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PREGHIERA INTRODUTTIVA “Progetto con Dio… abito il presente”! Una storia – Il segreto della vita. Tanto tempo fa c’era un uomo che cercava ardentemente il segreto della vita. Un saggio gli indicò un pozzo che possedeva la risposta. L’uomo corse al pozzo e pose la domanda: “C’è un segreto della vita?”. Dalla profondità del pozzo echeggiò: “Vai al crocicchio del villaggio: là troverai ciò che cerchi”. L’uomo obbedì, ma al luogo indicato trovò soltanto tre botteghe: una vendeva fili metallici, un’altra legno e la terza pezzi di metallo. Nulla e nessuno in quei paraggi sembrava avere a che fare con il segreto della vita. Deluso, l’uomo tornò al pozzo a chiedere una spiegazione, ma il pozzo gli rispose: “Capirai in futuro”. Col passare del tempo, il ricordo di questa esperienza svanì, finchè una notte udì il suono di un sitar, lo strumento musicale dell’oriente. Era una musica meravigliosa. Affascinato, si diresse verso il suonatore; vide il sitar e gridò di gioia, perché aveva capito. Il sitar era composto di fili metallici, di pezzi di metallo e di legno come quelli che aveva visto 1

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PREGHIERA INTRODUTTIVA

“Progetto con Dio… abito il presente”!

Una storia – Il segreto della vita.Tanto tempo fa c’era un uomo che cercava ardentemente il segreto della vita. Un saggio gli indicò un pozzo che possedeva la risposta.L’uomo corse al pozzo e pose la domanda: “C’è un segreto della vita?”.Dalla profondità del pozzo echeggiò: “Vai al crocicchio del villaggio: là troverai ciò che cerchi”. L’uomo obbedì, ma al luogo indicato trovò soltanto tre botteghe: una vendeva fili metallici, un’altra legno e la terza pezzi di metallo. Nulla e nessuno in quei paraggi sembrava avere a che fare con il segreto della vita. Deluso, l’uomo tornò al pozzo a chiedere una spiegazione, ma il pozzo gli rispose: “Capirai in futuro”. Col passare del tempo, il ricordo di questa esperienza svanì, finchè una notte udì il suono di un sitar, lo strumento musicale dell’oriente. Era una musica meravigliosa.Affascinato, si diresse verso il suonatore; vide il sitar e gridò di gioia, perché aveva capito. Il sitar era composto di fili metallici, di pezzi di metallo e di legno come quelli che aveva visto nelle tre botteghe al crocicchio del villaggio e che aveva giudicato senza particolare significato.

Sui sentieri quotidiani dell’esistenza al “crocicchio del villaggio”, anche qui, oggi, il Signore ti aspetta per svelarti il segreto della vita.

“Crocevia” per scoprire nel villaggio del presenteil “segreto della vita”.

1. Attendere qualcosa, parla di tendere a, essere tesi verso qualcosa; dunque c’è sempre un desiderio, nella speranza: che nome hanno i nostri desideri? Prima ancora: abbiamo dei desideri? Il nostro tempo rischia di trasformare i desideri in semplici voglie. “Se le persone non trovano

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quello che desiderano, si accontentano di desiderare quello che trovano…”, ha detto qualcuno. Desidero? Che cosa?

2. Altro ingrediente è la fiducia: Siamo disposti a non mettere misure alla fiducia, quando da ogni parte ci giungono messaggi minacciosi, inviti alla “prudenza”, al “buon senso”? Quanti proverbi miopi e diffidenti incontriamo: “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”… “Buoni sì, ma non fessi…”. In realtà coloro che parlano così sono persone ferite, che non hanno potuto dare un significato agli inevitabili limiti della vita, nelle sue tante umanissime variazioni, come se il limite fosse segno unicamente di una sconfitta, di un errore, una sventura.. Ho fiducia ancora? In che misura?

3. Si tratta di incontrare e fidarsi di Qualcuno del quale abbiamo conosciuto l’amore: qui sta il segreto della Speranza. Sapere che siamo Amati infinitamente da Dio, che questo Signore è Dio per me, ieri, oggi e sempre, che questo Signore mi ha sempre accompagnato nella vita, anche quando non lo vedevo e mai mi lascerà…

“Sperare è ben più che desiderare, e noi spesso confondiamo l’una cosa con l’altra.

Sperare è attendere con illimitata fiducia qualcosa che non si conosce,ma da parte di Colui del quale si conosce l’amore”.(M. Delbrel)

Conosco il Signore o, almeno, lo cerco? 4. Non andare altrove… “C’è una cosa che si può trovare in un unico

luogo al mondo, è un grande tesoro. Lo si può chiamare il compimento dell’esistenza. E il luogo in cui si trova questo tesoro è il luogo in cui ci si trova… Ci sforziamo sempre, in un modo o nell’altro, di trovare da qualche parte quello che ci manca. Da qualche parte, in una zona qualsiasi del mondo o dello spirito, ovunque tranne che là dove siamo, là dove siamo stati posti; ma è proprio là, e da nessun’altra parte, che si trova il tesoro. Nella situazione che mi è toccata in sorte, in quello che mi capita giorno dopo giorno, in quello che la vita quotidiana mi richiede: proprio in questo risiede il mio compito essenziale, lì si trova il compimento dell’esistenza messo alla mia portata”. (Martin Buber) Vedo nella mia vita tutto il bene che vi è contenuto? Prendo con gratitudine tutte le piccole cose di cui è intessuto il mio quotidiano?

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La Speranza è Il segreto della vita! Finchè come esseri umani siamo in cammino, cioè dentro questa vita, questo tempo, questo mondo, ciò che ci fa stare in piedi è solo quella che chiamiamo speranza: un uomo senza speranza in qualche modo non esiste, sbiadisce. Chi non attende più niente dalla vita è come morto…La bellezza della vita è nel vedere che la storia propria e del mondo è abitata da Dio, nasconde in sé una promessa; è nel camminare verso quella promessa… ci chiediamo: come sto a speranza?

UN INVITO. Ci vuole audaciaCi vuole audacia. La Vita che state vivendo vivetela in modo denso. Perché non tornerà più. E non abbiate paura di entusiasmarvi per le cose. Molti di voi hanno paura. Hanno paura che un giorno la Storia, il loro futuro possa ridacchiare sul loro presente. Molti hanno paura di esporsi. Per non correre il rischio di subire il contraccolpo di questa disunione tra i sogni di oggi e la realtà di domani, preferiscono non sognare.E questo significa dare le dimissioni dalla Vita.Aver paura di entusiasmarsi oggi, alla vostra età, significa suicidio. Un giorno vi scalderete alla brace divampata nella vostra giovinezza. Non abbiate paura di entusiasmarvi. C’è tantissima gente che mangia il pane bagnato col sudore della fronte dei sognatori. Ci sono tanti sognatori. Meno male che c’è questa dimensione del sogno nella vita: sono ganci a cui attaccarci. Meno male che ci sono dei pazzi da slegare, da mettere in circolazione perchè vadano a parlare di grandi sogni. Quello che è pericoloso è che i sogni si raffreddino nel cuore dei giovani.Io vi voglio augurare che non abbiate a perdere la dimensione della quotidianità e del sogno. Scavate sotto il vostro lettuccio e troverete il tesoro. Non siete inutili, siete irripetibili. (D. Tonino Bello)

RACCONTO: L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono

Cosa sogni per la tua vita?

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Fai memoria: da che aspetti, incontri, esperienza della tua vita nasce il tuo sogno?

Guarda avanti: quali sono le tue paure? Su che cosa e su chi, puoi contare?

Guarda il presente: come stai facendo crescere il tuo sogno?

CANZONE, Ho imparato a sognare (Mannoia) Ho imparato a sognare, che non ero bambino che non ero neanche un’etàquando un giorno di scuola mi durava una vita e il mio mondo finiva un po làtra quel prete noioso che ci dava da fareil pallone che andava come fosse a motorec’è chi era incapace a sognare e chi sognava giàHo imparato a sognare e ho iniziato a sperareche chi ha d’avere avrà ho imparato a sognare

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quando un sogno è un cannone, che se sogni ne ammazzi metàquando inizi a capire che sei solo e in mutandequando inizi a capire che tutto è più grandec’è chi era incapace a sognare e chi sognava giàTra una botta che prendo e una botta che dotra un amico che perdo e un amico che avròe se cado una volta una volta cadròe da terra, da lì m’alzeròC’è che ormai che ho imparato a sognare non smetteròHo imparato a sognare quando inizi a scoprireche ogni sogno ti porta più in làcavalcando aquiloni, oltre muri e confiniho imparato a sognare da là quando tutte le scuse,per giocare son buone quando tutta la vita è una bella canzonec’è chi era incapace a sognare e chi sognava giàFra una botta che prendo e una botta che dotra un amico che perdo e un amico che avròe se cado una volta una volta cadrò e da terra, da lì mi alzeròC’è che ormai che ho imparato a sognare non smetteròC’è che ormai che ho imparato a sognare non smetteròC’è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò

Osserviamo la nostra vita come il luogo in cui il Signore ci ha già incontrato, ci chiama

e ci invita a realizzare insieme il nostro sogno, che è anche il suo progetto.

Per guardare e sognare, Signore, devo rinunciare ad essere un viaggiatore distratto, un passeggero annoiato, un turista stanco.Per guardare e vedere la tua presenza devo fermarmi, per guardare devo fissare Il mio sguardo e il mio cuore alla ricerca di qualcosa o di qualcuno…In quel momento, come per incanto,quello che accade non è più una combinazione casuale di colori e di cose…Se osservo e sogno è perché sono sicuroche non è tutto casuale su questa terrae che per decifrare questa realtà complessa

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di uomini e di cose, di affetti e di relazionibisogna trovare la chiave capace di aprire ogni porta.

Se osservo e sogno è perché non ho perdutola voglia ei esplorare, la speranza di scoprire,il desiderio di imbattermi in qualcosa di grande e di bellocapace di catturare tutta la mia vita.

Se osservo e sogno è perché so che sotto la superficie della realtàprima o poi riuscirò a decifrare i segni della tua presenza, Signore,le tracce della tua azione.E allora non potrò che rallegrarmi di tutto quello che tu faiper cambiare la mia vita e la faccia della terra.E allora non potrò più sentirmi sola,né abbandonata al mio destino, perché tu sei qui accanto a me, e continui a offrire misericordia e vita.

E se, osservando, vedo solo che il mio presente è tanto grigio?Una storia. In autunno, raccolsi tutte le mie pene e le sotterrai in giardino.

Quando rifiorì primavera, ed aprile e la terra celebrarono le nozze, il mio giardino fu cosparso di fiori splendidi e rari. I miei vicini vennero ad ammirarli e ognuno mi disse: “Quando tornerà l’autunno, la stagione della semina, ci darai dei semi di questi fiori perché possiamo piantarli nei nostri giardini?”. (K. Gibran)La notte più oscura ha una

fine luminosa Dio è colui che

semina nel nostro campo

cento alberi al giorno…Guida: La nostra esistenza può ben essere paragonata a un grande campo in cui viene a realizzarsi un’abbondante semina.

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Fin da quando siamo piccoli, seminano i genitori, i nonni, seminano gli amici, semina la scuola, la parrocchia, facebook, la strada, gli eventi. Ciascuno lancia il suo seme. La maggioranza è costituita da semi di bontà, molta è gramigna… Il nostro campo deve convivere con tutto, la nostra esistenza si attrezza per difendersi, ma il buon seme, il buon grano c’è. Perché spesso non cresce? Cosa manca al mio terreno perché il seme dei miei sogni metta radici?

Una parabola I parte - I miei cento alberi

al giorno… 1 lettore: Signore, tu hai seminato molti semi in questi anni. Il

tuo è un modo originale di fare: spargi i semi a piene mani, gettandoli con abbondanza, quasi senza calcolo, persino su di un suolo – come il mio – che gran parte delle volte si presenta inadatto, non pronto. Perché hai voluto seminare così a larghe mani, a spreco? Per incapacità? Per incoscienza?

Signore: Ho fiducia nella produttività dell’amore seminato a spreco. Confido che, in un modo o nell’altro, prima o poi, l’amore seminato susciterà in te interesse e risposta. So che presto o tardi, l’amore farà breccia in te. Sono certo dell’infallibilità dell’amore che ti ho donato. L’amore non è mai vinto, ma è sempre vincitore. Io sono Colui che in amore tutto crede possibile. Il mio amore è offerto gratis, nessuno escludendo. Lo dono a te senza calcolare - come tu fai di solito - , in anticipo la corrispondenza: io gioco d’azzardo, puntando anche laddove le tue condizioni non appaiono favorevoli…

1 lettore: Signore, quante resistenze e quanta diffidenza incontra il tuo amore nel mio terreno! Il seme dell’amore è sempre il tuo, io posso solo offrirti il mio terreno, quale terreno! Non sempre fertile come lo vorresti tu.

2 lettore: Signore, il mio terreno è una povera strada sulla quale è caduto il seme dell’amore che, subito, è stato portato via dagli uccelli. Signore, non ho saputo esporre il mio cuore all’amore, ho avuto paura dei miei sogni e ho lasciato tutti i semi di amore sulla soglia della mia vita… era troppo rischioso compromettersi… e se poi tutti se ne andavano via? E se mi fidavo e poi venivo tradito? E se..?Il contatto con l’amore, il tuo e quello dei miei fratelli è rimasto a fior di pelle, occasionale e fugace. Ancora non mi fido…

- Questa mia paura non ha permesso al seme dell’amore di crescere in me. Ho ceduto alla tentazione maligna di non credere più in un Amore che può coinvolgere e cambiare la vita, Signore, ti rioffro il mio terreno, Kirie eleison,

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- Signore, stento a credere che esista un amore che vada al di là dell’emozione, di qualche momento magico della vita. Signore, ti rioffro il mio terreno, Kirie eleison.

2 lettore: Signore, il mio terreno è stato tutto sassoso, pieno di cose, per cui l’amore non ha potuto mettere radici profonde in me. Il tuo amore in alcuni momenti mi ha raggiunto, ma sono stato incostante e non ho permesso con la preghiera e i sacramenti di renderlo profondo, di superare le inevitabili difficoltà della crescita. Signore, quante volte ho avvertito il fascino del tuo amore “fino alla fine”, senonchè appena intuisco che tale amore “fino alla fine” richiede il mio “perdere la vita” insorge in me la paura e scappo…

- Signore, ho ammirato tanto il tuo amore, ma l’ho poco “frequentato” nella preghiera e nell’Eucaristia, per cui non sono stata in grado di viverlo. Non ho permesso alla Tua grazia di scavare in me la capacità di amare come Tu mi ami. Signore, ti rioffro il mio terreno, Kirie eleison.

- Signore, ho ritenuto la tua proposta di amore, solo per “santi”, troppo pesante per essere ricambiata, ho contato solo sulle mie povere forze e così sono venuto meno. Signore, ti rioffro il mio terreno, Kirie eleison.

2 lettore: Signore, la mia vita è stata un groviglio di spine, di preoccupazioni, di ansie e il seme dell’amore non ha potuto crescere. Sono stato eccessivamente preoccupato di far fronte agli impegni materiali, di interesse pratico, o alla voglia di divertimi, per cui l’amore non ha inciso nella mia vita. Signore, ho desiderato tanto scrivere la mia vita con l’inchiostro di un amore libero e forte come il tuo, ma troppo presa dalle occupazioni e interessi del vivere, ho soffocato l’amore.

- Signore, ho sempre trovato motivi per “rimandare l’appuntamento” con il tuo amore, Signore, ti rioffro il mio terreno, Kirie eleison.- Signore, il tuo amore è esigente: richiede il primato su qualsivoglia preoccupazione e interesse. Signore, ti rioffro il mio terreno, Kirie eleison.

Signore: Il seme dell’amore e della mia Parola non ottengono risultato in te se tu non ti decidi a “prendermi decisamente con Te”, a “prenderti cura della mia Vita in te”. Non fermarti al fallimento, ma credi di più al mio amore che può fare questo miracolo.

2 lettore: Signore, ti rioffro il mio terreno, la mia “terra finalmente buona”: ti faccio spazio nella mia vita e mi dispongo ad accoglierti. Signore, non voglio continuare a decidere io della mia vita: voglio che il seme dell’amore “trapassi” la mia terra. Ti dico: Signore, sia fatta la tua volontà”.

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II parte … crescono oggi nel terreno buono della mia disponibilità

Signore, ti rioffro il mio terreno, sia fatta in me sempre e completamente la tua volontà, Kirie

eleison.Silenzio

Tutti: Signore, la grandezza nasce piccola. Oggi è piccolo il seme dell’amore e dei nostri sogni dentro di noi, ma ora sai che puoi contare sul nostro terreno. L’amore nostro si nutre di rinnovata speranza in te. Il tempo tra il seme gettato nel nostro cuore e l’albero dispiegato è il tempo in cui l’amore prende il nome di abbandono in te. Ora sappiamo che, anche se vediamo il seme dell’amore scomparire nella nostra terra, presto sarà un albero. L’amore non teme di scomparire nella vita dell’altro, poichè sa che là comincerà segretamente a suscitare la comunione amorosa. Ci saranno dei momenti in cui la temporanea inevidenza dell’amore renderà arduo l’amore stesso: continua a seminare in noi l’amore, Signore, perché possa far nascere il frutto della comunione piena con te. Signore, vieni presto nel mio campo e l’amore metta radici profonde nel mio cuore!

Segno. Ciascuno pianta un seme nel proprio terreno, il seme dell’amore che Dio ha riversato nella vita, il seme dei sogni da realizzare insieme a Dio, sapendo che in essi è già contenuta tutta la ricchezza, la grazia e la forza vitale per farlo divenire realtà. Canto: Il seme del tuo campo

III parte … e Dio non si stanca mai di far crescere e di attendere!

Video di Papa Francesco – Domenica 7 aprile 2013 – La pazienza di Dio

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Abitare con GesùDal Vangelo di GiovanniSei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento.

Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: «Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?». Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». (Gv 12,1-10)

Descrizione dell’iconaPer troppo tempo si è pensato che Marta e Maria rappresentassero una la vita attiva e l’altra la vita contemplativa, alla quale sono chiamati solo gli “eletti”. Nel vangelo, Maria è così assorta dall’ospite che è entrato nella sua casa da dimenticare il suo ruolo tradizionale di donna, cioè quello di badare alla casa, di servire gli uomini, di dare da mangiare agli ospiti. Marta invece è prigioniera del suo ruolo e neppure se ne rende conto. Ma c’è una sola cosa necessaria: ritrovare, nello stare con il Signore, la propria libertà. Il rimprovero fatto da Gesù a Marta non è in nome di una virtù ascetica della

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quale Maria sarebbe l’esemplare; è in nome, invece, di quella libertà evangelica che Maria ha ottenuto in dono, ascoltando il Signore. Cristo rimprovera Marta non perché fa delle cose, ma perché si agita. L’inciampo è causato dall’agitazione, dove Marta ha un’idea di che cosa bisogna fare e, siccome Maria invece non lo fa, prova un gran fastidio

Una mensa – Il luogo dell’incontroNel mosaico vediamo una mensa rossa, luogo della familiarità, dell’intimità, dell’amicizia. Questa mensa attraversa il cielo e tutto il creato, perché è l’amore di Dio. Infatti Cristo, più che sedere accanto ad essa, sembra essere sul tavolo, perché è Lui il vero cibo dell’amicizia. La pietra usata per diventare lo sgabello di Cristo contiene tanti fossili, quasi a ricordare che “la terra è lo sgabello per i piedi di Dio” (Mt 5,35).

Gesù viene a cena anche da te… vuole entrare in familiarietà e in amicizia con te… senti il suo invito: Vuoi essere uno dei miei?

Il lino – il riconoscimento del SignoreIn Gv 12 le sorelle Marta e Maria hanno preparato una cena per festeggiare la vita del fratello Lazzaro, che si intravede alla sinistra del mosaico, mentre sta uscendo dalla tomba con le fasce che si stanno ancora sciogliendo. E qui troviamo la mensa della cena di Betania. Un unico lino unisce nello stesso atto di amore, di tenerezza, di servizio e di contemplazione le due sorelle: Maria più silenziosa, ai piedi; Marta, l’attiva, che serve, e che giunge all’apice della contemplazione: quello di vedere nel maestro, nell’amico, il Figlio di Dio, cioè Dio, la Vita e la Risurrezione. E’ lei che per prima lo riconosce esplicitamente. Dice questo offrendogli il pesce: ichtys, in greco, Iesous Christos Theou Yios Soter, cioè “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore”. Marta è contemplativa perché riesce a vedere in una realtà un’altra più profonda. Dal momento che la

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risurrezione è credere in Gesù, perché chi vive e crede in Lui non muore in eterno (cf Gv 11,25), la “confessione di fede” di Marta è anche la risurrezione delle due sorelle. Marta e Maria qui sembrano come intrecciarsi: non si capisce dove “inizia” l’una e dove “finisce” l’altra. La loro “base” è comune. In ognuno convive un po’ di Marta e un po’ di Maria.

Puoi avvicinarti al Signore. Egli aspetta un tuo gesto di amicizia, di attenzione, di apertura a lui. E’ seduto. Non ha fretta di andarsene.

E’ venuto per te. Aprigli il cuore e lasciati conoscere e guardare. Semplicemente.

Betania - La casa dei veri amiciSe ci lasciamo condurre da Gesù fino a Betania (“casa del pane”), tutto diventa più familiare e affettuoso. Quasi abbiamo l’impressione di ritrovare persino i sentimenti più profondi che legavano Gesù ai Suoi amici più intimi e fidati, nell’ora della prova, nell’imminenza della Sua morte.

A Betania Gesù ritrova coloro che hanno scelto, fidandosi, di stare semplicemente dalla Sua parte. Pronti persino a pagare con la morte questo loro atto d’amore: “Intanto la gran folla di Giudei venne a sapere che Gesù si trovava là, e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù” (Gv 12,9-11).

Anche a te il Signore chiede se vuoi essere dalla sua parte, ossia se vuoi provare a fidarti di Lui.

Penso a ciò che più mi preoccupa e lo affido al Signore. Consegno ogni mia preoccupazione nelle sue mani e nel suo cuore.

Gesù – colui che si lascia amareGesù con i Suoi Si sente semplicemente l’Amato che, pur provato e stanco, prova in Se stesso un profondo e comprensibile bisogno di sentirSi amato: “sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali” (Gv 12,1-2).

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Egli, che già S’era definito come Colui che serve per amore – “Perché, chi è più grande, colui che è a tavola oppure colui che serve? Non è forse colui che è a tavola? Ma io sono in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27) –, nell’imminenza della Sua Pasqua, accetta di lasciarSi amare, lasciandoSi servire. Certo, se grande è l’amore di chi propriamente dona, più grande ancora è l’amore di Colui che Si dona, lasciandoSi servire. Come scivolando nell’altro senza fatica. Permettendo piuttosto all’altro – stiamo già parlando di Maria – di intuire persino la Sua stessa fragilità e l’angoscia delle proprie paure. Il Figlio di Dio, Colui che sta al principio dell’amore (“Dio è amore”, 1Gv 4,8), in quest’‘ora’ decisiva, stende dunque la Sua mano, insegnandoci come si ama davvero, senza più alcuna riserva: “Or prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta per lui l’ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1).

Guardo a lungo e con tenerezza il Signore, che per amore tuo si lascia amare da te, che si è voluto rendere vulnerabile

perché tu potessi avvicinarti a Lui.Lasciati toccare da questo suo gesto di umiltà e di amicizia.

Marta e Maria – due modi di amareE attorno a Gesù – perché “io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché l’amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro” (Gv 17,26) – stanno anzitutto coloro che, avendoLo intuito, hanno cominciato, semplicemente, ad amarLo così. Rischiando di amarLo così. VolendoLo amare alla follia. Senza ritorni. Senza le riserve o i calcoli di Giuda (Gv 12,4-8). C’è Marta, anzitutto. Così predisposta al servizio: “Marta serviva” (Gv 12,2, come anche Lc 10,38-41). Soprattutto c’è Maria, che compie il gesto più delicato che i Vangeli conoscano nei confronti di Gesù: “presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì

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del profumo dell’unguento” (Gv 12,3). Ancor prima di comprendere il senso simbolico di questo gesto, conta gustarlo nella sua immediatezza. Anche solo per la carica di affetto profondo e appassionato che emana. Come il profumo che tutto s’espande nella sua casa. Come la fragranza del pane della Sua Pasqua. Maria è davvero l’amante che sa stare al suo posto, ai piedi dell’Amato. Come già era capitato: “sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola” (Lc 10,39). Colei che sa propriamente stare, discreta e attenta, alla soglia dell’Amore. Proprio come Maria di Magdala, che “se ne stava fuori vicino al sepolcro a piangere” (Gv 20,11). Sempre in ascolto. In accogliente e profonda attesa. Del resto di lei non si registra alcuna parola. L’esemplarità del suo gesto, semplicemente, ci induce ad amare volentieri Colui che, pazientemente ci conduce al cuore, alla pienezza dell’amore (Gv 15,9).

Guardo Marta e Maria, così diverse, così unite dallo stesso amore.

Penso a come posso dimostrare al Signore di volergli bene.

Almeno decido di conoscerlo di più…

Restiamo ai suoi piediE’ a Lui, dunque, che dobbiamo guardare, in modo diretto. Consapevoli che, anche nei confronti della Sua fragilità, ci è chiesto un atto di tenerezza discreta e di amore senza limiti. E se mai ci fosse data la grazia di accorgerci che anche qualcun altro Lo ama, lasciamolo fare, semplicemente: “Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri li avete sempre con voi, ma non sempre avete me” (Gv 12,8). Infinite sono, dunque, le strade dell’amore. Perché il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce” (Pascal, Pensieri, 146).Con questo spirito, dunque, ci inoltriamo nell’incontro con il Signore. Imparando,

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ancora una volta, che all’amore non servono tante parole. Spesso basta solo lo sguardo.

Restiamo come Maria accucciati ai Suoi piedi e zittiamo le inutili parole di Giuda che snaturano, volendolo spiegare, il senso di un amore che,

anzitutto chiede d’essere semplicemente accolto.

Pellegrinaggio a RomaPellegrinaggio a RomaChiesa Nuova

San Filippo NeriCenni BiograficiL’eco della sua opera ben presto si diffuse e influenzò profondamente la vita della città e quella della Chiesa.Papi, santi, potenti ed umili, sacerdoti e laici, per tutti, durante cinquant’anni, San Filippo rappresentò un punto di riferimento unico.Ne diresse le coscienze come confessore, li aiutò a risolvere i loro problemi quotidiani, diede un senso più maturo e consapevole alla loro religiosità. Tra le iniziative più innovative, l’Oratorio Secolare, in cui raccolse uomini di ogni estrazione e cultura accomunandoli nell’amore alla musica ed alla cultura e

coinvolgendoli in momenti di approfondimento spirituale con la lettura della Bibbia e con la preghiera. Con il suo carisma riusciva a impegnare tutti, nobili e persone del popolo, in attività caritative e nell’assistenza ai malati negli ospedali.Aveva un’abilità speciale nel coinvolgere gli artisti a mettere il loro genio al servizio di Dio: fu così che nacquero gli Oratori in musica, gli Annali di Storia Ecclesiastica ed il rinnovato interesse per l’archeologia sacra.Sempre lieto, comunicava letizia a chiunque lo avvicinasse, per questo il popolo di Roma e la Chiesa lo ricordano come il “Santo della Gioia”.Amava i fanciulli, li educava gioiosamente alla vita cristiana comprendendo i loro bisogni. “State buoni, se potete!”, amava dire ai ragazzi che vivevano per le strade di Roma, spesso abbandonati a stessi.

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OpereFondò per loro in Roma la prima scuola organizzata e un collegio per i più capaci, ma poveri. Un’altra sua iniziativa fu rilanciare e rinnovare la Visita alle Sette Chiese. Questa si svolgeva nel tempo di carnevale e portava migliaia di persone di tutti i ceti in lunghe gite alle antiche basiliche immerse nel verde della Campagna romana e ricche delle memorie dei martiri, occasioni di serena allegria ma anche di raccoglimento e preghiera.Fondò la Congregazione dell’Oratorio, primo esempio di vita comune del clero secolare, diffusasi poi in Italia ed in tante nazioni del mondo.Dietro questo instancabile impegno missionario e pastorale c’è sempre stata un’intensa vita di preghiera ricca di esperienze mistiche quale quella, fondamentale per la sua vita, avuta nelle catacombe di S. Sebastiano, nella Pentecoste del 1544, quando un globo di fuoco gli penetrò nel cuore dilatandogli il petto.Morì serenamente, nella chiesa da lui realizzata, all’alba del 26 maggio 1595. Canonizzato nel 1622, San Filippo Neri è oggi compatrono della città di Roma.

A S. Pietro

Professione di fedeC. Felici coloro che credono in Dio, il Dio

dell’amore. T: Noi crediamo.C. Felici coloro che credono che Dio è nostro

Padre e che vuole condividere con noi la sua gioia. T: Noi crediamo.

C. Felici coloro che credono in Gesù Cristo, il Figlio di Dio, nato dalla Vergine Maria duemila anni fa. T: Noi crediamo.

C. Felici coloro che credono che Gesù ci ha salvati morendo sulla croce. T: Noi

crediamo.C. Felici coloro che credono all’alba pasquale nella quale Cristo è

risuscitato dai morti. Noi crediamo.

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C. Felici coloro che credono allo Spirito Santo che abita nei nostri cori e ci insegna ad amare. T: Noi crediamo.

C. Felici coloro che credono al perdono di Dio! E alla Chiesa dove noi incontriamo il Dio vivente. T: Noi crediamo.

C. La morte non è l’ultima parola, tutti un giorno risusciteremo e Gesù ci radunerà presso il Padre. T: Noi crediamo.

C. Lo Spirito di santità renda salda la vostra fede. T. Amen.C. Lo Spirito d’amore renda disinteressata la vostra carità T. Amen.C. Lo Spirito di consolazione renda fiduciosa la vostra speranza.T. Amen. PREGHIAMO

Effondi su di noi, o Padre, i l tuo Spirito di luce, perché possiamo penetrare i l mistero della Pasqua del tuo Figl io, che segna i l vero destino dell ’uomo. Donaci lo Spirito del Risorto e rendici capaci di amare. Così saremo testimoni del la sua Pasqua. Egl i vive e regna nei secoli dei secoli .

T. Amen

Chiesa S. BartolomeoMemoriale "Nuovi Martiri" del XX e XXI secolo

Nell'anno 1999 Giovanni Paolo II decise, in preparazione del Giubileo dell'anno 2000, di istituire una commissione "Nuovi Martiri", che avrebbe dovuto indagare sui martiri cristiani del Ventesimo secolo. La commissione, ha lavorato due anni nei locali della Basilica di San Bartolomeo, raccogliendo circa 12.000 dossier di martiri e testimoni della fede giunti da diocesi di tutto il mondo.

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Passato il Giubileo, Giovanni Paolo II volle che questa memoria dei testimoni della fede del Novecento potesse divenire qualcosa di visibile nella Basilica di San Bartolomeo. Nell'ottobre del 2002, con una solenne celebrazione ecumenica è stata posta sull'altare maggiore una grande icona dedicata ai martiri del Novecento. L'icona rappresenta, con una simbologia presa dall'Apocalisse, le vicende dei martirii di cui si è venuti a conoscenza attraverso i lavori della commissione. Altre memorie di martiri sono collocate nelle cappelline laterali, ognuna dedicata ad una situazione storica particolare.Il 7 aprile 2008 il Santo Padre Benedetto XVI ha visitato la Basilica.Sostando davanti alle memorie dei martiri contemporanei ha definito la visita di questo luogo "Un pellegrinaggio alla memoria dei martiri del XX secolo, innumerevoli uomini e donne che hanno versato il loro sangue per il Signore. Ma - ha spiegato ancora il Papa - Gesù Risorto illumina la loro testimonianza e comprendiamo così il senso del martirio. E' la forza dell'amore, inerme e vittorioso anche nell'apparente sconfitta".

Le memorie custodite nella BasilicaBibbia appartenuta a Floribert Bwana-Chui, Bibbia appartenuta a Shahbaz Bhatti, Bibbia appartenuta ad Evariste Kagorara, Stola di Ragheed Aziz Ganni, Croce di Suor Leonella Sgorbati, Croce distribuita in Albania, Croce pettorale di Josep Maria Noguer i Tarafa, Croce pettorale di mons Alejandro Labaka, Croficisso recuperato in Catalogna bruciato durante la guerra civile, Custodia per ostie utilizzata dalla moglie di Eugen Bolz ucciso dai nazisti, Foto di padre André Jarlan, Calice stola e patena di don Andrea Santoro, Mitra di mons. Padovese, Fascia medaglia e croce della Malanesian Brotherhood, reliquie dei beati Kokowna, Starowieyski e Popieluszko, Lettera del beato Ignazio Maloyan, Lettera del beato Franz Jagerstatter, Lettera del catolico Heinrich Ruster, Lettera del pastore evangelico Paul Schneider, Lettera di frére Christian de Chergé, Memoria di Joseph Chmar Salas vescovo cambogiano, Messale di mons. Oscar Arbulfo Romero, Scapolare di Sofiàn Boghiu, Pastorale del card. Posadas Ocampo, Pisside utilizzata dai cattolici albanesi, pietra lanciata dalle SS contro la residenza di mons. Baptista Srpoll, Reliquia del card. Clemens von Galen, Reliquie dei martiri di San Joaquìn, Reliquie del Santo Galvàn

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Bermudez, Reliquie di San Pedro Poveda, Rosario di padrea Alekandr Men', Stola di padre André Jarlan

I martiri del nostro tempoVorrei poi ricordare, visto che siamo qui, -per provare a cogliere un po' il genius loci-, che in questo luogo durante l'occupazione tedesca a Roma, nel 1943-’44, c'era un convento di francescani in cui sono stati nascosti 400 ebrei, che poi venivano smistati in altri luoghi di rifugio. Ma proprio sul ponte dell’Isola Tiberina si metteva una donna, Celeste Di Porto, un'ebrea che faceva come professione la delatrice, cioè vendeva i suoi correligionari ai fascisti e prendeva soldi da quelli a cui consegnava un ebreo; credo fossero 5.000 lire per un uomo e 3.000 per una donna. Allora questo luogo è evocativo di chi salvava e di chi denunciava.

La grande intuizione di Giovanni Paolo II è che il Novecento è stato un secolo di martiri. Questa non era teoria, era la sua vita. Infatti, il 20% della popolazione polacca è morta durante l'occupazione nazista, oltre alle vittime della Shoah; poi la dura vicenda del comunismo. In questo contesto: come lottare contro il male? come sopravvivere nell'inferno dell'occupazione? come sopravvivere nel lager? come sopravvivere quando viene uccisa tutta la classe intellettuale? come sopravvivere negli spazi limitati della dittatura comunista? Sebbene la dittatura in Polonia fosse molto differente da quella russa, era pur sempre una dittatura.

Allora la risposta dei testimoni è la risposta di una lotta a mani nude. Il martire cristiano è qualcuno che non vuole morire. Diceva il cardinale Sepe, molto giustamente, che il martire cristiano è anche la suora che resta in Congo per curare i malati di Ebola, e dice: “Ma io a chi lascio i miei malati?” Non è un ragionamento eroico, ma è un modo per dire: io resto. E’ questa la grande idea di Giovanni Paolo II: il martire della fede è anche un piccolo uomo, una piccola donna che non scappa davanti alle sue responsabilità, per amore, per umanità, per giustizia, per fede, perché non vuole lasciare le persone che gli sono affidate.

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C'è una storia molto bella di una donna abruzzese che durante la seconda guerra mondiale nasconde a casa sua due aviatori britannici che erano stati paracadutati lì vicino ed erano ricercati e condannati a morte. “Perché li hai nascosti?”-gli chiedono i nazisti prima di fucilarla. Risponde: “Non li ho aiutati perchè erano inglesi, ma perché sono cristiana e anche loro sono cristiani”. Analogamente il pastore abruzzese Michele Del Greco, prima della fucilazione per motivi simili, disse: “Muoio per aver messo in pratica quello che mi è stato insegnato in chiesa quando ero bambino: dar da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati..”. Risposte, se volete, semplicissime, ma testimonianze di umanità profonda.Il martire è qualcuno che non è disposto a rinunciare alla sua opera, diciamo alla sua umanità, per salvare ad ogni costo la sua vita.

Mi permetto di citare due esempi. Il primo è mons. Romero. Mons. Oscar Arnulfo Romero è una figura che è diventata anche simbolica e per tanti aspetti è un punto di scontro tra visioni opposte. Ma Romero è un uomo che non ha abbandonato la sua gente, malgrado le minacce di morte. Mi raccontava il card. Neves che, durante l’ultima visita a Roma, Romero gli telefonò e gli disse: “Io torno a San Salvador, ma lì mi ammazzano!”. Ecco il testimone: è uno che è tornato, è uno

che non se n'è andato.

Il secondo esempio è quello di frère Christian de Chergé - e qui, a San Bartolomeo, è conservata una lettera che ci scrisse. Trappista nell’Algeria degli anni Novanta, ostaggio della violenza, anche lui resta. E i suoi scritti ci dicono la paura che di notte arrivassero gli uomini della guerriglia, l'ascolto dei passi. Viene portato via, viene rapito, assieme ad altri monaci: per 50

giorni è prigioniero. Ed è interessantissima la documentazione della prigionia che è stata ritrovata, perché si vede come Christian de Chergé lottasse con i suoi carcerieri affinché lui e i suoi fratelli continuassero a vivere; discute e spiega loro edice: “Guardate che se mi ammazzate è un errore per voi”.

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Il martire è uno che vuole salvare la sua vita, ma non s'inginocchia; direi, discute in modo ragionevole, da pari a pari.Il martire, oggi, spesso non è una figura titanica, che viene uccisa, la cui morte è quasi una condanna per i suoi assassini. C'è il martirio della diffamazione, il martirio della reputazione, la distruzione morale e la distruzione umana, perché in fondo tutte quelle figure che inquietano, in un certo modo, vanno distrutte: questo è il revisionismo istintivo del nostro mondo che tutto vuole rimpicciolire. Io credo invece che richiamare queste figure vuol dire provare a pensare un nuovo umanesimo: per noi, che non siamo eroi, questo umanesimo parte da un rapporto preferenziale, amico, con i poveri, con quelli che subiscono, si potrebbe dire, il martirio e l'oppressione della vita.Ma questo umanesimo non è teorico, è un umanesimo vissuto. E mi ha sempre colpito quello che dice Martin Buber: “Il punto di Archimede a partire dal quale io posso sollevare il mondo è la trasformazione di me stesso”.

In questo nostro tempo, per resistere al male e per resistere alla violenza, possiamo trovare in noi stessi, nella fede, nell'amore, poveracci come siamo, uomini comuni come siamo, le energie per resistere.

Chi salva un uomo, salva il mondo intero; chi salva un uomo nel lager, salva il mondo intero. Ma credo anche che chi salva un

uomo salva la speranza e la possibilità di essere migliore del mondo intero. Anche se quello che fa non si sa immediatamente, avviene qualcosa di profondo: è un evento singolo ma che ha quasi una forza cosmica.E allora -e concludo con le parole del card. Sepe- il martire è Gesù stesso, un uomo che muore e salva il mondo intero. Questo non è un fatto isolato, ma diventa un modello per l'umanità.

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Film del 2010

diretto da Ryan Fleck e Anna Boden, adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo del 2006 dello scrittore statunitense Ned Vizzini

Registi: Anna Boden, Ryan FleckMusica: Broken Social SceneScritto da: Ned Vizzini

Chi lo dice che per crescere non servano anche esperienze strane che potrebbero essere dai più catalogate

come al limite della decenza e della rispettabilità.

Il giovane Craig è tormentato dall'idea del suicidio; lo stress, le carenze affettive, la concorrenza lo spingono verso la depressione....ne uscirà grazie all'aiuto di nuovi amici che vivono le stesse difficoltà...

Il protagonista Craig è un adolescente sul punto di diplomarsi in una prestigiosa scuola per uomini d'affari. Tuttavia la pressione messagli addosso dal padre, che preme per farlo iscrivere in un'altrettanto

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rinomata università, dagli amici e da se stesso lo spinge a voler trovare una via di uscita. Dapprima pensa al suicidio ma poi decide di recarsi all'ospedale. Qui verrà internato per una settimana nel reparto psichiatrico per adulti dove, conoscendo le storie di altri, in particolare Bobby e Noelle, inizierà a capirsi e ad affrontare i propri problemi.

Le vicende di Craig, interpretato da un convincente Keir Gilchrist, ruotano attorno al problema della depressione, una depressione legata allo stress da prestazione, ogni giorno più presente nella nostra società che ricerca la perfezione e che vive di una competitività sfrenata, che emargina anche per la minima stranezza o eccentricità

Il giovane Craig è un ragazzo che vorrebbe vivere spensieratamente la propria adolescenza, così come era accaduto con la propria infanzia, ma deve fare i conti con un padre che lo vorrebbe primo in tutto e laureato nelle migliori università, con un curriculum di prim’ordine, pronto a giocarsi tutte le sue carte nel mondo dell’economia competitiva.Craig vive con difficoltà questa situazione e si sente oppresso e incapace di rispondere razionalmente a questi problemi, preferendo che le cose gli caschino addosso, pronto persino al suicidio per non deludere le aspettative paterne.Ma è forse il rispetto per la fiducia mostrata dai genitori verso di lui, che lo porta a fare la cosa meno ovvia e più coraggiosa: presentarsi presso una struttura ospedaliera, convincendo i medici a ricoverarlo nel reparto psichiatrico per superare questi problemi insormontabili.Scoprirà un mondo nuovo, fatto di personaggi particolari, ma capaci di donarsi, di aprirsi a lui nonostante i problemi psicologici che condividono e quel loro passare per perdenti di fronte ad un mondo che non li capisce, che li ritiene dei reietti perché si comportano diversamente dal comune sentire e pensare.I personaggi che la sapiente sceneggiatura scritta dagli stessi registi riesce a tratteggiare sono persone che, in fondo, tengono alla vita, ma si sentono escluse perché incapaci di fronteggiare con serenità le difficoltà che la vita nel mondo pone.

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Lectio Divina Lectio Divina “Rivestitevi di Cristo” “Rivestitevi di Cristo”

Le fasce Strisce di tessuto larghe e lunghe, con le quali si usava

per avvolgere il corpo del lattante, dalle ascelle ai piedi.Abitualmente il corpo del defunto veniva lavato e avvolto in fasce di lino con gli aromi, quali misture di mirra ed aloe, utilizzate non soltanto per il loro profumo aromatico, ma anche perché ritenute sostanze purificanti. La traduzione: “vide le fasce per terra” non solo non è corretta, ma addirittura fuorviante. L’esatta traduzione di quel participio è la seguente: “vide le bende che giacevano distese”. Il corpo di Gesù era uscito dalle fasce lasciandole intatte, proprio come una crisalide.

Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». (Lc 2, 7.12)

Calò Gesù dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto. Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l'accaduto. (Lc 23, 53. 24, 12)

Nella vita di Gesù troviamo le fasce all’inizio e alla fine della sua vita terrene. All’inizio per rivelare la sua umanità e alla fine per rivelare la sua divinità.

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Il Dio invisibile diviene visibile in Gesù Cristo. Rivestendosi della nostra natura, diviene uomo come noi; rivela la grandezza del suo amore per noi. Egli si addossa tutti i nostri pesi e percorre insieme a noi tutte le strade, è presente nella nostra solitudine, nelle gioia e le fatiche di ogni giorno e nella nostra paura della morte.Gesù cresce, impara, gioca come ogni bambino.Cerca l’amicizia, il senso delle cose, il significato degli avvenimenti.Gioisce, si stanca, piange, ride, lavora, cerca il riposo.Si commuove, si arrabbia, stupisce, sente compassione, intenerisce.E’ incompreso, criticato, tentato.Con l’Incarnazione il Figlio di Dio restituisce ai figli di Adamo la somiglianza con Dio e si è unito ad ogni uomo. Ha lavorato con mano d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo.Quelle fasce mostrano che “in Gesù Cristo, Dio è divenuto nostro amico e nostro fratello”(Benedetto XVI, papa emerito).

“Gesù ha vissuto la sua umanità fino nella realtà quotidianadella gente più comune”. Papa Francesco

PreghiamoAndiamo fino a Betlemme, come i pastori.L’importante è muoversi.E se invece di un Dio glorioso, ci imbattiamo nella fragilità di un bambino avvolto in fasce, non ci venga il dubbio di aver sbagliato il percorso.Il volto spaurito degli oppressi, la solitudine degli infelici, l’amarezza di tutti gli uomini della terra, sono il luogo dove egli continua a vivere in clandestinità.A noi il compito di cercarlo. Mettiamoci in cammino senza paura. Don Tonino Bello

La tunicaLa tunica era l'indumento essenziale. Era costituita da due pezzi di tessuto, uniti in modo che la cucitura risultasse orizzontale, all'altezza della vita. Sotto molti aspetti la tunica assomigliava a un sacco. Si faceva un taglio a V per il capo e altri due per le braccia, agli angoli. Di solito le tuniche si vendevano senza il taglio a V, per dimostrare che si trattava di capi nuovi.

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Il tessuto poteva essere di lana, di lino o anche di cotone, a seconda della disponibilità finanziaria di chi doveva indossarla. Le tuniche da uomo erano normalmente corte e variopinte; le tuniche delle donne arrivavano fino alla caviglia, erano di colore azzurro e i bordi intorno al colletto a V erano ricamati. La tunica indossata da Gesù doveva essere all'ultima moda, poiché era senza cucitura centrale. I telai con cui e possibile tessere una pezza lunga furono inventati solo durante il periodo della sua vita. Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche... Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: “Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!”. (Mc 9, 2-10)

Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano, Gesù si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. (Gv 13,1-3)I soldati dunque, quando ebbero crocifisso Gesù, presero la tunica, che era senza cuciture, tessuta per intero dall'alto in basso. Dissero dunque tra di loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocchi » (Gv 19,23-24).

Sul Monte Tabor la tunica di Gesù divenne splendente e bianchissima. Per un attimo Gesù rivela ai discepoli la sua gloria e il Padre con orgoglio paterno esclama: ‘Questa è il mio Figlio prediletto’, e raccomanda di ascoltarlo: ‘imitatelo perché in lui anche voi siete figli miei’. Nel battesimo ci hanno consegnato un vestitino bianco segno che ci siamo rivestito di Gesù. Possiamo dire che la tunica di Gesù raffigura la conoscenza e la dignità di essere figlio di Dio. Il Vangelo ci racconta di due occasione in cui viene tolto le veste di Gesù: durante l’ultima cena, Gesù non esita di togliere la vesta per fare un gesto carico di significato e prima della crocifissione viene strappata via dai soldati. In tutte e due occasioni possiamo immaginare lo sguardo amoroso del Padre che ripete le stesse parole dette sul Monte Tabor: Questo è il mio Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto. Gesù sa di essere amato dal Padre, questa è la sua forza e la sua pace in ogni situazione; sia nei giorni splendenti della gioia, sia nei momenti scuri del dolore.

San Paolo dice ai cristiani: "Rivestitevi di Cristo" (Galati 3, 27). Il cristiano porta ogni giorno il vestito che Gesù gli ha dato.

La veste bianca non è segno di purezza, ma è segno di nuova dignità ricevuta in dono nelle acque del battesimo: la dignità dei Figli di Dio.

I cristiani, dunque, non compiono certe azioni perché hanno una dignità.

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Questa dignità va riconosciuta, difesa, preservata ogni giorno della nostra vita.

Rit: Svegliati, svegliati o Sion metti le vesti più belle, scuoti la polvere ed alzati. Santa Gerusalemme.Lett. Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. (Col 3,10) Rit.

Lett. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E siate riconoscenti! (Col 3, 12-15) Rit.

Lett. Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. (Galati 3,26-27) Rit.

Lett. “Considerate con quale grande amore Dio ci ha amati per essere chiamati figli suoi!” (1Gv 3). Dio e il Padre, non soltanto del Figlio Unigenito, ma di tutti i discepoli. Per il fatto che lui è Padre, noi siamo figli. La meraviglia, l’ammirazione, lo stupore nasce quando queste parole non rimangono semplice parole ma esperienza, vita. Rit.

I sandaliI poveri sovente camminavano a piedi nudi, altri invece usavano semplici sandali. La suola era costituita da un pezzo di cuoio della forma del piede,al quale era assicurata con un lungo laccio chepassava attraverso la suola, tra l'alluce e il secondo dito, ed era annodato intorno alla caviglia. Oppure il laccio era infilato in anelli posti tutti attorno alla suola, passando e ripassando sopra il piede.

Mentre Gesù camminava lungo il mare della Galilea, vide due fratelli, Simone detto Pietro, e Andrea suo fratello, i quali gettavano la rete in mare, perché erano pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini». Ed essi, lasciate subito le reti, lo seguirono. (Mt 4,18-20)

I discepoli, vedendo Gesù camminare sul mare, pensarono che fosse un fantasma e gridarono. Ma subito egli parlò loro e disse: «Coraggio, sono io; non abbiate paura!» (Mc 6:49-50)

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Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù stesso si avvicinò e cominciò a camminare con loro. Quando fu a tavola con loro prese il pane, lo benedisse, lo spezzò e lo diede loro. Allora i loro occhi furono aperti e lo riconobbero; ma egli scomparve alla loro vista. Ed essi dissero l'uno all'altro: «Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentr'egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?» (Lc24:15; 30-32)

Chi dice di rimanere in lui, deve camminare com'egli camminò. (1Gv2:6)Tutta la vita pubblica di Gesù è stato un continuo camminare tra la gente e con la gente; ma negli ultimi giorni della sua vita e dopo la risurrezione il suo camminare con gli altri prende una connotazione tutta particolare perché il suo cammino ci rivela il significato della salvezza che ci ha portato. Gesù ci guida, ci accompagna, nel nostro cammino, e noi nella fede lo sentiamo vicino: ci sentiamo sostenuti da lui, confortati, incoraggiati. Dopo la risurrezione è Gesù che si fa compagna di viaggio ai discepoli di Emmaus. Il nostro viaggio nel tempo con Gesù è camminare verso la conquista della chiave che ci consente di interpretare la vita, perché la Pasqua di Gesù, la sua morte e risurrezione, è per noi la chiave che ci introduce nel mistero della vita dell’uomo. (Vescovo di Locri-Gerace Giuseppe Fiorini Morosini)

I giovani devono dire al mondo: è buono seguire Gesù; è buono andare con Gesù;

è buono il messaggio di Gesù; è buono uscire da se stessi, alle periferie del mondo e dell’esistenza per portare Gesù.

Chiediamo l’intercessione della Vergine Maria. Lei ci insegna la gioia dell’incontro con Cristo,

l’amore con cui lo dobbiamo guardare sotto la croce, l’entusiasmo del cuore giovane

con cui lo dobbiamo seguire in tutta la nostra vita". Papa Francesco, domenica delle Palme

PreghiamoBeati i piedi che non stancano mai di promuovere la verità e la pace, che non misurano e non calcolano.Ma con entusiasmo tracciano un solco di gratuità.

Beati i piedi che non si rassegnano, non si fermano di fronte alla fatica della strada, alla delusione, al fallimento; perché poggiano sulla vita del Risorto.

Beati i piedi che aprono strade ancora invisibili, che avanzano portando nel cuore il mistero di una Presenza

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che è promessa di una pace piena.

Il Mantello Quando si era sufficientemente ricchi per poterselo permettere, o quando la temperatura rigida lo richiedeva, sopra la tunica si indossava un mantello. I mante avevano due forme. Nelle regioni più fredde gli uomini si avvolgevano attorno al corpo un pesante tessuto lana con una cucitura alle spalle in cui si praticava due tagli per le braccia. L'altra forma di mantello era una specie di una vestaglia con larghe maniche. Per molti il mantello era l'uni protezione contro il freddo. C’è un obbligo nella Bibbia (Dt 22,12) che afferma che sui quattro angoli del mantello occorre portare delle frange sulle quali si fanno dei nodi e simbolicamente rappresentano il nome di Dio. Come tali quindi queste frange rappresentano la parte sacra dell’abito. Gli ebrei osservanti continuano a farlo oggi. L’emorroissa toccava perciò la parte sacra dell’abito, toccava quei nodi che rappresentavano il nome di Dio.

Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, e che molto aveva sofferto da molti medici e aveva speso tutto ciò che possedeva senza nessun giovamento, anzi era piuttosto peggiorata, avendo udito parlare di Gesù, venne dietro tra la folla e gli toccò il mantello. In quell'istante la sua emorragia fermò; ed ella sentì nel suo corpo di essere guarita da quella malattia. Subito Gesù, conscio della potenza che era emanata da lui, voltatosi indietro verso quella folla, disse: “Chi mi ha toccato le vesti?”. I suoi discepoli gli dissero: “Tu vedi come la folla ti si stringe attorno e dici: "Chi mi ha toccato?".Ed egli guardava attorno per vedere colei che aveva fatto questo. Ma la donna paurosa e tremante, ben sapendo quello che era avvenuto in lei, venne, gli si gettò ai piedi e gli disse tutta la verità. Ma Gesù le disse: “Figliola, la tua fede ti ha salvata; va' in pace e sii guarita dal tuo male”. (Mt 9,20; Mc 5, 26-34)

Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo. (Mt 27,31)

L’emorroissa chiedeva una grazia, come atto di bontà nei suoi confronti. Grazie all’audacia di questa donna si rivela la bontà immensa e l’amore fedele di Dio, che per essere fedele nei confronti dell'uomo irrimediabilmente peccatore deve essere misericordioso.

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A Dio noi chiediamo tante guarigioni da problemi, da necessità concrete, ed è giusto, ma quello che dobbiamo chiedere con insistenza è una fede sempre più salda, perché il Signore rinnovi la nostra vita, e una ferma fiducia nel suo amore, nella sua provvidenzache non ci abbandona.

Quanto è grande la tua bontà, Signore! La riservi per coloro che ti temono, ne ricolmi chi in te si rifugia

davanti agli occhi di tutti. (Salmo 30, 20)Io li traevo con legami di bontà,

con vincoli d'amore; ero per loro

come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui

per dargli da mangiare. (Osea 11,4)

PreghiamoLA BONTÀ

Non permettere maiche qualcuno venga a tee vada via senza esseremigliore e più contento.Sei l’espressione della bontà di Dio.Bontà sul tuo volto e nei tuoi occhi,bontà nel tuo sorriso e nel tuo saluto.Ai bambini, ai poveri a tutti coloro che soffrononella carne e nello spirito offri sempre un sorriso gioioso.Dai a loro non solo le tue curema anche il tuo cuore. (Madre Teresa di Calcutta)

L’Asciugamano

Nella lingua greca: un panno di lino per asciugare o un grembiule che addossavano i servi per lavorare

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Gesù si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto. Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.” (Gv 13,4-5;12-15)

L’abbigliamento e l’attitudine di Gesù rispetto ai suoi discepoli sono quelli propri dello schiavo rispetto al suo padrone. Nella Bibbia, infatti, il lavare i piedi è un tipico segno d’ospitalità e di rispetto, spesso demandato ai servi o a qualcuno che manifesta in tal modo la sua sottomissione.Il gesto di lavare i piedi esprime simbolicamente la vita di Gesù, che è stata tutta un servire e un donarsi. Per il Vangelo, “servire” non è tanto un gesto di umiltà quanto di rivelazione: la signoria di Dio si manifesta nel donarsi.Quando Gesù avrà terminato la lavanda non si toglie il panno che funge da grembiule. Sottolinea che l’atteggiamento del servizio è un attributo permanente della persona di Gesù.Il gesto che Gesù compie esprime i seguenti valori: l’amore versi i fratelli chiede di tradursi in accoglienza fraterna, ospitalità, cioè in servizio permanente. C’è un mandato specifico: il mandato dell’amore. Noi dobbiamo lavarci i piedi reciprocamente, e lavarci i piedi reciprocamente significa accoglierci e volerci bene veramente, senza ipocrisie, in una fraternità autentica; ma lavarsi i piedi significa anche andare a cercare tutte le sporcizie del mondo per lavarle e sanarle. Lavarsi i piedi significa mettersi in un atteggiamento di totale servizio per amore.

Se ci accorgiamo che nella nostra esistenzaqualcosa è in contrasto con il gesto di Gesù,

allora è necessario mettere bene a fuoco la nostra relazione con il Signoreperché “l’essere cristiano non è una decisione etica o una grande idea,

bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona,che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione”. (Benedetto XVI)

PreghiamoCanto: Servire è regnare

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Via VestisIl vestito e l'identità di Cristo e del discepolo

Nella Bibbia «il vestito concorre al processo d'identificazione, esprimendo anche lo stato d'animo

di chi lo indossa o ne ha a che fare».

Dal vestito all'"habitus"è la «portata rivelativa del vestito in rapporto

all'identità del cristiano», che la chiesa ha colto fin dalle origini e l'ha custodita nella liturgia battesimale

con il simbolo della vesta bianca.

L'"habitus" – abitudine - abitazione. Abito è anche abitazione: è l’abito in cui mi trovo e con cui mi esprimo.

L'habitus - vestito ha una funzione identitaria,

la una funzione di difesa

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e costituisce uno stile.

L'habitus e la grazia: la grazia è habitus, quando abitua a sentire la familiarità e ad agire con

fede, speranza e carità.

VIA Vestis

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LE VESTI INTERIORI

DI Gesù IntroduzioneIl giorno del nostro battesimo ci è stata consegnata una veste bianca. L’unione con Cristo attraverso il battesimo nello Spirito opera un cambiamento nella persona, al punto che l’appartenenza a Lui diventa visibile, una “veste”, “un abito”, che attraverso un costante impegno nell’accoglienza della grazia, diventa di alta classe: la “veste della santità”. In questo cammino Gesù ci vuole consegnare il segreto della sua vita, ci vuole rivestire del suo abito. Un abito che ci renderà beate, diverso da quello che ci propone il mondo dell’apparenza, che ci fa entrare in relazione intima con i sentimenti del cuore di Gesù: la sua veste interiore. “Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo” (Gal 3,27). “Rivestitevi del Signore Gesù Cristo” (Rm 13,14).Camminiamo indossando l’abito del discepolo, la veste interiore che Gesù ci vuole consegnare per giungere alla porta dell’amore.

Prima vesteLA VESTE DELLA POVERTÀ

G. Ti adoriamo, Gesù POVERO, e ti benediciamo.T. Perché con la tua povertà hai arricchito il mondo.Dalla prima lettera ai Corinzi

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Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio. Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto: chi si vanta si vanta nel Signore. (1 Cor 1, 26-31)

Paolo invita a giudicare la realtà con gli occhi di Dio, per il quale quello che è debolezza è potenza, quello che stoltezza è sapienza. Realisticamente i saggi, i potenti e i ricchi hanno in mano le sorti del mondo. Con gli occhi della nostra ragione li vedremmo tra i primi ad essere scelti da Dio. Dio invece sceglie come suoi strumenti i deboli, i piccoli e i disprezzati. Non è Dio che si deve adattare alla mentalità dell'uomo, ma è l'uomo che si deve adattare alla misura di Dio.Il cristiano, cosciente della propria debolezza, non si vanterà delle proprie forze, dei propri criteri di giudizio, ma di tutto ciò che viene dal Signore, che lo fa rivivere in un modo nuovo.

Lo stile della povertà: una stoffa sempliceIl povero è colui che riceve tutto da Dio in dono gratuito.La povertà è lo spazio sconfinato che si lascia a Dio, dove si gusta la libertà. Il povero è colui che confida e si affida nella speranza.Egli può farci la grazia di vivere dell’unico desiderio di Lui… sgombro da qualunque cosa diventi “spazio di Dio”, da Lui pienamente e totalmente colmato. Il non avere più niente, perché di niente si ha più bisogno fuorché di Dio, non è più una rinuncia ed una mancanza, ma una esperienza di beatificante pienezza. È il momento in cui si capisce davvero che non c’è niente di necessario se non Dio e che “solo Dio basta”.

Preghiere e/o gesto…Guida: “Beata te, se indosserai la veste della povertà, perché tuo sarà il Regno dei cieli”.

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Preghiamo insiemeSignore Gesù, Tu sei il povero per eccellenza.Gesù "da ricco che eri ti sei fatto povero, perché diventassimo ricchi della tua povertà" (2 Cor. 8,9). Signore Gesù, tu hai svuotato te stesso, non è facile per me essere povera, per esserlo ho bisogno della stoffa della tua umiltà. Donami la tua umiltà per far risplendere nella mia vita la veste semplice della povertà.

Seconda vesteLA VESTE DELLA MITEZZAC. Ti adoriamo, Gesù MITE, e ti benediciamo.T. Perché con la tua mitezza dai forza al mondo.

Lui, Gesù, il più luminoso di tutti, lui che la luce rende il più bello degli uomini, lui che ha il torace del più forte degli eroi, lui che ha fatto del lenzuolo funebre lo splendido vestito della festa, lui ha il volto in ombra. Dolcissimamente reclinato, ha il pudore di chi teme di dare l’impressione della rivincita. Non gli avevano creduto, erano scappati quando era stato arrestato. Dio si rivela, lì dove toglie il velo del tempio, lì dove rivela il suo amore indicando una ferita, lo rende quasi timoroso.

Dal Vangelo di Matteo - Gesù, mite e umile di cuore"Venite a me voi tutti affaticati e oppressi e io vi darò riposo; prendete il mio giogo su di voi e imparate da me, perché io sono mite e umile di cuore, e troverete riposo per le vostre anime.

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Il mio giogo infatti è soave e il mio carico leggero" (Mt 11,25-30).

Lo stile della mitezza: una stoffa forteLa mitezza è l'arte di addomesticare la propria forza, dimostrando di essere più forti della propria forza. Strumento della mitezza è la parola e suo metodo è il dialogo. Se Gesù è la mitezza fatta persona («Io sono mite e umile di cuore»: Mt 11,29), lo è in quanto parola fatta carne.La mitezza si manifesta nell'affabilità messa in atto nei rapporti con il prossimo. Le cose cambiano e si comincia ad essere miti quando il centro di gravità viene spostato in Dio. Quando l’unico desiderio e l’unica aspirazione è il Signore, quando ci si aspetta tutto da Lui e solo da Lui perché è l’unica speranza, allora le incertezze della vita non preoccupano più, le contraddizioni non irritano, le ingratitudini non amareggiano; mentre le reazioni e le indignazioni finiranno per non trovare più posto nella nostra vita.La mitezza è data dalla aspirazione costante del cuore e dalla occupazione piena di sé nel Signore, è questo essere occupati di Lui che lascia nella calma tra le vicissitudini della vita, avendo un sereno dominio.

Preghiere e/o gesto…Guida: “Beata te, se indosserai la veste della mitezza, perché erediterai la terra”.Preghiamo insiemeSignore Gesù, Tu sei il mite per eccellenza. Ripetimi ancora oggi: Vieni a me, riposati qui, nel mio costato trafitto, e io ti ristorerò.Gesù , il tuo cuore è in stato di perpetuo dono, di oblazione, anche quando è ferito. Non è facile per me vivere la mitezza, per esserlo ho bisogno della stoffa della tua fortezza. Tu conosci le mie fragilità, le mie ferite, le mie paure; sai quali sentimenti abitano il mio cuore, donami la tua fortezza e rivesti il mio cuore dell’abito della mitezza.

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Terza vesteLA VESTE DELLA GIUSTIZIAC. Ti adoriamo, Gesù Figlio obbediente, e ti benediciamo.T. Perché con la tua fame della volontà del Padre sazi tutti i desideri degli uomini.

Dal Vangelo di Matteo - Il Padre e il FiglioIn quel tempo Gesù disse: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. (Mt 11, 25-27)

La veste della giustizia è la veste del figlio. Il giusto è colui che compie la volontà del Padre. Il giusto è colui che si fida e si affida. Gesù ci insegna il segreto delle sue relazioni, come figlio è sempre in ascolto del Padre e, anche nel momento dell’insuccesso e della prova dice: “Va bene, o Padre, se a te è piaciuto così”.In questa beatitudine la fame e la sete diventano fame e sete di donarsi. E non è questo il vero segreto della riuscita dell'uomo: il suo sapersi fare dono? "Beati quelli che desiderano ardentemente ciò che Dio vuole, perché Dio esaudirà i loro desideri".

San Paolo nella Lettera ai Romani scrive: voi «avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: "Abbà! Padre!"» (Rm 8,15). Tuttavia, questa relazione filiale con Dio non è come un tesoro che conserviamo in un angolo della nostra vita, ma deve crescere. Noi possiamo vivere da figli! E questa è la nostra dignità - noi abbiamo la dignità di figli -. Comportarci come veri figli! Questo vuol dire che ogni giorno dobbiamo lasciare che Cristo ci trasformi e ci renda come Lui; vuol dire cercare di vivere da cristiani, cercare di seguirlo, anche se vediamo i nostri limiti e le nostre debolezze. (Papa Francesco)

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Lo stile della giustizia: una stoffa trattabileCaratteristica fondamentale è ricercare e desiderare, come figli, ciò che Dio vuole. Abbandonarsi in modo fiducioso. Aderire in modo gioioso. Arrendersi ed accogliere l’amore per ridonare amore. Fidarsi di Dio. La giustizia è la santità, intesa come perfezione dell’amore di carità. Di una santità tutta orientata alla lode e alla gloria di Dio. Quanto più si ama Dio tanto più lo si vuole onorare. L’anima non ha altra aspirazione che essere “a lode e gloria di Dio”. Essere canto di lode: chi canta è Dio dal quale ti lasci plasmare, e tu sei il canto che lo rivela, lo fa conoscere, lo fa sentire e vedere e lo glorifica. Da qui il desiderio di offrirsi a Dio, di essere suo amico, di stargli vicino. Tutto nella vita, anche ciò che è banale e ordinario, è trasformato in un canto di amore.

Preghiera e/o segno

G: “Beata te, se indosserai la veste della giustizia, compirai l’opera del Padre nella tua vita”.

Preghiera insiemeSignore Gesù, Tu sei il giusto per eccellenza. Aiutami a ripetere con te : mio cibo è capire il desiderio di bene che il Padre sogna per la mia vita. Non è facile per me, ho bisogno della stoffa del tuo abbandono fiducioso. Tu conosci i miei sogni, i miei desideri, le mie paure e la mia sfiducia, sai quali sentimenti abitano il mio cuore. Rivestimi dell’abito della tua giustizia e rendimi santa come tu mi vuoi.

Quarta vesteLA VESTE DELLA MISERICORDIAC. Ti adoriamo, Gesù MISERICORDIOSO, e ti benediciamo.

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T. Perché con la tua misericordia sostieni il mondo.

“Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro che è nei cieli ”

La misericordia cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire bene questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza … Ricordiamo il profeta Isaia, che afferma che anche se i nostri peccati fossero rossi scarlatti, l’amore di Dio li renderà bianchi come la neve.

Il volto di Dio è quello di un padre misericordioso, che sempre ha pazienza. Avete pensato voi alla pazienza di Dio, la pazienza che lui ha con ciascuno di noi? Quella è la sua misericordia. Sempre ha pazienza, pazienza con noi, ci comprende, ci attende, non si stanca di perdonarci se sappiamo tornare a lui con il cuore contrito. “Grande è la misericordia del Signore”, dice il Salmo.Dio pensa sempre con misericordia: non dimenticate questo. Dio pensa sempre con misericordia: è il Padre misericordioso! Dio pensa come il padre che attende il ritorno del figlio e gli va incontro, lo vede venire quando è ancora lontano… Questo che significa? Che tutti i giorni andava a vedere se il figlio tornava a casa: questo è il nostro Padre misericordioso. E’ il segno che lo aspettava di cuore nella terrazza della sua casa. (Papa Francesco)

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Lo stile della misericordia: una stoffa resistente agli strappiEssere misericordiosi è anzitutto un atteggiamento interiore. Nel cuore abitato da Dio, espropriato da possessi egoistici, vestito di umile mitezza perfino nelle persecuzioni e affamato di quella giustizia che è santità; sì, da questo cuore libero e magnanimo fiorisce la misericordia.La misericordia crede ostinatamente l'umanità del colpevole e la restaura con il perdono. La misericordia è l'amore incondizionato, che ama ciò che non è amabile o che si è reso spregevole; è memoria e pratica della dignità umana nei confronti di chi l'ha offuscata.Come si esprime concretamente chi ha misericordia?Non si limita alla compassione per ogni vivente; neppure si limita a coltivare in sé una mente non giudicante il prossimo.La misericordia è una forza esplosiva che si esprime in creatività d’amore. Nel senso che è amore che comprende, partecipa e soccorre concretamente, secondo la propria possibilità, chi è nel bisogno.I connotati del misericordioso sono fortissimi e di folgorante bellezza spirituale: è amore in azione perché nella fede è unito al cuore di Cristo.

Preghiera, segno e/o gesto…G: “Beata te, se indosserai la veste della misericordia, troverai misericordia”.Preghiamo insiemeSignore Gesù, Tu sei il misericordioso per eccellenza.Gesù tu ci hai rivelato il volto misericordioso del Padre. Tu sei stato misericordioso, sei passato sanando e perdonando tutti.Signore Gesù, tu hai perdonato , non è facile per me essere misericordiosa, per esserlo ho bisogno della stoffa della tua pazienza, donami la forza del tuo perdono per essere misericordiosa come il Padre mi vuole.

Quinta vesteLA VESTE DEL DONOC. Ti adoriamo, Gesù DONO ESTREMO, e ti benediciamo.T. Perché con il tuo amore sostieni mondo

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Dio non ha altro volto che quello dell’amore.Dio non ha altro volto che quello del servizio.

Dal Vangelo di Giovanni (Gv 13, 14-17)Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi

lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica. “Lo stile di Gesù è inconfondibile: è lo stile caratteristico di Dio che ama compiere le cose più grandi in modo povero e umile. E’ quanto avviene nel gesto della lavanda dei piedi: in esso si esprime tutta la mitezza e la compassione del Cuore di Cristo, proprio quando sarebbe iniziata la passione estrema e Cristo, con il suo amore estremo, farà trionfare l’Amore. Quest’opera di Cristo è sempre silenziosa, non è spettacolare; è un processo umile, che tuttavia porta con sé la vera forza del futuro e della storia. Un progetto che il Signore vuole attuare nel rispetto della nostra libertà, perché l’amore di sua natura non si può imporre.

Lo stile del dono: una stoffa consumataDio si inchina dinnanzi a ciascuno di noi. Dio si mette ai nostri piedi. La nostra superbia, i giudizi, le pretese, si infrangono su quest'amore che non può neanche essere immaginato.

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L'amore di Gesù che percorre tutto il cammino che lo conduce sino al fondo delle nostre vite. Sino ad inginocchiarsi dinnanzi ai nostri delitti, ad ogni peccato, grande o piccolo che sia, che infanga i nostri piedi. In ginocchio per perdonarci. Immergerci nel mistero d'amore che il nostro cuore attende da una vita. Un amore che non giudica, non esige, non chiede. Un amore che ama sino alla fine di noi stessi, agli angoli bui e irrisolti delle situazioni che ci tolgono pace e gioia. Sino alla fine di ogni nostro fallimento. Sino alla fine del peggior lato del nostro carattere. Sino all'ultima nostra debolezza. Sino alla fine dell'ultimo peccato inanellato. Un amore che brucia e cancella, che salva tutto quanto sembra perduto, che ricrea tutto quanto sembra morto e imputridito. Un amore che colma l'esistenza di senso e vita nuova. Un amore fatto pane, da mangiare per essere saziati. Un amore fatto vino, da bere e colmare ogni sete. Un amore che guarisce e dona pace e gioia.

Preghiera, segno e/o gesto…G: “Beata te, se indosserai la veste del servizio e la vivrai”.

Preghiamo insiemeSignore Gesù, tu sei la pienezza di dono, l’amore estremo. Desidero farmi sorprendere e trafiggere da te, l'unico che mi ama sino ad inginocchiarsi dinnanzi a me. Sino a consegnare tutto di sé. Aiutami, perché è difficile inginocchiarsi fino a consumare la veste del servizio.Non è facile per me spogliarmi per indossare la veste del servizio. Donami la forza del tuo amore per rivestirmi del grembiule logoro del dono.

Sesta vesteLA VESTE DELLA PUREZZAC. Ti adoriamo, Gesù PURO di cuore, e ti benediciamo.T. Perché con la tua purezza hai rivelato il vero volto dell’amore.

Dalla lettera ai Filippesi (2, 6-11)

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Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria

di Dio Padre. Il volto di questo crocifisso è un volto divino. Bello da vedersi, bello da accarezzare. Non fanno più male le spine della corona. Non disturbano più i fiotti di sangue. Splende di luce la carne chiara. Un’aureola lo avvolge di luce, una folta capigliatura bruna lo avvolge di ombra: all’interno splende il volto umano-divino. La bellezza di questo volto è il frutto di una lotta superata, di una vita donata, di una completa fiducia in Colui che gli ha affidato l’“opera” da compiere. Missione compiuta. “Padre, nelle tue mani consegno la mia vita”. “E, chinato il capo, spirò”. Verrebbe voglia di soffiargli via la ciocca di capelli che gli coprono parte del viso. Ma no! È il velo del tempio che s’è spezzato. Non tolto. Lo splendore del divino

non è del tutto sopportabile dai nostri occhi. C’è il rischio di volersene impossessare. Ma questo velo lascia vedere fin troppo quel che basta: Dio è amore. Il Crocifisso splende perché Lui muore in ogni uomo che muore. Il Crocifisso splende perché il suo sangue è redenzione per ogni uomo.

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Contemplando a lungo il crocifisso scoprirai sempre più quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità di questo amore crocifisso (Ef 3,18), che ha il potere di rigenerare il mondo.Contemplandolo a lungo scoprirai la purezza dell’amore: il dono totale e gratuito sino alla fine. La purezza d’amore che arriva allo svuotamento, all’abbassamento, alla spogliazione, senza tenere nulla per sé.

Lo stile della purezza: una stoffa trasparenteL’amore più grande è dare la vita per gli altri”. L’amore è svuotarsi, chinarsi, abbassarsi, spogliarsi, senza tenere niente per sé.La tua vita sulla terra è stata un donare, sempre, tutto, fino a lasciarti sollevare sulla croce, per poter esclamare: “Tutto è compiuto!”.La purezza dell’amore è dare tutto. Uscire da sé. È la morte che dona vita, la logica del seme che solo se muore porta frutto, della sofferenza che redime, dell’amore verginale che genera, della povertà che arricchisce, dell’obbedienza che libera.Questa beatitudine ci spinge a conoscere le cose attraverso Dio e con la luce di Dio, perché il vero senso delle cose è Dio e che solo Lui ne costituisce il contenuto e il fondamento, entrando nel paradosso evangelico.Il cuore puro si rivela nella capacità di riconoscere e di godere della presenza del Signore. Il cuore puro vede e contempla Dio sempre. La purezza del cuore rende penetrante lo sguardo da andare oltre tutte le apparenze per cogliere in tutto la presenza e il volto affascinante di Dio.

Preghiera, segno e/o gesto…G: “Beata te, se indosserai la veste della purezza, vedrai Dio”.Preghiamo insiemeSignore tu sei la purezza dell’amore.Di fronte a te, al tuo dono totale, penso alla mia vita, ai miei impegni mai vissuti fino in fondo, al mio sì mai deciso, mai completo. Mi scopro debole, inconsistente, paurosa.Ricordami, Signore, che la tua morte è vita, che la tua sofferenza è gioia, che il donare è ricevere. Sulla croce fammi vedere un raggio di luce, un riflesso luminoso

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che mi parli della vita, che tu, proprio attraverso la croce hai donato. Insegnami a spogliarmi come hai fatto Tu sulla croce.

Professione di fede battesimaleQuesta è la vita che Gesù ti propone:

una vita diversa, meno visibile ed eclatante, più semplice e marginale,eppure infinitamente più ricca, felice, benedetta e consolata.

Nella mia vita Signore aiutami ad amare, ad essere come il filo di un vestito.

Esso tiene insieme i vari pezzi e nessuno lo vede se non il sarto che ce l'ha messo.

Tu Signore mio sarto, sarto della mia vita, rendimi capace di essere nel mondo

servendo con umiltà, perché se il filo si vedetutto è riuscito male.

Rendimi amore in questa tua Chiesa,perché è l'amore che tiene

insieme i vari pezzi.

C. Ricevi il vangelo per rivestirti di Cristo risorto. T. Amen.

C. Ricevi il filo per abbellire la veste del tuo battesimo in Cristo risorto. T. Amen.

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C. Il Battesimo è la Pasqua del Risorto partecipata all’uomo. Concludiamo il nostro itinerario rinnovando le promesse battesimali, grati al Padre, che continua a chiamarci dalle tenebre alla luce del suo Regno.

C. Felici coloro che credono in Dio, il Dio dell’amore.

Noi crediamo!

Questa è la mia fede

QUESTA È LA MIA FEDE, PROCLAMARTI MIO RE,UNICO DIO, GRANDE SIGNORE.QUESTA È LA SPERANZA, SO CHE RISORGERÒE IN TE DIMORERÒ. (x2)Canterò la gioia di esser figlio, canteròche tu non abbandoni, non tradisci mai.Dammi sempre la tua grazia e in te dimoreròper adorarti, per servirti in verità, mio re.Rit.Canterò che solotu sei vita e verità,che sei salvezza,che sei vera libertà. Rit.

Io porrò la mia fiduciain te che sei la via,camminerò, nella tuaSanta volontà, mio re. Rit.

QUESTA È LA MIA FEDE,PROCLAMARTI MIO RE,UNICO DIO, GRANDE SIGNORE.QUESTA È LA MIA FEDE,

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PROCLAMARTI MIO RE,UNICO DIO, GRANDE SIGNORE.QUESTA È LA SPERANZA,SO CHE RISORGERÒE IN TE DIMORERÒE IN TE DIMORERÒE IN TE DIMORERÒE IN TE DIMORERÒ.CANTERÒ AL MIO RE.

QUESTA E’ LA MIA FEDE

Mi sol#- la mi do#- mi la7

Questa è la mia fede, proclamarti mio re, unico Dio, grande

Si mi sol#- la sol# la

Signore. Questa è la speranza so che risorgerò e in Te

Si mi

dimorerò. (2 volte)

mi- do

R.ze Canterò la gioia di esser figlio, canterò

sol do re

che Tu non abbandoni, non tradisci mai.

mi- do sol

R.zi Dammi sempre la tua grazia e in Te dimorerò per adorarti,

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do re si

per servirti in verità, mio re. Rit.

R.ze Canterò che solo Tu sei vita e verità, che sei salvezza, che sei

vera libertà.

R.zi Io porrò la mia fiducia in Te che sei la via, camminerò nella tua

santa volontà, mio re.

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