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Nonostante il carcinoma della mammella rappresenti anco- ra oggi la principale causa di morte per neoplasia nel sesso femminile, recenti dati epidemiologici dimostrano un rilevan- te allungamento della sopravvivenza. Questo è riferibile da un lato a diagnosi precoci grazie ai programmi di screening, dall’altro a studi di biologia mole- colare che hanno rivoluzionato l’approccio diagnostico e terapeutico. In particolare gli studi dei gruppi di Charles M. Perou e di Marc J. Van de Vijver hanno introdotto per la prima volta una “classificazione molecolare” dei carcino- mi della mammella, basata sull’impiego di test di espressio- ne genica, che identifica 5 “sottotipi a diversa prognosi”: • carcinoma a cellule luminali di tipo A • carcinoma a cellule luminali di tipo B La valutazione di particolari parametri istologici e anatomici resta ancora oggi il fondamento su cui poggia la decisione terapeutica nel tumore mammario, avvalorata e resa più mirata dall’integrazione dei profili di espressione molecolare che hanno permesso di individuare specifiche “categorie di trattamento” Sommario Editoriale 1 Controeditoriale 3 Casi clinici 4 Dalle Reti della Rete 6 Progetto 8 Congressi 11 Spazio alle Commissioni 15 oncologia IN RETE Giornale di formazione e informazione della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta n. 10 settembre 2009 Isabella Castellano, Anna Sapino Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Università degli Studi di Torino Editoriale Approcci multidisciplinari

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Nonostante il carcinoma della mammella rappresenti anco-ra oggi la principale causa di morte per neoplasia nel sessofemminile, recenti dati epidemiologici dimostrano un rilevan-te allungamento della sopravvivenza.Questo è riferibile da un lato a diagnosi precoci grazie aiprogrammi di screening, dall’altro a studi di biologia mole-colare che hanno rivoluzionato l’approccio diagnostico eterapeutico. In particolare gli studi dei gruppi di CharlesM. Perou e di Marc J. Van de Vijver hanno introdotto perla prima volta una “classificazione molecolare” dei carcino-mi della mammella, basata sull’impiego di test di espressio-ne genica, che identifica 5 “sottotipi a diversa prognosi”:• carcinoma a cellule luminali di tipo A• carcinoma a cellule luminali di tipo B

La valutazione di particolariparametri istologici e anatomiciresta ancora oggi il fondamento

su cui poggia la decisioneterapeutica nel tumoremammario, avvalorata e resapiù mirata dall’integrazione deiprofili di espressione molecolareche hanno permesso diindividuare specifiche “categoriedi trattamento”

SommarioEditoriale 1Controeditoriale 3Casi clinici 4Dalle Reti della Rete 6Progetto 8Congressi 11Spazio alle Commissioni 15

oncologiaIN RETEGiornale di formazione e informazione della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta

n. 10 settembre 2009

Isabella Castellano,Anna Sapino

Scienze Biomediche e OncologiaUmana, Università degli Studi di Torino

Editoriale Approcci multidisciplinari

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• carcinoma HER2• carcinoma a cellule basali• carcinoma con assetto genico simile al tessuto mammario normale.L’esistenza di quest’ultimo gruppo non è stata confermata da lavori successivi e si pensa che possaessere derivata dall’analisi di tessuto mammario normale per errori di campionamento.

La prognosi di carcinomi luminali tipo A, caratterizzati da espressione del recettore estrogenico (ER)e del progesterone (PR) alle indagini immunocitochimiche (ICC), è migliore rispetto a quella dei tumoridi tipo B, che generalmente si associa a un più alto indice proliferativo.Atteggiamento più aggressivo hanno i tipi HER2 e basale, quest’ultimo frequentemente negativo perER, PR e HER2.Tuttavia, mentre per i carcinomi HER2-positivi esistono trattamenti specifici che bloccano l’attività delrecettore stesso (trastuzumab) o l’attività tirosinchinasica di recettori fosforilati (lapatinib), per il tipobasale e in particolare per i carcinomi tripli negativi non esistono al momento terapie mirate. La catego-ria di carcinomi HER2-positivi può essere accuratamente definita con la valutazione ICC dell’espressio-ne della proteina recettoriale, o, nei casi equivoci, con test di ibridizzazione in situ (FISH/CISH) per lavalutazione dell’amplificazione del gene.

Alla luce di queste osservazioni nell’ultima Consensus Conference di St. Gallen, nel marzo del 2009,sono state stabilite 3 “categorie di trattamento”:• tumori ormono-responsivi che esprimono alti livelli di ER e di PR all’ICC• tumori anti-HER2-responsivi definiti con reazioni ICC o di FISH/CISH• una categoria eterogenea di tumori, tra cui quelli ER-positivi, di grado istologico intermedio(G2), di dimensioni tra 2 e 5 cm e da 1 a 3 linfonodi metastatici.

In queste pazienti l’associazione di trattamenti chemioterapici con l’ormonoterapia potrebbeessere guidata da test genici che definiscono “categorie di rischio di recidiva”. Tra questi i piùdiffusi sono il MammaPrint, che divide i tumori in 2 categorie di alto e basso rischio, el’OncotypeDX che mantiene ancora la categoria intermedia. L’esecuzione di tali test non èriconosciuta dal sistema sanitario nazionale e ciò riduce l’accessibilità a tutte le pazienti.Questo limite è stato di stimolo per una serie di studi anatomopatologici che, utilizzan-do i fattori prognostici morfologici e ICC tradizionali, hanno definito alcune catego-rie di rischio che mostrano una buona corrispondenza con i profili di alto, bassoo intermedio rischio molecolare.

In conclusione la corretta valutazione del grado di differenziazione edel diametro del tumore, del numero dei linfonodi metastaticie dell’invasione vascolare, associata alle indagini ICCdei fattori prognostico/predittivi tradizionali, restala base della scelta del trattamento per il carci-noma della mammella, ma lo sviluppo dinuove tecnologie molecolari, applicabili allaroutine diagnostica, è fondamentale perindirizzare a un trattamento oncologicopiù mirato nei casi dubbi.

Cheang MC et al. Ki67 index, HER2 status, and prognosis of patients with luminalB breast cancer. J Natl Cancer Inst 2009; 101(10): 736-750Goldhirsch A et al. Thresholds for therapies: highlights of the St GallenInternational Expert Consensus on the Primary Therapy of Early Breast Cancer2009. Ann Oncol 2009Flanagan MB et al. Histopathologic variables predict Oncotype DX recurrencescore. Mod Pathol 2008; 21(10): 1255-1261Paik S et al. A multigene assay to predict recurrence of tamoxifen-treated, node-negative breast cancer. N Engl J Med 2004; 351(27): 2817-2826Van de Vijver MJ et al. A gene-expression signature as a predictor of survival inbreast cancer. N Engl J Med 2002; 347(25): 1999-2009Perou CM et al. Molecular portraits of human breast tumours. Nature 2000; 406:747-752

BIBLIOGRAFIA

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Il carcinoma della mammella è attualmente uno dei tumorisolidi meglio caratterizzati dal punto di vista biologico.Sulla base del profilo immunofenotipico è nota da tempo l’esi-stenza di 3 grandi gruppi, uno costituito dalle neoplasie espri-menti i recettori ormonali (70%), un altro caratterizzato dall’ipe-respressione dell’oncogene HER2 (10-20%) e il cosiddettogruppo di tumori “triple negative” che non esprimono né irecettori ormonali né HER2 (10-20%).La notevole eterogeneità del carcinoma della mammella èstata desunta, nelle decadi passate, soprattutto dall’estrema

variabilità dei quadri clinici, patologici e dei profili dirischio che hanno costituito una guida utilissi-

ma, ma relativamente approssimati-va, per le scelte terapeuti-

che sia nella

malattia ope-rabile sia in quel-la metastatica.

Due elementi hannocaratterizzato l’ultima decade: l’ulterioredefinizione di questa eterogeneità dal punto di vista genetico emolecolare e la disponibilità di nuovi farmaci a bersaglio mole-colare. A quest’ultimo proposito si riconosce spesso al carcino-ma della mammella il primato di essere la prima malattia maitrattata con antitumorali a target molecolare. Effettivamente leproprietà antitumorali della terapia ormonale sono note finodalla fine del 1800, attraverso i lavori del chirurgo britannicoBeaston sull’ovariectomia.Occorre tuttavia considerare quanto questo primato sia attri-buito in maniera non completamente propria. Per molti anni iltrattamento ormonale del carcinoma della mammella è statoinfatti somministrato empiricamente, senza effettivamente cono-scerne il razionale. Questo empirismo in verità ha caratterizzatoper molti decenni la terapia dei tumori in generale; basti pensa-re per esempio che l’effetto antitumorale dei chemioterapiciantineoplastici è frutto di un’osservazione casuale su vittime diagenti vescicanti utilizzati a scopo bellico durante la PrimaGuerra Mondiale. Tale approccio è una pesante eredità di cui cisi sta progressivamente liberando.

L’identificazione del recettore estrogenico negli anni cin-quanta e l’osservazione soltanto verso la fine degli anni novantache la terapia ormonale funziona unicamente in tumori che loesprimono hanno rappresentato un primo e significativo passoavanti.Il riconoscimento del ruolo biologico di HER2 nel determinareun fenotipo tumorale particolarmente aggressivo e la sua con-seguente identificazione come target farmacologico risale allafine degli anni ottanta. I successi clinici di trastuzumab - anti-corpo monoclonale anti-HER2 - hanno di fatto aperto la via alleterapie a bersaglio molecolare disegnate razionalmente nel car-cinoma della mammella, almeno nel sottogruppo HER2-positi-

vo, dalla metà degli anni novanta.La necessità di caratterizzare accuratamente i

tumori mammari dal punto di vista dell’espres-sione di bersagli biologicamente rilevanti si è

quindi concretizzata solo in tempi molto recenti,con un adeguamento delle metodiche diagnostiche

su cui ancora oggi esiste un dibattito.

Nel frattempo, grazie allo sviluppo di indagini basatesull’analisi dell’espressione di più geni simultaneamente,

si è ottenuto un quadro che concilia le osservazioni del-l’anatomia patologica classica con la biologia tumorale più

intrinseca, portando la definizione di eterogeneità tumorale aun più elevato livello di dettaglio.I profili di espressione multigenica hanno permesso la creazio-ne di sistemi prognostici che integrano gli indicatori istopatolo-gici classici aumentandone la capacità di discriminare tra carci-nomi più o meno aggressivi. Grazie a queste e ad altre tecnicheè stato poi possibile aumentare ulteriormente la capacità dicomprendere i fenomeni di resistenza alle terapie a bersagliomolecolare ed elaborare strategie per neutralizzarle. In paralleloinfatti la ricerca sui nuovi farmaci si sta allontanando da unapproccio tipo “trial and error” (screening sistematico di com-posti naturali o semisintetici su linee cellulari tumorali) peressere progettata sempre più razionalmente.

Grazie a questo approccio recentemente è stato possibilemettere a punto strategie per superare la resistenza alla terapiaormonale nei tumori ormonopositivi e a trastuzumab nei tumoriHER2-postivi, nonché per identificare bersagli molecolari rile-vanti anche nel sottogruppo tristemente noto dei tumori triplenegative, dove gli inibitori della poli(ADP-ribosio) polimerasi(PARP) sono attivi grazie alla capacità di sfruttare la debolezzadi queste cellule neoplastiche nel riparare i danni del DNA.

Se ne evince che la cura del carcinoma della mammella - cheè multidisciplinare per eccellenza, coinvolgendo competenzeradiologiche, chirurgiche, anatomopatologiche, radioterapiche eoncologiche - lo diventa ancora di più richiedendo, oggi più chemai, importanti sforzi da parte di tutti gli specialisti coinvolti nellostare al passo con questo progresso. Inoltre, e forse in manieraancora più importante rispetto al passato, è quanto mai fonda-mentale intensificare gli sforzi della ricerca clinica per l’ottimizza-zione delle nuove terapie a bersaglio molecolare. Per molte diqueste infatti al momento attuale l’attività antitumorale è mode-sta e i costi assai elevati. La messa a punto, attraverso studiprospettici con disegno adeguato, di nuovi indicatori predittivi ditipo biomolecolare è un imperativo per le possibili implicazioninel miglioramento del rapporto costo/efficacia della terapiaoncologica.

Da Beatson al microarrayGrazie ai progressi in campo molecolare e alla loro integrazione con leosservazioni dell’anatomopatologia classica è stata ulteriormente detta-gliata l’eterogeneità del tumore mammario, con la conseguente identifica-zione di bersagli terapeutici sempre più mirati e la messa a punto di stra-tegie capaci di superare la farmacoresistenza

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Con

troe

ditoriale A cura di Giorgio Vellani

Filippo MontemurroDivisione Universitaria diOncologia Medica,Azienda OspedalieraMauriziano Istituto per laRicerca e la Cura delCancro, Torino

Paola SperoneSCDU Oncologia MedicaOspedale San LuigiOrbassano

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Interventi da personalizzare

Casic

linici

A cura di Elena Seles

Carcinoma duttale mammario

Elena SelesPolo Oncologico Azienda Sanitaria Locale 12, Biella

Paziente di 48 anni, madre di 3 figli.Dall’anamnesi emerge familiarità per diabete ecardiopatia e assenza di familiarità per neoplasia;la madre, le 3 sorelle e i 3 fratelli sono tutti viven-ti e in apparente buona salute. La donna riferisceregolarità del flusso e del ciclo mestruale, unaforma di gastrite con piccola ernia iatale, tenden-za alla colite ed exeresi di mioma uterino nel2004. La più recente mammografia eseguita nelfebbraio del 2008 è risultata negativa. La donnasegue una dieta regolare e pesa 60 kg.

Nel mese di giugno del 2008 la paziente sipresenta in visita senologica per comparsa didolore, tumefazione mammaria destra volumino-sa e secrezione dal capezzolo. Viene propostauna chemioterapia neoadiuvante, ma la signoraesprime il desiderio di procedere a chirurgiaimmediata. A dicembre del 2008 viene quindieffettuata una mastectomia associata a linfoade-nectomia ascellare destra.

L’esame istologico definitivo dimostra la pre-senza di un carcinoma duttale infiltrante dellamammella G3, con invasione vascolare e neurale,margini indenni, T3 (5 cm), N2 (8 linfonodimetastatici su 20), ER 40%, PgR 2%, Ki67 10%,HER2 +++.

Sulla base dell’algoritmo decisionale si propo-ne una chemioterapia secondo lo schema FEC(fluorouracile, epirubicina, ciclofosfamide) (100per 3 cicli), seguito da taxotere (100 per 3 cicli),da trastuzumab trisettimanale per un anno, daradioterapia, da tamoxifene per 5 anni e da ana-logo dell’LHRH per 2 anni.

CASO

CLINICO

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Roché H et al. Sequential adjuvant epirubicin-basedand docetaxel chemotherapy for node-positive breastcancer patients: the FNCLCC PACS 01 Trial. J ClinOncol 2006; 24: 5664-5671. Epub 2006 Nov 20Piccart-Gebhart MJ et al (Herceptin Adjuvant HERATrial Study Team). Trastuzumab after adjuvant chemo-therapy in HER2-positive breast cancer. N Engl J Med2005; 353: 1659-1672B

IBLIOGRAFIA

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Le neoplasie mammarie descritte, pur presentandocaratteristiche differenti - espressione modesta di ER e positivitàper HER2 la prima, forte positività per ER e negatività per HER2la seconda -, ricevono lo stesso trattamento indicando l’attualedifficoltà della pratica clinica di disporre di terapie realmenteindividualizzate

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Elena SelesPolo Oncologico Azienda Sanitaria Locale 12, Biella

Le pazienti descritte nei precedenti casi presentano 2 neoplasie con caratteristiche diverse. Inparticolare nel primo caso i recettori ormonali sono moderatamente espressi ed HER2 risulta posi-tivo, mentre nel secondo gli ormonorecettori sono fortemente positivi ed HER2 non è espresso.

Tuttavia, in considerazione dell’alto rischio, a entrambe le pazienti è stato proposto lo stessotrattamento: chemioterapia con antracicline e taxani, per una durata di 6 mesi, e ormonoterapia(tamoxifene e analogo dell’LHRH), essendo ambedue in fase premenopausale. Il programma diterapia adiuvante differisce solo per la somministrazione di trastuzumab alla prima paziente.

Nonostante da tempo la letteratura sottolinei la necessità di considerare il tumore mammariocome un insieme di neoplasie con caratteristiche biologiche e storia clinica differenti, questi 2 casimettono in luce la difficoltà della pratica clinica quotidiana di proporre una terapia realmente “per-sonalizzata”.

COMMEN

TO

Carcinoma duttale mammario

Elena SelesPolo Oncologico Azienda Sanitaria Locale 12, Biella

Paziente di 38 anni, senza figli. La madre e la sorella sono viventi e in apparente buona salute.La donna riferisce regolarità del flusso e del ciclo mestruale, 8 tentativi di stimolazione ormonaleper fecondazione assistita (l’ultima nel luglio del 2008), allergia all’aspirina e dieta regolare. Dacirca 5 anni rileva una tumefazione palpabile in area periareolare sinistra, diagnosticata comemicrocisti all’esame ecografico e controllata periodicamente senza mostrare modificazioni neltempo

Ad aprile del 2008 la donna osserva un aumento di volume e di consistenza del nodulo, conmodesta retrazione del capezzolo. Nel mese di febbraio del 2009 un’ecografia mostra la presenzadi un nodulo di 17 mm, confermato alla mammografia. L’agoaspirato risulta positivo per neoplasia.

A marzo del 2009 la paziente viene sottoposta a mastectomia sinistra con dissezione ascellare.L’esame istologico rivela: carcinoma duttale infiltrante di 2 cm, invasione vascolare e neurale pre-sente ed estesa, margini indenni, metastasi in 18 su 25 linfonodi, ER 80%, PgR 70%, Ki67 15%,HER2 non espresso.

Sulla base dell’algoritmo decisionale viene proposto lo schema chemioterapico FEC (100 per 3cicli), seguito da taxotere (100 per 3 cicli), da radioterapia e successivamente da terapia ormonalecon tamoxifene per 5 anni e analogo dell’LHRH per 2 anni.

CASO

CLINICO

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La Rete di Neuro-Oncologia è stata istituita nel 2005 nell’ambito della Rete Oncologicadel Piemonte e Valle d’Aosta con due obiettivi principali: creare all’interno dei singolipoli oncologici i Gruppi Interdisciplinari Cure (GIC) di Neuro-Oncologia (priori-tariamente dove operasse una neurochirurgia) e implementare a livellodei poli stessi le Linee Guida Regionali (prima versione nel 2000,successivamente aggiornata nel dicembre del 2008) attraversol’identificazione di percorsi diagnostico-terapeutici realistica-mente riproducibili. Sono state quindi definite le modalitàper accedere, da parte delle diverse strutture rappresen-tate nei GIC, alla Neuro-Oncologia Clinica dell’AziendaSan Giovanni Battista di Torino, identificata comecentro di riferimento per consulenze diagnostico-terapeutiche e per trattamenti antineoplasticicomplessi.Si è inoltre organizzata una collaborazione con imedici di base per l’attivazione dell’assistenzadomiciliare e delle cure palliative al fine digarantire un adeguato percorso extraospeda-liero nelle fasi avanzate della malattia.

Un altro importante obiettivo è stato otti-mizzare l’implementazione di metodiche tra-slazionali di rilievo prognostico e/o preditti-vo della risposta alle terapie. A questo pro-posito è stata completata l’implementazio-ne delle tecniche di valutazione della dele-zione 1p/19q e della metilazione del pro-

Riccardo Soffietti, Roberta Rudà, Elisa TrevisanUnità Operativa Neuro-Oncologia ClinicaAzienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista, Torino

Coordinamento Rete di Neuro-Oncologia del Piemonte e Valle d’Aosta

Dalle

Retid

ella

Rete

A cura di Emanuela Negru

La Rete di Neuro-Oncologia nei suoi 4 anni di vita ha promossonumerosi e importanti progetti, tra cui la caratterizzazione dipatologie come la meningite neoplastica e l’implementazione dimetodiche e di schemi terapeutici innovativi nella prognosi e nelmonitoraggio di diversi tumori neurologici

Un ampio ventaglio di attività

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motore del gene MGMT (ambedue fattori prognostico/predittivi della risposta alla terapia con agentialchilanti nei gliomi) nei poli di Torino (Anatomia Patologica dell’AOU San Giovanni Battista, AnatomiaPatologica dell’OIRM Sant’Anna), di Cuneo, di Alessandria/Asti e di Novara.Direttamente collegata agli obiettivi assistenziali sopra citati è stata sviluppata un’intensa attività di ricer-ca, consistente in studi epidemiologici, prospettici e clinici.

Per quanto riguarda gli studi epidemiologici è stato completato un progetto di Rete riguardante lameningite neoplastica volto a valutare sul territorio regionale la frequenza, le caratteristiche cliniche, gliaspetti diagnostici, strumentali e di laboratorio e la gestione terapeutica della patologia.

È stato elaborato un protocollo prospettico/osservazionale sull’impiego di bevacizumab ± CPT-11 ±fotemustina nei gliomi maligni in progressione dopo terapia standard, basandosi sugli incoraggiantirisultati preliminari di 2 studi di fase II pubblicati sulla rivista Journal of Clinical Oncology nel 2007. Sonostati trattati off label 60 pazienti (Neuro-Oncologia, AOU San Giovanni Battista) con un tasso di rispo-sta del 35-55% e una sopravvivenza libera da progressione a 6 mesi del 38-45%, valori che si colloca-no ai limiti superiori del range riportato nella letteratura recente. È in corso di studio l’utilità additivadella risonanza magnetica a perfusione nel predire sia la risposta sia le progressioni precoci.Sempre nell’ambito dei gliomi maligni è stato completato uno studio di fase II sull’uso della fotemustinacome chemioterapia di salvataggio dopo terapia standard cui hanno partecipato alcuni gruppi afferentialla Rete (a oggi è stata terminata la raccolta centralizzata dei dati di risposta alla terapia e di outcomerelativa a 90 pazienti valutabili).

La Neuro-Oncologia dell’AOU San Giovanni Battista ha avviato il coordinamento di uno studio italia-no di fase II sull’impiego della temozolomide “dose-dense” nei tumori oligodendrogliali in progressionedopo chirurgia. In aggiunta agli end point primari del tasso di risposta e della sopravvivenza libera daprogressione, vengono analizzati come end point secondari l’utilità della PET con metionina e della riso-nanza magnetica spettroscopica come monitoraggio della terapia. I risultati preliminari sembrano indica-re una buona correlazione tra risposta alla PET e risposta clinica (riduzione/scomparsa delle crisi epilet-tiche) anche quando la risonanza magnetica convenzionale non mostra una risposta in termini di ridu-zione volumetrica della lesione.

È stata attivata la partecipazione della Neuro-Oncologia torinese a 5 studi cooperativi internazionali:• studio di fase III sui gliomi di grado II “ad alto rischio”: radioterapia conformazionale vs temozolomidedose-dense come trattamento iniziale dopo chirurgia (studio EORTC)

• studio di fase III sui gliomi di grado III a prognosi sfavorevole: radioterapia da sola vs radioterapia +temozolomide (studio EORTC)

• studio di fase II sui glioblastomi di nuova diagnosi senza metilazione MGMT: radioterapia + temozolo-mide vs radioterapia + temsirolimus (studio EORTC)

• studio di fase III sui glioblastomi di nuova diagnosi con metilazione MGMT: radioterapia +temozolomide vs radioterapia + temozolomide + cilengitide (studio sponsorizzato)

• studio di fase III sui glioblastomi di nuova diagnosi: radioterapia + temozolomi-de vs radioterapia + temozolomide + bevacizumab (studio sponsorizzato).

Sono in corso di elaborazione, a livello regionale, 2 studi pilota(fase I/II): il primo riguarda il trattamento combinato intratecale

(citarabina liposomiale) e sistemico (capecitabina) nella carcino-matosi meningea da neoplasia mammaria; il secondo è relati-vo all’impiego della radioterapia ipofrazionata nei pazientianziani (> 70 anni) con glioma maligno.È in corso di messa a punto un database per i tumoricerebrali rari in collaborazione con la Rete NazionaleTumori Rari coordinata dall’Istituto Nazionale Tumoridi Milano.

Per quanto riguarda la comunicazio-ne/formazione in neuro-oncologia, dal 2006 al

2008 sono stati organizzati 3 corsi di perfezionamen-to nazionali a numero chiuso sotto l’egida dell’Accademia

Nazionale di Medicina.

Infine è in programma per il 25 settembre del 2009 al Centro CongressiMolinette Incontra un convegno della Rete di Neuro-Oncologia dal titolo “Stato

attuale e prospettive future”, dedicato sia alle problematiche organizzativo-assistenziali -inclusa una tavola rotonda di confronto tra ARESS e amministratori delle principali aziende

sanitarie - sia alle tematiche più propriamente medico-scientifiche.

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Background. Il successo della chirurgia conservativa nella neoplasia mammaria deve essere valutatonon solo sulla base del tasso di recidive locali nella mammella primitiva, ma anche dall’esito esteticodella mammella conservata. Considerando la molteplicità delle tecniche chirurgiche e delle opzioniradioterapiche, al momento attuale non è possibile elaborare raccomandazioni sulla migliore metodicada utilizzare in rapporto al tipo di lesione e di mammella, poiché non esistono strumenti chiari e comu-nemente accettati per la valutazione degli esiti estetici, problema spesso dibattuto soprattutto tra i chi-rurghi plastici e i radioterapisti.Gli esiti estetici si possono giudicare in maniera soggettiva e oggettiva. In letteratura esistono moltepubblicazioni sui risultati analizzati in modo soggettivo, ma la misurazione della simmetria tra le duemammelle è indiscutibilmente il sistema più corretto per valutare un esito in modo obiettivo. Su questebasi appare evidente che risulterebbe importante disporre di indicatori che considerino:• l’impatto del tipo di abitudini chirurgiche tratte dal software utilizzato• le caratteristiche della radioterapia• i fattori legati al tipo di mammella.

Gli obiettivi del progetto. L’obiettivo principale di questo progetto è quello di identificare e di vali-dare una serie di indicatori, e la loro misura, degli esiti estetici relativi al tipo di trattamento e alle carat-teristiche sia della lesione sia della paziente; gli indicatori di esito, correlati con le tecniche chirurgiche eradioterapiche utilizzate, permetteranno di elaborare raccomandazioni chirurgiche e radioterapiche o dicontroindicare in alcuni casi il trattamento conservativo o di suggerire tecniche di oncoplastica.L’obiettivo secondario è studiare la correlazione tra i diversi indicatori di esito e il grado di soddisfazionedella paziente (valutato mediante un questionario validato in letteratura) facendo ricorso a un’analisi diesito che utilizza un consenso di esperti su fotografie (anche questo validato in letteratura), permetten-do quindi un confronto tra metodi oggettivi e soggettivi di valutazione.

Le risorse e i tempi. Il progetto ha ottenuto il finanziamento dalla Rete Oncologica piemontese conDeterminazione Regionale 391/28.1 del 24/11/2005; l’attivazione è avvenuta nell’aprile del 2006 e iltermine è previsto nell’aprile del 2010.

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Per un risultato davvero soddisfacente

Maria Piera ManoCPO Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia UmanaUniversità di Torino

Proge

tto

Progetto: Valutazione degliesiti estetici nelle pazientioperate per lesionimammarie

Responsabile del progetto:Maria Piera Mano

Segreteria del progetto:Simona Feira

A cura di Anna Novarino

La validazione di indicatoriadeguati degli esiti esteticidel trattamento chirurgicoper neoplasia mammaria ela valutazione dellasoddisfazione delle pazientisono gli obiettivi principali diquesto progetto che sipropone di arruolare almeno600 donne per la fine del2009

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L’avanzamento del progetto nel tempo. Il reclutamento delle pazienti è iniziato ad aprile del 2007con l’obiettivo di arruolare consecutivamente almeno 600 donne per averne 440 valutabili al follow up,con un potenza dello studio dell’80% e una significatività del 95%. Il follow up è iniziato nei vari centri(Tabella 1) 12 mesi dopo il reclutamento, come da programma.

Quali i dati attuali? Attualmente sono state reclutate 487 pazienti e 185 sono state visitate al followup (Figura 1).Sono stati esaminati i dati preliminari raccolti dall’Azienda Ospedaliera San Giovanni Battista di Torinovalutando il grado di soddisfazione delle donne mediante un questionario. Questi dati sono stati con-frontati con indicatori oggettivi, quali le dimensioni della mammella sana rispetto a quelle della mammel-la operata. Ne è emerso che la soddisfazione della paziente è relativa al mantenimento delle dimensionidella mammella operata: infatti del 46% delle donne soddisfatte dal risultato, solo il 14% presenta unariduzione significativa della mammella operata; nel gruppo delle pazienti insoddisfatte invece il 24% sof-fre di una riduzione delle dimensioni globali postoperatorie (Figura 2, pag. 10).Ancora più evidente è la correlazione tra soddisfazione completa della paziente ed esito della cicatricechirurgica (è stato preso in considerazione il peggior esito possibile della cicatrice): nel gruppo delledonne soddisfatte risulta solo il 7% di pazienti con cicatrice retratta, rispetto al 35% delle donne insod-disfatte con cicatrice retratta (Figura 3, pag. 10).Nell’ultimo confronto sono state correlate la sede del tumore con la soddisfazione della paziente. È notoche la chirurgia dei quadranti interni dia risultati peggiori in termini estetici; infatti le evidenze dimostra-no come solo il 7% delle donne soddisfatte sia stata sottoposta a intervento chirurgico dei quadrantiinterni (Figura 4, pag. 10).Si è provato anche a correlare la soddisfazione delle pazienti con la deviazione del complesso areola-capezzolo, senza in questo caso trovare alcuna correlazione dai dati (p 0,68).Si è inoltre confrontato il parametro pBRA - quale indicatore oggettivo del risultato estetico (indica lo

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ASO San Giovanni Battista, Torino - Chirurgia senologicaASL Biella - Chirurgia generaleASL Moncalieri - Chirurgia generaleASL Ospedale Maggiore Chieri, Torino - GinecologiaASL 3 Presidio Pinerolo, Torino - Ostetricia e ginecologiaASO S. Croce e Carle, Cuneo - Ostetricia e ginecologiaIRCC Candiolo - Ginecologia oncologicaASO Oirm Sant’Anna - Divisione AASO Oirm Sant’Anna - Clinica universitaria I

Tabella 1. Centri aderentiall’inizio dello studio.

45

16 13

111

92

34

18

4736

10

250

Biella Chieri Cuneo Torino(Mauriziano)

Pinerolo Torino(Sant’Anna)

Torino(San Giovanni

Battista)

0

50

100

150

200

250

pazi

enti

Centri

Figura 1.Pazienti reclutate dal primo

aprile del 2007.

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spostamento del complesso areola-capezzolo sulla linea giugu-lo-capezzolo nella mammella operata rispetto alla controlatera-le) - con la valutazione soggettiva delle pazienti e più specifica-tamente con la loro valutazione di simmetria del proprio senonel postoperatorio (p 0,56).Un altro parametro analizzato è stato infine l’indice STVR, chemisura il rapporto tra volume del parenchima asportato e volu-me della neoplasia, presunto indicatore della bontà dell’inter-vento chirurgico. Questo dato è stato confrontato con pBRAper cercare una correlazione tra quantità di parenchima aspor-tato e deviazione del complesso areola-capezzolo (p = 0,58).In queste ultime tre valutazioni non è stato possibile trovareuna correlazione significativa, probabilmente per l’esiguità deidati presi in esame.

Quali i progetti futuri? Si prevede il termine del recluta-mento entro il 2009 - con il raggiungimento quindi dei 600

casi previsti - e la continuazione del follow up fino alla revisione di tutti i casi nel 2010. È possibileun’estensione dello studio anche ad altri centri che hanno richiesto di aderire.Attualmente è in progetto la validazione del database online DBEST, applicativo web su cui viene regi-strato ogni caso con l’integrazione delle informazioni già raccolte in SQTM con altre più specifiche rela-tive agli esiti e all’intervento eseguito. Si prevede il confronto dei dati con i risultati dell’assessment foto-grafico e la validazione attraverso l’analisi statistica dei dati e degli indicatori suggeriti. Dopo l’elabora-zione e la pubblicazione degli indicatori sarà possibile stilare raccomandazioni sulle tecniche chirurgi-che e radioterapiche in uso.

Cardoso MJ et al. Factors determining esthetic outcome after breastcancer conservative treatment. Breast J 2007; 13(2): 140-146Fisher B et al. Twenty year follow-up of a randomized trial comparingtotal mastectomy, lumpectomy, and lumpectomy plus irradiation for thetreatment of invasive breast cancer. N Engl J Med 2002; 347(16):1233-1241Johansen J et al. Cosmetic outcome and breast morbidity in breast-conserving treatment. Results from the Danish DBCG-82TM nationalrandomized trial in breast cancer. Acta Oncol 2002; 41(4): 369-380

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BIBLIOGRAFIA

46%54%

No

24%

76%

14%

86%

Figura 2.Soddisfazione delle pazienti e mantenimentodelle dimensioni della mammella operata.

35%

65%

46%54%

No

7%

93%

Figura 3.Soddisfazione delle pazienti ed esito della cicatrice chirurgica.

% casi operati al S. Giovanni Battista di Torino

23%

77%

46%54%

No

7%

93%

Figura 4.Soddisfazione delle pazienti e sede dell’intervento chirurgico.

% casi operati al S. Giovanni Battista di Torino

% casi operati al S. Giovanni Battista di Torino

È completamente soddisfatta del risultato esteticodella sua operazione?

Dimensioni globali ridotte

È completamente soddisfatta del risultato esteticodella sua operazione?

Cicatrice mammaria retratta

È completamente soddisfatta del risultato esteticodella sua operazione?

Quadrati interni

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A cura di Marcella Occelli

Oscar Alabiso,Simona CarnioOncologia Medica, AziendaOspedaliera Maggiore della CaritàNovara

Da questa giornata dedicata alle novità piùrecenti e di maggior rilievo nell’ambito deltrattamento contro il recettoredell’epidermal growth factor sono emersidati interessanti sull’impiego di cetuximabin diversi tumori e in più linee ditrattamento

Il 3 Luglio a Novara è stato realizzato l’evento interregionale Piemonte-Lombardia sul tema “Impattodella terapia anti-EGFR nei tumori solidi”, i cui coordinatori scientifici sono stati Oscar Alabiso(Oncologia Medica, AO Maggiore della Carità, Novara) e Marco Danova (Oncologia Medica,Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia).La giornata è stata organizzata in 3 sessioni, ognuna caratterizzata dalla presentazione di casi clinici edalla successiva discussione interattiva in base alle relazioni di esperti sul “punto della situazione” relati-vamente all’impiego dei farmaci diretti contro l’epidermal growth factor receptor (EGFR) in diversitumori solidi.

Prima sessione: tumore del colon-rettoLa prima sessione - moderata da Massimo Aglietta (IRCC Candiolo) e da Emilio Bajetta (FondazioneIRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano) - è stata dedicata all’utilizzo degli anti-EGFR nel tumoredel colon-retto sia nella fase di trattamento adiuvante (Marco Tampellini, AOU San Luigi Gonzaga,Orbassano) sia nella fase avanzata (Luciano Isa, AO Serbelloni, Gorgonzola); inoltre è stato approfondi-to il ruolo degli anti-EGFR nel trattamento delle metastasi epatiche resecabili (Lorenzo Capussotti,Ospedale Mauriziano Umberto I, Torino).Sono stati presi in considerazione gli studi che hanno confermato il ruolo determinante di cetuximab inassociazione alla chemioterapia nel tumore del colon-retto in tutte le linee di trattamento, in termini siadi risposta obiettiva sia di sopravvivenza, quali lo studio Co.17, lo studio EPIC, lo studio CRYSTAL e lostudio OPUS. In particolare si sono sottolineate l’importanza e la necessità di scegliere e migliorare lastrategia terapeutica cercando di predire la risposta a cetuximab in base alle mutazioni di K-ras: daidati riportati i migliori candidati alla terapia con l’anticorpo monoclonale potrebbero essere i pazienticon K-ras wild type e malattia metastatica inizialmente non resecabile oppure soggetti con K-ras wildtype e sintomi invalidanti di malattia.

Seconda sessione: tumore testa-colloLa seconda sessione, moderata da Oscar Alabiso e da Paolo Foa (AO San Paolo, Milano), è stata rivoltaal ruolo di cetuximab nelle neoplasie del distretto cervico-cefalico, sia nella malattia localmente avanzata(Giuseppina Gambaro, AO Maggiore della Carità, Novara) sia nel tumore metastatico (Mario Airoldi,AOU Molinette San Giovanni Battista, Torino).In particolare sono stati presentati i dati dello studio di JA. Bonner che hanno mostrato come il control-lo loco-regionale della malattia localmente avanzata e la sopravvivenza risultassero significativamentemigliori con l’associazione di radioterapia e cetuximab rispetto alla sola radioterapia, con un maggiorebeneficio derivante dall’associazione concomitante e non dal trattamento neoadiuvante o adiuvante. Idati dello studio EXTREME hanno evidenziato che nei tumori testa-collo metastatici cetuximab, inaggiunta a schemi a base di platino e fluorouracile, ha comportato un miglioramento statisticamentesignificativo della sopravvivenza globale, del tasso di risposta obiettiva e del grado di controllo loco-regionale della malattia rispetto ai pazienti trattati con la sola chemioterapia.Attualmente mancano studi di correlazione biologica su marcatori in grado di predire la risposta a cetu-ximab nei tumori di questo distretto.

Un unico bersaglio, tanti risultatiEvento interregionale Piemonte-Lombardia: “Impatto della terapiaanti-EGFR nei tumori solidi”

Novara 3 luglio 2009

Con

gressiin

Italia

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Dal 29 maggio al 2 giugno si è tenuta a Orlando, in Florida, la 45ma edizione del congressodell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), il più importante appuntamento mondiale per glispecialisti oncologi che quest’anno ha contato oltre 30.000 partecipanti e più di 4.000 abstract.Il convegno ha avuto come filo conduttore la “personalizing cancer care”, come ha sottolineato il presi-dente dell’ASCO Richard L. Schilsky commentando: «Ogni paziente è diverso, dal punto di vista biologi-co, clinico, economico e sociale». In quest’ottica è stato rimarcato il ruolo della ricerca di laboratorio,che consente di indagare le caratteristiche molecolari del tumore e di portare a una più accurata sele-zione dei trattamenti mediante specifici test clinici. A questa si aggiunge la ricerca dei polimorfismigenetici del metabolismo dei farmaci, responsabili delle differenze di efficacia e di tossicità delle terapie.È stata infine rimarcata l’importanza primaria della prevenzione, nonché l’attenzione da dedicare alpaziente durante e dopo la terapia, non solo dal punto di vista medico, ma anche sociale, culturale edeconomico.

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Quest’anno il tema conduttore dell’ASCO si è ispirato alla“personalizing cancer care”. È in quest’ottica che sta infattiprocedendo la ricerca, con l’identificazione di marker prognosticie diagnostici sempre più specifici e di terapie man mano piùmirate

Marcella OccelliOncologia MedicaOspedale S. Croce eCarle, Cuneo

45mo Congresso ASCOOrlando 29 maggio-2 giugno 2009

Con

gressiall’estero

A cura di Marcella Occelli

Il futuro punta all’individuo

Terza sessione: tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC)La terza sessione - moderata da Marco Danova e da Giorgio Scagliotti (AOU San Luigi Gonzaga,Orbassano) - si è focalizzata sul ruolo degli anti-EGFR nei tumori del distretto toracico, con interventirivolti allo sviluppo delle nuove terapie nel carcinoma del polmone (Mauro Moroni, AO Niguarda,Milano), e su una panoramica attuale degli studi clinici (Francesco Valentini, Fondazione IRCCSPoliclinico San Matteo, Pavia). Esistono diversi studi, in parte ancora in corso, che hanno valutato l’effi-cacia di cetuximab in aggiunta alla polichemioterapia nel trattamento di prima linea del NSCLC avanza-to. Gli studi di fase II hanno dimostrato globalmente che l’aggiunta del farmaco agli schemi di poliche-mioterapia migliora il tasso di risposta e la sopravvivenza, anche se non si è evidenziato un prolunga-mento significativo del tempo alla progressione. In particolare lo studio LUCAS ha mostrato unasopravvivenza a 2 anni pari al 16% nei pazienti trattati con chemioterapia in associazione a cetuximabrispetto alla sopravvivenza dei soggetti riceventi la sola chemioterapia (pari allo 0%). Un’altra confermaa favore di cetuximab è arrivata dal trial FLEX di fase III.Un ulteriore dato interessante è emerso dallo studio SWOG in cui i pazienti con un più elevato numerodi copie di EGFR alla FISH hanno tratto un maggiore beneficio dalla terapia con cetuximab.La sessione si è conclusa con l’intervento di Roberta Buosi (AO Maggiore della Carità, Novara) sul-l’esperienza del Reparto di Oncologia dell’Ospedale novarese basata su uno studio osservazionale rela-tivo all’utilizzo di cetuximab nei tumori NSCLC, i cui risultati sono comparabili e allineati a quelli della let-teratura.

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Qui di seguito vengono riassunti alcuni dei dati più interessanti presentati al convegno.

Ovaio• I risultati preliminari dello studio MITO-2, nato e coordinato in Italia, hanno fornito una delle novità piùrilevanti del meeting. Il trial ha arruolato più di 800 pazienti con carcinoma dell’ovaio dal I al IV stadio,sottoposte a trattamento chemioterapico in prima linea con randomizzazione a carboplatino e paclita-xel (braccio standard) vs carboplatino e doxorubicina liposomiale pegilata (braccio sperimentale). Idati non sono ancora definitivi per poter confrontare la sopravvivenza libera da progressione, obiettivoprimario dello studio: i 2 trattamenti sembrano perfettamente sovrapponibili come risposte obiettive,mentre i profili di tossicità sono completamente differenti (nel braccio sperimentale si sono riscontratemaggiori anemia e neutropenia, benché non clinicamente rilevanti, ma assai meno alopecia e neuro-tossicità).

• Lo studio CALYPSO, coordinato dal gruppo francese GINECO, ha arruolato in 3 anni 976 pazienti conrecidiva di tumore dell’ovaio sensibile al platino e li ha randomizzate a ricevere carboplatino e taxolo(standard) oppure carboplatino e doxorubicina liposomiale pegilata (braccio sperimentale). Si è dimo-strato un vantaggio in termini di sopravvivenza libera da progressione nel braccio sperimentale di circa2 mesi, con un profilo di tossicità caratterizzato da minori alopecia e neurotossicità.

• Il CA 125, un marcatore di recidiva di malattia ovarica il cui aumento diversi mesi prima della compar-sa dei sintomi o dei segni clinici è indice di ripresa di malattia, è stato a lungo utilizzato per un preco-ce avvio di trattamento chemioterapico. Lo studio OV05/5595 ha però dimostrato che non esiste unbeneficio in sopravvivenza iniziando precocemente la terapia sulla base di un aumento del marcatore.

Mammella• La novità più importante presentata al congresso riguarda una nuova classe di farmaci chiamatiPARP-inibitori, attivi nei confronti dell’aggressivo tumore mammario triplo negativo. Dai dati presentatiè emerso che le donne che ricevono il PARP-inibitore BSI-201, insieme alla chemioterapia convenzio-nale, presentano una migliore prognosi rispetto a quelle sottoposte alla sola chemioterapia. Nello stu-dio randomizzato di fase II di JA. O’Shaughnessy l’associazione di BSI-201 con la doppietta carbopla-tino e gemcitabina ha mostrato di aumentare in modo significativo il beneficio clinico, la sopravvivenzalibera da progressione e la sopravvivenza globale rispetto alla sola chemioterapia, con una buona tol-lerabilità e senza l’aggiunta di tossicità significativa.

• Le pazienti con carcinoma mammario avanzato HER2-negativo, trattate con bevacizumab in associa-zione agli schemi di chemioterapia maggiormente utilizzati, vivono più a lungo senza un peggioramen-to della malattia e hanno una maggiore riduzione delle dimensioni tumorali rispetto a quelle che rice-vono la sola chemioterapia. Sembrano questi i risultati dello studio di fase III RIBBON-1, confermando

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in aggiunta le caratteristiche di sicurezza e di tollerabilità del farmaco che può essere associato aglischemi di chemioterapia comunemente utilizzati per il trattamento in prima linea di questa neoplasia.

Polmone• Nei pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) che presentano mutazioni nelrecettore dell’epidermal growth factor - sono il 10-15% dei casi - si è osservato che il trattamento congefitinib rispetto alla chemioterapia standard migliora significativamente i tempi di progressione dellamalattia, aumentandoli di circa il 50%.

• Alcuni studi di fase II tuttora in corso sembrano evidenziare un aumento delle risposte e della soprav-vivenza negli schemi che associano cetuximab alla chemioterapia nel trattamento di prima linea delNSCLC avanzato.

• È stato ribadito il ruolo centrale della prevenzione nella lotta a questa neoplasia; in 9 casi su 10 il fumodi sigaretta è infatti la causa dell’insorgenza del tumore, con un rischio che, in chi smette di fumare, siriduce progressivamente fino a diventare, dopo 10-15 anni, pari a quello dei non fumatori.

Prostata• In uno studio caso-controllo (76 pazienti e 76 soggetti sani), effettuato da ricercatori del Dana-FarberCancer Institute di Boston, un nuovo test di screening genetico che identifica 6 geni significativamen-te associati alla neoplasia ha dimostrato di avere sensibilità e specificità più elevate nell’individuare icasi di cancro rispetto al comune test di dosaggio dell’antigene prostatico specifico (PSA). In unaseconda analisi, effettuata in 128 pazienti e 94 soggetti sani, il test genetico ha mostrato di individuarele neoplasie nell’85,9% dei casi, rispetto al 69,5% ottenuto con il PSA. L’utilizzo combinato dei duetest permetterebbe di migliorarne in modo sostanziale le singole sensibilità e specificità.

Stomaco• Lo studio di fase III Toga ha dimostrato che aggiungendo trastuzumab alla chemioterapia standard,nei pazienti con tumore allo stomaco in cui HER2 è iperespresso, si ha un miglioramento in termini diallungamento della sopravvivenza di circa 3 mesi. Lo studio ha anche evidenziato che la molecolariduce il rischio di mortalità del 26% nei pazienti HER2-positivi con tumore inoperabile.

Colon• Nello studio NSABP C-08 (2.672 pazienti con carcinoma del colon) il confronto tra FOLFOX-6 per 6 mesie la stessa chemioterapia con aggiunta di bevacizumab per 12 mesi in terapia adiuvante non ha mostratoun vantaggio in sopravvivenza libera da malattia a 3 anni (end point primario) (p 0,08, HR 0,87).

• Nella malattia metastatica colorettale con mutazione K-ras wild type diversi trial di fase II e III hannodimostrato l’efficacia dell’aggiunta di cetuximab a diversi regimi chemioterapici in termini di sopravvi-venza libera da progressione e di risposte obiettive in tutte le linee di trattamento, sottolineando l’im-portanza di selezionare i pazienti nell’ottica di una terapia davvero mirata.

Melanoma• Uno studio di fase III che ha randomizzato 185 pazienti a ricevere interleuchina 2 (IL2) o la combina-zione di IL2 con un nuovo vaccino ha rilevato un significativo incremento del tasso di risposta e disopravvivenza libera da progressione, con un trend positivo in mediana di sopravvivenza, a favore deltrattamento con il vaccino.

Rene• Un nuovo farmaco antiangiogenico denominato pazopanib ha mostrato di ridurre del 54% il rischio dimorte e di progressione di malattia dopo circa 3 mesi di trattamento in pazienti affetti da carcinomarenale in stato avanzato o metastatico e da tumore alle ovaie.

Tumore stromale gastrointestinale (GIST)• Lo studio in vitro presentato dal gruppo di MC. Heinrich ha evidenziato che sorafenib è in grado diinibire cellule di GIST con mutazioni resistenti a imatinib e sunitinib. Sorafenib ha inoltre mostrato unamaggiore efficacia di sunitinib nei confronti delle mutazioni a carico della tasca di legame dell’ATP(V654A e T670I) resistenti a imatinib.

• Lo studio del gruppo di P. Reichardt ha analizzato retrospettivamente i dati riguardanti 32 pazienti trat-tati con sorafenib in quarta linea in 9 diversi centri europei (i pazienti avevano ricevuto imatinib, suniti-nib e nilotinib): con sorafenib il 19% dei pazienti ha avuto una remissione parziale e il 44% una stabili-tà di malattia.

• Uno studio ha mostrato che masatinib possiede in vitro una maggiore attività rispetto a imatinib inlinee cellulari di GIST sia wild type sia mutate con un buon profilo di tossicità.

• Interessanti sono stati i risultati relativi alle associazioni di inibitore della tirosinchinasi e inibitore dimTOR oppure di perifosina e imatinib.

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Quali compiti si è data la Commissione Formazione fino a questo momento?La Commissione Formazione assume in sé sostanzialmente due funzioni. La prima è quella di esprimereil proprio parere in merito ai numerosi progetti che vengono proposti nel contesto della ReteOncologica e il cui substrato coinvolge l’ambito formativo. È più che ovvio che la necessità di formazio-ne sia recepita come primaria dagli operatori della Rete, conseguentemente i progetti di tipo formativosono tra quelli che più frequentemente giungono alla disamina.D’altra parte compito della Commissione Formazione è altresì quello di programmare, ove possibile, inumerosi eventi che annualmente si svolgono nelle diverse realtà territoriali che costituiscono la Retestessa. Questa seconda funzione è di difficile attuazione, in quanto debbono essere ben rispettati iprincipi di autonomia che ovviamente caratterizzano ciascuna delle suddette realtà. Tuttavia una qualcerta attività di coordinamento, se non in senso stretto di programmazione, è stata ed è possibile, tal-ché non si è assistito nel corso del 2009 alla deprecabile sovrapposizione di eventi che, se pur testimo-nianza della vivacità culturale della Rete, è comunque fonte di inevitabile disordine, quando di nonapprezzabile confusione.È auspicabile che tale funzione di coordinamento possa rafforzarsi in futuro, intrecciandosi con la fun-zione di programmazione formativa che, in ultima analisi, dovrebbe costituire l’essenza della ragion d’es-sere della Commissione Formazione. Dico “dovrebbe” perché questo compito è difficilmente avocabile,in parte o in toto, dalla Commissione, stante la presenza di organi e istituti deputati a tale attività. Miriferisco in particolare ai due Atenei piemontesi, quello di Torino e quello del Piemonte Orientale; tutta-via, non troppo paradossalmente, proprio attraverso l’opera di questi due Atenei e la loro collaborazionela Commissione ha conseguito i maggiori risultati.

Nell’ambito della formazione quale ruolo hanno svolto i Master in Piemonte?Entrambi gli Atenei hanno contribuito e contribuiscono fattivamente alla copertura dei bisogni formativiavvertibili nel contesto della Rete e mi riferisco proprio ai Master. Ritengo che quasi ogni aspetto di tipotecnico, e non solo, sia stato approcciato in ambito formativo dai Master avviati dai due Atenei (CurePalliative, Psico-oncologia, Chirurgia Oncologica, Data Manager). E verosimilmente altri Master potran-no realizzarsi in futuro. Penso, per esempio, all’Infermiere di Ricerca, figura importante e ancora “nebu-losa” in Italia. I due Atenei potrebbero collaborare sotto questo aspetto, cosa tutt’altro che impossibilestanti i rapporti esistenti.

Quali sono i rapporti con l’Università?Da quanto detto prima si evince chiaramente che l’Università fa parte della Rete, almeno per quantoconcerne certe determinate caratteristiche e certi determinati contesti. E, forte del suo ruolo, essa eser-cita il proprio compito e la propria funzione nel complesso generale della Rete stessa. In definitivacredo proprio che si possa parlare di un’“orchestrazione”.

Presidente:Oscar Alabiso (Novara)Membri:Guido Bottero(Alessandria), PietroAltini (Torino), AntonioMussa (Torino), MarcoKrengli (Novara),Patrizia Piano (FornoCanavese), CesarinaPrandi (Biella), MarcoMusso (Ovada),Giuseppe Villani(Aosta)

CommissioneFormazione

La formazionecome base per l’eccellenza

Spa

zioalle

Com

mission

i

A cura di Vittorio Fusco

Intervista a:Oscar AlabisoCommissione FormazioneOncologia MedicaAzienda Ospedaliera Maggioredella Carità, Novara

di Vittorio FuscoDipartimento Onco-EmatologicoAzienda Sanitaria OspedalieraAlessandria

Compito principale della CommissioneFormazione è la valutazione e laprogrammazione dei progetti formativi dellaRete Oncologica, da cui scaturisce unrapporto importante con l’Università. Questafunzione si intreccia con quella dicoordinamento degli eventi culturali propostidalle diverse realtà territoriali della Rete

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Trimestrale della Rete Oncologicadel Piemonte e della Valle d’Aosta

Direttore responsabile:Oscar Alabiso

Direttore scientifico:Oscar Alabiso

Comitato scientifico ed editoriale:Vittorio Fusco, Emanuela Negru, Anna Novarino,Marcella Occelli, Elena Seles, Giorgio Vellani

Coordinamento editoriale e redazionale:Aretré srl - via Savona 19/A - 20144 MilanoResponsabile della redazione:Grazia Tubiello - [email protected] grafico e impaginazione:Manuela Gazzola - [email protected]

Editore:Aretré srl - via Savona 19/A - 20144 Milano

Stampa:Jona srl - Paderno Dugnano, Milano

Autorizzazione del Tribunale di Milano:n. 426 del 2 luglio 2007