01 - Teoria del Consumo - E-Learning...

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LA TEORIA DEL CONSUMO La teoria economica che riguarda il comportamento del consumatore è tradizionalmente legata alla teoria marginalista neo-classica, per motivi storici e ideologici. Tuttavia, la moderna teoria poggia su basi formali più generali, ancorché estremamente semplici. In particolare, l'ipotesi comportamentale di base è che i consumatori scelgano le combinazioni migliori fra quelle disponibili. Dobbiamo, quindi, precisare cosa si intende per “poter acquistare” e per “combinazione migliore”. Due fondamentali elementi sono dunque alla base della teoria: l) la definizione di ciò che costituisce l'insieme delle combinazioni di beni (o panieri) disponibili per i diversi consumatori; 2) la definizione di una strumentazione che consenta di dire quando un paniere è migliore di un altro. Alla prima definizione provvede il vincolo di bilancio; alla seconda la metodologia delle "preferenze" del consumatore. Dato vincolo di bilancio e preferenze, tutta la teoria microeconomia del consumatore discende logicamente dalla formalizzazione di tali nozioni primitive Cominciamo la nostra analisi della teoria del consumo chiarendo il concetto di “poter acquistare”. Per farlo, dobbiamo definire il vincolo di bilancio del consumatore. 1. Il vincolo di bilancio Per i nostri consumi quotidiani disponiamo (a parte casi rarissimi e fortunati) di una limitata quantità di denaro. Tale quantità ipotizziamo che sia esogenamente fissata, pertanto non sappiamo se deriva dal lavoro, da un lascito ereditario o da una vincita al lotto. Al momento semplifichiamo ulteriormente l’analisi escludendo anche la possibilità di prendere denaro a prestito, quindi non vi è la possibilità di acquistare beni tramite il credito al consumo. Sotto tali ipotesi, la somma a disposizione dell’individuo è data dal reddito diminuito delle imposte al netto dei trasferimenti; tale grandezza prende il nome di reddito disponibile. Immaginiamo che nell’economia esistano due soli beni, il bene 1 ed il bene 2. È possibile identificare questi beni in maniera oggettiva (carne e pane, oppure biglietti del cinema e consumazioni in locali notturni) ma, per un’analisi più generale, se il bene 1 è l’oggetto della nostra scelta diretta (ad esempio la pasta se sto leggendo queste righe all’ora di pranzo) possiamo intendere il bene 2 come “tutti gli altri beni” dell’economia. Ovvero, il bene 2 viene inteso come un bene composito, che rappresenta ogni altra cosa il consumatore desideri consumare oltre al bene 1. Considerare solo due beni, permette di trattare la teoria del consumo in maniera semplificata, attraverso utili analisi grafiche; sarà, infatti, possibile utilizzare grafici a due dimensioni in cui in ascissa ed in ordinata saranno poste le quantità dei due beni considerati. Indichiamo con la simbologia (x 1 , x 2 ) la combinazione di consumo, o il paniere di consumo, del consumatore rappresentativo, dove x 1 ed x 2 rappresentano la quantità del bene 1 e del bene 2 che il consumatore sceglie di consumare. In alcuni casi, per snellire la simbologia, indicheremo con X il paniere di consumo (x 1 , x 2 ). Supponiamo che i prezzi di mercato dei due beni siano noti e dati da p 1 e p 2 , rispettivamente. Sia , infine, R il reddito monetario disponibile del consumatore. Il vincolo di bilancio è definito dalla seguente espressione: p 1 x 1 + p 2 x 2 R

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LA TEORIA DEL CONSUMO

La teoria economica che riguarda il comportamento del consumatore è tradizionalmente legata alla teoria marginalista neo-classica, per motivi storici e ideologici. Tuttavia, la moderna teoria poggia su basi formali più generali, ancorché estremamente semplici. In particolare, l'ipotesi comportamentale di base è che i consumatori scelgano le combinazioni migliori fra quelle disponibili. Dobbiamo, quindi, precisare cosa si intende per “poter acquistare” e per “combinazione migliore”. Due fondamentali elementi sono dunque alla base della teoria: l) la definizione di ciò che costituisce l'insieme delle combinazioni di beni (o panieri) disponibili per i diversi consumatori; 2) la definizione di una strumentazione che consenta di dire quando un paniere è migliore di un altro. Alla prima definizione provvede il vincolo di bilancio; alla seconda la metodologia delle "preferenze" del consumatore. Dato vincolo di bilancio e preferenze, tutta la teoria microeconomia del consumatore discende logicamente dalla formalizzazione di tali nozioni primitive Cominciamo la nostra analisi della teoria del consumo chiarendo il concetto di “poter acquistare”. Per farlo, dobbiamo definire il vincolo di bilancio del consumatore. 1. Il vincolo di bilancio Per i nostri consumi quotidiani disponiamo (a parte casi rarissimi e fortunati) di una limitata quantità di denaro. Tale quantità ipotizziamo che sia esogenamente fissata, pertanto non sappiamo se deriva dal lavoro, da un lascito ereditario o da una vincita al lotto. Al momento semplifichiamo ulteriormente l’analisi escludendo anche la possibilità di prendere denaro a prestito, quindi non vi è la possibilità di acquistare beni tramite il credito al consumo. Sotto tali ipotesi, la somma a disposizione dell’individuo è data dal reddito diminuito delle imposte al netto dei trasferimenti; tale grandezza prende il nome di reddito disponibile. Immaginiamo che nell’economia esistano due soli beni, il bene 1 ed il bene 2. È possibile identificare questi beni in maniera oggettiva (carne e pane, oppure biglietti del cinema e consumazioni in locali notturni) ma, per un’analisi più generale, se il bene 1 è l’oggetto della nostra scelta diretta (ad esempio la pasta se sto leggendo queste righe all’ora di pranzo) possiamo intendere il bene 2 come “tutti gli altri beni” dell’economia. Ovvero, il bene 2 viene inteso come un bene composito, che rappresenta ogni altra cosa il consumatore desideri consumare oltre al bene 1. Considerare solo due beni, permette di trattare la teoria del consumo in maniera semplificata, attraverso utili analisi grafiche; sarà, infatti, possibile utilizzare grafici a due dimensioni in cui in ascissa ed in ordinata saranno poste le quantità dei due beni considerati. Indichiamo con la simbologia (x1, x2) la combinazione di consumo, o il paniere di consumo, del consumatore rappresentativo, dove x1 ed x2 rappresentano la quantità del bene 1 e del bene 2 che il consumatore sceglie di consumare. In alcuni casi, per snellire la simbologia, indicheremo con X il paniere di consumo (x1, x2). Supponiamo che i prezzi di mercato dei due beni siano noti e dati da p1 e p2, rispettivamente. Sia , infine, R il reddito monetario disponibile del consumatore. Il vincolo di bilancio è definito dalla seguente espressione: p1 x1 + p2 x2 ≤ R

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Questa equazione ci dice che il prezzo del bene 1 moltiplicato per la quantità di tale bene acquistata dal consumatore più il prezzo del bene 2 moltiplicato per la quantità di tale bene acquistata dal consumatore deve essere minore od al più uguale al reddito del consumatore. Infatti, p1 x1 rappresenta la quantità di moneta che il consumatore spende per il bene 1, mentre p2 x2 rappresenta la quantità di moneta che il consumatore spende per il bene 2. Il vincolo di bilancio richiede che la quantità di moneta spesa per l’acquisto dei due beni non superi la quantità di moneta che il consumatore ha a disposizione. L’insieme delle combinazioni di consumo acquistabili in corrispondenza dei prezzi p1 e p2 e del reddito R è detto insieme di bilancio. La retta di bilancio rappresenta l’insieme dei panieri di beni il cui costo è esattamente pari a R; l’equazione della retta di bilancio è, quindi, data da:

p1 x1 +p2 x2 = R Tale equazione può anche essere scritta in modo da isolare la variabile x2:

p2 x2 = - p1 x1 + R Da cui:

X2 =RP2

−P1P2X1

Questa equazione rappresenta una retta con intercetta verticale positiva R/p2 (la quantità massima acquistabile del bene 2) e inclinazione negativa -p1/p2. Il rapporto p1/p2, prezzo relativo, esprime il numero di unità del bene 2 che il consumatore deve consumare per soddisfare esattamente il vincolo di bilancio, se consuma x1 unità del bene; in pratica, dati p1, p2 ed R è come dire che questa equazione ci fornisce l’esatto ammontare di bene 2 (x2) che il consumatore deve comprare per spendere tutto il suo reddito R, quando il bene 1 è pari all’ammontare x1. L’inclinazione della retta di bilancio rappresenta il saggio (o costo opportunità) al quale il mercato sostituisce il bene 2 con il bene 1 (saggio di sostituzione). Per costruire la retta di bilancio in un sistema di riferimento cartesiano in cui vi siano in ascissa il bene 1 ed in ordinata il bene 2, basta osservare che R/p2 rappresenta l’intercetta sull’asse delle ordinate, ovvero indica la quantità del bene 2 che può essere acquistata usando tutto R per tale bene, e che R/p1 rappresenta l’intercetta sull’asse delle ascisse, ovvero indica la quantità del bene 1 che può essere acquistata usando tutto R per tale bene. Trovati questi due punti sugli assi cartesiani basta unirli per ottenere la retta di bilancio. L’inclinazione della retta di bilancio, ovvero il rapporto

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tra i prezzi dei due beni, rappresenta il costo opportunità del consumo del bene 1; indica cioè a quante unità del bene 2 occorre rinunciare per consumare, dati i prezzi ed il reddito, una unità aggiuntiva del bene 1. Matematicamente si tratta della derivata della equazione della retta di bilancio rispetto a x1 (dx2/dx1) che appunto ci dice di quanto deve variare il consumo del bene 2 se si vuole aumentare il consumo del bene 1 di una unità, continuando a spendere R, dati p1 e p2. L’insieme di bilancio è costituito da tutti i punti sulla retta di bilancio e dai punti al di sotto di essa; chiaramente, i punti al di sotto della retta di bilancio (come il punto B) rappresentano combinazioni di consumo, ovvero panieri di beni, che non consentono al consumatore di spendere tutto il proprio reddito; al contrario, tutti i panieri a destra della retta di bilancio (come il punto C) non sono raggiungibili dal consumatore, perché dati i prezzi di mercato per essere consumati richiederebbero un maggiore livello di reddito. Variazioni di p1, p2 ed R comportano cambiamenti della inclinazione e/o della posizione della retta di bilancio. In particolare, variazioni del reddito, a parità di prezzi, modificano la posizione della retta di bilancio: se R aumenta, la retta di bilancio si sposta parallelamente a destra. Se il reddito aumenta dal livello R al livello R’, la retta di bilancio si sposta parallelamente verso destra. Poiché aumenta la capacità di spesa del consumatore, dati i prezzi, con un reddito più elevato può acquistare maggiori quantità dei due beni. Infatti, cambiano sia l’intercetta sull’asse delle ascisse che quella sull’asse delle ordinate. La capacità di acquisto del consumatore è rappresentata, infatti, dal reddito reale, ovvero il reddito monetario R diviso i prezzi dei due beni. Un aumento di R sposta in alto la retta del bilancio, il che rende acquistabili panieri che prima erano troppo costosi (viceversa una diminuzione di R). Un aumento in proporzione dei prezzi equivale a una diminuzione di R (sposta in basso la retta del bilancio). Il reddito reale aumenta ogni volta che la retta del bilancio si sposta verso l’alto, rendendo possibile la scelta di panieri prima troppo cari. La crescita del reddito reale può essere provocata da un aumento della somma R (il reddito “nominale”), oppure dalla diminuzione di un prezzo o di entrambi. Il reddito reale diminuisce ogni volta che la retta del bilancio si sposta verso il basso, riducendo il numero dei panieri disponibili per la scelta. La diminuzione del reddito reale può derivare da una riduzione della somma R (il reddito “nominale”), oppure dall’aumento di un prezzo o di entrambi. Variazioni, invece, dei prezzi, a parità di R, modificano l’inclinazione della retta di bilancio. Le figure successive mostrano, rispettivamente, il caso di una riduzione di p1 e quello di un aumento di p2. Se p1 si riduce, cambia l’intercetta sull’asse delle ascisse e la retta di bilancio diventa meno inclinata; infatti, –p1/p2 diminuisce in valore assoluto (ovvero considerandone il valore positivo).

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Se p2 aumenta, cambia l’intercetta sull’asse delle ordinate e la retta di bilancio diventa meno inclinata; in questo caso –p1/p2 diminuisce. Si noti che, una variazione contemporanea di uno stesso ammontare dei prezzi p1 e p2 equivale ad una variazione di R. Questo implica anche che, se i prezzi aumentano (diminuiscono) dello stesso ammontare ed il reddito aumenta (diminuisce) nella stessa misura dei prezzi, la retta di bilancio rimane la stessa. 2. Le preferenze del consumatore Il concetto di utilità fu inizialmente associato al benessere complessivo di un individuo. In particolare, il benessere degli individui veniva a dipendere dalla quantità di beni a disposizione attraverso una funzione del tipo: U = U(x1, x2, ..., xn) dove U è l’utilità e x1, x2, ..., xn sono i beni esistenti in natura. Non veniva però fornito un metodo per misurare l’utilità, né per effettuare confronti fra l’utilità di individui diversi associata a panieri di beni diversi. Pertanto è stata progressivamente abbandonata l’idea dell’utilità quale misura della felicità, riformulando il comportamento degli individui in termini di preferenze del consumatore dove l’utilità è interpretata come un modo per descrivere i gusti degli individui. Gli individui infatti effettuano delle scelte di consumo solo in base a regole economiche, determinate dalla composizione di due elementi: il piacere che si trae dal consumo e lo sforzo di procurarsi i beni, con quest’ultimo che deriva dalla scarsità dei beni a disposizione e dalla conseguente necessità di impiegare una parte delle proprie risorse in un’attività lavorativa. Pertanto, l’utilità è la soddisfazione che l’individuo ricava dal consumo dei beni e dei servizi. Si tratta quindi di un concetto soggettivo.

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Tuttavia, come possiamo determinare la scelta di un consumatore affinché un paniere di beni sia “preferito” ad un altro? Per fornire una risposta a questa domanda, dobbiamo introdurre le preferenze che guidano il comportamento del consumatore. Indichiamo ancora con (x1, x2), o semplicemente X, il paniere di consumo costituito dalle quantità x1 ed x2 dei beni 1 e 2; indichiamo, inoltre, con (y1, y2), o semplicemente Y, il paniere di consumo costituito dalle quantità y1 ed y2 dei beni 1 e 2. Immaginiamo che il consumatore possa ordinare tali panieri in base alla loro desiderabilità. Allora potrà accadere che:

• Il paniere X è strettamente preferito al paniere Y. • Il paniere X è debolmente preferito al paniere Y, ovvero preferito almeno tanto quanto il

paniere Y. • Il paniere X è indifferente rispetto al paniere Y.

Normalmente vengono fatte alcune assunzioni sulle relazioni di preferenza. Tali assunzioni sono talmente importanti da essere chiamate assiomi della teoria del consumatore. Gli assiomi della teoria del consumatore sono tre:

• Completezza. Dati due panieri qualunque X ed Y, il consumatore è sempre in grado di confrontarli. I consumatori sono sempre in grado di classificare i panieri che possono acquistare sul mercato. Quindi, dati due panieri distinti X e Y, il consumatore può o preferire X a Y, o preferire Y ad X o essere indifferente tra i due. Non ci sono altre alternative. Con il termine “indifferente” si intende che i due panieri conferiscono al consumatore lo stesso livello di soddisfazione.

• Riflessività. Ogni paniere è desiderabile almeno quanto se stesso. Si tratta di un assioma di coerenza: se per un consumatore A > B (il paniere A è preferito al paniere B) non può valere che per lo stesso individuo B > A;

• Transitività. Se un paniere X è debolmente preferito ad un paniere Y ed il paniere Y a sua volta è debolmente preferito ad un terzo paniere Z, allora X è debolmente preferito a Z. Questa caratteristica fa sì che le preferenze siano razionali.

Se valgono questi assiomi sulle preferenze allora è possibile costruire una funzione di utilità in grado di ordinare gli infiniti panieri rispettando al tempo stesso le preferenze degli individui.La funzione di utilità viene così ad assumere un significato ordinale. Tuttavia in pratica si utilizza una funzione di utilità che ha caratteristiche cardinali. Ne segue che per rappresentare le preferenze di un individuo si può utilizzare qualsiasi forma funzionale per l’utilità, purché l’ordine delle preferenze rimanga inalterato. Se ad esempio la funzione cardinale U = x1*x2 descrive le preferenze di Caio, allora anche la funzione U’ = 5 x1*x2 è in grado di descrivere le stesse preferenze:

Come si può notare, indipendentemente dalla funzione cardinale utilizzata (U o U’) l’ordine delle preferenze rimane lo stesso, cioè: D > C, C > B, B > A

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2.1 Utilità marginale L’utilità marginale è l’incremento di utilità (ΔU) che il consumatore trae dalla dose aggiuntiva di un bene (ΔX1) a parità di tutti gli altri beni:

2.2 Proprietà delle funzioni di utilità Considerando quanto esposto finora, siamo in grado di elencare le proprietà di una generica funzione di utilità che per semplicità supponiamo formata di due soli beni:

• la funzione di utilità è sempre crescente, rispettando così il principio della non sazietà; • la funzione cresce a ritmi decrescenti, rispettando il principio dell’utilità marginale

decrescente. Pertanto, secondo gli economisti, si ritiene che l’utilità marginale sia decrescente, cioè dosi aggiuntive dello stesso bene danno un’utilità positiva agli individui, ma l’utilità dell’ultima dose è minore di quella associata alla dose precedente e così via, come mostrato nell’esempio seguente:

2.3 Le curve di indifferenza Le preferenze del consumatore possono essere rappresentate dalle curve di indifferenza. Lungo una curva di indifferenza sono indicati tutti i panieri dai quali il consumatore ottiene il medesimo livello di soddisfazione. A seconda delle preferenze degli individui e in assenza di ulteriori assunzioni sulle preferenze, oltre ai tre assiomi visti, le curve di indifferenza possono assumere forme differenti. Tuttavia, a causa dell’ipotesi di transitività delle preferenze, possiamo escludere la possibilità che curve di indifferenza associate a diversi livelli di preferenza possano incrociarsi. Ad indicare preferenze regolari (o well-behaved nella versione anglofona) gli economisti assumono che valgano alcune ipotesi ulteriori sulle preferenze del consumatore. Tali ipotesi sono:

• Monotonicità (non sazietà). Quanto maggiore è la quantità di uno dei due beni (o di entrambi) contenuta nel paniere, tanto più il consumatore è felice (di più è meglio). Così, se i due beni sono carne e pane ed il paniere X contiene tre chili di carne e due di pane, mentre il paniere Y contiene tre chili di carne e tre di pane, allora il paniere Y è strettamente preferito al paniere X. Da un punto di vista grafico, rappresentando le curve di indifferenza

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in un sistema cartesiano in cui vi siano in ascissa il bene 1 ed in ordinata il bene 2, la monotonicità comporta che a curve spostate più verso destra corrispondano livelli di soddisfazione maggiori. Il paniere A è preferito rispetto a tutti i punti nella regione dominata (come il paniere B), ma il consumatore preferirà qualsiasi punto nella regione preferita rispetto ad A (come il paniere C). Punti come D o E implicano una maggior quantità consumata di un bene e una minore dell’altro, rispetto al paniere A, per cui non possiamo stabilire se sono migliori o peggiori rispetto al paniere A. L’ipotesi di monotonicità comporta inoltre che le curve di indifferenza siano inclinate negativamente. Infatti, per definizione lungo una stessa curva di indifferenza si trovano panieri che forniscono lo stesso livello di soddisfazione, pertanto se vogliamo aumentare la quantità di uno dei due beni del paniere e raggiungere sempre lo stesso livello di soddisfazione dobbiamo rinunciare a qualche unità dell’altro bene.

• Convessità. Il consumatore può sostituire il bene 1 con il bene 2 ma tale sostituibilità è imperfetta, ovvero il rapporto di sostituzione tra i due beni non è costante. Le curve di indifferenza regolari, in particolare, risultano convesse. Il significato economico di tale ipotesi è il seguente. Dati due panieri A e B che si trovano su una stessa curva di indifferenza possiamo costruire un terzo paniere C come combinazione lineare dei due panieri iniziali. Il paniere C, per l’ipotesi di convessità sarà preferito agli altri due. Chiariamo tale concetto con un esempio numerico. Paniere A: x2=8; x1=4. Paniere B: x2=4; x1=8. Paniere C: x2=A/2 + B/2=6; x1= A/2 + B/2=6 Il paniere C è una media semplice dei due panieri A e B ed è preferito ad A e B. Graficamente, i panieri A e B si trovano sulla curva U1, mentre il paniere C si trova sulla curva U2, preferita a U1 perché spostata in alto a destra.

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2.4 Il Saggio Marginale di Sostituzione L’inclinazione di una curva di indifferenza in corrispondenza di un punto è nota come saggio marginale di sostituzione (SMS). Il SMS rappresenta il saggio al quale il consumatore è disposto a sostituire uno dei due beni con l’altro, senza che la sua soddisfazione cambi. Ovviamente, il SMS è un numero negativo, perché la curva di indifferenza ha, come detto, inclinazione negativa. Dire ad esempio che SMS = -2 vuol dire semplicemente che il consumatore è disposto a rinunciare a 2 unità del bene 2 per avere una unità in più del bene 1 nel suo paniere di consumo, senza modificare il suo grado di soddisfazione, ovvero muovendosi lungo una stessa curva di indifferenza. Oltre ad essere un numero negativo, il SMS è decrescente mano a mano che ci si sposta lungo la curva di indifferenza da sinistra verso destra. Matematicamente, l’inclinazione della curva di indifferenza in un punto è l’inclinazione della retta tangente alla curva in quel punto. L’ipotesi di convessità riflette anche il concetto di scarsità, come evidente dall’analisi dell’andamento del saggio marginale di sostituzione (SMS). Il SMS è il rapporto fra la quantità del bene X2 (∆X2) cui l’individuo è disposto a rinunciare per ottenere una quantità aggiuntiva del bene X1(∆X1), mantenendo la stessa utilità. Dato che ∆X2<0 e ∆X1>0 il SMS viene definito in valore assoluto (con il segno meno) affinché il suo valore sia sempre positivo. Calcoliamo ora il SMS per una generica curva di indifferenza sulla quale si trovano i seguenti panieri:

A (1; 10) B (2; 7) C (3; 5,5) D (4; 4,5)

 Se un individuo desidera aumentare il consumo del bene X1 di una unità (ΔX1=1), nel passaggio da A a B, è disposto a privarsi di 3 unità del bene X2 (SMS = 3) nel passaggio da B a C è disposto a privarsi di 1,5 unità di X2 (SMS = 1,5) nel passaggio da C a D di 1 unità (SMS = 1). Pertanto lungo la curva di indifferenza, il SMS diminuisce. Quando l’individuo è relativamente più ricco del bene 2 e relativamente più povero del bene 1 (paniere A) è disposto a privarsi di una quantità maggiore del bene 2 per ottenere una quantità in più del bene scarso (X1). Al crescere del bene X1 nel paniere dell’individuo, questi sarà disposto a cedere in cambio quantità via via inferiori del bene X2 (che diventa relativamente più scarso) per ottenere unità aggiuntive del bene X1 (che invece sta diventando relativamente più abbondante). Questo comportamento, che appare del tutto ragionevole ed intuitivo, è coerente con l’ipotesi di convessità delle curve di indifferenza. Vediamo ora la relazione che intercorre tra il saggio marginale di sostituzione e l’utilità marginale. L’utilità marginale del bene i (UMi) è definita come:

UM1 =ΔUΔX1

    UM 2 =ΔUΔX2

 

Possiamo anche scrivere: ΔU = UM1 ΔX1 ΔU = UM2 ΔX2

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L’utilità di un paniere composto da due beni può cambiare sia in seguito ad una variazione nel consumo di X1, sia in seguito ad una variazione nel consumo di X2, ed in base alla relazione precedente possiamo scrivere: ΔU = UM1 ΔX1+ UM2 ΔX2

Ricordando che lungo ogni generica curva di indifferenza l’utilità rimane costante, avremo che ΔU = 0. Pertanto l’equazione precedente può essere scritta come:

0 = UM1 ΔX1+ UM2 ΔX2

UM1 ΔX1 = UM2 ΔX2

-

Dividendo entrambi i membri per ΔX1 UM2, lungo la curva di indifferenza il SMS è sempre uguale al rapporto (inverso) fra le utilità marginali dei due beni:

SMS = −ΔX2ΔX1

=UM1

UM 2

Analogie e differenze con il prezzo relativo

1) P1/P2 misura l’equivalenza tra i beni per il mercato; SMS misura l’equivalenza per il consumatore;

 

2) P1/P2 è costante (è l’inclinazione di una retta); SMS è variabile (è l’inclinazione di una curva). 2.5 Esempi di preferenze e relative funzioni di utilità Preferenze Cobb-Douglas Se il consumatore ha preferenze monotone e convesse, allora le curve di indifferenza che lo rappresentano assumono una forma “regolare”. Una comoda rappresentazione matematica di questa ipotesi è fornita da una funzione di utilità Cobb-Douglas, che assume la forma seguente:

U = X1γ X2

δ con γ e δ entrambi positivi. Di seguito, con brevi passaggi algebrici, mostriamo alcune caratteristiche di tali preferenze.

1) Possiamo operare su γ e δ in modo che la loro somma algebrica sia pari ad 1. Moltiplicando infatti entrambi gli esponenti per la loro somma, otteniamo una funzione di utilità equivalente (l’operazione equivale ad una una trasformazione monotona della funzione di utilità iniziale, che mantiene l’ordinamento di partenza ed esprime quindi le stesse preferenze):

U = X1γ

γ +δ X2δ

γ +δ Ponendo:

α =γ

γ + δ

ne consegue che:

1−α = 1− γγ + δ

=γ + δ − γγ + δ

γ + δ

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Pertanto: U = X1

αX21−α

2) Per calcolare il saggio marginale di sostituzione di una funzione di utilità Cobb-Douglas osserviamo che la derivata parziale della funzione di utilità rispetto a ciascun bene corrisponde all’utilità marginale del bene stesso:

U = X1αX2

1−α

UM1 =∂U∂X1

= αX1α −1X2

1−α

UM 2 =∂U∂X2

= 1−α( )X1αX2−α  

Il rapporto tra le utilità marginali fornisce l’SMS:

SMS = UM1

UM 2

=αX1

α −1X21−α

1−α( )X1αX2−α=

α1−α( )

X2X1

3) Poiché l’SMS rappresenta la pendenza della curva di indifferenza, possiamo mostrare con un esempio che tale pendenza è negativa, rispettando l’ipotesi di monotonicità e decrescente, in conformità con l’ipotesi di convessità (poiché la pendenza della curva diminuisce in valore assoluto). Per semplicità consideriamo la seguente funzione con esponenti pari ad 1:

U = X1X2 da cui ricavare l’espressione per una generica curva di indifferenza, fissando il livello di utilità:

X2 =UX1

la pendenza (negativa) di tale curva sarà data dalla derivata prima di questa funzione:

∂X2∂X1

= −U

2

X12 < 0  

 

mentre la convessità si ricava dalla derivata seconda della stessa funzione

∂2X2∂X1

2 =2X1U

2

X14 > 0  

il che da luogo ad una curva di indifferenza con pendenza negativa e, appunto, convessa. Ciò significa che il SMS è decrescente: lungo una curva di indifferenza, la sostituzione del bene 2 con il bene 1 avviene in modo non lineare, man mano che nel paniere aumentano le dosi del bene 1, il consumatore è disposto a cedere quantità inferiori del bene 2.

Beni sostituti e complementi Descriviamo ora alcune particolari preferenze del consumatore, cui si associano particolari curve di indifferenza comunque regolari. Finora abbiamo visto curve di indifferenze standard, ovvero che descrivono la struttura delle preferenze accordate alla stragrande maggioranza di coppie di beni su

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cui un consumatore tipo possa effettuare le proprie scelte. Esistono, tuttavia, particolari categorie di beni, la cui struttura di preferenze, per le peculiarità che presentano rispetto al loro consumo, è rappresentata da curve di indifferenza differenti rispetto a quelle osservate. Due esempi classici sono quello dei beni perfetti sostituti e quello dei beni perfetti complementi. Due beni sono perfetti sostituti se un consumatore è disposto a sostituire un bene con l’altro ad un saggio costante. Il caso più semplice è quello in cui i due beni vengano sostituiti in proporzione 1 a 1. Supponiamo, ad esempio, di considerare una scelta tra matite rosse e blu, per le quali il consumatore è disposto a sostituire una matita rossa con una blu e viceversa senza subire variazioni di soddisfazione. Consideriamo il paniere di consumo in cui vi siano 4 matite rosse e 4 matite blu; ogni altro paniere il cui numero complessivo di matite sia 8 si trova sulla stessa curva di indifferenza del paniere (4, 4). Se, a partire da tale paniere, vogliamo aumentare di una unità le matite rosse, affinché il consumatore rimanga sulla medesima curva di indifferenza dobbiamo ridurre di una unità il numero di matite blu. Quanto detto, ci porta a rappresentare le curve di indifferenza dei beni perfetti sostituti come rette inclinate negativamente. L’inclinazione di tali rette rappresenta il saggio al quale il consumatore è disposto a sostituire i due beni, e nel nostro esempio è pari a -1, ed è chiaramente anche il SMS, che, quindi, in questo particolare caso è costante lungo tutta la curva di indifferenza (perché, quest’ultima, è appunto una retta). Si noti che, nel caso di beni perfetti sostituti l’ipotesi di convessità vale nella forma della preferenza debole; in questo caso, infatti, se consideriamo due panieri sulla stessa retta di indifferenza, il paniere costruito come loro media si troverà sulla medesima retta; sarà, quindi, un paniere debolmente preferito ai due panieri di partenza (preferito almeno tanto quanto i due panieri iniziali). I beni perfetti complementi sono, invece, quei beni che il consumatore vuole consumare congiuntamente. Supponiamo che un individuo voglia produrre e consumare un liquore a base di limone e la ricetta preveda l’utilizzo di una unità di alcool ogni tre unità di limoni. Se aumenta la quantità di limone a disposizione, ferma restando la quantità di alcool, la soddisfazione del consumatore non aumenta, perché il limoncello prevede una combinazione

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costante e complementare dei due ingredienti. Nell’esempio grafico, il paniere A ed il paniere D si trovano sulla stessa curva di indifferenza; infatti, anche se D contiene 2 unità del bene 1, mentre A ne contiene solo una, il consumatore non aumenterà la sua soddisfazione. L’utilità aumenta solo rispettando il rapporto di complementarietà tra i due beni. Per tale motivo, le curve di indifferenza dei beni perfetti complementi hanno una forma ad L. Nel caso dei beni perfetti complementi, il SMS è indefinito. Infatti, il paniere di consumo situato nel punto d’angolo della curva di indifferenza è caratterizzato da una pendenza non definita, ovvero vi passano infinite rette tangenti. 3. La scelta ottima Una volta definiti il vincolo di bilancio e le preferenze del consumatore, unendo i due concetti, è possibile determinare la scelta del paniere di consumo ottimale. Il consumatore sceglie di consumare il paniere preferito fra quelli che appartengono al suo insieme di bilancio. Poiché attribuiamo al consumatore la capacità di comportarsi razionalmente, dobbiamo ammettere che questi sceglierà quel particolare paniere che gli permette di massimizzare la sua utilità nel rispetto del vincolo imposto dalle sue capacità di spesa.

Dal punto di vista analitico, tutto ciò si riassume dicendo che il paniere ottimo deve: • Giacere sulla curva di indifferenza di livello più elevato. • Giacere sul vincolo di bilancio, così da rispettare il limite imposto dal reddito disponibile,

evitando in tal modo anche che una certa parte di esso non sia impiegata (non c’è alcuna utilità nel detenere qualche euro non speso nel nostro portafoglio).

La scelta ottima del consumatore si ha quando, dato il vincolo di bilancio, il consumatore consuma il paniere che gli consente di ottenere l’utilità maggiore possibile, ovvero consuma il paniere che gli consente di raggiungere la curva di indifferenza più alta. Quando il consumatore sceglie il paniere preferito (E) è in equilibrio (infatti non ha motivo di cambiare scelta), ovvero raggiunge il livello di soddisfazione più alto compatibile con il reddito di cui dispone e con i prezzi dei beni che intende acquistare. Nel caso di preferenze convesse, in equilibrio, l’inclinazione della curva di indifferenza è uguale a quella della retta del bilancio (la curva di indifferenza è tangente alla retta del bilancio):

SMS = P1P2

Il punto di ottimo è rappresentato dal punto in cui la retta di bilancio e la curva di indifferenza sono tangenti, ovvero il paniere (X1

*, X2*).

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Il consumatore potrebbe pensare di consumare, in alternativa al paniere E, anche il paniere A che, dato il suo vincolo di bilancio, rientra nelle sue disponibilità. Tuttavia, sarebbe in questo caso incentivato a modificare la sua scelta. Sappiamo infatti che il paniere E comporta una utilità maggiore rispetto al paniere A, ma, a giustificare la variazione della scelta, dobbiamo osservare che in A, X1 è valutato più di quanto costa sul mercato. In altre parole, nel punto A il SMS più elevato rispetto al prezzo relativo: ciò significa che il consumatore è disposto a cedere una quantità maggiore di X2 (in cambio di una variazione unitaria di X1) rispetto a quanto il mercato ne richieda (rappresentato appunto dal rapporto fra i prezzi dei due beni. Ripetiamo questo concetto con un esempio. Poniamo che il bene 1 rappresenti il consumo di pane e il formaggio sia il bene 2. Nel punto A il consumatore è disposto a cedere 5 unità di formaggio in cambio di 1 unità di pane (il SMS del consumatore è pari a 5). Il mercato richiede invece solo 2 unità di formaggio in cambio di 1 unità di pane (il prezzo relativo P1/P2 è pari a 2). Chiaramente l’individuo è incentivato ad accettare questa variazione nella sua scelta di consumo perché aumentando il consumo di pane in cambio di formaggio ottiene un beneficio aggiuntivo pari a 3 unità di formaggio, quelle 3 unità che risultano come differenza fra ciò che lui è disposto a cedere e quanto invece viene richiesto dal mercato. Questo incremento di benessere si riflette nel passaggio ad una curva di indifferenza di livello più elevato. Lo stesso concetto di equilibrio del consumatore, grazie a semplici passaggi algebrici, può essere rappresentato in maniera equivalente come segue. Dato:

SMS = −ΔX2ΔX1

=UM1

UM 2

=P1P2

possiamo anche scrivere che il consumatore massimizzerà la propria utilità quando:

UM1

P1=UM 21

P2

ovvero quando saranno uguali le utilità marginali ponderate dei due beni. Se così non fosse, ad esempio se

UM1

P1>UM 21

P2

il consumatore vorrebbe accrescere il consumo del bene 1 a scapito del bene 2 perché aumenterebbe così la propria utilità; il contributo all’incremento di utilità del bene 1 è superiore rispetto al bene 2. Aumentando il consumo del bene 1, a causa dell’andamento decrescente dell’utilità marginale, il

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consumatore accrescerebbe la propria utilità e, allo stesso tempo, si muoverebbe verso una condizione di equilibrio (dove le due utilità marginali ponderate sono uguali). 3.1 Equilibrio del consumatore e preferenze Nel caso delle preferenze Cobb-Douglas, la condizione di equilibrio prevede che l’SMS sia pari al prezzo relativo, soddisfacendo allo stesso tempo il vincolo dato dal reddito a disposizione dell’individuo. Quindi, per ottenere il paniere ottimo dobbiamo risolvere un sistema di due equazioni in due incognite: e, conoscendo il SMS nel caso di una Cobb-Douglas:

α1−α

X2X1

=P1P2

R = P1X1 + P2X2

⎧⎨⎪

⎩⎪

Risolvendo per sostituzione otteniamo le funzioni di domanda per i due beni:

X1* = α R

P1

X2* = 1−α( ) R

P2

La domanda di X1 (e analogamente quella di X2) dipende positivamente dalle preferenze fra i due beni (il parametro α) e dal reddito e, negativamente, dal suo prezzo. Non c’è relazione invece con il prezzo del bene alternativo per cui, in questo caso, il consumo del bene 1 non dipende dal prezzo del bene 2 e viceversa. Il parametro α rappresenta il peso del bene 1 nel paniere del consumatore. Infatti, la quota spesa dal consumatore per acquistare il bene 1 è data da:

P1X1R

=P1Rα RP1

= α

Analogamente 1-α la quota spesa dal consumatore per acquistare il bene 2:

P2X2R

=P2R1−α( ) R

P2= 1−α

Un caso particolare si riscontra nella cosiddetta “soluzione d’angolo”, in cui l’equilibrio del consumatore corrisponde ad un paniere dove il saggio marginale di sostituzione non è uguale al

UM1

UM2

= p1p2

p1x1 + p2x2 = R

⎧ ⎨ ⎪

⎩ ⎪

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costo opportunità dei beni. Nell’esempio rappresentato in figura, il consumatore sceglie un paniere che contiene soltanto il paniere il bene 2.

Nel caso dei beni perfetti sostituti, con sostituibilità 1 ad 1, possono presentarsi tre casi. Se P2>P1, l’inclinazione della retta di bilancio è inferiore a quella della curva di indifferenza. In questo caso, il paniere ottimo corrisponde al punto in cui il consumatore spende tutto il suo reddito per il bene 1 (X1 = R/P1). Se P1>P2, il consumatore acquista solo il bene 2. In tal caso, l’inclinazione della retta di bilancio è superiore a quella della curva di indifferenza (il paniere ottimo è allora X2 = R/P2). Infine, se P1=P2 vi è una intera gamma di scelte ottime, poiché retta di bilancio e curva di indifferenza coincidono. Nel caso dei beni perfetti complementi, infine, l’ottimo si trova sempre nel paniere d’angolo delle curve di indifferenza, qualsiasi siano i prezzi dei due beni. Qualunque sia l’inclinazione della retta di bilancio, il paniere ottimo sarà sempre un paniere come B nel grafico. Si noti, per concludere, che, l’ottimo relativo al caso di preferenze di tipo Cobb-Douglas viene detto ottimo interno, quello relativo al caso di beni perfetti sostituti viene detto ottimo di frontiera e quello relativo al caso dei beni perfetti complementi prende il nome di ottimo ad angolo.

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4. La domanda dei beni e la domanda di mercato La funzione di domanda del consumatore esprime le quantità ottime di ciascun bene in funzione dei prezzi dei beni e del suo reddito. In geneale, le funzioni di domanda per il bene 1 ed il bene 2 sono espresse in funzione di tali determinanti:

X1= f (P1, P2, R) X2= f (P2, P1, R)

La curva di domanda dell’intero mercato (o settore) esprime la quantità domandata dai consumatori in quel mercato, per cui può essere ottenuta sommando (orizzontalmente) le curve di domanda di ciascun consumatore. per ogni livello del prezzo. In altri termini, la funzione di domanda di mercato è ottenuta dalla somma delle singole funzioni di domanda individuali espresse dai singoli consumatori. A partire dalle rappresentazioni di domanda individuale di tre generici individui otteniamo la domanda di settore:

Vediamo in che modo la domanda del bene 1 e del bene 2 variano al variare dei prezzi e del reddito 4.1 Domanda dei beni e reddito: la curva reddito-consumo e la curva di Engel Al variare del reddito, la domanda di un bene cambia a secondo della tipologia del bene che stiamo trattando. Distinguiamo allora fra beni normali e beni inferiori.

• Il bene normale è un bene tale per cui un aumento di R genera un aumento della domanda di quel bene da parte del consumatore.

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• Il bene inferiore è un bene tale per cui un aumento di R genera una diminuzione della domanda di quel bene da parte del consumatore. Esistono molti beni la cui domanda diminuisce all’aumentare del reddito, in particolare se è possibile sostituirli con beni di qualità superiore al crescere delle disponibiltà dell’individuo. La bicicletta può essere un bene inferiore se, al crescere del reddito, posso acquistare una motocicletta.

Un aumento del reddito si traduce in uno spostamento verso destra della retta di bilancio, senza che l’inclinazione di questa si modifichi. Se uniamo i panieri domandati ottenuti in seguito allo spostamento della retta di bilancio, otteniamo una curva che prende il nome di curva reddito-consumo. Se X1 è un bene normale, la curva reddito-consumo è positivamente inclinata. Alternativamente, la curva di Engel rappresenta la domanda di uno dei due beni come funzione del reddito, fissi i prezzi. Anche in questo caso, per un bene normale, la curva di Engel è positivamente inclinata. Per alcuni tipi di preferenze, le curve reddito-consumo e di Engel sono delle rette. In tal caso, si dice che le preferenze del consumatore sono omotetiche. Nel caso di preferenze omotetiche, se il reddito aumenta o diminuisce di un certo ammontare t, le domande dei due beni aumentano o diminuiscono dello stesso ammontare. Si dice, allora, che la domanda dei beni aumenta proporzionalmente al reddito. Esempi di preferenze omotetiche sono: le preferenze relative ai beni perfetti sostituti, ai beni perfetti complementi e le preferenze Cobb-Douglas. Se invece, all’aumentare di R la domanda dei beni aumenta in misura meno che proporzionale, i beni sono detti necessari. Se, infine, all’aumentare di R la domanda dei beni aumenta in misura più che proporzionale, i beni sono detti di lusso. 4.2 Domanda dei beni e prezzo del bene stesso: la curva prezzo-consumo e la curva di domanda Analizziamo ora come varia la domanda del bene 1 quando cambia P1. Bisogna distinguere fra beni ordinari e beni di Giffen.

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• Il bene ordinario è un bene tale per cui un aumento del prezzo genera una diminuzione della domanda di quel bene da parte del consumatore (e viceversa).

• Il bene di Giffen è un bene tale per cui un aumento del prezzo genera un aumento della domanda di quel bene da parte del consumatore (e viceversa). Si tratta chiaramente di un caso non molto frequente.

La variazione del prezzo di un bene comporta una variazione della inclinazione della retta di bilancio. Unendo i panieri ottimi ottenuti in seguito a successive variazioni del prezzo, si ottiene la curva prezzo-consumo. La curva di domanda ad essa associata descrive la scelta ottima del bene in funzione del suo prezzo. Al ridursi di P1 il vincolo di bilancio ruota verso destra riducendo la propria inclinazione, e l’individuo riesce a raggiungere curve di indifferenza più alte. La curva prezzo-consumo per i beni ordinari è inclinata positivamente in quanto al ridursi di P1 l’individuo sceglie panieri contenenti maggiori quantità del bene 1. La corrispondente curva di domanda costruita per tale bene evidenzia il legame negativo fra prezzo e domanda del bene 1. 4.3 Domanda dei beni e prezzo del bene alternativo Nel caso di una variazione di P2, l’effetto sulla domanda del bene 1 può essere distinto in tre casi:

• se non c’è relazione nel consumo di X1 e X2 al variare di P2, la scelta di X1 non cambia • se X1 e X2 sono beni sostituti (succedanei) al crescere di P2, diminuisce il consumo di X2 ed

aumenta il consumo di X1, la curva di domanda si sposta verso destra al crescere di P2 • se X1 e X2 sono beni complementari, all’aumentare di P2, diminuisce il consumo di X2 e

diminuisce il consumo di X1, la curva di domanda si sposta verso sinistra al crescere di P2 5. La scomposizione dell’effetto prezzo in effetto reddito ed effetto sostituzione La variazione del consumo di un bene conseguente al cambiamento del prezzo di quel bene (effetto prezzo) può essere analizzata con maggiore profondità. Al variare del prezzo di un bene cambia il saggio al quale si può scambiare un bene con un altro (il prezzo relativo dei due beni P1/P2) e,

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contemporaneamente, si modifica il potere di acquisto complessivo del consumatore, dato dal rapporto tra il reddito monetario R ed il prezzo del bene. Se P1 diminuisce, per acquistare una unità in più del bene 1 è necessario rinunciare ad una minore quantità di bene 2; la riduzione di P1 modifica il saggio al quale il mercato consente di scambiare i due beni (P1/P2), che geometricamente corrisponde all’inclinazione della retta di bilancio. Allo stesso tempo, in seguito alla riduzione di P1 con lo stesso reddito monetario R si potranno acquistare maggiori quantità dei beni, ovvero il reddito reale cresce. Riassumendo, se varia il prezzo di un bene la scelta del consumatore cambia:

• Per effetto sostituzione: la quantità consumata cambia in seguito alla variazione del rapporto di scambio (-P1/P2)

• Per effetto reddito: la quantità consumata cambia in seguito alla variazione del reddito reale (R/P1)

Pertanto l’effetto prezzo si scompone in un effetto sostituzione e in un effetto reddito. Formalmente, tale scomposizione può essere analizzata mediante due metodi differenti che giungono a risultati sostanzialmente equivalenti: il metodo di Hicks e quello di Slutsky. Per comodità di esposizione grafica illustriamo in questa sede l’impostazione analitica di Hicks. Ipotizziamo quindi di annullare l’effetto reddito in modo da isolare la variazione di consumo dovuta al solo effetto sostituzione. Per fare ciò, ipotizziamo che, dopo la riduzione di P1, il consumatore cambi la scelta di consumo mantenendo tuttavia lo stesso livello di utilità e rimanendo sulla stessa curva di indifferenza iniziale. Ricordando l’equazione della retta di bilancio:

X2 =RP2

−P1P2X1

il consumatore passa dal punto ottimo iniziale E al punto E’, aumentando il consumo di X1 in seguito (unicamente) alla riduzione del rapporto P1/P2 (rappresentata dal passaggio dal vincolo di bilancio α al vincolo di bilancio γ). L’ipotesi che il consumatore mantenga la stessa utilità al diminuire del prezzo serviva solo ad isolare l’effetto sostituzione. In realtà, la riduzione del prezzo comporta un incremento del reddito reale e quindi il consumatore, potendo ora acquistare una quantità maggiore di beni potrà ottenere un livello di utilità superiore, raggiungendo una curva di indifferenza più alta. Il consumatore reagirà ad un incremento del reddito a secondo ̀ della natura del bene: in caso di bene normale, il consumo aumenta, se il bene è inferiore il consumo diminuisce. L’Effetto Sostituzione assume quindi un segno negativo, intendendo con questo termine la relazione inversa tra la variazione del prezzo e la variazione del consumo: se P1 diminuisce, diminuirà il rapporto P1/P2 e la domanda di X1 aumenterà.

P1↓ Prezzo relativo (P1/P2) ↓ X1↑ L’Effetto Reddito assume segno negativo per i beni normali: al diminuire di P1, aumenta il reddito reale R/P1 del consumatore e la domanda di X1 aumenterà.

P1↓ Reddito reale (R/P1) ↑ se X1 è un bene normale X1↑ Nel caso dei beni normali, l’aumento di consumo dovuto all’aumento del reddito rafforza l’aumento di consumo dovuto alla variazione del prezzo relativo, quindi, in seguito a una riduzione di P1, il consumo di X1 aumenta. Graficamente: E E’ = effetto sostituzione = AB E’ E’’ = effetto reddito = BC E E’’ = effetto prezzo = AC = AB+BC

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Per i beni inferiori invece il segno è positivo perché l’aumento del reddito reale comporta una riduzione nella domanda di X1:

P1↓ Reddito reale (R/P1) ↑ se X1 è un bene inferiore X1 ↓ Nel caso dei beni inferiori, il consumo diminuisce all’aumentare del reddito, contrastando l’effetto dovuto alla variazione del prezzo relativo. Dato che l’effetto reddito riduce il consumo mentre l’effetto sostituzione lo aumenta, ipotizziamo che l’effetto sostituzione sia maggiore dell’effetto reddito in modo che al ridursi del prezzo il consumo aumenti (ossia la curva di domanda sia negativamente inclinata). I beni di Giffen infine, sono beni inferiori per i quali l’effetto reddito prevale sull’effetto di sostituzione. La quantità domandata dal consumatore di un bene di Giffen diminuisce al diminuire del suo prezzo. Tutti i beni di Giffen sono beni inferiori, ma non tutti i beni inferiori sono beni di Giffen. 6. Elasticità Un concetto molto importante legato alla domanda di mercato è quello di elasticità della domanda. L’elasticità della domanda fornisce una misura della reattività della domanda rispetto al prezzo e

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permette di confrontare tale reazione tra beni diversi. L’elasticità della domanda al prezzo (εD/P) viene misurata mediante il rapporto tra la variazione percentuale della quantità domandata e la variazione percentuale del prezzo:

εD P =ΔQ QΔP P

=ΔQΔP

PQ

ΔQ/Q rappresenta la variazione percentuale della quantità, ΔP/P rappresenta la variazione percentuale del prezzo. Il segno dell’elasticità della domanda è generalmente negativo, perché la domanda di mercato ha inclinazione negativa: all’aumentare del prezzo del bene la quantità domandata si riduce. Considerando l’elasticità della domanda in valore assoluto (ovvero, trascurandone il segno negativo) si possono verificare tre casi (si noti che, il valore assoluto è indicato, in matematica, scrivendo la variabile all’interno di due barre verticali):

1) │εD/P │>1. In tal caso si dice che la domanda è elastica, ovvero sensibile a variazioni di prezzo. Una variazione di prezzo dell’1% induce una variazione della quantità domandata maggiore dell’1%. Questo tipo di domanda è caratteristico dei beni voluttuari, per i quali si può dimostrare che la spesa complessiva diminuisce al crescere del prezzo.

2) │εD/P │<1. In tal caso si dice che la domanda è inelastica, ovvero poco sensibile a variazioni di prezzo. Una variazione di prezzo dell’1% induce una variazione della quantità domandata inferiore all’1%. Questo tipo di domanda è caratteristico dei beni di prima necessità, ma anche di quelli che procurano assuefazione (sigarette, alcolici).

3) │εD/P │=1. In tal caso si dice che la domanda ha elasticità costante unitaria. Una variazione di prezzo dell’1% induce una variazione della quantità domandata dell’1%. In questo caso il ricavo totale dell’impresa (che corrisponde con la spesa del consumatore) viene massimizzato: ricavo totale = RT = PQ è massimo.

L’elasticità della domanda in una curva di domanda lineare varia lungo la curva di domanda. Intuitivamente, punti sulla curva di domanda situati in alto sono caratterizzati da una elasticità maggiore di 1 (in valore assoluto) poiché la variazione percentuale della quantità (al numeratore) sarà elevata (il livello della quantità è basso) mentre la variazione percentuale del prezzo (al denominatore) sarà bassa e quindi il rapporto tra le due variazioni percentuali sarà un numero alto. Il contrario accade per punti sulla curva di domanda situati in basso, caratterizzati da una elasticità minore di 1 (in valore assoluto) poiché la variazione percentuale della quantità (al numeratore) sarà

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bassa (il livello della quantità è alto mentre la variazione percentuale del prezzo (al denominatore) sarà elevata e quindi il rapporto tra le due variazioni percentuali sarà un numero basso. 6.1 Elasticità e ricavi Definiamo il Ricavo Totale (RT) come il prezzo di vendita del bene moltiplicato il numero di unità vendute: RT = PQ. Graficamente viene rappresentato come l’area del rettangolo avente per base la quantità e per altezza il prezzo. Quando il prezzo di un bene varia, l’effetto sui ricavi totali dipenderà dall’elasticità della domanda rispetto al prezzo ossia, al diminuire del prezzo, il ricavo totale aumenta o diminuisce a secondo dell’elasticità della domanda. Nel tratto elastico della curva di domanda, una riduzione del prezzo comporta un aumento del ricavo totale, come indicato in figura, dove l’area di ricavo totale si amplia se il prezzo si riduce: Viceversa, se la riduzione del prezzo avviene nel tratto rigido della curva di domanda, il ricavo totale si riduce: mentre, laddove la curva di domanda ha elasticità unitaria, poiché nel tratto elastico il ricavo aumenta al diminuire del prezzo, mentre nel tratto rigido aumenta al crescere del prezzo, il ricavo totale sarà massimo: Si noti che l’elasticità della domanda è strettamente collegata al tipo di bene considerato. Se un bene ha molti sostituti, la sua domanda sarà probabilmente molto sensibile al prezzo, se invece ne ha pochi o nessuno, presenterà in genere una domanda inelastica. Ad esempio, considerando il

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grado di elasticità della domanda di trasporto pubblico in metropolitana, se i passeggeri possono usare anche bus, taxi o automobili per i loro spostamenti nel centro cittadino, tale domanda sarà elastica (per esempio εD/P= |1,4|), per cui un aumento del prezzo del biglietto della metropolitana ridurrebbe in misura più che proporzionale la quantità di biglietti venduta e i ricavi diminuirebbero. Se i passeggeri non avessero possibilità alternative, la domanda sarà invece rigida (per esempio εD/P=|0.7|), un aumento del prezzo ridurrebbe meno che proporzionalmente la quantità e i ricavi aumenterebbero. Inoltre, l’elasticità è maggiore nel lungo periodo. Nel breve periodo, i consumatori difficilmente modificano le proprie scelte e le quantità domandate in seguito a variazioni di prezzo, perché cambiare i propri piani di consumo potrebbe risultare gravoso, mentre se il cambiamento del prezzo si mantiene più a lungo è più probabile che i consumatori modifichino le proprie modalità di acquisto. La domanda allora tende a essere più elastica nel lungo periodo ma relativamente inelastica nel breve. 6.2 Elasticità incrociata e elasticità al reddito L’elasticità incrociata della domanda per un bene i rispetto al prezzo del bene j indica la sensibilità della domanda al variare del prezzo del bene alternativo e si definisce come:

εD1 P2=ΔQ1 Q1

ΔP2 P2=ΔQ1ΔP2

P2Q1

L’elasticità incrociata può assumere valori positivi o negativi: • è positiva se i due beni sono sostituti, per esempio burro e margarina ̀: se il prezzo del burro

aumenta, la quantità domandata di burro diminuisce e aumenta quella di margarina, • è negativa se i due beni sono complementari, per esempio caffè e zucchero: se il prezzo del

caffè aumenta, la quantità domandata di caffè diminuisce e diminuisce anche la domanbda di zucchero.

L’elasticità della domanda al reddito misura la reattività della quantità domandata rispetto a variazioni di reddito e si definisce come:

εD R =ΔQ QΔR R

=ΔQΔR

RQ

L’elasticità della domanda al reddito può assumere valori positivi o negativi: • Un bene normale ha un’elasticità della domanda al reddito positiva (un aumento del reddito

comporta un aumento della quantità domandata) • Un bene inferiore ha un’elasticità della domanda al reddito negativa (un aumento del reddito

comporta una diminuzione della quantità domandata) • Un bene di lusso ha un’elasticità della domanda al reddito maggiore di 1 (un aumento del

reddito comporta un aumento più che proporzionale della quantità domandata) 7. Il surplus del consumatore Il surplus (o rendita) del consumatore è la differenza che intercorre fra il prezzo che un individuo è disposto a pagare per acquistare un determinato bene o servizio e il prezzo di mercato dello stesso bene. Il valore massimo che un individuo è disposto a pagare viene detto "prezzo di riserva". Ad esempio: se un individuo è disposto a pagare 100 euro per l’ingresso ad un concerto di una famosa

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band inglese, mentre il biglietto per lo stesso evento costa 70 euro, egli avrà un surplus (totalmente psicologico) pari a 30 euro. La curva di domanda esprime la disponibilità a pagare dei consumatori in corrispondenza di ogni singola quantità che viene loro offerta sul mercato. Nella figura sottostante consideriamo la curva di domanda D e supponiamo che il prezzo sia P e la quantità domandata Q. Poiché il prezzo rappresenta il valore attribuito al bene dal consumatore marginale, la curva di domanda può rappresentare anche il beneficio marginale sociale, in quanto rappresenta il valore attribuito al bene dal consumatore (quanto sarebbe stato disposto a pagare per ogni singola quantità). La rendita del consumatore (o surplus del consumatore), rappresenta il vantaggio che il consumatore ottiene dallo scambio quando, per un dato prezzo di equilibrio, egli sarebbe disposto a pagare un prezzo più elevato. Poiché tutti i consumatori pagano lo stesso prezzo (in questo caso pari a P*), il triangolo AP*C rappresenta il surplus (netto) dei consumatori, ossia l’eccesso di beneficio (utilità) totale dei consumatori rispetto alla spesa effettivamente sostenuta