002 MER 31-01-96

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La Giornata * * * * * * In Italia Nel mondo Milano. Soddisfatto per la buona riuscita degli esperimenti di Muru roa, raff o rzato sul piano internazionale dalle positive re a z i o n i alla decisione di sospendere i test nucleari, Jacques Chirac si accinge a partire per gli Stati Uniti per incassare ulteriori dividendi della sua politica atomica. Nell’incontro di domani con Bill Clinton potrà ribadire che “la Francia intende giocare un ruolo attivo nel disarmo” e conferm a re di voler conclu- dere entro l’anno un accordo per la messa al bando dei test nucleari, dopo aver ag- g i o rnato le proprie tecnologie. La Realpoli- tik francese dimostra quanto il problema della deterrenza atomica sia oggi cru c i a l e . “Ma veramente la fine della guerra fre d- da ha esaurito la questione degli arm a m e n- ti nucleari?” si è chiesto Jacques Isnard su Le Monde. Una domanda evidentemente re- torica, quella dell’autorevole giornale fran- cese pur spesso critico con le forz a t u re nu- cleari di Chirac. La tesi secondo cui la fine della guerra fredda avrebbe comportato un lungo periodo di pace si è dimostrata infon- data. I contenziosi aperti sulle armi nuclea- ri sono molti. La so- spensione dei test francesi segue di solo pochi giorni la ratifi- ca del trattato Start 2 da parte del Senato statunitense, ma per contro la Duma neo- comunista di Mosca ha annunciato di non aver fretta di appro- varlo a sua volta. Dal canto suo la Cina, al- tro protagonista di primo piano, ha co- municato che i pro p r i esperimenti atomici continueranno. Per la Cina l’armamento nucleare è del resto im- p o rtante anche nei confronti di Taiwan, con cui permane alta la tensione e che, secondo Pechino, sarebbe a sua volta in procinto di dotarsi della bomba atomica. Alta è la ten- sione fra Pakistan e India, dopo la denuncia di Islamabad di possibili nuovi esperimen- ti nucleari indiani e la contro-denuncia di Dheli a proposito dell’imponente riarmo in corso da parte pakistana. “Una disputa pe- ricolosa perché ha portato a una corsa agli a rmamenti nel subcontinente” ha detto Be- nazir Bhutto e che nei giorni scorsi si è tra- sformata in scontro aperto, con il lancio di missili e scontri armati nel Kashmir. Sulla fine della guerra fredda incombe “il rischio della deriva dei continenti geo- politici” spiega il sottosegretario alla Dife- sa del nostro governo Carlo Maria Santoro . “Dai nuovi conflitti discendono le nuove dottrine militari, i concetti strategici, i di- spositivi di forza”. Finora il tentativo, gui- dato dagli Stati Uniti, è stato quello di pre- venire e sedare crisi e conflitti nelle aree tradizionali di interesse strategico america- no. A questo fine gli Stati Uniti stanno tra- sformando lo strumento militare anche in t e rmini dottrinali (Force XXI, Forw a rd Sem the Sea, Airland Battle, ecc.), seguiti a ruo- ta dai principali paesi europei. Tutti gli al- tri sono costretti all’imitazione, tardiva e in- completa, come è purt roppo il caso dell’Ita- l i a . Il costo delle conseguenti operazioni di aggiustamento degli schieramenti militari è però molto alto perché – com’è noto - le ar- mi convenzionali sono molto più care delle armi nucleari. Quindi, in un mondo che esclude, anche dal quadro della deterre n z a , l’uso politico del nucleare, diventa fonda- mentale l’attenzione allo sviluppo dei siste- mi d’arma convenzionali. Questa è la ragio- ne per cui, ad esclusione dell’ltalia, i bilan- ci ordinari della difesa dei principali paesi del mondo – dopo una breve fase durante la quale sono drasticamente diminuiti – sono oggi in aumento sia in termini sia per la ri- c e rca e lo sviluppo che per l’industrializza- zione di nuovi sistemi d’arm a . E’ anche per questi motivi che l’uso della d e t e rrenza nucleare torna ad essere un in- teresse centrale nelle politiche difensive. “Chirac ha pagato politicamente gli esperi- menti, ma la posta in gioco per lui era pro- prio il mettersi al passo degli Usa sulla spe- rimentazione atomica. E ora è una posizio- ne di forza e può parlare di disarmo totale” prosegue Santoro. Il politologo americano E d w a rd Luttwak differisce da questa anali- si, e ritiene che Chirac non abbia fatto un buon affare né politicamente né militar- mente: “Perché il vero problema oggi non è la deterrenza della potenza nucleare, ma la non proliferazione. E per ottenerla, come stanno facendo gli Stati Uniti nei confro n t i della Corea del Nord, è necessario offrire contropartite economiche – forniture, tec- nologia, crediti – che inducano i paesi ‘non ufficialmente nucleari’ a desistere dalla corsa alla bomba”. Presumibilmente, è la stessa logica che consente oggi a Mosca di giocare alla contrattazione, sulla ratifica dello Start 2: non per ingaggiare una nuova improponibile escalation atomica, ma per alzare il prezzo, economico, della disten- s i o n e . JACQUES CHIRAC “Carissimo, ti unisco, con le premure più vive, un promemoria relativo alla signora Scaccia Silvia (...) la quale aspira ad essere inserita nel corso di pilota di volo a motore che sarà indetto nel prossimo aprile dalla compagnia Aliadriatica. Ti sarò grato per quanto farai e per le cortesi notizie che vor- rai farmi avere in merito”. Mittente: Remo Gaspari. Destinatario: Carlo Toto. E chi è questo signore, Carlo Toto, che, nel marzo del ‘90, godeva delle effusioni di uno dei più importanti ministri della Prima Repubblica? Il suo nome ha incontrato qualche notorietà negli ultimi tempi poiché gli appartiene l’Air One, la prima compagnia aerea che, dopo la “liberalizzazione dei cieli” decretata dall’U- nione Europea, s’è messa a competere con l’Alitalia sulla tratta Milano-Roma. Carlo To- to, dalle sue parti, e cioé a Pescara, non è propriamente un carneade. Il suo gruppo, la Toto Spa, fa manutenzione stradale e co- struisce prefabbricati per ponti e cavalcavia. Ogni anno ottiene dall’Anas commesse per 4-500 miliardi. Tempo fa una stima del quo- tidiano La Repubblica collocò la Toto al se- sto posto nella gra- duatoria delle impre- se italiane che hanno guadagnato grandi la- vori pubblici a trattati- va privata, quindi sen- za gara d’appalto. In questi mesi la Toto si sta occupando dell’e- dificazione del nuovo tribunale di Pescara (150 miliardi) e della terza corsia sulla Sa- vona-Torino (40 mi- liardi). Ma soprattutto c’è l’avventura della Air One. Carlo Toto acqui- sta la malmessa Aliadriatica nel giugno del 1988. L’anno seguente compra due Citation II per incrementare, e vi riesce, il settore ae- rotaxi. Fra i clienti ci sono pure gli uomini mandati in missione dalla Dc, che per un certo tempo volano gratis, sinché Carlo To- to non firma un contratto con Severino Cita - risti, cassiere della Dc atteso dai duri mesi di Tangentopoli, nel quale si cede al partito un pacchetto di ore volo al prezzo di un milione all’ora. Mentre l’Aliadriatica cresce, in Euro- pa si comincia a pensare alla libera circola- zione nei cieli. Toto fiuta l’affare e avvia una serie di corsi per aspiranti piloti, che comin - ciano nel ‘90 e non finiscono mai. Anzi, fini- scono in tribunale, dal momento che la com- pagnia ottiene finanziamenti dal Fondo so- ciale europeo per quattro miliardi ma ne ri- ceve solamente uno e mezzo; i corsisti, che si sentono turlupinati, fanno scattare le de- nunce e l’inchiesta è tuttora in corso. Gli in- toppi giudiziari non fermano Carlo Toto che nel 1994 acquista il primo Boeing 737. Ora dispone di dieci aerei, tutti affittati tranne il primo. E il 23 novembre del ‘95 partono i primi voli fra Fiumicino e Linate. In tutto cinque, andata e ritorno. I prezzi competitivi di Air One spiazzano Alitalia, che vende il biglietto a 225 mila lire contro le 180 mila lire dei con- correnti. Le polemiche travolgono Air One, accusata di essere parsimoniosa nelle ma- nutenzioni. Ma non è vero, ribatte l’ammini - stratore delegato Giovanni Sebastiani: “La nostra flotta è costituita da un solo modello di aereo e il risparmio è fisiologioco. Eppoi abbiamo un personale più giovane e uno staff senza troppe sovrastrutture. Ecco per- ché i nostri sono semplicemente prezzi di mercato”. E allora che fa l’Alitalia? Non com- menta le mosse dell’avversario e lancia la campagna Arcobaleno, con cui, sino al 31 gennaio, si può acquistare l’Air Card (la tes - sera che consente di accedere a sconti sino al 40%) a 250 mila lire anziché a mezzo mi- lione. L’Air One non batte ciglio, e proroga sino al 31 di marzo le tariffe promozionali previste, in un primo momento, solo fino al termine di gennaio. “Ma non parlate di con- correnza - aggiunge Paolo Rubino, direttor e commerciale di Air One - perché noi voglia- mo semplicemente allargare il mercato. Le statistiche dicono che gli italiani volano una volta all’anno. Nel resto d’Europa tre, negli Stati Uniti cinque”. Sarà, ma nei primi qua- ranta giorni di servizio, l’Air One ha tra- sportato 35 mila passeggeri, il 30% nuovi, e presumibilmente rubati alle Ferrovie dello Stato; tutti gli altri all’Alitalia. Ma la fine del monopolio Alitalia è soltan - to all’inizio. Sulla Milano-Roma (un business da oltre due milioni di passeggeri annui, quinto collegamento europeo) dal 22 gen- naio si è inserita un’altra compagnia, la No- man, finora impegnata soprattutto in voli charter e in convenzioni con agenzie di turi - smo. La Noman risparmia su tutto: in volo al massimo offre un bicchier d’acqua e il bi- glietto costa una miseria: 288 mila lire, an- data e ritorno. E dal ‘97 sui mercati naziona - li via libera anche alle compagnie straniere, in una battaglia dei costi che farà vittime. E chi rischia di più è Alitalia, ben abituata dal monopolio (soprattutto dei prezzi) e ostaco - lata da un’onerosa struttura, da rivendica- zioni sindacali e bilanci poco rassicuranti. GIOVEDI’ L’INCARICO di governo potrebbe essere assegnato dal Capo dello Stato al termine del terzo giro di consultazioni che è cominciato ieri. Il P residente della Repubblica ha incon- trato il laburista Valdo Spini, il cdu Rocco Buttiglione e i rappresentanti dei gruppi minori. Nel frattempo Ge- r a rdo Bianco, segretario del Ppi, ha ri- proposto a Scalfaro la candidatura di Dini per procedere verso le riforme e a ff ro n t a re senza scossoni il semestre e u ro p e o . Gianfranco Fini non ha escluso un accordo sul semipresidenzialismo alla francese con la sinistra, purché si man - tengano i poteri di cui gode oggi il capo dell’Eliseo. Anche il segretario della Ci - sl, Sergio D’Antoni, spinge verso un’in - tesa per rinviare le elezioni: ora è tem - po di aff ro n t a re le urgenze e non le ur - ne. E Berlusconi si dichiara ancora ot - timista sul raggiungimento di un patto fra centrodestra e centro s i n i s t r a. * * * Indice Mibtel in forte rialzo ieri al termine delle trattative in Borsa: l’in- cremento è stato dell’1.51%. Il dollaro, in lieve crescita, si è attestato a 1.600 li- re, mentre il marco è sceso a 1.073 sui m e rcati valutari italiani. * * * Scendono i rendimenti di Cct e Btp sotto il nove per cento netto di tasse. Per entrambi i titoli ciò non accadeva dalla metà del 1994. * * * Achille è una giorn a l i s t a, scrive il set- timanale Avvenimenti. La fonte del Si- sde che avrebbe fornito informazioni su Di Pietro “sarebbe una cronista ben inserita nel sottobosco politico e giudi- ziario milanese”. Al processo Curtò, Sergio Cusani ha accusato Di Pietro di aver contraffa t t o due documenti bancari per supporta re l’inchiesta a suo carico. * * * Ventuno evasori miliarda r i s c o p e rti a Verona. Il recordman è un commer- ciante all’ingrosso che ha occultato gua- dagni per 205 miliard i . * * * Berlusconi e mafia è stato il tema del- l’udienza di ieri a Catania per il pro- cesso “Orsa maggiore”. Il leader di For- za Italia ha smentito di essere stato ri- cattato dalla criminalità organizzata che gli aveva incendiato la sede della Standa della città etnea. Da interce t t a- zioni telefoniche risulta comunque che furono fatte pressioni su alcuni diri- genti Fininvest. Sentito dai giornalisti, il boss Giu - seppe Madonia, protagonista del pro - cesso, ha dichiarato di augurarsi “che alle prossime elezioni vincano le sini - s t re, perché sono più garantiste”. * * * Rispettato il fabbisogno di 130 mila m i l i a rdi per il 1995. Lo ha dichiarato al Gr1 il sottosegretario al Tesoro, Piero Giarda. L’obbiettivo è stato raggiunto grazie all’avanzo del mese di dicembre che si è avvicinato ai seimila miliardi, pareggiando il disavanzo di 136 mila miliardi accumulato negli undici mesi p re c e d e n t i . * * * Nuovo processo tributario dal mese di aprile, quando si insedieranno le nuo- ve commissioni tributarie che sostitui- ranno quelle attuali di primo e secondo grado. Le nuove commissioni potranno avvalersi di strumenti, come la conci- liazione giudiziale, che renderanno più agile l’esame dei ricorsi. * * * Pochi medici e molte auto in Italia se- condo un’indagine dell’Ocse. Solo negli Stati Uniti e in Germania si registra una densità automobilistica superiore . Gli italiani sono rispettivamente setti- mi e tredicesimi al mondo per numero di telefoni e di televisori per abitante. In compenso siamo ventitreesimi nella graduatoria per dotazione di medici. LACINAPROSEGUIRA’ I TEST n u- cleari nel Xinjiang. Lo ha annunciato il g o v e rno di Pechino, senza però rivelare i suoi piani sui prossimi esperimenti, che quest’anno, secondo fonti occiden- tali, dovre b b e ro essere almeno due. * * * Navi da guerra greche e turche si f ronteggiano al largo di Imia, un isolot- to deserto nel mar Egeo conteso dai due paesi. Il governo di Atene si è ieri riunito di urgenza e ha intimato il riti- ro di una fregata turca dalla zona. A sua volta, Ankara pretende un allonta- namento delle navi militari greche da quelle che considera le proprie acque t e rr i t o r i a l i . * * * Un aereo è precipitato in Angola m e n- t re si dirigeva verso la capitale Luanda. Tre n t a q u a t t ro persone sono morte e al- t re venti sono rimaste ferite. * * * Il monopolio di Stato sulla vodka e su- gli altri alcolici verrà re introdotto in Russia. Secondo il ministero dell’Eco- nomia, la manovra, che prevede tasse alla produzione e al consumo, dovrà p o rt a re nelle casse del Te s o ro l’equiva- lente di 800 miliardi di lire al mese. Ma l’impopolarità della misura (ogni ru s s o beve, statisticamente, un quarto di litro di vodka al giorno) potrebbe indurre Boris Eltsin a bloccare la manovra. * * * Assassinati in Algeria otto donne e sei uomini negli ultimi giorni. Le don- ne sono state tutte sgozzate e mutilate. Cinque di loro, tra cui una bambina, appartenevano a un’unica famiglia di cui fanno parte alcuni agenti di polizia. * * * Un separatista irlandese è stato ucci- s o a Belfast. Gino Gallagher era un per- sonaggio di spicco dell’Irish Republi- can Socialist Part y, piccola form a z i o n e m a rx-leninista. E’ stato raggiunto da di- versi colpi di pistola mentre si tro v a v a n e l l u fficio dell’assistenza sociale a fir- m a re per il sussidio di disoccupazione. * * * Steve Forbes è in testa nelle primarie del partito repubblicano che si svolge- ranno nel New Hamshire il 20 febbraio e che apriranno la campagna per le ele- zioni presidenziali americane. Secondo i sondaggi, il multimiliardario racco- g l i e rebbe il 29 per cento dei voti contro il 24 per cento di Bob Dole, capo della maggioranza repubblicana al Senato. * * * Un partito dei corrotti è stato creato in India per radunare i leader politici inquisiti. Si chiama Havala. Il suo fon- d a t o re, Jaspal Bhatti, è certo di ottene- re un successo alle prossime elezioni. IL FOGLIO ANNO I NUMERO 2 DIRETTORE GIULIANO FERRARA MERCOLEDÌ 31 GENNAIO 1996 - L.1000 DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA VICTOR HUGO, 1 - 20123 - MILANO quotidiano TEL. 02/8639181 - FAX 02/878596 - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE / 50% - MILANO Roma. Sui malcerti territori dell’inciuci- smo nazionale ( e il lettore perdoni le bru t- te parole, che sono specchio delle cose bru t- te) ci sono almeno due esploratori che mar- ciano da anni con passo sicuro, ad onta di trappole e paludi, senza mai perd e re la stra- da. Sono Giuseppe Guarino e Antonio Mac- canico. I loro sentieri - palesi od occulti - hanno avuto negli anni opposte stelle pola- ri e raramente si sono incrociati. E’ invece in questa crisi palloccolosa che i due si ri- t rovano infine a marc i a re paralleli e spesso così vicini da rasentare l’incontro. Il loro ruolo nella difficile mediazione istituziona- le, che ha seguito le dimissioni del govern o tecnico, sembra essere scoccato per pura combinazione domiciliare, o almeno così p a re che si tramandi. Giuseppe Guarino occupa infatti l’appar- tamento sottostante la casa di Lamberto Di- ni e di sua moglie Daniela, nella nobile piaz- za Fontanella Borghese, mentre Antonio Maccanico è dirimpettaio del quartier ge- nerale di Lanfranco Fini, in via della Scro- fa. La fama di Giuseppe Guarino quale gran- de cucitore d’intese è tale che molti lo chia- mano “il sarto”. La sua dottrina ha infiniti clienti e non conosce colori. Per questa do- te è stato scelto da Scalfaro per rimettere le mani nel garbuglio delle riforme istituzio- nali. Guarino ha infatti il pregio di avere p o rte aperte da Silvio Berlusconi. Il pro f e s- s o re si è messo subito in marcia; il suo inca- rico di partenza era semplice e netto: favo- rire il ritorno di Dini a Palazzo Chigi e far r a ff re d d a re la ribollente materia istituzio- nale. A questo scopo Guarino ha subito ri- lanciato l’idea di una “fase costituente”, op- portunamente nobilitata da un successivo vaglio re f e re n d a r i o . Il pro f e s s o re si è aff a c- ciato anche a via dell’Anima, casa Berlu- sconi, dove la sua “bozza” ha ricevuto molti complimenti ed è stata prontamente impi- lata su di una ragguardevole catasta. Guarino riferisce costantemente dei suoi successi e delle sue delusioni all’inquilino del piano di sopra. Con Dini si intendono: a entrambi piacciono le felpate stanze del po- t e re, non hanno simpatia per la finanza lai- ca di Mediobanca, e hanno comuni rancori verso gli altri sfidanti per Palazzo Chigi, Car- lo Azeglio Ciampi e Giuliano Amato. Una coppia perfetta. Peccato che sulla loro strada abbiano tro- vato un ostacolo come Antonio Maccanico. Con Guarino, l’ex presidente di Mediobanca ha in comune solo l’origine irpina, poi le lo- ro strade sono state sempre divise. Anche per il rientro in gioco di Maccanico ha con- tato il quotidiano incrociarsi con Gianfran- co Fini. Il presidente di An vi ha visto subi- to l’alternativa ideale al ritorno dei “tecni- ci” Dini e Ciampi. Che poi le loro idee in materia istituzionale siano agli antipodi, po- co importa. Maccanico è maestro nel trov a- re i punti di contatto in ogni occasione. Si racconta che Enrico Cuccia, che lo scelse per facilitare la privatizzazione di Medio- banca, dicesse di lui: “Se tra due sedie vuo- te ci si sedie Antonio, lui le mette d’accor- d o . A Maccanico va la fiducia di Mediobanca, a cui lo lega il suo passato di presidente e la parentela col mitico Adolfo Tino, ed anche la Fiat lo considera un uomo su cui contare . Ma molti sono convinti che la sua arte me- diatoria lo terrà a galla comunque vada a fi- n i re: pefino se dovesse vincere l’avversario Dini “E’ così bravo - dice Giorgio La Malfa, che lo conosce bene - che ha aperte tutte le strade: può fare il presidente del Consiglio lui stesso, può torn a re a lavorare con Ciam- pi e può fare anche il ministro con Lamber- to Dini”. Basta mettersi d’accord o . Tornano i fascisti, capeggiati da quel pe- ricoloso squadrista di Gianfranco Fini cui pure, alla festa dell’Unità di reggio Emilia del settembre scorso, Walter Veltroni rico- nobbe doti di “equilibrio” di gran lunga su- periori a quell’irresponsabile di Silvio Ber- lusconi esperto, disse Ve l t roni davanti alla platea post-comunista che addirittura si spellava le mani applaudendo il post - fa- scista, di “insulti da discoteca”. Adesso è stato eliminato d’imperio il “post” e Fini è tornato un bieco fascista. Comincia Barba- ra Spinelli che sulla Stampa ritira la “pa- tente democratica” a Fini, colpevole di es- sersi irrigidito in una posizione che solo una “legittimità consolidata” avrebbe potu- to autorizzare. Prosegue Repubblica che pure in tempi lontani si compiacque per lo “sdoganamen- to” degli ex fascisti e che, dimentica degli strali d’inizio d’anno con cui Scalfari ha gra- tificato Scalfaro, parte alla carica nella de- nuncia del “ritorno di Fiamma” e nella de- plorazione del “trasformismo” che avre b b e inquinato “l’operazione Fiuggi”. Del resto, assicura il pidiessino Burlan- do sul Corriere della Sera, “Fiuggi era solo una svolta di facciata” e per questo è co- stretto a scendere nell’agone Norberto Bobbio per spiegare sulla Stampa che del fascismo Fini conserva “alcune idee fonda- mentali” (il presidenzialismo?) e poi che è sempre meglio “cinquanta governi in cin- quant’anni che uno solo in venti”. Son tor- nati i fascisti: e tutto perché Fini si oppone al “compromesso democratico” che in fon- do neanche Prodi auspica (“fascista” anche P ro d i ? ) . * * * Giampaolo Pansa si ringiovanisce di al- meno vent’anni e rispolvera sull’Espresso le “carogne fasciste uscite dalle fogne”. Enri- co Deaglio suggerisce sull’Unità un paralle- lo tra Fini e Hitler. Sempre sull’Unità Fabio Mussi scrive che Fini “ha un vizietto, è un po' fascista”. Giuseppe Caldarola legge sul- le agenzie la dichiarazione di La Malfa se- condo cui “ritorna il Msi”, ruba l’idea e fa ti- tolare il suo articolo in cui si esecrano i “comportamenti al limite dello squadri- smo” dei seguaci di Fini con un “ritorno al Msi”. C e s a re Salvi, sempre sul “giornale fonda- to da Antonio Gramsci” e diretto dal vice- P rodi che rilascia in due giorni una dozzina di dichiarazioni in cui definisce “inaffida- bile” il Gianfranco Fini con il quale mise in scena il commovente duetto di Reggio Emi- lia, se la prende col “nemico del liberali- smo”. C’è perfino Clemente Mastella che viene reclutato dall’Unità per un ammonimento pubblico al leader di An: “Gli ricordo che è un ex fascista”. E tutto perché Domenico Fi- sichella (i cui pensieri Massimo D’Alema ora definisce “mirabili”) se ne è andato da A n . * * * Nella bozza di intesa scritta dai tre saggi del Polo e divulgata dal Giornale, si legge che “qualora nessun candidato premier ot- tiene” eccetera eccetera. Due righe più in là si ribadisce che “qualora il primo ministro è sfiduciato” eccetera eccetera. Nella fretta i saggi non hanno ricordato che dopo il “qualora” è preferibile il con- giuntivo. E tutto perché i professori, impe- gnati a “coniugare” le esigenze di raff o rz a- mento del premier con le prerogative del Parlamento, non immaginano nemmeno quanto sia più proficuo imparare a “coniu- g a re” correttamente i verbi. NOVE COLONNE Da domani nel Foglio Quotidiano un’inchiesta sull’occupazione negli Usa e in Euro p a I PESI SUI SALARI CHE PARALIZZANO LE STRATEGIE PER CREARE LAVO R O Maastricht Nella riunione dei ministri degli esteri dell’Unione europea, l’inglese Malcolm Rifkind ha avanzato, tra le righe, la richie- sta di rinviare l’adozione del trattatato di Maastricht.. Lo stesso premier inglese, John M a j o r, sta svolgendo cauti sondaggi in que- sto senso. La richiesta ha suscitato molto n e rvosismo a Bruxelles, ma l’opinione pub- blica inglese continua a manifestare molte perplessità euroscettiche. Lo stesso Finan- cial Times, giornale della City ultra-euro- peista, con un intervento di un suo autore- vole editorialista, Martin Wolf, denuncia la confusione del disegno politico alla base della scelta di Maastricht. Le pre o c c u p a z i o- ni nascono anche dal fatto che la Francia e la Germania sembrano concord a re solo tra di loro incentivi alla ripresa come quelli an- nunciati in questi giorn i . Il Sole 24 0 re, giornale di una Confindu- stria italiana che si riconosce nel progetto della moneta unica, sostiene che gli inglesi hanno qualche ragione. Persino un padre del Trattato di Maastricht , Jacques Delors, dichiara, in un dibattito de Les Echos, che l’unificazione monetaria va accompagnata da un riequilibrio economico. In Europa, anche tra gli euroentusiasti, si comincia a parlare una lingua simile a quel- la usata nel Parlamento italiano dall’ex mi- n i s t ro degli Esteri, Antonio Martino. A Roma scocca l’ora fatale dei mediatori La crisi in mano ai signori della Prima Repubblica IN CAMPO GUARINO E MACCANICO. IL PARTITOPRO-DINI E IL GIRO BA N K I TA L I A La sinistra si è sbagliata, Fini non è più democratico I saggi vogliono “coniugare” i poli, non sanno coniugare i congiuntivi I fascisti son tor nati Fine dei monopoli L’Air One di Carlo Toto l’uomo che sfida lo strapotere di Alitalia Sulla Roma-Milano 35 mila passeggeri in 40 giorni. Così un imprenditore fa tremare la compagnia di bandiera E infuria la guerra dei prezzi Geopolitica di Mururoa L’atomica francese ovvero la Realpolitik dopo la guerra fredda I contenziosi nucleari aperti nel mondo sono molti e tornano a pesare sulle scelte strategiche ed economiche Chirac più forte dopo i test

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La Giornata* * * * * *

In Italia Nel mondo

Milano. Soddisfatto per la buona riuscitadegli esperimenti di Muru roa, raff o rzato sulpiano internazionale dalle positive re a z i o n ialla decisione di sospendere i test nucleari,Jacques Chirac si accinge a part i re per gliStati Uniti per incassare ulteriori dividendidella sua politica atomica. Nell’incontro didomani con Bill Clinton potrà ribadire che“la Francia intende giocare un ruolo attivonel disarmo” e conferm a re di voler conclu-d e re entro l’anno un accordo per la messaal bando dei test nucleari, dopo aver ag-g i o rnato le proprie tecnologie. La Realpoli-tik francese dimostra quanto il pro b l e m adella deterrenza atomica sia oggi cru c i a l e .

“Ma veramente la fine della guerra fre d-da ha esaurito la questione degli arm a m e n-ti nucleari?” si è chiesto Jacques Isnard suLe Monde. Una domanda evidentemente re-torica, quella dell’autorevole giornale fran-cese pur spesso critico con le forz a t u re nu-cleari di Chirac. La tesi secondo cui la finedella guerra fredda avrebbe comportato unlungo periodo di pace si è dimostrata infon-data. I contenziosi aperti sulle armi nuclea-ri sono molti. La so-spensione dei testfrancesi segue di solopochi giorni la ratifi-ca del trattato Start 2da parte del Senatostatunitense, ma perc o n t ro la Duma neo-comunista di Moscaha annunciato di nonaver fretta di appro-varlo a sua volta. Dalcanto suo la Cina, al-t ro protagonista diprimo piano, ha co-municato che i pro p r iesperimenti atomici continueranno. Per laCina l’armamento nucleare è del resto im-p o rtante anche nei confronti di Taiwan, concui permane alta la tensione e che, secondoPechino, sarebbe a sua volta in procinto didotarsi della bomba atomica. Alta è la ten-sione fra Pakistan e India, dopo la denunciadi Islamabad di possibili nuovi esperimen-ti nucleari indiani e la contro-denuncia diDheli a proposito dell’imponente riarmo incorso da parte pakistana. “Una disputa pe-ricolosa perché ha portato a una corsa aglia rmamenti nel subcontinente” ha detto Be-nazir Bhutto e che nei giorni scorsi si è tra-s f o rmata in scontro aperto, con il lancio dimissili e scontri armati nel Kashmir.

Sulla fine della guerra fredda incombe“il rischio della deriva dei continenti geo-politici” spiega il sottosegretario alla Dife-sa del nostro governo Carlo Maria Santoro .“Dai nuovi conflitti discendono le nuovedottrine militari, i concetti strategici, i di-spositivi di forza”. Finora il tentativo, gui-dato dagli Stati Uniti, è stato quello di pre-v e n i re e sedare crisi e conflitti nelle are etradizionali di interesse strategico america-no. A questo fine gli Stati Uniti stanno tra-s f o rmando lo strumento militare anche int e rmini dottrinali (Force XXI, Forw a rd Semthe Sea, Airland Battle, ecc.), seguiti a ru o-ta dai principali paesi europei. Tutti gli al-tri sono costretti all’imitazione, tardiva e in-completa, come è purt roppo il caso dell’Ita-l i a .

Il costo delle conseguenti operazioni diaggiustamento degli schieramenti militari èperò molto alto perché – com’è noto - le ar-mi convenzionali sono molto più care dellea rmi nucleari. Quindi, in un mondo cheesclude, anche dal quadro della deterre n z a ,l’uso politico del nucleare, diventa fonda-mentale l’attenzione allo sviluppo dei siste-mi d’arma convenzionali. Questa è la ragio-ne per cui, ad esclusione dell’ltalia, i bilan-ci ordinari della difesa dei principali paesidel mondo – dopo una breve fase durante laquale sono drasticamente diminuiti – sonooggi in aumento sia in termini sia per la ri-c e rca e lo sviluppo che per l’industrializza-zione di nuovi sistemi d’arm a .

E’ anche per questi motivi che l’uso dellad e t e rrenza nucleare torna ad essere un in-t e resse centrale nelle politiche difensive.“Chirac ha pagato politicamente gli esperi-menti, ma la posta in gioco per lui era pro-prio il mettersi al passo degli Usa sulla spe-rimentazione atomica. E ora è una posizio-ne di forza e può parlare di disarmo totale”p rosegue Santoro. Il politologo americanoE d w a rd Luttwak differisce da questa anali-si, e ritiene che Chirac non abbia fatto unbuon aff a re né politicamente né militar-mente: “Perché il vero problema oggi non èla deterrenza della potenza nucleare, ma lanon proliferazione. E per ottenerla, comestanno facendo gli Stati Uniti nei confro n t idella Corea del Nord, è necessario off r i rec o n t ro p a rtite economiche – forn i t u re, tec-nologia, crediti – che inducano i paesi ‘nonu fficialmente nucleari’ a desistere dallacorsa alla bomba”. Presumibilmente, è lastessa logica che consente oggi a Mosca dig i o c a re alla contrattazione, sulla ratificadello Start 2: non per ingaggiare una nuovai m p roponibile escalation atomica, ma pera l z a re il prezzo, economico, della disten-s i o n e .

JACQUES CHIRAC

“Carissimo, ti unisco, con le pre m u re piùvive, un promemoria relativo alla signoraScaccia Silvia (...) la quale aspira ad essereinserita nel corso di pilota di volo a motoreche sarà indetto nel prossimo aprile dallacompagnia Aliadriatica. Ti sarò grato perquanto farai e per le cortesi notizie che vor-rai farmi avere in merito”. Mittente: RemoGaspari. Destinatario: Carlo Toto. E chi èquesto signore, Carlo Toto, che, nel marz odel ‘90, godeva delle effusioni di uno dei piùi m p o rtanti ministri della Prima Repubblica?Il suo nome ha incontrato qualche notorietànegli ultimi tempi poiché gli appartiene l’AirOne, la prima compagnia aerea che, dopo la“liberalizzazione dei cieli” decretata dall’U-nione Europea, s’è messa a competere conl’Alitalia sulla tratta Milano-Roma. Carlo To-to, dalle sue parti, e cioé a Pescara, non èp ropriamente un carneade. Il suo gruppo, laToto Spa, fa manutenzione stradale e co-struisce prefabbricati per ponti e cavalcavia.Ogni anno ottiene dall’Anas commesse per4-500 miliardi. Tempo fa una stima del quo-tidiano La Repubblica collocò la Toto al se-

sto posto nella gra-duatoria delle impre-se italiane che hannoguadagnato grandi la-vori pubblici a trattati-va privata, quindi sen-za gara d’appalto. Inquesti mesi la Toto sista occupando dell’e-dificazione del nuovotribunale di Pescara(150 miliardi) e dellat e rza corsia sulla Sa-v o n a - Torino (40 mi-liardi). Ma soprattutto c’è

l’avventura della Air One. Carlo Toto acqui-sta la malmessa Aliadriatica nel giugno del1988. L’anno seguente compra due CitationII per incre m e n t a re, e vi riesce, il settore ae-rotaxi. Fra i clienti ci sono pure gli uominimandati in missione dalla Dc, che per unc e rto tempo volano gratis, sinché Carlo To-to non firma un contratto con Severino Cita -risti, cassiere della Dc atteso dai duri mesi diTangentopoli, nel quale si cede al partito unpacchetto di ore volo al prezzo di un milioneall’ora. Mentre l’Aliadriatica cresce, in Euro-pa si comincia a pensare alla libera circ o l a-zione nei cieli. Toto fiuta l’affare e avvia unaserie di corsi per aspiranti piloti, che comin -ciano nel ‘90 e non finiscono mai. Anzi, fini-scono in tribunale, dal momento che la com-pagnia ottiene finanziamenti dal Fondo so-ciale europeo per quattro miliardi ma ne ri-ceve solamente uno e mezzo; i corsisti, chesi sentono turlupinati, fanno scattare le de-nunce e l’inchiesta è tuttora in corso. Gli in-toppi giudiziari non fermano Carlo Toto chenel 1994 acquista il primo Boeing 737. Oradispone di dieci aerei, tutti affittati tranne ilprimo.

E il 23 novembre del ‘95 partono i primivoli fra Fiumicino e Linate. In tutto cinque,andata e ritorno. I prezzi competitivi di AirOne spiazzano Alitalia, che vende il bigliettoa 225 mila lire contro le 180 mila lire dei con-c o rrenti. Le polemiche travolgono Air One,accusata di essere parsimoniosa nelle ma-nutenzioni. Ma non è vero, ribatte l’ammini -s t r a t o re delegato Giovanni Sebastiani: “Lanostra flotta è costituita da un solo modellodi aereo e il risparmio è fisiologioco. Eppoiabbiamo un personale più giovane e unos t a ff senza troppe sovrastru t t u re. Ecco per-ché i nostri sono semplicemente prezzi dim e rcato”. E allora che fa l’Alitalia? Non com-menta le mosse dell’avversario e lancia lacampagna Arcobaleno, con cui, sino al 31gennaio, si può acquistare l’Air Card (la tes -sera che consente di accedere a sconti sinoal 40%) a 250 mila lire anziché a mezzo mi-lione. L’Air One non batte ciglio, e pro ro g asino al 31 di marzo le tariffe pro m o z i o n a l ip reviste, in un primo momento, solo fino altermine di gennaio. “Ma non parlate di con-correnza - aggiunge Paolo Rubino, direttorecommerciale di Air One - perché noi voglia-mo semplicemente allarg a re il mercato. Lestatistiche dicono che gli italiani volano unavolta all’anno. Nel resto d’Europa tre, negliStati Uniti cinque”. Sarà, ma nei primi qua-ranta giorni di servizio, l’Air One ha tra-s p o rtato 35 mila passeggeri, il 30% nuovi, ep resumibilmente rubati alle Ferrovie delloStato; tutti gli altri all’Alitalia.

Ma la fine del monopolio Alitalia è soltan -to all’inizio. Sulla Milano-Roma (un businessda oltre due milioni di passeggeri annui,quinto collegamento europeo) dal 22 gen-naio si è inserita un’altra compagnia, la No-man, finora impegnata soprattutto in volicharter e in convenzioni con agenzie di turi -smo. La Noman risparmia su tutto: in volo almassimo off re un bicchier d’acqua e il bi-glietto costa una miseria: 288 mila lire, an-data e ritorno. E dal ‘97 sui mercati naziona -li via libera anche alle compagnie straniere ,in una battaglia dei costi che farà vittime. Echi rischia di più è Alitalia, ben abituata dalmonopolio (soprattutto dei prezzi) e ostaco -lata da un’onerosa struttura, da rivendica-zioni sindacali e bilanci poco rassicuranti.

GIOVEDI’ L’INCARICO di govern op o t rebbe essere assegnato dal Capodello Stato al termine del terzo giro diconsultazioni che è cominciato ieri. IlP residente della Repubblica ha incon-trato il laburista Valdo Spini, il cduRocco Buttiglione e i rappre s e n t a n t idei gruppi minori. Nel frattempo Ge-r a rdo Bianco, segretario del Ppi, ha ri-p roposto a Scalfaro la candidatura diDini per pro c e d e re verso le riforme ea ff ro n t a re senza scossoni il semestree u ro p e o .

Gianfranco Fini non ha escluso una c c o rdo sul semipresidenzialismo allafrancese con la sinistra, purché si man -tengano i poteri di cui gode oggi il capodell’Eliseo. Anche il segretario della Ci -sl, Sergio D’Antoni, spinge verso un’in -tesa per rinviare le elezioni: ora è tem -po di aff ro n t a re le urgenze e non le ur -ne. E Berlusconi si dichiara ancora ot -timista sul raggiungimento di un pattofra centrodestra e centro s i n i s t r a .

* * *Indice Mibtel in forte rialzo ieri al

t e rmine delle trattative in Borsa: l’in-c remento è stato dell’1.51%. Il dollaro ,in lieve crescita, si è attestato a 1.600 li-re, mentre il marco è sceso a 1.073 suim e rcati valutari italiani.

* * *Scendono i re n d i m e n t i di Cct e Btp

sotto il nove per cento netto di tasse.Per entrambi i titoli ciò non accadevadalla metà del 1994.

* * *Achille è una giorn a l i s t a, scrive il set-

timanale Avvenimenti. La fonte del Si-sde che avrebbe fornito inform a z i o n isu Di Pietro “sarebbe una cronista beninserita nel sottobosco politico e giudi-ziario milanese”.

Al processo Curtò, Sergio Cusani haaccusato Di Pietro di aver contraff a t t odue documenti bancari per support a rel’inchiesta a suo carico.

* * *Ventuno evasori miliard a r i s c o p e rti a

Ve rona. Il re c o rdman è un commer-ciante all’ingrosso che ha occultato gua-dagni per 205 miliard i .

* * *Berlusconi e mafia è stato il tema del-

l’udienza di ieri a Catania per il pro-cesso “Orsa maggiore”. Il leader di For-za Italia ha smentito di essere stato ri-cattato dalla criminalità org a n i z z a t ache gli aveva incendiato la sede dellaStanda della città etnea. Da interc e t t a-zioni telefoniche risulta comunque chef u rono fatte pressioni su alcuni diri-genti Fininvest.

Sentito dai giornalisti, il boss Giu -seppe Madonia, protagonista del pro -cesso, ha dichiarato di augurarsi “chealle prossime elezioni vincano le sini -s t re, perché sono più garantiste”.

* * *Rispettato il fabbisogno di 130 mila

m i l i a rdi per il 1995. Lo ha dichiarato alGr1 il sottosegretario al Te s o ro, PieroG i a rda. L’obbiettivo è stato raggiuntograzie all’avanzo del mese di dicembreche si è avvicinato ai seimila miliard i ,p a reggiando il disavanzo di 136 milam i l i a rdi accumulato negli undici mesip re c e d e n t i .

* * *Nuovo processo tributario dal mese di

aprile, quando si insedieranno le nuo-ve commissioni tributarie che sostitui-ranno quelle attuali di primo e secondogrado. Le nuove commissioni potrannoavvalersi di strumenti, come la conci-liazione giudiziale, che renderanno piùagile l’esame dei ricorsi.

* * *Pochi medici e molte auto in Italia se-

condo un’indagine dell’Ocse. Solo negliStati Uniti e in Germania si re g i s t r auna densità automobilistica superiore .Gli italiani sono rispettivamente setti-mi e tredicesimi al mondo per numerodi telefoni e di televisori per abitante.In compenso siamo ventitreesimi nellagraduatoria per dotazione di medici.

L AC I N AP R O S E G U I R A’ I TEST n u-cleari nel Xinjiang. Lo ha annunciato ilg o v e rno di Pechino, senza però rivelarei suoi piani sui prossimi esperimenti,che quest’anno, secondo fonti occiden-tali, dovre b b e ro essere almeno due.

* * *Navi da guerra greche e turc h e s i

f ronteggiano al largo di Imia, un isolot-to deserto nel mar Egeo conteso daidue paesi. Il governo di Atene si è ieririunito di urgenza e ha intimato il riti-ro di una fregata turca dalla zona. Asua volta, Ankara pretende un allonta-namento delle navi militari greche daquelle che considera le proprie acquet e rr i t o r i a l i .

* * *Un aereo è precipitato in Angola m e n-

t re si dirigeva verso la capitale Luanda.Tre n t a q u a t t ro persone sono morte e al-t re venti sono rimaste ferite.

* * *Il monopolio di Stato sulla vodka e su-

gli altri alcolici verrà re i n t rodotto inRussia. Secondo il ministero dell’Eco-nomia, la manovra, che prevede tassealla produzione e al consumo, dovràp o rt a re nelle casse del Te s o ro l’equiva-lente di 800 miliardi di lire al mese. Mal’impopolarità della misura (ogni ru s s obeve, statisticamente, un quarto di litrodi vodka al giorno) potrebbe indurreBoris Eltsin a bloccare la manovra.

* * *Assassinati in Algeria otto donne e

sei uomini negli ultimi giorni. Le don-ne sono state tutte sgozzate e mutilate.Cinque di loro, tra cui una bambina,a p p a rtenevano a un’unica famiglia dicui fanno parte alcuni agenti di polizia.

* * *Un separatista irlandese è stato ucci-

s o a Belfast. Gino Gallagher era un per-sonaggio di spicco dell’Irish Republi-can Socialist Part y, piccola form a z i o n em a rx-leninista. E’ stato raggiunto da di-versi colpi di pistola mentre si tro v a v an e l l ’ u fficio dell’assistenza sociale a fir-m a re per il sussidio di disoccupazione.

* * *Steve Forbes è in testa nelle primarie

del partito repubblicano che si svolge-ranno nel New Hamshire il 20 febbraioe che apriranno la campagna per le ele-zioni presidenziali americane. Secondoi sondaggi, il multimiliardario racco-g l i e rebbe il 29 per cento dei voti controil 24 per cento di Bob Dole, capo dellamaggioranza repubblicana al Senato.

* * *Un partito dei corrotti è stato cre a t o

in India per radunare i leader politiciinquisiti. Si chiama Havala. Il suo fon-d a t o re, Jaspal Bhatti, è certo di ottene-re un successo alle prossime elezioni.

I L FO G LIOANNO I NUMERO 2 DIRETTORE GIULIANO FERRARA MERCOLEDÌ 31 GENNAIO 1996 - L.1 0 0 0

DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA VICTOR HUGO, 1 - 20123 - MILANO q u o t i d i a n o TEL. 02/8639181 - FAX 02/878596 - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE / 50% - MILANO

Roma. Sui malcerti territori dell’inciuci-smo nazionale ( e il lettore perdoni le bru t-te parole, che sono specchio delle cose bru t-te) ci sono almeno due esploratori che mar-ciano da anni con passo sicuro, ad onta ditrappole e paludi, senza mai perd e re la stra-da. Sono Giuseppe Guarino e Antonio Mac-c a n i c o . I loro sentieri - palesi od occulti -hanno avuto negli anni opposte stelle pola-ri e raramente si sono incro c i a t i . E’ invecein questa crisi palloccolosa che i due si ri-t rovano infine a marc i a re paralleli e spessocosì vicini da rasentare l’incontro . Il lororuolo nella difficile mediazione istituziona-le, che ha seguito le dimissioni del govern otecnico, sembra essere scoccato per puracombinazione domiciliare, o almeno cosìp a re che si tramandi.

Giuseppe Guarino occupa infatti l’appar-tamento sottostante la casa di Lamberto Di-ni e di sua moglie Daniela, nella nobile piaz-za Fontanella Borghese, mentre AntonioMaccanico è dirimpettaio del quartier ge-nerale di Lanfranco Fini, in via della Scro-fa.

La fama di Giuseppe Guarino quale gran-de cucitore d’intese è tale che molti lo chia-mano “il sart o ” . La sua dottrina ha infiniticlienti e non conosce colori. Per questa do-te è stato scelto da Scalfaro per rimettere lemani nel garbuglio delle riforme istituzio-nali. Guarino ha infatti il pregio di averep o rte aperte da Silvio Berlusconi. Il pro f e s-s o re si è messo subito in marcia; il suo inca-rico di partenza era semplice e netto: favo-r i re il ritorno di Dini a Palazzo Chigi e farr a ff re d d a re la ribollente materia istituzio-nale. A questo scopo Guarino ha subito ri-lanciato l’idea di una “fase costituente”, op-p o rtunamente nobilitata da un successivovaglio re f e re n d a r i o . Il pro f e s s o re si è aff a c-ciato anche a via dell’Anima, casa Berlu-sconi, dove la sua “bozza” ha ricevuto molticomplimenti ed è stata prontamente impi-lata su di una ragguardevole catasta.

Guarino riferisce costantemente dei suoisuccessi e delle sue delusioni all’inquilinodel piano di sopra. Con Dini si intendono: aentrambi piacciono le felpate stanze del po-t e re, non hanno simpatia per la finanza lai-ca di Mediobanca, e hanno comuni rancoriverso gli altri sfidanti per Palazzo Chigi, Car-lo Azeglio Ciampi e Giuliano Amato. Unacoppia perfetta.

Peccato che sulla loro strada abbiano tro-vato un ostacolo come Antonio Maccanico.Con Guarino, l’ex presidente di Mediobancaha in comune solo l’origine irpina, poi le lo-ro strade sono state sempre divise. Ancheper il rientro in gioco di Maccanico ha con-tato il quotidiano incrociarsi con Gianfran-co Fini. Il presidente di An vi ha visto subi-to l’alternativa ideale al ritorno dei “tecni-ci” Dini e Ciampi. Che poi le loro idee inmateria istituzionale siano agli antipodi, po-co importa. Maccanico è maestro nel tro v a-re i punti di contatto in ogni occasione. S iracconta che Enrico Cuccia, che lo scelseper facilitare la privatizzazione di Medio-banca, dicesse di lui: “Se tra due sedie vuo-te ci si sedie Antonio, lui le mette d’accor-d o ” .

A Maccanico va la fiducia di Mediobanca,a cui lo lega il suo passato di presidente e lap a rentela col mitico Adolfo Tino, ed anchela Fiat lo considera un uomo su cui contare .Ma molti sono convinti che la sua arte me-diatoria lo terrà a galla comunque vada a fi-n i re: pefino se dovesse vincere l’avversarioDini “E’ così bravo - dice Giorgio La Malfa,che lo conosce bene - che ha aperte tutte lestrade: può fare il presidente del Consigliolui stesso, può torn a re a lavorare con Ciam-pi e può fare anche il ministro con Lamber-to Dini”. Basta mettersi d’accord o .

To rnano i fascisti, capeggiati da quel pe-ricoloso squadrista di Gianfranco Fini cuip u re, alla festa dell’Unità di reggio Emiliadel settembre scorso, Walter Ve l t roni rico-

nobbe doti di “equilibrio” di gran lunga su-periori a quell’irresponsabile di Silvio Ber-lusconi esperto, disse Ve l t roni davanti allaplatea post-comunista che addirittura sispellava le mani applaudendo il post - fa-scista, di “insulti da discoteca”. Adesso èstato eliminato d’imperio il “post” e Fini èt o rnato un bieco fascista. Comincia Barba-ra Spinelli che sulla Stampa ritira la “pa-tente democratica” a Fini, colpevole di es-sersi irrigidito in una posizione che solouna “legittimità consolidata” avrebbe potu-to autorizzare.

P rosegue Repubblica che pure in tempilontani si compiacque per lo “sdoganamen-to” degli ex fascisti e che, dimentica deglistrali d’inizio d’anno con cui Scalfari ha gra-tificato Scalfaro, parte alla carica nella de-nuncia del “ritorno di Fiamma” e nella de-plorazione del “trasformismo” che avre b b einquinato “l’operazione Fiuggi”.

Del resto, assicura il pidiessino Burlan-do sul Corr i e re della Sera, “Fiuggi era solouna svolta di facciata” e per questo è co-s t retto a scendere nell’agone Norbert oBobbio per spiegare sulla Stampa che delfascismo Fini conserva “alcune idee fonda-mentali” (il presidenzialismo?) e poi che ès e m p re meglio “cinquanta governi in cin-quant’anni che uno solo in venti”. Son tor-nati i fascisti: e tutto perché Fini si opponeal “compromesso democratico” che in fon-do neanche Prodi auspica (“fascista” ancheP ro d i ? ) .

* * *Giampaolo Pansa si ringiovanisce di al-

meno vent’anni e rispolvera sull’Espresso le“ c a rogne fasciste uscite dalle fogne”. Enri-co Deaglio suggerisce sull’Unità un paralle-lo tra Fini e Hitler. Sempre sull’Unità FabioMussi scrive che Fini “ha un vizietto, è unpo' fascista”. Giuseppe Caldarola legge sul-le agenzie la dichiarazione di La Malfa se-condo cui “ritorna il Msi”, ruba l’idea e fa ti-t o l a re il suo articolo in cui si esecrano i“ c o m p o rtamenti al limite dello squadri-smo” dei seguaci di Fini con un “ritorno alMsi”.

C e s a re Salvi, sempre sul “giornale fonda-to da Antonio Gramsci” e diretto dal vice-P rodi che rilascia in due giorni una dozzinadi dichiarazioni in cui definisce “inaff i d a-bile” il Gianfranco Fini con il quale mise inscena il commovente duetto di Reggio Emi-lia, se la prende col “nemico del liberali-smo”.

C’è perfino Clemente Mastella che vienereclutato dall’Unità per un ammonimentopubblico al leader di An: “Gli ricordo che èun ex fascista”. E tutto perché Domenico Fi-sichella (i cui pensieri Massimo D’Alemaora definisce “mirabili”) se ne è andato daA n .

* * *Nella bozza di intesa scritta dai tre saggi

del Polo e divulgata dal Giornale, si leggeche “qualora nessun candidato premier ot-tiene” eccetera eccetera. Due righe più in làsi ribadisce che “qualora il primo ministroè sfiduciato” eccetera eccetera.

Nella fretta i saggi non hanno ricord a t oche dopo il “qualora” è preferibile il con-giuntivo. E tutto perché i professori, impe-gnati a “coniugare” le esigenze di raff o rz a-mento del premier con le pre rogative delParlamento, non immaginano nemmenoquanto sia più proficuo imparare a “coniu-g a re” correttamente i verbi.

NOVE COLONNE

Da domani nel Foglio Quotidiano un’inchiesta sull’occupazione negli Usa e in Euro p a

I PESI SUI SALARI CHE PARALIZZANO LE STRATEGIE PER CREARE LAV O R O

M a a s t r i c h tNella riunione dei ministri degli esteri

dell’Unione europea, l’inglese MalcolmRifkind ha avanzato, tra le righe, la richie-sta di rinviare l’adozione del trattatato diMaastricht.. Lo stesso premier inglese, JohnM a j o r, sta svolgendo cauti sondaggi in que-sto senso. La richiesta ha suscitato molton e rvosismo a Bruxelles, ma l’opinione pub-blica inglese continua a manifestare molteperplessità euro s c e t t i c h e . Lo stesso Finan-cial Times, giornale della City ultra-euro-peista, con un intervento di un suo autore-vole editorialista, Martin Wolf, denuncia laconfusione del disegno politico alla basedella scelta di Maastricht. Le pre o c c u p a z i o-ni nascono anche dal fatto che la Francia ela Germania sembrano concord a re solo tradi loro incentivi alla ripresa come quelli an-nunciati in questi giorn i .

Il Sole 24 0 re, giornale di una Confindu-stria italiana che si riconosce nel pro g e t t odella moneta unica, sostiene che gli inglesihanno qualche ragione. Persino un padredel Trattato di Maastricht , Jacques Delors,dichiara, in un dibattito de Les Echos, chel’unificazione monetaria va accompagnatada un riequilibrio economico.

In Europa, anche tra gli euroentusiasti, sicomincia a parlare una lingua simile a quel-la usata nel Parlamento italiano dall’ex mi-n i s t ro degli Esteri, Antonio Martino.

A Roma scocca l’ora fatale dei mediatori

La crisi in mano ai signoridella Prima RepubblicaIN CA M P O GU A R I N O E MA C C A N I C O. IL PA RT I T OP R O- DI N I E I L GI R O BA N K I TA L I A

La sinistra si è sbagliata,Fini non è più democraticoI saggi vogliono “coniugare” i poli,

non sanno coniugare i congiuntivi

I fascisti son torn a t i

Fine dei monopoliL’Air One di Carlo To t ol’uomo che sfidalo strapotere di A l i t a l i aSulla Roma-Milano 35 mila passeggeri

in 40 giorni. Così un imprenditorefa tremare la compagnia di bandiera

E infuria la guerra dei prezzi

Geopolitica di MururoaL’atomica franceseovvero la Realpolitikdopo la guerra freddaI contenziosi nucleari aperti nel mondo

sono molti e tornano a pesare sullescelte strategiche ed economiche

Chirac più forte dopo i test

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ANNO 1 NUMERO 2 - PAG 2 I L FOGLIO QUOTIDIANO MERCOLEDÌ 31 GENNAIO 1996

Èapparso recentemente un volumetto diMaurizio Blondet (Elogio di Catilina e

Berlusconi, il Cerchio iniziative Editoriali,1995) che si raccomanda non solo per la let-tura agevole e divertente ma soprattutto perl ’ i m p o rtanza della tesi centrale che, tratta-ta con apparente disinvoltura, è in realtà as-sai più seria e rilevante di quanto possa ap-p a r i re. Blondet sostiene che esiste una no-tevole affinità tra Catilina e Berlusconi: en-trambi pro v a rono a sovvert i re l’establish-ment dominante del loro tempo ed entram-bi finirono con l’essere schiacciati dai tito-lari del vecchio sistema di potere grazie alricorso a quello che Blondet chiama “mo-ralismo calunnioso”. Indipendentementedal giudizio storico su Catilina, che pro b a-bilmente farà arr i c c i a re il naso a qualchec u l t o re di storia romana, e da quello politi-co su Berlusconi, che certamente determ i-nerà reazioni al limite dell’isterismo fra isuoi avversari politici, la tesi di Blondet me-rita un’attenta considerazione.

Anzitutto, Blondet ci ricorda come il po-t e re reale che si nasconde dietro i mecca-nismi ufficiali di gestione della cosa pub-blica sia spesso in condizioni di difendersie fficacemente con metodi appare n t e m e n t ec o rretti sotto il profilo legale, ma che inrealtà sono basati sulla distruzione art a t adell’immagine di chi ad esso si oppone esulla calunnia. Correttamente Blondet leg-

Catilina e Berlusconi, due congiure di fine millennioNE L L A RO M AD E L X X SE C O L O, CO M E I N QU E L L AD E L I A.C., L’ ES TA B L I S H M E N TS I RI B E L L AA L NU OVO

TU T T EL E AN A L O G I ET R A DU E UO M I N I PO L I T I C IC H E HA N N O PE N S AT OD I RI F OR M A R EL A RE P U B B L I C A SE N Z A FA R E RI VO L U Z I O N I

tuazione: nel 64 a.C. come nel 1994 d.C. s’èp resentato il problema politico della tran-sizione da una forma istituzionale all’altra.

Uso una parola non casualmente impre-cisa, perché il processo che denota è con-fuso nelle coscienze: questo è pre c i s a m e n-te il carattere delle transizioni, e le distin-gue dalle rivoluzioni. Una rivoluzione - fe-nomeno moderno - è innescata volontari-sticamente da un gruppo ideologico, chemira a ro v e s c i a re (come diceva Engels) “lostato di cose presente” per adeguarlo a uno rdine nuovo definito a tavolino. La transi-zione è in qualche modo il processo con-trario: è la realtà che si allontana passopasso dalle idee canoniche della coscienzacollettiva, e perciò dalle istituzioni date.

Il rapporto fra legalità e legittimitàDa una parte la transizione è imposta

dall’oggettività delle cose - dai cambia-menti economico-sociali, dall’emerg e re diceti e classi non previste e dunque non rap-p resentate nell’ordine politico pre c e d e n t e- ma d’altra parte il cambiamento necessa-

rio è ostacolatocon tutte le forz edai gruppi e da-gli annosi appa-rati che, accomo-dati nella vec-chia legalità poli-tica, ne traggonoi loro poteri eprivilegi. Accadeallora per esem-pio che questig ruppi difendanoi loro privilegi

con l’indignata coscienza, non del tutto fal-sa ma solo torbida, di difendere la legalità;che essi stessi deformino in questa difesa,e senza volerlo chiaramente, le “sacre” isti-tuzioni della cui immutabilità si dichiara-no custodi. Nell’Italia del XX secolo è ac-caduto persino che la coalizione impegna-ta nella conservazione si creda “pro g re s s i-sta” o di “sinistra”, senza suscitare pro t e-ste: comico segno di quanto queste forze vi-vano in un panorama mentale, politico eideologico, che non esiste più.

Ma anche le forze che premono per ilrinnovamento, che vivono nella realtà nuo-va, non ne hanno in testa la mappa già com-pleta. Non si sanno, né si vogliono, rivolu-zionarie; non le sostiene un’ideologiaastratta che indichi loro la (non import aquanto illusoria) “direzione ineluttabiledella storia” e dia loro la truce convinzionedi rappre s e n t a re una legittimità nuova es u p e r i o re, in nome della quale abbatteresenza scrupoli la “legalità”.

Gli innovatori si sforzano di agire all’in-t e rno di istituzioni che mentalmente hannogià superato; credono di condurre una bat-taglia politica della precedente era ideolo-gica, nella tradizionale dialettica fra “sini-stra” e “destra”, fra “statalismo” e “liberi-smo”, mentre di altro si tratta. Questo “al-t ro” è chiaro nella mente degli innovatorisolo a tratti, e nella lotta politica - che con-

Pa r a g o n a re Berlusconi a Catilina, unirliin uno stesso elogio come innovatori

sconfitti, non si fa ovviamente senza unaconsapevole misura di provocazione e iro-n i a .

Anzitutto, s’intende, è incomparabile ilq u a d ro. Quando s’illumina brevemente trail 66 e il 62 a.C., la meteora di Lucio Serg i oCatilina appare nella Repubblica Romana:benché da anni vessata dalla sua crisi isti-tuzionale, essa era uno Stato non solo so-vrano, ma la massima potenza dell’epoca. Egià avanzava al suo interno la “grande, pro-g ressiva dissociazione fra il corpo elettora-le e il corpo dei soldati che all’inizio erauno solo e formavano il populus, parola chesignifica propriamente nazione armata”; etuttavia la Repubblica era in piena, travol-gente espansione esterna, conquistava, as-sociava, legava a sé popoli diversi: non laminacciavano, e nemmeno condizionavanopoteri stranieri. Del tutto padrona di sé, nu-triva consapevole una missione che i pro-tagonisti dello scontro civile, divisi su tuttoil resto, condividevano senza dubbi né in-c e rtezze, con la stessa determ i n a z i o n e .

La parabola di Silvio Berlusconi perc o n t ro si consuma, tra il 1993 e il 1995, nel-la Repubblica Italiana. Cioè in un Paeseche non conta nulla nel mondo: e ciò nonper debolezza (e pur sempre una media po-tenza industriale), ma per la convinzione -compiaciutamente nutrita - di non avere“più nulla da fare” nel concerto delle na-zioni. (…)

Non si terrà dunque conto dell’obiezio-ne banale che Berlusconi non è Catilina,non ne ha la statura, mostruosamente gran-diosa. Anzitutto, tale statura fu conferita aCatilina dalla propaganda avversaria; unavolta ripulito dai delitti immaginari di cuilo incrostò il moralismo del suo abile accu-s a t o re, lo vedremo torn a re a pro p o rz i o n ipiù umane, e gli si riconoscerà un solo,grande, fatale difetto: l’ingenuità politica,p roprio ciò che lo rende simile a Berlusco-n i .

E poi, nemmeno gli avversari di Berlu-sconi possono essere paragonati a Cicero-ne, e non solo per lo stile oratorio. Egli eraun parvenu cooptato dall’oligarchia domi-nante: ma questo era l’ordine senatorio ro-mano. Certo avrebbe esitato, come hannofatto Occhetto e D’Alema, a genuflettersi apoteri stranieri, a pellegrinare a New Yo r ke Londra per farsi accettare (rispettiva-mente da Edgar Bronfman, capo del Con-g resso Ebraico Mondiale, e dalla City aff a-ristica) come affidabili garanti politici deip rogetti di ristrutturazione economica vo-luti per l’Italia dal Fondo Monetario e re-clamati dai mercati finanziari. O come Bos-si, di lasciarsi esaminare da emissari dellaBanca Lazard. (…)

Epoche di transizione, non di rivoluzioneE p p u re, esiste tra quei tempi e i nostri

un’analogia più profonda, che induce per-sonaggi così diversi per consistenza a re c i-t a re la stessa parte. L’analogia sta nella si-

ducono credendo agli schemi tradizionali -rischia di oscurarsi. Catilina fu spinto allag u e rra civile, mentre aspirava a concorre-re legalmente al consolato. Nell’Italia delXX secolo, gli innovatori si son ridotti a di-f e n d e re “la liberta d’impresa” e perfino “letelevisioni private” anziché il progetto diprimato dell’esecutivo e i mutamenti ne-cessari delle istituzioni.

Nelle transizioni tutta la questione - cru-ciale - dello scollamento fra legalità e le-gittimità, che vien posta così chiaramentenelle rivoluzioni, s’intorbida. Per questo,quando nella storia va in scena la Tr a n s i-zione, è grande il pericolo per la collettivitàche la vive, o meglio che ne è vissuta. Gli at-tori - i Conservatori e gli Innovatori - re c i-tano per così dire al buio la parte assegna-ta loro da un canovaccio che non conosco-no; e tuttavia il canovaccio è un dato, a suomodo ferreo, imposto dal mutare pro f o n d odella società. In quest’atmosfera torbida econfusa, le cose - e anche le istituzioni - fi-niscono per mutare senza contro l l o .

L’ i n n o v a t o re costretto a difendersiE quando va in scena la Transizione, ec-

co salire sul proscenio personaggi caratte-ristici come quelli della Commedia del-l ’ A rte che improvvisano a soggetto, ma ilcui carattere e natura sono “dati”.

Tutto ciò dà all’establishment conserv a-t o re del Vecchio le armi per la sua lotta innome del passato. Anche la parte del Ve c-chio è scritta: il suo sforzo primario è di li-q u i d a re l’Innovatore - sia Catilina o Berlu-sconi - per via giudiziaria e con le armi delmoralismo calunnioso, anziché batterlo po-liticamente, e ciò per due fondati motivi: na-s c o n d e re che l’antagonista è port a t o re di unp rogetto politico alternativo, e dipingerlocome un mostro agli occhi del popolo.

Anche il rapporto con il popolo è scrittonel canovaccio: I’Innovatore se ne fida tro p-po e vi si appella; il Vecchio ha la meglionel manipolarne l’incostanza fondamenta-le, proprio nel momento culminante in cuipiù lo disprezza, lo teme e ne diffida. Su Ca-tilina incombe ancora la damnatio memo -r i a e d e c retata dal Senato due millenni orsono; e se uno storico futuro restituirà l’im-magine di Berlusconi basandosi su quel chene ha detto la stampa, dovrà dipingerlo co-me un ladro di legalità, un avventurierosenza scrupoli, l’esecutore dei piani golpistidella P2, il sospetto di collusione con la ma-fia, il bancaro t t i e re ed evasore fiscale.

Così costretto a difendere se stesso anzi-ché il suo progetto, l’Innovatore è indotto -da un abuso sapiente delle “regole” - amettersi dalla parte del torto: con Catilinaquesto gioco riuscì perfettamente, fino ac a n c e l l a re la memoria del suo pro g e t t o .Con Berlusconi, mentre scriviamo, il pro-cesso è in corso.

Vecchia legalità e nuova legittimitàAncor oggi non ci è dato sapere con pre-

cisione a quale forma politica pensasse Ca-tilina, questo pre c u r s o re della necessitàdell’innovazione. E nemmeno sappiamo acosa mirasse colui che, con più genio e for-tuna, continuò il suo sforzo, Giulio Cesare .B ruto e i congiurati che lo uccisero in no-me della “legalità” repubblicana, lo accu-s a rono di aspirare alla monarchia, che nellinguaggio propagandistico di allora equi-valeva a regime dispotico, anti-romano ea n t i - p o p o l a re; cosa curiosa, visto che l’uo-mo ucciso capeggiava la fazione dei popu-l a res, la sinistra estrema. Di fatto, ancheC e s a re fu ucciso - ecco com’è difficile ten-t a re la transizione - e Roma fallì nel suocammino verso una nuova legittimità. Omeglio: la vecchia legalità non tornò più - la“centralità del Parlamento”, del Senato, di-venne un simulacro vacuo ma la legittimitànuova non si consolidò.

Roma finì per avere una forma politicanon disegnata da un progetto e sancita dalpopolo, ma un potere ibrido di legittimitàpiù che dubbia, un sistema per sempred e f o rmato dalla resistenza dei conserv a t o-ri: che non ebbero più la “centralità delParlamento” ossia del Senato, ma nemme-no mai investirono il princeps (il pre s i d e n-te, colui che noi chiamiamo imperatore )della legalità istituzionale piena. Un siste-

ma falso, costretto fra l’altro a chiamare coinomi vecchi le istituzioni nuove, che confi-gurò una sconfitta amara per entrambi icontendenti storici.

Basti dir questo. Il Senato conserv a t o reaveva lottato per conserv a re ossificate leistituzioni dell’antica polis, che era una de-mocrazia di cittadini-soldati; Catilina ave-va lottato per estendere la reale sovranitàdemocratica agli italici, ai provinciali. Finìche l’impero vietò ai romani e agli italici dim i l i t a re; misura necessaria per finirla conlo scontro civile, ma che determinò l’enor-me demoralizzazione del corpo sociale percui le due parti s’erano battute, la sparizio-ne non solo della democrazia dal popolo,ma del popolo dalla politica. Proprio peri n d i c a re che questo può essere l’esito del-la transizione anche nell’Italia berlusco-niana, raccontiamo ancora una volta la sto-ria di quell’antica Transizione fallita.

Maurizio Blondet, Elogio di Catilinae Berlusconi, il Cerchio Iniziative Editoriali

l’Italia di oggi non possono essere definitimeglio che come antidisestablishmenta-rians. Le similitudini, c’è da sperare, fini-scono qui. Catilina venne distrutto dall’e-stablishment, Berlusconi ha ancora qualchepossibilità di re s i s t e re al partito della re-staurazione, continuare la lotta e, forse, fi-n i re col vincerla. Non vorrei che, per evita-re la fine di Catilina, Berlusconi passassedall’altra part e .

Ma non è questa la diff e renza di fondo; ilfatto è che Catilina combatteva, forse, unabattaglia impossibile, anche perché a giu-d i c a re dai tempi degli sviluppi successivi,l’establishment contro cui lottava aveva an-cora molto da dire. Nel caso di Berlusconi,invece, sono profondamente convinto cheanche se riuscissero a distru g g e re lui, do-v re b b e ro ugualmente continuare a fare iconti con le idee che lo hanno portato alsuccesso, con la coalizione elettorale che inquelle idee crede, ma soprattutto con il fat-to che, a diff e renza di quello contro cui lot-tava Catilina, il nostro establishment è da ri-tenersi finito. Il vecchio modo di usare lapolitica a proprio vantaggio non versa sol-tanto nel discredito generale, versa anchein condizioni di bancarotta finanziaria. Que-sti sono solo gli ultimi sussulti di un esta-blishment agonizzante, condannato oltreche dalla Storia anche dall’economia.

Ecco come togliere la democrazia al popolo e il popolo alla politica

I D E E

Cosa sia l’establishment credo sia noto atutti: secondo il mio dizionario elettro n i c oamericano si tratta di “un gruppo esclusivoe potente che controlla o influenza fort e-mente il governo, la società o un settore diattività”. Disestablishmentarian è chi cerc adi ro m p e re il potere dell’establishment dis p e z z a re il sistema di rapporti che gli con-sente di contro l l a re governo e società; anti-disestablishmentarians sono quanti tentanodi difendere l’establishment contro la mi-naccia di chi vuole sovvertirlo. La parola è,volutamente, complessa ed ironica; il con-cetto che essa esprime è, a mio avviso, ap-p ropriato al caso italiano e certamente in li-nea con la tesi di Blondet. Catilina e Berlu-sconi vanno classificati come disestablish-mentarians, Cicerone ed i “poteri forti” del-

“Antidisestablishmentarianism”, è la reazione dell’oligarchia al poterecontro gli innovatori. Il leader di Forza Italia, per evitare di fare la stessafine del tribuno romano, è tentato di passare dalla parte di Cicerone?

ge in questa chiave il debutto politico diBerlusconi ed i motivi della caduta del suog o v e rno (cui va aggiunta questa interm i n a-bile fase di sospensione della politica):Berlusconi e Forza Italia erano riusciti adar vita ad una coalizione elettorale che

venne: “Antidisestablishmentarianism Ita-lian Style.” Quella interminabile parola co-stituisce la sintesi della tesi di Blondet, evi-dentemente condivisa - ante litteram - dald i re t t o re della rivista e dall’autore dell’ar-ticolo. Vediamo di chiarire .

r a g g ruppava gli esclusi dai vecchi giochiconsociativi e metteva a repentaglio il pote-re dei beneficiari del vecchio regime. Que-sti ultimi hanno reagito col “moralismo ca-lunnioso” da un lato e con l’uso spre g i u d i-cato dei meccanismi istituzionali sotto il lo-ro controllo, col deliberato proposito di di-s t ru g g e re la credibilità del leader della coa-lizione, neutralizzando il pericolo che essar a p p resentava per il loro potere .

Quando, nel gennaio dello scorso anno,subito dopo la caduta del governo Berlu-sconi, mandai alla rivista americana Natio-nal Review un pezzo a commento dell’acca-duto, il dire t t o re della rivista pensò bene dir i s p o l v e r a re la più lunga parola della lin-gua inglese per il titolo dell’articolo, che di-

Analogamente, in nome di una “emer-genza”, si sono sottovalutati i problemi postidalle intercettazioni telefoniche relative al“caso Di Pietro ” . E, analogamente, si è mi-surata la difficoltà a dislocare il rigore ga-rantista lungo il discrimine destra/sinistra.

E’ successo così che le “rivelazioni”, vereo presunte, contenute nei nastri hanno fattop a s s a re in secondo piano il problema dellei n t e rc e t t a z i o n i in sé, come fenomeno socialee come fattispecie criminale. Eppure si ètrattato dell’episodio di più flagrante e scel-lerato scempio di garanzie cui mi sia capita-to di assistere da anni. Tanto più scelleratoquanto meno, in apparenza, truculento. L’ i n-t e rcettazione, infatti, non interviene dire t t a-mente e re p ressivamente sulla libertà per-sonale: non mette i ceppi e non impedisce imovimenti fisici, non chiude i cancelli allespalle e non mortifica l’esistenza all’intern odi uno spazio delimitato. Ma se non è tru c u-lenta, quella violazione, è certamente deva-s t a n t e . Persino più devastante - sotto alcuniaspetti - della privazione (fisica) della libert à( f i s i c a ) .P e rché quest’ultima è dichiarata, an-che quando non prevista, identificata in unluogo e in un tempo, misurabile nello spazioe nella durata, conoscibile nei divieti e neivincoli. Tale, cioè, da consentire una qual-che forma di difesa, di autotutela, di t r a i n i n g ,quando quella privazione si realizza. Cosìnon è nel caso delle interc e t t a z i o n i . Qui, l’in-t romissione nella vita privata del cittadino,il controllo sui suoi sentimenti e sulle sueemozioni, l’interf e renza nella dinamica de-gli scambi interpersonali e nella sfera inti-ma - meschinità e mediocrità, tic e fobie, an-sie e ignominie, cuore e nervi, ma anche in-testino - sono davvero intollerabili. E l ’ a c-c e rtamento del complotto contro Di Pietromi appare un risultato poco rilevante se con-f rontato con il disastro che si ottiene quan-do si rendono pubbliche le interc e t t a z i o n idelle conversazioni tra la moglie e la figliadel costru t t o re Antonio D’Adamo a pro p o s i-to delle abitudini alimentari di quest’ultimo.La “rivelazione” è men che irrisoria - in ap-p a renza, innocua - ma ciò che determina è,né più né meno, che un terribile atto di vio-l e n z a . E ciò che determina è, appunto, la s p o -liazione di tutte le pre rogative e le tutele del-la soggettività individuale, che si voglionogarantite dalle consuetudini e dal diritto,dalla protezione familiare e dalle autocen-s u re .

Dunque, limitare la libertà personale at-traverso la detenzione non arriva a violarecosì in profondità la dimensione intima delsingolo quanto può fare la pubblicazionedella sua cartella clinica, del suo linguaggioprivato e dei suoi atti domestici, della sua“ira” e della sua “lussuria”. Ignorare questo,da parte della sinistra e della destra, è, pri-ma che sbagliato, autolesionista.

Luigi Manconi

Nel corso dei lavori della commissione A f-fari costituzionali del Senato, un parla-

mentare di Forza Italia, autodefinitosi più vol-te - e con incontinente iattanza - “garantista”,ha testualmente affermato che “qualora equando la presunzione di non colpevolezza ve-nisse rispettata per gli italiani, ci potremmop e rm e t t e re il lusso di riconoscerla agli stranie-ri”. Dio lo perdoni (a richiesta, fornirò nome ecognome dell’interessato). D’altra parte, pro-prio il dibattito sulle politiche dell’emigrazioneha dimostrato quanto sia difficile dislocare pre-giudizialmente la cultura delle garanzie lungoil classico discrimine destra/sinistra.

Dunque, alcuni episodi recentemente ac-caduti possono funzionare come test perl ’ a c c e rtamento della sensibilità garantista,ma non aiutano ad attribuire tale sensibilitàall’uno o all’altro degli schieramenti politi-ci. Non c’è dubbio, ad esempio, che in mate-ria di immigrazione, la destra tradizionale(An, Lega e settori di FI) sia significativa-mente - eccome! - “più a destra”, più intolle-rante e più autoritaria della sinistra tradi-zionale (Pds): ma la rinuncia ai principi delgarantismo ha portato quest’ultima in unaposizione assai ambigua. Una collocazioneassimilabile (non certo dal punto di vista deivalori, bensì da quello delle n o rm e) a form a-zioni politicamente lontane. E così, per me-si, esponenti della sinistra hanno spiegato -con argomenti sicuramente raffinati, mac o n v e rgenti, alla resa dei conti, con quellidella destra - che allo straniero non deveconcedersi la medesima tutela pro c e s s u a l ep revista per il cittadino italiano.

Il fenomeno è molto interessante: la mas-sima distanza tra destra e sinistra sul pianodei valori - giudizio sulla xenofobia, idea diconvivenza e concezione delle relazioni so-ciali - si dimostra insufficiente se non si ag-gancia ai principi che fondano il sistemadelle garanzie. E i principi - in questo comein altri casi - sono semplici e non negoziabi-li: a) chiunque si trovi all’interno del nostrot e rritorio nazionale deve godere delle tute-le previste dal nostro ordinamento giuridi-co; b) le garanzie proprie della sfera penale-p rocessuale (diritto alla difesa, a un pro c e s-so re g o l a re e a una sentenza equa; pre s u n-zione di non colpevolezza) prescindono dal-lo status di cittadino.

C o m p r i m e re questi diritti in nome delleesigenze dell’ordine pubblico è una perv e r-sione ricorrente nel senso comune e nellalegislazione del nostro paese. C o rr i s p o n d ead una i n t e r p retazione agonistica e bellica del -l’amministrazione della giustizia, costante-mente indotta ad adeguarsi alle scansioni( “ e m e rgenze”) della cronaca criminale, co-me si sono susseguite a part i re dal 1969: stra-gismo, terrorismo di sinistra, terrorismo didestra, criminalità organizzata, corru z i o n epolitica e, oggi, spacciatori senegalesi e pro s t i -tute nigeriane. (Domani chissà).

● O G G I - Cielo parzialmente nuvoloso suSettentrione, Centro e Sardegna con an-nuvolamenti più frequenti sulle re g i o n iadriatiche con possibili precipitazioni, an-che nevose oltre i 1200 m e t r i . Al Sud esulla Sicilia cielo molto nuvoloso conpiogge diffuse e persistenti.● D O M A N I - Generalmente poco nuvolo-so con possibili addensamenti sia sul ver-sante tirrenico che su quello adriatico.

I L FO GLIO q u o t i d i a n o

DI R E T T O R E RE S P O N S A B I L E: GI U L I A N O FE R R A R ASO C I E T À ED I T R I C E: IL FO G L I O QU O T I D I A N O S .R.L

VI A VI C T O R HU G O, 1 - 20123 MI L A N O

TE L. 02/8639181 - FA X 0 2 / 8 7 8 5 9 6AM M I N I S T R AT O R E UN I C O: SE R G I O SC A L P E L L I

CO O R D I N A M E N T O: BR U N O CA L C H E R A

RE D A Z I O N E: BE P P E BE N V E N U T O, MI C H E L E BU R A C C H I O,UB A L D O CA S O T T O, MA U R I Z I O CR I P PA, MAT T I A FE LT R I,

LO D O V I C O FE S TA, GI A N C A R L O LO Q U E N Z I,MA R I L E N A MA R C H I O N N E

RE G I S T R A Z I O N E TR I B U N A L ED I MI L A N O

N. 611 D E L 7 / 1 2 / 1 9 9 5TI P O G R A F I E: ON LI N E SY S T E M

VI AD E L L A MA G L I A N A 400 - 00148 RO M A; TE L E S TA M PA NO R D

VI AD E L L A RE P U B B L I C A, 93 - 20033 MU G G I Ò ( MI)CO N C E S S I O N A R I AP E RL A PU B B L I C I T À: SP E - SO C I E T À

PU B B L I C I T À ED I T O R I A L E - V.L E MI L A N O FI O R I, ST R. 3,PA L. B/10 - 20094 AS S A G O ( MI L A N O) - TE L. 02/57577-1

DI S T R I B U Z I O N E ES C L U S I VA P E R L’ ITA L I A: A&G MA R C O SPA - VI A FO R T E Z Z A, 27 - 20126 MI L A N O

UN A CO P I A L .1 . 0 0 0AR R E T R AT I L .2 . 0 0 0 + CO S T ID I SP E D I Z I O N E PO S TA L E

S I G N O R D I R E T T O R E

Quando destra e sinistra si alleanonel disprezzo dei diritti civili

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Londra. Proprio mentre la chiesa angli-cana abbandona una grande idea, quellache per secoli considerava l’inferno luogodi soff e renza, e lo definisce vuoto, cioé“una condizione di non essere”, il partito la-burista di Tony Blair ne elabora una nuo-va: la teorizzazione della società del posses-s o re di quote (stakeholder).

D i fficile da tradurre, questa locuzione sista rivelando ancora più difficile da defini-re. Del resto, si sa, l’illusione conquista sem-p re più voti della verità. Uno stakeholder èuna persona che possiede una parte di unacompagnia o, addirittura, di un Paese. Unazionista è quindi un singolo possessore diquote; gli operai, i clienti, i fornitori, i citta-dini sono anch’essi stakeholders. In quantotali, hanno doveri e responsabilità oltre chee s s e re titolari di profitti e salari ed esserecontribuenti. L’intera comunità, é un altrodei ritornelli di Blair, deve dunque, in soli-dale concorso, sia corre re rischi che guada-g n a re. Una società è anche una Società srl.

Queste idee sono il contrario del concet-to di azionariato diffuso e contrastano conla democrazia proprietaria del thatcheri-smo, che tramite le privatizzazioni, una spe-cie di pulizia economica dei poveri, e il pos-sesso privato delle abitazioni, privilegio or-mai del 70 per cento delle famiglie, ha por-tato tutti ad identificarsi con gli intere s s idei ceti medi. La storia finisce quando i la-voratori comandano, diventando tutti cetomedio. Lo squilibrio causato dal credo pav-loviano della Nuova Destra ricorda la defi-nizione del cinico elaborata da Oscar Wi l d e :“Uno che conosce il prezzo di tutto e il va-l o re di nulla”.

Il prezzo dell’abolizione della “res publi-ca” da parte di Marg a ret Thatcher ha forn i-

to alla maggioranza dellapopolazione del Re-

gno Unito l’opport u-nità di pro v a re l’a-m a ro sapore dellasconfitta pro d o t t odal fatto che i tuoifondi pensionisti-

ci, agendo comeazionisti, ti fanno

p e rd e re il posto di la-v o ro ( solo le banche

hanno licenziato 100.000 di-p e n d e n t i ) .

Intanto un milione e seicentomila perso-ne possiedono ora case che valgono menodel mutuo stipulato con la banca e gli inte-ressi passivi (negative equity) rimangonoun debito insopportabile anche quando leabitazioni ritornano, per insolvenza, agliistituti di cre d i t o .

Questa è la Società (30/30/40) che la so-cietà degli stakeholder cerca di trasform a-re in una “Britannia Una”. Un 30 per centoè composto da disoccupati, malati o dequa-lificati, un altro 30 per cento é composto daimpiegati a part time senza diritto alla pen-sione, o impiegati con contratto a bre v esenza garanzie sindacali, e solo il 40 percento ha un lavoro sicuro a tempo pieno.

Contrariamente a quanto avviene in Ita-lia, i lavoratori del settore pubblico appar-tengono ora alla seconda categoria. Molti dil o ro sono spinti al pensionamento anticipa-to a 45 anni (senza perc e p i re l’assegno finoall’età pensionabile!).

I disoccupati nella stakeholder society diBlair perderanno il sussidio se non accette-ranno di essere riqualificati con corsi di for-mazione. Gli appartenenti al 30 per centod a l l ’ i n c e rto presente e incertissimo futuroa c q u i s t e re b b e ro i diritti previsti dal tratta-to di Maastricht e come lavoratori “azioni-sti” avre b b e ro voce in capitolo circa il loroa v v e n i re.

Quanto al 40 per cento, formato dai pri-vilegiati, trarrebbe vantaggio da una società“non indebolita dai deboli”, con meno cri-minalità e meno spese devolute all’assi-stenza, e in cambio si lascerebbe forse per-s u a d e re da agevolazioni fiscali a investire alungo termine nell’industria britannica, co-sa che si realizzò soltanto in tempo di guer-r a .

Blair vuole investire soprattutto nell’i-s t ruzione. La propensione dell’attuale so-cietà alla divisione, con la City che si ar-ricchisce di rendita finanziaria, disimpe-gnata dallo sviluppo e i cui guadagni costi-tuiscono il 20 per cento delle esport a z i o n idel Regno Unito (le cosiddette esport a z i o n iinvisibili, composte da servizi bancari econtratti assicurativi), è rispecchiata nel si-stema scolastico. Qui infatti regna ancoral ’ a p a rtheid tra le Public Schools private e lescuole di Stato dell’obbligo.

Tuttavia, proprio come le Public Schoolsf u rono inventate non per educare i figli deigentlemen, ma i padri (ci vogliono due ge-nerazioni almeno, si sa, per re a l i z z a re ilsalto sociale definitivo e comunque i verigentlemen i precettori li avevano in casa),t r a s f o rmando tecnici macchiati d’olio inspeculatori finanziari con la bombetta, co-sì Blair spera che l’istruzione possa trasfor-m a re sudditi insicuri in cittadini pieni dic e rtezze. Un progetto, questo, estre m a m e n-te ambizioso.

Come si ricorderà, la costituzione ameri-cana, nella sua “ricerca della felicità”, con-cesse a tutti i cittadini il diritto di port a re lea rmi, rendendoli con un colpo di penna tut-ti “gentiluomini” liberi e temibili. Il risul-

EDITORIALI

Un voto contro il lavoro (domenicale)

Negli Usa in calo il “liberismo debole”

O s c a r, un cellulare e un (quasi) Nobel

Alla Pirelli l’assemblea dei lavorato-ri ha bocciato, col 60% dei voti, la ri-

chiesta della direzione di lavorare perun settimo turno alla domenica. Nonfacciamo prediche sul lavoro degli altri,anche perché al Foglio la domenica nonc’è lavoro redazionale (usciamo in edi-cola dal martedì al sabato). Piuttostoc e rchiamo di riflettere.

La questione dell'orario di lavoro èun po’ come il presidenzialismo: si fa ung i ro di valzer ogni tanto, e poi tutto tor-na come prima. Il patto triangolare perl'occupazione in Germania riporta d’at-tualità il problema: riavremo la solitadanza? Le posizioni della Cgil e dellaCisl convergono nella rivendicazione diuna riduzione dell'orario settimanale at rentacinque ore, a parità di salario, en-t ro il 2000. Un apposito fondo finanzia-to, tra l'altro, da un aggravio contributi-vo sulle ore straordinarie, dovrebbe fi-n a n z i a re l’operazione.

La Confindustria obietta che la confi-gurazione duale del mercato del lavoroitaliano re a g i rebbe ad una riduzionedell'orario con nuove tensioni sui pre z-zi al Nord, dove già oggi c'è richiestanon soddisfatta di mano d'opera, senzae ffetti significativi al Sud dove l’aggra-vio contributivo comporterà un aumen-to del costo del lavoro per unità di pro-dotto del 15 per cento. Il dire t t o re della

Confindustria, Innocenzo Cipolletta, os-s e rva che per la fascia di lavoratori frai trenta e i cinquant'anni il livello di oc-cupazione italiano è eguale a quello de-gli altri paesi, mentre non è così per ipiù giovani e per i più anziani. Per av-v i a re al lavoro o far uscire dal lavoro inmodo più morbido queste fasce di po-polazione occorrono, secondo lui, form edi impiego e di orario diversificate, dalp a rt time al lavoro interinale, ai con-tratti a tempo determinato. Ieri anche ilm i n i s t ro Tiziano Treu ha tessuto gli elo-gi del lavoro interinale. Su questi temi,in conseguenza dell'accordo del lugliodel ‘93, il Governo aveva presentato inParlamento un provvedimento legislati-vo, re g o l a rmente abbandonato alle pri-me difficoltà opposte dai sindacati edalla sinistra. E' proprio la flessibilitàdel lavoro e dell’ orario lo stru m e n t opiù efficace per la creazione di nuoviposti di lavoro e la difesa di quelli esi-stenti. Nelle prossime ore i lavoratoridella Zanussi decideranno se accettaret u rni di lavoro che consentano il pienoutilizzo degli impianti in cambio dellariduzione di orario a 34 ore e mezza: incaso di rifiuto l'azienda si dice costre t t aa trasferire la produzione in Austria oin Egitto. Il voto dei dipendenti della Pi-relli rende, naturalmente, tutto molto,ma molto più diff i c i l e .

All'inizio del '95 gli Stati Uniti furo-no scossi dall'ondata della rivolu-

zione repubblicana: l'ala liberista delGrand Old Party propose all'elettoratoun "Contratto per l'America" che pre-vedeva una forte riduzione della pre-senza dello Stato nella vita dei cittadi-ni. Newt Gingrich, il leader della nuovatendenza, conquistò la maggioranza nelSenato e nel Congresso degli Stati Uni-ti. Alcune delle più incisive riform ev e n n e ro portate rapidamente a term i-ne come stabilito dal programma (taglial fisco e alla presenza dello Stato in al-cune attività). Da novembre, però, lamaggioranza repubblicana di Gingrichsi è impantanata nel duello con Clintons u l l ’ a p p rovazione del bilancio delloStato. Il presidente ha posto il veto sualcuni tagli al programma di assistenzasanitaria.

Bill Clinton, politico abile nella ma-novra, ha cercato di svuotare la basep rogrammatica dei nuovi re p u b b l i c a n i ,accettandone una parte essenziale, ilripianamento del deficit dello Statocentrale in sette anni, e limitando ildissenso alle aree nelle quali i re p u b-blicani sono impopolari. Nel frattempo,parlando alla nazione, si è pre s e n t a t o

come il più conserv a t o re dei conserv a-tori nel campo dei valori morali. Conquesta tattica il Presidente preme suBob Dole, il leader dei repubblicani alSenato, vecchio uomo politico schiera-to moderatamente con la nuova ten-denza liberista e probabile candidatoalle elezioni presidenziali del novem-b re di quest'anno. Dole è così costre t t oa pre m e re su Gingrich perché si mo-deri, Gingrich preme sui suoi deputatie questi mandano messaggi sempre piùconfusi al loro elettorato.

Il settimanale londinese, The Econo-mist, dall'alto del suo scetticismo libe-rale, aff e rma: “Gli americani sono così:odiano il governo in generale, ma loamano nel part i c o l a re”. E con part i c o-l a re si intendono gli incentivi ai mutuiper la casa o le spese sanitarie.

In realtà l'America è un paese dovele rivoluzioni alla fine avvengono, e tal-volta sorprendono gli inglesi: l'eletto-rato vuole una riduzione della pre s e n-za dello Stato e Dole, che incomincia aintiepidirsi, sta perdendo consenso. Sei leader non interpretano la pro p r i abase sociale soprattutto nelle fasi digrande transizione, spesso vengonocambiati. Non solo in America.

Finalmente un (quasi) Nobel ha pre-so un vero Oscar, realizzando forse

un disegno impudico. E’ accaduto lu-nedì al Politecnico di Torino dove ilp rofessor Tullio Regge, (quasi) pre m i oNobel per la Fisica, ha senza pre a v v i s oattaccato i telefonini cellulari nel corsodella sua prolusione sul dotto tema“Scienza e Società”. Il pubblico, diso-rientato e imbarazzato, ha ru m o ro s a-mente riso quando un telefonino ha dif-fuso con soffocata disperazione alcunenote di pro t e s t a .

Quella del professor Regge è statacomunque una convinta prestazione dic o n f o rmismo, contaminato da speri-mentate suggestioni sciampiste-l e n i n i-ste prese in prestito dal lessico sini-s t rese -reazionario che le applica confuria oscurantista alla tecnologia, agliantibiotici, all’energia nucleare e in ge-n e re a tutto ciò che scienza, cultura,m e rcato e democrazia occidentale (dal-l’Elba alla Quinta Strada) hanno pro-dotto fino ad oggi.

Il caso però ha voluto che il passoconcettualmente più banale del suo di-scorso innescasse una imprevista re a-zione di entusiasmo nel Presidente del-la Repubblica, spesso vittima del diso-rientamento indotto dalla storia e tal-volta anche dalla geografia. Il passodell’insigne scienziato che lo aveva con-vinto era questo: “Il telefonino cellula-

re (...) mette in mostra inconfessati mo-tivi freudiani, psicoinfantilismo ed esi-bizionismo in persone fino a ieri inso-spettabili”. Benché l’espressione “in-confessati motivi freudiani” fosse tal-mente inconsistente da insospettirequalsiasi persona ragionevole, il Pre s i-dente se ne è egualmente invaghito e l’ha golosamente rilanciata per dar mi-glior corpo a certe sue impre s s i o n i s t i-che intuizioni: “Ho visto un mondo po-litico - ha detto - che partecipa dell’u-niversalità di questo linguaggio erm e t i-co e si sfoga con il telefonino cellulare ,v o l g a rmente detto telefonino. Riemer-gono così vocazioni infantili che lei( p rofessor Regge) non ha chiamato ado-lescenziali perché sarebbe stata unap romozione eccessiva”.

Quale sublime concerto. Il (quasi)Nobel, anziché cedere alla facile tenta-zione di difendere la scienza e la suacultura dalle superstizioni dilaganti,dagli oroscopi e dai tarocchi cari a chiodia le macchine dell’uomo, attacca in-vece un inerme strumento di comuni-cazione portatile, accusandolo persinodi generare fantasmi (“inconfessati mo-tivi freudiani”). E l’altro, l’ Oscar, sip recipita come un sol uomo a confer-m a re e sottoscrivere la messa al ro g o .Che accoppiata d’effetto, evviva! L’ A n-no Accademico è dunque uff i c i a l m e n t ea p e rto.

G i o v a n n i B a z o l i , l ’ u l t i m oo u t s i d e r, difende con molta cautelal’indipendenza dell’Ambroveneto

I trucchetti di Di Pietro e leminacce di Davigo: tutti i ferri delmestiere per costruire un mito

con larghi margini di autonomia grazie alfatto che nel frattempo si stava spappolan-do la Dc. E’ vero che nel frattempo sembra-va prospettarsi un nuovo padrone, nelle ve-sti della Lega Nord, ma un po’ l’abilità tatti-ca di Molinari, molto l’insipienza stessa dei

l u m b a rd hanno fatto sì che la minaccia fos-se allontanata. Qualche prezzo Molinari l’hadovuto pagare però su altri fronti. Su ri-chiesta di Bankitalia ha dovuto soccorre re ibanchi meridionali in crisi (Carical, Cari-puglia), ha fortemente ridotto la capacitàdella Cariplo di pro d u rre reddito e ha re s omeno appetibile la privatizzazione, dal mo-mento che, per piacere ai risparmiatori, bi-sogna pur pro m e t t e re dei buoni dividendi.

Il gap tra la Cariplo virtuale e quella re a-le è stato sottolineato dallo stesso Mazzottache, nella lettera di dimissioni, ha scritto:“Molti di voi conoscono le mie opinioni esanno quanto lontane siano le ipotesi chevedo affacciarsi dai progetti e dagli indiriz-zi che appartengono all’epoca della miap residenza”. Una rivendicazione di gran-deur che ha qualche appiglio, perché se èv e ro che in questi ultimi mesi è avanzata l’i-potesi di un polo Imi-Cariplo-S.Paolo è evi-dente che la dominanza è torinese (sull’as-se stabilito tra il presidente dell’Imi LuigiA rcuti e quello del S.Paolo Gianni Zandano,

asse benedetto da Lamberto Dini) e non mi-lanese. Sotto il Duomo, nel frattempo, losquilibrio è cresciuto. Grazie agli errori diRomano Prodi, Cuccia è riuscito a impa-d ronirsi (anche de jure) a prezzi d’occasio-ne sia del Credit che della Comit, due ban-che che sono andate ad aumentare la giànotevole potenza di fuoco della finanza lai-ca. E per avere un quadro completo varrà lapena di riferire ciò che sostengono in piaz-za Affari, ovvero che Cuccia non abbia af-fatto rinunciato a mettere le mani sul Ban-co Ambro-veneto di Giovanni Bazoli.

Il pro f e s s o re e banchiere bresciano fino-ra è stato abilissimo a sconfiggere le miredel duo Comit-Mediobanca. La sua è unabanca di primo ordine ma è evidente chenon c’è alle spalle un azionista forte chepossa garantirne l’autonomia. Così di voltain volta Bazoli ha scomposto e ricompostoun puzzle di alleanze che gli hanno per-messo di tenere a debita distanza gli art i g l idi Cuccia. Una volta gli è riuscito tirandod e n t ro i francesi del Credit Agricole, poigiocando sull’intervento proprio del S.Pao-lo e infine chiamando a sostegno la Cassa dir i s p a rmio di Ve rona guidata dall’emerg e n-te Paolo Biasi. E proprio quest’ultimo, in ot-timi rapporti con la Galassia del Nord, tra-mite le Generali, viene indicato come unpossibile cavallo di Troia di Mediobanca.

Tramontato Mazzotta, in bilico perm a-nente Bazoli, troppo piccole e deboli le al-t re banche, la piazza milanese non pare ca-pace di coltivare altre chance. Sarà desi-gnato un nuovo presidente della fondazioneCariplo e un ruolo chiave lo giocheranno gliex-dc presenti in consiglio. Di banchieridoc, comunque, nemmeno l’ombra. A Mila-

Milano. Roberto Mazzotta ha mollato. Eha definitivamente lasciato la pre s i d e n z adella Cariplo, una poltrona dalla quale ne-gli anni Ottanta aveva pensato di dare lascalata alla grande finanza. Il gesto era ob-bligato: la condanna inflittagli dal tribunaledi Milano nel processo di primo grado per letangenti pagate al fondo pensioni Cariplonon gli lasciava aperta altra strada. Né po-teva pro l u n g a re all’infinito il regime di au-tospensione scelto nel gennaio ‘94. Con lasua uscita di scena Mazzotta ha dunque li-berato una poltrona ma, cosa ancor più im-p o rtante, obbligherà tutti a una riflessionestrategica sul peso della finanza milanese esulla sua proiezione in campo nazionale.P e rché anche chi non ha mai amato l’ex vi-c e - s e g retario della Dc diventato in una not-te banchiere, oggi gli riconosce di essere sta-to l’ultimo a concepire un disegno di riequi-librio sulla piazza più importante del Nordtra finanza laica e finanza cattolica, tra Ga-lassia cucciana e resto degli operatori.

La Cariplo di Mazzotta all’inizio degli an-ni Novanta si presentava come una macchi-na da guerra, capace di conquistare le piùi n t e ressanti casse di risparmio delle re g i o-ni settentrionali e di puntare, nello stessotempo, ad annettersi l’Imi. Una strategia chedi fatto puntava a far cre s c e re un soggettoautonomo da Mediobanca, presente com-m e rcialmente nelle zone più ricche e dota-to di un istituto di credito a medio term i n e ,l’Imi per l’appunto, le cui potenzialità erano(e forse sono) tutte da scoprire. La Cariplo dioggi non ha lo stesso vigore e la stessa luci-dità. Da quanto Mazzotta si è autosospeso èstata gestita con correttezza da Sandro Mo-linari, un manager non di nomina politica

Milano. Con la decisione della Cassazio-ne un capitolo si è chiuso: la condanna diMario Chiesa a 5 anni e 4 mesi è diventatadefinitiva. Ricordate? L’ex presidente delPio Albergo Trivulzio fu sorpreso con le“mani nella marmellata “, come ebbe a di-re Antonio Di Pietro, il 17 febbraio 1992. So-no passati quattro anni, quattro anni di tito-li su tv e giornali che hanno cambiato l’Ita-l i a .

Quasi subito si capì cosa stava accaden-do: era l’aprile di quello stesso anno, il pri-mo dell’era Mani Pulite. Nel cortile intern odel palazzo di giustizia, in un gabbiotto pre-fabbricato usato dalle scorte dei magistrati,Di Pietro, da poche ore affiancato da Ghe-r a rdo Colombo, interrogava Mario Chiesada alcuni giorni agli arresti domiciliari. DiP i e t ro aprì una finestrella e tutti i cro n i s t isi acquattarono sotto il muro per sentire co-sa si dicevano. Chiesa gridava: “Quel nomenon ve lo faccio, avete capito?”. Tutti sape-vano che “quel nome” era quello di BettinoCraxi, allora segretario del Partito sociali-sta, del quale si parlava come possibilecandidato alla Presidenza della Repubbli-c a

In realtà, Chiesa quel nome lo aveva fat-to e lo aveva messo per iscritto a verbale. DiP i e t ro usò il trucchetto della finestra aper-ta per far passare una notizia “depistante”.

Inizia così la prima fase dei rapporti con-t roversi tra stampa e inchiesta Mani Pulite.Dopo quattro anni si può aff e rm a re tran-quillamente che, nella maggior parte dei ca-si, i cronisti sono stati “utilizzati” e stru-m e n t a l i z z a t i .

N e l l ’ o t t o b re 1994 ebbe inizio il pro c e s s oEnimont. Nel corridoio antistante l’aula incui si svolgeva il processo, un raggiante An-tonio Di Pietro, da poche ore rientrato daun trionfale viaggio negli Stati Uniti, pre n-deva sotto braccio il cronista del TG5, An-d rea Pamparana: “Uhè, complimenti, holetto il tuo pezzo su Epoca. Hai fatto un ri-tratto sputato di ciò che avviene per davve-ro in sto’ palazzo”. Nel pezzo Pamparana fa-ceva un ritrattino in punta di penna di qual-che magagna del pool. Tra queste anche ilfatto che Di Pietro si lamentava di essere ilsolo a lavorare e a concludere le indagini.P i e rcamillo Davigo, il “dottor sottile” delg ruppo, se ne ebbe a male e fece sapere aPamparana che tirava aria di quere l a .

Il cronista del TG5 ci rimase male , anchep e rché qualche mese prima lo stesso Davi-

go sedeva a tavola con lo stesso Pamparanaquale suo ospite per il ritiro di un pre m i og i o rnalistico vinto proprio per le sue cro n a-che da palazzo di giustizia. Il cronista scris-se una lettera a Davigo per spiegare lo spi-rito di quel pezzo: un documento riserv a t oche venne pubblicato due giorni dopo sul-

Feo. E’ evidente che Di Pietro sospetta chequella notizia sia giunta al Corr i e re dellaSera filtrando dall’interno del palazzo dig i u s t i z i a .

Si è molto dibattuto in questi anni sulruolo avuto dai media, dalla televisione inp a rt i c o l a re, nel cre a re certi “miti” di ManiPulite e nel distru g g e rne altri. Resta un fat-to: tutto ciò che il cronista ha scritto a favo-re del pool era ben accetto e poteva darebuoni frutti, cioè altre notizie, piccole esclu-sive, anticipazioni. Molti giornalisti dovre b-b e ro rileggere con attenzione il testo del-l ’ i n t e rcettazione telefonica tra Antonio DiP i e t ro e il suo portavoce Elio Veltri, là dovel’ex magistrato ordina a Veltri di dare alcu-ni documenti ai giornalisti invitando a direcomunque a ciascuno che si trattava di una“esclusiva”: “Tanto ci cascano!”.

In questi quattro anni s’è visto di tutto,c o m p reso il “deposito degli atti in edicola”,come disse in una memorabile udienza delp rocesso Cusani l’avvocato Giuliano Spaz-zali. Del resto anticipare i tempi, in modoche si sappia che un magistrato vuole arre-s t a re Tizio o Caio, significa dare una notiziaaccusatoria. Aspettare, può significare chepoi si debba riferire direttamente del riget-to di una richiesta d’arresto. Un cronista hamesso a verbale, in una inchiesta su una fu-ga di notizie, di aver visto con i suoi occhi larichiesta di arresto scritta dai pubblici mi-nisteri e non ancora presentata al giudicedelle indagini preliminari. Nessuna indagi-ne è stata svolta su chi ha fatto vedere alc ronista un atto così riserv a t o .

Il difetto sta comunque nel manico. Bastal e g g e re l’articolo 200 del Codice di pro c e-dura penale. Il giornalista ha diritto al se-g reto professionale come il medico , l’avvo-cato, il sacerdote. C’è però un “tuttavia”. Lalegge recita infatti: “ Tuttavia le notizie so-no indispensabili ai fini della prova del re a-to per cui si procede e la loro veridicità puòe s s e re accertata solo attraverso l’identifica-zione della fonte delle notizie . Il giudice or-dina al giornalista di indicare la fonte dellasua inform a z i o n e ” .

Come direbbe Di Pietro, “in soldoni”, inItalia il segreto professionale giorn a l i s t i c oesiste solo se siete d’accordo con il pubbli-co ministero. Del resto questa è da semprela tradizione giuridica italiana. Nel primoEditto sulla stampa veniva riportato il lem-ma portante del Proclama dell’Editto di Al-b e rtino del 1848: “ La stampa sarà libera,

ANNO I NUMERO 2 - PAG 3 I L FOGLIO QUOTIDIANO MERCOLEDÌ 31 GENNAIO 1996

Cronache dal palazzo di Mani PuliteTR A AM B I G U I TA’ E SC O O P GU I D AT I, QU AT T R O AN N ID I GI OR N A L I S M O DI F F I C I L E

Kaputt l’altra finanza. Non resta che Cuccia LE DI M I S S I O N ID I MA Z Z O T TA D A L L A CA R I P L O. BA N C H E CAT T O L I C H ES E N Z A LE A D E R S H I P

Le 8 ore di lavoro, 8 di sonno, 8 di svago:una giornata così, prima della rivolu-

zione industriale e delle lotte operaie, esi-steva soltanto nella fantasia dei filosofi,quando immaginavano a tavolino una so-cietà perfetta e felice. Per una volta, il so-gno è diventato realtà. All'invenzione deltempo libero, e alla sua evoluzione dal1850 fino ai giorni nostri, è dedicato il de-lizioso L'avènement des loisirs, che lo sto-rico Corbin ha appena pubblicato in Fran-cia. Tredici capitoli - frutto di un lavorod'équipe, che comprende anche l'italianaGabriella Tu rnaturi - per studiare uno deitratti più caratteristici della vita moderna.

Qualche dato. Nel 1850, il tempo di la-v o ro ammontava in media a 5000 ore, parial 70% della vita trascorsa da svegli. Nel1980, chi deve lavorare per vivere passa inu fficio o in fabbrica soltanto 1650 ore: lap e rcentuale è scesa al 18%. Fino al sette-cento, i pochi fortunati che potevano di-s p o rre delle loro giornate sapevano be-nissimo come occuparle: battute di caccia,viaggi, spettacoli, chiacchiere e soggiorn ialle terme. Il tempo libero degli art i g i a n i ,degli impiegati e degli operai - rivoluzio-naria conquista ottocentesca - va inveces o rvegliato e irregimentato, perché si sache l'ozio è il padre dei vizi, primo fra tut-ti l'alcolismo.

R i f o rmatori sociali, autorità religiose ep a d roni delle fabbriche sono tutti d'accor-do: alla bottiglia, bisogna contrapporrequalcosa di molto allettante. L'idea giu-

sta nasce in Inghilterra, grazie a ThomasCook, che nel 1841 inventa il viaggio org a-nizzato, caricando su un treno 570 persone.P rezzo della gita: uno scellino. Pro g r a m-ma: pic nic e fervorino contro i danni del-l'alcol.

Comincia così la carriera del primoagente di viaggi della storia, quel Cook cheinventa il vagone letto e nel 1867 port aventimila compatrioti a visitare l'Esposi-zione Universale di Parigi. I primi turisti,alloggiati in locande costruite per l'occa-sione, vengono nutriti all'inglese, con ro a-st-beaf e pudding. Proprio come oggi: gliitaliani che vanno alle Maldive sono cert idi tro v a re un cuoco bravo a fare gli spa-ghetti. La neonata industria del divert i-mento conduce i cittadini alla scopert adella natura. Corbin aveva già dedicato unl i b ro (L'invenzione del mare, Marsilio1990) al mare e alle spiagge, consideratiinospitali e pericolosi fino al settecento, eche invece nell'ottocento si trasformano inluoghi dove ritro v a re benessere e salute.

Più o meno nella stessa epoca si comin-ciano a scalare le montagne (prima, i rariescursionisti erano considerati pazzi dar i n c h i u d e re). Ci si diverte anche in città,naturalmente. Tra otto e novecento, Parigisi impone come capitale dei piaceri:"quando Dio si annoia, apre la finestra eg u a rda i viali parigini". Guide specializza-te segnalano i ristoranti, le sale da ballo, ic a ffè alla moda e perfino le migliori casedi tolleranza.

Francesi e inglesi aprono la strada. E lea l t re nazioni prontamente si adeguano.C a ffè concerto, teatro di varietà e cinemasono gli svaghi degli italiani, dal 1870 finoal 1915. L'altra grande attrazione nostranaerano i processi, che offrivano il brividodel sesso e della violenza senza rischi per-sonali e senza censure (proprio come ac-cade oggi in televisione)

Un capitolo è dedicato alla fatica, e aglii n n u m e revoli studi scientifici pubblicatinell'ottocento su questo tema, perché iltempo libero serve a divertirsi, ma anchea ritemprare le forze. Un altro alla pesca,al bricolage e al giardinaggio: prima, chizappava la terra lo faceva per mangiare ,non per svagarsi. Il dibattito sui divert i-menti morali e immorali riappare con glianni. Con qualche sorpresa. Alla finedell'800, in Francia, tra i divertimenti dav i e t a re alla gioventù c'era la lettura. I ro-manzi popolari sono un veleno – si dice –p e rfino peggiore dell'alcol.

LIBRIAlain Corbin

L’AVÈNEMENT DES LOISIRS436 pp.Aubier F.F.250

l ’ E s p re s s o .Un altro giornalista molto popolare a pa-

lazzo di giustizia, il corrispondente del Mat-tino di Napoli, Frank Cimini, scrisse in al-cuni articoli che la Procura mostrava di nona v e re part i c o l a re interesse a indagare sullevicende della Fiat, soprattutto dopo il me-moriale presentato a Di Pietro dall’ammi-n i s t r a t o re delegato Cesare Romiti. Fu que-relato e tuttora è pendente una causa civile.

Il più recente caso di frizione tra pro c u r ae cronisti è però quello, per certi versi cla-m o roso, della denuncia presentata lo scor-so novembre da Antonio Di Pietro ai magi-strati di Brescia, in relazione alla fuga di no-tizie sull’iscrizione al re g i s t ro degli indaga-ti e dell’avviso di garanzia a Silvio Berlu-sconi. L’ex magistrato simbolo di Mani Puli-te ha chiesto ai colleghi bresciani di con-t ro l l a re i tabulati telefonici del dire t t o redel Corr i e re della Sera, Paolo Mieli, e deig i o rnalisti Goff redo Buccini e Gianluca De

LETTERADALONDRA