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RICORSO STRAORDINARIO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
I sig.ri Maria Britta, nata a Spoleto (PG) il 24.12.1959 C.F. BRTMRA59T64I921D, residente in
24050 Cavernago (BG) – Via Volta Giuseppe Togni, nato a Seriate (BG) il 26.02.1980 C.F.
TGNGPP80B26I628O, residente in 24050 Cavernago (BG) – Via Cascina Biancinella n. 1/B
entrambi consiglieri di minoranza del Comune di Cavernago, ….
contro
la Provincia di Bergamo…
e nei confronti di
Società Agricola Malpaga S.r.l….
per l'annullamento, previa sospensione
della determina dirigenziale n° 1313 emessa dalla Provincia di Bergamo settore ambiente –
emissioni atmosferiche e sonore – dirigente Dr. Confalonieri Claudio – pubblicata sull’albo pretorio
in data 10.05.2011 conosciuta dai ricorrenti a seguito dell’inizio dei lavori avvenuti il 16.05.2011
(Doc. 1); e di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali
PREMESSO CHE
1) in data 28/09/2010 con nota prov. n. 97775 la società Agricola Malpaga S.r.l. ha inoltrato
richiesta di autorizzazione ai sensi dell’art. 12 del D.lgs 387/03 relativa alla costruzione e
all’esercizio di un nuovo impianto di produzione di energia elettrica alimentato a fonte rinnovabile
(biogas);
2) il predetto progetto prevede tra l’altro: a) la realizzazione di una vasca di stoccaggio
(diametro interno della costruzione 26 metri – altezza massima 8,15); b) la realizzazione di due
fermentatori (diametro 23 metri – altezza massima 11,40 metri); c) un post fermentatore (diametro
26 metri e altezza massima 11,40 metri) – tali opere saranno eseguite in parte in calcestruzzo (circa
6 metri di altezza) ed il resto con telo in pvc con altezza massima di metri 11,40 rispetto al piano di
campagna; d) una torcia con altezza di metri 10 ed annesso impianto di cogenerazione e trattamento
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del Biogas; e) numero tre trincee di stoccaggio, tutte in calcestruzzo, e di altezza pari a 4 metri con
relativi piazzali in calcestruzzo per il carico delle stesse;
3) i terreni oggetto di intervento sono vincolati a garanzia e tutela del Castello di Malpaga
imposto con decreto del Ministero per i beni Culturali e Ambientali del 04.03.1998 (Doc. 2);
4) il predetto decreto stabilisce: “l’area segnata dal vincolo deve rimanere libera da ulteriori
costruzioni e non deve essere oggetto di movimenti di terra (ad esclusione di quelli
agronomico/botanici)” ivi compresi i terreni oggetto del presente provvedimento;
5) il Tribunale Amministrativo regionale per la Lombardia – sezione distaccata di Brescia
investito dalla società Malpaga e dal Comune di Cavernago circa l’illegittimità e l’eccessiva
estensione del vincolo, con Sentenza n° 141 del 2000, confermata e passata in giudicato con
sentenza del Consiglio di Stato n° 2765 del 2001, ha confermato la legittimità del decreto di
imposizione del predetto vincolo affermando inoltre numerosi principi vincolanti anche per la
vicenda in esame (Doc. 3 – 4);
6) Il Tribunale Amministrativo, nella sentenza sopra citata, ha chiaramente stabilito che,
nell’area sottoposta a vincolo, non potevano sorgere nuove strutture se non quelle a
destinazione agricola ed in ogni caso di altezza non superiore ad un piano fuori terra (2,70
metri).
Si riprendono, perché essenziali, alcuni passaggi della predetta Sentenza per comprendere non solo
le ragioni che spinsero il Ministero all’estensione del vincolo ma, anche e soprattutto, le ragioni di
un’ampia tutela del paesaggio circostante: “i vincoli imposti dal decreto de quo sulle aree adiacenti
all’immobile in questione possono qui riassumersi: 1) negli obblighi di mantenere l’area “libera da
ulteriori costruzioni”; 2) di non effettuare “movimenti di terra” (ad esclusione di quelli richieste
dalle attività agricole); 3) di effettuare eventuali ricostruzioni degli edifici esistenti mantenendo
“uguale volumetria, pari sedime, medesime quote di gronda e di colmo, materiale di costruzione e
caratteristiche architettoniche tradizionali (il più possibile intonate all’ambiente in cui sorge il
castello, impaginazione delle forature di facciata)”; 4) è ammessa l’edificazione di annessi
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pertinenziali, dimensionati nei limiti di un piano fuori terra, nel rispetto dei caratteri stilistici e
costruttivi succitati, saranno consentite destinazioni d’uso agricole o agrituristiche … le esigenze
di prospettive e luce (ravvisate per strutture di pregio architettonico) implicano il mantenimento di
una visibilità complessiva dell’immobile soggetto a vincolo indiretto, il decoro comporta che nelle
vicinanze non si realizzino insediamenti ed opere lesive dello stile e del significato artistico –
storico dell’immobile, mentre per finire, il riferimento specifico all’ambiente è da collegare alla
esigenza di conservare il bene tutelato artisticamente e storicamente in quella cornice nella quale è
stato ideato e costruito… venendo al caso in esame, il richiamo, che la relazione allegata al decreto
compie, al paesaggio che circonda il castello, che immutato da almeno due secoli, “ne permette la
percezione e il riconoscimento”, si da configurare una innegabile continuità storica tra monumento
e paesaggio circostante … il decreto di vincolo di cui si controverte indica la finalità che si è
inteso perseguire, le caratteristiche e l’ubicazione del bene tutelato, nonché, soprattutto la
correlazione del bene stesso con l’ambiente circostante … il predetto decreto di vincolo ha
rigorosamente dato contezza delle ragioni che hanno indotto l’amministrazione …in relazione a più
di una delle esigenze tutelate dall’art. 21 più volte citato: percezione visiva del castello anche da
distanze accentuate e mantenimento delle caratteristiche di integrazione ambientale
dell’architettura in questione… esso ha individuato i terreni circostanti il complesso de quo, sui
quali imporre particolari prescrizioni, onde evitare indiscriminati interventi di edificazione,
trasformazione dei suoli o alterazione degli stessi” ed infine sulla pressoché totale in edificabilità
delle aree in questione “Invero, poi, se la salvaguardia della armonizzazione dell’insieme costituito
dal bene immobile e dall’ambiente circostante, per le preminenti e prioritarie esigenze di ordine
artistico e storico tutelate dalla norma dell’art. 21 cit., giustifica e rende, anzi, doverosa la
adozione del vincolo indiretto, allora, con riguardo alla fattispecie in questione, si giustificano
anche l’estrema ampiezza dell’area assoggettata a vincolo e la particolare intensità (la pressoché
totale inedificabilità) del vincolo stesso: si deve riconoscere, infatti, che l’esigenza di assicurare la
comprensibilità e la godibilità del bene di interesse storico e artistico di cui si tratta implica la
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necessità di conservare l’ambiente circostante, inteso come territorio (inevitabilmente ampio) di
riferimento del Castello medesimo, che solo in relazione al primo risulta “leggibile” nella sua
configurazione storica perdurata nel tempo, così come il territorio si presenta oggi così com’è
proprio per la imprescindibile correlazione che lo lega direttamente all’insediamento storico-
artistico. E visto che l’ambiente da conservare è quello di un territorio ad organizzazione agricola
(con cascinali sparsi, per i quali le prescrizioni apposte prevedono destinazioni d’uso agricole ed
agrituristiche), appare, allora, assolutamente logico e conseguente (e nient’affatto viziato da
carenze d’istruttoria circa la ricerca di misure alternative) il fatto che il vincolo imposto, in quanto
tendente a conservare un tal tipo di territorio, si traduca nel divieto di movimenti di terra (che non
siano legati all’attività agraria) e di ulteriori nuove costruzioni… del resto non avrebbe senso
tutelare da un lato, il complesso di cui si discute per il suo valore culturale e, dall’altro, consentire
insediamenti o gravi alterazioni della morfologia del territorio… ciò solo in quanto solo il
penetrante vincolo introdotto col decreto in considerazione pare poter costituire efficace garanzia
di conservazione di quell’ambiente, che si pone nel suo complesso …in funzione interattivo col
monumento e che l’inesistenza di vincoli (o l’apposizione di vincoli meno gravosi) potrebbe porre
in concreto pericolo” (Sentenza TAR – Sez. Brescia – n° 141 del 23.02.2000).
La Sentenza sopra richiamata, confermata dal Consiglio di Stato, è da sola sufficiente per dirimere
la presente vicenda.
Il provvedimento della Provincia di Bergamo che ha autorizzato la realizzazione del nuovo
impianto di Biogas è illegittimo e contrario allo spirito, alle prescrizioni del decreto ministeriale del
1998 che ebbe ad estendere sui terreni circostanti il castello di “Malpaga” il vincolo indiretto, ex art.
21 della legge 1089/39 ora D.lgs 42/2004.
I terreni sui quali la società agricola Malpaga S.r.l. ha rivolto istanza di realizzazione di un nuovo
impianto di Biogas non possono subire modifiche sostanziali diverse da quelle previste dal decreto
di vincolo : - movimentazione di terra solo per ragioni agricole; - realizzazione di strutture
pertinenziali ed in ogni caso funzionali all’attività agricola;
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Ordunque il progetto autorizzato dalla Provincia di Bergamo è del tutto illegittimo rispetto alle
prescrizioni del decreto ministeriale perché: - non vengono rispettate le altezze minime consentite
dal decreto stesso; - si realizzano strutture permanenti, se pur mitigate, in cemento armato che nulla
hanno a che vedere con l’ambiente circostante il castello di Malpaga; - viene alterato
definitivamente ed in modo permanente l’ambiente circostante il monumento vincolato, rendendo di
fatto inutile il vincolo; - non si tratta di opere pertinenziali ed in ogni caso aventi destinazione
agricola o agrituristica; - viene totalmente alterata la viabilità trasformando la zona agricola
interessata dall’insediamento che oggi vede la circolazione veicolare di soli mezzi agricoli nel
momento della semina, del raccolto e per la coltivazione dei terreni, in zona ad intensa attività
umana con ampia e quotidiana circolazione di mezzi;
Nel merito del progetto si possono fare le seguenti osservazioni:
a) impianto di biogas:
Non corrisponde al vero che l’attività di produzione di biogas sia un’attività tipicamente agricola è
evidentemente una forzatura, nel tentativo di provare che l’atto assunto sia legittimo.
Il biogas è una sostanza che è il risultato della fermentazione di prodotti che possono essere
agricoli, rifiuti, escrementi ecc… di certo non sono solamente agricoli!
In ogni caso, anche per evitare che l’attenzione del Presidente sia spostata altrove ciò che importa
nella fattispecie de qua non è se l’impianto sia, o meno, tipicamente agricolo ma, se tale
impianto possa insistere sull’area sottoposta a vincolo indiretto.
Ed evidente, anche ad un occhio inesperto, che l’impianto non possa essere realizzato perché, come
sostenuto dalla società Malpaga, è un’attività collegata all’attività agricola, o meglio è l’attività
agricola che viene posta alle dipendenze dell’impianto (più produciamo nei campi, più biogas
produciamo, più soldi prendiamo!) e non è un’attività pertinenziale1 come richiede il vincolo. 1 1. Si definisce Unità edilizia l'unità organica costituita da un edificio, quale oggetto dominante, nonchè dall'area di pertinenza e dalle eventuali
altre pertinenze.
2. Sono pertinenze di un edificio gli immobili che, pur autonomamente individuabili, non svolgono una funzione indipendente, ma sono posti in
rapporto durevole di relazione subordinata, al servizio della funzione o delle funzioni dell'edificio: area di pertinenza, o lotto, corpi accessori, anche
staccati dall'edificio principale, destinati a funzioni pertinenziali (quali garages, cantine, centrale termica e altri impianti), e inoltre alberature,
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Nulla questio sarebbe stata sollevata se la società Malpaga avesse chiesto di realizzare l’impianto,
perché società agricola, su terreni agricoli, ma nel caso di specie i terreni non sono solo agricoli ma,
sono pure vincolati e, quindi, debbono seguire le prescrizioni del vincolo!
Non è, peraltro, possibile sostenere che l’impianto rispetta i requisiti di costruzione imposti dal
vincolo.
Si ricordano solo alcune delle prescrizioni: 1) sono vietate nuove edificazioni; 2) non effettuare
movimenti di terra se non quelli agricoli (intesi chiaramente come movimentazione per la
coltivazione); 3) ricostruzione e sistemazione delle strutture esistenti; 4) saranno consentite solo
costruzioni di natura pertinenziale (cioè collegate a quelle esistenti!) e le nuove edificazioni non
dovranno avere un’altezza superiore al piano fuori terra2 - lo si ricorda un piano solitamente è alto
2,70 metri - (nel caso di specie l’altezza minima delle strutture complete è di 6 metri e con picchi
massimi di 10 metri per la torcia); 5) le nuove costruzioni pertinenziali siano similari a quelle
esistenti – trattasi di edifici del 1700 d.c. (mattoni, tetti con i coppi ecc…) - nel caso di specie la
maggior parte degli interventi è in cemento armato con un’altezza che si aggira tra i 4 e i 10 metri e
che, evidentemente, non hanno le caratteristiche architettoniche che il vincolo impone!
c) Localizzazione e caratteristiche dell’impianto:
impianti e altri manufatti di pertinenza, quali le recinzioni, le pavimentazioni, ecc.. Qualora l'edificio non abbia alcuna pertinenza esso coincide con
l'U.E.
2 1. Piano
Si definisce piano di un edificio l'insieme di spazi (chiusi o aperti e coperti) la cui superficie di calpestio è posta sulla medesima quota, oppure su
quote non eccessivamente dissimili in rapporto all'altezza degli spazi stessi; in ogni caso sono su due piani diversi due spazi nei quali la quota
dell'intradosso della chiusura o partizione superiore dell'uno è inferiore alla quota di calpestio dell'altro. Gli spazi che compongono un piano devono
essere, almeno per alcune parti, fruibili (ossia con altezza utile almeno pari a m. 1,80); eventuali intercapedini di altezza inferiore fra due solai
portanti sono ammissibili solo per ospitare cunicoli tecnologici o condotte impiantistiche, e non costituiscono un piano.
Il piano può essere delimitato in tutto o in parte da chiusure perimetrali, o anche privo di chiusure perimetrali; l'intradosso della partizione
superiore o della copertura può presentarsi piano, inclinato, voltato, ecc..
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La circostanza che l’impianto sorga, come descritto nella relazione tecnica illustrativa, a 751 metri
di distanza dal borgo ed in prossimità di un insediamento industriale (Accuma S.p.a.) è
assolutamente irrilevante.
In primo luogo va segnalato che il decreto di vincolo è del 1998, l’insediamento dell’Accuma S.p.a.
esisteva già almeno dai primi anni del 1980.
Il Ministero, pertanto, se ha ritenuto di estendere il vincolo sino a ridosso dell’impianto industriale
della società Accuma S.p.a. lo ha fatto perché riteneva (valutazione ritenuta corretta dal Tar Brescia
sentenza n° 144/2000) che la tutela dovesse estendersi sino ai confini con l’impianto industriale con
ciò escludendo la possibilità di realizzare strutture non compatibili con il vincolo!
In secondo luogo tutti gli interventi che vengono realizzati su aree soggette a vincolo, siano essi ad
un metro o a 1000 metri di distanza, devono rispettare i requisiti del vincolo (ex Sentenza 141/2000
Tribunale Amministrativo di Brescia).
Se è vero il principio sopra enunciato ed è vero: - Le strutture in cemento armato non sono ammesse
e l’impianto le prevede; - le caratteristiche architettoniche non sono quelle previste in loco; - le
strutture una volta ultimate avranno un’altezza superiore al piano fuori terra non importa, come
sostiene la resistente, che i camini, le torce sono strutture esili e removibili perché le stesse, una
volta che l’impianto sarà in funzione, saranno permanentemente fissate in loco e nessuno le potrà
togliere senza mettere in pericolo l’incolumità e la salute pubblica - perché senza esse l’impianto
non può funzionare; - le strutture non sono pertinenziali a strutture già esistenti; - le strutture non
hanno finalità agricola;
L’impianto, dunque, non è compatibile, aldilà dei tentativi pindarici e fantasiosi di uno o più tecnici,
che hanno sostenuto che una struttura alta più di sette metri in realtà non lo è perché alcune parti
sono amovibili.
DIRITTO
L'impugnato provvedimento deve essere annullato in quanto illegittimo per i seguenti motivi:
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1) nullità dell’atto impugnato per violazione o elusione del giudicato, ex art. 21 septies legge
241/1990 e successive modifiche:
L’atto qui impugnato e adottato dalla Provincia di Bergamo è nullo perché palesemente in contrasto
con una Sentenza già passata in giudicato.
La Sentenza del Tar di Brescia, richiamata in premesse, infatti, non si è limitata a respingere il
ricorso proposto dalla società Malpaga S.p.a. relativamente alla specifica richiesta di realizzazione
del piano di lottizzazione ma, ha precisato la ratio, l’estensione ed i vincoli imposti sui terreni
limitrofi al Castello di Malpaga.
In sostanza il Giudice Amministrativo ha fornito una cornice generale entro la quale doveva
necessariamente essere impostata l’azione amministrativa in sede di autorizzazione di opere da
realizzarsi sui terreni sottoposti a vincolo, ciò per evitare che l’atto amministrativo si ponesse in
contrasto con il Giudicato.
Sul punto la Giurisprudenza ha precisato che “il principio secondo cui l’atto amministrativo è
affetto da nullità ove si ponga in contrasto con un precedente giudicato amministrativo, opera
quando l’anzidetto contrasto è integrale, ma non anche nell’ipotesi in cui il nuovo provvedimento si
fondi su una pluralità di motivi, non oggetto di pronuncia giudiziale né dalla stessa esclusi”
(Consiglio di Stato, V, 14 Aprile 1993, n. 494).
In sostanza la Giurisprudenza richiede che l’atto sia in contrastato integrale con la sentenza che si
reputa violata!
Nel caso di specie l’atto assunto dalla Provincia di Bergamo è totalmente in contrasto con la
Sentenza del Tar qui richiamata laddove ha autorizzato la realizzazione di un impianto che, ex
facto, modifica l’assetto territoriale circostante il castello di Malpaga e viola tutti gli obblighi, le
prescrizioni ed i vincoli del decreto ministeriale 1998 e cristallizzati nella sentenza sopra
richiamata.
Nel ricorso già si è già detto che il decreto vincolo era stato impugnato dalla società Malpaga S.p.a.
che, come sostenuto dall’odierna resistente, è un tutt’uno con la società agricola Malpaga S.r.l., che
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aveva cercato, in prima battuta, di far dichiarare l’illegittimità del vincolo e, in seconda battuta, di
far ridurre l’estensione del vincolo ma, il Tribunale Amministrativo – sezione di Brescia e il
Consiglio di Stato hanno confermato la legittimità, l’estensione e le prescrizioni cui la
Soprintendenza, la Regione, la Provincia, il Comune e/o ogni altro ente pubblico e/o ogni altro ente
privato avrebbero dovuto rispettare nel momento in cui si interveniva sui terreni limitrofi al borgo
storico di Malpaga.
Non si può, dunque, sostenere che l’odierno intervento non debba soggiacere al giudicato già
intervenuto nei confronti della società Malpaga S.p.a. perché affermando ciò si verrebbe a creare
proprio quella situazione che il Tar di Brescia avrebbe voluto evitare: “…ciò solo in quanto solo il
penetrante vincolo introdotto con il decreto in considerazione pare poter costituire efficace
garanzia di conservazione di quell’ambiente, che si pone nel suo complesso…in funzione
interattivo con il monumento e che l’inesistenza di vincoli (o la posizione di vincoli meno
gravosi) potrebbe porre in concreto pericolo” (sentenza Tar sezione Brescia n. 141 del 23
Febbraio 2000).
Il giudicante del 2000, dunque, sapeva che estendere un vincolo più ristretto o meno gravoso
avrebbe di certo messo in pericolo il fortilizio di Malpaga e, quindi, confermò la legittimazione
del vincolo, le sue prescrizioni che ancora oggi dovranno trovare applicazione anche per
evitare che si crei un precedente, in contrasto con quanto sino ad ora sostenuto dalle
pubbliche amministrazioni, che ex facto eluda il decreto ministeriale di estensione del vincolo.
E’ solo il caso di ricordare all’Ill.mo Tribunale adito che la ratio del vincolo indiretto, ex art. 21
legge 1089/39 (oggi codice dei beni culturali ed ambientali) è la seguente “il vincolo si proponeva
la salvaguardia dell’integrità del castello “e delle sue condizioni di prospettiva, luce, cornice
ambientale e decoro” e a tal fine stabiliva che l’area segnata dal vincolo “doveva rimanere libera
da ulteriori costruzioni e non doveva essere oggetto di movimenti di terra (ad esclusione di quelli
agronomico/botanici). Soggiungeva che scopo dichiarato del vincolo era quello di preservare
l’area che circonda il quadrato fortilizio come “cornice originale, ricca di suggestioni pittoriche,
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in armonia con l’espressione agricola che connota (ancor oggi) la vasta pianura bergamasca e
dalla quale non si deve prescindere se si vuole che il monumento non divenga un cimelio quasi
mummificato dai restauri, ma sia ancor vivo di una umanità che ne fa il cuore pulsante di questo
brano di paesaggio rurale” (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n.° 1213/2004) e ancora “le
misure previste dall'art. 21 della legge 1 giugno 1939 n. 1089, a salvaguardia delle condizioni di
ambiente e decoro delle cose immobili tutelate dalla stessa legge, vanno stabilite con riguardo alla
globale consistenza della cosiddetta cornice ambientale, la quale, pertanto, si estende fino a
comprendere ogni immobile, purché in prossimità del bene monumentale, che sia con questo in tale
relazione che la sua manomissione sia idonea ad alterare il complesso di condizioni e
caratteristiche fisiche e culturali che connotano lo spazio a quello circostante” (cfr., ex plurimis,
Cons. St., Sez. VI, n. 233 del 2 marzo 1999).
In definitiva l’Amministrazione Provinciale avrebbe dovuto rigettare l’istanza della società Malpaga
perché quest’ultima era ed è in contrasto con un precedente giudicato, Sentenza Tar Brescia n. 414
del 2000, che aveva sancito non solo la legittimità del decreto ministeriale di estensione del vincolo
indiretto a tutela del Castello di Malpaga ma, aveva stabilito che sui terreni circostanti ed indicati
nel decreto Ministeriale 1998 sussisteva un vincolo di assoluta inedificabilità e di divieto di
movimentazione di terra diversa da quella agricola – botanica.
S’insiste, pertanto, affinché l’atto sia dichiarato nullo, ex art. 21 septies legge 241/1990 e successive
modificazioni, perché in contrasto con un precedente giudicato.
2) violazione e falsa applicazione del decreto ministeriale esteso sui terreni limitrofi al Castello
di Malpaga oltre che violazione dei principi sottesi all’art. 21 della legge 1089/39 ora D.lgs
42/2004:
Nella denegata e non creduta ipotesi in cui l’Ill.mo Tribunale adito dovesse ritenere l’atto
amministrativo non nullo, non potrà non rilevare che l’autorizzazione della Provincia di Bergamo è
in ogni caso illegittima ed annullabile perché in contrasto con il decreto ministeriale di estensione
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del vincolo indiretto ed in ogni caso in contrasto con la legge 1089/39 ora testo unico su beni
culturali ed ambientali.
Il legislatore, infatti, ha introdotto la normativa in esame con il preciso scopo di introdurre vincoli a
tutela di beni monumentali di particolare importanza che garantissero a pieno il monumento e
l’ambiente circostante.
Sul punto basti richiamare “le misure previste dall'art. 21 della legge 1 giugno 1939 n. 1089, a
salvaguardia delle condizioni di ambiente e decoro delle cose immobili tutelate dalla stessa legge,
vanno stabilite con riguardo alla globale consistenza della cosiddetta cornice ambientale, la quale,
pertanto, si estende fino a comprendere ogni immobile, purché in prossimità del bene monumentale,
che sia con questo in tale relazione che la sua manomissione sia idonea ad alterare il complesso di
condizioni e caratteristiche fisiche e culturali che connotano lo spazio a quello circostante” (cfr., ex
plurimis, Cons. St., Sez. VI, n. 233 del 2 marzo 1999).
Ora, nel caso di specie, la relazione tecnico scientifica, che forma parte integrante del decreto
ministeriale di estensione del vincolo indiretto a garanzia del Castello di Malpaga, dà ampio conto
della circostanza che il paesaggio che circonda il Castello (nell’estensione individuata dal vincolo)
esprime ancora oggi una identità analoga a quella del periodo coevo alla sua costruzione (con
esclusione delle aree boschive e di quelle coltivate a gelso) così come rappresentata in un antico
cabreo del 1791, tale da consentire la percezione d’insieme dell’immobile e del territorio ad esso
contermine in una prospettiva non molto dissimile da quella originaria.
Da detta relazione emerge, dunque, la logicità della scelta di mantenere intorno al Castello non solo
una zona di rispetto di ampiezza adeguata alla parte superstite del primitivo contado, ma di
conservare anche, in essa, il prevalente indotto uso agricolo e la tipologia degli edifici esistenti, a
tale uso correlati, con divieto di nuove costruzioni e con puntuali prescrizioni circa l’eventuale
manutenzione di quelli attuali.
Tra gli immobili sottoposti a vincolo vi è certamente la Cascina Dorotina di proprietà degli odierni
ricorrenti ed i terreni ad essa limitrofi.
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Gli interventi autorizzati dalla Provincia di Bergamo trasformano in modo permanente e tale da
modificare l’ambiente circostante il monumento in evidente contrasto con le prescrizioni
contenute nel vincolo.
S’insiste, pertanto, perché venga annullata la determina dirigenziale qui impugnata perché contraria
al Decreto Ministeriale di estensione del vincolo indiretto oltre che allo spirito del D.lgs 42/2004.
3) illogicità e/o irragionevolezza della motivazione, eccesso di potere dell’Amministrazione
Provinciale e della Soprintendenza dei beni Architettonici di Milano:
Nella denegata e non creduta ipotesi in cui l’Ill.mo Tribunale Amministrativo non ritenesse di dover
rilevare violazione e falsa applicazione delle norme e delle prescrizioni contenute nel decreto
ministeriale del 1998, non potrà non rilevare il difetto e/o l’illogicità della motivazione e l’eccesso
di potere del provvedimento della Provincia di Bergamo.
Va rilevato che, già in sede di conferenza di servizio l’Amministrazione Provinciale, la
Soprintendenza avevano ricevuto segnalazione circa la sussistenza del vincolo indiretto e l’esistenza
di Sentenze passate in giudicato che chiarivano i vincoli e le prescrizioni presenti sui terreni oggetto
d’intervento (Doc. 5 – 6).
L’Amministrazione Provinciale ha, ciò nonostante, ritenuto di dover approvare il progetto in
questione senza alcuna motivazione se non quella che la Soprintendenza dei Beni Architettonici di
Milano aveva espresso parere favorevole all’intervento.
In realtà la Soprintendenza, prima, con il proprio parere rilasciato in sede di conferenza di servizio e
l’Amministrazione Provinciale, poi, con il rilascio dell’autorizzazione hanno, ex facto, senza alcuna
motivazione plausibile che rendesse sostenibile l’autorizzazione, autorizzato un intervento in palese
contrasto con il vincolo sussistente in loco.
E’ solo il caso di ricordare che la Giurisprudenza ha sostenuto che “...Non al mero controllo
estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, bensì invece alla verifica diretta
dell’attendibilità delle operazioni tecniche compiute…il tasso più o meno elevato di opinabilità del
giudizio e la circostanza che la valutazione spetta, in prima battuta, all’amministrazione, non
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autorizzano a ritenere che ci si trovi in presenza di un insindacabile apprezzamento dell’interesse
pubblico” (C.d.S., Sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601).
La predetta decisione ha riconosciuto al giudice amministrativo un margine più ampio di sindacato
sulle valutazioni tecniche dell’Amministrazione.
La questione si pone, infatti, per quelle valutazioni che si prestano, obiettivamente, a una pluralità
di risultati, perché comportano l’utilizzo di canoni tecnici non univoci.
Si pensi a quanto si verifica proprio in tema di valutazioni estetiche, ai fini dell’imposizione di un
vincolo su una cosa di interesse storico o artistico: non è possibile tradurre la valutazione estetica in
operazioni puramente logiche, perché il punto di partenza dell’operazione amministrativa è
costituito dai canoni (o criteri) di valutazione ed essi non sono uniformi.
I canoni estetici sono differenti tra loro, riflettono sensibilità ed opinioni diverse, e la legge non ha
operato alcuna scelta a favore dell’uno o dell’altro. Di conseguenza, salvo casi estremi in cui la
rilevanza storica o artistica della cosa è riconosciuta pacificamente, o è negata altrettanto
pacificamente, non è possibile stabilire a priori se una cosa debba essere vincolata; spetta
all’Amministrazione applicare un canone estetico e conseguentemente, in base a tale canone,
assoggettare o meno a vincolo quella certa cosa.
Per i profili che riguardano il sindacato giurisdizionale, v’è da dire che se l’Amministrazione,
assunto correttamente un criterio tecnico, assume provvedimenti incoerenti o incompatibili con
esso, la sua attività è illegittima, perché affetta da contraddittorietà e illogicità; analogamente si
deve ritenere che se l’Amministrazione applichi un criterio tecnico assurdo (si pensi al caso che
ritenga insignificante un’opera d’arte unanimamente riconosciuta di valore assoluto), la sua attività
sia illegittima, perché il principio di ragionevolezza esige che l’Amministrazione operi in base ad
un criterio tecnicamente ammissibile, suffragato.
Il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici può svolgersi, allora, in base non al mero
controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, bensì invece
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alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro
correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo.
Nel caso di specie la Soprintendenza ha espresso un parere favorevole (Prot. n° 2540 del
09.03.2011 – Doc. 7) adducendo motivazioni che, in ogni caso, non consentono di superare le
prescrizioni del vincolo sussistente sui terreni oggetto d’intervento e, pertanto, del tutto illogiche e/o
errate.
La Soprintendenza, infatti, ha sostenuto che l’intervento è necessario per la tutela e la conservazione
ed il recupero del borgo storico di Malpaga ma, in realtà non si comprende come un intervento per
la produzione di Biogas possa essere necessario per la tutela, la conservazione ed il recupero del
borgo.
La scrivente difesa, comunque, ritiene che se anche ciò fosse provato non autorizza nessuno,
neppure, la Soprintendenza a sostituirsi al decreto di vincolo che ha imposto l’assoluta
inedificabilità dei terreni oggetto d’intervento e consente movimentazione di terra per scopi
agricolo - botanico e costruzioni pertinenziali con altezza massima di un piano fuori terra.
E’ solo il caso di ricordare che per pertinenziale si intendono quelle cose “destinate in modo
durevole al servizio o ornamento della cosa” (C.f.r. art. 817 c.c.).
Ordunque l’impianto di Biogas in questione non ha di certo natura di ornamento, atteso l’impatto,
se pur mitigato dalle varie prescrizioni degli enti, e neppure potrà essere considerato al servizio del
borgo storico ma, piuttosto, al servizio dell’attività agricola svolta dalla società Agricola Malpaga
S.r.l. che nulla ha a che vedere con il Borgo Storico.
Noti, infatti, l’Ill.mo Presidente che la società istante non è la proprietaria del borgo storico che
appartiene alla società Malpaga S.p.a. soggetto giuridico diverso e, fors’anche con obbiettivi
imprenditoriali diversi dalla società agricola Malpaga S.p.a..
In ogni caso anche se fosse provato che l’intervento è al servizio del Borgo di Malpaga lo stesso
deve e doveva rispettare le prescrizioni del decreto ministeriale di estensione del vincolo che
prescrive: “1) negli obblighi di mantenere l’area “libera da ulteriori costruzioni”; 2) di non
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effettuare “movimenti di terra” (ad esclusione di quelli richieste dalle attività agricole); 3) di
effettuare eventuali ricostruzioni degli edifici esistenti mantenendo “uguale volumetria, pari
sedime, medesime quote di gronda e di colmo, materiale di costruzione e caratteristiche
architettoniche tradizionali (il più possibile intonate all’ambiente in cui sorge il castello,
impaginazione delle forature di facciata”; 4) è ammessa l’edificazione di annessi pertinenziali,
dimensionati nei limiti di un piano fuori terra, nel rispetto dei caratteri stilistici e costruttivi
succitati, saranno consentite destinazioni d’uso agricole o agrituristiche”.
La Soprintendenza, pertanto, avrebbe dovuto chiedere che il progetto si uniformasse alle
prescrizioni del vincolo per poter esprimere un parere favorevole ma, nulla di tutto ciò è stato fatto
con evidente irregolarità del parere di quest’ultima e della determina dirigenziale della Provincia di
Bergamo.
Osservi, infine, L’illm.mo Presidente che la Soprintendenza interpretando ancora erroneamente il
decreto di vincolo ha affermato che “esprime parere favorevole poiché trattasi di lavori con
spiccata connotazione agricola utilizzando come fonte di energia biomasse e in considerazione del
fatto che sono state recepite le indicazioni date da questo ufficio”.
L’erroneità dell’ente pubblico sta nella circostanza che, pur trattandosi di attività collegata al mondo
agricolo, quest’ultima non è un’attività prettamente agricola ed in ogni caso autorizzabile nei terreni
oggetto di causa.
Basti a tal proposito visionare le fotografie dei primi lavori d’intervento, che qui si producono (Doc.
8), per rendersi conto che i movimenti di terra necessari per approntare le sole trincee per lo
stoccaggio dei materiali nulla hanno a che vedere con le movimentazioni di terra agricole -
botaniche consentite dal vincolo in questione.
Il parere della Soprintendenza, pertanto, è evidentemente illogico ed in ogni caso emesso violando
le prescrizione contenute nel decreto di vincolo che è la norma di riferimento dell’azione
dell’amministrazione nella vicenda in esame.
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Osservi l’Ill.mo Presidente che il principio dell’assoluta inedificabilità, ed in ogni caso del rispetto
delle prescrizioni di vincolo, è stato riconfermato dalla Soprintendenza dal 1998, anno di estensione
del vincolo, nel corso degli anni sino all’odierno parere che contrasta integralmente con i
precedenti!
Se illogico è il provvedimento della Soprintendenza ancora più illogico e/o privo di motivazione è
l’atto della Provincia di Bergamo.
Quest’ultima, infatti, aveva ricevuto le osservazioni circa la sussistenza del vincolo e l’esistenza
delle Sentenze passate in giudicato ma, non ha dato alcuna motivazione circa le ragioni che
consentivano di derogare alle prescrizioni vincolistiche contenute nel decreto ministeriale 1998 e
confermate dalla Sentenza Tar – Brescia n. 414 del 2000.
La Provincia di Bergamo, infatti, non poteva, come ha fatto, limitarsi a riferire che i pareri assunti
dagli enti consentivano di superare le eccezioni sollevate dalle parti ma, avrebbe dovuto motivare le
ragioni tecniche che consentivano di derogare al decreto ministeriale di estensione del vincolo ed,
inoltre, avrebbe dovuto verificare eventuali soluzioni alternative.
La società Agricola Malpaga S.r.l. e la società Malpaga S.p.a. avrebbero potuto realizzare il
medesimo intervento, come segnalato peraltro dai soggetti presenti alla conferenza dei servizi, in
una localizzazione meno impattante ovvero presso la cascina Ursina ove vi sarebbero stati anche i
volumi utili per la realizzazione dell’impianto senza violare le prescrizioni del vincolo.
E’ evidente, pertanto, l’eccesso di potere, l’illogicità e per alcuni versi l’assenza della motivazione
da parte della Pubblica Amministrazione che nell’esercizio del proprio dovere ha autorizzato
un’opera che non poteva essere autorizzata, perché in palese contrasto con la normativa vigente e,
senza alcuna valida motivazione tecnico scientifica che giustificasse l’intervento e/o la deroga alle
prescrizioni vincolistiche.
4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 D.LGS 387 laddove è ammesso che
l’autorizzazione unica integrata possa derogare ed essere variante allo strumento urbanistico
purchè siano rispettate le normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente e della salute:
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L’art. 12 del D.Lgs. n. 387, in forza del quale è stata emessa la determina in questione, stabilisce
che la “autorizzazione unica … costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico”.
Tale norma, però, statuisce, inequivocabilmente, che ciò deve avvenire nel rispetto, tra l’altro,
“delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente”.
E, dunque, anche della sua salubrità (del resto, non vi può essere dubbio alcuno – secondo
l’insegnamento della Corte costituzionale – che, nel conflitto tra concorrenti valori
costituzionalmente protetti debba prevalere quello poziore, e, dunque, senz’altro quello alla salute).
Discende, da ciò, una considerazione critica al progetto della Società Agricola Malpga S.r.l. che
rendeva non solo inammissibile il progetto ma, neppure autorizzabile!
L’impianto in discussione rientra senz’altro tra le industrie insalubri di prima classe, e, in
conseguenza di ciò, trova applicazione l’art. 216 del TULS.
La norma in commento stabilisce che “Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o
altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti
sono indicate in un elenco diviso in due classi. La prima classe comprende quelle che debbono
essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni”.
A tal proposito si osservi che “per giustificare il divieto di installazione di attività rientranti nella
prima classe prevista dal DM 5 settembre 1994 devono sussistere due necessari requisiti: 1) da un
lato dovrà dimostrarsi l’apprezzabile vicinitas dei nuclei abitati alla zona ove sarà attivato
l’impianto e, 2) dall’altro, dovrà necessariamente essere accertata in concreto l’effettiva carenza di
salubrità del suddetto impianto”.
Nella vicenda che ci occupa nelle immediate vicinanze dell’area ove si intende insediare l’industria
insalubre (circa 15 metri), vi è una cascina con destinazione residenziale oltre ad altre cascine nel
raggio di circa (meno di 200- 400 metri), il primo requisito può considerarsi provato ex facto.
Il secondo requisito necessita certamente di una maggiore attenzione ma, esso stesso potrà
considerarsi come pacificamente sussistente per le seguenti logiche considerazioni:
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1) la richiesta della Società Agricola Malpaga S.r.l. è stata trasmessa alla Provincia di Bergamo nel
2010 ed insiste in una zona di particolare pregio paesaggistico visto il decreto di vincolo di cui
sopra;
2) la società agricola Malpaga S.r.l. utilizzerà per la realizzazione dell’insediamento terreni in
precedenza agricoli e vincolati;
3) la situazione dal punto di vista non solo urbanistico ma anche sanitario (aria e rumore), prima
della richiesta, va assimilata a quella di una zona agricola, già critica per la presenza della società
Accuma S.p.a., il cui maggior rumore che si poteva sentire è il passaggio di qualche mezzo agricolo
ed il cinguettio degli uccellini;
E’ chiaro che qualsiasi insediamento avrebbe peggiorato la qualità dell’aria e del rumore e,
conseguentemente, la salubrità dell’ambiente.
La Provincia non ha considerato minimamente tali aspetti ritenendo erroneamente che
l’autorizzazione integrata potesse derogare anche al diritto costituzionale alla salute ma, è evidente,
che ciò non possa accadere.
I suindicati motivi di ricorso debbono intendersi graduati secondo l'ordine d'esposizione e, in base a
tale ordine, se ne chiede l'esame e l'accoglimento;
***
I sig.ri Maria Britta, Giuseppe Togni, Pezzoli Antonio, Fratus Luciano, Verdelli Emma, Pizzaballa
Simone, e Fumagalli Angelo chiedono l'accoglimento delle seguenti
CONCLUSIONI
Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito,
NEL MERITO:
- annullare gli atti impugnati ed ordinare alla società agricola Malpaga S.r.l. il ripristino dello status
quo ante precedente all’inizio dei lavori;
- In ogni caso con vittoria di spese competenze ed onorari di lite;
IN VIA ISTRUTTORIA:
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Si chiede che l’Ill.mo Presidente acquisisca dall'Amministrazione tutti gli atti del procedimento e, in
particolare, i seguenti atti e documenti non più in possesso dei ricorrenti:
- istanza della società Agricola Malpaga S.r.l. prot. prov. n° 97775 del 28.09.2010 e relativi
allegati tecnici oltre che disegni tecnici;
- istanza della società Agricola Malpaga S.r.l. prot. prov. n° 97775 del 28.09.2010;
- gli atti ed i documenti oltre che i pareri resi nelle conferenze di servizio svoltesi presso la
Provincia di Bergamo;
- i pareri resi dalla Soprintendenza dei Beni Architettonici di Milano dal 1998, data di
estensione del decreto di vincolo, ad oggi ed in particolare:
- parere negativo espresso dalla Soprintendenza circa la realizzabilità in comune di
Caverango (BG) tra la Via Roma e la Via Per Bagnatica di una rotatoria (istanza inoltrata
dal Comune di Cavernago);
Si allegano:
1) determina dirigenziale n° 1313 del 06.05.2011;
2) decreto di vincolo;
3) Sentenza Tar Brescia n° 141/2000;
4) Sentenza Consiglio di Stato n° 2765 del 2001;
5) Lettera Togni Giuseppe del 17.01.2011;
6) Posta elettronica certificata Togni Giuseppe del 30.01.2011;
7) Parere Soprintendenza del 21.02.2011 prot. n° 2540;
8) alcune fotografie lavori e CD – ROM contente fotografie dei lavori da diverse angolazioni;
Cavernago, lì 06.09.2011
Maria Britta Giuseppe Togni
Pezzoli Antonio Fratus Luciano
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Verdelli Emma Pizzaballa Simone
Fumagalli Angelo
RELAZIONE DI NOTIFICA
A richiesta come in atti dei sig.ri Maria Britta, Giuseppe Togni, Pezzoli Antonio, Fratus Luciano,
Verdelli Emma, Pizzaballa Simone, e Fumagalli Angelo elettivamente domiciliati presso il sig.
Pezzoli Antonio sita in 24060 Ghisalba (BG) – Via Vittorio Alfieri n. 12 io sottoscritto Ufficiale
Giudiziario addetto all’ufficio notifiche del Tribunale di Bergamo – sezione distaccata di Grumello
del Monte, ho notificato copia conforme all’originale del suesteso ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica:
- alla PROVINCIA DI BERGAMO, in persona del Presidente pro tempore, mediante spedizione
di copia conforme all’originale in 24100 Bergamo (BG) – Via Torquato Tasso n. 8 a mezzo del
servizio postale
- alla Società AGRICOLA MALPAGA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,
mediante spedizione di copia conforme all’originale presso la sede legale sita in 24050 Cavernago
(BG) – frazione Malpaga – Località Cascina Ursina
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