· guida della Prefettura di Agrigento in sostituzione di Nicola Diomede, suo predecessore,...

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www.grandangoloagrigento.it Anno XiV - numero 4 - SABATO 27 GENNAIO 2018 1,00 direttore: FRANCO CASTALDO Toni pacati, modi gentili. Si è presentato così alla città di Agrigento il nuovo Prefetto Dario Caputo: 61 anni, laureato in scienze politi- che, era fino a qualche settimana fa il vice-capo gabinetto del Ministero per la Coesione territoriale ed il Mezzogiorno. Un incontro che non poteva non iniziare – dopo i saluti di rito – sulla vicenda che, indirettamen- te, ha “catapultato” Caputo alla guida della Prefettura di Agrigento in sostituzione di Nicola Diomede, suo predecessore, rimosso dal Consiglio dei Ministro in seguito alla vicenda legata a Girgenti Acque che lo vede indagato insieme ad altre 72 persone: Dico molto francamente che il nostro sistema giudiziario è fondato sulla pre- sunzione di innocenza. Se volete la mia opinione personale – ha detto il nuovo Prefetto – sono sicuro che il collega usci- rà assolutamente pulito in questa vicenda e gli faccio i miei migliori auguri”. “Vengo dalla scuola di un Prefetto che è stato un grande: ho avuto l’onore di seguire Roberto Sorge come funziona- rio: rivoluzionò quell’ufficio e vorrei imitarlo partendo da quello che lui stesso fece a suo tempo ovvero visitare comu- ne per comune l’intera provincia. E’ quello che vorrei fare io per tastare con mano la realtà.” Un colpo durissimo quello assestato dai carabi- nieri del Reparto operativo di Agrigento alla nuova mafia agrigentina. Una maxi operazione condotta - si potrebbe dire - alla vecchia maniera: da un lato mostrando i musco- li, il che spiega l’applicazione delle cinquantasei misure cautelari, e che fanno dell’operazione “Montagna” una delle più importanti dopo “Nuova cupola” del 2012, dall’altro lato con una vera e pro- pria attività di “intelligence” che ha permesso ai cara- binieri, oggi guidati del tenente colonnello Rodrigo Micucci (che ha curato la fase dell’esecuzione) di fotografare i “sussulti” rivolu- zionari di Cosa nostra. E questa radiografia ha consegnato agli occhi degli inquirenti un quadro tanto nuovo quanto chiaro: un nuovo assetto geografico ma anche un rinnovamento nei meccanismi interni: si assiste - rispetto al passato - ad un graduale spo- stamento delle logiche di potere dal “mare” alla “montagna” con un chiaro ruolo di egemonia della consorteria di Santa Elisabetta. Storicamente, negli ultimi cinque lustri, la più forte, quella che dava del tu a Totò Riina e nascon- deva, da latitante, Matteo Messina Denaro. Quest’ultima avrebbe assorbito all’inter- no del proprio mandamento - oltre i già noti paesi di Raffadali, Aragona, S. Angelo Muxaro e San Biagio Platani - anche quello che un tempo veniva chiamato il mandamento di Santo Stefano di Quisquina, facendo quindi rientrare sotto l’influenza di Santa Elisabetta anche i paesi montani di Santo Stefano di Quisquina appunto, Bivona, Alessandria della Rocca, Cammarata e San Giovanni Gemini. E’ nato così il nuovo “Mandamento della Montagna”, “Montagna” che in passato ha avuto personaggi di spicco della mafia agrigentina e siciliana: Giuseppe Settecasi da Alessandria della Rocca ucciso alla fine degli anni 70 e che per un breve periodo di tempo fu a capo della cupola siciliana, LE FAMIGLIE AGRIGENTINE. La famiglia di Santa Elisabetta un tempo guidata dall’ergastolano Salvatore (padre ucciso, un fratello ferito, un altro fratello scomparso, definito da Matteo Messina Denaro “unu giustu”) dal cui ovile è passato negli ultimi 30 anni il gotha mafioso siciliano, gioca un ruolo centrale nello scacchiere mafioso: Francesco Fragapane, secondo le indagini, è il vertice assoluto e - anche se dopo il suo arresto la “reggenza” si sposta in altra sede - sono sempre i Fragapane a detenere il potere: prima con Francesco, poi con i cugini di quest’ultimo Stefano e Raffaele e successiva- mente con un altro cugino, Daniele, richiamato appositamente dal Belgio. All’interno del clan emerge anche la figura di Roberto Lampasona, coin- volto nell’operazione “Nuova cupola” (assolto) e arrestato insieme a Fragapane nell’operazione “Proelio”. In questa stessa famiglia, anche se temporaneamente, va inserito anche Giuseppe Quaranta, di fatto uomo di fiducia di Fragapane anche se formalmente appartenente alla famiglia mafiosa di Favara e direttamente coinvolto sia nell’operazione Proelio che in quella della Dda catanese “Kronos”. Una famiglia che assume una posizio- ne di rilievo è quella di Bivona: incaricato di guidarla è Giuseppe Luciano Spoto che - con l’arresto di Fragapane - sarà anche la guida “pro tempore” del- l’intero mandamento della montagna. A coadiuvare Spoto sono i figli, Massimo e Vincenzo, titolari di un’impresa di movimento terra e nolo di automezzi. Nel corso dell’attività d’indagine è stata documentata l’intensa attività illecita condotta dagli Spoto che avrebbero influenzato - in questo campo - diversi appalti pubblici in esecuzione a Bivona e presso la diga Castello. A capo della famiglia di San Biagio Platani viene nominato l’incensurato Giuseppe Nugara che si avvale della collaborazio- ne di un altro incensurato, Raffaele La Rosa. A svolgere un ruolo di primo piano ci sarebbe stato anche Vincenzo Cipolla, già coinvolto ma assolto nell’o- perazione “Nuova cupola”. La famiglia di Cammarata risulta essere governata da una sorta di triumvirato composto da Salvatore La Greca, Vincenzo Mangiapane e Calogerino Giambrone, dopo la reggenza di Angelo Longo condannato all’ergastolo per il sequestro e l’assassinio del piccolo Giuseppe Di Matteo. I tre, già noti alle forze del- l’ordine, sarebbero uomini vicini proprio ad Angelo Longo. Dei triumviri risalta maggiormente la figura di Giambrone: tesse una fitta rete di relazioni – una sorta di ambasciatore a delinquere - con esponenti di primo piano di Cosa nostra delle province di Palermo, Enna, Trapani e Caltanissetta, pia- nifica numerose estorsioni da compiere e si impone, sfruttando questi legami, anche nel settore del noleggio di slot macchine all’interno di esercizi com- merciali e delle scommesse on line agevolando di fatto la società riconduci- bile al figlio Angelo Giambrone ed al cognato Vincenzo Mangiapane (cl. 1971), anch’essi inseriti a pieno titolo nella consorteria mafiosa. Continua a pagina 2 Quelle immagini di Pepé, drammatiche e piene di mestizia, che sbraita e gesticola, presumibilmente in preda agli spunti para- noidei e ad un conato compulsivo di giul- larismo acuto, e con Gianfranco Micciché che gli sottrae il microfono e lo spinge fuori dal podio, rimarranno impresse nella storia della comicità siciliana. Ed ancora: quella piccola folla che sale sul palco per aiutare Micciché a spingere Pepé fuori dalla sala dove si teneva la manifesta- zione, con Sgarbi che con aria imbarazzata e compunta raggiunge e si aggiunge alla piccola folla di commessi, poliziotti, gente di buona volontà che si dà da fare per con- tenere gli effetti degli spunti paranoidei di Pepé, rimarrà tra le immagini-simbolo della storia di questo scorcio di secolo. In genere tutto ciò che combina Pepé è rimar- chevole e merita considerazione e rispetto. Si tratta quasi sempre di giullarate che hanno dello straordinario. Ma vi sono alcu- ne immagini, alcuni fotogrammi, che più di altri sintetizzano il senso di una vita, di una missione. Ecco, le immagini dell’ultima impresa di Pepé, compiuta alla presenza di un “parterre” autorevole ma un pò scalci- nato (Sgarbi, Micciché, il gen. Mori, il col. De Donno in primis) rientrano a buon dirit- to tra quelle che vale la pena custodire gelosamente nella memoria e negli archivi pubblici e privati. A meritare finora di essere annoverate tra le “immagini-cult” della vita straordinaria di Pepé erano state quelle che lo riprendevano nella Valle dei templi mentre era sdraiato davanti alle ruspe mandate dalla Procura per demolire alcune case abusive. Col cap- pello da cow boy calcato sulla testa e con la stella da sceriffo attaccata al petto, viene sollevato a braccia da due poliziotti e tra- sportato fuori come fosse un vecchio mobi- le da rimuovere, con lui che alla vista delle telecamere, col viso compunto ed il culetto penzoloni, si mette in posa mentre viene tra- sportato a viva forza da due agenti. Sono immagini-cult che rimarranno negli annali. Poche altre immagini hanno un carattere evocativo e simbolico così alto come que- sta: “Peppe-ruspa” sdraiato a bloccare le ruspe é un vero controsenso, il segno di una svolta. A queste immagini ed alle altre appena richiamate, forse si possono assimi- lare quelle riprese a Licata, il 25 aprile dello scorso anno, quando le forze dell’or- dine lo spingono fuori dalla manifestazione colà riunita, che celebrava la festa della Resistenza e lui, sempre adornato dal suo cappello da bovaro del West, col culetto pie- gato a novanta gradi, le mani protese in avanti, cerca di resistere alla spinta dei poliziotti che cercano, riuscendovi, di tra- scinarlo fuori dalla folla. Oppure, le riprese di qualche tempo fa, quando, sempre con la stella di latta al petto e il cappellaccio da sceriffo, nel chiarore abbacinante di un sole agostano che portava le temperature a 40 gradi, si esibiva al megafono parlando a strade deserte e marciapiedi desolatamente vuoti. Si tratta di immagini che rimangono impresse a vita. A questo prezioso corredo iconografico forse andrebbero aggiunte le immagini di Pepé inseguito da Giuffrida che cerca di afferrargli i cabasisi nel tenta- tivo, poi fallito, di spremerglieli o di strap- parglieli per farli a ragù o fritti con cipolla, aglio e peperoncino. Queste immagini rimarranno scolpite nella storia di questo secolo, come quelle che riprendono i soldati della Russia di Stalin che piantano la bandiera rossa sul Reichstag alla fine della seconda guerra mondiale o quelle di Robert Capa sullo sbarco americano in Sicilia o quelle che riprendono il cadavere del Duce appeso a testa in giù a Dongo insieme a Claretta Petacci. Tornando al Pepé vociante e gesticolante di Palazzo dei Normanni, sulle prime Pepé non riesce ancora a capacitarsi se le inter- ruzioni dal posto del presidente Micciché siano segno di ostilità o di collaborazione, fino a quando, piano piano, non si rende conto che Micciché ce l’ha proprio con lui; al punto da sospingerlo fuori dal palchetto aiutato da commessi e (forse) poliziotti in borghese. In questo trambusto la reazione meno comprensibile é quella di Vittorio Sgarbi. Aveva cercato il nostro Pepé, lo aveva sedotto, lo aveva nominato, lo aveva invitato, lo aveva spinto a parlare e…appe- na prende la parola lui che fa? sale sul palco con gli altri e lo sbatte fuori dalla sala. Incomprensibile. Attila Continua a pagina 4 Fine della storia. Volge al termine una delle favole calcistiche più belle che Agrigento abbia mai potuto rac- contare: la trasfer- ta di domani a Pagani, che sarebbe dovuta essere anche un scontro diretto in chiave salvezza, si trasformerà nell’ultimo atto di una bella sto- ria, quella dell’Akragas dell’ultimo quin- quennio: tra promozioni, grandi squadre, grandi delusioni e salvezze miracolose. Ma anche una fine “ingloriosa”. Ad annunciarlo lo stesso Silvio Alessi nella conferenza stampa convocata giovedì pomeriggio: visibilmente com- mosso, ma allo stes- so tempo amareggia- to, l’ormai ex presi- dente ha rassegnato le proprie dimissioni dal consiglio di amministrazione dopo aver tentato disperatamente di aggrapparsi all’ultima speranza “made in Iran”: a nulla è servita la spedizione dell’avvocato Caponnetto in quel di Teheran per con- vincere il gruppo di imprenditori di cui si è parlato tanto a rilevare le quote societarie e salvare il “Gigante”. Troppi i problemi legati all’acquisto della società: ufficial- mente si parla di difficoltà dal punto di vista burocratico con ostacoli nello spostare capi- tali dall’Iran all’Italia; ufficiosamente, però, la situazione cambia: l’Akragas è un mala- to terminale e questo lo sa anche il più otti- mista degli iraniani: ultima in classifica, senza dirigenza, senza impianto sportivo in cui disputare le partite casalinghe e soprat- tutto - come confermato da Alessi - una esposizione debitoria non indifferente. Ingredienti - questi - che frenerebbero gli entusiasmi anche del più ottimista degli ira- niani. Per la prima volta Alessi si è tolto anche qualche sassolino dalla scarpa. Non facendo mai attacchi diretti con nome e cognome ha però imputato questa crescen- te esposizione debitoria a “chi ha ammini- strato con l’ingresso di Giavarini le casse della società”. Un chiaro segnale. Quale futuro adesso? L’Akragas chiuderà i battenti da lunedì mattina, giornata in cui la squadra verrà consegnata formalmente al sindaco di Agrigento, Firetto. Domani si gioca perché è quello che voglio- no i giocatori e lo stesso allenatore Di Napoli ma da lune- dì in poi sono due gli scenari che si prospettano: falli- mento o retroces- sione “pilotata”. Quest’ultima opzione - che permetterebbe di salvare il tutolo e ripartire da una Serie D, sempre più appetibile di una terza categoria, non è di gradimento alla parte più “calorosa” del tifo agrigentino: “Meglio in terza categoria che venire umiliati ogni domenica” è il pensie- ro comune degli ultras; l’altra scelta sareb- be quella del fallimento, rinunciando a scendere in campo ogni domenica, perden- do a tavolino le partite e finendo così per essere radiati e rinunciare a bonus della Lega e al titolo di Serie D. Qualunque sia la scelta che si deciderà di perseguire non si intravede nulla di buono. In vista delle elezioni politiche del 4 marzo i partiti sono in fermento nella scelta dei can- didati. I simboli sono stati presentati e sui 103 ne sono stati ammessi solo 75. Dei 28 rimanenti, 9 sono stati bocciati del tutto per caren- za documentale, a questi dun- que non è consentita la presenta- zione di liste, mentre gli altri 19 sono stati ‘rimandati’ dal ministe- ro: chi li ha depositati ora deve sostituire il sim- bolo e/o a integrare la dichiarazione di trasparenza entro 48 ore dalla noti- fica. L’8 febbraio saranno pubblicate per ciascun partito, movimento e gruppo le liste di candidati presentate per ciascun collegio. Sono ancora poche le certezze sui nomi dei candidati agrigentini a Camera e Senato. Gli unici certi sono quelli venuti fuori dalle “parlamentarie” del Movimento 5 Stelle. Nel col- legio agrigentino, in cui capolista è la deputata uscente Azzurra Cancelleri, sono stati scelti Rosalba Cimino, Filippo Perconti e Dino Terrana, a cui si aggiunge la saccense Antonella Di Prima, come candidata sup- plente. In casa Forza Italia è caccia alle donne da inserire last minute nelle liste per rispettare le quote rosa previste dalla nuova legge elettorale. Ad Agrigento capolista Ylenia Citino, con non pochi malumori degli azzurri locali, che comunque schierano Vincenzo Giambrone, fedelissimo di Riccardo Gallo Afflitto e non dovrebbe- ro candidare, sfumato all’ultimo istante, l’imprenditore Marco Campione che doveva essere il colpo a sorpre- sa di Gianfranco Miccichè. Nel proporzionale al Senato Gabriella Giammanco, parlamentare uscente che si è battuta in questi anni per la difesa dei bambini promuovendo l’istallazione di telecamere anti-abusi negli asili. Salvini ha reclamato per il suo partito al tavolo con Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Lorenzo Cesa venti candidati della coalizione nei collegi maggioritari nelle Regioni del Mezzogiorno. Correranno per un posto Alessandro Pagano a Caltanissetta, Angelo Attaguile al Senato a Catania e Carmelo Lo Monte a Messina. Fratelli d’Italia sembra abbia avuto il placet per candidare l’agrigentino Lillo Pisano. Nel centro destra saranno sicuramente candidati Roberto Di Mauro e Carmelo Pullara entrambi neo eletti alla Regione e non interes- sati al seggio romano ma impe- gnati a raccogliere più voti possi- bile e aiutare il partito. In casa Pd, Fausto Raciti ha incontrato i rappresentanti provin- ciali, ed è stato ribadito che i posti nella quota proporzionale saranno scelti con l’avallo di Roma, men- tre i territori potranno segnalare nomi solo per l’uninominale. Circola la voce del braccio destro di Leoluca Orlando Fabio Giambrone, e quello di Daniela Cardinale, che dopo la polemica, sembre- rebbe che la deputata figlia dell’ex ministro possa spun- tarla. Di agrigentini restano Maria Iacono, sicuramente candidata e Tonino Moscatt, deputato uscente che potrebbe lasciare il posto al suo mentore Giovanni Panepinto. Giochi fatti per le candidature di Liberi e Uguali che non avrà candidato Angelo Capodicasa. Pietro Grasso sarà capolista al Senato in Sicilia occidentale, e quasi certamente sarà anche candidato in un collegio uninominale a Palermo. In Sicilia occidentale alla Camera in pole c’è l’uscente di Sinistra Italiana Erasmo Palazzotto. Nel collegio della parte sud della Sicilia occidentale (Agrigento, Caltanissetta e Mazara) la capolista è Bianca Guzzetta, che sarà seguita da un candidato della zona di Mazara. Da Santa Elisabetta ai Fragapane passando per il mandamento della “Montagna” Che peccato...! Arnone regge i dolci a Vittorio Sgarbi ECCO DARIO CAPUTO, NUOVO PREFETTO DI AGRIGENTO di GIUSEPPE CASTALDO di IRENE MILISENDA Elezioni, candidati agrigentini: chi corre e chi no Maria Iacono Silvio Alessi di GIUSEPPE CASTALDO Akragas, ultimo atto: domani si gioca poi sarà fallimento Da trent’anni la mafia che conta continua a sostare nell’ovile di “Don Totò”

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Anno XiV - numero 4 - SABATO 27 GENNAIO 2018 1,00direttore: FRANCO CASTALDO

Toni pacati, modi gentili. Si è presentato così alla città di Agrigento il nuovoPrefetto Dario Caputo: 61 anni, laureato in scienze politi-che, era fino a qualche settimana fa il vice-capo gabinettodel Ministero per la Coesione territoriale ed ilMezzogiorno.Un incontro che non poteva non iniziare – dopo i saluti di

rito – sulla vicenda che, indirettamen-te, ha “catapultato” Caputo allaguida della Prefettura di Agrigento insostituzione di Nicola Diomede, suopredecessore, rimosso dal Consigliodei Ministro in seguito alla vicendalegata a Girgenti Acque che lo vede

indagato insieme ad altre 72 persone:“Dico molto francamente che il nostrosistema giudiziario è fondato sulla pre-sunzione di innocenza. Se volete la miaopinione personale – ha detto il nuovoPrefetto – sono sicuro che il collega usci-rà assolutamente pulito in questa vicenda

e gli faccio i miei migliori auguri”.“Vengo dalla scuola di un Prefetto che è stato un grande:ho avuto l’onore di seguire Roberto Sorge come funziona-rio: rivoluzionò quell’ufficio e vorrei imitarlo partendo daquello che lui stesso fece a suo tempo ovvero visitare comu-ne per comune l’intera provincia. E’ quello che vorrei fareio per tastare con mano la realtà.”

Un colpo durissimo quello assestato dai carabi-nieri del Reparto operativo di Agrigento allanuova mafia agrigentina. Una maxi operazione condotta - si potrebbe dire -alla vecchia maniera: da un lato mostrando i musco-li, il che spiega l’applicazione delle cinquantaseimisure cautelari, e che fanno dell’operazione“Montagna” una delle più importanti dopo “Nuovacupola” del 2012, dall’altro lato con una vera e pro-

pria attività di “intelligence” che ha permesso ai cara-binieri, oggi guidati del tenente colonnello RodrigoMicucci (che ha curato la fase dell’esecuzione) difotografare i“sussulti” rivolu-

zionari di Cosa nostra.E questa radiografia ha consegnato agliocchi degli inquirenti un quadro tantonuovo quanto chiaro: un nuovo assettogeografico ma anche un rinnovamentonei meccanismi interni: si assiste -rispetto al passato - ad un graduale spo-stamento delle logiche di potere dal“mare” alla “montagna” con un chiaroruolo di egemonia della consorteria diSanta Elisabetta. Storicamente, negliultimi cinque lustri, la più forte, quellache dava del tu a Totò Riina e nascon-deva, da latitante, Matteo MessinaDenaro.Quest’ultima avrebbe assorbito all’inter-no del proprio mandamento - oltre i giànoti paesi di Raffadali, Aragona, S.Angelo Muxaro e San Biagio Platani - anche quello che un tempo venivachiamato il mandamento di Santo Stefano di Quisquina, facendo quindirientrare sotto l’influenza di Santa Elisabetta anche i paesi montani di SantoStefano di Quisquina appunto, Bivona, Alessandria della Rocca,Cammarata e San Giovanni Gemini. E’ nato così il nuovo “Mandamento della Montagna”, “Montagna” che inpassato ha avuto personaggi di spicco della mafia agrigentina e siciliana:Giuseppe Settecasi da Alessandria della Rocca ucciso alla fine degli anni70 e che per un breve periodo di tempo fu a capo della cupola siciliana,LE FAMIGLIE AGRIGENTINE. La famiglia di Santa Elisabetta untempo guidata dall’ergastolano Salvatore (padre ucciso, un fratello ferito, unaltro fratello scomparso, definito da Matteo Messina Denaro “unu giustu”)dal cui ovile è passato negli ultimi 30 anni il gotha mafioso siciliano, gioca unruolo centrale nello scacchiere mafioso: Francesco Fragapane, secondo le

indagini, è il vertice assoluto e - anche se dopo il suo arresto la “reggenza” sisposta in altra sede - sono sempre i Fragapane a detenere il potere: prima conFrancesco, poi con i cugini di quest’ultimo Stefano e Raffaele e successiva-mente con un altro cugino, Daniele, richiamato appositamente dal Belgio.All’interno del clan emerge anche la figura di Roberto Lampasona, coin-volto nell’operazione “Nuova cupola” (assolto) e arrestato insieme aFragapane nell’operazione “Proelio”. In questa stessa famiglia, anche setemporaneamente, va inserito anche Giuseppe Quaranta, di fatto uomo difiducia di Fragapane anche se formalmente appartenente alla famigliamafiosa di Favara e direttamente coinvolto sia nell’operazione Proelio che inquella della Dda catanese “Kronos”. Una famiglia che assume una posizio-ne di rilievo è quella di Bivona: incaricato di guidarla è Giuseppe Luciano

Spoto che - con l’arresto di Fragapane- sarà anche la guida “pro tempore” del-l’intero mandamento della montagna. Acoadiuvare Spoto sono i figli, Massimoe Vincenzo, titolari di un’impresa dimovimento terra e nolo di automezzi.Nel corso dell’attività d’indagine è statadocumentata l’intensa attività illecitacondotta dagli Spoto che avrebberoinfluenzato - in questo campo - diversiappalti pubblici in esecuzione a Bivonae presso la diga Castello. A capo dellafamiglia di San Biagio Platani vienenominato l’incensurato GiuseppeNugara che si avvale della collaborazio-ne di un altro incensurato, Raffaele LaRosa. A svolgere un ruolo di primopiano ci sarebbe stato anche VincenzoCipolla, già coinvolto ma assolto nell’o-perazione “Nuova cupola”. La famiglia

di Cammarata risulta essere governata da una sorta di triumvirato compostoda Salvatore La Greca, Vincenzo Mangiapane e Calogerino Giambrone,dopo la reggenza di Angelo Longo condannato all’ergastolo per il sequestroe l’assassinio del piccolo Giuseppe Di Matteo. I tre, già noti alle forze del-l’ordine, sarebbero uomini vicini proprio ad Angelo Longo. Dei triumviririsalta maggiormente la figura di Giambrone: tesse una fitta rete di relazioni– una sorta di ambasciatore a delinquere - con esponenti di primo piano diCosa nostra delle province di Palermo, Enna, Trapani e Caltanissetta, pia-nifica numerose estorsioni da compiere e si impone, sfruttando questi legami,anche nel settore del noleggio di slot macchine all’interno di esercizi com-merciali e delle scommesse on line agevolando di fatto la società riconduci-bile al figlio Angelo Giambrone ed al cognato Vincenzo Mangiapane (cl.1971), anch’essi inseriti a pieno titolo nella consorteria mafiosa.

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Quelle immagini di Pepé, drammatiche epiene di mestizia, che sbraita e gesticola,presumibilmente in preda agli spunti para-noidei e ad un conato compulsivo di giul-larismo acuto, e con Gianfranco Miccichéche gli sottrae il microfono e lo spingefuori dal podio, rimarranno impresse nellastoria della comicità siciliana. Ed ancora: quella piccola folla che sale sulpalco per aiutare Micciché a spingere Pepéfuori dalla sala dove si teneva la manifesta-zione, con Sgarbi che con aria imbarazzatae compunta raggiunge e si aggiunge allapiccola folla di commessi, poliziotti, gentedi buona volontà che si dà da fare per con-tenere gli effetti degli spunti paranoidei diPepé, rimarrà tra le immagini-simbolodella storia di questo scorcio di secolo. Ingenere tutto ciò che combina Pepé è rimar-chevole e merita considerazione e rispetto. Si tratta quasi sempre di giullarate chehanno dello straordinario. Ma vi sono alcu-ne immagini, alcuni fotogrammi, che più dialtri sintetizzano il senso di una vita, di unamissione. Ecco, le immagini dell’ultimaimpresa di Pepé, compiuta alla presenza diun “parterre” autorevole ma un pò scalci-nato (Sgarbi, Micciché, il gen. Mori, il col.De Donno in primis) rientrano a buon dirit-to tra quelle che vale la pena custodiregelosamente nella memoria e negli archivipubblici e privati. A meritare finora di essere annoverate tra le“immagini-cult” della vita straordinaria diPepé erano state quelle che lo riprendevanonella Valle dei templi mentre era sdraiatodavanti alle ruspe mandate dalla Procuraper demolire alcune case abusive. Col cap-pello da cow boy calcato sulla testa e con lastella da sceriffo attaccata al petto, vienesollevato a braccia da due poliziotti e tra-sportato fuori come fosse un vecchio mobi-le da rimuovere, con lui che alla vista delle

telecamere, col viso compunto ed il culettopenzoloni, si mette in posa mentre viene tra-sportato a viva forza da due agenti. Sonoimmagini-cult che rimarranno negli annali.Poche altre immagini hanno un carattereevocativo e simbolico così alto come que-

sta: “Peppe-ruspa” sdraiato a bloccare leruspe é un vero controsenso, il segno di unasvolta. A queste immagini ed alle altreappena richiamate, forse si possono assimi-lare quelle riprese a Licata, il 25 apriledello scorso anno, quando le forze dell’or-dine lo spingono fuori dalla manifestazionecolà riunita, che celebrava la festa dellaResistenza e lui, sempre adornato dal suocappello da bovaro del West, col culetto pie-gato a novanta gradi, le mani protese inavanti, cerca di resistere alla spinta deipoliziotti che cercano, riuscendovi, di tra-scinarlo fuori dalla folla. Oppure, le riprese

di qualche tempo fa, quando, sempre con lastella di latta al petto e il cappellaccio dasceriffo, nel chiarore abbacinante di un soleagostano che portava le temperature a 40gradi, si esibiva al megafono parlando astrade deserte e marciapiedi desolatamentevuoti. Si tratta di immagini che rimangonoimpresse a vita. A questo prezioso corredoiconografico forse andrebbero aggiunte leimmagini di Pepé inseguito da Giuffridache cerca di afferrargli i cabasisi nel tenta-tivo, poi fallito, di spremerglieli o di strap-parglieli per farli a ragù o fritti con cipolla,aglio e peperoncino. Queste immagini rimarranno scolpite nellastoria di questo secolo, come quelle cheriprendono i soldati della Russia di Stalinche piantano la bandiera rossa sulReichstag alla fine della seconda guerramondiale o quelle di Robert Capa sullosbarco americano in Sicilia o quelle cheriprendono il cadavere del Duce appeso atesta in giù a Dongo insieme a ClarettaPetacci. Tornando al Pepé vociante e gesticolante diPalazzo dei Normanni, sulle prime Pepénon riesce ancora a capacitarsi se le inter-ruzioni dal posto del presidente Miccichésiano segno di ostilità o di collaborazione,fino a quando, piano piano, non si rendeconto che Micciché ce l’ha proprio con lui;al punto da sospingerlo fuori dal palchettoaiutato da commessi e (forse) poliziotti inborghese. In questo trambusto la reazionemeno comprensibile é quella di VittorioSgarbi. Aveva cercato il nostro Pepé, loaveva sedotto, lo aveva nominato, lo avevainvitato, lo aveva spinto a parlare e…appe-na prende la parola lui che fa? sale sulpalco con gli altri e lo sbatte fuori dallasala. Incomprensibile.

AttilaContinua a pagina 4

Fine della storia.Volge al termineuna delle favolecalcistiche piùbelle cheAgrigento abbiamai potuto rac-contare: la trasfer-ta di domani aPagani, che

sarebbe dovutaessere anche unscontro diretto inchiave salvezza, si

trasformerà nell’ultimo atto di una bella sto-ria, quella dell’Akragas dell’ultimo quin-quennio: tra promozioni, grandi squadre,grandi delusioni e salvezze miracolose. Maanche una fine“ingloriosa”. Ad annunciarlo lostesso Silvio Alessinella conferenzastampa convocatagiovedì pomeriggio:visibilmente com-mosso, ma allo stes-so tempo amareggia-to, l’ormai ex presi-dente ha rassegnatole proprie dimissionidal consiglio di amministrazione dopo avertentato disperatamente di aggrapparsiall’ultima speranza “made in Iran”: a nullaè servita la spedizione dell’avvocatoCaponnetto in quel di Teheran per con-vincere il gruppo di imprenditori di cui si èparlato tanto a rilevare le quote societarie esalvare il “Gigante”. Troppi i problemilegati all’acquisto della società: ufficial-mente si parla di difficoltà dal punto di vistaburocratico con ostacoli nello spostare capi-tali dall’Iran all’Italia; ufficiosamente, però,la situazione cambia: l’Akragas è un mala-to terminale e questo lo sa anche il più otti-

mista degli iraniani: ultima in classifica,senza dirigenza, senza impianto sportivo incui disputare le partite casalinghe e soprat-tutto - come confermato da Alessi - unaesposizione debitoria non indifferente.Ingredienti - questi - che frenerebbero glientusiasmi anche del più ottimista degli ira-niani. Per la prima volta Alessi si è toltoanche qualche sassolino dalla scarpa. Nonfacendo mai attacchi diretti con nome ecognome ha però imputato questa crescen-te esposizione debitoria a “chi ha ammini-strato con l’ingresso di Giavarini le cassedella società”. Un chiaro segnale. Quale futuro adesso?L’Akragas chiuderà i battenti da lunedìmattina, giornata in cui la squadra verràconsegnata formalmente al sindaco di

A g r i g e n t o ,Firetto. Domani sigioca perché èquello che voglio-no i giocatori e lostesso allenatore DiNapolima da lune-dì in poi sono duegli scenari che siprospettano: falli-mento o retroces-sione “pilotata”.Q u e s t ’ u l t i m a

opzione - che permetterebbe di salvare iltutolo e ripartire da una Serie D, sempre piùappetibile di una terza categoria, non è digradimento alla parte più “calorosa” del tifoagrigentino: “Meglio in terza categoria chevenire umiliati ogni domenica” è il pensie-ro comune degli ultras; l’altra scelta sareb-be quella del fallimento, rinunciando ascendere in campo ogni domenica, perden-do a tavolino le partite e finendo così peressere radiati e rinunciare a bonus dellaLega e al titolo di Serie D. Qualunque siala scelta che si deciderà di perseguire non siintravede nulla di buono.

In vista delle elezioni politichedel 4 marzo i partiti sono infermento nella scelta dei can-didati. I simboli sono statipresentati e sui 103 ne sonostati ammessi solo 75.Dei 28 rimanenti, 9 sonostati bocciati del tutto per caren-za documentale, a questi dun-

que non è consentita la presenta-zione di liste, mentre gli altri 19sono stati ‘rimandati’ dal ministe-ro: chi li ha

depositati ora deve sostituire il sim-bolo e/o a integrare la dichiarazionedi trasparenza entro 48 ore dalla noti-fica. L’8 febbraio saranno pubblicateper ciascun partito, movimento egruppo le liste di candidati presentateper ciascun collegio.Sono ancora poche le certezze suinomi dei candidati agrigentini aCamera e Senato.Gli unici certi sono quelli venuti fuoridalle “parlamentarie” del Movimento 5 Stelle. Nel col-legio agrigentino, in cui capolista è la deputata uscenteAzzurra Cancelleri, sono stati scelti Rosalba Cimino,Filippo Perconti e Dino Terrana, a cui si aggiunge lasaccense Antonella Di Prima, come candidata sup-plente.In casa Forza Italia è caccia alle donne da inserire lastminute nelle liste per rispettare le quote rosa previstedalla nuova legge elettorale. Ad Agrigento capolistaYlenia Citino, con non pochi malumori degli azzurrilocali, che comunque schierano Vincenzo Giambrone,fedelissimo di Riccardo Gallo Afflitto e non dovrebbe-ro candidare, sfumato all’ultimo istante, l’imprenditoreMarco Campione che doveva essere il colpo a sorpre-sa di Gianfranco Miccichè. Nel proporzionale alSenato Gabriella Giammanco, parlamentare uscenteche si è battuta in questi anni per la difesa dei bambini

promuovendo l’istallazione di telecamere anti-abusinegli asili.Salvini ha reclamato per il suo partito al tavolo conSilvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Lorenzo Cesaventi candidati della coalizione nei collegi maggioritarinelle Regioni del Mezzogiorno. Correranno per unposto Alessandro Pagano a Caltanissetta, AngeloAttaguile al Senato a Catania eCarmelo Lo Monte aMessina. Fratelli d’Italia sembra abbia avuto il placetper candidare l’agrigentino Lillo Pisano.Nel centro destra saranno sicuramente candidatiRoberto Di Mauro e Carmelo Pullara entrambi neo

eletti alla Regione e non interes-sati al seggio romano ma impe-gnati a raccogliere più voti possi-bile e aiutare il partito.In casa Pd, Fausto Raciti haincontrato i rappresentanti provin-ciali, ed è stato ribadito che i postinella quota proporzionale sarannoscelti con l’avallo di Roma, men-tre i territori potranno segnalarenomi solo per l’uninominale.Circola la voce del braccio destro

di Leoluca Orlando Fabio Giambrone, e quellodi Daniela Cardinale, che dopo la polemica, sembre-rebbe che la deputata figlia dell’ex ministro possa spun-tarla. Di agrigentini restano Maria Iacono, sicuramentecandidata e Tonino Moscatt, deputato uscente chepotrebbe lasciare il posto al suo mentore GiovanniPanepinto.Giochi fatti per le candidature di Liberi e Uguali chenon avrà candidato Angelo Capodicasa. PietroGrasso sarà capolista al Senato in Sicilia occidentale,e quasi certamente sarà anche candidato in un collegiouninominale a Palermo. In Sicilia occidentale allaCamera in pole c’è l’uscente di SinistraItaliana Erasmo Palazzotto. Nel collegio della partesud della Sicilia occidentale (Agrigento, Caltanissettae Mazara) la capolista è Bianca Guzzetta, che saràseguita da un candidato della zona di Mazara.

Da Santa Elisabetta ai Fragapane passando per il mandamento della “Montagna”

Che peccato...!

Arnone regge i dolci a Vittorio Sgarbi

ECCO DARIO CAPUTO, NUOVO PREFETTO DI AGRIGENTO

diGIUSEPPECASTALDO

diIRENEMILISENDA

Elezioni, candidati agrigentini: chi corre e chi no

Maria Iacono

Silvio Alessi

diGIUSEPPECASTALDO

Akragas, ultimo atto: domani si gioca poi sarà fallimento

Da trent’anni la mafia che conta continua a sostare nell’ovile di “Don Totò”

Segue da pagina 1Ad Alessandria della Roccarimane tutto immutato comegià “fotografato” nel 2012:comandano Gaetano Sedita edil figlio Calogero.Casteltermini è il paese in cui sisono susseguiti, a causa dellevarie operazioni di polizia, più

cambiamenti: gli arresti di perso-naggi come Gino Di Piazza eRaffaele Faldetta (TotòFragapane era latitante nelle loro

terre e venne catturato grazie alla soffiata di LuigiIlardo, poi ucciso prima di cominciare ufficialmente ilpercorso di collaborazione) hanno lasciato campo aGiuseppe Scavetto, figliodi Vincenzo Giovanni,già condannato a 8 anniper associazione mafiosa.A guidare formalmente lafamiglia mafiosa diRaffadali risulta essereAntonino Vizzì, titolare diun’officina meccanica nelcentro abitato. E’ lui l’uni-co a poter tenere rapporticon il mandamento dellaMontagna anche se la suaposizione, talvolta, diven-ta scomoda. Raffadali,infatti, è da sempre un“feudo” dei Fragapaneche rappresenta una fontedi guadagno certa derivante dalla riscossione del pizzodelle tantissime attività commerciali ed imprenditoria-li. All’interno della famiglia, anche se con un ruolo nondi primo piano, emergono le figure di SalvatoreIacono Manno e Stefano Mangione, indicato comel’uomo che raccoglie il “pizzo”. Con ruoli meno impor-tanti figurano in diversi aspetti dell’indagine anche

Roberto Mangione, ilnipote AntoninoMangione e AngeloD’Antona tutti responsa-bili di traffici di stupefa-centi e furti di bestiame. Areggere il mandamento diCianciana - almeno fino aprima della sua morteavvenuta il 27 novembrescorso - è stato CiroTornatore: anziano boss,legato alla vecchia classedirigente di Cosa nostra,che potrebbe essere consi-derato il “Ministro degliEsteri” del mandamento:tesse e consolida rapporti

con altri esponenti di altre province esattamente comeavvenuto il 20 agosto 2014 quando - in occasione dellaFiera del bestiame a Lercara Friddi - fu documentatoun vero e proprio summit a cui presero parte ancheAlfonso Scozzari di Vallelunga Paratameno, PietroPaolo Masaracchia di Palazzo Adriano, GiuseppeLuciano Spoto di Bivona, Giovanni Gattuso diCastronovo di Sicilia e Vincenzo Pellitteri di ChiusaSclafani. A Racalmuto, paese di origine dell’ex capoprovincia Maurizio di Gati (oggi collaboratore di giu-

stizia), il personaggio diriferimento sarebbe statoSalvatore Puma, pregiu-dicato per reati legati altraffico di sostanze stupe-facenti. E’ a lui cheCalogerino Giambrone,presunto capomafia diCammarata, si rivolge perottenere la necessaria auto-rizzazione ad installare leproprie slot machine neibar e nei circoli di quellostesso centro. Infine, nel-l’area sud-occidentaledella provincia troviamo ilmandamento di Sciaccaretto dallo “storico” boss

Salvatore Di Gangi, indicato come uomo d’onore sindal 1983. Il suo “braccio destro” sarebbe statoDomenico Maniscalco, imprenditore nel settore delleforniture di materiale edile, cognato dei fratelli Greco(vicini a Di Gangi), arrestati in passato.I SUMMIT. Significativa risulta essere la riunioneavvenuta il 7 febbraio 2014 a San Biagio Platani pres-so la casa di campagna di proprietà di GiuseppeNugara (che successivamente sarà teatro di altri sum-mit tra i componenti del mandamento della montagna)con la presenza referenti di maggiore spessore dellostesso quali Giuseppe Luciano Spoto, già indicato inprecedenza quale reggente pro tempore del mandamen-to, Calogerino Giambrone quale esponente dellafamiglia mafiosa di Cammarata, Giuseppe Nugara inqualità di referente dellafamiglia di San BiagioPlatani e GiuseppeQuaranta in rappresen-tanza sia della famigliamafiosa di Favara nonchédi Francesco Fragapane.Partecipano alla riunioneanche Massimo Spotofiglio di GiuseppeLuciano, AngeloGiambrone, figlio diCalogerino e Angelo DiGiovanni. Non è statopossibile intercettare leconversazioni avvenute

all’interno della casa di Nugara (l’attività d’intercetta-zione ha avuto inizio solo il 18 febbraio 2014) ma l’at-tività di intercettazione riguarda l’auto che, prima delsummit, trasporta Quaranta e Di Giovanni e poianche gli altri partecipanti. Nella circostanza Nugaradefinisce Spoto un “cristiano buono” e poi racco-manda al suo interlocutoreaffinché quanto riferitoglinon arrivi all’orecchio delcugino Antonino Nugara,brigadiere dei Carabinieriin servizio proprio allaStazione di Bivona.Sempre nella medesimacircostanza GiuseppeNugara spiega comeGiuseppe Luciano Spotosi sia trovato al centro diquestioni giudiziarie percolpa del testimone di giu-stizia’ Ignazio Curò (a cuirecentemente è stata toltala scorta) e dei fratelliPanepinto. Proprio dall’ap-partenenza all’associazione mafiosa di quest’ultimogruppo familiare che Nugara prende spunto per spie-gare come sia errato definire “mafia” l’organizzazionecriminale quando invece bisogna chiamarla “CosaNostra” e alla cui base vi è il “rispetto” delle personeprima di tutto e poi delle regole che la stessa organiz-zazione impone ai suoi affiliati. “non si chiama mafia. . si chiama Cosa Nostra . . . . è tutto . . l’essereumano . . è dai tempi da quando è nato l’uomo che c’èquesto discorso . . non è che significa . . questa parola

significa rispetto per lepersone . . rispetto dideterminate cose . . giusto. . non è che significa chedevono essere cristiani“tinti” per essere . . / / / .. un cristiano tinto . . certo. . come cala . . pure tupuoi diventare tinto . . se tifanno qualche minchiatache fa . . / / / . . e min-chiate così . . questa è ladiscussione . . giusto . . lecose quando si devonoragionare si devono sem-pre ragionare . . tinturienon se ne devono fare . . / /

. . e la ci sono delle regole . . che tu devi portare sem-pre . . se devi stare vicino a determinate persone . . leregole . . non si scherza . . così è . .” Un’altra riunione che assume un valore decisivo perl’indagine è quella del 23 febbraio 2017 quando - gra-zie a delle telecamere nascoste - sono gli stessi prota-gonisti delle vicende a “spiegare” ai carabinieri cheascoltano la gestione della cosca e il loro andamento.Presenti alla riunione sono Quaranta, Spoto e Nugarache parlano di un incontro richiesto dal rappresentantedel mandamento di San Mauro Castelverde (PA),Antonio “Tony” Giovanni Maranto. Motivo dellarichiesta è rappresentato dalla necessità di interloquirecon il rappresentante dell’area montana al fine di con-cordare l’attività estorsiva in danno delle imprese agri-gentine impegnate proprie nel territorio delle Madonie.“…allora glielo spiego io...questa persona...è venuto aFavara...è venuto a trovare uno a Favara...che non leconosco che sono “stiddari” ...però...siccome questoera vicino al padre di inc....vicino lo tenevano così…èriuscito a trovare a questo...poi questo di Castellana(Antonio Giovanni Maranto) si è trovato a parlarecon questo . . Cipolla (Vincenzo) questo di qua ...“sono andato a Favara e ho trovato Lillo Limblici”

...quello gli ha detto...“no... la persona sbaglia-ta”... dice... “come?”...“la persona giusta è que-sta” (GiuseppeQuaranta)… .e vuoleconoscere uno della “mon-tagna” ... e gli presentia-mo a “vossia” (rif. aGiuseppe LucianoSpoto)”.Successivamente i presen-ti hanno modo di interlo-quire in ordine alla neces-sità di conoscere i referen-ti dei vari mandamenti per-ché la situazione è così incontinuo mutamento che è difficile orientarsi rischian-do in questo di contattare la persona sbagliata e com-promettere i già precari equilibri in seno alle variefamiglie mafiose: Giuseppe Luciano Spoto: “...abbiamo bisogno di loro . . . e non ci sono . . . no cisono . . . non è più come una volta . . . una volta c’era. . . una provincia . . . mettiamo sulla provincia . . . laprovincia già si sapeva dove bisognava andare . . .chiamava a chi . . . vai con lui e sapevi dove andare . .. adesso non si sa più niente . . . assolutamente . . . per-ché le cose sono cambiate . . . non è che sono cambia-te . . . perché le persone che tu conoscevi non ci sonopiù . . . e quello che c’è . .. quello che c’è non si puòmuovere. . . quello che c’ènon si può “cataminiari”…”. Nell’incontro del 28marzo 2014, invece, siriuniscono le figure centra-li del mandamento dellamontagna: GiuseppeNugara, Raffaele LaRosa, GiuseppeQuaranta, RaffaeleSalvatore Fragapane,Giuseppe Luciano Spotoed il figlio Massimo.Parlano della difficoltà direcuperare il denaro dal-l’attività estorsiva a causadella mancanza di una figura forte come era quella di

Salvatore Fragapane,padre di Francesco.Spoto: “ . . quando c’eraTotò . . . quando c’eraTotò . . . la cosa era diffe-rente . . . quando manca inun paese il bastone . . . / /no... quando manca unbastone...il bastone fini-scono tutte cose…” Altroimportante incontro - chesvela i rapporti ed il com-portamento tra le varieconsorterie e è quello del 9aprile 2014 quando, suvolere dell’allora reggentedel mandamento Spoto, siriuniscono le stesse persone meno del precedente masenza Raffaele Fragapane. Giuseppe Luciano Spoto:“. . e noi dovremmo essere quattro e ci ritroviamo insei. . dovremmo essere cinque . . e arriva uno – (rif. aRaffaele Fragapane) che non è . . e noi dobbiamo dis-cutere di certe cose / / / sono cose che non si possonoparlare . . non è che uno può parlare davanti a tutti . .non può parlare …” Giuseppe Luciano Spoto, dun-que, sembrerebbe sottolineare come tali riunioni deb-bano essere circoscritte ai capi famiglia. Incontri che,per la posizione geograficastrategica in cui è collocatoil mandamento della mon-tagna, avvengono anchecon esponenti di rilievodelle altre province qualiEnna, Caltanissetta,Palermo. Significativo, intal senso, è l’incontroavvenuto il 28 maggio2014 in una riserva boschi-va di Palazzo Adriano ilcui scopo era quello di pre-sentare ufficialmenteGiuseppe Quaranta, refe-rente di Fragapane, aPietro PaoloMasaracchia, alias il kil-ler, tra i boss più influenti dell’ala “corleonese”.L’incontro non viene documentato con riprese audiovideo perché avviene in un luogo impervio e mai uti-lizzato in precedenza dai presenti proprio per effettua-re questo tipo di riunioni. Intercettati, al ritorno, peròQuaranta spiega a Spoto e Nugara il contenuto diquell’incontro in cui si accennava ad un affare propo-sto - ma declinato - e prospettato un furto di bestiame.Inoltre Nugara e Quaranta convenivano sul fatto cheil gruppo di Masaracchia fosse abbastanza forte edeciso a fare rispettare le regole di Cosa nostra a chinon si piegasse. Quaranta: “ma quello . . dice . . losai quanto ci vuole a due “scupettate” (fucilate) . .trenta secondi . . dice . . “ Nugara: “nel momento incui . . quelli non corrispondono . . che gli dicono no .. che è . . lui e l’altro (rif. a Franco D’Ugo) sanno lorocosa devono fare.. specialmente se non gli danno . . .pensa che per fesserie . . per cose di poco . . per cosediciamo deboli anche .. fanno minchiate hai capito .. queste sono invece che sono tanto assai . . che nonpotrebbero . . hai capito quello che ti voglio dire io?”Quaranta: “ma quelli per-ché sono abituati così . .quelli campano . . si pren-dono mille euro .. duemila euro . . e girano . . eattaccano di nuovo.” Unaltro significativo incontroè stato quello del 13 luglio2014 avvenuto aCammarata in cui, per laprima volta, viene presen-tato Giuseppe Luigi Spotoin qualità di reggente delmandamento al suo parigrado della provincia diEnna cioè FrancescoGiordano. Prima di entrarenel ristorante che ospiteràil summit Calogerino Giambrone indicherà lo stessoGiordano in questi termini: “no . . aspetti . . questo èun cristiano . . buono . . / / / questo . . questo . . è inco-ronato . . e non ho niente altro di dirle . .”.Testimonianza, questa, di come Giordano avesse rice-vuto un’investitura ufficiale proprio come uomo d’o-nore.

SABATO27 GENNAIO2018

CRONACA, ATTUALITA’, POLITICA

di Letizia Bilella

diGIUSEPPECASTALDO

In carcere:Carmelo Battaglia, 42 anni, Comiso, GiuseppeBlando, 54 anni, Favara Giorgio Cavallaro, 50anni, Grotte, Vincenzo Cipolla, 56 anni, San BiagioPlatani, Franco D’Ugo, 53 anni, Palazzo Adriano,Giacomo Di Dio, 50 anni, Capizzi, Santo Di Dio, 50anni, Capizzi, Salvatore Filippo Giacomo Di Gangi,74 anni, Sciacca, Angelo Di Giovanni, 46 anni,Favara, Vincenzo Dolce, 52 anni, Cerda, FrancescoMaria Antonio Drago, 51 anni, Siculiana, ConcettoErrigo, 59 anni, Comiso, Pasquale Fanara, 59 anni,Favara, Daniele Fragapane, 33 anni, SantaElisabetta, Francesco Fragapane, 38 anni, SantaElisabetta, Raffaele Fragapane, 41 anni, SantaElisabetta, Giovanni Gattuso, 62 anni, Castronovodi Sicilia, Alessandro Geraci, 32 anni, PetraliaSottana, Angelo Giambrone, 36 anni, Santo StefanoQuisquilia, Calogerino Giambrone, 52 anni,Cammarata, Raffaele La Rosa, 59 anni, San BiagioPlatani, Roberto Lampasona, 40 anni, SantaElisabetta, Calogero Limblici, 60 anni, Favara,Calogero Maglio, 51 anni, Favara, VincenzoMangiapane, 54 anni, Cammarata, VincenzoMangiapane, 55 anni, Cammarata, DomenicoManiscalco, 53 anni, Sciacca, Giovanni AntonioMaranto, 54 anni, Polizzi Generosa, Pietro PaoloMasaracchia, 68 anni, Palazzo Adriano, GiuseppeNugara, 53 anni, San Biagio Platani, SalvatorePellitteri, 42 anni, Chiusa Sclafani, VincenzoPellitteri, 66 anni, Chiusa Sclafani, Luigi Pullara,54 anni, Favara, Salvatore Puma, 41 anni,Racalmuto, Giuseppe Quaranta, 50 anni, Favara,Pietro Stefano Reina, 67 anni, San GiovanniGemini, Santo Sabella, 53 anni, San Biagio Platani,Calogero Sedita, 35 anni, Santo Stefano Quisquina,

Giuseppe Scavetto, 49 anni, Casteltermini,Giuseppe Luciano Spoto, 79 anni, Bivona, MassimoSpoto, 40 anni, Bivona, Vincenzo Spoto, 42 anni,Bivona, Gerlando Valenti, 46 anni, Favara, StefanoValenti, 52 anni, Favara, Giuseppe Vella, 38 anni,Favara, Salvatore Vitello, 43 anni, Favara,Antonino Vizzì, 54 anni, RaffadaliDomiciliari:Adolfo Albanese, 71 anni, Petralia Sottana (PA),Salvatore La Greca, 75 anni, Cammarata, AntonioLicata, (detto Sandro), 27 anni, Favara, CalogeroQuaranta, 26 anni, Favara, Stefano Di Maria, 25anni, Favara, Salvatore Montalbano, 25 anni,Favara, Salvatore Montalbano, 24 anni, Favara,Calogero Principato, 26 anni, Agrigento, MarcoVeldhuis, 20 anni, Agrigento, Domenico AntonioCordaro, 53 anni, San Cataldo, FrancescoGiordano, 50 anni, Niscemi, Domenico Lombardo,25 anni, Favara.Obbligo di presentazione alla p.g.Vincenzo Valenti, Nazarena Traina, Viviana LaMendola, Antonio Scorsone.Le aziende sequestrate. V. & F. Group s.r.l. - con sede ad Agrigento “Mg Giochi”con sede a Cammarata (Ag) in ViaMarche nr.29 Centro scommesse “GoldBet” sita in Casteltermini(Ag) Li.Ve.Ca. s.r.l. con sede a Racalmuto c.da Scala.Impresa individuale Valenti Stefano con sede aFavaraImpresa individuale Valenti Gerlando con sede aFavaraImpresa individuale “Spoto Vincenzo” con sedelegale nel Comune di Bivona

Tutti i nomi delle persone indagate e le aziende sequestrate

L’inchiesta dei carabinieri che ha portato all’arrestodi 56 mafiosi agrigentini che ha svelato legami tra lecosche locali e la mafia di tutte leprovince di tutta la Sicilia e le ‘ndri-ne calabresi ha un padre nobile edha un nome e cognome; AndreaAzzolini, tenente colonnello deiCarabinieri, già comandante delReparto operativo di Agrigento.E’ lui che ha firmato l’informativache è divenuta ordinanza di custo-dia cautelare dando origine al blitz“Montagna” che ridisegna la nuovamappa mafiosa di tutta la provinciadi Agrigento e i collegamenti con i clan siciliani e cala-bresi.Tre anni di permanenza ad Agrigento, due dei qualidedicati a questa delicatissima indagine svolta con un

gruppo affiatato di carabinieri, oggi comandato daltenente colonnello Rodrigo Micucci che ha coordina-

to la fase esecutiva del blitz.Azzolini oggi comanda il battaglio-ne del 13 reggimento “FriuliVenezia Giulia” ed in questomomento si trova a Baghdad inmissione di pace.Durante la sua permanenza adAgrigento Azzolini non ha solo fir-mato l’informativa che oggi haportato all’arresto di 56 persone.E’ suo anche il rapportone, oggisulle pagine di tutti i giornali, su

Girgenti acque che ha portato la Procura diAgrigento ad indagare oltre settanta persone e provo-cato il siluramento del prefetto di Agrigento, NicolaDiomede.

Quel rapporto del colonnello Azzolini

Giuseppe Nugara

Antonoi Vizzì

Antonoi Vizzì

Giuseppe Luciano Spoto

Pietro Paolo Masaracchia

Raffaele Fragapane

Massimo Spoto

Salvatore Pillitteri

Concetto Errigo

Salvatore Di Ganci

Vincenzo Pellitteri

La mafia di Agrigento scopre la “Montagna”: Cosa nostra c’è da quando c’è l’uomo”

NASCE IL MANDAMENTO.Secondo le indagini condotte daicarabinieri - all’epoca dei fattiguidati dal tenente colonnelloAndrea Azzolini e durate oltredue anni - a volere fortemente lacreazione del mandamento sareb-be stato Francesco Fragapane,39 anni, figlio del boss ergastolano

Salvatore, già condannato per l’o-micidio del piccolo Di Matteo.Fragapane è un nome pesantissimonegli ambienti di Cosa nostra e,

proprio il rampollo di Santa Elisabetta, poco prima delsuo arresto nel 2013, avrebbe riempito la nuova scacchie-ra in provincia di Agrigento, confermando alcuni nomidel passato o nominandone di nuovi alla guida delle fami-glie locali. Durante la detenzione di Fragapane la reg-genza del mandamento della montagna sarebbe passatanelle mani di Giuseppe Luciano Spoto, di Bivona, conil ruolo di vice ricoperto dall’anziano boss di Cianciana(oggi deceduto), Ciro Tornatore. Una ruolo diversoaveva, invece, Giuseppe Quaranta, 50 anni, di Favara:appartenente formalmente alla famiglia mafiosa diFavara. Quaranta è stato il “referente” - cioè uomo difiducia - di Fragapane, almeno per un certo periodoprima del suo “allontanamento” legato achicchiericci passionali che gli hannofatto rischiare anche la vita. FAVARA. Un paragrafo a parte meritaindubbiamente Favara. Nonostante siauna delle famiglie più colpite dalle varieinchieste giudiziarie che ne hanno, nelcorso del tempo, modificato gli assettirisulta avere sempre un ruolo centralenell’intero panorama mafioso della pro-vincia di Agrigento. E’ una questione“storica”. Cambiano gli equilibri, cam-biano i personaggi ma Favara è quel “pal-lino rosso” che sarà sempre indicato nellecartine della mafia. Contrariamente aquanto emerso in passato e soprattuttonell’ambito dell’indagine del 2002 deno-minata “Cupola”, in cui si faceva riferi-mento al “mandamento” di Favara comprendente lefamiglie di Favara, Racalmuto, Grotte, Comitini eNaro, nel corso dell’attività d’indagine non sono emersisufficienti elementi in ordine alla presenza di un vero eproprio “mandamento” capace di esercitare un’influenza

rilevante sulle questioniriguardanti proprio i paesiche in passato lo avevanocostituito. Il reggente dellafamiglia di Favara èPasquale Fanara, condan-nato per associazione mafio-sa e già indicato dai vari col-laboratori di giustizia agri-gentini come vicino aiFragapane di SantaElisabetta. Ad affiancareFanara in questo ruolo tro-viamo altri esponenti storicifavaresi quali LuigiPullara, Stefano Valenti,Calogero Limblici,Giuseppe Blando che i col-

laboratori di giustizia hanno indicato già in passato come“uomini d’onore” organicamente inseriti nella famiglia diFavara. Come affiliati alla medesima famiglia troviamoAngelo Di Giovanni, cognato di Pullara, nonchéGerlando Valenti fratello di Stefano e titolare di diverseattività imprenditoriali operanti nel settore dell’edilizia emovimento terra. A fare da anello di congiunzione, comegià accennato in precedenza, tra la famiglia mafiosa diFavara ed il lato montano del mandamento di SantaElisabetta vi è, almeno per un periodo, GiuseppeQuaranta. Altro aspetto della famiglia di Favara è lapresenza al suo interno di soggetti che, seppur non ritual-

mente affiliati, ne favorisco-no in qualche maniera l’atti-vità criminale; tra questifigurano gli imprenditoriSalvatore Vitello titolare disocietà operanti nel settoredel riciclo di rifiuti speciali,Giuseppe Vella e GiorgioCavallaro, titolari di unimpianto di calcestruzzo interritorio di Aragona, eCalogero Maglio titolare diimpresa edile. Favara èanche il centro assoluto deltraffico di sostanze stupefa-centi che, almeno per unmomento, viene gestito daGiuseppe Quaranta: a

coadiuvarlo vi sono il figlio Calogero coadiuvato a suavolta da suoi coetanei quali Antonio “Sandro” Licata,Salvatore Montalbano e Stefano Di Maria che a lorovolta hanno a disposizione una fitta rete di spacciatori dimedio livello che si occupano materialmente della ces-sione dello stupefacente,sicuri della “copertura” diCosa nostra.LE ESTORSIONI.Appalti per le reti ferrovia-rie, lavori di ampliamentodel cimitero di Raffadali, ilrifacimento di una piazza edella segnaletica a SanBiagio Platani, la messa insicurezza della digaCastello, il recupero diimmobili destinati allariqualificazione del centrostorico di Bivona, parcheg-gio in Contrada Canalotto

(Aidone) finalizzata alla fruizione turistica della Veneredi Morgantina e ancora assunzioni, forniture e quant’al-tro. La “messa a posto” rappresenta ancora oggi una delleprincipali fonti di approvvigionamento per le famiglie.Come emerge dalle indagini la pratica delle ditte cheeffettuano i lavori di presentarsi spontaneamente allacorte del capomafia è sem-pre meno diffusa. Ciò nontoglie chiunque avessevoluto lavorare - fosseanche il solo foro fatto daun chiodo, doveva “metter-si a posto”. Affari cheandavano da poche centi-naia di euro a migliaia. Leditte venivano suddivise in“avvicinabili” o “non avvi-cinabili” in base alla pro-pensione dei loro rappre-sentanti di denunciare. E, ineffetti, degli oltre 25 episo-di documentati dalle forzedell’ordine sono quasi lametà gli imprenditori chepreferiscono non denunciare. Per questi ultimi le vieerano segnate: si cominciava con l’avvicinamento inter-

locutorio per poi passare ai veri e propriavvertimenti che consistevano in danneggia-menti. E’ quello che avviene ad una ditta diCampobello di Licata, la Cogen srl, che aCammarata deve realizzare lavori di rifaci-mento del tratto ferroviario e a cui vengonochiesti 2 mila euro per la “messa a posto”. Siavviano, dunque, prima i contatti tra le con-sorterie mafiose (quella in cui avvengono ilavori, Cammarata, e quella in cui ha sedel’azienda, Campobello di Licata) “di questo. . che è qua . . quello di Campobello so comesi chiama . . di questo di qua . . domenica midovrebbero portare notizie . . hai capito? . .che aveva quel fungiutu di la sotto?” Inseconda battuta avviene l’avvicinamentodirettamente al cantiere con minacce più omeno velate rivolte ad uno dei dipendenti “lo

manda a salutare . . ti manda a salutare l’ingegnere diCammarata . . ti saluta”. . il signor Aronica (proprietariodella ditta) . . gli dici . . che così non ci si deve compor-tare . . se lo vedi . . glielo dici . . gli dici “mi ha dettol’ingegnere di Cammarata così non ti devi comportare ..perché ti ha mandato a chiamare prima delle feste . .prima ancora . . una volta non ci sei . . una volta te ne staiandando e una volta che….”. …si però sapendo che uno

ha la macchina (rif. all’e-scavatore) in giro . . giusta-mente uno ci da unocchio…”. La risposta daparte dell’imprenditore tar-dava ad arrivare e così si èpassati ad un avvertimentopiù esplicito: “se lo lasciano(escavatore) nuovamente lìquesta sera ci bado io…”oppure “oh! .. non venen-do con i sorrisi . . se ne vacon le lacrime…”.L’imprenditore, alla fine,cederà alla richieste e nonsubirà danni. Non si è potu-to dire lo stesso di un’altra

azienda - la Ediltec di Mussomeli - impegnata nei lavoridi rifacimento della piazza del Comune di San Biagio

Platani: tre giorni dopo il primo segna-le di avvertimento (una bottiglia e duebossoli calibro 12) avviene l’avvicina-mento tra imprenditore e locale consor-teria con svariati “consigli” sul dovepoter acquistare del materiale. Infine, il14 settembre 2014, il danneggiamento:alle 02.54 Nugara, presunto capo dellafamiglia di San Biagio, e il suo sodaleRaffaele La Rosa vengono ripresiall’interno di un distributore IP per unprelievo di benzina che, tuttavia, nonviene immessa nell’auto. Alle 03.11,nei pressi del cantiere, si sente un gran-de boato: è una mini pala che va afuoco. Anche in questo caso emergeràche la ditta, alla fine, si piegherà allerichieste della “famiglia”. Richieste estorsive mosseanche nei confronti di Cooperative che gestiscono i cen-tri di accoglienza per minori rifugiati. Come nel caso del-l’associazione “Omnia academy” - con sede a Favara -a cui il Comune di Cammarata nel 2013, prorogando laconvenzione del triennio precedente, affidava alla società“Omnia academy” la gestione dei servizi di accoglienzaintegrata per un totale di 15 posti. Discorso molto similea quello che doveva (in entrambi i casi si parla di tentataestorsione) alla Coop San Francesco che gestisce diver-

si centri tra Agrigento,Naro e Favara, e cui per la“messa a posto” era stataavanzata una richiesta inbase al numero di migrantipresenti. In quest’ultimocaso, addirittura, è lo stessotitolare del centro che cercal’appoggio di Cosa nostraper individuare immobilitra Cammarata e SanGiovanni Gemini ed otte-nere le relative autorizza-zioni. IL SINDACO. In manetten e l l ’ o p e r a z i o n e“Montagna” ci finisceanche il primo cittadino di

San Biagio Blatani, Santo Sabella, accusato di concor-so esterno in associazione mafiosa. Già sindaco del paesea metà degli anni duemila Sabella viene ri-eletto nellatornata del 2014 sconfiggendo il Movimento CinqueStelle (se no . . se ne vanno . . ci vanno i comunisti . . cimettono . . non lo possiamo permettere . .minchia tiimmagini . . ma se ci dividiamo loro sono i favoriti . . enoi queste cose non le possiamo permettere . . / / . . siminchia con i Grillini . . siamo precisi . . abbiamo laCaserma a . .” - dicevaintercettato). Apostrofando poi una suacompetitor, Rosalba DiPiazza, su Facebook così:«La mignotta ha pubblicatoun documento politico suFacebook poi consegnatobrevi manu all’amico ono-revole». Accuse gravissimequelle che si leggono nelcapo di imputazione a suocarico: avrebbe discusso econcordato le candidatureda presentare sia nella listaa sostegno del Sabella inoccasione delle elezioni

comunali di San Biagio Platani del maggio2014 che in quelle allo stesso contrapposte;avrebbe - in occasione delle consultazioniamministrative comunali di San Biagio Platanidel mese di maggio 2014 sia quale candidatoche una volta eletto sindaco - raggiunto accor-di con Giuseppe Nugara, Raffaele La Rosa(capo e affiliato della famiglia di San BiagioPlatani), garantendo loro agevolazioni nellagestione degli appalti pubblici banditi dalComune, come nel caso dei lavori aggiudicatialla “Comil” di Favara. Il sindaco - che per gliinquirenti frequentava Nugara già nei primimesi del 2014 - avrebbe anche avvisato que-st’ultimo di controlli presenti in paese anchetramite un sistema di telecamere ed averlo invi-tato a non intrattenere rapporti con un

Carabiniere in servizio presso la Stazione di San BiagioPlatani dicendogli espressamente “no devi stare attento .. tutti i bastardi che stannod’avanti alle telecamereinc... minchia puntano tele-camere”; è pericoloso . .che devi stare attento a par-larci”.A Cammarata, invece, tragli arrestati nel blitz figuraPietro Stefano Reina, ilpediatra del paese, nonchémarito della consiglieracomunale GiovannaBonaccolta (non raggiuntada alcun provvedimento).Secondo le accuse mossedal inquirenti il medicoavrebbe chiesto voti aCalogerino Giambronepromettendogli favori in caso di elezione. LA DROGA. Favara si conferma al centro del traffico distupefacenti in prevalenza cocaina ed hashish. Secondol’attività di indagine condotta sono almeno tre canali diapprovvigionamento: quello effettuato per il tramite deireferenti della famiglia mafiosa di Comiso facente capoal pregiudicatoConcetto GiuseppeErrigo cl. 1962; quelloper il tramite della fami-glia mafiosa di SanCataldo rappresentatada pluripregudicatoAntonio DomenicoCordaro, cl.1965 edinfine dalle ‘ndrine diRosarno per il tramitedel calabrese’ VincenzoPolitanò, cl.1951, tral’altro a capo di ungruppo criminale deditoprincipalmente all’abi-geato di ovini e bovini indanno di aziende agrico-le siciliane. Il traffico di droga andava a rifornire preva-lentemente i paesi di Raffadali, Racalmuto e - con mag-giore risultati per ovvi motivi - Favara. A gestire poi iltraffico dello stupefacente a Favara era un gruppo di gio-vani favaresi costituito da Calogero Quaranta, figlio diGiuseppe, Antonio inteso Sandro Licata , SalvatoreMontalbano e Stefano Di Maria. “Sotto di loro” unarete di pusher che vendeva la droga nelle piazze comeCalogero Principato, 26 anni, Agrigento e MarcoVeldhuis, 20 anni, Agrigento.

SABATO27 GENNAIO2018

CRONACA, ATTUALITA’, POLITICA

Calogerino GiambroneFrancesco Fragapane

Vincenzo Spoto

Salvatore La Greca

Salvatore La Greca

Pasquale Fanara

Franco D’Ugo

Concetto Errigo

Angelo Giambrone

Antonio Maranto

Vincenzo Cipolla

di Maristella PanepintoC’è una contraddizione che saltaall’occhio leggendo le carte del-l’inchiesta “Montagna”. Agrigento sarebbe “il fiore all’oc-chiello” della mafia siciliana. Cosìdicono tra loro un paio di indagati,intercettati durante le indagini. Unvivaio carico di germogli. Consomme di danari a sei zeri, ritrovatein plichi ordinati, come si vede nellescene dei film.

Così dichiarano gli inquirenti, parlando di una mafiaforte e solidale, come in Sicilia non ve ne sarebbero disimili. Torniamo alla contraddizione. Agrigento è una provincia economicamente depressa ela montagna, in particolare, attraversa un periodo dicrisi senza precedenti. Famiglie intere che lambisconol’indigenza, saracinesche abbassate, disoccupazioneche si taglia con il coltello, giovani (e non più giovani)che cercano fortuna lontano. Eppure Agrigento, standoalle carte degli inquirenti, avrebbe una mafia florida disomme di denari (e che denari), trovati, d’emblée,“sotto i cuscini” dei boss. Ci sono anche tante impresesotto sequestro preventivo con bilanci tutt’altro che inpassivo. Paolo Guido, procuratore aggiunto alla Dda diPalermo, uomo chiave nella conduzione delle indagi-ni, parla di un fenomeno sociologico: “la mafia agri-gentina risponde a un’ortodossia antica, che riportaalmeno a quarant’anni fa. Concetti come rispetto,uomo d’onore, cosa nostra (che volutamente scriviamoin minuscolo) non si discutono, si riveriscono ebasta”.In un clima di ovatta, prende il largo la mafia dei soda-li, dell’omertà di una volta, del pizzo richiesto ed otte-nuto con il tramite classico: non paghi ed usiamo lamazza. Con oltre 20 imprese che subiscono intimida-zioni ma non denunciano. Con una rete, verosimilmen-

te di persone che con la mafia non c’entrano nulla, mache, coprendone sottotraccia gli intrighi, la fanno forte,quasi al delirio di onnipotenza. Tutto questo succedenella provincia più povera d’Italia. Lo dicono quellestatistiche, che, ogni anno, intristiscono la Sicilia.Agrigento è fanalino di coda per occupazione, per Pil,per iniziativa commerciale. Ha il primato dei cervelliin fuga, delle case in vendita a prezzi stracciati, chenessuno compra, perché di soldi non ne girano. Eppuredi soldi, gli investigatori, ne hanno trovati parecchi.Forse i soldi, nell’agrigentino, girano seguendo un

verso antiorario. Non si spiegherebbe il perché di tantodeficit economico, di comuni dichiaratamente in disse-sto (che non possono liquidare debiti, programmare etalvolta saldare gli stipendi agli impiegati), di attivitàche non decollano. Che tentano, inciampano e poi siarrendono. Di contro però ci sono le imprese fantasma,che fatturano e fatturano ancora.Perché la provincia più povera d’Italia ha la mafia piùfiorente?Sarà per quel traffico internazionale di stupefacenti,condotto in tandem con le ‘ndrine calabresi (che quan-to a spaccio di droga non si fanno battere da nessuno)?

Sarà perché l’oppresso dà quanto può e più di quantopuò all’oppressore? Sarà perché, come ha ripetuto apiù battute il Pm Paolo Guido, quella agrigentina èuna mafia antica (valle a sradicare le radici antiche?).Se fai un giro nei paesi dell’entroterra, quelli dovesono stati arrestati i quindici capimafia ed i loro grega-ri, ti installi in un clima metafisico: ci sono i colli, conla loro perfezione, con quel silenzio immobile che dàserenità. Pensi che lì nulla di brutto possa accadere. Faiun giro nei centri abitati e trovi giusto quello che serve.Molti negozi storici hanno chiuso i battenti, con idipendenti a casa. Ci sono un paio di bar, giusto unristorante, i negozi indispensabili, gli astanti al centrodella piazza, che aspettano di fare la giornata. C’è la pace dei panorami bellissimi, lontani dalle fre-nesie delle grandi città. Poi c’è la mafia. Quella finitaal centro dell’inchiesta “Montagna”. Quella che haportato in carcere 56 persone e che ne ha viste indaga-te in tutto 78. C’è la mafia “fiore all’occhiello dellaSicilia”, “più potente di quella di Palermo”, così dico-no tra loro alcuni indagati, ignari di essere ascoltati dachi investiga. Se fai un giro tra quei borghi antichi, pensi che la gentesia tutta perbene. Non ci si prova neppure a parlare dimafia. Pare fuori luogo. Qualcuno sussurra sottovoceche anche per le cose piccole devi trovare l’aggancio,ma non si capisce bene a cosa si riferisca. Dove alberga tutta l’organizzazione criminale? Dadove arrivano e dove finiscono quelle somme a tantizeri, in comunità semplici al punto da fare tenerezza. Sarà una contraddizione, una di quelle pirandelliane,alle quali Agrigento e la sua vasta complessità sonoabituate. Sarà la mafia che non si vede ma che da qual-che parte deve pur esserci. Non si spiegherebbe altri-menti un blitz monumentale (dal quale potrebbero sca-turire altri colpi di scena) che ci ha schiaffati nell’a-pertura dei tg nazionali. Ci ha visti tutta Italia e non perle nostre grandi bellezze. Peccato.

diMARISTELLAPANEPINTO

Mafia fiorente, provincia depressa: dove sono i soldi del malaffare?

diGIUSEPPECASTALDO

I nuovi mandamenti: Santa Elisabetta caput mundi; Favara sempre potente

In Sicilia il Presidente della Regione,Nello Musumeci, in queste ore è impegna-to per risolvere l’emergenza rifiuti. I Comuni siciliani, ormai quasi tutti hannoattivato il servizio di raccolta differenziataporta a porta, non solo a tutela dell’ambien-te, ma anche per risparmiare sullo smalti-mento dei rifiuti in discarica e abbassare diconseguenza le bollette. Purtroppo i

Comuni, alcuni in dissesto finanziario, si ritro-vano anche a fare i conti con la liquidità dicassa e con gli operatori ecologici che, lamen-tando del mancato pagamento degli stipendi,

scioperano e bloccano il servizio di raccolta, come per esempio aPorto Empedocle. Ma non è l’unica città dell’Agrigentino a soffri-re e a vivere tra i cumuli di rifiuti. A Licata il problema è diventatopiù serio del dovuto. Dopo la schiarita in merito alle competenze, esoprattutto alla soluzione dei problemi connessi al funzionamentodel servizio raccolta e smaltimento deirifiuti solidi urbani il commissariostraordinario del Comune,Mariagrazia Brandara è intervenutacon forza sull’argomento, ha incontratoi cittadini, dopo aver constatato la man-cata funzionalità del servizio e il peg-gioramento delle condizioni igienico –sanitarie, oltre che dell’immagine dellacittà per la presenza, costante, di grossicumuli di rifiuti in ogni angolo del cen-tro abitato e nelle zone sparse del terri-torio comunale. L’emissione di un’ordi-nanza, e la richiesta di intervento dellamagistratura per l’individuazione delleresponsabilità, sono serviti ad accelerare i tempi, ed il primo risulta-to concreto raggiunto è quello dell’individuazione dell’unico inter-locutore col quale il Comune ha da confrontarsi per esigere la fun-zionalità del servizio ed il ritorno alla normalità.Quello della raccolta differenziata rappresenta un passo importanteanche per la città di Agrigento, per l’amministrazione e per il nuovoassessore al ramo, Nello Hamel, che sostituisce il dimissionarioMimmo Fontana, che in tema di rifiuti il suo impegno è: “prosegui-re il lavoro di Mimmo Fontana, sia perché lui partiva da un sostra-to di conoscenze dovute alla sua attività svolta nel settore dell’am-biente, sia perché ha dimostrato una grande capacità dal punto divista organizzativo. Credo che ci siano alcune linee di fondo perl’amministrazione di questo comparto della città di Agrigento. Sipossono sintetizzare in alcune parole come legalità, trasparenza einteresse dei cittadini. Che significa anche efficienza dei servizi eriduzione al massimo dei costi. Questo è l’obiettivo, ha continuatoHamel, che io continuerò a portare avanti cercando di mantenerequel livello di efficienza che finora è stato tenuto e che dovrà esse-re incrementato”.Una scelta quella dell’ex assessore Fontana di lasciare la poltronaper impegni impersonali, che ha portato a duri commenti da parte dialcuni consiglieri comunali di opposizione, prima fra tutti quello diNuccia Palermo che ha sottolineato: “Dopo due anni e mezzo di

mandato è inconcepibile assistere ad un cambio di testimone senzala descrizione e calendarizzazione degli obiettivi che il nuovo asses-sore si prefigge di trattare e raggiungere”. “Il Consiglio ha dirittodi conoscere quali sono le strategie e le tabelle di marcia che ilnuovo Assessore Nello Hamel intende portare avanti in tema diambiente, acqua, verde pubblico, riqualificazione dei quartieri erifiuti. – insiste il consigliere Palermo – Soprattutto, dopo le gravivicende sentite nelle ultime ore, la città ha il diritto di sapere comel’amministrazione e nello specifico l’assessore di riferimento, nel-l’ormai persona di Nello Hamel, intende fronteggiare il gravosoproblema dell’acqua, della depurazione e delle presunte inadem-pienze del gestore privato. Il problema c’è ma ora vorremmo lesoluzioni”.E alle parole della consigliere indipendente Palermo, si associanoquelle di Salvatore Borsellino che dice: “molte volte siamo statidistanti anni luce dalle scelte politico-amministrative dell’Assessore“oramai ex” Mimmo Fontana, tutte le nostre segnalazioni con tantodi atti pubblici protocollati sono state disattese, prova ne sia la man-

cata potatura degli alberi in VialeMonserrato, Via Domenico Provenzanoe la poco incisiva conduzione della rac-colta differenziata nella nostra Città”. Chi ringrazia il lavoro svolto in questodue anni dell’ex assessore MimmoFontana, è il circolo Legambiente“Rabat”: “Siamo grati ed al contempoorgogliosi, come legambientini, per averprestato alla città, attraverso l’operatodi Mimmo Fontana, quelle capacità equelle competenze necessarie a produr-re un risultato, quello dell’avvio dellaraccolta domiciliare dei rifiuti su tutto ilterritorio comunale, che al momento

dell’insediamento della giunta Firetto era tutt’altro che scontatoper via delle forze contrarie che da sempre a questo processo dimodernizzazione culturale e sociale si opponevano allo spudo-rato scopo di difendere interessi particolaristici e di conservareintatti gli indebiti profitti e le malsane clientele, in danno alletasche del cittadino contribuente. Riteniamo tuttavia che lalogica del “tanto paga tutto Pantalone” sia stata ormai defini-tivamente smascherata agli occhi dei cittadini e riponiamopiena fiducia nelle capacità dell’assessore subentrante NelloHamel e del sindaco Lillo Firetto di mantenere ferme le decisio-ni prese nell’esclusivo interesse della nostra collettività. Per partenostra siamo stati e rimarremo sempre a disposizione di chi intendee intenderà governare Agrigento nel solco della trasparenza e del-l’osservanza delle regole avendo quale unico obiettivo il persegui-mento del bene comune”.E a poche ore dall’avvio definitivo del servizio di raccolta differen-ziata nel centro città previsto per giorno 28 gennaio, il nuovo asses-sore Nello Hamel di concerto con il sindaco Lillo Firetto, ha dispo-sto il rinvio al 19 febbraio prossimo. La decisione è stata adottata perpoter definire in maniera più precisa le problematiche sorte relativa-mente ai grandi condomini, alle utenze commerciali, alle scuole ecomunità anche al fine di eliminare ogni possibile disagio per l’u-tenza in ordine all’utilizzo dei grandi contenitori carrellati.

SABATO27 GENNAIO2018

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CULTURA, ATTUALITA’, POLITICA

Segue da pagina 1Se doveva sbatterlo fuori c’era bisogno di invitarlo? Ese doveva farlo, con l’aria compunta ed imbarazzata,quasi a voler dire :”Scusate tanto; questo é pazzo…”,non poteva risparmiare a Pepé di alzarsi un mattino,prendere la macchina, mettere la benzina, perdere unagiornata di lavoro, andare a Palermo vestito di tuttopunto (perfino con la camicia bianca delle occasioni)per poi essere sbattuto fuori proprio da Sgarbi chesembra prenderlo per matto? Proprio lui che di solito il pazzo lo fa per mestiere intelevisione ed in ogni occasione pubblica che gli capitia tiro ? Poco ci mancava che si mettesse a gridare infaccia a Pepé il classico epiteto sgarbiano“Capra!”…“Capra”!…”Capra”…! come fa di solitoquando vuole insultare ed offendere qualcuno e spetta-colarizzare un evento. Stavolta no, non l’ha fatto. Almeno stavolta non si émesso a gridare in faccia a Pepé il suo altisonante“Capra!” anche se probabilmente lo avrà pensato.Stavolta, invece, aveva l’aria compunta e mortificata dichi era contrariato e deluso per ciò che stava accaden-do e di cui si sentiva in parte responsabile. Peccato!Pepé aveva intravisto nel sodalizio con Sgarbi unaoccasione per uscire dall’isolamento e dal binariomorto in cui é stato relegato.Per coltivare questa relazione, in nome della “realpoli-tik”, aveva fatto finta di ignorare che Sgarbi appartieneallo schieramento politico berlusconiano, lui che, inve-ce, dice di essere l’ultimo berlingueriano. Perfino il famoso incarico di “consulente del nulla” cheSgarbi gli avrebbe attribuito sembrerebbe sia statoinventato da Pepé allo scopo di dimostrare una vicinan-za con l’assessore che, pensa Pepé, potrebbe tornargliutile in futuro. Gente che dice di essere bene informatafa circolare la voce che non esista alcun atto di una suanomina quale “consulente” di Sgarbi. Tutto inventatoda Pepé allo scopo di esibire un’intimità con Sgarbi chepotrebbe (a suo avviso) tornargli utile in vista di sca-denze per lui impegnative. È stato un tentativo di stru-mentalizzazione. Non si é reso conto, povero tapino, cheinvece se c’é qualcuno che strumentalizza qualcunaltro, in questo caso é Sgarbi, che fra qualche giorno,come lui stesso ha dichiarato alla stampa, si candiderànelle liste di Berlusconi per essere eletto al Senato elascerà la Sicilia dopo esservi stato parcheggiato perun paio di mesi. Da qui ad un mese Sgarbi sarà senatore e Pepé, moltoprobabilmente, sarà detenuto. Già, proprio così: a giorni si attende la decisione delTribunale di sorveglianza, che dovrà pronunciarsi inordine all’esecuzione della pena di un anno e quattromesi comminata a Pepé per avere calunniato alcunidirigenti del Pd. L’udienza, nonostante Pepé abbia tentato disperata-mente di farla rinviare (come riferisce Grandangoloonline), si é tenuta qualche giorno fa e si attende abreve la decisione del giudice. Scrive Grandangoloonline che sono tre le ipotesi che si possono fare. Laprima é che il giudice accogliendo la tesi della Procuragenerale, confermi la condanna alla detenzione. Nelqual caso Pepé, accompagnato da un interminabile cor-teo di macchine festanti, in un frastuono di clacson, edin un tripudio di musiche ad altissimo volume si avvie-

rà verso Petrusa per soggiornarvi a lungo, dopo i primiassaggini da lui degustati a titolo di sperimentazionenei mesi scorsi. La seconda ipotesi é che Pepé vengaavviato a scontare la pena detentiva agli arresti domici-liari. Pepé dovrà stare un anno e quattro mesi a casasenza avere contatti con nessuno, solo con i suoi fami-liari. Pensate che supplizio, per i suoi familiari. In que-

sto caso la condanna sarà più per i suoi familiari cheper lui. La terza ipotesi, invece, é quella più probabile,o, almeno, tale la considerano gli agrigentini. Si tratterebbe di scontare la pena in forma alternativaalla detenzione, con l’assegnazione ai servizi sociali.Dovete sapere che ad Agrigento si sta verificando unocorri-corri generale. Un gran numero di persone ha

chiesto di essere chiamato a visita presso l’Inps perfarsi diagnosticare una malattia. Tutti si spacciano pervecchi rincoglioniti e non autosufficienti allo scopo dipotere umiliare Pepé. C’é gente che pur di farsi lavare ipiedi o pulire il sedere da Pepé, sta facendo carte false.Cercano di essere dichiarati non autosufficienti e difarsi ricoverare in qualche casa di riposo, sperando chePepé venga destinato ai servizi sociali proprio nellaloro Rsa (Residenza sanitaria assistita) per poter riser-vare una sorpresina a Pepé. Vada come vada, noi di Grandangolo restiamo in trepi-dante attesa per contribuire ad organizzare i festeggia-menti in onore di Pepé non appena si conoscerà l’esitodel pronunciamento del giudice di sorveglianza. L’unicorammarico che ci rimane é che questo evento non potràavere il rilievo mondiale che merita. Immaginate cosasarebbe successo se Pepé fosse stato candidato alleprossime politiche. Provate a chiudere gli occhi ed a farscorrere le immagini di Pepé che mentre si trova a tene-re un comizio lo vanno a prelevare per accompagnarloa Petrusa, luogo ameno da dove si può scorgere un belpanorama della città e della campagna. Sarebberoimmagini storiche indimenticabili. I giornali, le televisioni, i siti online, i social e tutto ilsistema della comunicazione impazzirebbero. La notizia rimbalzerebbe da redazione a redazione, leimmagini riprese con i telefonini andrebbero a ruba everrebbero consegnate alla Storia. É un vero peccato. Se Renzi fosse davvero il leader politico moderno chedice di essere, dovrebbe capire l’importanza di un lan-cio pubblicitario in grande stile che tale evento com-porterebbe e candiderebbe Pepé nelle liste del suo par-tito. Invece, dicono le indiscrezioni, che candideràCrocetta o Lumia ma non candiderà Pepé. É come averea disposizione un litro di buon vino e un litro di veleno,ed invece di scegliere il buon vino sceglie il veleno. Un vero peccato! Che buon pro gli faccia.

Attila

Un’escursionenella Parigi finde siècle e deisuoi artisti:poeti irreggi-mentati, male-detti, disillusi,bon vivant;artisti del“Gatto Nero”,gatti nerianche loro. Anime votate asesso, droga erock androll ante litte-ram. Nel con-testo borghese-puritano di fine Ottocento: senzaun soldo, senza una famiglia regolare e senza unfuturo. Un’antologia di canzoni e poesie di poeti:Goudeau, Bruant, Lorrain Marie Krysinska. Arricchito da diverse illustrazioni, a cominciaredal del gatto nero che torreggia con la bandierarossa con su scritto “Gaudemus”, emblema delcabaret che fu.

Settimanale di informazione, politica ed attualitàREGISTRAZIONE TRIBUNALE

DI AGRIGENTO N. 264/04 GRANDANGOLO NUMERO 4 DEL 27 GENNAIO 2018

Società editrice: edizioni GrandangoloCodice issn: 2499-8907 iscrizione r.o.C.: 22361

Un libro, una storiadi Letizia Bilella

La fortuna è un gatto nero di Marina Alberghini

diIRENEMILISENDA

Un anno e quattro mesi di reclusione.Pena definitiva, come sancito dalla Suprema Cortenel gennaio 2017, per aver calunniato gli esponentidel Pd Epifanio Bellini, Domenico Pistone e AngelaGalvano.Per Giuseppe Arnone, l’ex ambientalista ed ex consi-gliere comunale di Agrigento, il suo destino è in bili-co. Saprà tra pochi giorni se dovrà subire la deten-zione per effetto della condanna appena richiamataoppure sarà affidato ai servizi sociali.Infatti si è tenuta a Palermo l’udienza davanti alTribunale di sorveglianza che dovrà decidere sullesue molteplici richieste di scontare in via alternativa(in attesa delle altre gravi e imminenti sentenze defi-nitive) la pena inflitta.Ed anche questa volta Arnone ha tentato l’ennesimacarta del rinvio come fatto nelle ultime e precedentioccasioni.

Dopo il suo ricorso straordinario miseramenterespinto adesso il rischio di finire in carcere o ai domi-ciliari c’è tutto specie dopo la richiesta delProcuratore generale, Rita Fulantelli, che ai magi-strati del Tribunale di sorveglianza ha chiesto direspingere ogni ipotesi di scontare la pena diversa-mente dalla detenzione.Il Tribunale di sorveglianza ha concluso l’intera faseprocessuale e si è riservato. Nei prossimi giorni sapre-mo quale destino sarà riservato ad Arnone: carcere,domiciliari o affidamento ai servizi sociali. E sapremoanche se gli verrà imposto il divieto di comunicareattraverso social network ed altri strumenti usati daArnone per aggredire quanti non la pensano comelui. Intanto, Arnone ha fatto sapere con un videopostato su Youtube (e quasi immediatamente rimos-so) che vorrebbe scontare la pena mediante affida-mento all’Associazione Misercordia” di Agrigento.

Arnone rischia di finire in carcere, Pg: “Niente sconti, solo detenzione”

I Comuni agrigentini e le difficoltà della raccolta differenziataIl presidente della Regione, Nello Musumeci, dopo l’incon-tro con il premier Paolo Gentiloni per scongiurare l’emer-genza rifiuti in Sicilia, ha presentato all’AssembleaRegionale un piano operativo per affrontare l’emergenzarifiuti. Musumeci durante il suo intervento ha affermato:“L’emergenza attuale è determinata soprattutto dal fatto che ilsistema delle discariche in Sicilia, più private che pubbliche haportato al collasso. Se non partiamo da questo dato, fra sette ootto mesi in Sicilia avremo i rifiuti per strada, e se qualcunogetta un cerino la montagna di rifiuti diventa un falò. Ed inpiena estate le tv nazionali e straniere parleranno della Sicilianon come ‘terra del sole’ ma come ‘terra che brucia”.Dunque, quello che il presidente propone è: “entro febbraiovogliamo predisporre un piano per la realizzazione di diecipiattaforme per la gestione della diffe-renziata. Poi, un bando per accordi inambito nazionale ed europeo per il con-ferimento di almeno la metà dei rifiutiattualmente destinati alle discariche.Poi, entro maggio vogliamo riportare ilnumero degli ambiti territoriali a 9,liquidare le società d’ambito, attivaremisure di fiscalità di vantaggio per leimprese che investono nel riciclo e pena-lità per chi non raggiunge almeno il50% della differenziata. Entro un annocontiamo di potere arrivare alla appro-vazione del piano di gestione e dei pianid’ambito. Entro la fine del 2019 puntiamo alla messa in attivi-tà delle dieci piattaforme per differenziata, compostaggio econferimento da post-trattamento”. Mentre il ministerodell’Ambiente dice che la metà dei rifiuti debbano essere man-dati fuori dalla Sicilia, ma non dice come fare e come spedirei rifiuti in altre Regioni solo per qualche settimana, ilPresidente Musumeci afferma: “In Sicilia non c’è bisogno ditermovalorizzatori, che comunque non demonizzo: penso peròche la soluzione sia data dagli impianti di compostaggio”. Musumeci ha proposto all’aula di giungere ad una mozioneunificata e condivisa che impegni il governo regionale a tene-re informata l’aula su ogni iniziativa relativa alle politiche edalle iniziative in tema di rifiuti. Ma dopo una breve sospensio-ne, sono state votate le singole mozioni presentate dai diversigruppi parlamentari. Tutte quelle a firma M5S, Pd e ClaudioFava sono state respinte, l’unica mozione approvata è la nume-ro “15” presentata da alcuni deputati di maggioranza, primo fir-matario Alessandro Aricò, che impegna il governo a “porre inessere tutte le azioni necessarie e urgenti, compresa la richie-sta al governo nazionale di pieni poteri, per sopperire allasaturazione delle discariche, incluso il trasferimento dei rifiuti

al di fuori dell’Isola”, ed a “riportare il numero degli ambititerritoriali a nove, quanti sono i territori provinciali”. Ad attaccare Musumeci e le sue parole, il gruppo parlamenta-re del Movimento 5Stelle, i deputati Valentina Zafarana eAntonio De Luca, che subito dopo l’esito del voto sullamozione, pertanto blanda contro la riconversione della centra-le termoelettrica della Valle del Mela, firmata dai deputati diFratelli d’Italia Catalfamo, Amata e Galvagno, che hannoaffermato: “Ridicoli è forse un eufemismo. La maggioranzavota contro una propria mozione e, addirittura, a votare con-tro l’atto è proprio uno dei deputati che l’aveva presentato. Èproprio vero che al peggio non c’è fine. Pensavamo di averevisto tutto nella scorsa legislatura con Crocetta, ma, evidente-mente, ci sbagliavamo”. E ancora aggiungono i due deputati,che “con fare gattopardesco, Musumeci intervenendo in aula,

prima ha lasciato intendere che l’ese-cutivo si sarebbe impegnato a blocca-re l’iter per la realizzazione della dis-carica di rifiuti speciali ad Agira, poial momento del voto ha fatto marciaindietro, votando contro non solo aquesta ma a tutte le nostre mozioni cheimpegnavano il governo a prenderemisure di contrasto all’emergenzarifiuti in Sicilia”. Nel frattempo dentro Palazzo deiNormanni si discuteva, fuori un grup-po di circa 300 cittadini del comuneennese di Agira ha manifestato contro

l’apertura di un sito per il conferimento dei rifiuti speciali. Conloro i deputati del Movimento 5 stelle e Claudio Fava dellalista Cento passi. Tra le mozioni approdate in aula infatti anchequella per lo stop “al progetto per la realizzazione di una dis-carica di rifiuti speciali ad Agira”, prima firmataria ElenaPagana del M5S. Insomma, un piano da parte della Regionec’è, e l’appoggio dei gruppi pure: Fratelli d’Italia aveva adesempio presentato una mozione che chiedeva proprio allaRegione di esprimersi con un parere politico. Ieri infatti in aulaa parlare era stato l’onorevole Antonio Catalfamo che piùvolte, nel corso di questi mesi, ha ribadito la sua netta contra-rietà all’inceneritore. Adesso a far paura è anche il parere posi-tivo che a ottobre ha espresso il Ministero dell’Ambiente.Eppure, dalla parte dei no al termovalorizzatore, oltre all’ormaiconsolidato “Piano Paesaggistico che vieta” chiaramente larealizzazione dell’inceneritore in quell’area, c’è anche un pianoregionale. Insomma una sfida aperta che si giocherà anche inpiazza il prossimo 28 gennaio alle 15 quando i cittadini dellaValle del Mela scenderanno in piazza per dire, ancora unavolta, no al termovalorizzatore.

Irene Milisenda

Musumeci e il crono-programma per l’emergenza rifiuti

Che peccato...!