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    Quaderni del Dipartimento di Linguistica - Universit di Firenze 14 (2004): 191-209

    VASIL I J ROZANOV E LA PROSA RUSSA DEL XX SECOLO.

    CONSIDERAZIONI SU ACCETTAZIONE E RIF IUTO

    DELLA CULTURA RINASCIMENTALE I TALIANA*

    Stefania PAVAN

    La figura, di uomo e di letterato di Vasilij Vasilevi Rozanov ha ultimamenteattirato in modo crescente lattenzione degli studiosi e di chi si interessa di culturarussa. Stefano Garzonio ne ha parlato come della figura che rappresenta lapproc-cio alla cultura russa come ad una cultura della contraddizione, dei contrasti chetrovano, ma non necessariamente, un punto di incontro. Garzonio lo collega aglistudi lotmaniani sulla cultura russa, ai momenti che Jurij Lotman ha definito vzryvy i

    puki [esplosioni e fasci]. (Garzonio 1999; Lotman 1992).Rozanov va visto nel contesto del fenomeno del russkoe duchovnoe vozrode-

    nie [rinascita spirituale russa], dove allaggettivo duchovnoe si trovano spesso ag-

    giunti, ad ulteriore precisazione,filosofsko-religioznoe [filosofica e religiosa]; fe-nomeno tra i pi complessi e sfaccettati della cultura russa che, non a caso, si ve-rificato al passaggio tra due secoli, rispettivamente il XIX e il XX. In realt, il fe-nomeno si deve far iniziare dagli anni Settanta del XIX secolo, quando VladimirSolovev scrisse della pacificazione religiosa tra Oriente e Occidente, come dellamissione storica della Russia, nel trattato Krizis zapadnoj filosofii protiv pozitivi-

    zma [Crisi della filosofia occidentale contro il positivismo] e soprattutto nella mo-nografia Sofiologija [Sofiologia]. Solovev afferma che il destino dellumanit determinato da tre forze: la civilt europea, la civilt orientale e il mondo slavo. Lacivilt europea esalta il mondo delluomo; la civilt orientale, al contrario, ilmondo divino; solamente il mondo slavo, etimologicamente ortodosso, in gradodi superare queste scorrette supremazie e insufficienze. In tal senso, Solovev, ri-

    chiamando le famose affermazioni dostoevskiane sulluniversalismo delluomorusso e sulla bellezza che salver il mondo, sottolinea limpossibilit di separare ilbello dal bene e dalla verit, poich esso lunica concretizzazione formale dellealtre due categorie immediatamente accessibile alla mente umana. Lidea diSolovev rimasta vitale e fruttuosa nel primo decennio del Novecento, soprat-

    * Questo saggio il risultato dellintervento al convegno internazionale di studi Rinascimento e

    antirinascimento. Firenze nella cultura russa fra Otto e Novecento, tenutosi a Firenze nei giorni 11-13 dicembre 2003.

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    tutto con il movimento denominato Vechovstvo che augurava una rinascita spiri-tuale dellintelligencija russa [duchovnoe vozrodenie russkoj intelligencii]. IlVechovstvo si opponeva al predominio del populismo e del marxismo, in nome delrecupero della vera filosofia da aadaev a Solovev, con unattenzione partico-lare anche al sistema di pensiero tolstoiano; a questa vera filosofia si attribuiva ladenominazione di idealismo concreto. Uno dei maggiori esponenti fu NikolajBerdjaev, con la sua antropodicea: la giustificazione delluomo nella creazione etramite la creazione. La creazione, in tal senso, avrebbe dato vita a un mondo par-ticolare, rendendo luomo simile a una divinit creatrice e mettendo luomo russo,in particolare, davanti allinevitabilit di grandi sconvolgimenti, poich ogni crea-zione promana dalla libert e dalla lotta contro il male. Nel 1946, a Parigi,Berdjaev pubblicaRusskaja ideja [Lidea russa], ispirato dallarticolo omonimo diVjaeslav Ivanov del 1908, dove svolge la tesi della contradditoriet dellanimarussa: liniziale paganesimo dionisiaco convive con lortodossia ascetico-monasti-ca. I due principi, in ovvia e perenne lotta tra loro, hanno originato una particolarecoscienza creativo-religiosa, che appunto la sostanza dellanima russa e che haraccolto in s tutte le pi svariate tendenze di pensiero: i massoni, i decabristi, glislavofili, gli occidentalisti, gli anarchici e i marxisti. Interessante che Berdjaevcolleghi questa assenza di confini precisi delluomo russo anche allenorme esten-sione del paese, allimpossibilt di abbracciarne con la mente lintera spazialit. Ilconcetto di idea russa costituisce il fondamento della russit.

    A questo passaggio si pu senza dubbio attribuire la definizione di vzryv, se

    abbiamo presente Lotman, oppure lomka [frattura], se abbiamo invece presenteBerdjaev. In un caso e nellaltro, questa esplosione, ovvero frattura culturale stata seguita da una rivoluzione concreta, reale, con sangue, morte e conseguenzenefaste per la cultura stessa.

    Il tentativo, lesigenza costante di una continua ridefinizione del canone dellarussit, ha evidenziato il carattere paradossale e marginale della cultura russa,la sua posizione di confine e eccentricit, cito Garzonio; si potrebbe senzaltroparlare di un costante tentativo di conciliare forze centripete con forze centrifughe,che ha prodotto una situazione di tensione altrettanto costante. Rozanov incarnaperfettamente, e come uomo e come scrittore, questa costanza di tensione, nontanto di conciliazione degli opposti, quanto di diritto delluomo a collocarsi ora adun estremo ed ora allaltro del segmento che gli opposti li separa. Questo specifico

    rozanoviano rende inoltre estremamente complesso definire i confini della sua sto-ria mentale e spirituale; altro, come ovvio sia, accade con la sua storia umana.Questultima rintracciabile, i fatti sono collocabili nel tempo e nello spazio, an-che se i momenti esplosivi sono in essa strettamente e intenzionalmente collegatie, direi anche, provocati dalla storia altra.

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    Rozanov rivendica il diritto a non fare una scelta definitiva, giustificato daquella che egli ha definito, nella prima delle tre autobiografie che ci ha lasciato1:ideja ob estestvennych celjach eloveeskoj izni [idea degli scopi naturali dellavita delluomo].

    Lidea della felicit come principio supremo della vita delluomo , in verit, incontro-vertibile, ma essa unidea escogitata, creata dalluomo, non scoperta; si tratta solamentedella sintesi ultima degli scopi, che luomo si posto nella storia, e non dello scopo di cuila natura lo ha investito. (Rozanov 1990: 690).

    Gi questa affermazione pone Rozanov in uno spazio distante rispetto a quello

    delluomo rinascimentale, o che comunque informa del canone rinascimentale sestesso e la propria esistenza. La ricerca della felicit come principio supremodellesistenza incontrovertibile, ma artificiosamente ideata dalluomo; lultimageneralizzazione, la sintesi, di quegli scopi che luomo pone a se stesso, ma non lo scopo che la natura ha posto alluomo.

    Queste parole di Rozanov sono, forse, le uniche che egli non ha pi contrad-detto, perch condensano e giustificano quelle che da quel momento in poi, cheRozanov colloca intorno ai primi anni Novanta2, sono state le sue posizioni neiconfronti della definizione di: fede, religione e Stato.

    Ma se cos , proprio da ci deriva anche la sofferenza, provocata da questa idea: essa noncoincide o, pi esattamente, soffoca se stessa, finisce per sopraffare alcuni scopi naturali,insiti nella natura delluomo che, a differenza di quelli artificiosi, ne costituiscono lo

    scopo. Questultimo non lo si pu inventare oppure escogitare, bens soltanto scoprire, escoprirlo possibile, rivelando la natura delluomo e cos via.Considero questo pensiero il punto di svolta del mio sviluppo. In seguito al grado di raffi-natezza, che ho ottenuto con la costante riflessione sullidea di felicit, una volta sorta inme lidea degli scopi naturali della vita delluomo, mi sono messo a cercarli e ben presto liho trovati, e con essi anche i concetti di Stato, morale e similari ben presto sono mutati; eramutato il punto di vista, e ho iniziato a vedere tutto sotto una nuova luce e in una nuova di-sposizione. (Rozanov 1990: 690).

    Gli scopi naturali sono per Rozanov un qualcosa che fa parte delluomo, chegli stato assegnato, dai quali egli non si pu esimere; aver compreso ci stato

    1 V. V. Rozanov scrisse questa autobiografia su richiesta dello studioso di storia della filosofia

    N. Ja. Kolubovskij, perch fosse pubblicata nellnciklopedieskij slovardi Brokgauz e Efron, nonoltre il 20 febbraio 1890. Essa venne, quindi, pubblicata da S. F. arapov nel quotidiano Russkij trud,42, 16 ottobre 1899, pp. 24-27, con il titolo Avtobiografija V. V. Rozanova. Pismo V. V. Rozanovak Ja. N. Kolubovskomu[Autobiografia di V. V. Rozanov. Lettera di V. V. Rozanov a Ja. K. Kolu-bovskij].

    2 Nel 1892, nei nn. 14 e 15 della rivista Voprosy filosofii i psichologii, apparve il saggioCeleloveeskoj izni [Lo scopo della vita delluomo]; nel numero di dicembre del 1895 della ri-vistaRusskaja mysl, nellelenco dei manoscritti non accettati dalla redazione, compare Issledovanieidei sastja kak idei verchovnogo naala eloveeskoj izni [Analisi dellidea di felicit, come ideadel principio supremo della vita delluomo].

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    per lui il punto di perfezione, raggiunto per mezzo dellavere cos a lungo, ma inprecedenza, riflettuto su come raggiungere la felicit, dellavere erroneamente cre-duto che la ricerca della felicit fosse lo scopo delluomo. Questo lungo riflettere,inoltre, lo ha costretto e indotto ad unanalisi, volta a scoprire e comprendere qualesia la natura delluomo.

    Il Rozanov che, prima di questo punto di svolta, aveva letto e apprezzato leEsperienze di McCauley, le opere di A. Thierry, le Ricerce di J. S. Mill, laMine-ralogia di Naumann, le opere di Dobroljubov e Pisarev, quelle di Machiavelli e diLassalle, sente adesso la necessit di scrivere, di comunicare agli altri quanto egliha compreso, fornendo lintero percorso che ha portato alla comprensione e nonsolamente la conclusione. Rozanov disvela se stesso e sente parlare di alcuneConfessioni di un certo conte Tosltoj; questo conte per, si badi bene, era stormentato da quella stessa idea di felicit che tanto a lungo aveva tormentato lui,Rozanov; ma senza riuscire, come invece ha fatto lui, a risolvere questo tormento.

    La narrazione del s, questa forma nuova, perch si oppone, distruggendola difatto, alla tradizione del grande romanzo russo dellOttocento il lascito pi im-portante di Rozanov nella letteratura russa; lascito che lo pone, altrettanto di fatto,a capostipite di una diversa forma narrativa, che da subito realizzer se stessa negliscrittori che vengono dopo di lui (Remizov, Zamjatin, Vaginov) e che attiralattenzione di un critico come Viktor klovskij, il quale sottolinea il sostanzialecarattere di ossimoro che sta alla base del pensiero rozanoviano e, quindi, dellesue opere. Egli parla, per Rozanov, di opere vergognosamente intime e, nel col-

    legare questa intimit allespressione dellanima dello scrittore, definisce questaanima niente altro che la struttura, la forma [dellopera]; al contempo, vengono abuon diritto inseriti, come temi letterari, temi domestici, della quotidianit, ri-prendendo quanto gi aveva fatto la Tatjana dellEvgenij Onegin. Questultimanotazione spiega laffermazione per cui il fatto biografico viene innalzato al livel-lo di fatto stilistico. La necessit, o per meglio dire la scelta, di introdurrenellopera un elevato numero di temi fattuali porta alla naturale conseguenza di di-struggere lintreccio, caratteristica di cui la letteratura russa debitrice soprattuttoa Lawrence Sterne, che era gi presente, ma che Rozanov ha portato ai limitiestremi. Allassenza di motivazioni che costruiscano lintreccio si sopperisce conla presenza costante dello scrittore-autore-attore, che pesca i temi e persino i sin-goli motivi ovunque: nella vita propria e degli amici, nelle lettere, sui giornali e

    nelle riviste, nella letteratura colta e da strada. Soprattutto, klovskij rileva comeRozanov faccia tutto questo in un momento in cui la tradizione letteraria prece-dente ancora molto forte.

    klovskij inserisce Rozanov in una idea della storia della letteratura come ri-voluzionaria, nel cui procedere ogni nuova scuola assume le caratteristiche di unarivoluzione che, a sua volta, trae le proprie origini dagli strati pi bassi della lette-ratura stessa, in quelli che si soliti considerare i generi minori.

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    Dostoevskij eleva a norma letteraria gli espedienti del romanzo dappendice. Ogni nuovascuola letteraria una rivoluzione, un qualcosa di simile allapparizione di una nuovaclasse. (klovskij 1921: 7).

    Il cenno a Dostoevskij intenzionale, poich i legami di Rozanov conDostoevskij sono stati dichiarati e plateali, e gi questo basterebbe per inserirlo inuna linea se non antirinascimentale, certamente che dal Rinascimento e dallUma-nesimo molto distante. Il sottolineare klovskiano di una storia letteraria fratta,frammentata si accompagna ad un sottolineare di segno contrario: la scuola supe-rata non muore, resta vitale e vigile, pronta a riprendere il predominio; la nuova

    scuola dominante ingloba in s sia i propri tratti distintivi gi esistenti, sia i trattidelle altre giovani scuole, sia quelli della scuola test superata, questi ultimi in unruolo secondario, di servizio.

    Certo, klovskij nel 1921 scrive tutto questo avendo presente soprattutto laforma, i rapporti dei materiali, ma non pu sfuggire una parentela, un eco, con glistudi lotmaniani e il loro porre laccento su vzryv e puok (Garzonio 1999: 25).Ogni epoca rappresenta un fascio di tendenze culturali diverse, di regola in contra-sto tra loro e non coincidenti. Allinterno una , di norma, la prevalente, tende adominare lepoca nella sua interezza, ma questo non significa che le altre nonsiano presenti e che non richiedano a loro volta unattenta lettura. Gli intrecci op-positivi non sono solamente binari, ma ben pi complessi.

    Pi ampia appare quindi la visione lotmaniana, che tende ad abbracciare unastoria della cultura piuttosto che della letteratura, che d alla storia un peso benmaggiore, ma innegabile il legame da zio a nipote.

    Altrettanto innegabile, il vicinato tra la literaturnaja revoljucija [ rivoluzioneletteraria] klovskiana, lo vzryv culturale di Lotman e i lomki di Berdjaev, ovverole fratture tra i diversi paradigmi culturali che dovrebbero fornire gli strumenti peruna periodizzazione storica.

    Infine, va anche ricordato come il periodo tra la fine del XIX secolo e liniziodel XX, durante il quale Rozanov ha vissuto e scritto, viene ormai definitoRusskijkulturnyj renessans [Rinascimento culturale russo], con un chiaro rimando alfilo-

    sofsko-religioznoe vozrodenie.Curioso lutilizzo dei termini renessans e vozrodenie, senza che esso impli-

    chi un necessario vicinato con ilRinascimento italiano; anzi, esso ha segnato un ri-fiorire, un acuirsi del problema della specificit nazionale della cultura, della sua

    russit, della sua rapportabilit alle altre diverse culture [Garzonio]. Va da s, cheil problema della rapportabilit della cultura russa alle altre non va inteso solo insenso spaziale, se non addirittura geografico, bens anche in senso temporale, piche semplicemente storico.

    Vasilij Vasilevi Rozanov sembrato incarnare, rendere concreto e visibile,nella propria fisicit, nel comportamento, negli scritti e nelle idee, il fenomeno del

    puok, del fascio di elementi compresenti, ma pur sempre dichiaratamente contra-stanti. Nessun vero tentativo di conciliare linconciliabile, bens lagire alternativo

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    di tendenze e convinzioni oppositive. Va, infatti, sottolineato che in Rozanov oraagisce una tendenza, ora unaltra,ora predomina luna ora laltra, esse coesistonoma non in modo simultaneo, la compresenza si realizza solo per il tramite dellaloro esistenza in un unico individuo.

    Rozanov non esclude nulla, tutto rileva come esistente e tutto accetta, in uninsieme complesso che esclude di fatto qualunque sintesi. In altre parole, esso tutto in Rozanov, che lo percorre tutto, cerca di chiarirlo agli altri e a s, che si ap-propria di tutto, niente escluso. A che scopo? Come egli ha lasciato scritto: com-prendere la natura delluomo, ci che gli viene assegnato in sorte. A ci va legataanche quella forma confessoria, quellanalisi disordinata, quel susseguirsi di pen-sieri slegati che si rincorrono lun laltro, quella distruzione del canone letterario,che tanto ha interessato e interessa la critica, che pi di qualunque aspetto della suapersonalit di uomo stato oggetto di dialogo con i prosatori che sono venuti dopodi lui.

    La centralit della sua figura giustifica e il costante autobiografismo rozano-viano e il fatto che egli stesso, Vasilij Vasilevi Rozanov, sia diventato un perso-naggio letterario. Rozanov stesso, in Opavie listja [Foglie cadute] ha scritto:

    Dopo la pubblicazione di Solitaria [Uedinennoe], si stabilizzata definitivamente la tesiche io sia Peredonov, o Smerdjakov.Merci. (Rozanov 1913: 359).

    Peredonov personaggio del Melkij bes [Il demone meschino] di Sologub,pubblicato nel 1907; Smerdjakov personaggio deiBratja Karamazovy [I fratelli

    Karamazov] di Dostoevskij, pubblicato nel 1878-1880; Rozanov, dunque, nel1913 per la Prima cesta [Korob pervyi] e nel 1915 per la Seconda cesta[Korob vtoroj], anni di pubblicazione di Opavie listja, ringrazia per esserestato accostato a due tra i personaggi pi abietti e meschini della letteratura russa. Isuoi ringraziamenti avrebbero potuto essere ben pi estesi: Vladimir Solovevnellarticolo Porfirij Golovlev o svobode i vere (Po povodu stati V. RozanovaSvoboda i vera) [Porfirij Golovlev parla di libert e fede (A proposito dellarti-colo di V. Rozanov La libert e la fede] del 1894, lo definisce Porfirij Golovlev,ovvero il piccolo Giuda; Merekovskij, nel saggioRevoljucija i religija [Rivolu-zione e religione] del 1907, lo definisce una mescolanza tra lAkakij Akakievigogoliano e il Grande Inquisitore dostoevskiano; A. K. Zakrevskij nel 1912, nellibroKaramazovina [Karamazovismo], lo accosta a Fedor Pavlovi Karamazov;

    uguale parallelo stato tratteggiato da Berdjaev nel1923 in MirosozercanieDostoevskogo [La concezione del mondo di Dostoevskij]; palese come tutti i pa-

    ralleli siano con personaggi letterari non positivi, i cui tratti salienti vannodallabiezione alla lussuria, dalla meschinit allavidit. Il parallelo pi benevolo quello, parziale, di Merekovskij, che gli attribuisce qualcosa del Grande Inquisi-tore, ma, forse, questo giudizio merekovskiano era viziato dal pi che famoso te-sto rozanovianoLegenda o Velikom inkvizitore F. M. Dostoevskogo. Opyt krities-kogo kommentarija [La leggenda del Grande Inquisitore di F. M. Dostoevskij. Un

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    tentativo di commento critico], pubblicato a San Pietroburgo nel 1894 e che nel1906 ebbe la sua terza edizione.

    Quanto a s, Rozanov ha forse scelto quale modello pi prossimo a quelloideale il principe Mykin, lIdiota dostoevskiano, lantitesi dellintelligent. SololIdiota, lestraneo (Strada 1986), in grado di oltrepassare il limite, di valicareagevolmente ogni confine prestabilito e accettato.

    Lintelligenza di Mykin una intelligenza non euclidea; una intelligenzache non pretende di trovare tutte le risposte secondo una linea logica di ragiona-mento; una intelligenza che sa, senza alcuna spiegazione logica, che il mondo non stato creato idoneo a concepire soltanto uno spazio a tre dimensioni. In conse-guenza a ci, questa intelligenza sa che non vero che una cosa deriva dallaltra inlinea retta; che non vero che tutto scorre via e viene a controbilanciarsi.

    Ma ecco, tuttavia, che cosa occorre rilevare: posto che Dio esista, e che abbia realmentecreato la terra, questa, come tutti sappiamo, stata creata secondo la geometria euclidea, elintelletto umano stato creato idoneo a concepire soltanto uno spazio a tre dimensioni.Vi sono stati, invece, e vi sono anche ora, geometri e filosofi, e anzi fra i pi grandi, i qualidubitano che tutta la natura, o pi ampiamente, tutto luniverso, sia stato creato secondo lageometria euclidea, e savventurano persino a supporre che due linee parallele, che secon-do Euclide non possono a nessun patto incontrarsi sulla terra, potrebbero anche incontrarsi

    prima o poi nellinfinito. E cos, cuore mio, io ho tratta la conclusione che, se nemmenoquesto mi riesce intelleggibile, come potrei mai innalzarmi al concetto di Dio? Umilmentericonosco che in me non c nessuna capacit di risolvere problemi simili: in me c una

    mente euclidea, terrestre, e come potrei pretendere di ragionare su ci che non di questomondo? (Dostoevskij 1964: 301).

    Se da un lato possibile leggere sullo sfondo delle parole dellIvan Karama-zov dostoevskiano la ripulsa e la contemporanea accettazione del male della prosarussa di oggi; se da un lato non possibile non ricordare i saggi non euclidei cheEvgenij Zamjatin ha scritto nel primo quarto del Novecento, quando ha creatoanche il primo vero romanzo antiutopico della letteratura russa3; dallaltro altret-tanto chiara la distanza che separa una simile linea di pensiero culturale dal so-stanziale antropocentrismo del Rinascimento italiano. Anticipando le considera-zioni sulla prosa russa di questi giorni, si potrebbe anche sottolineare come la pub-blicazione dellantiutopia di Zamjatin abbia, quasi un secolo orsono, evidenziato latrasformazione del sogno utopico in un incubo senza scampo. Se lepos il prolo-

    go di una storia romanzesca dellumanit, se il romanzo ne la narrazione, nonlutopia stata n sar mai di questa megastoria lepilogo, bens lantiutopia.(Strada 1988: 160-161). Ma la considerazione da farsi, oggi, unaltra: oggi nep-pure lantiutopia sembra pi esistere; lelemento propriamente romanzesco della

    3 Cfr. E. I. Zamjatin,My [Noi], scritto, secondo quello che lo scrittore stesso afferma nellAvto-biografija [Autobiografia], nel 1920, venne pubblicato in russo nel 1927.

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    dissonanza e della resistenza non sovverte la prefigurata partita a scacchi, di cuiscriveva Thomas More nel 1615, con un estremo gesto aleatorio di ribellione.

    Nessun altro scrittore ha avuto cos tante identificazioni letterarie, quantoRozanov; quasi la sua biografia fosse un paradigma di esistenza progettata e co-struita in modo da poter essere identificata con paradigmi di esistenze fittizie e fittive.

    Il trasferimento attivo di un personaggio letterario nella vita un fenomeno ti-picamente russo; i personaggi letterari hanno generato una folla di seguaci. (Erofeev2000).

    Esiste, per, laltro aspetto del fenomeno: come Giano, anche Rozanov ha duevolti, se da un lato sembra agevole identificarlo con un personaggio della letteratu-ra, identificare in quale personaggio letterario egli abbia trasferito se stesso,dallaltro la biografia umana di Rozanov lo ha reso pi volte prototipo di perso-naggi letterari. Lo Stratilatov del raccontoNeuemnyj buben [Il tamburello inconte-nibile] di Remizov, ancora nel 1909, chiaramente modellato su Rozanov;Venedikt Erofeev nel 1973 scrive il racconto Vasilij Rozanov. Glazami kcentrika[Vasilij Rozanov. Con gli occhi di un eccentrico], dove lio narrante, creato daErofeev, sembra essere un Rozanov proiettato nella realt storica e sociale deiprimi anni Settanta a Mosca. Per altro, a voler ricordare che il poma Moskva Petuki [Mosca-Petuki] del 1969, lattenzione che Venedikt Erofeev regala aRozanov serve a leggere in unottica ben precisa il Venika delpoma, specchiodeformato e deformante del suo autore e, quindi, di Rozanov, Remizov, Sologub,Saltykov-edrin, Gogol, Dostoevskij, nonch di Stratilatov, Peredonov,

    Ijuduka, Akakij Akakievi, il Grande Inquisitore, Fedor Karamazov e, quindi e inultima analisi, anche della tradizione dellojurodstvo nella letteratura russa.Venedikt Erofeev attribuisce al personaggio, che anche lio narrante di

    Moskva Petuki, il suo nome: Venedikt, Venika; la confusione tra perso-naggio, narratore, autore e scrittore sembra autorizzata; il modello rozanoviano discrittura chiaro. Venika-personaggio costruisce il testo sulla narrazione dellesue esperienze personali, che sono a loro volta facilmente riconducibili allauto-biografia di Venedikt Erofeev-scrittore. A loro volta, sia il primo che il secondo,modellano la propria esistenza, fittiva per il primo e reale per il secondo, su moltitratti caratteristici e dellojurodivyj e del udak; questa modellizzazione non , peraltro, diretta, bens mediata e complicata dai passaggi intermedi: Rozanov; il prin-cipe Mykin, sfaccettato dalla compresenza di altri personaggi letterari come si

    appena visto; Dostoevskij; per approdare al

    udak, allo stolto, e allojurodivyj, alsanto folle.Questa linea riporta anche a un altro prosatore russo della seconda met del

    XX secolo: Andrej Sinjavskij. Sinjavskij pubblica nel 1982 a Parigi Opavielistja V. V. Rozanova [Le Foglie cadute di V. V. Rozanov]; nel 1990, sempre aParigi, Ivan durak [Ivan lo scemo]; le due monografie sono il risultato di corsiuniversitari. Nella prima il debito a Rozanov e linteresse principalmente verso laforma rozanoviana di scrittura sono dichiarati; nella seconda, Sinjavskij ripercorre

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    la storia diIvan lo scemo sia come figura letteraria, sia come possibile modello diriferimento per fenomeni concreti, basti pensare alla lunga disamina della settadegli Skopcy [I castrati], che, guarda caso, ritroviamo anche nelle pagine dellIdio-ta dostoevskiano. Nel saggio su Andrej Sinjavskij, Georges Nivat parla di artecome espressione di se stesso e di causa endogena per la creazione dellalterego Abram Terc, poich si tratta di scrittore proprio nella sua funzione di scritto-re. Innegabile che tale caratteristica si accentua, si definisce in modo stabile dopolemigrazione coatta a Parigi nel 1973, quando Andrej Sinjavskij assume definiti-vamente per il proprio io di prosatore il ruolo dello stolto dissacratore,dellArlecchino investito del sacro mistero della derisione. Scrive Nivat:

    Non a caso Sinjavskij, appena diventato professore alla Sorbona, scrisse un libro suRozanov. Infatti Rozanov, che celebrava la morte della letteratura cinquantanni prima chequesta espressione facesse furore in Francia, si era rivelato scrittore inventando lostenta-zione dellintimo: un antigenere in cui il frammento diventa la norma, lanacoluto il tropo

    pi frequente, in cui il capriccio e lumore mutevole mettono a nudo (o sembra che metta-no a nudo) linteriorit delluomo che scrive. (Nivat 1991: 827).

    Andando oltre, Andrej Sinjavskij e Venedikt Erofeev vedono in Rozanov sialo scrittore che gi allinizio del 1900 aveva parlato di morte della letteratura, didissoluzione del canone narrativo, sia luomo che aveva coscientemente scelto unmodello di comportamento basso e svilito. Rozanov sembra, quindi, essere in que-sto caso una personificazione della confluenza dello jurodivyj con il udak,

    espressa mediante un volontario comportamento che ne sottolinea lestraneit,lidiozia. Possiamo parlare di un anticomportamento, che si ritrova anche in formamarcata nella prosa russa degli Ottanta e Novanta del XX secolo, come vedremopi avanti.

    I due i fenomeni appena indicati: il trasferire un personaggio letterarionellesistenza reale come modello di riferimento; lessere un modello reale parti-colarmente atto a trasformarsi in personaggio letterario; sono in Rozanov dueaspetti della coesistenza di opposti che lo ha caratterizzato.

    Se il primo atteggiamento riconducibile al carattere di testimonianza, diguida ideologica, di appassionata volont di comprensione del destino delluomo edei suoi fini ultimi, che stata indubitabilmente propria alla letteratura russadellOttocento; il secondo pi nuovo e dissacrante, se realizzato come il caparbioatto di volont rozanoviano. Porre a modello letterario un uomo tanto insignifi-cante, meschino allapparenza, anche volgare come il s di Rozanov, significaanche prendere le distanze, rifiutare il carattere soteriologico abitualmente attribui-to alla letteratura russa, troncare in modo netto con lanelito di salvare luomo elumanit; significa scrivere in una situazione di assoluta libert, svincolati daqualsivoglia compito di testimonianza o insegnamento, senza per questo sposarelidea dellarte per larte.

    A ci, va collegato il dissacrante autobiografismo delle opere di Rozanov, ilsuo costante porre le questioni, condurre la narrazione (se mai di narrazione si pu

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    parlare) dal punto di vista del s. Non per questo i suoi libri possono essere definitiveri e propri documenti; non vogliono essere scritture autorevoli, n attestati, noggetti utilizzabili a fini di consultazione e di ricerca; sono testi in fieri, basati sulvissuto e dichiarati tali, che hanno inghiottito il loro autore, che coinvolgono almassimo il lettore in questo loro svilupparsi e progredire davanti ai suoi occhi eche, appunto per questo, tendono a inghiottire anche il lettore.

    Il coinvolgimento, razionale e irrazionale, sul piano filosofico e sul pianoestetico, determinato dalla novit del genere e della forma, dallillusione dibesformennost[assenza di forma] e di trovarsi quindi vne literatury [fuori dellaletteratura]. Lautobiografismo rozanoviano una questione di stile piuttosto chedi fatti; anche se Rozanov sembra scrivere per s e non per il lettore, rifiutarelesistenza del lettore a sua volta un atto stilistico che equivale a rifiutare lospettatore, il testimone e a poter scrivere in tutta libert.

    Non sembra possibile parlare di un netto antirinascimento rozanoviano; certoche la sua non neanche unappartenenza al canone dellumanesimo rinascimen-tale, arduo inserirvelo; come gi sottolineato, alcune sue caratteristiche sembre-rebbero giustificare ora luna ora laltra appartenenza, ma non si pu non rilevarela netta dominanza di elementi del tutto estranei, se non contrari, alla tradizionedella cultura rinascimentale. Per altro, difficile, se non addirittura impossibile,trasferire ipso facto il canone rinascimentale, secondo la nostra tradizione, nellacultura russa.

    Appare, invece, innegabile che Rozanov si inserisce alla perfezione nella

    frattura che il passaggio dal XIX al XX secolo ha prodotto nella cultura russa, ne addirittura uno degli alfieri. Amico di Pavel Florenskij, intrattiene rapporti stretticon tutti i simbolisti, di lui scrivono anche Berdjaev, Zinaida Gippius, DmitrijMerekovskij. Alcuni anni dopo, persino Mandeltam esprime un giudizio lusin-ghiero sul modo libero da ogni preconcetto, anarchico, con cui Rozanov si ri-volge a fatti e persone e sullattenzione maniacale che egli rivolge al ruolo dellaparola (Mandeltam 1987). Se la grande prosa letteraria dellOttocento aveva vo-luto insegnare alluomo a restare uomo in ogni condizione e situazione, Rozanov eil secolo dargento sembrano voler indicare che lostinata speranza nelle grandipossibilit delluomo insensata, che luomo anche un essere meschino, depra-vato, funambolico, che accoglie in s sia il male che il bene o, per meglio dire, siail brutto che il bello.

    Subito dopo la rivoluzione, in Apokalipsis naego vremeni [LApocalisse delnostro tempo], Rozanov legge la grande frattura storica come un fatto negativo, fo-riero di morte e distruzione; stupisce quella che, con il senno di poi, possibile de-finire una profezia circa un possibile egemone europeo e il lupo tedesco grossoe cattivo che non risparmier nessun paese europeo, perch grande il suo appe-tito. Soprattutto, egli indica una distruzione dellarte, il sipario calato, la tradi-zione di testimonianza della prosa russa non ha pi spazio per esistere. Gi in pre-cedenza, nel 1914, Rozanov aveva pubblicato il saggio Apokaliptieskaja sekta.

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    Chlisty i skopcy [Una setta apocalittica. I flagellanti e i castrati], il che crea un ul-teriore legame diretto con Sinjavskij. Curioso che anche il personaggio diLebedev, in Idiot, parli spesso del libro dellApocalisse, citandolo; per altro,Lebedev si definisce forte nellinterpretazione dellApocalisse, nel cui com-mento impegnato da quindici anni. La setta dei chlisty stata, inoltre, modelloper la setta dei colombi nel romanzo di Andrej Belyj Serebrjanyj golub[Il colom-bo dargento] del 1909; le sette religiose e i loro rituali si ritrovano anche nellulti-ma opera della trilogia storiosofica di Dmitrij Merekovskij Antichrist: Ptr i

    Aleksej [LAnticristo. Pietro e Alessio] del 1905.Questa posizione, apparentemente nichilista, ritroviamo nel romanzo di K.

    VaginovKozlinaja pesn[Il canto del capro] dieci anni dopo, nel 1928. Si tratta diun testo a chiave, dove non difficile rintracciare le persone reali di M. M.Bachtin e di coloro che formavano la sua cerchia a Leningrado, il cosiddetto terzocircolo di Bachtin, tra i quali: Maria Judina, Lev Pumpjanskij, Vladimir Voloi-nov, Pavel Medvedev, Ivan Sollertinskij, nonch Nikolaj Kljuev, Daniil Charms elo stesso Konstantin Vaginov.

    Ancora inApokalipsis naego vremeni, Rozanov parla di Michelangelo e Leo-nardo da Vinci come veri costruttori in quanto veri sognatori, preda di unsogno destinato a restare tale e in grado di regalare quellansia di creazione e, so-prattutto, quella certezza di una meta sempre agognata e mai raggiunta, che costi-tuiscono il lascito pi importante e pi trascurato dellumanesimo. La convinzionedella perfezione, dellinsegnamento geometrico, della capacit umana di costruire

    lopera perfetta, assieme a tutte le opere concrete che a questa convinzione si pos-sono ascrivere, sono, per Rozanov, di fatto la negazione del vero umanesimo e ilsilenzio della vera arte.

    Non casuale che nel 1917 Rozanov si sia trasferito da Pietroburgo a SergievPosad, diventando intimo di Pavel Florenskij. Linflusso e il fascino, esercitati suFlorenskij dagli studi sulla geometria non euclidea che Nikolaj Lobaevskij avevainiziato ancora nel 1817, sono presenti in quasi tutti i suoi scritti, sino alla dichia-razione palese contenuta nel titolo del saggio del 1922Mnimosti v geometrii [Gliimmaginari in geometria]. Inoltre, ancora nel 1914, quando pubblica il trattatoStolp i utverdenie istiny [La colonna e il fondamento della verit], risultato dellasua tesi di dottorato in teologia, Florenskij si era focalizzato nella definizione diistina [verit] e della contradditoriet in essa insita: istina espressa dallinsieme

    antinomico di tesi e antitesi; la verit solo antinomica e luomo pu accostarvisisolo nel reale vissuto quotidiano, riflesso antitetico dellinvisibile trascendente di-vino (Kauchtschischwili 1988). Il legame tra Rozanov e Florenskij, e di ambeduecon le riflessioni e gli enunciati lobaevskiani tema non ancora sufficientementestudiato; , comunque, possibile ipotizzare per il loro tramite un dialogo ininter-rotto sino ai nostri giorni di parte della cultura russa con il matematico che nellaprima met dellOttocento, partendo dal tentativo di dimostrare il quinto postulatodi Euclide, giunse alla formulazione di un altro sistema geometrico, da lui definito

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    voobraaemaja geometrija [geometria immaginaria], oppurepangeometrija [pan-geometria].

    Rozanov, inserisce di prepotenza allinterno della letteratura russa un nuovogenere, che klovskij definisce una sorta di romanzo parodico:

    S e no esistono contemporaneamente su di uno stesso foglio; il fatto biografico elevato al livello di fatto stilistico. (klovskij 1921: 48).

    Considerato che la breve monografia di klovskij del 1921; che la ben piricca monografia di Bachtin, Tvorestvo Fransua Rable i narodnaja kultura

    srednevekovja i renessansa [Lopera di Franois Rabelais e la cultura popolaredel medioevo e del rinascimento], va datata alla seconda met degli anni Quarantanella sua stesura manoscritta e nella sua variante dattiloscritta, anche se verr pub-blicata solo nel 1965; che le discussioni sul significato e la funzione della carne-valizzazione in arte avvenivano nella cerchia bachtiniana gi negli anni Venti delNovecento, interessando per anche tutti quegli artisti che poi daranno vita almovimento oberiuta; il parallelo tra i due studi serve anche a delineare gli antece-denti bachtiniani.

    Lumanesimo, come nota acutamente Viktor Erofeev (Erofeev 2000: 11), ri-nasce paradossalmente con il consolidarsi dellideologia sovietica: chiunque osavadubitare dellumanesimo e delle fondamentali capacit delluomo (sovietico) com-metteva un crimine contro lumanit; Platonov ha parlato allepoca di orgia diumanesimo.

    Anche la letteratura non allineata, per altro, si conformava nella sua quasi to-talit a questa linea di fiducia incondizionata nelluomo, in una posizione portataavanti sino agli anni Settanta del Novecento; poche le voci discordanti, fuori dalcoro: Michail Bulgakov, Andrej Platonov e Leonid Dobyin hanno rappresentatoquelle di maggior significato.

    Gli anni Settanta indicano i primi segnali di svolta: Venedikt Erofeev e AndrejBitov, Igor Efimov e Vladimir Vojnovi, Andrej Sinjavskij (gi a Parigi) e SergejDovlatov (gi negli Stati Uniti); per giungere agli anni Ottanta, Novanta e ai nostrigiorni, con Eduard Limonov e Vjaeslav Pecuch, Vladimir Sorokin e TatjanaTolstaja, Evgenij Popov e Viktor Erofeev, Viktor Pelevin e Sergej Bolmat, ancheil misterioso Dmitrij Bakin, per non indicare che i nomi pi famosi. Con tuttiquesti scrittori liperumanesimo della tradizione russa ha subito una drastica cor-

    rezione e al mercato ontologico del male c limbarazzo della scelta (Erofeev2000: 27). Non a caso, molti di loro sono in debito nei confronti di Rozanov, undebito dichiarato, o comunque palese, come per Sinjavskij, Venedikt Erofeev,Viktor Erofeev e Evgenij Popov, oppure un debito del quale non sono, forse, nep-pure consci. Il loro dialogo con Rozanov e quello che egli ha messo con evidenzasul piatto della prosa e della cultura russe: luso degli aforismi; il carattere mano-scritto del testo; lo stravolgimento del canone narrativo ottocentesco; il marcatoautobiografismo; i motivi apertamente bytovye [quotidiani]; il comportamento ri-conducibile a quello di unojurodivyj e di un udak; le riflessioni ad alta voce, tal-

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    mente libere da sconfinare nelleresia, sulla religione cristiana e la figura delCristo; il sesso posto in primo piano quale espressione pi vera e diretta dellesi-stenza di Dio, di quella vita che Dio ci ha dato e di quel mondo che Dio ha creato;questo dialogo, forse, non per molti di loro cos chiaro, ma esso c. Tanto pi forte, da quando la prosa non ha pi avuto il diritto-dovere di opporsi al potere chela opprimeva.

    Se gli autori degli anni Settanta del XX secolo potevano ancora sperare diavere una meta: la liberazione delluomo russo e della cultura russa dal potere cheli opprimeva entrambi, raggiunta la quale il cammino verso il miglioramentoavrebbe potuto riprendere; gli autori degli anni Ottanta cominciano a nutrire alcunidubbi e, oggi, la quasi totalit di loro sembra aver perso ogni speranza di svolta. Intal senso , forse, pi facile comprendere le loro paradossali esortazioni per la ri-nascita del comunismo (il bisogno di contrastare, di sollecitare a ritrovare il ruolostorico dellintelligencija); per un cammino a Oriente. Questultimo fenomeno dauna parte contraddice in modo stridente lopposta esortazione di Lev Lunc affin-ch la letteratura russa andasse ad Occidente nel 1923; dallaltra non pu non ri-chiamare la poesia di Vladimir SolovevPanmongolizm [Panmongolismo], quelladi Valerij Brjusov del 1905 Skify [Gli Sciti],il poema di Blok sugli Sciti del 1918assieme al saggio, dal titolo emblematico di Kruenie gumanizma [La distruzionedellumanesimo], del 1919. Ancora una volta, la decomposizione della Russia uf-ficiale richiama una Russia altra, popolare e barbara. La rivoluzione, il comunismovengono ancora una volta visti come:

    una manifestazione del ringiovanimento della razza, come un ritorno dei barbari, degliSciti. [] si pongono sotto il vessillo della gioiosa barbarie, contro il compromesso, lo spi-rito borghese, la civilt moderata e tiepida, mentre Blok, nel suo celebre poema del feb-

    braio 1918, lancia una sfida selvaggia allOccidente, nel nome di una Russia asiatica.(Nivat 1989: 101).

    La saldatura con un malinteso nazionalismo evidente. Oggi, sembra possi-bile credere nellortodossia e nel popolo russo, ma non credere in Dio e si richiamaalla mente lo atov del romanzo Besy [Demni] di Dostoevskij. Lortodossiasembra poter essere identificata con il patriottismo, con lidea di unit nazionale;credere nella patria pi semplice che credere in Dio. La disputa tra slavofili e oc-cidentalisti sembra continuare con rinnovato vigore, lo slavofilismo viene intesoquale sinonimo di ortodossia e patriottismo, loccidentalismo come laicit e demo-crazia. Sia luna posizione che laltra danno adito a fraintedimenti ed eccessiestremi; sconfinano spesso, confondendosi, da un lato con il conservatorismo e ilnazionalismo, dallaltro con la convinzione che tutto sia permesso e un capitalismoda rapina.

    Quella di Rozanov, quasi un secolo prima, stata una cosciente e caparbiascelta di anticomportamento: come uomo, come pensatore e come scrittore; un an-ticomportamento teso a differenziare se stesso dagli altri e, paradossalmente, a re-cuperare il diritto delluomo a non dover sempre scegliere il polo positivo; a rifiu-

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    tare anche il razionalismo proprio allumanesimo degli illuministi francesi; a rico-noscere il male, la meschinit, la vigliaccheria come proprie alla natura umana,componenti con le quali tutti primo o poi si ritrovano a dover fare i conti; ad asse-rire il diritto a coagulare in s contrasti insanabili. Umiliazione e orgoglio, vanit emodestia, vigliaccheria e coraggio, sionismo e antisemitismo coesistono.

    Lo sforzo costante di contrastare le convinzioni prevalenti, le norme e i giudi-zi consolidati un tratto caratteristico di Rozanov e come pensatore, e come scrit-tore e come uomo. (Sinjavskij1982: 259; Danilevskij 1994: 120) Esso anche ilmanifestarsi di una opposizione cosciente a qualunque ideologia e prassi ricondu-cibile allimpegno sociale progressista degli intelligenty. Nel caso di Rozanov sipu correttamente parlare diiznetvorestvo, una creazione della propria vita doveluomo conduce il gioco della propria esistenza ma , al contempo, in balia deglialtri giocatori in un procedere complesso ed inestricabile (Lotman 1981).Parafra-sando Lotman, Rozanov un uomo con biografia.

    Principe Mykin a parte, laltra icona di non-intelligent della cultura russa ildostoevskiano uomo del sottosuolo:

    Sono un malato Sono un malvagio. Sono un uomo odioso. Credo daver male al fega-to. (Dostoevskij 1975: 21).

    La citazione non casuale, soprattutto quando si prende in considerazioneRozanov. Il legame con Dostoevskij fortissimo, ineludibile. Nel 1894 esce laprima edizione della sua opera ancora oggi pi famosaLegenda o Velikom Inkvizi-

    tore F. M. Dostoevskogo, al proposito bisogna sottolineare limportanza dellaPre-dislovie ko vtoromu izdaniju [Prefazione alla seconda edizione]per comprenderela posizione di Rozanov, soprattutto dove egli rileva i limiti e gli errori del pensie-ro e della poetica dostoevskiani, sottolineando in modo particolare la non com-prensione dei rapporti che legavano Europa e Russia:

    Il contenuto ideologico di Dostoevskij enorme, bench, a venti anni dalla sua morte,matita alla mano, si possa sempre sottolineare dove egli non giunto sino a dove era ne-cessario, dove andato oltre il necessario. Il limite e i confini di quanto egli ha detto sono

    pur sempre visibili, mentre non era possibile definirli in modo netto al momento della suamorte. Si pu dire che noi dobbiamo andare pi lontano di Dostoevskij, giacch e il tempoe loggetto stesso dello stupore e dellentusiasmo sono in un certo qual modo trascorsi Isuoi errori si sono fatti chiari, ad esempio, quella confusione sullEuropa e la Russia (nei

    loro reciproci rapporti) adesso si presenta come unevidente aberrazione dellintelletto.(Rozanov1996: 8).

    Solomon Volkov, inIstorija kultury Sankt-Peterburga [Storia della cultura diSan Pietroburgo], mette la monografia di Rozanov in parallelo con quella, senzadubbio pi conosciuta, di M. M. Bachtin, Problemy potiki Dostoevskogo [Pro-blemi della poetica di Dostoevskij]. Anche Volkov rileva che gi alla fine del XIXsecolo Rozanov aveva, per primo, compreso il significato filosofico dellopera diDostoevskij, cos importante da sopravanzare laspetto artistico-letterario. Rozanov,

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    nel 1894, definisce Dostoevskij un genio flessibile e dialettico, che conduce quasitutte le tesi sino alla loro negazione. (Volkov 2001: 381). In questo perechod kotricaniju [passaggio alla negazione] va cercato soprattutto il fascino che il primoha esercitato sul secondo.

    Rozanov si spinge ben oltre, sino a sposare in prime nozze nel novembre 1880lamante di Dostoevskij, Apollinarija Prokofevna Suslova. La Suslova lo abban-don nellestate del 1886 ed egli ne soffr moltissimo (Rozanov 1990; Gippius1925). I rapporti tra i due furono improntati ad una sorta di autodistruzione e reci-proca distruzione, soprattutto da parte di Apollinarija Prokofevna che per lungotempo imped a Rozanov di regolarizzare la posizione con colei che era diventatala sua compagna e la madre dei suoi figli, Varvara Dmitrievna Rudneva, rifiutan-dosi di concedergli il divorzio.

    Come Dostoevskij, Rozanov si ferma a Firenze durante il viaggio in Europa;Rozanov si riteneva un viaggiatore, o piuttosto unostrannik[pellegrino], un essereerrabondo alla ricerca della verit, mosso da to-to stichijnoe, a ne eloveeskoe[una forza naturale e non umana] e da una meravigliosa zadumivost[capacit diriflessione], come egli stesso ha lasciato scritto in Uedinennoe [Solitaria], pubbli-cato nel marzo 1912.

    Come Dostoevskij, ne rimane distaccato, estraneo; i segni palesi del Rinasci-mento italiano lo lasciano indifferente. Quella di Rozanov nei confronti della culladel Rinascimento una posizione di estraneit piuttosto che di alterit. Egli pub-blica Italjanskie vpeatlenija [Impressioni dItalia] a San Pietroburgo nel 1909,

    ma alcuni frammenti erano gi apparsi sulle pagine di Mir iskusstva e, tra questi,anche quello dedicato a Firenze. Rozanov, nellIntroduzione alla pubblicazioneintegrale, scrive di aver compiuto questo viaggio senza preconcetti s pustym

    serdcem [con cuore puro]; di essere stato spinto da un interesse storico e nongeografico; e che L. S. Bakst, senza interpellarlo, aveva realizzato dei bellissimidisegni suMir iskusstva per i frammenti dedicati a Firenze e Paestum.

    Quando ho trovato gli articoli sulla rivista, mi successo di ammirare a lungo questi dise-gni che egli aveva, probabilmente, eseguiti ispirandosi al testo. Ma, dal canto loro, questidisegni stupendi a me hanno ispirato una moltitudine di fantasie antiche. In Bakst cmolto delluomo antico: ingenuo come un bambino, egli non vuole risvegliarsi alla prosafattuale dellEuropa del secolo XIX-XX. (Rozanov 1909: VI).

    Bakst, ingenuo come un bambino, ha saputo ritrovare se stesso in spazi chepertengono alluomo antico e non alla prosa fattuale e pratica dei secoli XIX eXX; lopinione di Rozanov espressa in modo indiretto, anche se egli terminalIntroduzione con un apprezzamento, che suona di maniera, per quei tempi an-tichi, quando natura, uomo e realizzazioni artistiche svjazyvalosv edinoe celoe,ee bez grecha i zavisti [costituivano un tutto unico, ancora privo di peccato e diinvidia].

    Rozanov titola il libro Vpeatlenija [Impressioni] e marca il carattere fram-mentario del testo; ricordi scelti nella memoria personale; scelta casuale e volonta-

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    ria; narrazione rivolta ad un altro per parlare del s; autorizzato autobiografismo. Illibro di Rozanov si distingue per il carattere documentario, per la sovrapposizionefunzionale tra lindividualit dellautobiografia e la collegialit della storia. Nonper questo pu essere definito un vero e proprio documento; non vuole esserescrittura autorevole; un testo basato sul vissuto e dichiarato tale, che coinvolge almassimo il lettore in questo suo progredire e svilupparsi davanti ai suoi occhi. Nonsi tratta soltanto del fatto che il lettore cosciente della quasi totale assenza difiction; il coinvolgimento, razionale e irrazionale, sul piano filosofico e sul pianoestetico, determinato dalla novit del genere e della forma. Io, Vasilij VasileviRozanov sono questo; io, Vasilij Vasilevi Rozanov, da questo sono stato colpito;io, Vasilij Vasilevi Rozanov, questo ho scelto di raccontarvi; piaccia a voi oppu-re no, non affar mio. Come ha gi sottolineato klovskij, leleganza della frase,dal contenuto spesso paradossale, per Rozanov sembra uno scopo autosufficiente;questo perch egli fissa liberamente sulla carta le proprie emozioni subitanee, isentimenti passeggeri, le visioni fugaci, i dettagli microscopici. Anche Sinjavskij:

    Lassenza di forma rozanoviana , a sua volta, un genere determinato di principio este-tico. Lassenza di forma rozanoviana sottolinea la percezione della prosa. anche un ge-nere determinato di abbassamento stilistico, lungo il quale Rozanov procede in modo in-tenzionale e cosciente. (Sinjavskij 1982: 191).

    Limpressione dellistante conduce allimportanza fondamentale del dettaglio,della cosa o della persona apparentemente prive di importanza. Lesperienza con-

    creta momentanea ma vissuta intensamente, e lannotazione di essa diviene nu-cleo fondante della prosa rozanoviana, limmagine fisicamente percepibile, la rea-lizzazione estetica delle contraddizioni delluomo. (Sinjavskij 1982: 235-237).

    Sarebbe, comunque, non corretto dedurre semplicisticamente un legame traRozanov e lImpressionismo; le deduzioni portano, viceversa, a delineare possibiliaffinit con il Post-Impressionismo e con quello che stato uno degli stili fonda-mentali dei primi del Novecento: lEspressionismo. Post-Impressionismo termi-ne convenzionale, che individua esperienze, soprattutto figurative, diverse, macollegate dalleredit dello stile precedente. LImpressionismo aveva rivendicatola specificit del linguaggio pittorico, obbligato a ci anche dalla nascita della fo-tografia e del cinema. La pittura non poteva competere con esse nella riproduzionedella realt visibile e rischiava anche una sostanziale marginalizzazione. Sul pianotecnico, gli Impressionisti hanno formulato per la pittura una specificit che nonera pi quella della riproduzione della realt visibile. Il Post- Impressionismo in uncerto senso supera anche il problema-obiettivo della riproduzione; laccento po-sto sulla comunicazione tra due soggetti: lartista e colui che di questa arte fruisce;la forma diventa essa stessa realt, senza la necessit di riprodurre questa realt vi-sibile. Da qui alla nascita dellastrattismo, il passo breve. In tal senso, lEspres-sionismo rompe anche con il dato implicito e costante di tutta lesperienza artisticaoccidentale; recupera un aniconismo, proprio invece delle culture araba e cosid-dette barbariche, ricorda liconoclastia bizantina affermatasi nellaltomedioevo.

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    Inoltre, mentre lImpressionismo era connotato da una posizione sostanzialmentepositiva e gioiosa nei confronti dellesistenza, lEspressionismo presenta una fortecarica di drammaticit, che d spazio a sentimenti e sensazioni dolorosi e intensi,che accentua i valori emozionali ed espressivi, il cromatismo, al punto da darluogo a immagini allapparenza deformate. Non possibile non ricordare che unodei principali ispiratori del gruppoDer Blaue Reiter[Il Cavaliere Azzurro], costi-tuitosi a Monaco nel 1911, fu Vasilij Kandinskij. Una volta di pi, sono palesi irimandi al cosiddetto post-modernismo russo.

    Per tornare a noi, sulle 248 pagine di testo delleItaljanskie vpeatlenija, 126sono dedicate a Roma, 84 al Golfo di Napoli, 23 a Venezia, 8 ad un Post-Scriptumdove egli cerca di spiegare il suo personalissimo cattolicesimo, 6 a Firenze.Lesiguit delle pagine scritte per la culla del Rinascimento, cui corrispondeunovvia analoga esiguit di Impressioni di per s eloquente e non lascia spa-zio a dubbi.

    Che caso fortunato. Ero appena giunto a Firenze, alle cinque del mattino, e, sia pur predadella stanchezza, della necessit di contare il denaro e del desiderio di dormire, gettaiugualmente unocchiata dalla finestra. Vidi una chiesa cos meravigliosa, come mai neavevo viste e con perplessit domandai a me stesso: Forse che sono capitato a Milano, in-vece che a Firenze. [] Per costruire il Duomo, stato necessario cominciare a lavora-re non con lidea che: ci verr in soccorso il genio; bens con unidea forse pi geniale ein ogni caso pi necessaria: non ci stancheremo mai di lavorare, n noi, n i nostri figli,n i nostri nipoti. [] Tanto il Duomo chiaro, luminoso e comunica gioia allesterno,

    tanto allinterno mi ha colpito perch povero, essenziale e oscuro. (Rozanov 1909: 211-212).

    Rozanov rimane colpito dalla bellezza dei marmi che rivestono Santa Mariadel Fiore e, viceversa, definisce linterno povero, severo, buio. In altre parole,Rozanov apprezza quanto di, in larga misura, non originariamente rinascimentale nella chiesa e non apprezza lessenzialit originale dellinterno. Nellesclamazioneiniziale: Forse che sono giunto a Milano, anzich a Firenze, echeggia anche unacerta ironia, convalidata poche righe dopo dalla descrizione del servizio divino.Innegabilmente, Rozanov vede nellinterno di Santa Maria del Fiore e nel serviziodivino la concretizzazione di quel Cattolicesimo e di quella Chiesa di Roma, neiconfronti dei quali i suoi giudizi sono stati spesso pi che negativi.

    Non a caso, le poche pagine sul soggiorno fiorentino terminano con le frasi:

    Con loro [gli italiani, intesi come sinonimo di cattolici] piuttosto difficile parla-re di ununione delle Chiese; Vi metteranno al tappeto con il loro modo stesso diessere, prima che possiate fare una sola proposta; Loro, con la pace, non hannoniente a che fare; Anche questa fede, ma non come la nostra, calda, oscillantecome il fuoco di una lampada, silenziosa, bellissima, debole (Rozanov 1909:214). Larroganza, la certezza del s, lassenza di dubbi, collegano Firenze, lachiesa di Santa Maria del Fiore come monumento del Rinascimento e la fede cat-

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    tolica. Rozanov non ci lascia di Firenze nessunaltra impressione, n visita altrecitt toscane, a loro volta ricche di testimonianze di questo Rinascimento.

    Parafrasando il saggio di Jakov Gordin che precede il testo di SolomonVolkov dedicato alla storia di San Pietroburgo (Gordin 2001), possiamo dire cheper Rozanov non esisteva il mito di Firenze e del Rinascimento; che egli non hainterloquito con i creatori di questa cultura e con gli infiniti legami tra uomini eepoche che a Firenze si sono collegati; la sfera dei rapporti ideali di Rozanov si sempre volutamente mantenuta al di fuori di una cosiddetta tradizione classica,forse proprio per recuperare un originale significato di classicismo, che tenesseconto dello specifico della russit.

    Stefania PavanUniversit di [email protected]

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  • 7/27/2019 0. Vasilij Rozanov e La Prosa Russa Del Xx Secolo.

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    Abstract

    This critical essay tries to draw the line, connecting Rozanov with the Russian greatest prosewriters of the 20th century till our days. Rozanov, as a man a thinker and a writer, is seen as theinitiator of a new prose form and as the heir of the previous cultural tradition, especially as aDostoevskys successor. In a certain sense, Rozanovs life and works act as many-sided links withthe works of Remizov, Vaginov, Bakhtin, Siniavsky, Bitov, Venedikt Erofeev, Viktor Erofeev andmany others. The most important thing is that all these many-sided links hint at the specificity of theRussian idea of Humanism, at the leading role of theIntelligentsia in the history of the country.