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Capitolo primo. La prima formazione: tra filosofia e

psicologiaUn sapere funzionale

La psicologia pedagogica nasce in Francia nel XIX e Rosseau è considerato il suo fondatore. Ma è soltanto nel corso del secolo che si va via via sviluppando una pedagogia scientifica che giunge al suo culmine solo sul finire del secolo con autori del calibro di Ribot e Binet, anche il libro “Psicologia sperimentale” di Bautain era stato già pubblicatp nel 1839. Intorno alla prima metà del XX secolo prende vita, in Francia, il movimento dell’Educazione nuova, che segna un decisivo punto di incontro di nuove idee. Ed è proprio in questo contesto che agisce Cousinet. Nonostante la legge Ferry degli anni ’80 del XIX secolo prevedesse la gratuità e l’obbligatorietà dell’istruzione, così come la laicizzazione, sussistevano ancora, durante il XX secolo, gli assetti tradizionali e la Chiesa continuava a essere predominante nell’istruzione. E intanto si faceva sempre più evidente il dibattito sulla libertà di coscienza e sull’autodeterminazione, che non poteva che avere dei risvolti anche nel campo dell’insegnamento. Davanti a tutto ciò, Cousinet sperimenta e cerca di trovare nuove soluzioni, attingendo anche dalle influenze straniere. Ma non è il solo: anche Freinet, suo contemporaneo, è orientato verso una “Scuola del popolo”, una scuola che insegnasse un sapere funzionale al lavoro, distaccandosi, così, dalla corrente di pensiero positivista. Infatti, se con il Positivismo, sociologia e psicologia guadagnano il ruolo di scienze autonome che dovevano rappresentare un supporto per la pedagogia, adesso queste due discipline non si accontentano più del semplice osservare, come, invece, proponeva il Positivismo, ma vogliono agire. Agli albori del ‘900 si assiste, così, allo svilupparsi di una “controcultura pedagogica”, un movimento non solo critico-distruttivo, ma anche orientato alla ricostruzione di una pedagogia più funzionale.

L’incontro con Lalande

Cousinet nasce nel 1881 e studia presso la Sorbona da allievo di Ribot, Binet e Durkheim. Dopo aver svolto l’attività di maestro elementare, nel 1907 pubblica il suo primo studio di psicologia infantile e nel 1909 diviene ispettore scolastico. Interrotta durante il primo conflitto mondiale, la sua attività viene ripresa con la fondazione del movimento <<La nuova educazione>>. Nel 1911 lo troviamo ad insegnare presso la cattedra di Pedagogia Praticfa alla Sorbona e solo nel 1946 fonderò il movimento de <<La nuova scuola francese>>, che svolgerà un ruolo fondamentale per la diffusione delle nuove idee. Egli morirà nel 1973. I suoi maestri ispiratori sono, anzitutto, Rousseau, Balzac e Tolsoi, autori di letteratura classica. Ma, per quanto riguarda le influenze filosofiche, va certamente ricordato Lalande, suo insegnante. Sulla scia del monismo spenceriano, Lalande rappresenta una delle voci contro il Positivismo, propugnando l’idea della tensione della natura dall’eterogeneo all’unità e sostenendo che la funzione della ragione è naturalmente di tipo identificativo e normativo. Egli, inoltre, sostiene che la verità è raggiungibile attraverso l’eliminazione dei diversi punti di vista, per giungere, poi, a uno unico. Non si sa fino a che punto Cousinet sia stato influenzato da Lalande, ma una cosa è certa: egli riprende alcune delle questioni fondamentali a cui si era interessato il maestro come, ad esempio, quella della comunicazione interpersonale e quella della chiarezza del linguaggio, così come quella sulla funzione normativa della ragione.

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Tolstoi e Rousseau

Egli è profondamente influenzato dalle idee di Tolstoi e Rousseau, i due maggiori esponenti dell’Educazione Nuova. Per quanto riguarda le idee, egli riprende il principio della scuola, quello secondo cui “la libertà non è più una metafora”. Infatti, la scuola ha il compito di riconoscere e salvaguardare l’individualità di ogni bambino. Cousinet riconosce anche come Tolstoi abbia anticipato, nel sostenere l’obbligatorietà dell’istruzione, la legge Ferry del 1882, evidenziando come lo scrittore fosse un profondo conoscitore delle dinamiche dei sistemi europei del suo tempo. Fondamentale è anche nel considerare la formazione come un prodotto del libero rapporto tra diversi individui e delle influenze della vita. Cousinet mette in stretto rapporto il pensiero di Tolstoi e quello di Rosseau, sostenendo che Tolstoi non ha fatto altro che sviluppare le idee di Rousseau. Gli anni 1902 e 1903 sono decisivi per la sua formazione. Si prepara, infatti, al concorso per ispettore ma non smette di insegnare in qualità di maestro elementare. Inoltre, si iscrive al corso di educazione morale di Durkheim. Nel 1904 diventa membro della Scuola libera per lo studio della psicologia infantile e si interessa agli studi di Binet e Simon inerenti le ricerche sull’intelligenza e, in particolare, la classificazione dei bambini con particolari difficoltà scolastiche dovute, appunto, alla fatica intellettuale. Da questi studi egli riprende il rigore scientifico, mettendolo in relazione ai tradizionali studi dei su citati Tolstoi e Rousseau, sviluppando gradualmente l’idea secondo cui l’apprendimento non sia solo strettamente legato alla scuola e secondo cui l’educatore debba assumere un atteggiamento diverso dall’indifferenza nei confronti dei fanciulli. In conclusione, egli definisce il compito della nuova educazione: considerare i bisogni del fanciullo e fornirgli i mezzi che gli permettano di soddisfarli.

La società Binet

Per Cousinet, la società Binet rappresenta l’opportunità di osservare e, al contempo, di affinare le basi metodologiche del nuovo metodo. Ormai, la società conta poche persone, forse a causa del rigore di Binet, che sosteneva che le opinioni personali, all’interno del gruppo, non avevano alcuna importanza. Binet, infatti, sosteneva che la pedagogia fosse impregnata di pregiudizi e che, perciò, fosse necessario passare alla sperimentazione. Nel 1950 Cousinet pubblica “L’educazione nuova” con l’intenzione di dare una sistematizzazione alle idee innovative del movimento, sostenendo come la psicologia intervenga nella pedagogia sperimentale e nella psicologia infantile, attraverso cui la scienza riesce ad entrare nel mondo pedagogico. Così come, tempo prima, aveva sostenuto Rousseau, adesso il bambino non è più considerato un uomo in miniatura ma, al contrario, viene visto come un essere che ha un proprio modo di pensare. Tuttavia, Cousinet sottolinea anche i lati negativi del nuovo approccio. Infatti, la statistica non fa altro che considerare il tutto dal solo punto di vista quantitativo, trascurando quello qualitativo. Inoltre, Cousinet sostiene che la pedagogia non può essere fondata sulla psicologia in quanto, nella sua staticità, condurrebbe lo studioso a considerare il bambino escludendo la sua caratteristica tipica: lo sviluppo. Inoltre, spingerebbe a predeterminare arbitrariamente il bambino con ciò che deve essere, escludendo le molteplici possibilità. La psicologia è utile, ma solo se utilizzata muovendo da una prospettiva prettamente pedagogica. Spinto dagli interessi rivolti all’ambito psicologico, entra a far parte del gruppo della redazione della rivista Educateur Moderne, dove pubblica il suo primo articolo sull’ortografia, sostenendo come il dettato sia controproducente e riferendosi in maniera positiva agli studi sulla lettura e a quelli della percezione infantile, tema questo trattato anche nell’articolo pubblicato nella rivista Revue Philosofique. In sostanza, si sostiene qui la tesi secondo cui il bambino non riconosce nella realtà né somiglianze, né differenze, ma percepisce un modo di indistinzione. Soltanto la vita diretta lo aiuta nel percepire il mondo nella sua diversità.

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La solidarietà infantile

“La solidarietà infantile” è il titolo di uno degli articoli pubblicati da Cousinet nella rivista Revue Philosofique, in cui viene esaltata la socialità come uno degli elementi fondamentali per lo sviluppo e la formazione del bambino. È da questo momento in poi che egli comincerà ad utilizzare uno stile incisivo, intriso di ironia spietata nei confronti dei comportamenti degli insegnanti del suo tempo. Egli, infatti, crede che alcune forme di socialità deviata siano il frutto di un non corretto insegnamento presso le scuole, causato dall’atteggiamento del maestro teso ad ostacolare il naturale sviluppo del bambino. In questa situazione, quindi, la solidarietà dei bambini è orientata al consolidamento dell’avversità nei confronti dell’insegnante e si accompagna ad un progressivo formarsi di una moralità perversa che, anziché creare un gruppo, crea una folla creata di individui senza personalità. La rivista l’Educatore Moderno entra in crisi e subisce un passaggio di direzione che promuove degli interventi d’oltreoceano, come quelli dei pragmatisti americani. È così che Cousinet entra in contatto con questa nuova filosofia. Negli stessi anni, egli, in altri articoli, si porrà un ulteriore problema, ossia quello di fare lezione attraverso le cose, di fare lezione di idee. Egli conclude dicendo che l’unico insegnamento deve essere quello filosofico. Nel 1910, durante una riunione ordinaria del gruppo della Società Binet, egli propone l’argomento della filosofia dell’educazione, promuovendo come oggetto di studio la pedagogia del self-government, una pedagogia che permetta un’esperienza di libero controllo tesa a una libera interazione dell’uomo con l’ambiente esterno, insomma improntata sui valori della democrazia. Tutto ciò deriva non solo dagli influssi del pragmatismo americano e da quello di Dewey, ma anche da quelli dell’Illuminismo francese e, ancora, dalle idee di Considerant e Robin. Questi ultimi, nonostante non siano mai stati citati da Cousinet, risultano però essere stati chiaramente fondamentali nello sviluppo del suo pensiero, in merito, soprattutto, al tema del lavoro di gruppo e alla polemica contro l’insegnamento verbalistico. Molto probabilmente, Cousinet ha preferito non citarli esplicitamente a causa delle fonti compromesse dal punto di vista politico. Nel 1909 si passa, definitivamente, dalla mera teoria alla prassi: è proprio in questo anno, infatti, che le idee circa il self-government cominciano ad essere messe in atto. Colui che lo permette è Belot, allora ispettore, che organizza un gruppo di insegnanti disposti a introdurre nelle loro classi il nuovo metodo. Tuttavia, tale iniziativa viene bloccata solo un anno dopo, con la nomina a ispettore di Aube.

Capitolo secondo. Dallo sperimentalismo alla pedagogia

Dall’autogoverno all’autoeducazione

In quanto ispettore scolastico, Cousinet comprende meglio lo stretto rapporto esistente tra sistema sociale e istituto scolastico. Durante la sua carica, egli si dedica ampiamente alla sperimentazione e si dedica costantemente alla ricerca, nonostante sia costretto ad abbandonare la Società Libera per lo Studio della Psicologia infantile. Egli approfondisce i propri studi, prendendo sempre più coscienze del fatto che ogni problema legato alla formazione debba essere attribuito all’ordine sociale e morale e, di conseguenza, alla politica. Inoltre, grazie alla rivista l’Educatore Moderno, ha anche l’opportunità di tenersi aggiornato su ciò

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che viene pubblicato in Francia e all’estero, attenzionando ogni testo che gli permetta di approfondire la ricerca psicopedagogica. È proprio grazie ai suoi interessi così vari che egli approda nel movimento dell’Educazione Nuova. Tuttavia, nel 1911, alla seduta della Società Binet, viene stilato un resoconto negativo circa il self-government: l’esperimento non è riuscito! Nonostante l’insuccesso, Cousinet afferma che soltanto in un clima di autogoverno è possibile educare uomini liberi. L’errore era dovuto al fatto che una qualsiasi innovazione pedagogico-didattica non può prescindere dal contesto socioculturale, cosa che invece avevano probabilmente fatto gli insegnanti, che non avevano fatto altro che inventare una forma di <<autoritarismo indiretto>>. Però, muovendo dal self-government, Cousinet approda all’autoeducazione.

L’educazione estetica

Al 1911 risalgono degli articoli concernenti tematiche di cui prima di allora non si era mai occupato, ad esempio, in “Letture degli infanti”, Cousinet si rammarica per lo scarso interesse della pedagogia francese nei confronti della letteratura infantile. Egli, infatti, sostiene che i bambini amano leggere e identificarsi nei personaggi delle loro letture, ad esempio gli eroi che riescono a superare ogni difficoltà. Nei suoi scritti traspare sempre più la sua esperienza didattica: egli, infatti, non può fare a meno di citare sempre le sue esperienze dirette nel campo, come nei quattro articoli sull’Educazione estetica. Egli è qui in particolar modo influenzato dal Movimento per l’educazione artistica promosso dall’ispettore Quenioux e, da appassionato d’arte, cerca di diffondere il metodo presso gli insegnanti del proprio dipartimento. Cousinet ricorda, durante la sua esperienza di maestro, di aver tentato di avvicinare i suoi allievi all’arte, senza però riuscirci con successo. I bambini, infatti, non sono capaci esclusivamente di contemplare l’opera, non riescono ad escludere se stessi, ma cercano sempre di attribuire agli oggetti la loro funzione pratica.

L’educazione alla libertà

Molti sono gli articoli apparsi sull’Educatore Moderno incentrati sui metodi innovativi. Tra questi, vanno ricordati, in particolare, quelli che hanno per oggetto il metodo Montessori, che sottolinea l’importanza della libertà e che Cousinet considera l’elemento fondamentale della pedagogia. La libertà, però, non va considerata come una concessione da parte dell’educatore ai fanciulli, ma è un diritto dei fanciulli stessi. Cousinet si scontrerà sempre con la rigidità e la staticità dell’istituto scolastico, soprattutto perché in ogni scuola visitata in veste di ispettore ha sempre notato l’utilizzo degli stessi libri e degli stessi programmi, mai tesi a una qualsiasi forma di innovazione. Il tutto sarà, ovviamente, criticato con una spietata ironia provocatoria.

Dallo sperimentalismo alla pedagogia: Rousseau

Nel 1912 ricorre il bicentenario dalla nascita di Rousseau e la rivista Revue de Metaphisique gli dedica un intero numero a cura di Claparéde, che sottolinea, in particolar modo, come il filosofo francese avesse inteso il bambino come un essere completo e autonomo. Dopo un breve periodo, Cousinet stila un rendiconto sulla rivista l’Educatore Moderno, in cui sosteneva, tra l’altro, che Rousseau fosse l’iniziatore del movimento dell’Educazione Nuova. Forti e profonde sono le influenze di Rousseau in Cousinet, che riprende molte delle sue idee, tra cui la concezione della società come corrotta e causa dell’allontanamento dell’uomo dallo stato di natura e, di conseguenza, dallo stato di libertà. Si precisa, altresì, che la libertà non è qui intesa come un totale rifiuto del “vivere civile”, in quanto traspare, nell’opera di Rousseau, un perpetuo intento pedagogico-sociale con l’obiettivo di trasformare la società da strumento di regresso a strumento di sviluppo morale. Si nota, inoltre, uno stretto legame tra educazione e società. La libertà non è altro che l’equilibrio tra i soggetto e ciò che si trova all’esterno, l’interiorizzazione di una legge che gli è esterna, il contrappeso tra forze interne e forze esterne. A detta di Rousseau, noi siamo il prodotto

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dell’azione delle forze esterne. Prima di lui, commenta Cousinet, non vi era mai stato un educatore che non si occupasse esclusivamente di agire sulle forze interiori del bambino, errando. Infatti, il bambino è autonomo dal punto di vista morale, perciò non bisogna educarlo ai valori dell’adulto, che gli risultano forzatamente esterni. In Rousseau il problema della libertà si risolve perché Emilio, il fanciullo di cui parla nell’opera omonima, riesce a comprendere che la sua libertà è condizionata dalla società. Tuttavia, sembra persistere il problema della conciliazione tra autorità e liberta e in Rousseau, e in Cousinet. Rousseau sostiene che la legge garantisca la rigenerazione morale dell’umanità, quindi sembra valida l’equazione libertà uguale legalità. Ma, afferma il filosofo, affinché ciò avvenga, è necessario che la legge risulti pienamente adatta alla natura umana, così che l’uomo la riconosca come propria e non esterna, così che l’uomo si sottoponga all’autorità e non la consideri un vincolo limitante. Soltanto così si potrà spiegare la nascita di una morale spontanea e naturale che permetta all’uomo di riconoscere la propria soggettività nell’insieme della comunità. La socievolezza, continua, è propria della natura umana, in quanto l’uomo riconosce la sua incompletezza. Come già detto, sappiamo che per Cousinet il compito della scuola è quello di fornire gli strumenti al fanciullo attraverso cui possa soddisfare i propri bisogni. Questi bisogni, però, anche se propri del singolo individuo, non devono essere separati da quelli della specie, in quanto l’individuo è parte integrante della sua società, che ha la funzione di rafforzare l’individualità di ogni singolo soggetto. Come già anticipato da Marx, questo avviene nell’individuo sociale, che sarà al centro degli interessi di Cousinet negli anni a venire.

La vita sociale del bambino

“La vita sociale del bambino” è il titolo della tesi presentata da Cousinet nel 1913. Durkheim lo segue nel lavoro e pretende che vengano definiti con chiarezza campo di indagine e strumento di rilevazione dei dati. Grazie all’aiuto di alcuni colleghi ispettori, a Cousinet è permesso di portare avanti un esperimento su 400 bambini consistente nel far completare un racconto interrotto a metà per indagare sull’idea che i bambini hanno della giustizia. Come sappiamo, già a partire dal saggio “La solidarietà infantile”, Cousinet si era interessato alle collettività infantili e aveva sostenuto che la solidarietà infantile è una solidarietà di tipo difensivo che nasce per difendersi dall’autorità del maestro: è, quindi, una solidarietà deviata. Questa non fa altro che ostacolare lo sviluppo della personalità dell’individuo. Attraverso un ulteriore approfondimento della tematica, alla luce del pensiero di Durkheim., egli sostiene che la pedagogia sia un <<fatto sociale>> e che la debolezza dei sentimenti altruistici nei bambini sia dovuta alla limitatezza della loro coscienza, che si allargherà con l’acquisizione di sempre più nuove idee. Così, sociologo e pedagogo assumono due ruoli interdipendenti: il sociologo ha il compito di costruire una morale positiva nel bambino, il pedagogo ha il compito di far sì che tale morale venga interiorizzata. Nasce, in Cousinet, l’idea che il compito dell’educatore sia quello di lasciare libero spazio alla socializzazione del bambino. Egli, infine, aspira alla costituzione di una morale laica fondata sulla ragione critica e sulla dialettica tra autonomia e normatività, che fonderà i valori. Gli studi di Cousinet saranno interrotti dall’inizio della Prima Guerra Mondiale, durante la quale rimarrà ferito. Soltanto nel 1917 egli potrà riprendere i suoi studi presso Arcis.

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Capitolo terzo. La pedagogia sperimentale

Alla ricerca del metodo

La mobilitazione per la Prima Guerra Mondiale spingono Cousinet ad abbandonare momentaneamente i propri studi e definitivamente la direzione della rivista l’Educatore Moderno, che cesserà d’esistere. Una volta finita la guerra, egli si impegna a stilare un lungo resoconto circa la pedagogia sperimentale, racchiuso in 13 articoli pubblicati presso una nuova rivista: la Scuola e la Vita. Cousinet ha, adesso, un occhio più critico, come si può notare dalle considerazioni più obiettive sull’operato di Binet e del suo gruppo; è, adesso, più teso a una osservazione metodica e alla sperimentazione, segue il criterio della misura, che punta a conoscere il bambino da un punto di vista anche quantitativo. Egli individua una nuova strada che la pedagogia deve percorrere, quella fondata sul metodo di lavoro libero. In passato, leggendo “La psicologia del fanciullo normale ed anormale con speciale riguardo all’educazione” aveva notato come qui fosse sottolineata l’importanza della curiosità nel bambino, qualità che deve necessariamente essere incoraggiata e salvaguardata. Allo stesso modo, leggendo Cook, aveva notato che egli aveva sostenuto che i bambini potessero autogovernarsi nelle attività scolastiche, così come si autogovernavano nelle attività ludiche collettive. Ma gli insegnanti non osservano abbastanza i bambini e sono convinti di dover continuare a insegnare, anziché procedere con il metodo del self-government. Tuttavia, nel 1919, una giovane insegnante decide, di sua sponte, di applicare il metodo e con successo, come Cousinet dirà in una conferenza tenutasi nel 1920, durante la quale, per la prima volta, parlare del metodo del self-government come “proprio metodo”.

Il lavoro storico

Il metodo di lavoro libero trova facile applicazione nello studio della storia, definito dallo stesso Cousinet come “lavoro storico”. Come sostiene in molti dei suoi articoli pubblicati nella rivista La scuola e la Vita, vanno rivisti i vecchi programmi scolastici, in quanto la storia deve essere considerata come un’evoluzione nel tempo, perché solo così i bambini riescono a comprenderla. La storia va studiata in relazione alla moda, ai mezzi di trasporto, alle abitazioni, al commercio e ognuna di queste storie deve essere suddivisa in periodi, ognuno dei quali deve essere correlato con gli altri in sincronia. Egli, inoltre, propone di allargare l’insegnamento della storia internazionale, muovendo un’aperta polemica contro il vecchio programma di storia che si basava esclusivamente sulla storia nazionale e che ovviamente aveva la funzione di accrescere, nell’animo dei fanciulli, patriottismo e nazionalismo. A detta di Cousinet, la storia non deve studiare eventi del passato, in quanto la <<verità storica>> legata a essi è compromessa dalla preconcetta idea del presente. Si devono, invece, proporre al bambino delle attività di lavoro storico che gli permettano di richiamare l’azione trasformatrice del tempo sugli oggetti che sono in grado di richiamare alla memoria eventi passati. Tuttavia, si riscontrano ancora dei limiti in Cousinet come, ad esempio, il suo essere ancora troppo ancorato al Positivismo per la sua idea di considerare gli oggetti come fonte, insieme, di scienza e conoscenza, dimenticandosi che le cose sono prodotte dagli uomini e dalla loro intenzionalità e non da una azione anonima. Inoltre l’apprendimento, essendo legato alla spontanea curiosità del bambino, che si sviluppa non sotto la volontà dell’educatore, risulta così essere sporadico e dispersivo.

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La Novuelle Èducation

Nel 1920 il Rettore si accorge che l’ispettore Cousinet ha compiuto solo 60 delle 180 ispezioni previste. Questo perché egli aveva dedicato più tempo a quelle scuole in cui si tentava l’innovazione. In questo periodo nasce l’idea della fondazione di una organizzazione che promuova il diffondersi della sperimentazione pedagogica: la Nuova Educazione. Nel 1921 egli pone la candidatura a ispettore generale, motivando la richiesta con la sua esperienza in campo pedagogico. Ed è proprio nello stesso anno che il movimento comincia a sbocciare, intorno alla rivista Educazione, su cui Cousinet pubblica degli articoli per “arruolare” nuovi membri. Nasce, così, all’interno della rivista, una rubrica stabile che permetta a quanti vogliano far conoscere le proprie esperienze compiute attraverso un metodo che non intaccasse la libertà dei bambini. Dalle nuove voci, Cousinet trae spunto per una più ampia attività di ricerca e organizza un’esposizione di disegni dei bambini. Inoltre, sempre nello stesso periodo, pubblica una piccola rivista, l’Uccello Blu, sui vengono pubblicati testi scritti dai bambini. Il movimento tiene la sua prima conferenza, durante la quale Cousinet compara criticamente il proprio metodo con gli altri metodi del periodo, nel tentativo di un riconoscimento e di una legittimazione ufficiali. Durante il congresso, su richiesta dell’ispettore d’Accademia, un’ispettrice di una scuola di Versailles conduce in diretta l’esperimento del metodo di Cousinet, che riesce con successo. Alla fine del congresso, Cousinet afferma che l’obiettivo da ragg/iungere non è tanto il risultato che i bambini otterranno con i loro sforzi, ma lo sforzo stesso. A differenza della prima, la seconda conferenza si apre in maniera insolita: con una visita guidata alla mostra dei lavori dei bambini. Si vanno, intanto, definendosi le caratteristiche della Nuova Educazione: internazionalità e apertura verso l’insegnamento tecnico e professionale. Il 1923 sarà, per Cousinet, un anno molto difficile: egli dovrà, infatti, scontrarsi con le gerarchie scolastiche. Inoltre, egli sarà dimesso dalla carica di ispettore e sarà costretto ad abbandonare la sperimentazione del metodo e ad abbandonare Parigi. Cousinet sarà mominato a Sedan, rifiuterà l’incarico ma, alla fine, sarà costretto ad accettare.

Capitolo quarto. Un metodo di lavoro libero

Individuo e socio

A Sedan, lontano dai membri della Nuova Educazione, conduce per circa vent’anni i suoi esperimenti del metodo di lavoro libero per gruppi. Egli sostiene che la libertà dell’individuo è possibile solo all’interno della società. Infatti, in presenza dell’altro, che ha delle proprie reazioni, il bambino incontra delle difficoltà dovute sia al bisogno di socializzazione, sia di preservare la propria individualità. Sembrano, così, immature le tesi del giovane Cousinet riportate nel saggio “La solidarietà infantile”, in cui si considerava come deviata un particolare tipo di socialità. L’individuo si trova nella tensione di essere, contemporaneamente, socio e individuo, tensione che si risolverà soltanto quando i due sviluppi saranno condizionati l’uno dall’altro, così che l’individuo apporterà un contributo alla società che, in risposta, lo ripagherà con un rafforzamento della sua individualità. Tutto ciò potrà avvenire non prima degli 8-9 anni, dato che prima si verificheranno dei tentativi maldestri di socialità che si capovolgeranno in atteggiamenti di asocialità e aggressività, fruttuosi ai fini di uno sviluppo che possa definirsi normale. Come si può chiaramente notare, il fulcro dei suoi studi resta l’ individuo sociale. Questo perché Cousinet ha sempre una ma*g*giore coscienza della stretta connessione tra sviluppo dell’individuo e società. A Sedan, egli si

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interessa, in particolar modo, dei bambini delle famiglie immigrate e nota, paradossalmente, come questi apprendano con maggiore velocità rispetto agli altri infanti. Ciò appare strano, dato che i bambini immigrati giungevano spesso in classe senza saper parlare una parola in lingua francese. Questo suo interesse lo spinge a superare la sperimentazione del self-government per approdare a un nuovo metodo: quello dell’autoeducazione. Infatti, questi bambini non ricevevano degli insegnamenti particolari ma, ciononostante, risultavano avere dei rendimenti superiori rispetto agli altri. Era chiaro, quindi, che ciò fosse dovuto a degli elementi interni piuttosto che esterni. Molti insegnanti non accettano le nuove idee di Cousinet. Tuttavia, un’educatrice di intraprendere la sperimentazione. Inoltre, l’ispettore di Accademia e il Rettore, mandati dal Ministro per sorvegliare Cousinet, lo incoraggiano, al contrario, alla sperimentazione.

Un progetto di scuola sperimentale

Durante una assemblea della Nuova Educazione, egli afferma che una scuola ideale dovrebbe garantire l’organizzazione scolastica, in modo da sviluppare il senso di responsabilità, e insegnare storia, geografia, scienze e arte e quest’ultima avrà la funzione di sviluppare l’immaginazione nel bambino. L’occasione di mettere in pratica il progetto viene offerta a Cousinet dalla Odier, un membro della Nuova Educazione che, nel 1924, stata per aprire una scuola alla periferia di Parigi. Il progetto, tra le altre cose, prevedeva che i bambini dei due sessi fossero messi nella stessa classe: un’idea rivoluzionaria per l’epoca! La scuola è articolata in due sezioni: una per i bambini più piccoli, di età compresa tra i 4 e i 12 anni, e una per i bambini più grandi, di età compresa tra i 12 e i 13 anni. Per la prima sezione erano previste delle attività che permettessero lo sviluppo sensoriale, sulla scia del metodo Montessori; per la seconda sezione erano previste delle attività domestiche, compiti di natura scientifica e attività volte a garantire il perfezionamento della lingua. Gli insegnanti dovevano semplicemente osservare il naturale svolgersi delle attività infantili. È proprio questa mancanza di direttività che, probabilmente, spinge la Odier ad abbandonare il progetto.

Piaget

Tra il 1925 e il 1926, Cousinet mantiene stretti i rapporti con il movimento della Nuova Educazione. Durante una delle consuete conferenze, interviene anche Piaget in merito alle sue ricerche sulla psicologia infantile. Piaget intraprende la ricerca scientifica a partire dalla somministrazione dei test intellettivi ai bambini della scuola di Binet e la proseguo spostando l’attenzione da un pensiero esaminato solo in relazione al punto di vista espressivo a un pensiero che ha il compito di guidare l’azione. Egli nota che, durante i suoi primi studi, aveva commesso degli errori: primo tra tutti, aveva considerato esclusivamente linguaggio e pensiero espresso. In secondo luogo, non era fino ad allora riuscito a capire come funzionassero le operazioni logiche dell’infante, che hanno origine nelle operazioni concrete. Progredendo nella sua ricerca, Piaget, a poco a poco, comprende che il comportamento intellettivo dei primi due anni di vita del bambino deve essere studiato in relazione alla manipolazione e all’esperienza degli oggetti. Egli inoltre, capisce che aspetto sociale e pensiero sono strettamente legati e giunge alla sua definizione di <<equilibrio ideale>> tra preservazione reciproca del tutto e cooperazione degli individui. Cioè, essendoci una stretta relazione tra aspetto sociale e sviluppo delle strutture cognitive, attraverso il rapporto con gli altri individui il bambino può costruire il proprio concetto di sé. Piaget giungerà anche all’esperienza del lavoro libero per gruppi, come Cousinet. Cousinet, approfondendo il tema tra rapporto dell’individuo pensante e il suo divenire sociale, sostiene in merito che egli ha sempre creduto che il bambino differisse dall’adulto per la sua differente tipologia di pensiero, sia per la natura della sua affettività.

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Freinet

Freinet è uno dei membri del movimento della Nuova Educazione. Cousinet e Freinet avevano avuto modo di conoscersi in uno dei primi congressi, quando Cousinet aveva proposto il progetto del lavoro a squadre. Nonostante lo considerasse troppo sistematizzato, Freinet lo applica per calmare i timori del suo direttore. I due sono molto diversi: infatti, Freinet non dà valore all’innovazione e ogni sperimentazione che non possa coinvolgere le scuole più povere. Ma, allo stesso modo, sono molte le caratteristiche che li accomunano: metodo naturale per l’apprendimento, costante appello alla socialità e alla cooperazione, importanza al lavoro, l’idea che nessun tipo di educazione possa tradursi in imposizione. Durante un congresso, Freinet spiega il suo metodo di insegnamento e molti genitori degli alunni appaiono perplessi, eccetto due, tra cui Cousinet. Tuttavia, l’anno successivo, alcuni reazionari otterranno la promessa della radiazione del Freinet presso il Ministero dell’Educazione. In questa vicenda, Cousinet interviene al fine di evitare un’assimilazione del movimento della Nuova Eduazione a quelle di Freinet, che era un dichiarato comunista. La Nuova Educazione pubblica un testo, scritto da Cousinet, in cui, tra le critiche contro Freinet, vanno ricordati quella della tecnica della tipografia a scuola e il rammarico per il ritorno della filosofia ella pedagogia. Qui Cousinet inserisce il proprio metodo tra quelli più importanti del secolo, come quello Montessori e anche quello del Freinet, non considerato poi così rilevante. Il tono non è aspro, proprio perché Cousinet vuole ottenere più consensi possibili e vuole cercare di mantenersi neutrale per raggiungere tale scopo. Tuttavia, agli albori della Seconda Guerra Mondiale, ci si renderà conto di come difficile sia mantenersi neutrale. Allo scoppio della guerra, la Nuova Educazione cessa ogni tipo di pubblicazione e Cousinet scrive degli articoli presso una nuova testata, il cui direttore lo inviterà a tenere un corso di pedagogia. Corso che verrà interrotto a causa del dilagare del nazismo e delle accuse rivoltegli di essere comunista.

Capitolo quinto. Formare l’educatore nuovo

L’opzione pedagogica

Nel 1942 l’insegnamento alla Sorbona viene represso dal governo di Vichy, anche se solo due anni dopo Cousinet lo ottiene nuovamente. Durante la guerra, la casa di Cousinet subisce un bombardamento e anche il suo archivio viene distrutto. Tuttavia, dopo il conflitto, l’attività di Cousinet riprende con l’adesione al movimento la Nuova Scuola Francese e con l’omonima rivista. Inoltre, sempre nello stesso periodo, prenderà vita una sorta di laboratorio sperimentale con la fondazione della scuola La Source. Qui trova sfogo il lavoro libero per gruppi, che è una scelta spontanea presa dal bambino a partire dagli 8-9 anni, età in cui si stacca dalla dimensione individuale del lavoro. Già dagli albori della nascita della scuola, la tematica principale appare essere quella dell’educazione degli educatori. Così, nel saggio “La formazione degli educatori”, Cousinet propone di recuperare la sua <<opzione pedagogica>>. Egli sostiene che la prima qualità dell’educatore sia quella di saper vivere col dissimile. Il modello di formazione è semplice. A partire dall’età di circa 15-16 anni, età in cui il giovane ha piena coscienza di essere dissimile dai bambini, gli educatori espongono ai ragazzi un discorso circa le loro possibili attività professionali tra cui, appunto, quella di educatore. Gli alunni che avranno l’intenzione di diventare maestri saranno, così, selezionati attraverso un esame e quelli scelti avranno poi l’opportunità di procedere con un tirocinio. Secondo Cousinet, il tirocinio potrebbe essere svolto presso le colonie estive, in cui i ragazzi saranno, allo stesso

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tempo, allievi e insegnanti. Nel decennio compreso tra gli anni 1947-1957 teoria e prassi giungeranno al loro perfetto equilibrio per Cousinet con l’incarico, presso la Sorbona, come insegnante. Si delinea sempre più l’idea secondo cui il bambino deve essere lasciato libero nel suo agire poiché, attraverso la libertà di movimento, egli potrà formare il proprio sé.

Les annales

Cousinet si pone l’obiettivo di definire un impianto teorico complessivo e, non a caso, una delle tematiche principalmente trattate è quella dell’insegnamento della storia. Il fatto storico non è più visto come una realtà statica e vengono considerate parte della realtà storica anche l’economia, l’arte e la letteratura, così come le emozioni. Vengono pubblicati altri saggi, tra cui anche “Lezioni di pedagogia”, in cui Cousient critica gli insegnanti per il loro metodo di insegnamento basato su manuali e ripetizioni, strumenti che servono a fare la classe. In realtà, egli crede che i ragazzi debbano andare alla ricerca del sapere spontaneamente.

Pedagogia dell’apprendistato

Sulla scia di una messa in pratica dei risultati ottenuti attraverso le ricerche, il suo lavoro continua in ambienti extrascolastici. È proprio in questo periodo che, infatti, il “Servizio di formazione dei minatori di Francia” gli chiede un contributo per realizzare un programma di formazione dei minatori. In questo contesto, egli incontrerà degli uomini che si faranno carico della formazione degli apprendisti. Sappiamo già che Cousinet attribuisce una notevole importanza al lavoro per la formazione del sé, ma in tale contesto ci rendiamo conto che non si può soffermare l’attenzione sull’aspetto ludico di tale attività ma solo sull’aspetto operativo. Ciò sembra in contraddizione con i principi del movimento della Nuova Educazione, eppure Cousinet ci si accosta. In una delle sue opere fondamentali, “Pedagogia dell’insegnamento”, egli entra in contrasto con il modo in cui veniva tradizionalmente inteso l’apprendimento, ossia come un’imposizione dell’educatore sul bambino. Egli crede che bisogna dare una svolta alla funzione dell’insegnante, dato che egli crede che il bambino debba essere un “apprendista”, cioè che debba imparare e scoprire se stesso conoscendo il mondo esterno in piena autonomia, così da poter selezionare da solo gli strumenti più adatti per farlo. È proprio dal mondo operaio che egli giunge a tali conclusioni. Il sapere è un’azione di costruzione dell’uomo. In una metafora, egli spiega come maestro e allievo siano due costruttori del sapere. A questo periodo risalgono il saggio “La cultura intellettuale”, ma anche molti progetti di riforma scolastica che, in pratica, non rivoluzionano il tradizionale ordinamento. Vanno sempre più crescendo, in questo contesto, disagi e proteste giovanili.

Èducation e developpement

All’età di 77 anni Cousinet lascia la cattedra alla Sorbona e, nello stesso periodo, diviene membro della rivista “Educazione e Sviluppo”, la quarta dopo “L’Educatore Moderno”, “La Nuova Educazione” e “La Nuova Scuola Francese”. Questa nuova rivista si riferisce alle istituzioni educative, ma non solo a quelle scolastiche, segno che i tempi stanno cambiando. Infatti, come sappiamo, è proprio durante il Sessantotto che giungono al culmine le proteste giovanili contro le istituzioni educative. Cousinet segue la vicenda con occhio attento, senza però capire bene le ragioni e individuandone le cause nei mass-media come, d’altronde, gran parte dei pedagogisti del tempo. Ha inizio la terza età della pedagogia, di cui però Cousinet non vedrà che l’inizio a causa della sua morta giunta all’età di 92 nel 1973.

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Capitolo sesto. Dall’interesse alla motivazione

Socializzare l’individualità

Non si può analizzare l’iter di Cousinet isolando le varie tematiche di cui si è occupato. Tuttavia, si possono riscontrare due costanti che hanno caratterizzato interamente la sua ricerca:

1. Sapere come apprendimento naturale, veicolato dal lavoro e caratterizzato dallo slancio teso alla ricerca personale. In tale prospettiva, l’uomo è costruttore del suo sapere e non si possono più scindere sfera cognitiva e apprendistato pratico-operativo. Ciò è riscontrabile sia nel suo metodo di lavoro libero per gruppi, sia nella sua didattica della storia.

2. La società è intesa come uno strumento per la creazione della propria identità, in quanto la spinta verso la socializzazione è un bisogno primario per l’uomo. Infatti, è proprio in rapporto alla diversità che il bambino può autocostruirsi il proprio sé naturalmente se, ovviamente, l’adulto non si intrufola in tale attività. Cousinet individua nell’età compresa tra i 12 e i 14 anni quella che definisce “età di grazia sociale”, ma egli sostiene anche che già durante l’infanzia, dopo una vita strettamente individuale, al bambino è chiara la difficoltà di considerarsi, allo stesso tempo, socio e individuo. Inoltre, alla socializzazione si accompagna la scomparsa dell’imitazione.

Il giuoco come apprendistato sociale

L’apprendimento sociale avviene gradualmente. Inizialmente, in età compresa tra i 3 e i 5 anni, si assiste a un primo maldestro tentativo di socializzazione. Infatti, in questa fase dello sviluppo, i bambini sono molto aggressivi tra loro e ognuno di loro desidera possedere ciò che l’altro ha già. Questo non tanto perché il bambino desidera l’oggetto in sé e per sé, ma perché vuole ottenere l’insieme costituito dal bambino più l’oggetto con cui gioca, ossia si vuole identificare. La sua attività, quindi, non è asociale ma è un esercizio di presocializzazione. I bambini aggressivi, in realtà, non vogliono che attirare su di sé l’attenzione del gruppo e, così facendo, si impegnano in una sorta di tirocinio sociale. Il canale privilegiato diventa il gioco, attraverso cui il bambino può rapportarsi agli altri prima visti come oggetto, poi come pseudo-persona, fino ad arrivare a considerarli come delle vere e proprie persone. Questo sviluppo si accompagna a quello del gioco, dapprima parallelo, poi imitativo. Nel gioco imitativo, il bambino non ricopre un vero e proprio ruolo ma serve a mettere in atto il gioco (“fa numero”). Soltanto successivamente appariranno i veri e propri sociali, basati su veri e propri ruoli e regole, attraverso cui il bambino potrà dimostrare il proprio valore. Vengono scelti i capi e si specificano, a poco a poco, i criteri utilizzati nella scelta dei compagni di gioco: dapprima di tipo affettivo, poi legati all’abilità del bambino. Dapprima, ognuno dei capi cerca di accaparrarsi i bambini più abili; poi, nasce in loro l’idea di eguaglianza. Così, entrando nell’adolescenza, i bambini sono pienamente socializzati e sono consci del rapporto tra individuale e sociale e del fatto che il gruppo è tanto più vivo quanto più l’individuo coopera e del fatto che l’individuo beneficia tanto più del gruppo quanto più egli si adatterà alle regole che ha accettato. Si nota, quindi, come il gioco sia di particolare importanza per lo sviluppo della socializzazione e della personalità del bambino.

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Dall’interesse alla motivazione

Il bambino ha la necessità di vivere in un ambiente che gli fornisca la possibilità di soddisfare i propri bisogni. Innanzitutto, è vero che il bambino si forma nel suo “ambiente naturale”, ossia il luogo in cui vive, ma ottiene anche da altri “luoghi” figurativi (il gioco, la lettura) degli elementi che gli permetteranno lo sviluppo. Non esistono oggetti interessanti ma oggetti che rispondono ai suoi interessi, ai suoi bisogni. Alla maniera di Rousseau, ritorna la tematica che insiste sulla natura e sulla libertà. Infatti, allontanarsi da questi due elementi significa anche allontanarsi dall’idea di un’educazione intesa come conquista personale e crescita autonoma. Non vi può essere progresso per l’uomo se non in armonia con la sua natura di essere libero in base alla quale egli obbedisce alla regole di dover soddisfare i propri bisogni, che potrebbero anche non essere riconosciuti in quanto tali se distratto dalle influenze dell’adulto. A livello terminologico, il concetto di interesse sembra comunque essere preferito e sostituito a quello di bisogno. Il vero educatore, quindi, è quello che è in grado di interpretare propriamente questi interessi. A tal proposito, Freinet aveva sostenuto che il limite della pedagogia tradizionale fondata sull’interesse era sempre stato quello di osservare il solo comportamento esteriore del bambino. Così, i due pedagogisti francesi sono concordi nel sostenere che è la motivazione a fornire qualità all’azione didattica ed educativa. Ma, mentre Freinet attribuisce alla motivazione il senso che l’individuo dà alla propria azione, Cousinet con questo concetto si riferisce alla risposta biologica ai bisogni dell’individuo.

I bisogni

Ponendosi nettamente in critica con la tradizione pedagogica del suo tempo, Cousinet elenca in successione i bisogni. Il primo insieme dei bisogni è rappresentato dal bisogno di crescere, bisogno di sicurezza e bisogno di libertà. Seguono, poi il bisogno di fiducia in sé, bisogno di socializzazione, bisogno di apprendimento. Il bisogno di crescere distingue il ragazzo dall’adulto e lo spinge ad agire; il bisogno di sicurezza riguarda il bisogno di garantirgli che la sua crescita avverrà in libertà. Infatti, sicurezza e libertà si condizionano a vicenda. Parlando di libertà, egli fa costante riferimento a Rousseau giunge persino a escludere dall’ambiente didattico il ruolo dei mass-media. La teoria dei bisogni di Cousinet si esprime in campo didattico, ponendo particolare rilevanza al bisogno di socializzazione, che ha effetti positivi sia in campo intellettuale che in campo morale. Ma il bisogno di socializzazione riguarda, com’è ovvio, l’aspetto pratico della vita, mentre la scuola non fa altro che ridurre tutto a mera teoria, vincolando, attraverso norme e regole, la libertà dell’attività infantile. Cousinet dedica ampio spazio al problema autonomia-eteronomia. Uno dei suoi critici, Broccolini, rileva in ciò un equivoco: Cousinet afferma che il bambino debba sempre essere libero ma, allo stesso tempo, afferma che l’educatore debba mantenere la propria autorità, il principale elemento di eteronomia. Insomma, alla maniera di Rousseau. Per Cousinet, Rousseau è un rivoluzionario perché fa dipendere la morale non da chissà quali forze interne del ragazzo, bensì da ciò che lo circonda. Il bambino deve riconoscersi nel valore della legge morale e questa, quindi non va imposta ma percepita come un obiettivo comune del maestro e del bambino. Il maestro deve mantenere la propria autorità in quanto rappresenta la legittimità della legge morale. Quindi, l’educatore attira su di sé l’attenzione dei propri allievi sull’esemplarità che la sua figura rappresenta, pur accettando che “l’educazione non è affar suo ma del suo ragazzo”. Il suo compito è “igienico”, ossia deve predisporre l’ambiente in modo tale da permettere al ragazzo di soddisfare i propri bisogni. Egli deve essere discreto e deve accontentarsi di osservare l’attività dell’allievo. I tratti caratteristici dell’educatore ideale sono amare l’infanzia, ma non con la speranza di trasformare i bambini in adulti prima del tempo. Non deve amare la loro debolezza e non deve far trasparire alcun sentimento di compassione misto a compiacimento per il proprio potere trasformatore perché, così facendo, l’educatore amerebbe i bambini perché può sottometterli. Il maestro dovrebbe, per prima cosa, “saper vivere col dissimile”. Un’altra caratteristica è,

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inoltre, la capacità di riconoscere i limiti per il proprio sapere. Il maestro deve essere capace di interpretae le domande del bambino, in modo tale da rispondergli in maniera adeguata e orientarlo verso l’autoriconoscimento.

Capitolo settimo. Il metodo in azione: attività, apprendimento, conoscenze.

Preparare l’ambiente

Il metodo di Cousinet non può essere un metodo strettamente considerato. Esso, infatti, non riguarda l’insegnante ma è uno strumento di cui si serve l’alunno per imparare a lavorare e, in tal modo, insegnamento e apprendimento sembrano identificarsi. Anche Freinet critica il concetto di metodo strettamente inteso, preferendo piuttosto parlare di tecniche non valide in assoluto ma riferite a un particolare contesto. Perché, nel momento in cui l’insegnante pone io suo sapere come unico e universale, comincia a ostacolare l’apprendimento libero dell’infante. Invece, è compito del ragazzo ricercare gli strumenti e compito dell’insegnante è quello di predisporre l’ambiente al fine di agevolare tale ricerca. Larga importanza nel progetto del Cousinet è, inoltre, ricoperta dalla socialità, che non è un fine ma uno strumento d’apprendimento. Fin dall’età prescolare, il bambino tende spontaneamente ad aggregarsi agli altri durante l’attività e il maestro, invece, nel corso del lavoro scolastico, non fa che ostacolarlo ponendo la regola del lavoro individuale. E ciò è sbagliato perché è a partire dai 9 anni d’età che il bambino si rende conto di essere parte integrante di un gruppo e coglie l’importanza della funzione del linguaggio di espressione di pensieri individuali. Quindi il bambino possiede i mezzi che gli consentiranno uno sviluppo.

L’apprendimento come libera ricerca

L’intervento dell’insegnante ha l’obiettivo di invogliare il bambino a voler sapere e ad acquisire i mezzi per poterlo fare. In questo caso, con “potere” si esprime non un semplice agire, ma un vero e proprio controllo sulla realtà circostante. L’apprendimento è l’elemento principale di ogni sua considerazione sulla cultura, anzi è esso stesso cultura. Ma non si può considerare apprendimento una qualsiasi nuova acquisizione di abilità. Ad esempio, non si può dire che un bambino impari a camminare in quanto il camminare nasce da un bisogno naturale e l’apprendimento di tale abilità è insito nella sua stessa natura di essere umano. Si può strettamente parlare di apprendimento quando l’individuo sente il bisogno di un qualcosa ma non possiede i mezzi per poter soddisfare tale bisogno. Cousinet sostiene fermamente che l’educazione è nata con la specie umana e la vera natura dell’apprendimento è una continua ricerca personale attraverso cui l’individuo possa scoprire le sue qualità attraverso tale attività di costruzione e autocostruzione. Si racconta che, intorno agli anni Trenta, Cousinet abbia intrapreso con il figlio Pietro un itinerario formativo. Il bambino non va a scuola prima degli 8-9 anni e fino a quel momento non fa che rimanere in casa, dotata di un giardino. Qui ha a disposizione la vista del mare, le piante, la musica, i libri e molti altri stimoli di tale tipologia che istigano la sua curiosità. Pietro impara a leggere da solo associando dapprima le immagini alle parole. Questa è la prova vivente del fatto che il bambino è in grado, da solo, di apprendere per effetto della propria curiosità personale e in tale direzione è importante notare non ciò che il bambino ha ottenuto ma, piuttosto, ciò che bambino ha fatto attraverso il suo sforzo.

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Primi tentativi

Anche se il metodo di Cousinet non viene applicato prima del 1920, l’idea si era già fatta strada nella sua mente a partire da anni precedenti, come dimostrato dagli argomenti trattati nel testo “La solidarietà infantile” del 1908. Nonostante la prima applicazione del metodo sia considerata quella avvenuta nella scuola di Sedan, questa si fa, invece, risalire al 1919, anno in cui un’insegnante lo applica. Comunque, se da una parte alcuni credono che il metodo di Cousinet sia troppo rigido e dogmatico, altri, come Freinet, credono che non si possa parlare di un vero e proprio metodo. In ogni caso, è solo a partire dagli anni ’40 che il metodo viene applicato con successo sia alle scuole medie che alle scuole superiori, fino a quando nel 1946 non sarà fondata la scuola “La Source”. Cousinet parla di “metodo di lavoro” per riferirsi a qualsiasi processo di apprendimento e crede che ogni spiegazione del maestro sia pedagogicamente infondata, dal momento che si basa sull’assioma secondo cui qualcuno che sa deve spiegare qualcosa a chi non sa. E ciò è assurdo, dato che chi già sa non può mettersi nei panni di chi non sa. Quindi, l’unico procedimento valido per l’insegnamento può essere considerato l’apprendimento per imitazione. In questo caso, il maestro deve svolgere l’attività davanti all’allievo, eseguendolo lentamente e spiegando come farlo; poi, lo fa eseguire ai ragazzi, vietandogli di proseguire con le fasi successive se le precedenti non sono state svolte correttamente e spiegando loro la ragione di ogni movimento. L’imitazione va distinta l’emulazione, in quanto quest’ultima produce la tendenza ad identificarsi nell’altro. Uno dei temi principali trattati da Cousinet è l’esemplarità dell’insegnante. Va detto, a tal proposito, che il maestro possiederebbe una dote in più che lo contraddistingue dal genitore, una caratteristica “spettacolare” che gli permetterebbe, più facilmente, di infondere il sapere nei bambini.

Lavoro di conoscenza e lavoro di creazione

Cousinet mette in discussione le basi del processo di acquisizione del sapere, facendo l’esempio di chi, imparando meccanicamente a memoria le nozione fornitegli, alla fine si lamenta di avere delle lacune. Ma il vero sapere è un insieme inscindibile, in cui non vi è spazio per i vuoti. Questi vuoti sono causati dalla frammentarietà dei programmi scolastici. La proposta di Cousinet è che le materie vengano divise, ma solo per comodità, in lavoro di creazione e lavoro di conoscenza. La creazione è una dote naturale del bambino, strumento unico e istintivo della conoscenza della realtà . attraverso la creatività, il bambino impara ad interagire con l’ambiente, acquisendo una sempre maggiore sicurezza, uno dei bisogni fondamentali dell’umanità. Al crescere della sicurezza, il bambino chiederà sempre una maggiore libertà. In tale attività, il maestro deve limitarsi a fornire gli strumenti, quali matite, carta ecc… e osservare la libera attività degli alunni, tesa a un incessante moltiplicarsi dei bisogni che necessitano una continua soddisfazione attraverso una ricerca personale. Per quanto riguarda, invece, il lavoro di conoscenza, questo non è altro che lo studio del reale attraverso l’analisi, possibile solo a partire dai 9-10 anni d’età. Tale attività comprende il lavoro scientifico, storico, geografico, aritmetico e linguistico. I momenti che si possono individuare sono documentazione, elaborazione ed espressione. Qualora il maestro si accorga, dopo qualche mese, che il bambino non procede alla classificazione, egli dovrà indirizzarlo a farlo. Il lavoro libero per gruppi consisterà nell’invitare i bambini ad aggregarsi e a scegliere l’attività e i mezzi adatti per svolgerla. Inizialmente i gruppi si formeranno, senza alcuna necessità di un capo, in considerazione dell’amicizia; poi, attraverso la stima del ritmo dell’attività intellettuale. Non si parla più di scolari uguali l’uno all’altro, ma di persone che si avvicinano all’attività come veri e propri apprendisti. L’apprendimento avviene a partire dalla manipolazione reale degli oggetti e si passa, solo successivamente, all’analisi teorica di un qualcosa che si conosce già. Sapere è un bisogno naturale del bambino. Non resta che fornirgli gli strumenti adatti per soddisfare tale bisogno. Il sapere non è inteso, nell’ottica di Cousinet, come un qualcosa che deve essere

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utilizzato nell’avvenire, ma come un qualcosa che deve poter essere usato qui e ora, nel presente. È ormai chiaro come per Cousinet, il fondamento della sua prospettiva pedagogico-didattica sia la ricerca.

Capitolo ottavo. L’insegnamento della storia

Trasformare per costruire relazioni

Nel saggio “L’insegnamento della storia e l’educazione nuova”, viene detto come il modo più congeniale dell’applicazione del metodo del lavoro libero per gruppi sia quello all’insegnamento della storia. Influenzato da Febbvre e Bloch, che criticavano la storiografia positivistica, per cui i fatti storici erano un prodotto finito e confezionato nei documenti storici, egli crede che bisogna fare un costante confronto tra la storia e le altre scienze umane. In tale direzione, si cerca di evitare ogni tipo di nazionalismo al fine di poter dare maggiore spazio alla solidarietà e anche le emozioni diventano un fatto storico. Cousinet afferma che non è il passato a permetterci una maggiore comprensione del presente, ma è proprio la comprensione del presente che ci permette di comprendere al meglio il passato. Secondo Cousinet, fino ad allora la storia era stata insegnata ai bambini in modo così innaturale che essi non provassero alcuno interesse. È nella natura dei bambini manipolare direttamente ciò che sta loro intorno ed è proprio attraverso l’esperienza diretta delle cose che la storia deve essere insegnata. In questo suo fare istintivo, infatti, il bambino agirebbe in maniera molto simile a quella dello storico, cogliendo gli effetti della propria azione e del proprio lavoro di trasformazione nel tempo. Quando l’apprendimento è troppo astratto e si distacca dal pragmatismo, emergono tutti i limiti della curiosità e il bambino appare del tutto disinteressato. Il bambino capisce la storia rivivendone il percorso attraverso la propria azione e in tale direzione, gli oggetti assumono un valore sono se in relazione al soddisfacimento di bisogni presenti corrispondenti. Così la storia diviene lo studio dell’azione, esercitata dal tempo sulle cose che sono in grado di soddisfare i bisogni cui corrispondono.

La ricerca storica

Il <<lavoro storico>> è basato sull’idea secondo cui se il bambino riesce a comprendere la corrispondenza tra la cosa e il bisogno naturale legato ad essa, egli desidera conoscerne la storia. Per Cousinet, i bisogni si manifestano gradualmente nel bambino. Inizialmente, infatti, questi si interessa degli oggetti riferiti al bisogno di alloggio, oggetti con cui l’uomo è fin da subito in diretto contatto; poi il bisogno nel rapporto relativo alle cose, ad esempio produzione e scambio; poi il bisogno sociale, che dà luogo alla storia politica e alla giustizia. L’interesse della storia non progredisce solo attraverso il passaggio da una categoria all’altra di bisogni ma, piuttosto, questo avviene effettuando lo studio degli oggetti a più livelli. Com’è ovvio, la ricerca di oggetti del passato autentici può avvenire con successo solo in minima parte, quindi bisognerà procedere attraverso documenti e fotografie. Tali documenti dovranno portare solo il nome e la data e dovranno essere ordinati cronologicamente non dal maestro ma dagli alunni.

Osservazioni sul metodo

Il lavoro di gruppo è fruttuoso non solo per l’entusiasmo che ne deriva, ma anche per il pluralismo dei punti di vista, che verranno confrontati dai vari membri. Gli alunni hanno il compito di stilare delle relazioni, dei

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veri e propri fatti storici e non deve essere loro impedito di personalizzare i risultati a cui sono giunti. In ogni caso, di certo non si può dire che nel metodo di Cousinet si possa ravvisare una così spiccata originalità, date le sue influenze derivate da molti pensatori del passato. Tuttavia, il suo metodo presenta un vantaggio pratico, quello di poter essere applicato anche nelle scuole più povere. Nonostante molte siano le critiche positive rivolte a Cousinet, alcuni lo hanno criticato sia per la teoria dei bisogni, considerata un’astratta catalogazione e il metodologismo che caratterizza il lavoro storico. Ci si chiede, ad esempio, perché il maestro non possa ordinare cronologicamente i documenti storici forniti agli alunni. Secondo alcuni, quindi, si rischia di produrre un apprendimento frammentario e dettato sulla semplice curiosità infantile.