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FELICE GAMBIN Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli «Le Delizie della Sacra Mensa», ovvero una ritrovata traduzione seicentesca de «El Comulgatorio» di Gracián «È sorprendente il gusto umano, con quel suo deside- rare, da uno stesso piatto, mille varietà di sapori» '. El Comulgatorio è stata, senza dubbio, l'opera di Gracián meno studiata. Quasi a giustificare vecchie e nuove interpretazioni che intrave- dono nella stesura del testo motivi contingenti o un maldestro palliativo per calmare le acque mosse dalla pubblicazione della seconda parte de El Criticón, e finanche un certo cinismo, vai la pena ricordare che le Medi- tazioni sono cosi poco studiate che neppure gli storici della letteratura spirituale spagnola, sino a non molto tempo fa, hanno creduto conve- niente dedicar loro molta attenzione 2 . E non va taciuto il fatto che nel- * II presente lavoro forma parte della ricerca Stile e maniere della sopravvivenza. Filosofia epratica nel pensiero di Baltasar Gracián intrapresa per conto dell'Istituto Ita- liano per gli Studi Filosofici Scuola di Studi Superiori — di Napoli. 1 B. Gracián, L'Acutezza e l'Arte dell'Ingegno, presentazione di M. Perniola, traduzione di G. Poggi, consulenza scientifica e coordinamento di B. Perifián, Pa- lermo, Aesthetica, 1986, Discorso LXI, Della varietà degli stili, p. 395. 2 Sull'indiscussa crescente attenzione della più recente critica, si vedano al- meno: M. Bianco, Oralité et Eucharestie propos de El Comulgatorio de Gracián), in "Les Cahiers de Fontenay" (1984), pp. 49-58; B. Pelegrin, Éthique et esthétique du Ba- roque. L'espace jésuitíque de Baltasar Gracián, Arles, Actes Sud, 1985, soprattutto pp. 11-145; ID., Física y metafisica del estilo de Baltasar Gracián, in Baltasar Gracián. El di- scurso de la vida. Una nueva visión y lectura de su obra (a cura di J.M. Ayala), Barcelona, Anthropos, 1993, pp. 46-67; G. Giménez, El Comulgatorio y la Oratoria Sagrada, in Gracián y su época. Actas de la I Reunión de Filólogos Aragoneses, Zaragoza, Institución "Fernando el Católico", 1986, pp. 365-374; S. Neumeister, El otro Gracián: la medita- ción XIII de El Comulgatorio, in "Ibero-Amerikanisches Archiv", XII (1986), n. 2, pp. 159-179; F. Rodríguez de la Flor, Teatro de la memoria, Salamanca, Junta de Castilla y

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FELICE GAMBIN

Istituto Italianoper gli Studi Filosofici di Napoli

«Le Delizie della Sacra Mensa»,ovvero una ritrovata traduzione seicentesca

de «El Comulgatorio» di Gracián

«È sorprendente il gusto umano, con quel suo deside-rare, da uno stesso piatto, mille varietà di sapori» '.

El Comulgatorio è stata, senza dubbio, l'opera di Gracián menostudiata. Quasi a giustificare vecchie e nuove interpretazioni che intrave-dono nella stesura del testo motivi contingenti o un maldestro palliativoper calmare le acque mosse dalla pubblicazione della seconda parte de ElCriticón, e finanche un certo cinismo, vai la pena ricordare che le Medi-tazioni sono cosi poco studiate che neppure gli storici della letteraturaspirituale spagnola, sino a non molto tempo fa, hanno creduto conve-niente dedicar loro molta attenzione 2. E non va taciuto il fatto che nel-

* II presente lavoro forma parte della ricerca Stile e maniere della sopravvivenza.Filosofia e pratica nel pensiero di Baltasar Gracián intrapresa per conto dell'Istituto Ita-liano per gli Studi Filosofici — Scuola di Studi Superiori — di Napoli.

1 B. Gracián, L'Acutezza e l'Arte dell'Ingegno, presentazione di M. Perniola,traduzione di G. Poggi, consulenza scientifica e coordinamento di B. Perifián, Pa-lermo, Aesthetica, 1986, Discorso LXI, Della varietà degli stili, p. 395.

2 Sull'indiscussa crescente attenzione della più recente critica, si vedano al-meno: M. Bianco, Oralité et Eucharestie (à propos de El Comulgatorio de Gracián), in"Les Cahiers de Fontenay" (1984), pp. 49-58; B. Pelegrin, Éthique et esthétique du Ba-roque. L'espace jésuitíque de Baltasar Gracián, Arles, Actes Sud, 1985, soprattutto pp.11-145; ID., Física y metafisica del estilo de Baltasar Gracián, in Baltasar Gracián. El di-scurso de la vida. Una nueva visión y lectura de su obra (a cura di J.M. Ayala), Barcelona,Anthropos, 1993, pp. 46-67; G. Giménez, El Comulgatorio y la Oratoria Sagrada, inGracián y su época. Actas de la I Reunión de Filólogos Aragoneses, Zaragoza, Institución"Fernando el Católico", 1986, pp. 365-374; S. Neumeister, El otro Gracián: la medita-ción XIII de El Comulgatorio, in "Ibero-Amerikanisches Archiv", XII (1986), n. 2, pp.159-179; F. Rodríguez de la Flor, Teatro de la memoria, Salamanca, Junta de Castilla y

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l'iscrizione del ritratto collocato dalla Compagnia nel chiostro del pro-prio Collegio di Calatayud non vi compare alcuna menzione a quest'u-nico testo sacerdotale di Gracián. E se il senso dell'opera e la scarsastima esulano dallo scopo che ci siamo prefissi, nondimeno è significa-tivo che, dinanzi alle molte difficoltà che pone il volume, non ultimaquella di inscriverlo nel complesso della produzione graciana, gli stu-diosi abbiano talora semplificato la questione affermando di essere difronte ad un insieme di "piezas de oratoria sagrada".

Per quel che riguarda il senso di quest'opera di carattere religiosonel panorama italiano, basterebbe ricordare che, secondo l'interpreta-zione crociana, la nostra cultura sembra disposta ad accettare il gesuitaspagnolo solo entro l'apparato concettuale proprio della "scienza poli-tica" del seicento 3. La fortuna di Gracián, quindi, agli occhi del filo-sofo napoletano, si legge per intero entro le maglie, ormai consunte,della straordinaria stagione europea delle grammatiche e dei paradigmidi comportamento inaugurati dal Cortegiano del Castiglione. E di fattogli editori italiani s'inclinarono, come ben sappiamo, verso quei testidell'aragonese che sembrano proporre una serie di regole tutte giocateentro lo scenario di un comportamento sempre opportuno.

In quest'ottica, non stupisce che delle traduzioni de El Comulga-torio, di quest'unica opera di carattere religioso che Gracián scrisse epubblicò con l'approvazione dei Superiori della Compagnia e con ilproprio nome, ponendo per di più in luce un'incomoda accentuazionedell'affetto e non dell'ingegno, non si dica nulla.

Dinanzi a questa insistente tradizione di marginazione del libro -

León, 1988, pp. 11-160 e, dello stesso autore, La organización retórica de El Comulga-torio, in Baltasar Gracián..., cit., pp. 139-149; G. Eickoff, El Comulgatorio de BaltasarGracián. Apuntes acerca de su género literario, in Baltasar Gracián..., cit., pp. 150-156.

5 Si vedano almeno B. Croce, / trattatisti italiani del concettismo e BaltasarGracián, in Problemi di Estetica e contributi all'estetica italiana, Bari, Laterza, 1943 (3*ed.), pp. 313-348; ID., I predicatori italiani del Seicento e il gusto spagnuolo, in Saggisulla letteratura del Seicento, Bari, Laterza, 1911, pp. 161-193; ID., Personaggi dellastoria italo-spagnuola. Il duca di Nocera Francesco Carafa e Baltasar Gracián, in "La Cri-tica", XXXV (1937), pp. 219-235 e, dello stesso autore, Fermenti di pensiero nel XVIIsecolo, in Estetica (a cura di G. Galasso), Milano, Adelphi, 1990, pp. 235-255.

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paradossale se si ricorda che secondo il padre Batllori "es ésta la obramás sincera de Gracián" 4 — non crediamo sia trascurabile aver trovatouna traduzione del testo, finora dimenticata dalla critica. Diamo di se-guito un succinto quadro bibliografico dell'esemplare rinvenuto nellabiblioteca Nazionale di Firenze:

LE DELIZIE/ DELLA/ SACRA MENSA,/ O SIA/ Communio™ per tutte klFeste dell'Anno,/ In cui si contengono varie Me-/ditazioni per prepararsi alla/Santa Communione, trame/ il Frutto, e rendere le Grazie,/ OPERAI DELP.BALDASAR GRAZIANO/ della Compagnia di GIESVJ Trasportatedalla lingua Spa-lgnuola nell'Italiana./ A gl'Illustrissimi Signori/ DEL NO-BILISSIMO/COLLEGIO DI PARMA./ In Bologna, per il Barbieri 1675.1Con licenza de' Superiori./ Ad istanza del Vaglierini Libraro.5

II testo, in 12°, consta di 462 pagine, una dedica di 7 pagine (da-tata Bologna 13 agosto 1675) scritta da Gio. Battista Vaglierini, un In-dice delle Meditazioni ed una Tavola delle Meditazioni per Communicarsiin tutte le Feste dell'Anno. Seguono poi le 50 Meditazioni che riprodu-cono sempre il medesimo schema: iniziale riferimento biblico e succes-sivi quattro punti, ovvero Preparazione alla Santissima Communione,Per la Communione, II Frutto, Per rendere le Grazie. Conclude un'inte-ressante imprimatur sul quale ritorneremo più avanti.

Manca infine qualsiasi riferimento all'importante dedica di Gra-cián A la Excelentísima Señora Doña Elvira de Ponce de León, Marquesade Valdueza y Camarera de la Reina Nuestra Señora e, soprattutto, allefondamentali frasi de Al Letor.

A dire il vero si tratta di una traduzione, emblematicamente pro-posta con l'azzeccato titolo Le Delizie della Sacra Mensa, della qualetutti assicuravano, in una specie di fabulazione bibliografica, l'esistenza,ma che nessuno, almeno in tempi recenti, aveva avuto la fortuna di toc-

4 M. Batllori, Gracián y el Barroco, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura,1958, p. 87.

5 L'esemplare, in discrete condizioni, è catalogato con la seguente sigla: 15 C9 87. Un altro esemplare si trova, come mi viene segnalato dal dott. Franco Bacchelli,nella Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna: 2" b III 61. A lui non debbo ricono-scenza soltanto per questa indicazione bibliografica.

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care con mano. Esistenza riconosciuta dallo stesso gesuita Francesco deCastro nel presentare nel 1713, e sempre a Bologna, una nuova tradu-zione delle 50 Meditazioni graciane.

Per accostarsi, in prima approssimazione, alla traduzione del 1675è forse opportuno riprodurre il giudizio, dalla straordinaria ricchezza, diCastro:

«Vedrai, o lettore, questa traduzione molto differente da quella, che fu giàstampata nell'anno 1675, e che posso con tutto il cando re affermare, es-sermi solamente giunta alle mani allor che aveva già terminata la mia. Iltraduttore di quella, uomo peraltro di penna felice, si è sempre tenutoscrupolosamente sull'orme dell'originale spagnuolo, da cui (né io posso,se non lodarlo) ha pensato non doversi punto discostare, forse per gelosiadi non contravvenire alla dovuta fedeltà verso l'autore. Io però giudicandodi potere egualmente giovar a' lettori, che operando altrimenti, non hoavuto difficoltà di stendere in più luoghi alcuni sensi, che Graziano, pertalento di scherzare sulle parole, lascia alle volte troppo all'oscuro, perchémessi troppo in succinto. Talvolta ancora ho mutato, tal altra ommessoalcun pensiero, che in linguaggio spagnuolo poteva passare sotto ariad'una vivezza, e tradotto nell'italiano tutta avrebbe perduta la primera sualeggiadria» 6.

Tralasciando la questione relativa alla dichiarata onestà intellet-tuale di Castro, forse volta soltanto alla giustificazione di una faticaormai portata a termine, lasciano quantomeno perplessi i motivi che lohanno spinto a proporre una nuova traduzione 7. Le affermazioni di

6 // Traduttore a chi legge, pp. 4-5. Per nostra comodità usiamo la seguenteedizione: Meditazioni/ sopra/ la SS. Comunione/ del Padre/ Baldassare Graziano/ dellaCompagnia di Gesù/ Tradotte dallo Spagnuolo in Italiano/ da Francesco de Castro/ dellaMedesima Compagnia/ Prima Edizione Napolitana/ Napoli/ Stamperia e Liberta di A.Festa/ Strada Carbonara n. 104, 1856. Su questa edizione, sfuggita alla critica, rin-viamo alla comunicazione da noi presentata in occasione del III Congreso Interna-cional de AISO (Toulouse, 6-10 de julio de 1993).

7 Tanto impossibile, o forse soltanto inutile, cercare di stabilire su "basi scien-tifiche" la presunta o meno sincerità di Castro che, a rigore, si potrebbe — e ciò altronon avrebbe che il merito di consegnarci tratti di maggiore suggestione — persino ipo-tizzare, come si vedrà, che il traduttore abbia avuto tra le mani sin dall'inizio la tradu-zione del 1675 e che, volutamente, abbia cercato di allontanarsene.

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Castro ci consegnano infatti una preziosa indicazione, quella relativa alfatto che la traduzione del 1675 rivela — cosa alla lettura assai evidente

— un'eccessiva fedeltà verso Gradan. Ma l'essersi tenuto "scrupolosa-mente sull'orme dell'originale" significa, agli occhi di Castro, soprat-tutto riproporre i giochi linguistici, l'oscurità e la concisione presentinel testo dell'aragonese.

In questa prospettiva, esemplare è il tentativo operante nella tradu-zione del 1675 di rendere alla meno peggio la presenza nell'originale diparonomasie, che Castro, e non tanto in una sorta di resa di fronte allaloro difficoltà quanto in un lucido tentativo di consegnare appunto untesto alla portata di tutti i devoti, taglia ampiamente:

1) "que se digne entrar, no ya en tu techo, sino en tu pecho" (p.20)8.2) "perché esso si degni di entrare e non già nel tuo tetto, ma nel tuopetto" (p. 28).3) "non entra nella tua casa, ma (oh eccesso di degnazione!) nel tuo petto"(p. 20).

1) "y pues recibiste al mismo Señor, aplaude con voz de exultación y deexaltación" (p.13).2) "e giacché hai ricevuto il medesimo Signore applaudì, tu ancora convoce di esultazione, e di esaltazione" (p. 12).3) "giacché hai ricevuto dentro di te lo stesso Signore, fagli applauso convoci di contento, e con ringraziamenti di lode" (p. 12).

1) "siéntale en su mesa, y, vestido de gala, le regala" (p. 15).2) "lo accoglie alla mensa, e vestito di gala lo regala" (p.18).3) "lo fa sedere alla sua mensa, e quivi pratica con esso lui tutte le finezzedella maggior tenerezza" (p. 15).

1) "corresponda al favor tu fervor" (p.17).2) "corrisponda al favore il tuo fervore" (p. 22).

8 Utilizziamo come testo de El Comulgatorio: B. Gracián, El Comulgatorio,edición, introducción y notas de E. Correa Calderón, Madrid, Espasa-Calpe, 1977.Nel presente e nei successivi raffronti tra traduzioni poniamo tra parentesi soltanto lapagina.

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3) "corrisponda meglio che può il tuo fervore alla grandezza del dono" (p.17).

Tuttavia, se di solito, la traduzione settecentesca, diversamente daquella seicentesca, evita i giochi di parole, per esempio la ricorrente pa-ronomasia miel-hiel non mancano casi che contraddicono gli stessi pro-positi del traduttore, anche se irrompono, come si nota, alcuni corposiperiodi, oppure spariscono alcuni concetti, quali quello di gusto e buongusto, oggi considerati portanti del pensiero di Gradan:

1) "¡Oh, qué comida tan gustosa! Una lengua, que aunque de sí manaleche y miel, pero fue aheleada con hiél y vinagre. Mira que la comas debuen gusto, pues unas manos y unos pies traspasados con los clavos, noson de dejar; ve desta suerte ponderando lo que comas y repartiendo la de-voción" (p. 68).2) "O che deliziosa vivanda! Una lingua, la quale se bene per se stessastilla latte, e mele; però fu abbeverata di fiele, e di aceto. Guarda à magnarcon gusto; perché non si deono rifiutare mani, e piedi forati con Chiodi.Va in questa maniera considerando quello, che magni, e va ripartendo latua divozione" (pp. 148-149).3) "Oh come la vivanda è preziosa! Troverai altresì la di lui lingua, chesebbene fu già empiamente amareggiata da fiele ed aceto; ora scaturisce elatte dolcissimo e soavissimo miele. Oh che condimento di paradiso!Quando tu poi ti veda offerire, e mani lacere, e piedi traforati dai chiodi,non lasciar d'appressarvi le labbra. In tal guisa, o anima mia, devi apprez-zare i cibi meravigliosi di questa divina mensa, ripetendo a ciascuno, comemeglio saprai la tua divozione" (pp. 92-93).

Uno dei procedimenti, accuratamente evitato nella traduzione del1675 è come si è già notato quello dell'amplificazione esplicativa, invecericorrente in quella del 1713. Si pensi, quale ulteriore esempio, all'in-cipit della seconda Meditazione:

1) "Considera el inconsiderato Pródigo" (p. 14).2) "Considera l'inconsiderato Figliuol Prodigo" (p. 13).3) "Devi ridurti alla memoria l'inconsideratissimo figlio prodigo" (p.13).

Anche la tecnica dell'intensificazione del significato tramite frasiparallele viene riproposta nella traduzione del 1675:

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1) "De gustos, ni hay admiración ni disputa; unos apetecen un plato yotros otro; cuál apetece lo dulce de la niñez de Jesús, y cuál lo amargo desu pasión; éste busca lo picante de sus desprecios, aquél lo salado de sus fi-nezas; cada uno según su espíritu y aquello le parece lo mejor (...): unos sevan con el amado discípulo al pecho de su Maestro, y como águilas seceban en el amoroso corazón; otros con la Madalena buscan los pies,donde hallan el pasto de su humildad; cuál, con el dulcísimo Bernardo, alcostado abierto, y cuál con Santa Catalina, a la cabeza espinada; ni faltaquien le hurta a Judas el carrillo indignamente empleado, y que no leentró en provecho, porque llegó ahíto.de maldad" (p. 69).2) "De' gusti, non vi è, che disputare, ne da meravigliarne. Uno appetisceun piatto, ed uno un'altro. Ha chi appetisce il dolce della fanciullezza diGiesù, e chi l'amarezza della sua Passione (...) gli uni vanno con l'amatoDiscepolo al seno del buon Maestro, e come Aquile si cibano del Cuoreamoroso: gli altri con la Maddalena cercano i piedi, ove ritrovano il pastodella lor' umiltà; quale col Dolcissimo S. Bernardo al Costato aperto; equale con S. Caterina alla testa spinosa; e non manca chi rubi a Giuda ilboccone intinto nel piatto, che gli fece così mal prò, per essere preso dalui tinto di malignità" (pp. 149-150).

Nella traduzione del 1713, invece, le pennellate rapide e le molteassociazioni vengono diluite, sminuzzate:

3) "Chi cercasse la ragione, per cui al palato d'uno s'adatti un sapore, chein niun modo s'adatta al palato d'un altro, avrebbe per risposta, che ciòavviene dal non esser lo stesso il gusto di tutti. Tal verità, siccome nonpuò mettersi in quistione, perché tuttogiorno si prova; così non è da recarmaraviglia, perché continuamente si vede. Lo stesso accade nel meditare.Certe anime appetiscono un cibo, in cui cert'altre non trovano il loro pas-colo. Chi tutte gusta le più squisite delizie nella dolcezza dell'infanzia diGesù; chi nell'amarezza della sua passione (...) certe anime s'accostano coldiscepolo amato al seno del divino Maestro, e quali aquile trovano il loropascolo nel di lui cuore. Altre poi imitatrici della penitente Maddalena,non ardiscono avanzarsi più oltre, che ai piedi del loro Signore, dove ha laloro umiltà soavissime le consolazioni. V e taluna, che emulando la ver-gine Caterina, non sa dipartirsi dal capo trafitto dalle spine: e v'è tal altra,che col dolcissimo Bernardo tutta s'impiega nel costato squarciato dalferro. E forse ancora non vi manca, chi si appressi al divino adorabilissimovolto: a quel volto, a cui sì indegnamente s'accostò il discepolo traditore.Egli lo scellerato non ricavò alcun pro per l'anima sua, perché vi andò sa-tollo di scelleraggini. Non avverrà così a quell'anima favorita, a cui venga

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fatto l'invito da Gesù: Osculetur me osculo oris sui, Cant. e. 1; e vi vadacoll'apparecchio della più umile riverenza" (pp. 93-94).

In definitiva, tra le molte altre cose, Castro procede per spiegazionidi molte immagini e corrispondenze ritenute forse troppo peregrine edaudaci. Il che è appunto evidente nel non più evocato ma rischiaratogusto del perché molti preferiscono i piedi del Cristo come la penitenteMaddalena o nel troppo ardito richiamo a quanti, come Giuda, si avvi-cinano al corpo eucaristico. O molto più semplicemente in quell'osses-sivo consegnare al lettore il termine di paragone dei motivi che spin-gono qualcuno a preferire un determinato cibo e ciò che spinge le animea scegliere tra le squisite dolcezze del Cristo. Ma, comunque, quel chepiù importa è sottolineare come dinanzi all'essenza del concetto, Castroinceppi il meccanismo stesso dell'arte dell'ingegno. Da questo punto divista, la corrispondenza tra banchetto ed eucarestia non rimanda ad al-cuna ponderación misteriosa, ma, anzi, in quel sottolineare che "Lostesso accade nel meditare" tende ad eliminare, come ben sappiamo,tutto quell'insieme di fattori imponderabili che permettono di forgiareun concetto.

Tanto minata alle fondamenta appare la gran macchina dell'acu-tezza che Castro non esita ad affermare di non aver

«preteso, arrogandomi somigliante libertà, di riformare l'opera d'un uomodi tanto credito; ma solo di accomodarla, per quanto si può, al gusto ita-liano, togliendole quelle, che possono parere improprietà a chi non ha av-vezzo l'orecchio al costume del linguaggio spagnuolo. Ella è in sommabene spesso quella che ti presento, una piuttosto parafrasi, che tradu-

9 Ibidem, p. 5. Sulle note distintive riconosciute alla lingua spagnola, si veda ilsalace articolo di L. Terracini, Alabanza de lengua, menosprecio de gente en la culturalingüística española de los Singlos de Oro, in Actas del X Congreso de AIH, Barcelona,PPU, 1992, pp. 55-76. Non privo di seducenti sollecitazioni risulterebbe insaporire lestrategie utilizzate da Castro dinanzi ad alcune immagini di «piedad gastronómica» conl'intransigente affermazione dell'ideale dello stile «laconico» giocato da Graciàn nelladecisa opzione per alcuni cibi. Per un primo approccio si tenga presente la sapida ana-lisi di A. Martinengo, Cibi piccanti, foglie amare (e letteratura) in Graciàn, in Codici delgusto (a cura di M. G. Profeti), Milano, F. Angeli, 1991, pp. 302-312.

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A rigore sintomatico pare essere che Castro, in questo caso, tralascicompletamente la significativa ed ormai codificata comparazione tra co-munione e banchetto che chiude il punto della Meditazione XVI soprarichiamato. Metafora gastronomica, corrispondenza segreta che invececi viene consegnata nella sua interezza nella traduzione del 1675:

1) "Llega tú al banquete, ¡oh, alma mía! y cébate en lo que más gustares,aunque todo es bueno y todo bien sazonado, así tú lo comieses con biendispuesto paladar; come como ángel el pan de los ángeles; come comopersona, considerando, y no como bruto, no agradeciendo; mira quedonde está el Cuerpo del Señor, allí se congregan las águilas reales" (p.69).2) "Accostati, o Anima mia, à questo Banchetto, e cibati di quello, che piùti aggrada, se bene tutto è buono, e bene stagionato, così tu lo magnassicon palato ben disposto. Magna come Angelo il Pan degli Angeli. Magna,come Huomo, considerando, e non come Bruto, senza mostrar gradi-mento. Mira, che ove sta il Corpo del Signore, ivi si congregano le AquileReali" (p. 151).

Per finire il traduttore del 1675, diversamente da Castro, pare con-

segnarci un testo più fresco, più vitale e talora anche più suggestivo dal

punto di vista lirico:

1) "Pondera, alma, cuánto más agradecida te debes tú mostrar a esteSeñor, que no ya una fuente de agua, sino todas las cinco de su preciosasangre te ha franqueado hoy, quedando tú bañada en el abismo de sus mi-sericordias; séle reconocida, y serás agradecida; hazte pregonera de susdones, comunicando a todos y con todos esta dicha, que por esto se llamaComunión" (p. 62).2) "Pondera, o Anima, quanto maggiormente ti dei mostrare favorita daquesto Signore; perché ti ha aperto oggi non già una sol Fonte di acqua,ma tutte insieme le cinque Piaghe, rimanendo tu bagnata nel mare dellesue misericordie. Sarai a lui gradita, se conoscerai il beneficio. Fatti trom-bettiera de' suoi doni, communicando a tutti, e con tutti la tua Fortuna;che per questo si chiama Communione" (p. 134).3) "Considera tu, o anima mia, quanto dovresti mostrarti più grata aquesto divino Signore. Non ti da, come già alla Samaritana un fonte diacque; ma tutte ti dona le cinque sorgenti del suo preziosissimo Sangue.Non gli volgere le spalle. Accetta codesto eccesso di amorevolissima de-gnazione, di cui oggi ti vuole arricchire il tuo Dio. Rimanendo tu favorita

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con pegno sì grande dell'amor suo, digli mille volte, che ti dia grazia diconoscere la preziosità di tal dono, promettendogli di corrispondere colsuo aiuto a misura della cognizione. Protestati, che intanto giacché nonpuoi in altro miglior modo, gli sarai grata, procurando coi buoni esempi ecolle parole d'invitar altri a servirlo: potrai aggiungergli di bramare arden-temente che tutti lo conoscano, perché tutti l'amino" (pp. 84-85).

O ancora felici espressioni molto prossime all'universo dei simbolidell'originale:

1) "¡Oh alma mía! tú que andas toda la noche desta tenebrosa vida zozo-brando en el inconstante mar del mundo, donde no hay hallar seguridadni sosiego" (p. 40).2) "O anima mia, tu che vai barcheggiando tutta la notte oscura di questavita nel mare incostante del Mondo, ove non si ritrova ne sicurezza, ne ri-poso" (p. 79).3) "O anima mia, che tutta la notte di questa tenebrosissima vita vai sten-tando nell'incostante mare del mondo, dove non v'è né sicurezza, népace" (p.52).

Insomma perno portante de El Comulgatorio pare essere lo stile 10.Anche la presunta, ma non insignificante, difiFerenza tra ciò che in unalingua può essere considerato "vivezza" ed una volta tradotto perde la"leggiadria", tanto che molte di quelle "vivezze", se non "accomodate",possono perfino trasformarsi in improprietà per quanti, in questo caso,

10 Sull'importanza dello stile, oltre ai contributi già ricordati, abbiamo qui te-nuto presente, e talora impiegato a mo' di bussole, alcune utili indicazioni contenutenel libro di S. Alonso, Tensión semántica (lenguaje y estilo) de Gracián, prólogo de R.Lapesa, Zaragoza, Institución "Fernando el Católico", 1981. Per un primo approccioal "concettismo" come linguaggio della predicazione, anche ai fini bibliografici, si ve-dano F. Cerdán, Historia de la Historia de la Oratoria Sagrada española en el Siglo deOro. Introducción crítica y bibliográfica, en "Criticón", 32, 1985, pp. 55-107; ID., Ser-mones, sermonarios y predicatores citados por Gracián en la Agudeza. Apuntes bibliográ-ficos y algunas consideraciones, in Varia Bibliografica. Homenaje a José Simón Díaz,Kassel, Reichenberger, 1988, pp. 175-182 e, dello stesso autore, La emergencia del estiloculto en la oratoria sagrada del siglo XVII, en "Criticón", 58, 1993, pp. 61-72. Interes-santi indicazioni intrecciano anche il lavoro di M. Blanco, Les Rhétoriques de la Pointe.Baltasar Gracián et le Conceptisme en Europe, Genève, Editions Slatkine, 1992.

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non hanno l'orecchio abituato alla lingua spagnola, ribadisce senzadubbio la pregnanza dello stile. Ed è appunto il mondo oscuro delle in-gegnosità, dei gusti, dei non so che, dei silenzi, di un'acutezza tanto mag-giore quanto meno visibile risulta la corrispondenza, di quel seducente ead un tempo drammatico rimandare dell'ingegno anche all'improbabile,ad una verdad recondita che curva e ridiscute continuamente l'indice diverità di antiche certezze, che Castro non ritiene opportuno raccoglierenei quadri di un testo religioso. Che poi le sue strategie finalizzate alcontenimento o all'annullamento di quella che definisce l'abitudine gra-ciana "di scherzare sulle parole" raggiungano gli obiettivi che si era pro-posto, anche se a rischio di cancellare la specificità delle Meditazioni, èaltro discorso.

Di una cosa si può comunque essere certi: entrambi i traduttoricon modi, obiettivi e sensibilità diverse, l'uno attenendosi fedelmente al-l'originale e l'altro talora allestendo una parafrasi, non ravvisano ne ElComulgatorio alcuno stile semplice e chiaro. Il che contrasta con una in-numerevole serie di luoghi comuni di molta critica. Addirittura, CorreaCalderón, intravede in quest'opera uno stile estraneo al laconismo deitrattati precedenti, ai "continuos juegos de lenguaje y figuras de dicción,al igual que de toda clase de metáforas y elipsis, e incluso del hipérbaton(...) como si se propusiese descender a la humildad del lector, como si eltema sublime exigiese hacerse comprensible y ponerse al alcance detodos" ". O ancora: "Gradan se retrae de su estilo difícil y recónditounas veces, grandilocuente otras, y desciende a un estilo simplísimo,persuasivo y parenético, con el indudable propósito de hacerse accesiblea los más ingenuos y devotos lectores" n. Emblematiche in quest'otticaalcune battute sulle Meditazioni di un altro critico: "¡Cuan dignas sonde leerse y meditarse! Sin mezcla de conceptismo, con gran copia de ra-zones y de afectos" 13. Certo, lo stile di questo testo è più grave, menodisposto ai molti espedienti stilistici delle altre opere, ma questi, accolti

11 E. Correa Calderón, Introducción a B. Gracián, El Comulgatorio, cit., p.LVL

12 Ibidem, p. LX.13 C. Eguía Ruiz, La formación escolar y religiosa de Baltasar Gracián, in Boletín

de la Real Academia Española, XVIII (1931), p. 175.

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dal traduttore del 1675 e accantonati dal traduttore del 1713, forse neltentativo di arginare molti attacchi alla retorica gesuitica ormai prove-nienti non soltanto dagli ambienti giansenisti, rivelano una varietà distili operante in un unico volume. In breve, entrambi i traduttori rico-noscono l'importanza dello stile e la varietà degli stili. Ma mentre Ca-stro tende a considerare poco consona all'argomento eucaristico questaoperante varietà di stili — si tenga presente che riconosce il traduttoredel 1675 "uomo per altro di penna felice"-, il secondo cerca di misurarsicon la situazione testuale ingegnosa dell'originale.

A fronte quindi del ribadito proposito didattico e dottrinale, diinusitata ricchezza ermeneutica appaiono le conclusive battute di Castroindirizzate al lettore:

«Mi accorgo (e candidamente il confesso) di non aver ottenuto compita-mente in ogni cosa il fine, che da principio m'era proposto. Resterà peròspesso, se non disgustato, almeno poco appagato il tuo orecchio dall'uni-formità delle formóle, che quasi di continuo in ogni meditazione sono lestesse; ma come poteva schivarsi somigliante inconveniente, essendo dauna parte quelle tanto limitate, e convenendo dall'altra parlar sempresullo stesso mistero? Inoltre non può negarsi una troppo sensibile disu-guaglianza di stile, talvolta sollevato, tal altra dimesso: ora bizzarro, edora divoto. Questo disordine poteva, noi niego, senza molta fatica fug-girsi, quando non l'avessi tenuto per minor male, che prendermi libertàmaggiore di quella, a cui benché di mala voglia, m'è convenuto avan-zarmi. Qual peso debbano avere al tribunale del tuo giudizio queste mie,quali esse sieno (o scuse, o ragioni, io per verità noi saprei dire); so bene,che altra non è stata la mia intenzione, che di giovarti, anche a rischio dinon piacerti» 14.

In breve, le formule utilizzate nella struttura delle Meditazioni ri-velano, secondo Castro, qualcosa di meccanico e di artificioso, ripetitivocontenitore del divino e delle sue manifestazioni. Tuttavia se dinanzi aquesto inconveniente il traduttore dell'edizione del 1713 consegnaanche delle giustificazioni, nulla, ai suoi occhi, stravolgendo in tal modonon solo il senso e gli obiettivi de El Comulgatorio ma anche quelli deL'Acutezza e l'Arte dell'Ingegno, può legittimare la presenza in un testo

Ibidem, pp. 5-6.

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religioso di quello definito il disordine causato da uno stile, da una va-rietà di stili, "talvolta sollevato, tal altra dimesso: ora bizzarro, ed oradivoto".

E se nella traduzione del 1675 incontriamo alcuni frammenti ne-bulosi e molte soluzioni stravaganti, pure questi inconvenienti meritanogrande attenzione ". Anzi, paradossalmente, essi risultano legittimati, inquanto sembrano evidenziare il tentativo di trasporre e di alludere anchein italiano al più piccolo brandello ingegnoso, al nerbo concettoso pro-prio anche del divino — o soprattutto del divino — e delle sue miste-riose manifestazioni eucaristiche.

II. Ebbene se Le Delizie della Sacra Mensa riproducono, come d'altraparte la traduzione del 1713, la struttura ignaziana delle 50 Medita-zioni, che, com'è noto, ruota attorno alle potenze della memoria, del-l'intelletto e della volontà, pure non diviene insignificante, dopo quantosi è detto, che Castro, contrariamente al traduttore del 1675, si tra-sformi in una vera e propria guida del complesso e labirintico percorsoeucaristico del quale egli soltanto pare conoscere limiti e significati. Per

15 Non è solo curioso ricordare che anche nella prima anonima traduzione ita-liana (1670) dell' Oráculo Manual y Arte de Prudencia ci troviamo a fare i conti con untesto talora "oscuro e a soluzioni stravaganti". A cercare "di dar qualche chiarezza a'chiusi sentimenti delle Massime" ci pensa poi la ben più fortunata versione dell'abateFrancesco Tosques, che, tra le altre cose, traduce l'opera dalla versione francese di A. dela Houssaie, ma soprattutto "osservando, che delle Trecento Massime di Graziano, chel'Uomo di Corte compongono, aveane il Signor de la Houssaie coméntate sol ducentotredici, parvenu, vi fosse luogo di commentare si le ottanta sette non coméntate af-fatto, come le rimanenti". Su ciò, ci sia concesso rinviare, ai nostri contributi Las tra-ducciones italianas del "Oráculo Manual y Arte de Prudencia" de Baltasar Gracián, inActas del VII Seminario de Historia de la Filosofia Española e Iberoamericana, (edic. deA. Heredia Soriano), Salamanca, Universidad de Salamanca, 1992, pp. 287-293 e Tra-sformazione moderna della sopravvivenza. Appunti sul saper vivere nel XIX: GB. Conta-rmi e la traduzione italiana dell'Oráculo Manual y Arte de Prudencia di Baltasar Gra-cián, in Traites de Savoir-Vivre en Italie. I Trattati di saper vivere in Italia (sous la direc-tion de A. Montandon), Clermont-Ferrand, Association des Publications de la Facultédes Lettres et Sciences Humaines, 1993, pp. 273-287. Intorno al mutato immaginarioculturale che ci consegnano le traduzioni di Gracián sarebbe forse opportuno dedicaremaggior attenzione.

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Castro, quindi, è opportuno prescindere dalla concisione utilizzata daGracián, da molti suoi giochi linguistici e da molte sue metafore. Ma ilprocedimento impiegato da Castro non si limita ad annacquare molticoncetti graciani, ad inserire ulteriori frasi esclamative ed interrogative,a trasformare le prime nelle seconde o ad intervenire con parafrasi di-nanzi ad una situazione enigmatica ed ingegnosa, quanto a cancellare lastessa pratica della compositio bei. Scrive infatti:

«m'é convenuto più e più volte notare alcuni testi, a cui egli allude, macosì di lontano che o non vi giungerebbe l'intelletto se non di pochi, op-pure sembrerebbero come nati piuttosto nella sua mente, che derivati dalfonte delle Sacre Carte. Ciò servirà, se non erro, a dar maggior chiarezzain alcun luogo ai sentimenti dell'autore, e a suggerire in qualch'altro a chimerita, alcuna giaculatoria divota» l6.

Questa anelata chiarezza, questa necessità di spiegare, questo este-nuante sforzo di individuare i luoghi delle citazioni bibliche e di inserirenel testo questo gigantesco apparato di puntuali rinvii biblici, insommaquesto bisogno di consegnare un testo alla portata di tutti, non può senon smantellare il senso stesso delle meditazioni graciane, il ruolo dellacompositio bei e la raffinata, anche se talora stereotipata, architetturadella memoria promossa dalla Ratio Studiorum. A questo punto, inutiledire che la traduzione di Castro, pur proponendo la seconda persona delsingolare, alcune strutture stilistiche utilizzate da Gracián, l'uso di apo-strofi ed esclamazioni a mo' di orazione ("considera", "pondera", "im-magina", ecc), non riesce a far assaporare granché dell'originale al let-tore italiano " .

Diverso, ovviamente, il discorso su Le Delizie della Sacra Mensa.Innanzitutto, il traduttore, forse seguendo le parole preliminari di Gra-

16 B. Gracián, Meditazioni..., cit., p. 5.17 E, soprattutto, non va quindi taciuto che, inevitabilmente, uno degli ele-

menti portanti dell'acutezza di Gracián, ovvero il "reparo", pare qui assumere i con-torni di un semplice meccanismo privo d'ingegno. Su questo fondamentale concettograciano, non privo di potenti suggestioni risulta essere l'approccio di V. Nider, "Re-paro" y "reparar": apuntes sobre el léxico de la Agudeza y arte de ingenio, in "Criticón",53, 1991, pp. 97-108.

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cián che riteneva di non citare "los lugares de la Sagrada Escrituraporque para los doctos fuera superfluo, y para los demás prolijo" 18, nonconsegna alcuna precisa indicazione biblica, stimolando così la forza im-maginativa e spirituale del lettore ". Certo, una volta riconosciuto cheanche le Meditazioni de El Comulgatorio, ben altro dalla frettolosa indi-cazione di uno stile chiaro e semplice, non sono estranee alla varietà distili che caratterizza gli altri suoi testi, ben consegnataci dal traduttorede Le Delizie della Sacra Mensa, varrebbe la pena andare oltre alla meraconstatazione di una traduzione che riproduce le caratteristiche propriedella visualizzazione ignaziana.

Infatti, quasi a sollecitare uno stretto rapporto tra quest'unico testoreligioso dell'autore della Agudeza y Arte de Ingenio con gli altri, non èirrilevante ricordare che tra fatto religioso preso in considerazione e si-tuazione personale del lettore si stabilisce una corrispondenza. È questo,com'è noto, uno dei termini decisivi del pensiero di Gracián. Ma inquest'ottica, se il concetto "è un atto dell'intelletto che esprime la corri-spondenza che si può instaurare tra gli oggetti" 20, altro che concetti in-gegnosi assaporiamo ne El Comulgatorio e nella sua prima traduzioneitaliana. E non soltanto per motivi attinenti alla presenza di quello cheCastro definisce il talento graciano "di scherzare sulle parole", ma, ap-punto, per la stretta corrispondenza tra compositio loci ed agudeza. Infin dei conti, non è lo stesso Gracián ne L Acutezza a rammentare che"Gli elementi conoscibili, se accostati, e la loro correlazione, risultanopiù o meno a seconda dei fatti con cui si mettono a confronto, e la cor-relazione che per alcuni è incremento alla sottigliezza è, per altri,freno" 21?

18 B. Gracián, El Comulgatorio, cit., pp. 6-7.19 Ricordiamo che Correa Calderón nella già citata edizione de El Comulga-

torio indica i passaggi biblici, in quanto, correttamente, "los lectores de hoy, a pesar deconsiderarse católicos actuantes — salvo singularísimos casos — poseen una ignoranciasupina y total acerca de estas materias, por lo cual nos ha parecido conveniente aclararen notas las corcordancias de cada una de las Meditaciones de Gracián con los pasajesbíblicos" (p. LXII).

20 B. Gracián, L'Acutezza e l'Arte dell'Ingegno, cit, Discorso II, Dove si discorredell'essenza dell'acutezza, p. 37.

21 Ibidem.

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Tra l'altro, paradossalmente — ma su ciò sarebbe qui poco oppor-tuno consegnare ulteriori materiali —, El Comulgatorio, costruito nellospazio che si estende tra la dicibile ineffabilità del divino e l'invisibilitàche pure è resa visibile e perfino gustata allo sguardo di chi sa parteci-pare alle Delizie della Sacra Mensa, pare richiedere un maggiore e piùcomplesso affinamento ermeneutico delle tecniche dell'acutezza e nonquindi di essere spogliato della pregnanza ingegnosa nella quale forse siassapora il più audace degli atti retorici: quello di paragonarsi, dopoaver cercato di pensarlo come l'assolutamente-altro, a Dio.

Resta da dire che tra i molti problemi così sollevati dalla ritrovatatraduzione del 1675, e da noi in taluni casi soltanto elencati o persinoallusi, uno meriterebbe un ultimo e definitivo sforzo. È indubbio: final-mente è stata individuata quella traduzione italiana de El Comulgatoriocronologicamente molto prossima alla pubblicazione spagnola e intornoalla quale si era innescato uno strano gioco di rinvii da un catologo al-l'altro, da una bibliografia all'altra. Eppure, se è vero che il testo ci con-segna interessanti ed illuminanti materiali sulla presenza di Gracián inItalia, nondimeno, quando non disponevano di questa traduzione, i re-pertori bibliografici si trovavano nelle condizioni di poter ascrivere,senza difficoltà, la fatica al Padre Ottavio Inviziati. Il che ci lascia quan-tomeno perplessi. Nella traduzione del 1675 infatti non viene mai no-minato il traduttore, nessun traduttore. Tantomeno Castro, pur rin-viando, come si è visto, a questa traduzione non scandisce mai il nomedel gesuita piemontese Inviziati. Inevitabile quindi manifestare il nostroimbarazzo nel ravvisare che Sommervogel nella Bibliothèque de la Com-pagnie de Jésus attribuisce Le Delizie della Sacra Mensa al Padre OttavioInviziati. Tra i molti elementi intriganti di questa traduzione ne esistequindi un altro: quello di consegnarci un anello mancante. Il testo inquestione, come risulta chiaramente dalla presenza del reimprimatur ri-portato nel colophon, non può che essere una seconda edizione. Purtut-tavia grazie a questa disarmante ma affascinante prospettiva di una inda-gine non terminata, da una parte potremmo inscrivere le pagine inizialidel libraro Gio. Battista Vaglierini nella grande tradizione delle abitualistrategie per proporre la traduzione di un testo, non pubblicato a Bo-logna, senza gli oneri editoriali del caso, e dall'altra parte proiettarenella cultura italiana una penetrazione, anche materiale, di Gracián benpiù significativa e feconda di quello che pensiamo.