002 MER 31-01-96
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La Giornata* * * * * *
In Italia Nel mondo
Milano. Soddisfatto per la buona riuscitadegli esperimenti di Muru roa, raff o rzato sulpiano internazionale dalle positive re a z i o n ialla decisione di sospendere i test nucleari,Jacques Chirac si accinge a part i re per gliStati Uniti per incassare ulteriori dividendidella sua politica atomica. Nell’incontro didomani con Bill Clinton potrà ribadire che“la Francia intende giocare un ruolo attivonel disarmo” e conferm a re di voler conclu-d e re entro l’anno un accordo per la messaal bando dei test nucleari, dopo aver ag-g i o rnato le proprie tecnologie. La Realpoli-tik francese dimostra quanto il pro b l e m adella deterrenza atomica sia oggi cru c i a l e .
“Ma veramente la fine della guerra fre d-da ha esaurito la questione degli arm a m e n-ti nucleari?” si è chiesto Jacques Isnard suLe Monde. Una domanda evidentemente re-torica, quella dell’autorevole giornale fran-cese pur spesso critico con le forz a t u re nu-cleari di Chirac. La tesi secondo cui la finedella guerra fredda avrebbe comportato unlungo periodo di pace si è dimostrata infon-data. I contenziosi aperti sulle armi nuclea-ri sono molti. La so-spensione dei testfrancesi segue di solopochi giorni la ratifi-ca del trattato Start 2da parte del Senatostatunitense, ma perc o n t ro la Duma neo-comunista di Moscaha annunciato di nonaver fretta di appro-varlo a sua volta. Dalcanto suo la Cina, al-t ro protagonista diprimo piano, ha co-municato che i pro p r iesperimenti atomici continueranno. Per laCina l’armamento nucleare è del resto im-p o rtante anche nei confronti di Taiwan, concui permane alta la tensione e che, secondoPechino, sarebbe a sua volta in procinto didotarsi della bomba atomica. Alta è la ten-sione fra Pakistan e India, dopo la denunciadi Islamabad di possibili nuovi esperimen-ti nucleari indiani e la contro-denuncia diDheli a proposito dell’imponente riarmo incorso da parte pakistana. “Una disputa pe-ricolosa perché ha portato a una corsa aglia rmamenti nel subcontinente” ha detto Be-nazir Bhutto e che nei giorni scorsi si è tra-s f o rmata in scontro aperto, con il lancio dimissili e scontri armati nel Kashmir.
Sulla fine della guerra fredda incombe“il rischio della deriva dei continenti geo-politici” spiega il sottosegretario alla Dife-sa del nostro governo Carlo Maria Santoro .“Dai nuovi conflitti discendono le nuovedottrine militari, i concetti strategici, i di-spositivi di forza”. Finora il tentativo, gui-dato dagli Stati Uniti, è stato quello di pre-v e n i re e sedare crisi e conflitti nelle are etradizionali di interesse strategico america-no. A questo fine gli Stati Uniti stanno tra-s f o rmando lo strumento militare anche int e rmini dottrinali (Force XXI, Forw a rd Semthe Sea, Airland Battle, ecc.), seguiti a ru o-ta dai principali paesi europei. Tutti gli al-tri sono costretti all’imitazione, tardiva e in-completa, come è purt roppo il caso dell’Ita-l i a .
Il costo delle conseguenti operazioni diaggiustamento degli schieramenti militari èperò molto alto perché – com’è noto - le ar-mi convenzionali sono molto più care dellea rmi nucleari. Quindi, in un mondo cheesclude, anche dal quadro della deterre n z a ,l’uso politico del nucleare, diventa fonda-mentale l’attenzione allo sviluppo dei siste-mi d’arma convenzionali. Questa è la ragio-ne per cui, ad esclusione dell’ltalia, i bilan-ci ordinari della difesa dei principali paesidel mondo – dopo una breve fase durante laquale sono drasticamente diminuiti – sonooggi in aumento sia in termini sia per la ri-c e rca e lo sviluppo che per l’industrializza-zione di nuovi sistemi d’arm a .
E’ anche per questi motivi che l’uso dellad e t e rrenza nucleare torna ad essere un in-t e resse centrale nelle politiche difensive.“Chirac ha pagato politicamente gli esperi-menti, ma la posta in gioco per lui era pro-prio il mettersi al passo degli Usa sulla spe-rimentazione atomica. E ora è una posizio-ne di forza e può parlare di disarmo totale”p rosegue Santoro. Il politologo americanoE d w a rd Luttwak differisce da questa anali-si, e ritiene che Chirac non abbia fatto unbuon aff a re né politicamente né militar-mente: “Perché il vero problema oggi non èla deterrenza della potenza nucleare, ma lanon proliferazione. E per ottenerla, comestanno facendo gli Stati Uniti nei confro n t idella Corea del Nord, è necessario off r i rec o n t ro p a rtite economiche – forn i t u re, tec-nologia, crediti – che inducano i paesi ‘nonu fficialmente nucleari’ a desistere dallacorsa alla bomba”. Presumibilmente, è lastessa logica che consente oggi a Mosca dig i o c a re alla contrattazione, sulla ratificadello Start 2: non per ingaggiare una nuovai m p roponibile escalation atomica, ma pera l z a re il prezzo, economico, della disten-s i o n e .
JACQUES CHIRAC
“Carissimo, ti unisco, con le pre m u re piùvive, un promemoria relativo alla signoraScaccia Silvia (...) la quale aspira ad essereinserita nel corso di pilota di volo a motoreche sarà indetto nel prossimo aprile dallacompagnia Aliadriatica. Ti sarò grato perquanto farai e per le cortesi notizie che vor-rai farmi avere in merito”. Mittente: RemoGaspari. Destinatario: Carlo Toto. E chi èquesto signore, Carlo Toto, che, nel marz odel ‘90, godeva delle effusioni di uno dei piùi m p o rtanti ministri della Prima Repubblica?Il suo nome ha incontrato qualche notorietànegli ultimi tempi poiché gli appartiene l’AirOne, la prima compagnia aerea che, dopo la“liberalizzazione dei cieli” decretata dall’U-nione Europea, s’è messa a competere conl’Alitalia sulla tratta Milano-Roma. Carlo To-to, dalle sue parti, e cioé a Pescara, non èp ropriamente un carneade. Il suo gruppo, laToto Spa, fa manutenzione stradale e co-struisce prefabbricati per ponti e cavalcavia.Ogni anno ottiene dall’Anas commesse per4-500 miliardi. Tempo fa una stima del quo-tidiano La Repubblica collocò la Toto al se-
sto posto nella gra-duatoria delle impre-se italiane che hannoguadagnato grandi la-vori pubblici a trattati-va privata, quindi sen-za gara d’appalto. Inquesti mesi la Toto sista occupando dell’e-dificazione del nuovotribunale di Pescara(150 miliardi) e dellat e rza corsia sulla Sa-v o n a - Torino (40 mi-liardi). Ma soprattutto c’è
l’avventura della Air One. Carlo Toto acqui-sta la malmessa Aliadriatica nel giugno del1988. L’anno seguente compra due CitationII per incre m e n t a re, e vi riesce, il settore ae-rotaxi. Fra i clienti ci sono pure gli uominimandati in missione dalla Dc, che per unc e rto tempo volano gratis, sinché Carlo To-to non firma un contratto con Severino Cita -risti, cassiere della Dc atteso dai duri mesi diTangentopoli, nel quale si cede al partito unpacchetto di ore volo al prezzo di un milioneall’ora. Mentre l’Aliadriatica cresce, in Euro-pa si comincia a pensare alla libera circ o l a-zione nei cieli. Toto fiuta l’affare e avvia unaserie di corsi per aspiranti piloti, che comin -ciano nel ‘90 e non finiscono mai. Anzi, fini-scono in tribunale, dal momento che la com-pagnia ottiene finanziamenti dal Fondo so-ciale europeo per quattro miliardi ma ne ri-ceve solamente uno e mezzo; i corsisti, chesi sentono turlupinati, fanno scattare le de-nunce e l’inchiesta è tuttora in corso. Gli in-toppi giudiziari non fermano Carlo Toto chenel 1994 acquista il primo Boeing 737. Oradispone di dieci aerei, tutti affittati tranne ilprimo.
E il 23 novembre del ‘95 partono i primivoli fra Fiumicino e Linate. In tutto cinque,andata e ritorno. I prezzi competitivi di AirOne spiazzano Alitalia, che vende il bigliettoa 225 mila lire contro le 180 mila lire dei con-c o rrenti. Le polemiche travolgono Air One,accusata di essere parsimoniosa nelle ma-nutenzioni. Ma non è vero, ribatte l’ammini -s t r a t o re delegato Giovanni Sebastiani: “Lanostra flotta è costituita da un solo modellodi aereo e il risparmio è fisiologioco. Eppoiabbiamo un personale più giovane e unos t a ff senza troppe sovrastru t t u re. Ecco per-ché i nostri sono semplicemente prezzi dim e rcato”. E allora che fa l’Alitalia? Non com-menta le mosse dell’avversario e lancia lacampagna Arcobaleno, con cui, sino al 31gennaio, si può acquistare l’Air Card (la tes -sera che consente di accedere a sconti sinoal 40%) a 250 mila lire anziché a mezzo mi-lione. L’Air One non batte ciglio, e pro ro g asino al 31 di marzo le tariffe pro m o z i o n a l ip reviste, in un primo momento, solo fino altermine di gennaio. “Ma non parlate di con-correnza - aggiunge Paolo Rubino, direttorecommerciale di Air One - perché noi voglia-mo semplicemente allarg a re il mercato. Lestatistiche dicono che gli italiani volano unavolta all’anno. Nel resto d’Europa tre, negliStati Uniti cinque”. Sarà, ma nei primi qua-ranta giorni di servizio, l’Air One ha tra-s p o rtato 35 mila passeggeri, il 30% nuovi, ep resumibilmente rubati alle Ferrovie delloStato; tutti gli altri all’Alitalia.
Ma la fine del monopolio Alitalia è soltan -to all’inizio. Sulla Milano-Roma (un businessda oltre due milioni di passeggeri annui,quinto collegamento europeo) dal 22 gen-naio si è inserita un’altra compagnia, la No-man, finora impegnata soprattutto in volicharter e in convenzioni con agenzie di turi -smo. La Noman risparmia su tutto: in volo almassimo off re un bicchier d’acqua e il bi-glietto costa una miseria: 288 mila lire, an-data e ritorno. E dal ‘97 sui mercati naziona -li via libera anche alle compagnie straniere ,in una battaglia dei costi che farà vittime. Echi rischia di più è Alitalia, ben abituata dalmonopolio (soprattutto dei prezzi) e ostaco -lata da un’onerosa struttura, da rivendica-zioni sindacali e bilanci poco rassicuranti.
GIOVEDI’ L’INCARICO di govern op o t rebbe essere assegnato dal Capodello Stato al termine del terzo giro diconsultazioni che è cominciato ieri. IlP residente della Repubblica ha incon-trato il laburista Valdo Spini, il cduRocco Buttiglione e i rappre s e n t a n t idei gruppi minori. Nel frattempo Ge-r a rdo Bianco, segretario del Ppi, ha ri-p roposto a Scalfaro la candidatura diDini per pro c e d e re verso le riforme ea ff ro n t a re senza scossoni il semestree u ro p e o .
Gianfranco Fini non ha escluso una c c o rdo sul semipresidenzialismo allafrancese con la sinistra, purché si man -tengano i poteri di cui gode oggi il capodell’Eliseo. Anche il segretario della Ci -sl, Sergio D’Antoni, spinge verso un’in -tesa per rinviare le elezioni: ora è tem -po di aff ro n t a re le urgenze e non le ur -ne. E Berlusconi si dichiara ancora ot -timista sul raggiungimento di un pattofra centrodestra e centro s i n i s t r a .
* * *Indice Mibtel in forte rialzo ieri al
t e rmine delle trattative in Borsa: l’in-c remento è stato dell’1.51%. Il dollaro ,in lieve crescita, si è attestato a 1.600 li-re, mentre il marco è sceso a 1.073 suim e rcati valutari italiani.
* * *Scendono i re n d i m e n t i di Cct e Btp
sotto il nove per cento netto di tasse.Per entrambi i titoli ciò non accadevadalla metà del 1994.
* * *Achille è una giorn a l i s t a, scrive il set-
timanale Avvenimenti. La fonte del Si-sde che avrebbe fornito inform a z i o n isu Di Pietro “sarebbe una cronista beninserita nel sottobosco politico e giudi-ziario milanese”.
Al processo Curtò, Sergio Cusani haaccusato Di Pietro di aver contraff a t t odue documenti bancari per support a rel’inchiesta a suo carico.
* * *Ventuno evasori miliard a r i s c o p e rti a
Ve rona. Il re c o rdman è un commer-ciante all’ingrosso che ha occultato gua-dagni per 205 miliard i .
* * *Berlusconi e mafia è stato il tema del-
l’udienza di ieri a Catania per il pro-cesso “Orsa maggiore”. Il leader di For-za Italia ha smentito di essere stato ri-cattato dalla criminalità org a n i z z a t ache gli aveva incendiato la sede dellaStanda della città etnea. Da interc e t t a-zioni telefoniche risulta comunque chef u rono fatte pressioni su alcuni diri-genti Fininvest.
Sentito dai giornalisti, il boss Giu -seppe Madonia, protagonista del pro -cesso, ha dichiarato di augurarsi “chealle prossime elezioni vincano le sini -s t re, perché sono più garantiste”.
* * *Rispettato il fabbisogno di 130 mila
m i l i a rdi per il 1995. Lo ha dichiarato alGr1 il sottosegretario al Te s o ro, PieroG i a rda. L’obbiettivo è stato raggiuntograzie all’avanzo del mese di dicembreche si è avvicinato ai seimila miliard i ,p a reggiando il disavanzo di 136 milam i l i a rdi accumulato negli undici mesip re c e d e n t i .
* * *Nuovo processo tributario dal mese di
aprile, quando si insedieranno le nuo-ve commissioni tributarie che sostitui-ranno quelle attuali di primo e secondogrado. Le nuove commissioni potrannoavvalersi di strumenti, come la conci-liazione giudiziale, che renderanno piùagile l’esame dei ricorsi.
* * *Pochi medici e molte auto in Italia se-
condo un’indagine dell’Ocse. Solo negliStati Uniti e in Germania si re g i s t r auna densità automobilistica superiore .Gli italiani sono rispettivamente setti-mi e tredicesimi al mondo per numerodi telefoni e di televisori per abitante.In compenso siamo ventitreesimi nellagraduatoria per dotazione di medici.
L AC I N AP R O S E G U I R A’ I TEST n u-cleari nel Xinjiang. Lo ha annunciato ilg o v e rno di Pechino, senza però rivelarei suoi piani sui prossimi esperimenti,che quest’anno, secondo fonti occiden-tali, dovre b b e ro essere almeno due.
* * *Navi da guerra greche e turc h e s i
f ronteggiano al largo di Imia, un isolot-to deserto nel mar Egeo conteso daidue paesi. Il governo di Atene si è ieririunito di urgenza e ha intimato il riti-ro di una fregata turca dalla zona. Asua volta, Ankara pretende un allonta-namento delle navi militari greche daquelle che considera le proprie acquet e rr i t o r i a l i .
* * *Un aereo è precipitato in Angola m e n-
t re si dirigeva verso la capitale Luanda.Tre n t a q u a t t ro persone sono morte e al-t re venti sono rimaste ferite.
* * *Il monopolio di Stato sulla vodka e su-
gli altri alcolici verrà re i n t rodotto inRussia. Secondo il ministero dell’Eco-nomia, la manovra, che prevede tassealla produzione e al consumo, dovràp o rt a re nelle casse del Te s o ro l’equiva-lente di 800 miliardi di lire al mese. Mal’impopolarità della misura (ogni ru s s obeve, statisticamente, un quarto di litrodi vodka al giorno) potrebbe indurreBoris Eltsin a bloccare la manovra.
* * *Assassinati in Algeria otto donne e
sei uomini negli ultimi giorni. Le don-ne sono state tutte sgozzate e mutilate.Cinque di loro, tra cui una bambina,a p p a rtenevano a un’unica famiglia dicui fanno parte alcuni agenti di polizia.
* * *Un separatista irlandese è stato ucci-
s o a Belfast. Gino Gallagher era un per-sonaggio di spicco dell’Irish Republi-can Socialist Part y, piccola form a z i o n em a rx-leninista. E’ stato raggiunto da di-versi colpi di pistola mentre si tro v a v an e l l ’ u fficio dell’assistenza sociale a fir-m a re per il sussidio di disoccupazione.
* * *Steve Forbes è in testa nelle primarie
del partito repubblicano che si svolge-ranno nel New Hamshire il 20 febbraioe che apriranno la campagna per le ele-zioni presidenziali americane. Secondoi sondaggi, il multimiliardario racco-g l i e rebbe il 29 per cento dei voti controil 24 per cento di Bob Dole, capo dellamaggioranza repubblicana al Senato.
* * *Un partito dei corrotti è stato cre a t o
in India per radunare i leader politiciinquisiti. Si chiama Havala. Il suo fon-d a t o re, Jaspal Bhatti, è certo di ottene-re un successo alle prossime elezioni.
I L FO G LIOANNO I NUMERO 2 DIRETTORE GIULIANO FERRARA MERCOLEDÌ 31 GENNAIO 1996 - L.1 0 0 0
DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA VICTOR HUGO, 1 - 20123 - MILANO q u o t i d i a n o TEL. 02/8639181 - FAX 02/878596 - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE / 50% - MILANO
Roma. Sui malcerti territori dell’inciuci-smo nazionale ( e il lettore perdoni le bru t-te parole, che sono specchio delle cose bru t-te) ci sono almeno due esploratori che mar-ciano da anni con passo sicuro, ad onta ditrappole e paludi, senza mai perd e re la stra-da. Sono Giuseppe Guarino e Antonio Mac-c a n i c o . I loro sentieri - palesi od occulti -hanno avuto negli anni opposte stelle pola-ri e raramente si sono incro c i a t i . E’ invecein questa crisi palloccolosa che i due si ri-t rovano infine a marc i a re paralleli e spessocosì vicini da rasentare l’incontro . Il lororuolo nella difficile mediazione istituziona-le, che ha seguito le dimissioni del govern otecnico, sembra essere scoccato per puracombinazione domiciliare, o almeno cosìp a re che si tramandi.
Giuseppe Guarino occupa infatti l’appar-tamento sottostante la casa di Lamberto Di-ni e di sua moglie Daniela, nella nobile piaz-za Fontanella Borghese, mentre AntonioMaccanico è dirimpettaio del quartier ge-nerale di Lanfranco Fini, in via della Scro-fa.
La fama di Giuseppe Guarino quale gran-de cucitore d’intese è tale che molti lo chia-mano “il sart o ” . La sua dottrina ha infiniticlienti e non conosce colori. Per questa do-te è stato scelto da Scalfaro per rimettere lemani nel garbuglio delle riforme istituzio-nali. Guarino ha infatti il pregio di averep o rte aperte da Silvio Berlusconi. Il pro f e s-s o re si è messo subito in marcia; il suo inca-rico di partenza era semplice e netto: favo-r i re il ritorno di Dini a Palazzo Chigi e farr a ff re d d a re la ribollente materia istituzio-nale. A questo scopo Guarino ha subito ri-lanciato l’idea di una “fase costituente”, op-p o rtunamente nobilitata da un successivovaglio re f e re n d a r i o . Il pro f e s s o re si è aff a c-ciato anche a via dell’Anima, casa Berlu-sconi, dove la sua “bozza” ha ricevuto molticomplimenti ed è stata prontamente impi-lata su di una ragguardevole catasta.
Guarino riferisce costantemente dei suoisuccessi e delle sue delusioni all’inquilinodel piano di sopra. Con Dini si intendono: aentrambi piacciono le felpate stanze del po-t e re, non hanno simpatia per la finanza lai-ca di Mediobanca, e hanno comuni rancoriverso gli altri sfidanti per Palazzo Chigi, Car-lo Azeglio Ciampi e Giuliano Amato. Unacoppia perfetta.
Peccato che sulla loro strada abbiano tro-vato un ostacolo come Antonio Maccanico.Con Guarino, l’ex presidente di Mediobancaha in comune solo l’origine irpina, poi le lo-ro strade sono state sempre divise. Ancheper il rientro in gioco di Maccanico ha con-tato il quotidiano incrociarsi con Gianfran-co Fini. Il presidente di An vi ha visto subi-to l’alternativa ideale al ritorno dei “tecni-ci” Dini e Ciampi. Che poi le loro idee inmateria istituzionale siano agli antipodi, po-co importa. Maccanico è maestro nel tro v a-re i punti di contatto in ogni occasione. S iracconta che Enrico Cuccia, che lo scelseper facilitare la privatizzazione di Medio-banca, dicesse di lui: “Se tra due sedie vuo-te ci si sedie Antonio, lui le mette d’accor-d o ” .
A Maccanico va la fiducia di Mediobanca,a cui lo lega il suo passato di presidente e lap a rentela col mitico Adolfo Tino, ed anchela Fiat lo considera un uomo su cui contare .Ma molti sono convinti che la sua arte me-diatoria lo terrà a galla comunque vada a fi-n i re: pefino se dovesse vincere l’avversarioDini “E’ così bravo - dice Giorgio La Malfa,che lo conosce bene - che ha aperte tutte lestrade: può fare il presidente del Consigliolui stesso, può torn a re a lavorare con Ciam-pi e può fare anche il ministro con Lamber-to Dini”. Basta mettersi d’accord o .
To rnano i fascisti, capeggiati da quel pe-ricoloso squadrista di Gianfranco Fini cuip u re, alla festa dell’Unità di reggio Emiliadel settembre scorso, Walter Ve l t roni rico-
nobbe doti di “equilibrio” di gran lunga su-periori a quell’irresponsabile di Silvio Ber-lusconi esperto, disse Ve l t roni davanti allaplatea post-comunista che addirittura sispellava le mani applaudendo il post - fa-scista, di “insulti da discoteca”. Adesso èstato eliminato d’imperio il “post” e Fini èt o rnato un bieco fascista. Comincia Barba-ra Spinelli che sulla Stampa ritira la “pa-tente democratica” a Fini, colpevole di es-sersi irrigidito in una posizione che solouna “legittimità consolidata” avrebbe potu-to autorizzare.
P rosegue Repubblica che pure in tempilontani si compiacque per lo “sdoganamen-to” degli ex fascisti e che, dimentica deglistrali d’inizio d’anno con cui Scalfari ha gra-tificato Scalfaro, parte alla carica nella de-nuncia del “ritorno di Fiamma” e nella de-plorazione del “trasformismo” che avre b b einquinato “l’operazione Fiuggi”.
Del resto, assicura il pidiessino Burlan-do sul Corr i e re della Sera, “Fiuggi era solouna svolta di facciata” e per questo è co-s t retto a scendere nell’agone Norbert oBobbio per spiegare sulla Stampa che delfascismo Fini conserva “alcune idee fonda-mentali” (il presidenzialismo?) e poi che ès e m p re meglio “cinquanta governi in cin-quant’anni che uno solo in venti”. Son tor-nati i fascisti: e tutto perché Fini si opponeal “compromesso democratico” che in fon-do neanche Prodi auspica (“fascista” ancheP ro d i ? ) .
* * *Giampaolo Pansa si ringiovanisce di al-
meno vent’anni e rispolvera sull’Espresso le“ c a rogne fasciste uscite dalle fogne”. Enri-co Deaglio suggerisce sull’Unità un paralle-lo tra Fini e Hitler. Sempre sull’Unità FabioMussi scrive che Fini “ha un vizietto, è unpo' fascista”. Giuseppe Caldarola legge sul-le agenzie la dichiarazione di La Malfa se-condo cui “ritorna il Msi”, ruba l’idea e fa ti-t o l a re il suo articolo in cui si esecrano i“ c o m p o rtamenti al limite dello squadri-smo” dei seguaci di Fini con un “ritorno alMsi”.
C e s a re Salvi, sempre sul “giornale fonda-to da Antonio Gramsci” e diretto dal vice-P rodi che rilascia in due giorni una dozzinadi dichiarazioni in cui definisce “inaff i d a-bile” il Gianfranco Fini con il quale mise inscena il commovente duetto di Reggio Emi-lia, se la prende col “nemico del liberali-smo”.
C’è perfino Clemente Mastella che vienereclutato dall’Unità per un ammonimentopubblico al leader di An: “Gli ricordo che èun ex fascista”. E tutto perché Domenico Fi-sichella (i cui pensieri Massimo D’Alemaora definisce “mirabili”) se ne è andato daA n .
* * *Nella bozza di intesa scritta dai tre saggi
del Polo e divulgata dal Giornale, si leggeche “qualora nessun candidato premier ot-tiene” eccetera eccetera. Due righe più in làsi ribadisce che “qualora il primo ministroè sfiduciato” eccetera eccetera.
Nella fretta i saggi non hanno ricord a t oche dopo il “qualora” è preferibile il con-giuntivo. E tutto perché i professori, impe-gnati a “coniugare” le esigenze di raff o rz a-mento del premier con le pre rogative delParlamento, non immaginano nemmenoquanto sia più proficuo imparare a “coniu-g a re” correttamente i verbi.
NOVE COLONNE
Da domani nel Foglio Quotidiano un’inchiesta sull’occupazione negli Usa e in Euro p a
I PESI SUI SALARI CHE PARALIZZANO LE STRATEGIE PER CREARE LAV O R O
M a a s t r i c h tNella riunione dei ministri degli esteri
dell’Unione europea, l’inglese MalcolmRifkind ha avanzato, tra le righe, la richie-sta di rinviare l’adozione del trattatato diMaastricht.. Lo stesso premier inglese, JohnM a j o r, sta svolgendo cauti sondaggi in que-sto senso. La richiesta ha suscitato molton e rvosismo a Bruxelles, ma l’opinione pub-blica inglese continua a manifestare molteperplessità euro s c e t t i c h e . Lo stesso Finan-cial Times, giornale della City ultra-euro-peista, con un intervento di un suo autore-vole editorialista, Martin Wolf, denuncia laconfusione del disegno politico alla basedella scelta di Maastricht. Le pre o c c u p a z i o-ni nascono anche dal fatto che la Francia ela Germania sembrano concord a re solo tradi loro incentivi alla ripresa come quelli an-nunciati in questi giorn i .
Il Sole 24 0 re, giornale di una Confindu-stria italiana che si riconosce nel pro g e t t odella moneta unica, sostiene che gli inglesihanno qualche ragione. Persino un padredel Trattato di Maastricht , Jacques Delors,dichiara, in un dibattito de Les Echos, chel’unificazione monetaria va accompagnatada un riequilibrio economico.
In Europa, anche tra gli euroentusiasti, sicomincia a parlare una lingua simile a quel-la usata nel Parlamento italiano dall’ex mi-n i s t ro degli Esteri, Antonio Martino.
A Roma scocca l’ora fatale dei mediatori
La crisi in mano ai signoridella Prima RepubblicaIN CA M P O GU A R I N O E MA C C A N I C O. IL PA RT I T OP R O- DI N I E I L GI R O BA N K I TA L I A
La sinistra si è sbagliata,Fini non è più democraticoI saggi vogliono “coniugare” i poli,
non sanno coniugare i congiuntivi
I fascisti son torn a t i
Fine dei monopoliL’Air One di Carlo To t ol’uomo che sfidalo strapotere di A l i t a l i aSulla Roma-Milano 35 mila passeggeri
in 40 giorni. Così un imprenditorefa tremare la compagnia di bandiera
E infuria la guerra dei prezzi
Geopolitica di MururoaL’atomica franceseovvero la Realpolitikdopo la guerra freddaI contenziosi nucleari aperti nel mondo
sono molti e tornano a pesare sullescelte strategiche ed economiche
Chirac più forte dopo i test
ANNO 1 NUMERO 2 - PAG 2 I L FOGLIO QUOTIDIANO MERCOLEDÌ 31 GENNAIO 1996
Èapparso recentemente un volumetto diMaurizio Blondet (Elogio di Catilina e
Berlusconi, il Cerchio iniziative Editoriali,1995) che si raccomanda non solo per la let-tura agevole e divertente ma soprattutto perl ’ i m p o rtanza della tesi centrale che, tratta-ta con apparente disinvoltura, è in realtà as-sai più seria e rilevante di quanto possa ap-p a r i re. Blondet sostiene che esiste una no-tevole affinità tra Catilina e Berlusconi: en-trambi pro v a rono a sovvert i re l’establish-ment dominante del loro tempo ed entram-bi finirono con l’essere schiacciati dai tito-lari del vecchio sistema di potere grazie alricorso a quello che Blondet chiama “mo-ralismo calunnioso”. Indipendentementedal giudizio storico su Catilina, che pro b a-bilmente farà arr i c c i a re il naso a qualchec u l t o re di storia romana, e da quello politi-co su Berlusconi, che certamente determ i-nerà reazioni al limite dell’isterismo fra isuoi avversari politici, la tesi di Blondet me-rita un’attenta considerazione.
Anzitutto, Blondet ci ricorda come il po-t e re reale che si nasconde dietro i mecca-nismi ufficiali di gestione della cosa pub-blica sia spesso in condizioni di difendersie fficacemente con metodi appare n t e m e n t ec o rretti sotto il profilo legale, ma che inrealtà sono basati sulla distruzione art a t adell’immagine di chi ad esso si oppone esulla calunnia. Correttamente Blondet leg-
Catilina e Berlusconi, due congiure di fine millennioNE L L A RO M AD E L X X SE C O L O, CO M E I N QU E L L AD E L I A.C., L’ ES TA B L I S H M E N TS I RI B E L L AA L NU OVO
TU T T EL E AN A L O G I ET R A DU E UO M I N I PO L I T I C IC H E HA N N O PE N S AT OD I RI F OR M A R EL A RE P U B B L I C A SE N Z A FA R E RI VO L U Z I O N I
tuazione: nel 64 a.C. come nel 1994 d.C. s’èp resentato il problema politico della tran-sizione da una forma istituzionale all’altra.
Uso una parola non casualmente impre-cisa, perché il processo che denota è con-fuso nelle coscienze: questo è pre c i s a m e n-te il carattere delle transizioni, e le distin-gue dalle rivoluzioni. Una rivoluzione - fe-nomeno moderno - è innescata volontari-sticamente da un gruppo ideologico, chemira a ro v e s c i a re (come diceva Engels) “lostato di cose presente” per adeguarlo a uno rdine nuovo definito a tavolino. La transi-zione è in qualche modo il processo con-trario: è la realtà che si allontana passopasso dalle idee canoniche della coscienzacollettiva, e perciò dalle istituzioni date.
Il rapporto fra legalità e legittimitàDa una parte la transizione è imposta
dall’oggettività delle cose - dai cambia-menti economico-sociali, dall’emerg e re diceti e classi non previste e dunque non rap-p resentate nell’ordine politico pre c e d e n t e- ma d’altra parte il cambiamento necessa-
rio è ostacolatocon tutte le forz edai gruppi e da-gli annosi appa-rati che, accomo-dati nella vec-chia legalità poli-tica, ne traggonoi loro poteri eprivilegi. Accadeallora per esem-pio che questig ruppi difendanoi loro privilegi
con l’indignata coscienza, non del tutto fal-sa ma solo torbida, di difendere la legalità;che essi stessi deformino in questa difesa,e senza volerlo chiaramente, le “sacre” isti-tuzioni della cui immutabilità si dichiara-no custodi. Nell’Italia del XX secolo è ac-caduto persino che la coalizione impegna-ta nella conservazione si creda “pro g re s s i-sta” o di “sinistra”, senza suscitare pro t e-ste: comico segno di quanto queste forze vi-vano in un panorama mentale, politico eideologico, che non esiste più.
Ma anche le forze che premono per ilrinnovamento, che vivono nella realtà nuo-va, non ne hanno in testa la mappa già com-pleta. Non si sanno, né si vogliono, rivolu-zionarie; non le sostiene un’ideologiaastratta che indichi loro la (non import aquanto illusoria) “direzione ineluttabiledella storia” e dia loro la truce convinzionedi rappre s e n t a re una legittimità nuova es u p e r i o re, in nome della quale abbatteresenza scrupoli la “legalità”.
Gli innovatori si sforzano di agire all’in-t e rno di istituzioni che mentalmente hannogià superato; credono di condurre una bat-taglia politica della precedente era ideolo-gica, nella tradizionale dialettica fra “sini-stra” e “destra”, fra “statalismo” e “liberi-smo”, mentre di altro si tratta. Questo “al-t ro” è chiaro nella mente degli innovatorisolo a tratti, e nella lotta politica - che con-
Pa r a g o n a re Berlusconi a Catilina, unirliin uno stesso elogio come innovatori
sconfitti, non si fa ovviamente senza unaconsapevole misura di provocazione e iro-n i a .
Anzitutto, s’intende, è incomparabile ilq u a d ro. Quando s’illumina brevemente trail 66 e il 62 a.C., la meteora di Lucio Serg i oCatilina appare nella Repubblica Romana:benché da anni vessata dalla sua crisi isti-tuzionale, essa era uno Stato non solo so-vrano, ma la massima potenza dell’epoca. Egià avanzava al suo interno la “grande, pro-g ressiva dissociazione fra il corpo elettora-le e il corpo dei soldati che all’inizio erauno solo e formavano il populus, parola chesignifica propriamente nazione armata”; etuttavia la Repubblica era in piena, travol-gente espansione esterna, conquistava, as-sociava, legava a sé popoli diversi: non laminacciavano, e nemmeno condizionavanopoteri stranieri. Del tutto padrona di sé, nu-triva consapevole una missione che i pro-tagonisti dello scontro civile, divisi su tuttoil resto, condividevano senza dubbi né in-c e rtezze, con la stessa determ i n a z i o n e .
La parabola di Silvio Berlusconi perc o n t ro si consuma, tra il 1993 e il 1995, nel-la Repubblica Italiana. Cioè in un Paeseche non conta nulla nel mondo: e ciò nonper debolezza (e pur sempre una media po-tenza industriale), ma per la convinzione -compiaciutamente nutrita - di non avere“più nulla da fare” nel concerto delle na-zioni. (…)
Non si terrà dunque conto dell’obiezio-ne banale che Berlusconi non è Catilina,non ne ha la statura, mostruosamente gran-diosa. Anzitutto, tale statura fu conferita aCatilina dalla propaganda avversaria; unavolta ripulito dai delitti immaginari di cuilo incrostò il moralismo del suo abile accu-s a t o re, lo vedremo torn a re a pro p o rz i o n ipiù umane, e gli si riconoscerà un solo,grande, fatale difetto: l’ingenuità politica,p roprio ciò che lo rende simile a Berlusco-n i .
E poi, nemmeno gli avversari di Berlu-sconi possono essere paragonati a Cicero-ne, e non solo per lo stile oratorio. Egli eraun parvenu cooptato dall’oligarchia domi-nante: ma questo era l’ordine senatorio ro-mano. Certo avrebbe esitato, come hannofatto Occhetto e D’Alema, a genuflettersi apoteri stranieri, a pellegrinare a New Yo r ke Londra per farsi accettare (rispettiva-mente da Edgar Bronfman, capo del Con-g resso Ebraico Mondiale, e dalla City aff a-ristica) come affidabili garanti politici deip rogetti di ristrutturazione economica vo-luti per l’Italia dal Fondo Monetario e re-clamati dai mercati finanziari. O come Bos-si, di lasciarsi esaminare da emissari dellaBanca Lazard. (…)
Epoche di transizione, non di rivoluzioneE p p u re, esiste tra quei tempi e i nostri
un’analogia più profonda, che induce per-sonaggi così diversi per consistenza a re c i-t a re la stessa parte. L’analogia sta nella si-
ducono credendo agli schemi tradizionali -rischia di oscurarsi. Catilina fu spinto allag u e rra civile, mentre aspirava a concorre-re legalmente al consolato. Nell’Italia delXX secolo, gli innovatori si son ridotti a di-f e n d e re “la liberta d’impresa” e perfino “letelevisioni private” anziché il progetto diprimato dell’esecutivo e i mutamenti ne-cessari delle istituzioni.
Nelle transizioni tutta la questione - cru-ciale - dello scollamento fra legalità e le-gittimità, che vien posta così chiaramentenelle rivoluzioni, s’intorbida. Per questo,quando nella storia va in scena la Tr a n s i-zione, è grande il pericolo per la collettivitàche la vive, o meglio che ne è vissuta. Gli at-tori - i Conservatori e gli Innovatori - re c i-tano per così dire al buio la parte assegna-ta loro da un canovaccio che non conosco-no; e tuttavia il canovaccio è un dato, a suomodo ferreo, imposto dal mutare pro f o n d odella società. In quest’atmosfera torbida econfusa, le cose - e anche le istituzioni - fi-niscono per mutare senza contro l l o .
L’ i n n o v a t o re costretto a difendersiE quando va in scena la Transizione, ec-
co salire sul proscenio personaggi caratte-ristici come quelli della Commedia del-l ’ A rte che improvvisano a soggetto, ma ilcui carattere e natura sono “dati”.
Tutto ciò dà all’establishment conserv a-t o re del Vecchio le armi per la sua lotta innome del passato. Anche la parte del Ve c-chio è scritta: il suo sforzo primario è di li-q u i d a re l’Innovatore - sia Catilina o Berlu-sconi - per via giudiziaria e con le armi delmoralismo calunnioso, anziché batterlo po-liticamente, e ciò per due fondati motivi: na-s c o n d e re che l’antagonista è port a t o re di unp rogetto politico alternativo, e dipingerlocome un mostro agli occhi del popolo.
Anche il rapporto con il popolo è scrittonel canovaccio: I’Innovatore se ne fida tro p-po e vi si appella; il Vecchio ha la meglionel manipolarne l’incostanza fondamenta-le, proprio nel momento culminante in cuipiù lo disprezza, lo teme e ne diffida. Su Ca-tilina incombe ancora la damnatio memo -r i a e d e c retata dal Senato due millenni orsono; e se uno storico futuro restituirà l’im-magine di Berlusconi basandosi su quel chene ha detto la stampa, dovrà dipingerlo co-me un ladro di legalità, un avventurierosenza scrupoli, l’esecutore dei piani golpistidella P2, il sospetto di collusione con la ma-fia, il bancaro t t i e re ed evasore fiscale.
Così costretto a difendere se stesso anzi-ché il suo progetto, l’Innovatore è indotto -da un abuso sapiente delle “regole” - amettersi dalla parte del torto: con Catilinaquesto gioco riuscì perfettamente, fino ac a n c e l l a re la memoria del suo pro g e t t o .Con Berlusconi, mentre scriviamo, il pro-cesso è in corso.
Vecchia legalità e nuova legittimitàAncor oggi non ci è dato sapere con pre-
cisione a quale forma politica pensasse Ca-tilina, questo pre c u r s o re della necessitàdell’innovazione. E nemmeno sappiamo acosa mirasse colui che, con più genio e for-tuna, continuò il suo sforzo, Giulio Cesare .B ruto e i congiurati che lo uccisero in no-me della “legalità” repubblicana, lo accu-s a rono di aspirare alla monarchia, che nellinguaggio propagandistico di allora equi-valeva a regime dispotico, anti-romano ea n t i - p o p o l a re; cosa curiosa, visto che l’uo-mo ucciso capeggiava la fazione dei popu-l a res, la sinistra estrema. Di fatto, ancheC e s a re fu ucciso - ecco com’è difficile ten-t a re la transizione - e Roma fallì nel suocammino verso una nuova legittimità. Omeglio: la vecchia legalità non tornò più - la“centralità del Parlamento”, del Senato, di-venne un simulacro vacuo ma la legittimitànuova non si consolidò.
Roma finì per avere una forma politicanon disegnata da un progetto e sancita dalpopolo, ma un potere ibrido di legittimitàpiù che dubbia, un sistema per sempred e f o rmato dalla resistenza dei conserv a t o-ri: che non ebbero più la “centralità delParlamento” ossia del Senato, ma nemme-no mai investirono il princeps (il pre s i d e n-te, colui che noi chiamiamo imperatore )della legalità istituzionale piena. Un siste-
ma falso, costretto fra l’altro a chiamare coinomi vecchi le istituzioni nuove, che confi-gurò una sconfitta amara per entrambi icontendenti storici.
Basti dir questo. Il Senato conserv a t o reaveva lottato per conserv a re ossificate leistituzioni dell’antica polis, che era una de-mocrazia di cittadini-soldati; Catilina ave-va lottato per estendere la reale sovranitàdemocratica agli italici, ai provinciali. Finìche l’impero vietò ai romani e agli italici dim i l i t a re; misura necessaria per finirla conlo scontro civile, ma che determinò l’enor-me demoralizzazione del corpo sociale percui le due parti s’erano battute, la sparizio-ne non solo della democrazia dal popolo,ma del popolo dalla politica. Proprio peri n d i c a re che questo può essere l’esito del-la transizione anche nell’Italia berlusco-niana, raccontiamo ancora una volta la sto-ria di quell’antica Transizione fallita.
Maurizio Blondet, Elogio di Catilinae Berlusconi, il Cerchio Iniziative Editoriali
l’Italia di oggi non possono essere definitimeglio che come antidisestablishmenta-rians. Le similitudini, c’è da sperare, fini-scono qui. Catilina venne distrutto dall’e-stablishment, Berlusconi ha ancora qualchepossibilità di re s i s t e re al partito della re-staurazione, continuare la lotta e, forse, fi-n i re col vincerla. Non vorrei che, per evita-re la fine di Catilina, Berlusconi passassedall’altra part e .
Ma non è questa la diff e renza di fondo; ilfatto è che Catilina combatteva, forse, unabattaglia impossibile, anche perché a giu-d i c a re dai tempi degli sviluppi successivi,l’establishment contro cui lottava aveva an-cora molto da dire. Nel caso di Berlusconi,invece, sono profondamente convinto cheanche se riuscissero a distru g g e re lui, do-v re b b e ro ugualmente continuare a fare iconti con le idee che lo hanno portato alsuccesso, con la coalizione elettorale che inquelle idee crede, ma soprattutto con il fat-to che, a diff e renza di quello contro cui lot-tava Catilina, il nostro establishment è da ri-tenersi finito. Il vecchio modo di usare lapolitica a proprio vantaggio non versa sol-tanto nel discredito generale, versa anchein condizioni di bancarotta finanziaria. Que-sti sono solo gli ultimi sussulti di un esta-blishment agonizzante, condannato oltreche dalla Storia anche dall’economia.
Ecco come togliere la democrazia al popolo e il popolo alla politica
I D E E
Cosa sia l’establishment credo sia noto atutti: secondo il mio dizionario elettro n i c oamericano si tratta di “un gruppo esclusivoe potente che controlla o influenza fort e-mente il governo, la società o un settore diattività”. Disestablishmentarian è chi cerc adi ro m p e re il potere dell’establishment dis p e z z a re il sistema di rapporti che gli con-sente di contro l l a re governo e società; anti-disestablishmentarians sono quanti tentanodi difendere l’establishment contro la mi-naccia di chi vuole sovvertirlo. La parola è,volutamente, complessa ed ironica; il con-cetto che essa esprime è, a mio avviso, ap-p ropriato al caso italiano e certamente in li-nea con la tesi di Blondet. Catilina e Berlu-sconi vanno classificati come disestablish-mentarians, Cicerone ed i “poteri forti” del-
“Antidisestablishmentarianism”, è la reazione dell’oligarchia al poterecontro gli innovatori. Il leader di Forza Italia, per evitare di fare la stessafine del tribuno romano, è tentato di passare dalla parte di Cicerone?
ge in questa chiave il debutto politico diBerlusconi ed i motivi della caduta del suog o v e rno (cui va aggiunta questa interm i n a-bile fase di sospensione della politica):Berlusconi e Forza Italia erano riusciti adar vita ad una coalizione elettorale che
venne: “Antidisestablishmentarianism Ita-lian Style.” Quella interminabile parola co-stituisce la sintesi della tesi di Blondet, evi-dentemente condivisa - ante litteram - dald i re t t o re della rivista e dall’autore dell’ar-ticolo. Vediamo di chiarire .
r a g g ruppava gli esclusi dai vecchi giochiconsociativi e metteva a repentaglio il pote-re dei beneficiari del vecchio regime. Que-sti ultimi hanno reagito col “moralismo ca-lunnioso” da un lato e con l’uso spre g i u d i-cato dei meccanismi istituzionali sotto il lo-ro controllo, col deliberato proposito di di-s t ru g g e re la credibilità del leader della coa-lizione, neutralizzando il pericolo che essar a p p resentava per il loro potere .
Quando, nel gennaio dello scorso anno,subito dopo la caduta del governo Berlu-sconi, mandai alla rivista americana Natio-nal Review un pezzo a commento dell’acca-duto, il dire t t o re della rivista pensò bene dir i s p o l v e r a re la più lunga parola della lin-gua inglese per il titolo dell’articolo, che di-
Analogamente, in nome di una “emer-genza”, si sono sottovalutati i problemi postidalle intercettazioni telefoniche relative al“caso Di Pietro ” . E, analogamente, si è mi-surata la difficoltà a dislocare il rigore ga-rantista lungo il discrimine destra/sinistra.
E’ successo così che le “rivelazioni”, vereo presunte, contenute nei nastri hanno fattop a s s a re in secondo piano il problema dellei n t e rc e t t a z i o n i in sé, come fenomeno socialee come fattispecie criminale. Eppure si ètrattato dell’episodio di più flagrante e scel-lerato scempio di garanzie cui mi sia capita-to di assistere da anni. Tanto più scelleratoquanto meno, in apparenza, truculento. L’ i n-t e rcettazione, infatti, non interviene dire t t a-mente e re p ressivamente sulla libertà per-sonale: non mette i ceppi e non impedisce imovimenti fisici, non chiude i cancelli allespalle e non mortifica l’esistenza all’intern odi uno spazio delimitato. Ma se non è tru c u-lenta, quella violazione, è certamente deva-s t a n t e . Persino più devastante - sotto alcuniaspetti - della privazione (fisica) della libert à( f i s i c a ) .P e rché quest’ultima è dichiarata, an-che quando non prevista, identificata in unluogo e in un tempo, misurabile nello spazioe nella durata, conoscibile nei divieti e neivincoli. Tale, cioè, da consentire una qual-che forma di difesa, di autotutela, di t r a i n i n g ,quando quella privazione si realizza. Cosìnon è nel caso delle interc e t t a z i o n i . Qui, l’in-t romissione nella vita privata del cittadino,il controllo sui suoi sentimenti e sulle sueemozioni, l’interf e renza nella dinamica de-gli scambi interpersonali e nella sfera inti-ma - meschinità e mediocrità, tic e fobie, an-sie e ignominie, cuore e nervi, ma anche in-testino - sono davvero intollerabili. E l ’ a c-c e rtamento del complotto contro Di Pietromi appare un risultato poco rilevante se con-f rontato con il disastro che si ottiene quan-do si rendono pubbliche le interc e t t a z i o n idelle conversazioni tra la moglie e la figliadel costru t t o re Antonio D’Adamo a pro p o s i-to delle abitudini alimentari di quest’ultimo.La “rivelazione” è men che irrisoria - in ap-p a renza, innocua - ma ciò che determina è,né più né meno, che un terribile atto di vio-l e n z a . E ciò che determina è, appunto, la s p o -liazione di tutte le pre rogative e le tutele del-la soggettività individuale, che si voglionogarantite dalle consuetudini e dal diritto,dalla protezione familiare e dalle autocen-s u re .
Dunque, limitare la libertà personale at-traverso la detenzione non arriva a violarecosì in profondità la dimensione intima delsingolo quanto può fare la pubblicazionedella sua cartella clinica, del suo linguaggioprivato e dei suoi atti domestici, della sua“ira” e della sua “lussuria”. Ignorare questo,da parte della sinistra e della destra, è, pri-ma che sbagliato, autolesionista.
Luigi Manconi
Nel corso dei lavori della commissione A f-fari costituzionali del Senato, un parla-
mentare di Forza Italia, autodefinitosi più vol-te - e con incontinente iattanza - “garantista”,ha testualmente affermato che “qualora equando la presunzione di non colpevolezza ve-nisse rispettata per gli italiani, ci potremmop e rm e t t e re il lusso di riconoscerla agli stranie-ri”. Dio lo perdoni (a richiesta, fornirò nome ecognome dell’interessato). D’altra parte, pro-prio il dibattito sulle politiche dell’emigrazioneha dimostrato quanto sia difficile dislocare pre-giudizialmente la cultura delle garanzie lungoil classico discrimine destra/sinistra.
Dunque, alcuni episodi recentemente ac-caduti possono funzionare come test perl ’ a c c e rtamento della sensibilità garantista,ma non aiutano ad attribuire tale sensibilitàall’uno o all’altro degli schieramenti politi-ci. Non c’è dubbio, ad esempio, che in mate-ria di immigrazione, la destra tradizionale(An, Lega e settori di FI) sia significativa-mente - eccome! - “più a destra”, più intolle-rante e più autoritaria della sinistra tradi-zionale (Pds): ma la rinuncia ai principi delgarantismo ha portato quest’ultima in unaposizione assai ambigua. Una collocazioneassimilabile (non certo dal punto di vista deivalori, bensì da quello delle n o rm e) a form a-zioni politicamente lontane. E così, per me-si, esponenti della sinistra hanno spiegato -con argomenti sicuramente raffinati, mac o n v e rgenti, alla resa dei conti, con quellidella destra - che allo straniero non deveconcedersi la medesima tutela pro c e s s u a l ep revista per il cittadino italiano.
Il fenomeno è molto interessante: la mas-sima distanza tra destra e sinistra sul pianodei valori - giudizio sulla xenofobia, idea diconvivenza e concezione delle relazioni so-ciali - si dimostra insufficiente se non si ag-gancia ai principi che fondano il sistemadelle garanzie. E i principi - in questo comein altri casi - sono semplici e non negoziabi-li: a) chiunque si trovi all’interno del nostrot e rritorio nazionale deve godere delle tute-le previste dal nostro ordinamento giuridi-co; b) le garanzie proprie della sfera penale-p rocessuale (diritto alla difesa, a un pro c e s-so re g o l a re e a una sentenza equa; pre s u n-zione di non colpevolezza) prescindono dal-lo status di cittadino.
C o m p r i m e re questi diritti in nome delleesigenze dell’ordine pubblico è una perv e r-sione ricorrente nel senso comune e nellalegislazione del nostro paese. C o rr i s p o n d ead una i n t e r p retazione agonistica e bellica del -l’amministrazione della giustizia, costante-mente indotta ad adeguarsi alle scansioni( “ e m e rgenze”) della cronaca criminale, co-me si sono susseguite a part i re dal 1969: stra-gismo, terrorismo di sinistra, terrorismo didestra, criminalità organizzata, corru z i o n epolitica e, oggi, spacciatori senegalesi e pro s t i -tute nigeriane. (Domani chissà).
● O G G I - Cielo parzialmente nuvoloso suSettentrione, Centro e Sardegna con an-nuvolamenti più frequenti sulle re g i o n iadriatiche con possibili precipitazioni, an-che nevose oltre i 1200 m e t r i . Al Sud esulla Sicilia cielo molto nuvoloso conpiogge diffuse e persistenti.● D O M A N I - Generalmente poco nuvolo-so con possibili addensamenti sia sul ver-sante tirrenico che su quello adriatico.
I L FO GLIO q u o t i d i a n o
DI R E T T O R E RE S P O N S A B I L E: GI U L I A N O FE R R A R ASO C I E T À ED I T R I C E: IL FO G L I O QU O T I D I A N O S .R.L
VI A VI C T O R HU G O, 1 - 20123 MI L A N O
TE L. 02/8639181 - FA X 0 2 / 8 7 8 5 9 6AM M I N I S T R AT O R E UN I C O: SE R G I O SC A L P E L L I
CO O R D I N A M E N T O: BR U N O CA L C H E R A
RE D A Z I O N E: BE P P E BE N V E N U T O, MI C H E L E BU R A C C H I O,UB A L D O CA S O T T O, MA U R I Z I O CR I P PA, MAT T I A FE LT R I,
LO D O V I C O FE S TA, GI A N C A R L O LO Q U E N Z I,MA R I L E N A MA R C H I O N N E
RE G I S T R A Z I O N E TR I B U N A L ED I MI L A N O
N. 611 D E L 7 / 1 2 / 1 9 9 5TI P O G R A F I E: ON LI N E SY S T E M
VI AD E L L A MA G L I A N A 400 - 00148 RO M A; TE L E S TA M PA NO R D
VI AD E L L A RE P U B B L I C A, 93 - 20033 MU G G I Ò ( MI)CO N C E S S I O N A R I AP E RL A PU B B L I C I T À: SP E - SO C I E T À
PU B B L I C I T À ED I T O R I A L E - V.L E MI L A N O FI O R I, ST R. 3,PA L. B/10 - 20094 AS S A G O ( MI L A N O) - TE L. 02/57577-1
DI S T R I B U Z I O N E ES C L U S I VA P E R L’ ITA L I A: A&G MA R C O SPA - VI A FO R T E Z Z A, 27 - 20126 MI L A N O
UN A CO P I A L .1 . 0 0 0AR R E T R AT I L .2 . 0 0 0 + CO S T ID I SP E D I Z I O N E PO S TA L E
S I G N O R D I R E T T O R E
Quando destra e sinistra si alleanonel disprezzo dei diritti civili
Londra. Proprio mentre la chiesa angli-cana abbandona una grande idea, quellache per secoli considerava l’inferno luogodi soff e renza, e lo definisce vuoto, cioé“una condizione di non essere”, il partito la-burista di Tony Blair ne elabora una nuo-va: la teorizzazione della società del posses-s o re di quote (stakeholder).
D i fficile da tradurre, questa locuzione sista rivelando ancora più difficile da defini-re. Del resto, si sa, l’illusione conquista sem-p re più voti della verità. Uno stakeholder èuna persona che possiede una parte di unacompagnia o, addirittura, di un Paese. Unazionista è quindi un singolo possessore diquote; gli operai, i clienti, i fornitori, i citta-dini sono anch’essi stakeholders. In quantotali, hanno doveri e responsabilità oltre chee s s e re titolari di profitti e salari ed esserecontribuenti. L’intera comunità, é un altrodei ritornelli di Blair, deve dunque, in soli-dale concorso, sia corre re rischi che guada-g n a re. Una società è anche una Società srl.
Queste idee sono il contrario del concet-to di azionariato diffuso e contrastano conla democrazia proprietaria del thatcheri-smo, che tramite le privatizzazioni, una spe-cie di pulizia economica dei poveri, e il pos-sesso privato delle abitazioni, privilegio or-mai del 70 per cento delle famiglie, ha por-tato tutti ad identificarsi con gli intere s s idei ceti medi. La storia finisce quando i la-voratori comandano, diventando tutti cetomedio. Lo squilibrio causato dal credo pav-loviano della Nuova Destra ricorda la defi-nizione del cinico elaborata da Oscar Wi l d e :“Uno che conosce il prezzo di tutto e il va-l o re di nulla”.
Il prezzo dell’abolizione della “res publi-ca” da parte di Marg a ret Thatcher ha forn i-
to alla maggioranza dellapopolazione del Re-
gno Unito l’opport u-nità di pro v a re l’a-m a ro sapore dellasconfitta pro d o t t odal fatto che i tuoifondi pensionisti-
ci, agendo comeazionisti, ti fanno
p e rd e re il posto di la-v o ro ( solo le banche
hanno licenziato 100.000 di-p e n d e n t i ) .
Intanto un milione e seicentomila perso-ne possiedono ora case che valgono menodel mutuo stipulato con la banca e gli inte-ressi passivi (negative equity) rimangonoun debito insopportabile anche quando leabitazioni ritornano, per insolvenza, agliistituti di cre d i t o .
Questa è la Società (30/30/40) che la so-cietà degli stakeholder cerca di trasform a-re in una “Britannia Una”. Un 30 per centoè composto da disoccupati, malati o dequa-lificati, un altro 30 per cento é composto daimpiegati a part time senza diritto alla pen-sione, o impiegati con contratto a bre v esenza garanzie sindacali, e solo il 40 percento ha un lavoro sicuro a tempo pieno.
Contrariamente a quanto avviene in Ita-lia, i lavoratori del settore pubblico appar-tengono ora alla seconda categoria. Molti dil o ro sono spinti al pensionamento anticipa-to a 45 anni (senza perc e p i re l’assegno finoall’età pensionabile!).
I disoccupati nella stakeholder society diBlair perderanno il sussidio se non accette-ranno di essere riqualificati con corsi di for-mazione. Gli appartenenti al 30 per centod a l l ’ i n c e rto presente e incertissimo futuroa c q u i s t e re b b e ro i diritti previsti dal tratta-to di Maastricht e come lavoratori “azioni-sti” avre b b e ro voce in capitolo circa il loroa v v e n i re.
Quanto al 40 per cento, formato dai pri-vilegiati, trarrebbe vantaggio da una società“non indebolita dai deboli”, con meno cri-minalità e meno spese devolute all’assi-stenza, e in cambio si lascerebbe forse per-s u a d e re da agevolazioni fiscali a investire alungo termine nell’industria britannica, co-sa che si realizzò soltanto in tempo di guer-r a .
Blair vuole investire soprattutto nell’i-s t ruzione. La propensione dell’attuale so-cietà alla divisione, con la City che si ar-ricchisce di rendita finanziaria, disimpe-gnata dallo sviluppo e i cui guadagni costi-tuiscono il 20 per cento delle esport a z i o n idel Regno Unito (le cosiddette esport a z i o n iinvisibili, composte da servizi bancari econtratti assicurativi), è rispecchiata nel si-stema scolastico. Qui infatti regna ancoral ’ a p a rtheid tra le Public Schools private e lescuole di Stato dell’obbligo.
Tuttavia, proprio come le Public Schoolsf u rono inventate non per educare i figli deigentlemen, ma i padri (ci vogliono due ge-nerazioni almeno, si sa, per re a l i z z a re ilsalto sociale definitivo e comunque i verigentlemen i precettori li avevano in casa),t r a s f o rmando tecnici macchiati d’olio inspeculatori finanziari con la bombetta, co-sì Blair spera che l’istruzione possa trasfor-m a re sudditi insicuri in cittadini pieni dic e rtezze. Un progetto, questo, estre m a m e n-te ambizioso.
Come si ricorderà, la costituzione ameri-cana, nella sua “ricerca della felicità”, con-cesse a tutti i cittadini il diritto di port a re lea rmi, rendendoli con un colpo di penna tut-ti “gentiluomini” liberi e temibili. Il risul-
EDITORIALI
Un voto contro il lavoro (domenicale)
Negli Usa in calo il “liberismo debole”
O s c a r, un cellulare e un (quasi) Nobel
Alla Pirelli l’assemblea dei lavorato-ri ha bocciato, col 60% dei voti, la ri-
chiesta della direzione di lavorare perun settimo turno alla domenica. Nonfacciamo prediche sul lavoro degli altri,anche perché al Foglio la domenica nonc’è lavoro redazionale (usciamo in edi-cola dal martedì al sabato). Piuttostoc e rchiamo di riflettere.
La questione dell'orario di lavoro èun po’ come il presidenzialismo: si fa ung i ro di valzer ogni tanto, e poi tutto tor-na come prima. Il patto triangolare perl'occupazione in Germania riporta d’at-tualità il problema: riavremo la solitadanza? Le posizioni della Cgil e dellaCisl convergono nella rivendicazione diuna riduzione dell'orario settimanale at rentacinque ore, a parità di salario, en-t ro il 2000. Un apposito fondo finanzia-to, tra l'altro, da un aggravio contributi-vo sulle ore straordinarie, dovrebbe fi-n a n z i a re l’operazione.
La Confindustria obietta che la confi-gurazione duale del mercato del lavoroitaliano re a g i rebbe ad una riduzionedell'orario con nuove tensioni sui pre z-zi al Nord, dove già oggi c'è richiestanon soddisfatta di mano d'opera, senzae ffetti significativi al Sud dove l’aggra-vio contributivo comporterà un aumen-to del costo del lavoro per unità di pro-dotto del 15 per cento. Il dire t t o re della
Confindustria, Innocenzo Cipolletta, os-s e rva che per la fascia di lavoratori frai trenta e i cinquant'anni il livello di oc-cupazione italiano è eguale a quello de-gli altri paesi, mentre non è così per ipiù giovani e per i più anziani. Per av-v i a re al lavoro o far uscire dal lavoro inmodo più morbido queste fasce di po-polazione occorrono, secondo lui, form edi impiego e di orario diversificate, dalp a rt time al lavoro interinale, ai con-tratti a tempo determinato. Ieri anche ilm i n i s t ro Tiziano Treu ha tessuto gli elo-gi del lavoro interinale. Su questi temi,in conseguenza dell'accordo del lugliodel ‘93, il Governo aveva presentato inParlamento un provvedimento legislati-vo, re g o l a rmente abbandonato alle pri-me difficoltà opposte dai sindacati edalla sinistra. E' proprio la flessibilitàdel lavoro e dell’ orario lo stru m e n t opiù efficace per la creazione di nuoviposti di lavoro e la difesa di quelli esi-stenti. Nelle prossime ore i lavoratoridella Zanussi decideranno se accettaret u rni di lavoro che consentano il pienoutilizzo degli impianti in cambio dellariduzione di orario a 34 ore e mezza: incaso di rifiuto l'azienda si dice costre t t aa trasferire la produzione in Austria oin Egitto. Il voto dei dipendenti della Pi-relli rende, naturalmente, tutto molto,ma molto più diff i c i l e .
All'inizio del '95 gli Stati Uniti furo-no scossi dall'ondata della rivolu-
zione repubblicana: l'ala liberista delGrand Old Party propose all'elettoratoun "Contratto per l'America" che pre-vedeva una forte riduzione della pre-senza dello Stato nella vita dei cittadi-ni. Newt Gingrich, il leader della nuovatendenza, conquistò la maggioranza nelSenato e nel Congresso degli Stati Uni-ti. Alcune delle più incisive riform ev e n n e ro portate rapidamente a term i-ne come stabilito dal programma (taglial fisco e alla presenza dello Stato in al-cune attività). Da novembre, però, lamaggioranza repubblicana di Gingrichsi è impantanata nel duello con Clintons u l l ’ a p p rovazione del bilancio delloStato. Il presidente ha posto il veto sualcuni tagli al programma di assistenzasanitaria.
Bill Clinton, politico abile nella ma-novra, ha cercato di svuotare la basep rogrammatica dei nuovi re p u b b l i c a n i ,accettandone una parte essenziale, ilripianamento del deficit dello Statocentrale in sette anni, e limitando ildissenso alle aree nelle quali i re p u b-blicani sono impopolari. Nel frattempo,parlando alla nazione, si è pre s e n t a t o
come il più conserv a t o re dei conserv a-tori nel campo dei valori morali. Conquesta tattica il Presidente preme suBob Dole, il leader dei repubblicani alSenato, vecchio uomo politico schiera-to moderatamente con la nuova ten-denza liberista e probabile candidatoalle elezioni presidenziali del novem-b re di quest'anno. Dole è così costre t t oa pre m e re su Gingrich perché si mo-deri, Gingrich preme sui suoi deputatie questi mandano messaggi sempre piùconfusi al loro elettorato.
Il settimanale londinese, The Econo-mist, dall'alto del suo scetticismo libe-rale, aff e rma: “Gli americani sono così:odiano il governo in generale, ma loamano nel part i c o l a re”. E con part i c o-l a re si intendono gli incentivi ai mutuiper la casa o le spese sanitarie.
In realtà l'America è un paese dovele rivoluzioni alla fine avvengono, e tal-volta sorprendono gli inglesi: l'eletto-rato vuole una riduzione della pre s e n-za dello Stato e Dole, che incomincia aintiepidirsi, sta perdendo consenso. Sei leader non interpretano la pro p r i abase sociale soprattutto nelle fasi digrande transizione, spesso vengonocambiati. Non solo in America.
Finalmente un (quasi) Nobel ha pre-so un vero Oscar, realizzando forse
un disegno impudico. E’ accaduto lu-nedì al Politecnico di Torino dove ilp rofessor Tullio Regge, (quasi) pre m i oNobel per la Fisica, ha senza pre a v v i s oattaccato i telefonini cellulari nel corsodella sua prolusione sul dotto tema“Scienza e Società”. Il pubblico, diso-rientato e imbarazzato, ha ru m o ro s a-mente riso quando un telefonino ha dif-fuso con soffocata disperazione alcunenote di pro t e s t a .
Quella del professor Regge è statacomunque una convinta prestazione dic o n f o rmismo, contaminato da speri-mentate suggestioni sciampiste-l e n i n i-ste prese in prestito dal lessico sini-s t rese -reazionario che le applica confuria oscurantista alla tecnologia, agliantibiotici, all’energia nucleare e in ge-n e re a tutto ciò che scienza, cultura,m e rcato e democrazia occidentale (dal-l’Elba alla Quinta Strada) hanno pro-dotto fino ad oggi.
Il caso però ha voluto che il passoconcettualmente più banale del suo di-scorso innescasse una imprevista re a-zione di entusiasmo nel Presidente del-la Repubblica, spesso vittima del diso-rientamento indotto dalla storia e tal-volta anche dalla geografia. Il passodell’insigne scienziato che lo aveva con-vinto era questo: “Il telefonino cellula-
re (...) mette in mostra inconfessati mo-tivi freudiani, psicoinfantilismo ed esi-bizionismo in persone fino a ieri inso-spettabili”. Benché l’espressione “in-confessati motivi freudiani” fosse tal-mente inconsistente da insospettirequalsiasi persona ragionevole, il Pre s i-dente se ne è egualmente invaghito e l’ha golosamente rilanciata per dar mi-glior corpo a certe sue impre s s i o n i s t i-che intuizioni: “Ho visto un mondo po-litico - ha detto - che partecipa dell’u-niversalità di questo linguaggio erm e t i-co e si sfoga con il telefonino cellulare ,v o l g a rmente detto telefonino. Riemer-gono così vocazioni infantili che lei( p rofessor Regge) non ha chiamato ado-lescenziali perché sarebbe stata unap romozione eccessiva”.
Quale sublime concerto. Il (quasi)Nobel, anziché cedere alla facile tenta-zione di difendere la scienza e la suacultura dalle superstizioni dilaganti,dagli oroscopi e dai tarocchi cari a chiodia le macchine dell’uomo, attacca in-vece un inerme strumento di comuni-cazione portatile, accusandolo persinodi generare fantasmi (“inconfessati mo-tivi freudiani”). E l’altro, l’ Oscar, sip recipita come un sol uomo a confer-m a re e sottoscrivere la messa al ro g o .Che accoppiata d’effetto, evviva! L’ A n-no Accademico è dunque uff i c i a l m e n t ea p e rto.
G i o v a n n i B a z o l i , l ’ u l t i m oo u t s i d e r, difende con molta cautelal’indipendenza dell’Ambroveneto
I trucchetti di Di Pietro e leminacce di Davigo: tutti i ferri delmestiere per costruire un mito
con larghi margini di autonomia grazie alfatto che nel frattempo si stava spappolan-do la Dc. E’ vero che nel frattempo sembra-va prospettarsi un nuovo padrone, nelle ve-sti della Lega Nord, ma un po’ l’abilità tatti-ca di Molinari, molto l’insipienza stessa dei
l u m b a rd hanno fatto sì che la minaccia fos-se allontanata. Qualche prezzo Molinari l’hadovuto pagare però su altri fronti. Su ri-chiesta di Bankitalia ha dovuto soccorre re ibanchi meridionali in crisi (Carical, Cari-puglia), ha fortemente ridotto la capacitàdella Cariplo di pro d u rre reddito e ha re s omeno appetibile la privatizzazione, dal mo-mento che, per piacere ai risparmiatori, bi-sogna pur pro m e t t e re dei buoni dividendi.
Il gap tra la Cariplo virtuale e quella re a-le è stato sottolineato dallo stesso Mazzottache, nella lettera di dimissioni, ha scritto:“Molti di voi conoscono le mie opinioni esanno quanto lontane siano le ipotesi chevedo affacciarsi dai progetti e dagli indiriz-zi che appartengono all’epoca della miap residenza”. Una rivendicazione di gran-deur che ha qualche appiglio, perché se èv e ro che in questi ultimi mesi è avanzata l’i-potesi di un polo Imi-Cariplo-S.Paolo è evi-dente che la dominanza è torinese (sull’as-se stabilito tra il presidente dell’Imi LuigiA rcuti e quello del S.Paolo Gianni Zandano,
asse benedetto da Lamberto Dini) e non mi-lanese. Sotto il Duomo, nel frattempo, losquilibrio è cresciuto. Grazie agli errori diRomano Prodi, Cuccia è riuscito a impa-d ronirsi (anche de jure) a prezzi d’occasio-ne sia del Credit che della Comit, due ban-che che sono andate ad aumentare la giànotevole potenza di fuoco della finanza lai-ca. E per avere un quadro completo varrà lapena di riferire ciò che sostengono in piaz-za Affari, ovvero che Cuccia non abbia af-fatto rinunciato a mettere le mani sul Ban-co Ambro-veneto di Giovanni Bazoli.
Il pro f e s s o re e banchiere bresciano fino-ra è stato abilissimo a sconfiggere le miredel duo Comit-Mediobanca. La sua è unabanca di primo ordine ma è evidente chenon c’è alle spalle un azionista forte chepossa garantirne l’autonomia. Così di voltain volta Bazoli ha scomposto e ricompostoun puzzle di alleanze che gli hanno per-messo di tenere a debita distanza gli art i g l idi Cuccia. Una volta gli è riuscito tirandod e n t ro i francesi del Credit Agricole, poigiocando sull’intervento proprio del S.Pao-lo e infine chiamando a sostegno la Cassa dir i s p a rmio di Ve rona guidata dall’emerg e n-te Paolo Biasi. E proprio quest’ultimo, in ot-timi rapporti con la Galassia del Nord, tra-mite le Generali, viene indicato come unpossibile cavallo di Troia di Mediobanca.
Tramontato Mazzotta, in bilico perm a-nente Bazoli, troppo piccole e deboli le al-t re banche, la piazza milanese non pare ca-pace di coltivare altre chance. Sarà desi-gnato un nuovo presidente della fondazioneCariplo e un ruolo chiave lo giocheranno gliex-dc presenti in consiglio. Di banchieridoc, comunque, nemmeno l’ombra. A Mila-
Milano. Roberto Mazzotta ha mollato. Eha definitivamente lasciato la pre s i d e n z adella Cariplo, una poltrona dalla quale ne-gli anni Ottanta aveva pensato di dare lascalata alla grande finanza. Il gesto era ob-bligato: la condanna inflittagli dal tribunaledi Milano nel processo di primo grado per letangenti pagate al fondo pensioni Cariplonon gli lasciava aperta altra strada. Né po-teva pro l u n g a re all’infinito il regime di au-tospensione scelto nel gennaio ‘94. Con lasua uscita di scena Mazzotta ha dunque li-berato una poltrona ma, cosa ancor più im-p o rtante, obbligherà tutti a una riflessionestrategica sul peso della finanza milanese esulla sua proiezione in campo nazionale.P e rché anche chi non ha mai amato l’ex vi-c e - s e g retario della Dc diventato in una not-te banchiere, oggi gli riconosce di essere sta-to l’ultimo a concepire un disegno di riequi-librio sulla piazza più importante del Nordtra finanza laica e finanza cattolica, tra Ga-lassia cucciana e resto degli operatori.
La Cariplo di Mazzotta all’inizio degli an-ni Novanta si presentava come una macchi-na da guerra, capace di conquistare le piùi n t e ressanti casse di risparmio delle re g i o-ni settentrionali e di puntare, nello stessotempo, ad annettersi l’Imi. Una strategia chedi fatto puntava a far cre s c e re un soggettoautonomo da Mediobanca, presente com-m e rcialmente nelle zone più ricche e dota-to di un istituto di credito a medio term i n e ,l’Imi per l’appunto, le cui potenzialità erano(e forse sono) tutte da scoprire. La Cariplo dioggi non ha lo stesso vigore e la stessa luci-dità. Da quanto Mazzotta si è autosospeso èstata gestita con correttezza da Sandro Mo-linari, un manager non di nomina politica
Milano. Con la decisione della Cassazio-ne un capitolo si è chiuso: la condanna diMario Chiesa a 5 anni e 4 mesi è diventatadefinitiva. Ricordate? L’ex presidente delPio Albergo Trivulzio fu sorpreso con le“mani nella marmellata “, come ebbe a di-re Antonio Di Pietro, il 17 febbraio 1992. So-no passati quattro anni, quattro anni di tito-li su tv e giornali che hanno cambiato l’Ita-l i a .
Quasi subito si capì cosa stava accaden-do: era l’aprile di quello stesso anno, il pri-mo dell’era Mani Pulite. Nel cortile intern odel palazzo di giustizia, in un gabbiotto pre-fabbricato usato dalle scorte dei magistrati,Di Pietro, da poche ore affiancato da Ghe-r a rdo Colombo, interrogava Mario Chiesada alcuni giorni agli arresti domiciliari. DiP i e t ro aprì una finestrella e tutti i cro n i s t isi acquattarono sotto il muro per sentire co-sa si dicevano. Chiesa gridava: “Quel nomenon ve lo faccio, avete capito?”. Tutti sape-vano che “quel nome” era quello di BettinoCraxi, allora segretario del Partito sociali-sta, del quale si parlava come possibilecandidato alla Presidenza della Repubbli-c a
In realtà, Chiesa quel nome lo aveva fat-to e lo aveva messo per iscritto a verbale. DiP i e t ro usò il trucchetto della finestra aper-ta per far passare una notizia “depistante”.
Inizia così la prima fase dei rapporti con-t roversi tra stampa e inchiesta Mani Pulite.Dopo quattro anni si può aff e rm a re tran-quillamente che, nella maggior parte dei ca-si, i cronisti sono stati “utilizzati” e stru-m e n t a l i z z a t i .
N e l l ’ o t t o b re 1994 ebbe inizio il pro c e s s oEnimont. Nel corridoio antistante l’aula incui si svolgeva il processo, un raggiante An-tonio Di Pietro, da poche ore rientrato daun trionfale viaggio negli Stati Uniti, pre n-deva sotto braccio il cronista del TG5, An-d rea Pamparana: “Uhè, complimenti, holetto il tuo pezzo su Epoca. Hai fatto un ri-tratto sputato di ciò che avviene per davve-ro in sto’ palazzo”. Nel pezzo Pamparana fa-ceva un ritrattino in punta di penna di qual-che magagna del pool. Tra queste anche ilfatto che Di Pietro si lamentava di essere ilsolo a lavorare e a concludere le indagini.P i e rcamillo Davigo, il “dottor sottile” delg ruppo, se ne ebbe a male e fece sapere aPamparana che tirava aria di quere l a .
Il cronista del TG5 ci rimase male , anchep e rché qualche mese prima lo stesso Davi-
go sedeva a tavola con lo stesso Pamparanaquale suo ospite per il ritiro di un pre m i og i o rnalistico vinto proprio per le sue cro n a-che da palazzo di giustizia. Il cronista scris-se una lettera a Davigo per spiegare lo spi-rito di quel pezzo: un documento riserv a t oche venne pubblicato due giorni dopo sul-
Feo. E’ evidente che Di Pietro sospetta chequella notizia sia giunta al Corr i e re dellaSera filtrando dall’interno del palazzo dig i u s t i z i a .
Si è molto dibattuto in questi anni sulruolo avuto dai media, dalla televisione inp a rt i c o l a re, nel cre a re certi “miti” di ManiPulite e nel distru g g e rne altri. Resta un fat-to: tutto ciò che il cronista ha scritto a favo-re del pool era ben accetto e poteva darebuoni frutti, cioè altre notizie, piccole esclu-sive, anticipazioni. Molti giornalisti dovre b-b e ro rileggere con attenzione il testo del-l ’ i n t e rcettazione telefonica tra Antonio DiP i e t ro e il suo portavoce Elio Veltri, là dovel’ex magistrato ordina a Veltri di dare alcu-ni documenti ai giornalisti invitando a direcomunque a ciascuno che si trattava di una“esclusiva”: “Tanto ci cascano!”.
In questi quattro anni s’è visto di tutto,c o m p reso il “deposito degli atti in edicola”,come disse in una memorabile udienza delp rocesso Cusani l’avvocato Giuliano Spaz-zali. Del resto anticipare i tempi, in modoche si sappia che un magistrato vuole arre-s t a re Tizio o Caio, significa dare una notiziaaccusatoria. Aspettare, può significare chepoi si debba riferire direttamente del riget-to di una richiesta d’arresto. Un cronista hamesso a verbale, in una inchiesta su una fu-ga di notizie, di aver visto con i suoi occhi larichiesta di arresto scritta dai pubblici mi-nisteri e non ancora presentata al giudicedelle indagini preliminari. Nessuna indagi-ne è stata svolta su chi ha fatto vedere alc ronista un atto così riserv a t o .
Il difetto sta comunque nel manico. Bastal e g g e re l’articolo 200 del Codice di pro c e-dura penale. Il giornalista ha diritto al se-g reto professionale come il medico , l’avvo-cato, il sacerdote. C’è però un “tuttavia”. Lalegge recita infatti: “ Tuttavia le notizie so-no indispensabili ai fini della prova del re a-to per cui si procede e la loro veridicità puòe s s e re accertata solo attraverso l’identifica-zione della fonte delle notizie . Il giudice or-dina al giornalista di indicare la fonte dellasua inform a z i o n e ” .
Come direbbe Di Pietro, “in soldoni”, inItalia il segreto professionale giorn a l i s t i c oesiste solo se siete d’accordo con il pubbli-co ministero. Del resto questa è da semprela tradizione giuridica italiana. Nel primoEditto sulla stampa veniva riportato il lem-ma portante del Proclama dell’Editto di Al-b e rtino del 1848: “ La stampa sarà libera,
ANNO I NUMERO 2 - PAG 3 I L FOGLIO QUOTIDIANO MERCOLEDÌ 31 GENNAIO 1996
Cronache dal palazzo di Mani PuliteTR A AM B I G U I TA’ E SC O O P GU I D AT I, QU AT T R O AN N ID I GI OR N A L I S M O DI F F I C I L E
Kaputt l’altra finanza. Non resta che Cuccia LE DI M I S S I O N ID I MA Z Z O T TA D A L L A CA R I P L O. BA N C H E CAT T O L I C H ES E N Z A LE A D E R S H I P
Le 8 ore di lavoro, 8 di sonno, 8 di svago:una giornata così, prima della rivolu-
zione industriale e delle lotte operaie, esi-steva soltanto nella fantasia dei filosofi,quando immaginavano a tavolino una so-cietà perfetta e felice. Per una volta, il so-gno è diventato realtà. All'invenzione deltempo libero, e alla sua evoluzione dal1850 fino ai giorni nostri, è dedicato il de-lizioso L'avènement des loisirs, che lo sto-rico Corbin ha appena pubblicato in Fran-cia. Tredici capitoli - frutto di un lavorod'équipe, che comprende anche l'italianaGabriella Tu rnaturi - per studiare uno deitratti più caratteristici della vita moderna.
Qualche dato. Nel 1850, il tempo di la-v o ro ammontava in media a 5000 ore, parial 70% della vita trascorsa da svegli. Nel1980, chi deve lavorare per vivere passa inu fficio o in fabbrica soltanto 1650 ore: lap e rcentuale è scesa al 18%. Fino al sette-cento, i pochi fortunati che potevano di-s p o rre delle loro giornate sapevano be-nissimo come occuparle: battute di caccia,viaggi, spettacoli, chiacchiere e soggiorn ialle terme. Il tempo libero degli art i g i a n i ,degli impiegati e degli operai - rivoluzio-naria conquista ottocentesca - va inveces o rvegliato e irregimentato, perché si sache l'ozio è il padre dei vizi, primo fra tut-ti l'alcolismo.
R i f o rmatori sociali, autorità religiose ep a d roni delle fabbriche sono tutti d'accor-do: alla bottiglia, bisogna contrapporrequalcosa di molto allettante. L'idea giu-
sta nasce in Inghilterra, grazie a ThomasCook, che nel 1841 inventa il viaggio org a-nizzato, caricando su un treno 570 persone.P rezzo della gita: uno scellino. Pro g r a m-ma: pic nic e fervorino contro i danni del-l'alcol.
Comincia così la carriera del primoagente di viaggi della storia, quel Cook cheinventa il vagone letto e nel 1867 port aventimila compatrioti a visitare l'Esposi-zione Universale di Parigi. I primi turisti,alloggiati in locande costruite per l'occa-sione, vengono nutriti all'inglese, con ro a-st-beaf e pudding. Proprio come oggi: gliitaliani che vanno alle Maldive sono cert idi tro v a re un cuoco bravo a fare gli spa-ghetti. La neonata industria del divert i-mento conduce i cittadini alla scopert adella natura. Corbin aveva già dedicato unl i b ro (L'invenzione del mare, Marsilio1990) al mare e alle spiagge, consideratiinospitali e pericolosi fino al settecento, eche invece nell'ottocento si trasformano inluoghi dove ritro v a re benessere e salute.
Più o meno nella stessa epoca si comin-ciano a scalare le montagne (prima, i rariescursionisti erano considerati pazzi dar i n c h i u d e re). Ci si diverte anche in città,naturalmente. Tra otto e novecento, Parigisi impone come capitale dei piaceri:"quando Dio si annoia, apre la finestra eg u a rda i viali parigini". Guide specializza-te segnalano i ristoranti, le sale da ballo, ic a ffè alla moda e perfino le migliori casedi tolleranza.
Francesi e inglesi aprono la strada. E lea l t re nazioni prontamente si adeguano.C a ffè concerto, teatro di varietà e cinemasono gli svaghi degli italiani, dal 1870 finoal 1915. L'altra grande attrazione nostranaerano i processi, che offrivano il brividodel sesso e della violenza senza rischi per-sonali e senza censure (proprio come ac-cade oggi in televisione)
Un capitolo è dedicato alla fatica, e aglii n n u m e revoli studi scientifici pubblicatinell'ottocento su questo tema, perché iltempo libero serve a divertirsi, ma anchea ritemprare le forze. Un altro alla pesca,al bricolage e al giardinaggio: prima, chizappava la terra lo faceva per mangiare ,non per svagarsi. Il dibattito sui divert i-menti morali e immorali riappare con glianni. Con qualche sorpresa. Alla finedell'800, in Francia, tra i divertimenti dav i e t a re alla gioventù c'era la lettura. I ro-manzi popolari sono un veleno – si dice –p e rfino peggiore dell'alcol.
LIBRIAlain Corbin
L’AVÈNEMENT DES LOISIRS436 pp.Aubier F.F.250
l ’ E s p re s s o .Un altro giornalista molto popolare a pa-
lazzo di giustizia, il corrispondente del Mat-tino di Napoli, Frank Cimini, scrisse in al-cuni articoli che la Procura mostrava di nona v e re part i c o l a re interesse a indagare sullevicende della Fiat, soprattutto dopo il me-moriale presentato a Di Pietro dall’ammi-n i s t r a t o re delegato Cesare Romiti. Fu que-relato e tuttora è pendente una causa civile.
Il più recente caso di frizione tra pro c u r ae cronisti è però quello, per certi versi cla-m o roso, della denuncia presentata lo scor-so novembre da Antonio Di Pietro ai magi-strati di Brescia, in relazione alla fuga di no-tizie sull’iscrizione al re g i s t ro degli indaga-ti e dell’avviso di garanzia a Silvio Berlu-sconi. L’ex magistrato simbolo di Mani Puli-te ha chiesto ai colleghi bresciani di con-t ro l l a re i tabulati telefonici del dire t t o redel Corr i e re della Sera, Paolo Mieli, e deig i o rnalisti Goff redo Buccini e Gianluca De
LETTERADALONDRA