gli altri riconoscano.

Moderatore: nel vostro ambito allora, le procedure sono una cosa fondamentale?

Dott. Sandro Fabbro: sì, le procedure sono fondamentali.

Moderatore: quindi le cose devono andare in un modo solo. Non ci si può inventare chissà che?

Luciano Sera!ni: no, assolutamente. Anche perché una cosa è legata all’altra, ov-vero il timoniere è legato ai tailer, i tailer sono legati al prodiere, il trespoliere è legato a tutti e due, quindi c’è una visione corale delle cose. Ognuno fa il suo, ma deve avere una visione d’insieme per farlo.

Moderatore: secondo voi, all’interno di uno studio, questa capacità di avere uno sguardo d’insieme su tutto quello che accade, c’è o no?

Simona Bevilacqua: sì, secondo me c’è.

Dott. Sandro Fabbro: sì è vero. Io ho un ruolo bene preciso. Per dirla in modo un po’ brutale, sono quello che paga gli stipendi. Il punto è essere riconosciuti per il proprio ruolo.

Moderatore: questo riconoscimento sicuramente c’è. Non solo per quanto riguarda le risorse umane, ma anche per gli altri medici collaboratori. Questo bisogna darlo per scontato.

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Dott. Sandro Fabbro: sì ma non banalizziamo. Non basta di sicuro pagare una persona.

Moderatore: Luciano sosteneva che è indispensabile avere una visione d’insieme. Secondo voi questa visione di insieme c’è anche in studio?

Hanna Tonetti Vatula: …in 12 anni quante persone sono passate? Da noi, dott. Fabbro, quante ne sono passate?

Dott. Sandro Fabbro: non ne ho idea.

Hanna Tonetti Vatula: …eh, tantissime…

Dott. Sandro Fabbro: il meccanismo è comunque molto simile…

Moderatore: se tu hai davanti un paziente e stai assistendo il medico, devi seguire rigidamente delle procedure. Devi fare quell’azione in quel momento lì, e non un po’ prima o un po’ dopo, oppure la rifai o la fai in un altro modo o ti inventi una soluzione diversa, altrimenti al paziente, in quel momento, arrechi un danno. Questa parte è quindi confrontabile.

Dott. Sandro Fabbro: sì può essere paragonata a quanto avviene su una barca.

Luciano Sera!ni: sì anche in studio ci sono delle tempistiche che devono essere seguite.

Hanna Tonetti Vatula: vale anche per gli orari, che bisogna rispettare assolutamente.

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Dott. Sandro Fabbro: …quando fai chirurgia, se mi dai il ferro un po’ dopo o un po’ prima il meccanismo si inceppa.

Moderatore: certo, se sbagli puoi arrecare un danno reale alla persona che hai di fronte.

Dott. Sandro Fabbro: si può anche riparare a un danno. Se anche io opero volentieri con te Hanna, o con te Marika, dobbiamo comunque parlarci, e questa azione varia i tempi, allungandoli.

Moderatore: in studio, quindi se in quel momento l’assistente non sta seguendo la procedura, il medico interviene e corregge. In un equipaggio, invece, c’è qualcuno che interviene correggendo o pretendendo che un altro della barca faccia in quel momento quel che deve fare perché sta sbagliando?

Roberto Manzan: sì, certamente.

Moderatore: le correzioni quindi avvengono?

Luciano Sera!ni: le correzioni avvengono, però poi alla !ne sei anche tu in prima persona che le devi applicare.

Roberto Manzan: nel caso dello studio chi sbaglia può arrecare un danno al pazien-te, mentre nel caso di un equipaggio su una barca se si perdono secondi preziosi si può rischiare di non vincere la regata.

Paolo Leghissa: le correzioni vengono accettate soprattutto se c’è un comporta-mento condiviso, e non si scade in comportamenti offensivi. Quando la leadership è riconosciuta bisogna trovare solo il modo migliore per sottolineare un errore.

Fabrizio Medeossi: …l’arroganza non serve.

Dott. Sandro Fabbro: a bordo del 10 x 10 le cose si fanno come vanno fatte, e bisogna tenere a mente che si è sempre in mare, quindi non è che se qualcosa va male puoi andar via.

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Roberto Manzan: dott. Fabbro, certo ormai sono 12 anni che stiamo insieme, vuol dire che alla !ne stiamo ancora bene insieme.

Simona Bevilacqua: sì, arrabbiarsi non porta certo a un risultato migliore.

Roberto Manzan: no, anzi.

Fabrizio Medeossi: no per niente. Infatti quando qualcuno ha degenerato in atteg-giamenti arroganti è stato rimosso.

Moderatore: nel vostro posto di lavoro, sulla basa delle descrizioni fatte dall’equi-paggio, vi de!nite dilettanti o professionisti?

Marika Turoldo: bhe, dipende dai casi.

Paolo Leghissa: credo ci siano molti spunti interessanti nel meccanismo che fa muovere una barca, e alcuni aspetti possono essere riportati nel mondo del lavoro.

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