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Zdenek Zeman, il maestro boemo. A cura di VINCENZO RUSSO Il ritratto di un allenatore fuori dal comune. Vincenzo Russo, Vincenzo Russo, nato a Salerno il 13-11-1986, è allenatore di base Uefa B, istruttore di giovanicalciatori CONI-FIGC, Personal Trainer ed istruttore abilitato all’uso del metodo Coerver Coaching. Match Analyst Pro qualificato ed iscritto all’albo dei video analisti tattici a seguito del primo corso Sics a Coverciano. Ha conseguito la laurea in Economia ed Amministrazione delle Imprese – Marketing e Distribuzione con un elaborato sul Marketing Sportivo. Ha collaborato ed allenato in gran parte delle categorie dilettanti fra prime squadre e settore giovanile. Attualmente Primo Collaboratore Tecnico e Match Analyst della U.S.D. Cavese 1919 (Serie D). Zdeněk Zeman è nato a Praga, in Cecoslovacchia, il 12 maggio 1947. Il padre Karel era primario ospedaliero mentre la madre, Květuše Vycpálková, era una casalinga. Viene chiamato giornalisticamente anche “il boemo” per via delle sue origini cecoslovacche, e “Sdengo”, soprannome attribuitogli dal presidente del Foggia Pasquale Casillo negli anni di Zemanlandia. Nel 1968 Zeman si trasferisce a Palermo dallo zio Čestmír, ma proprio in questo periodo l'URSS invade la sua patria: decide allora di rimanere in Italia. Qui otterrà la cittadinanza italiana nel 1975, nonché la sua laurea, all'ISEF di Palermo con una tesi sulla medicina dello sport, con il massimo dei voti. È stato professore di educazione fisica al liceo scientifico Gonzaga di Palermo. Sarà lo zio materno Čestmír Vycpálek, ex allenatore della Juventus, a trasmettergli la passione per lo sport. In Sicilia conosce Chiara Perricone, sua futura moglie, che gli darà due figli, Karel, anch'egli divenuto allenatore, e Andrea. Conosce la donna, all'epoca una nuotatrice, nel periodo in cui è alla guida della società di nuoto Lauria. Zeman ha ispirato il cantautore Antonello Venditti, che nel 1999 ha scritto La coscienza di Zeman, contenuta nell'album Goodbye Novecento. Nel 2009 esce il film-documentario Zemanlandia, con regia di Giuseppe Sansonna. IL PERCORSO DELL’ALLENATORE. Le sue prime esperienze come allenatore in Italia avvengono in squadre siciliane dilettantistiche (Carini, Misilmeri ed Esakalsa) per poi prendere N.131 GIUGNO 2015 RIVISTA ELETTRONICA DELLA CASA EDITRICE WWW.ALLENATORE.NET REG. TRIBUNALE DI LUCCA N° 785 DEL 15/07/03 SEDE VIA E.FRANCALANCI 418 – 55054 BOZZANO (LU) TEL. 0584 976585 - FAX 0584 977273 DIRETTORE RESPONSABILE: FERRARI FABRIZIO COORDINATORE TECNICO: LUCCHESI MASSIMO LEADER articolo 2 2 “Non ho eredi e non ne voglio: troppi tecnici vedono il calcio come un lavoro e non come un divertimento.” [calcio come divertimento, non come lavoro]

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Zdenek Zeman, il maestro boemo. A cura di VINCENZO RUSSO

Il ritratto di un allenatore fuori dal comune.

Vincenzo Russo, Vincenzo Russo, nato a Salerno il 13-11-1986, è allenatore di base Uefa B, istruttore di giovanicalciatori CONI-FIGC, Personal Trainer ed istruttore abilitato all’uso del metodo Coerver Coaching. Match Analyst Pro qualificato ed iscritto all’albo dei video analisti tattici a seguito del primo corso Sics a Coverciano. Ha conseguito la laurea in Economia ed Amministrazione delle Imprese – Marketing e Distribuzione con un elaborato sul Marketing Sportivo. Ha collaborato ed allenato in gran parte delle categorie dilettanti fra prime squadre e settore giovanile. Attualmente Primo Collaboratore Tecnico e Match Analyst della U.S.D. Cavese 1919 (Serie D).

Zdeněk Zeman è nato a Praga, in Cecoslovacchia, il 12 maggio 1947. Il padre Karel era primario ospedaliero mentre la madre, Květuše Vycpálková, era una casalinga. Viene chiamato giornalisticamente anche “il boemo” per via delle sue origini cecoslovacche, e “Sdengo”, soprannome attribuitogli dal presidente del Foggia Pasquale Casillo negli anni di Zemanlandia. Nel 1968 Zeman si trasferisce a Palermo dallo zio Čestmír, ma proprio in questo periodo l'URSS invade la sua patria: decide allora di rimanere in Italia. Qui otterrà la cittadinanza italiana nel 1975, nonché la sua laurea, all'ISEF di Palermo con una tesi sulla medicina dello sport, con il massimo dei voti. È stato professore di educazione fisica al liceo scientifico Gonzaga di Palermo. Sarà lo zio materno Čestmír Vycpálek, ex allenatore della Juventus, a trasmettergli la passione per lo sport. In Sicilia conosce Chiara Perricone, sua futura moglie, che gli darà due figli,

Karel, anch'egli divenuto allenatore, e Andrea. Conosce la donna, all'epoca una nuotatrice, nel periodo in cui è alla guida della società di nuoto Lauria. Zeman ha ispirato il cantautore Antonello Venditti, che nel 1999 ha scritto La coscienza di Zeman, contenuta nell'album Goodbye Novecento. Nel 2009 esce il film-documentario Zemanlandia, con regia di Giuseppe Sansonna. IL PERCORSO DELL’ALLENATORE.

Le sue prime esperienze come allenatore in Italia avvengono in squadre siciliane dilettantistiche (Carini, Misilmeri ed Esakalsa) per poi prendere

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RIV ISTA ELETTRONICA DELLA CASA EDITRICE WWW.ALLENATORE.NET REG. TR IBUNALE D I LUCCA N° 785 DEL 15 /07/03

SEDE V IA E .FRANCALANCI 418 – 55054 BOZZANO (LU) TEL . 0584 976585 - FAX 0584 977273

D IRETTORE RESPONSABILE: FERRARI FABRIZ IO COORDINATORE TECNICO: LUCCHESI MASSIMO

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“Non ho eredi e non ne voglio: troppi tecnici vedono il calcio come un lavoro e non come un divertimento.” [calcio come divertimento, non come lavoro]

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il patentino di allenatore professionista a Coverciano nel 1979. Grazie anche all'intercessione dello zio, è chiamato ad allenare le giovanili del Palermo, dove resta fino al 1983 allenando Giovanissimi e Primavera. Qui viene soprannominato “il muto” da parte di Franco Marchione, all'epoca accompagnatore delle giovanili della squadra rosanero. Nel marzo del 1981 l'allenatore della prima squadra del Palermo Fernando Veneranda viene esonerato, ma Zeman non può prendere il suo posto in panchina poiché qualche giorno prima era stato squalificato per aver alzato la voce durante una partita della Primavera; in panchina, in occasione della partita vinta per 3-1 sul Milan, ci va così Erminio Favalli, ma la gara era stata comunque preparata tatticamente proprio da Zeman. Dopo tre buone stagioni a Licata (tra cui la vittoria del campionato di Serie C2 del 1984-85 portando così la squadra siciliana per la prima volta nella sua storia in Serie C1), viene ingaggiato prima dal Foggia in Serie C1 chiudendo il campionato all'ottavo posto (con cinque punti di penalizzazione senza i quali la squadra avrebbe concluso quarta) e poi dal Parma in Serie B, dove durante il precampionato riuscirà a sconfiggere per 2-1 il Real Madrid per essere poi esonerato qualche mese dopo.

Zeman torna quindi in Sicilia alla guida del Messina dove chiuderà il campionato all'ottavo posto con il miglior attacco del campionato lanciando Salvatore Schillaci che sarà capocannoniere a fine campionato. Dopo una stagione alla guida del Messina viene ingaggiato nuovamente dal Foggia, neopromosso in Serie B, alla cui presidenza c'è Pasquale Casillo. Nasce quindi, nel 1989, il "Foggia dei miracoli", caratterizzato da un 4-3-3 spiccatamente offensivo e da un gioco spumeggiante. La squadra, dopo aver vinto il campionato di Serie B 1990-1991 con il miglior attacco del campionato grazie al contributo determinante del trio delle meraviglie composto da Francesco Baiano (capocannoniere del campionato), Giuseppe Signori e Roberto Rambaudi, (i primi due riusciranno anche a giocare qualche partita in nazionale maggiore nel periodo a Foggia) si salverà per tre stagioni nella massima serie, ottenendo un nono posto (con il secondo migliore attacco del campionato, dietro al Milan campione) e, nonostante la cessione del trio delle meraviglie, un undicesimo e nuovamente un nono posto sfiorando l'ingresso in Coppa UEFA, venendo sconfitto (0-1) dal Napoli all'ultima giornata di campionato. In queste stagioni lancerà nel calcio ad alti livelli anche Luigi Di Biagio, che ritroverà nel suo periodo alla Roma in cui, sotto la gestione del Boemo, riuscirà anche a conquistare la nazionale maggiore, Francesco Mancini e i due russi Igor' Kolyvanov e Igor' Šalimov. Per la stagione 1994-1995 viene ingaggiato dalla Lazio in cui ritrova come giocatore Giuseppe Signori e acquisterà Roberto Rambaudi che raggiungerà anche la nazionale maggiore in questo periodo. Con la compagine biancoceleste il tecnico boemo centra al suo primo anno

"Cosa cambierei se potessi tornare indietro? Niente, proprio niente, rifarei esattamente tutto ciò che ho fatto. Nè credo che questo esonero pregiudicherà il mio futuro di allenatore, il calcio che io insegno non finisce con la fine di questa mia esperienza parmense, qualcuno avrà ancora fiducia in me." [valutazione personale della propria carriera]

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il secondo posto, dopo aver battagliato per un certo periodo per lo scudetto, con il miglior attacco del campionato merito anche delle vittorie con largo margine con Fiorentina (8-2) e Foggia (7-1), oltre alle vittorie contro Inter (4-1), Milan (4-0) e Juventus (3-0), che si alternano a sconfitte come lo 0-3 incassato nel derby d'andata contro la Roma. La compagine romana arriva fino ai quarti di finale di Coppa UEFA persi col Borussia Dortmund, mentre in Coppa Italia la squadra capitolina si fermerà in semifinale eliminata da una doppia sconfitta con la Juventus. La seconda stagione sulla panchina della Lazio segue la falsariga della prima, con risultati come il 4-0 sulla Juventus campione d'Italia che permettono ai biancocelesti di giungere al terzo posto (con il miglior attacco del campionato e Giuseppe Signori capocannoniere). In Coppa Italia i biancocelesti sono eliminati dall'Inter ai quarti di finale, mentre in Coppa UEFA dove la Lazio non andrà oltre i sedicesimi eliminati dai francesi del Lione. Alla terza stagione, dopo la cessione di giocatori chiave come Bokšić, Di Matteo e Winter, la Lazio non riesce ad esprimersi bene durante il girone d'andata e viene eliminata in Coppa Italia ai quarti contro il Napoli (poi finalista perdente della competizione) e in Coppa UEFA ai sedicesimi da parte del Tenerife. Dopo la sconfitta interna subita da parte del Bologna per 1-2, il 27 gennaio 1997, il tecnico boemo viene esonerato. In quest'esperienza ha lanciato Alessandro Nesta, Marco Di Vaio e Pavel Nedvěd. Per l'annata successiva il presidente Franco Sensi gli offre la panchina della Roma e Zeman accetta di prendere la squadra che l'anno precedente era arrivata dodicesima in Serie A salvandosi alla quartultima giornata.

Con l'acquisto di Cafu e Candela ottiene il quarto posto e nel campionato 1998-1999, ancora alla Roma, Zeman giunge quinto non venendo confermato per la stagione successiva, avendo comunque in entrambi gli anni il miglior attacco del campionato. Nella parentesi giallorossa Marco Delvecchio e Francesco Totti (che diventa capitano in quel periodo) sono autori di notevoli prestazioni. Dopo l'esperienza in Turchia con il Fenerbahçe di tre mesi, in cui conquista tre vittorie, cinque pareggi e due sconfitte, si dimette e ritorna in Italia per allenare il Napoli appena promosso in Serie A. Dopo due punti conquistati in 6 partite viene esonerato dal neo presidente Corbelli; a fine stagione il Napoli, guidato da Mondonico, retrocederà in Serie B. L'anno successivo Zeman torna in Serie B sempre in Campania, prima con la Salernitana (raggiungendo un sesto posto con Fabio Vignaroli vice-capocannoniere del campionato e venendo esonerato l'anno dopo con una squadra formata da giocatori presi da categorie inferiori tra cui un giovane Gennaro Sardo) e successivamente nella stagione 2003-2004, con l'Avellino dove ritrova il presidente Pasquale Casillo e il direttore sportivo Peppino Pavone. Con gli irpini lancia l'attaccante bielorusso Vitali Kutuzaŭ, il difensore Matteo Contini e fa esordire da titolare il giovane centrocampista italiano Antonio Nocerino, al primo anno da professionista. La squadra retrocede in Serie C1 e il boemo lascia la panchina campana. Nella stagione 2004-2005 Zeman torna in Serie A sulla panchina del Lecce, ottenendo la salvezza e lanciando Mirko Vučinić, Valeri Božinov (ceduto a metà campionato) e Marco Cassetti che riceverà anche la convocazione nella

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nazionale italiana (primo giocatore nella storia del Lecce). Al termine della stagione il rapporto contrattuale non è rinnovato. Zeman conclude l'annata con il secondo migliore attacco del campionato, con un solo gol in meno della Juventus campione, anche se la difesa giallorossa risulta la più battuta del campionato italiano (per la prima volta nella storia del Campionato il club che aveva subito più gol non retrocedette). Il 5 marzo 2006 Zeman assume la guida tecnica del Brescia, squadra di Serie B, dichiarando di voler giocare le restanti undici partite per vincere e per portare la squadra a giocare i play-off per la promozione in Serie A. Il boemo è chiamato a sostituire Rolando Maran, esonerato dal presidente Gino Corioni malgrado fosse reduce da una vittoria per 3-0 e nonostante la squadra si trovasse al quinto posto in classifica. Alla fine della stagione il Brescia guidato da Zeman resta in Serie B dopo aver mancato la qualificazione ai play-off. Il 21 giugno 2006 il Lecce ufficializza l'ingaggio di Zeman, che ritorna così sulla panchina dei giallorossi dopo un anno. In Serie B, dopo aver chiuso l'anno solare nella seconda metà della classifica e dopo 10 sconfitte in 18 partite di campionato, la dirigenza salentina decide di esonerare il tecnico boemo alla vigilia di Natale, il 24 dicembre 2006, mentre si trova in vacanza a Praga. Al suo posto è ingaggiato Giuseppe Papadopulo. In quell’anno comunque Zeman lancia un giovane Pablo Osvaldo e Giuseppe Vives da lui voluti nel calciomercato estivo. Il 17 giugno 2008 diventa allenatore della Stella Rossa subentrando ad Aleksandar Janković.

I risultati sono negativi: la squadra non riesce ad accedere alla Coppa UEFA venendo eliminata dai ciprioti dell'Apoel Nicosia. In campionato la Stella Rossa dopo tre giornate si trova ultima in classifica con un punto e zero gol segnati, posizione che, insieme a qualche polemica con la dirigenza, conduce alla rescissione consensuale di Zeman con il club. Il 20 luglio 2010 il vecchio presidente degli anni della ribalta Pasquale Casillo e altri imprenditori riacquistano ufficialmente il Foggia, richiamando come allenatore Zeman e riformando il trio del "Foggia dei miracoli" con Giuseppe Pavone come direttore sportivo. Dopo aver concluso la stagione al sesto posto con il miglior attacco (in larga parte conseguito con la coppia formata da Lorenzo Insigne e Marco Sau, capocannoniere del campionato) e la difesa più battuta, sfiorando i play-off, il 23 maggio 2011 dichiara in conferenza stampa che la sua avventura in rossonero è terminata, poiché deluso dai risultati conseguiti. In questa stagione ha lanciato Vasco Regini e Moussa Koné che verrà convocato anche per la nazionale olimpica della Costa d'Avorio. Il 21 giugno 2011 diventa l'allenatore del Pescara, in Serie B. Il 20 maggio 2012 riporta la squadra abruzzese in Serie A dopo diciannove anni, vincendo il campionato. La squadra adriatica totalizza 83 punti in 42 partite, vincendone 26, pareggiandone 5 e perdendone 11. Le vittorie conseguite in trasferta sono 12. La sua squadra realizza 90 gol (miglior attacco del campionato) e ne subisce 55. In questa stagione ha lanciato Ciro Immobile (capocannoniere del campionato), Lorenzo Insigne (già allenato a Foggia) e Marco Verratti, che

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assieme a Marco Capuano e Simone Romagnoli saranno convocati nella Nazionale Under-21 e Moussa Koné (questi ultimi due già allenati a Foggia) esordirà in nazionale maggiore della Costa d'Avorio, stabilendo così anche il record di convocazioni per il Pescara. Il 17 febbraio 2013 viene premiato con la Panchina d'argento, riferita all'annata precedente alla guida del Pescara. Il 2 giugno 2012 annuncia l'addio alla precedente squadra e il conseguente passaggio sulla panchina della Roma a partire dal 1º luglio 2012.

Con la società giallorossa, alla quale ritorna a distanza di tredici anni, firma un contratto biennale: nella sua carriera mai aveva firmato contratti di questa durata, ma solo accordi annuali.

Il suo staff tecnico consta di Vincenzo Cangelosi come allenatore in seconda, Giacomo Modica come collaboratore tecnico e Roberto Ferola come preparatore atletico. Dopo aver debuttato in campionato in casa contro il Catania (2-2), il 2 settembre ottiene la vittoria a Milano contro l'Inter per 3-1 permettendo ai giallorossi di tornare a vincere in casa dei nerazzurri in campionato dopo cinque anni. Il 2 febbraio 2013, dopo la sconfitta interna contro il Cagliari (2-4) della 23ª giornata e con la Roma all'ottavo posto in graduatoria, viene esonerato dall'incarico. Nel corso della stagione ha lanciato i giovani Alessandro Florenzi (che nel corso dell'annata esordirà con la Nazionale maggiore) e Marquinhos, calciatori voluti dall'allenatore boemo. Il 2 luglio 2014 diventa il nuovo allenatore del Cagliari, il primo della nuova proprietà targata Tommaso Giulini, con un contratto da 360.000 euro e un bonus salvezza da 200.000 euro. Viene accolto con grande felicità e gioia da tutta la gente di Cagliari, come spesso accade quando viene resa nota la sua nomina come allenatore all'interno di qualsiasi squadra, curiosa di vedere all'opera la famosa "Zemanlandia". All'esordio sulla panchina sarda pareggia per 1-1 sul campo del Sassuolo. Nonostante vittorie "alla Zeman" come l'1-4 contro l'Inter (prima vittoria del boemo sulla panchina del Cagliari) e lo 0-4 contro l'Empoli, maturati entrambi fuori casa, ma con zero vittorie tra le mura amiche nelle prime 16 giornate e con un gioco che a poco a poco andava scemando anche a causa della poca incisività dei giocatori in campo (assente a detta loro a causa degli allenamenti troppo faticosi praticati dal boemo), il 23 dicembre dello stesso

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anno viene sollevato dall'incarico, 5 giorni dopo la sconfitta subita in casa dalla Juventus per 1-3, lasciando la squadra terzultima in classifica con 12 punti raccolti in 16 partite di campionato. Gli subentra l'ex bandiera del club sardo Gianfranco Zola. Il 9 marzo 2015 dopo dieci partite, torna sulla panchina della squadra sarda in sostituzione dello stesso Zola, con l'obiettivo, dichiarato già a giugno, di salvare la squadra, in quel momento messa peggio di come l'aveva lasciata 2 mesi e mezzo prima, penultima con 20 punti a pari merito con il Cesena, a -4 dal quartultimo posto che vorrebbe dire salvezza. Comincia la sua seconda avventura alla guida dei rossoblù con un pareggio per 1-1 ottenuto in casa contro l'Empoli, (sfiorando anche la vittoria, avendo l'Empoli pareggiato al 94'), facendo rivedere il suo gioco spiccatamente offensivo e spettacolare. Il 21 aprile 2015, dopo 4 sconfitte consecutive, si dimette da allenatore del Cagliari. Complessivamente ha quindi raccolto 13 punti in 21 partite. ZEMANLANDIA E LA SUA FILOSOFIA DI VITA CALCISTICA.

La visione del calcio di Zeman si interseca inevitabilmente con la sua visione della vita: “mi considero un uomo pro”. Vorrei tutto bello, tutto carino, tutto giusto. “Sono contro quello che è sbagliato e ce ne sono tante di cose sbagliate”.

Le idee calcistiche viaggiano nella stessa direzione e con lo stesso passo con cui Zeman percorre il suo cammino di Uomo: sempre avanti, a testa alta, nel rispetto delle regole, senza cedere, senza pentirsi. Perché una scelta fatta non si rinnega mai, se si è consapevoli che in quel momento era la scelta giusta. Le origini del credo tattico di Zdenek Zeman sono state da lui stesso palesate e argomentate nei passaggi di due diverse interviste: “il mio grande modello nel calcio di alto livello è stato Ştefan Kovács (allenatore dello Steaua Bucarest nel 1967-71 e dell’Ajax nel 1971-73). Aveva idee modernissime e un grande senso del collettivo. Come me veniva da una scuola calcistica che si chiamava ancora danubiana, dove già c’era l’idea del collettivo, di lavorare insieme. Solo che lì si giocava a ritmi bassi. “Io ho voluto giocare ad altri ritmi, più alti.” e ancora: “Il mio calcio è la miscela del vecchio calcio danubiano e del nuovo calcio, a quei tempi, olandese. Mi sono ispirato a quello e ho cercato di fare qualche cosa, compresa la regola, detta da quel signore che era sicuramente tra i più bravi, che si difende solo verso avanti mai verso dietro ed io ho cercato di farla mia e di farla applicare alle mie squadre“.

"Pretendo che ogni giocatore dia il meglio di se stesso, nel rispetto dell'esigenza di fare spettacolo. Se non vinciamo, nessun dramma. Mi basta che i ragazzi abbiano dato il massimo." [filosofia di allenamento]

“Non è vero che non mi piace vincere: mi piace vincere rispettando le regole.” [persona eticamente pura]

“A me non piace il tiki-taka perché ho un'altra visione sul calcio però non è detto che non renda. Guardiola, che reputo oggi il miglior allenatore al mondo, ha vinto tanto giocando in questo modo. Il problema è piuttosto chi lo vuole scimmiottare non avendo i giocatori che c'erano in quel Barcellona” [sulla filosofia iberica di calcio]

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Secondo la visione del calcio di Zdenek Zeman, il 4-3-3 è il modulo più razionale perché consente di coprire la maggior parte del campo di calcio sia in lunghezza che in larghezza, disponendo sempre di un numero di giocatori adeguato per far fronte ad ogni situazione si presenti nel corso della partita senza creare squilibri. La logica del credo tattico di Zeman si fonda su una concezione geometrica tale per cui gli spazi del rettangolo di gioco vengono coperti mediante un sistema che offre il maggior numero possibile di triangoli, attraverso le varie combinazioni delle posizioni in campo dei giocatori. E’ questa l’espressione massima della “zona”. Categoricamente applicata in fase difensiva anche nelle situazioni di palla inattiva. In virtù degli scambi continui di posizione e delle sovrapposizioni dei compagni il portatore di palla in fase di possesso dispone sempre di almeno 3 soluzioni in ogni parte del campo mentre in fase di non possesso ha la possibilità di attaccare immediatamente l’avversario che porta palla e i suoi riferimenti più vicini applicando un pressing asfissiante. Il principio base della filosofia zemaniana è che “la miglior difesa è l’attacco”. Per porre in essere tale principio è indispensabile creare una supremazia territoriale e numerica in fase di possesso palla: la squadra si mantiene molto corta, con i terzini che spingono sulle fasce ed i centrali di difesa che salgono fino al centrocampo, creando una situazione di 2-5-3. Questa disposizione costringe gli avversari a schiacciarsi all’indietro abbassando il baricentro rendendoli di conseguenza meno pericolosi e più esposti a subire le azioni d’attacco. La concezione fondamentale del gioco di Zeman è la copertura degli spazi riuscendo a mantenere le distanze e la

disposizione tattica del 433 con tutte le variabili dei suoi triangoli. In fase di possesso i movimenti sincronizzati e armonici dei giocatori garantiscono, conquistando metri di campo, la creazione degli spazi, essenziali per imbastire azioni d’attacco efficaci attraverso la formazione di corridoi di passaggio mediante le sovrapposizioni degli uomini senza palla. L’obiettivo è la ricerca della profondità, attraverso passaggi filtranti in verticale operati dall’azione congiunta dei centrocampisti e dei terzini, in collaborazione con gli attaccanti esterni. Peculiarità del gioco di Zeman è infatti il lavoro delle cosiddette “catene” di destra e di sinistra, ovvero i movimenti concatenati di terzino, intermedio ed attaccante esterno, capaci di proporre svariate soluzioni offensive attraverso un’azione combinata di aggressione degli spazi e sovrapposizioni. Il movimento degli attaccanti, che con un sistema di tagli si liberano negli spazi, deve favorire e “suggerire” le verticalizzazioni” e contemporaneamente scardinare le difese avversarie facendo perdere i riferimenti per arrivare alla finalizzazione del gioco. Altro fondamento del gioco di Zeman è il pressing a tutto campo sia in fase di possesso che di non possesso. Il pressing manifesta la sua efficacia solo mantenendo la squadra corta, il che favorisce gli inserimenti offensivi così come i ripiegamenti difensivi. In una squadra corta la partecipazione al gioco coinvolge contemporaneamente tutta la squadra, per cui i due centrali difensivi sono chiamati a giocare alti e a innescare sulle ripartenze avversarie la tattica del fuorigioco, gli attaccanti sono chiamati a partecipare alla fase difensiva tanto quanto i terzini partecipano attivamente alla fase offensiva.

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L’esigenza di tenere la squadra corta comporta altresì una diversa interpretazione del ruolo del portiere, che opera quasi come un libero, controllando l’area di rigore sia nelle uscite sia giocando il pallone con i piedi. I giocatori di una squadra di Zeman devono essere dotati di grande duttilità tattica ed assimilare la capacità di analizzare le diverse situazioni tattiche per potersi scambiare con efficacia le posizioni in campo. Le caratteristiche del gioco, altamente propositivo, dinamico e veloce rendono necessarie buone doti tecniche ed un’ottima preparazione fisica, particolarmente curata nei minimi dettagli da Zeman con metodi di allenamento notoriamente intensi e faticosi, ma che consentono alle sue squadre di Zeman una capacità di corsa tale da fare la differenza rispetto agli avversari.

Il 4-3-3 di Zeman è unico nel suo genere perché, nell’interpretazione del modulo, Zeman ha applicato una serie di schemi mutuati dagli sport in cui ha eccelso in età giovanile, come l’ hockey su ghiaccio e la pallamano. E unico nel suo genere è anche lo schieramento di una squadra zemaniana al calcio d’inizio… con otto uomini sulla linea di metà campo… pronti a cercare da subito la profondità… a sferrare l’attacco sin dal primo secondo di gioco, perché il primo caposaldo della filosofia zemaniana è attaccare, attaccare e ancora attaccare, senza tatticismi, in base al principio che l’importante è segnare un gol in più dell’avversario, giocare per vincere divertendosi e divertendo il pubblico… perché tutta l’idea di calcio di Zeman è finalizzata all’obiettivo di offrire spettacolo.