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Deaus Il Ritorno dell’Alleanza La Grande Dea e la Donna per il cambiamento del III Millennio dopo Cristo Elena Gennai

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“ Deaus ” Il Ritorno dell’Alleanza

La Grande Dea e la Donna per il cambiamento

del III Millennio dopo Cristo

Elena Gennai

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Tra Cielo e Terra Edizioni Evoluzione del Cuore www.evoluzionedelcuore.com ISBN 978-88-907763-0-4 I edizione gennaio 2013 Tutti i diritti sono riservati. Stampa digitale In copertina “Mater Tellus ” olio su tela di Pietro Montante.

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Elena Gennai

“Deaus” Il Ritorno dell’Alleanza

La Grande Dea e la Donna

per il cambiamento del III Millennio dopo Cristo

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Incipit La Voce della Deaus agli Umani del Mondo “Siate libere e liberi, amati figli, così come foste quando nei tempi antichi eravate i miei depositari, così che possiate ritrovare l’Armonia”. Che importa se nessuno più vi ascolta. La gioia, l’amore e la libertà restano virtù altissime ed il coltivarle in voi è sufficiente a riempire la vostra vita di quel senso che nessuno più conosce. Quanti hanno coltivato in sé i peggiori difetti umani, la volubilità, l’incostanza, la debolezza, l’invidia, la gelosia e tutti quei modi d’essere che allontanano da ciò che è divino, invece delle virtù per mezzo delle quali è facile essere in sintonia con Me. Quanti mi hanno tradito arrendendosi alle nuove mode, alle nuove religioni od ai nuovi modi di giudicare ciò che è giusto e ciò che non lo è, arrivando a pensare che Io non esista. Eppure è facile sentirMi...intuirMi... Nel profondo della foresta, nelle grotte, nel laghetto di montagna, nella semplicità degli animali, nella luna. Non arrendetevi mai alla tristezza, alla presunzione, all’arroganza ed ai cattivi sentimenti che in questi tempi sono diffusi nelle anime di molte persone. Senza più nulla desiderare, se non il mantenere in sé l’armonia che percepivano gli Antichi. Senza più desiderio per le mille artificiosità che creano false necessità nelle menti di coloro che si sono allontanati da Me. Imparate a vivere nel silenzio che zittisce le concatenazioni dei pensieri e acquieta le ansie e le paure. Solo così potrete ricordare le vostre antiche vite trascorse nella semplicità e nell’armonia dei tempi primordiali. Solo così potrete ricordare i vostri figli, i vostri amanti, le vostre sorelle e fratelli, i liberi amori senza possesso e senza prevaricazione, di quell’era.

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Nel silenzio potrete ricordare gli uomini e le donne che rispettavano la natura femminile e sapevano riconoscere in essa l’eco di Me. Anche il congiungersi era per loro un atto sacro, poiché l’amorosa voluttà era intesa come il segreto del mio dolcissimo Amore. Difficilmente coloro che avete conosciuto vorrebbero rinascere come maschi in questi tempi, perché è l’era degli uomini profanatori, egoisti, insensibili, ed anche quelli che si considerano equi hanno fatto ben poco per opporsi alla follia che ha reso tutto falsificato e innaturale. Con il loro non agire sono stati complici delle forze oscure con cui gli uomini hanno guidato e cercano di condurre le sorti del mondo. Neppure vorrebbero rinascere come femmine, che hanno dimenticato e poi aborrito quel Soffio vitale che Madre Terra fa scorrere in loro, prediligendo il caos della loro mercificazione. Ma anche se qualcuno di coloro che avete conosciuto in tempi primordiali, rinascesse, ben poco potrebbe fare, poiché ora nessuno può più opporsi all’oscurità: la notte terminerà soltanto quando sorgerà di nuovo il sole. Quelle che hanno udito la mia Voce, nei tempi primordiali, non riusciranno più, oggi, a trovare senso e soddisfazione in ciò che cercano le normali persone. Saranno protese con tutta la loro forza a cercare di nuovo la Mia Voce. Chi non avrà dimenticato quell’Amore, conosciuto entrando in comunione con Me, in cui si congiungono i due principi, fuoco e acqua, cielo e terra, vita e morte, materia e spirito, potrà uscire dai limiti del piccolo io e superare la semplice condizione umana. Poiché Io Sono Madre e Padre, maschio e femmina, uomo e donna, potendo creare tutte le cose.”

(Elena Gennai - Ispirato al testo di Ada d’Aries “La voce

dell’antica madre”)

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La Voce di una Donna alle Donne italiane “Il primo giorno del nuovo anno, avevo deciso di andare a trovare una zia alla quale sono molto affezionata, che vive da sola – vedova ormai da tempo – per regalarle un saluto ed un augurio. Appena entrata nella sua casa, mi ritrovai in mezzo ad una riunione di donne anziane, amiche della zia, con la quale srotolavano un dibattito che aveva le sembianze di una “veglia”. Mi sono seduta, quasi come intrusa, rimanendo ad ascoltare incuriosita... sfogavano la loro pesantezza d’animo, parlando dei loro mariti, dei loro figli, della vita carica di sacrificio che avevano condotto fin dall’età giovane e che continuavano a sopportare nonostante, ormai, fossero “pensionate”. Stranamente le loro lamentele erano identiche: ognuna era vissuta, e viveva, secondo uno schema analogo... come un identico film proiettato all’infinito. Passarono circa due ore durante le quali mi fu chiaro come non mai, quanto si fossero vendute, per fare spazio al “dovere” verso i mariti ed i figli, alla religione, al buon costume, in luogo di se stesse. Mi apparsero donne tristi, frustrate, che come pentole in ebollizione non riuscivano a fare esplodere il loro “coperchio”, se non limitandosi a lamentarsi, pregne di vittimismo e pietismo. Ad un certo punto... la mia natura infuocata cominciò a farsi sentire ed io sapevo perfettamente che al mio silenzio avrei presto sostituito il verbo... e neppure tanto sdolcinato... così fu. < Siete coscienti di ciò che avete combinato con le vostre scelte ed i vostri comportamenti? Avete rovinato la società, la mia generazione...sapete, quella che è arrivata dopo di voi, che ha ereditato tutte le conseguenze del vostro pensare ed agire! Le vostre idee di servilismo, false attenzioni, vi hanno condotto a creare mariti padri-padroni privi di assunzione di responsabilità all’interno della piccola comunità, quale doveva essere la famiglia. Avete proiettato su di essi il vostro estremo bisogno di attenzione, i vostri estremi bisogni di materialità e stabilità , che non avevate avuto in età giovane.

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Avete plasmato individui robotizzati, incapaci in ogni piccola mansione interna alla famiglia, fino a renderli disadattati a prendere banali decisioni: finti uomini con la necessità di ricevere ordini quando dovevano lavarsi o vestirsi.... giustificandosi per 60 anni con la scusa che ciò erano cose da “donne”. Con questo genere di maschi avete procreato figli numerosi, cresciuti con il vostro esempio e per questo resi bambini sotto una campana di vetro! Adulti non cresciuti, che contengono al loro interno una profonda vacuità esistenziale. Ed oggi osate lamentarvi??!!! Volevate dei vasi vuoti, che non creassero opposizione, e li avete ottenuti! ma avete tolto loro la capacità di riconoscere la bellezza di se stessi all’interno della vita! Avete spinto i vostri maschi (mariti e figli) al tradimento come evasione, fingendo di non sapere niente: avete creato dei puttanieri! Per mantenere la vostra ripugnante apparenza, avete dato avvio allo sviluppo della pedofilia e della prostituzione. Ma più di ogni altra cosa, avete plagiato le menti delle vostre figlie, per renderle identiche a voi... Oggi, quelle figlie, poche o tante, che hanno sollevato il loro sguardo al di sopra del velo da voi calato, cercano con enorme sforzo di alzarsi ... cercano di camminare su un nuovo terreno, che nessuno ha indicato loro... Sono costantemente tempestate dalla sensazione di non farcela, ma mantengono alto il volto di fronte al sacrificio e alla sofferenza... Lottano per impedersi che la vostra società le strappi di nuovo da se stesse.... Adesso io vi dico: non c’è più tempo per Voi , per riprendervi in mano la vostra vita! smettete di lamentarvi! accettate le vostre responsabilità ! e se potete ... chiedete scusa a coloro che avete generato, poiché essi rappresentano la morte di voi stesse.>”

(Elisabetta Gennai, una delle vostre figlie)

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SOMMARIO

I. CAPITOLO PRELIMINARE 15

II. CONSIDERAZIONE SUL CONCETTO DI GRANDE DEA. 27

III. UNA NECESSITÀ SUPERFLUA: LA CRONOLOGIA. 43 -La manipolazione sull’origine dell’essere

umano.

IV. LA VISIONE DEL MONDO E DELL’ESISTENZA NEI PREISTORICI: 67 -Spiegazione metafisica della Spiritualità

preistorica. -La Grande Dea e la società matriarcale.

V. SCRITTURA PREISTORICA: L’ALFABETO METAFISICO DELLA DEA NELLA VITA QUOTIDIANA ANTICA. 101

VI. DEAUS : EPILOGO E RINASCITA. 141

VII. III MILLENNIO DOPO CRISTO: IL RITORNO

DELL’ALLEANZA. LA GRANDE DEA E LA DONNA PER IL CAMBIAMENTO. 157

EPILOGO. I

BIBLIOGRAFIA. IX APPENDICE. XXI -Alcuni tra i grandi studiosi -Determinazione scientifica della Cronologia.

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I. Capitolo preliminare Forse la mia ricerca è stata influenzata dall’esperienza di vita, oppure dovrei scrivere che è la mia esperienza di vita che ha influenzato l’intera mia ricerca: sinceramente è difficile, per me, stabilire una priorità dell’una o dell’altra. Da quello che ricordo sono sempre coesistiti in me, fin dall’inizio della mia adolescenza, due bisogni assillanti: primo, riuscire a comprendere chi fosse il Dio che la collettività sociale adulta, attraverso la struttura familiare, aveva trasmesso quale dato certo o incerto, insindacabile o sindacabile e indiscutibile o discutibile; secondo, il fascino estremo che le antichissime culture umane esercitavano su di me, produceva una determinazione a conoscere ogni aspetto della loro esistenza. Credo anche che abbia influito molto, inconsapevolmente, il fatto di crescere sentendomi un’estranea; la causa divenne cosciente solamente più tardi: ero effettivamente un’estranea in un mondo in cui tutta la "conoscenza" importante che mi veniva insegnata riguardava in un modo o nell'altro quelli che erano nati maschi... L’archeologia è una scienza, una specie di “work in progress”, che più di ogni altra scienza modifica rapidamente le teorie costruite, proprio perché lo scavo archeologico, fintantoché non ha raggiunto il suo ultimo strato antropico1 e un’analisi finale dell’intero sito portato alla luce, permette l’esclusiva formulazione di ipotesi culturali che potranno essere modificate o confermate,(in alcuni casi completamente stravolte), al termine della campagna di scavo e al termine di ogni comparazione eseguibile (quando sia possibile) con altri siti già conosciuti della stessa facies culturale2. Non solo. Va anche detto che i resoconti scientifici, scaturiti da ambiti archeologici del passato, nel corso del tempo possono essere obsoleti di fronte agli ultimi cinquanta anni di enormi progressi e alle

1 Strato antropico= strato di terreno nel quale sono presenti tracce più o meno consistenti relative all’uomo. 2 Facies culturale= termine riferito all’aspetto, all’espressione peculiare di una determinata cultura umana.

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incessanti nuove scoperte, creandosi la necessità di modificare radicalmente le teorie ufficiali accettate e plausibili fino ad un determinato momento. Ma tutto ciò è una caratteristica peculiare di ogni Scienza, non solo archeologica, poiché l’essere umano viaggia su un percorso in divenire e costantemente nuovo; nessun ricercatore possiede la Verità ultima, ma si muove con obiettività, cognizione, e critica costruttiva verso oggettività che costituiscono frammenti della stessa Realtà. Il vero ricercatore-scienziato non anela al prestigio personale, ma ad una conoscenza profonda sull’esistenza umana, per se stesso e da condividere con l’intera collettività. Ciò significa che oggi, gli stessi scienziati dell’Archeologia, Paletnologia3, Paleontologia4, Paleoantropologia5 (scienze interdisciplinari), ai quali va l’epiteto di “Padri” delle stesse Scienze, (coloro che gettarono per primi le basi per uno studio metodologico sulle testimonianze delle antiche culture umane, chiudendo un epoca, quella della mentalità “ottocentesca”, protrattasi anche nei primi decenni del ‘900, in cui una ristretta cerchia di aristocratici si dilettava in avventurosi viaggi, strappando ogni reperto grande o piccolo dal proprio contesto culturale e destinandoli a rimpinzare le collezioni di antiquariato tanto allora di moda, provocando così una distruzione dei contesti culturali stessi), rimarrebbero inorriditi di fronte agli accademici moderni che ancora si ostinano a preservare un’egemonia illusoria attraverso la difesa delle vecchie teorie e l’accanimento contro le nuove teorie maggiormente congruenti con l’enorme mole di testimonianze archeologiche e paleontologiche. Durante quella che doveva essere la mia preparazione universitaria d’archeologa, attraverso un percorso di studio programmato, molti dubbi mi assalivano.

3 Paletnologia= o archeologia preistorica che studia l’industria e la cultura preistorica in base ai reperti archeologici. 4 qui si fa riferimento alla Paleontologia Umana= scienza che studia i resti organici umani fossili, la loro distribuzione geografica e temporale stabilendone una classificazione. 5 Paleoantropologia= la scienza che studia i reperti fossili umani al fine di stabilire l’evoluzione in epoche arcaiche.

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Perplessità che avevano a che fare con dati archeologici considerati ufficiali, che dal mio punto di vista non svisceravano interamente il significato di alcune testimonianze rispetto ad altre, anzi spesso le ipotesi ritenute valide dalla scienza accademica suonavano fortemente come contraddittorie, oppure forzate se applicate ad un contesto culturale che appariva di per sé omogeneo (sulla base di ciò che le campagne di scavo avevano e facevano emergere). Riscontravo oltretutto, negli stessi docenti, una spiccata riluttanza di fronte al tentativo di sollevare dubbi, non perché non amassero il confronto o l’approfondimento, piuttosto perché i miei quesiti si ponevano e toccavano ambiti al di fuori della determinazione accademica; ciò creava in loro incapacità di rispondere rifuggita con affermazioni che costringevano a rientrare all’interno dell’argomento del seminario, oppure, nei più scaltri, si producevano risposte del tipo “sono teorie fantasiose, mentre qui affrontiamo dati reali e incontestabili”. Né queste reazioni o altre analoghe, né la stessa preparazione universitaria, hanno colmato interamente lo spazio vuoto creato dalla mia enorme curiosità; è stata l’influenza di questa ultima, che mi ha condotto da allora lungo un percorso di ricerca parallelo rispetto all’ambito accademico. Solo nel corso degli anni ho compreso il reale conflitto esistente all’interno della scienza archeologica, una guerra spietata: da una parte coloro (archeologia accademica), intenti a preservare vecchie e anacronistiche teorie sull’evoluzione umana, sugli aspetti inquietanti e straordinari delle varie culture antiche; dall’altra parte gli archeologi, classificati “eretici” oppure, in modo più diplomatico “alternativi”. “Alternativo” cosa significa? Essere dediti ad un’archeologia new-age? L’archeologo “alternativo”, alla stregua dell’archeologo “ufficiale”, utilizza le stesse metodologie di <ricerca sul campo>, gli stessi criteri di comparazione, di confronto, e produce un risultato finale che è quasi già interamente scritto dagli stessi reperti, apportando soltanto in piccola parte la sua interpretazione, critica e scientifica , che diventa personale solo nel senso di un’acquisita esperienza dovuta ad anni di questo lavoro.

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Ritengo che il ricercatore debba vagliare qualunque documentazione prodotta anche da altri, con discernimento, con la necessaria apertura mentale che dovrebbe essergli propria, con senso critico anche verso il proprio lavoro, soprattutto se comparato con i nuovi risultati forniti dagli altri studiosi. L’appartenere alla ristretta gerarchia di persone che hanno egemonizzato l’ambito della ricerca, non implica, conseguentemente, la prerogativa di essere detentori ultimi delle verità scientifiche, tanto meno avere il diritto di considerare infondati i risultati forniti da tutti gli altri studiosi. L’esclusiva differenza tra queste due figure, è soltanto una: il mondo accademico non ha nessun interesse a produrre la verità, mentre il vero archeologo ha il coraggio di accettare anche un ribaltamento delle teorie affermate, quando si trova di fronte a risultati che palesano ciò. Dunque, se una distinzione qualunque deve essere affermata, (cosa per me assurda), semmai si dovrebbe riconoscere come vero ricercatore quella figura di archeologo che ancora oggi è bistrattata. Lo studio archeologico, in quanto legato a millenni di culture antiche, non ha nessun significato se il suo fine ultimo ristagna ad una pura conoscenza nozionistica, piuttosto che condurre ad una riflessione sull’esistenza umana, per affinare il nostro presente; tale riverbero andrebbe inteso fuori dalla razionalità pura e interno alla nostra coscienza in evoluzione. Quando Platone, nel mito di Er (X libro de “La Repubblica”) , invita a pensare alla vita come indefinita e, dunque, aperta al cambiamento perché non determinata dalla sua conclusione, si contrappone alla tradizione: solo se l'esistenza è indefinita è pensabile la storia, come regno della novità e non della ripetizione. Sicuramente affrontare il tema della Grande Dea oggi, III millennio d.C., epoca di degrado interiore e allo stesso tempo di risveglio, risulta appartenere al regno della novità, non tanto perché sarei la prima che affronta questa tematica, anzi semmai il contrario, visto che se sono arrivata al presente saggio è proprio grazie alle ricerche di molti altri studiosi venuti prima di me che mi hanno permesso di indagare e spaziare moltissimo. Mi riferisco all’essenza racchiusa nel termine Grande Dea, che mentre nei nostri lontanissimi antenati permeava la loro interiorità

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ed era inscindibile dal loro trascorrere quotidiano, nell’umano terrestre moderno tutto ciò appare folclore di antiche credenze, un rituale religioso proprio di uomini ancora involuti.6 Perciò il libro non tratta la ricerca di un’antichissima cerimonia o di arcane formule magiche: quest’ultime non le cercate qui, ma procuratevele tra la miriade di libri per wicca, streghe, maghi, che circolano copiosi per affamati di successo, soldi, potere e prestigio. Tanto più, l’obbiettivo di scrivere non è certo nato dal bisogno, che non ho, di produrre un testo che fosse accolto dalla scienza accademica ufficiale, dalla quale ho sempre rifiutato l’“ingabbiamento”, noncurante della carriera “brillante” che avrei potuto realizzare al suo interno. L’approfondimento, prima ancora della stesura del libro, è nato dal mio bisogno di ricercare una sinergia tra il pensiero “magico”7 dei nostri antenati e il pensiero razionale dell’uomo moderno, con il fine di ricostruire un cordone ombelicale che la scienza moderna ha quasi completamente tagliato. Va rilevato il “quasi” tagliato, in quanto, per millenni, fino ad oggi, le sacerdotesse della Grande Dea hanno continuato ad esistere segretamente, nascoste, mimetizzate nella folla della struttura sociale dominante, attraversando le varie epoche storiche repressive nei loro confronti e tramandandosi oralmente i segreti di una esistenza che, se portata alla luce del sole, oggi ribalterebbe l’intera struttura piramidale corrente in cui sopravviviamo, con il conseguente cambiamento del nostro modo di vivere quotidiano (in cui gli attuali problemi comuni a tutti, risulterebbero eliminati); ma è anche vero che ciò richiede, a priori, una preparazione di coscienza, che si veicola attraverso il tentativo di risveglio della propria consapevolezza, fra l’altro già in corso. Diversamente, continuerebbero a sussistere azioni fortemente repressive alle quali abbiamo già assistito, nella storia più recente

6 Ancora oggi la maggior parte delle persone continua a credere che il grado evolutivo di un popolo chicchessia, si misuri esclusivamente attraverso lo sviluppo tecnologico, economico, finanziario. 7 Magico dal greco <magikós> significa prodigioso, straordinario in sé o nell’effetto che provoca.

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attraverso i roghi, nella storia attuale attraverso l’annientamento della potenza del sacro femminile. Per questo il saggio ha lo scopo di affrontare tale figura, appunto della Grande Dea e della società matriarcale ad essa legata, attraverso gli occhi dell’archeologia, ma con lo scopo di penetrare l’essenza perduta e con la finalità di fornire soprattutto alle donne moderne (compresa me stessa) una visione del vivere radicalmente differente, il cui retaggio sta ancora aspettando di essere risvegliato all’interno di ciascuno. Il mio pensiero è andato soprattutto alle donne contemporanee, che per la maggior parte continuano a possedere un’incomprensione sulla Grande Dea, convinte che si tratti di un passato lontano e avulso dal presente molto duro. Tengo a precisare che nel saggio la parte scientifica è resa semplice, per quanto sia possibile, mentre quella interpretativa è un amalgama delle mie personali considerazioni. A proposito di ciò, rendo chiaro che la mia posizione nell’affrontare quest’intensa ricerca, che tocca molto la conflittualità tra il maschile e il femminile e la sopraffazione del primo elemento sul secondo, (a partire da un certo momento del periodo preistorico, ma che perdura ancora oggi), è stata scevra da schieramenti verso una parte o l’altra, è stata totalmente lontana da connotazioni femministe dedite a disquisizioni su l’orgasmo vaginale o clitorideo, fra sesso hard e coccole, tra passioni violente e brevi e amori dolci e duraturi. La mia posizione è totalmente lontana da qualunque etichetta ed ha soltanto mantenuto un senso di analisi aperto, comparativo e deduttivo sulla base dell’enorme mole di testimonianze archeologiche “parlanti”, e non solo, a disposizione. Per molte persone è impossibile credere che possa esistere un mondo strutturato diversamente, tanto meno che il futuro possa dipendere da qualcosa che abbia a che fare con la femminilità. La figura della donna è stata così demonizzata e spodestata dai suoi valori profondi e così poco conosciuta storicamente, che è diventato impossibile pensare alla sua esistenza come un fulcro della storia dell’umanità, quale essa è stata. Per riflettere sulla nostra identità culturale non bisogna essere per forza donna o femminista, come molti credono, ma se ciò avviene, è perché nelle società dominate dal patriarcato e quindi dal maschio,

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la sfera femminile è stata e viene automaticamente considerata un problema secondario. Negli ultimi 50 anni l’archeologia ha fatto dei passi importanti verso la comprensione più corretta delle nostre origini, che potrebbero modificare la concezione di vita. Questi progressi hanno mostrato un enorme contrasto con tutto ciò che è sempre stato affermato nel corso delle epoche, mettendo fortemente in discussione tutte le certezze che sono state acquisite circa i rapporti che di solito hanno visto il maschio al centro di ogni avvenimento storico o preistorico. Infatti la maggior parte degli studi sulla società umana sono stati incentrati su immagini maschili in cui l’uomo spesso è l’unico protagonista, e dove l’enorme repertorio figurativo, pittorico, architettonico, in cui la donna è rappresentata, per lungo tempo è stato ignorato e in seguito interpretato in maniera manipolata: un esempio sono le statuette femminili con seni e fianchi esaltati interpretati come oggetti sessuali maschili, oppure come indicazione che il corpo della donna fosse tipicamente obeso. Quando si parla di struttura matriarcale egualitaria che ha segnato 20.000 anni e oltre di preistoria, non significa cancellare le differenze biologiche tra uomo e donna, piuttosto ribadire che tali differenze non furono mai penalizzanti per l’essere umano , anzi erano proprio queste che collocavano la donna ad un livello centrale e fondamentale nella vita della società della Grande Dea. Lo sguardo sull’intera storia umana inizia con un’occhiata sulla storia delle donne della Grande Dea, attraverso una domanda tutt’altro che scontata: gli uomini, sono davvero sempre stati il cardine nelle società umane oppure le testimonianze preistoriche suggeriscono una verità opposta?

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La Grande Dea e la Donna

per il cambiamento del III Millennio dopo Cristo

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SOMMARIO

I. CAPITOLO PRELIMINARE 15

II. CONSIDERAZIONE SUL CONCETTO DI GRANDE DEA. 27

III. UNA NECESSITÀ SUPERFLUA: LA CRONOLOGIA. 43 -La manipolazione sull’origine dell’essere

umano.

IV. LA VISIONE DEL MONDO E DELL’ESISTENZA NEI PREISTORICI: 67 -Spiegazione metafisica della Spiritualità

preistorica. -La Grande Dea e la società matriarcale.

V. SCRITTURA PREISTORICA: L’ALFABETO METAFISICO DELLA DEA NELLA VITA QUOTIDIANA ANTICA. 101

VI. DEAUS : EPILOGO E RINASCITA. 141

VII. III MILLENNIO DOPO CRISTO: IL RITORNO

DELL’ALLEANZA. LA GRANDE DEA E LA DONNA PER IL CAMBIAMENTO. 157

EPILOGO. I

BIBLIOGRAFIA. IX APPENDICE. XXI -Alcuni tra i grandi studiosi -Determinazione scientifica della Cronologia.

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I. Capitolo preliminare Forse la mia ricerca è stata influenzata dall’esperienza di vita, oppure dovrei scrivere che è la mia esperienza di vita che ha influenzato l’intera mia ricerca: sinceramente è difficile, per me, stabilire una priorità dell’una o dell’altra. Da quello che ricordo sono sempre coesistiti in me, fin dall’inizio della mia adolescenza, due bisogni assillanti: primo, riuscire a comprendere chi fosse il Dio che la collettività sociale adulta, attraverso la struttura familiare, aveva trasmesso quale dato certo o incerto, insindacabile o sindacabile e indiscutibile o discutibile; secondo, il fascino estremo che le antichissime culture umane esercitavano su di me, produceva una determinazione a conoscere ogni aspetto della loro esistenza. Credo anche che abbia influito molto, inconsapevolmente, il fatto di crescere sentendomi un’estranea; la causa divenne cosciente solamente più tardi: ero effettivamente un’estranea in un mondo in cui tutta la "conoscenza" importante che mi veniva insegnata riguardava in un modo o nell'altro quelli che erano nati maschi... L’archeologia è una scienza, una specie di “work in progress”, che più di ogni altra scienza modifica rapidamente le teorie costruite, proprio perché lo scavo archeologico, fintantoché non ha raggiunto il suo ultimo strato antropico1 e un’analisi finale dell’intero sito portato alla luce, permette l’esclusiva formulazione di ipotesi culturali che potranno essere modificate o confermate,(in alcuni casi completamente stravolte), al termine della campagna di scavo e al termine di ogni comparazione eseguibile (quando sia possibile) con altri siti già conosciuti della stessa facies culturale2. Non solo. Va anche detto che i resoconti scientifici, scaturiti da ambiti archeologici del passato, nel corso del tempo possono essere obsoleti di fronte agli ultimi cinquanta anni di enormi progressi e alle

1 Strato antropico= strato di terreno nel quale sono presenti tracce più o meno consistenti relative all’uomo. 2 Facies culturale= termine riferito all’aspetto, all’espressione peculiare di una determinata cultura umana.

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incessanti nuove scoperte, creandosi la necessità di modificare radicalmente le teorie ufficiali accettate e plausibili fino ad un determinato momento. Ma tutto ciò è una caratteristica peculiare di ogni Scienza, non solo archeologica, poiché l’essere umano viaggia su un percorso in divenire e costantemente nuovo; nessun ricercatore possiede la Verità ultima, ma si muove con obiettività, cognizione, e critica costruttiva verso oggettività che costituiscono frammenti della stessa Realtà. Il vero ricercatore-scienziato non anela al prestigio personale, ma ad una conoscenza profonda sull’esistenza umana, per se stesso e da condividere con l’intera collettività. Ciò significa che oggi, gli stessi scienziati dell’Archeologia, Paletnologia3, Paleontologia4, Paleoantropologia5 (scienze interdisciplinari), ai quali va l’epiteto di “Padri” delle stesse Scienze, (coloro che gettarono per primi le basi per uno studio metodologico sulle testimonianze delle antiche culture umane, chiudendo un epoca, quella della mentalità “ottocentesca”, protrattasi anche nei primi decenni del ‘900, in cui una ristretta cerchia di aristocratici si dilettava in avventurosi viaggi, strappando ogni reperto grande o piccolo dal proprio contesto culturale e destinandoli a rimpinzare le collezioni di antiquariato tanto allora di moda, provocando così una distruzione dei contesti culturali stessi), rimarrebbero inorriditi di fronte agli accademici moderni che ancora si ostinano a preservare un’egemonia illusoria attraverso la difesa delle vecchie teorie e l’accanimento contro le nuove teorie maggiormente congruenti con l’enorme mole di testimonianze archeologiche e paleontologiche. Durante quella che doveva essere la mia preparazione universitaria d’archeologa, attraverso un percorso di studio programmato, molti dubbi mi assalivano.

3 Paletnologia= o archeologia preistorica che studia l’industria e la cultura preistorica in base ai reperti archeologici. 4 qui si fa riferimento alla Paleontologia Umana= scienza che studia i resti organici umani fossili, la loro distribuzione geografica e temporale stabilendone una classificazione. 5 Paleoantropologia= la scienza che studia i reperti fossili umani al fine di stabilire l’evoluzione in epoche arcaiche.

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Perplessità che avevano a che fare con dati archeologici considerati ufficiali, che dal mio punto di vista non svisceravano interamente il significato di alcune testimonianze rispetto ad altre, anzi spesso le ipotesi ritenute valide dalla scienza accademica suonavano fortemente come contraddittorie, oppure forzate se applicate ad un contesto culturale che appariva di per sé omogeneo (sulla base di ciò che le campagne di scavo avevano e facevano emergere). Riscontravo oltretutto, negli stessi docenti, una spiccata riluttanza di fronte al tentativo di sollevare dubbi, non perché non amassero il confronto o l’approfondimento, piuttosto perché i miei quesiti si ponevano e toccavano ambiti al di fuori della determinazione accademica; ciò creava in loro incapacità di rispondere rifuggita con affermazioni che costringevano a rientrare all’interno dell’argomento del seminario, oppure, nei più scaltri, si producevano risposte del tipo “sono teorie fantasiose, mentre qui affrontiamo dati reali e incontestabili”. Né queste reazioni o altre analoghe, né la stessa preparazione universitaria, hanno colmato interamente lo spazio vuoto creato dalla mia enorme curiosità; è stata l’influenza di questa ultima, che mi ha condotto da allora lungo un percorso di ricerca parallelo rispetto all’ambito accademico. Solo nel corso degli anni ho compreso il reale conflitto esistente all’interno della scienza archeologica, una guerra spietata: da una parte coloro (archeologia accademica), intenti a preservare vecchie e anacronistiche teorie sull’evoluzione umana, sugli aspetti inquietanti e straordinari delle varie culture antiche; dall’altra parte gli archeologi, classificati “eretici” oppure, in modo più diplomatico “alternativi”. “Alternativo” cosa significa? Essere dediti ad un’archeologia new-age? L’archeologo “alternativo”, alla stregua dell’archeologo “ufficiale”, utilizza le stesse metodologie di <ricerca sul campo>, gli stessi criteri di comparazione, di confronto, e produce un risultato finale che è quasi già interamente scritto dagli stessi reperti, apportando soltanto in piccola parte la sua interpretazione, critica e scientifica , che diventa personale solo nel senso di un’acquisita esperienza dovuta ad anni di questo lavoro.

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Ritengo che il ricercatore debba vagliare qualunque documentazione prodotta anche da altri, con discernimento, con la necessaria apertura mentale che dovrebbe essergli propria, con senso critico anche verso il proprio lavoro, soprattutto se comparato con i nuovi risultati forniti dagli altri studiosi. L’appartenere alla ristretta gerarchia di persone che hanno egemonizzato l’ambito della ricerca, non implica, conseguentemente, la prerogativa di essere detentori ultimi delle verità scientifiche, tanto meno avere il diritto di considerare infondati i risultati forniti da tutti gli altri studiosi. L’esclusiva differenza tra queste due figure, è soltanto una: il mondo accademico non ha nessun interesse a produrre la verità, mentre il vero archeologo ha il coraggio di accettare anche un ribaltamento delle teorie affermate, quando si trova di fronte a risultati che palesano ciò. Dunque, se una distinzione qualunque deve essere affermata, (cosa per me assurda), semmai si dovrebbe riconoscere come vero ricercatore quella figura di archeologo che ancora oggi è bistrattata. Lo studio archeologico, in quanto legato a millenni di culture antiche, non ha nessun significato se il suo fine ultimo ristagna ad una pura conoscenza nozionistica, piuttosto che condurre ad una riflessione sull’esistenza umana, per affinare il nostro presente; tale riverbero andrebbe inteso fuori dalla razionalità pura e interno alla nostra coscienza in evoluzione. Quando Platone, nel mito di Er (X libro de “La Repubblica”) , invita a pensare alla vita come indefinita e, dunque, aperta al cambiamento perché non determinata dalla sua conclusione, si contrappone alla tradizione: solo se l'esistenza è indefinita è pensabile la storia, come regno della novità e non della ripetizione. Sicuramente affrontare il tema della Grande Dea oggi, III millennio d.C., epoca di degrado interiore e allo stesso tempo di risveglio, risulta appartenere al regno della novità, non tanto perché sarei la prima che affronta questa tematica, anzi semmai il contrario, visto che se sono arrivata al presente saggio è proprio grazie alle ricerche di molti altri studiosi venuti prima di me che mi hanno permesso di indagare e spaziare moltissimo. Mi riferisco all’essenza racchiusa nel termine Grande Dea, che mentre nei nostri lontanissimi antenati permeava la loro interiorità

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ed era inscindibile dal loro trascorrere quotidiano, nell’umano terrestre moderno tutto ciò appare folclore di antiche credenze, un rituale religioso proprio di uomini ancora involuti.6 Perciò il libro non tratta la ricerca di un’antichissima cerimonia o di arcane formule magiche: quest’ultime non le cercate qui, ma procuratevele tra la miriade di libri per wicca, streghe, maghi, che circolano copiosi per affamati di successo, soldi, potere e prestigio. Tanto più, l’obbiettivo di scrivere non è certo nato dal bisogno, che non ho, di produrre un testo che fosse accolto dalla scienza accademica ufficiale, dalla quale ho sempre rifiutato l’“ingabbiamento”, noncurante della carriera “brillante” che avrei potuto realizzare al suo interno. L’approfondimento, prima ancora della stesura del libro, è nato dal mio bisogno di ricercare una sinergia tra il pensiero “magico”7 dei nostri antenati e il pensiero razionale dell’uomo moderno, con il fine di ricostruire un cordone ombelicale che la scienza moderna ha quasi completamente tagliato. Va rilevato il “quasi” tagliato, in quanto, per millenni, fino ad oggi, le sacerdotesse della Grande Dea hanno continuato ad esistere segretamente, nascoste, mimetizzate nella folla della struttura sociale dominante, attraversando le varie epoche storiche repressive nei loro confronti e tramandandosi oralmente i segreti di una esistenza che, se portata alla luce del sole, oggi ribalterebbe l’intera struttura piramidale corrente in cui sopravviviamo, con il conseguente cambiamento del nostro modo di vivere quotidiano (in cui gli attuali problemi comuni a tutti, risulterebbero eliminati); ma è anche vero che ciò richiede, a priori, una preparazione di coscienza, che si veicola attraverso il tentativo di risveglio della propria consapevolezza, fra l’altro già in corso. Diversamente, continuerebbero a sussistere azioni fortemente repressive alle quali abbiamo già assistito, nella storia più recente

6 Ancora oggi la maggior parte delle persone continua a credere che il grado evolutivo di un popolo chicchessia, si misuri esclusivamente attraverso lo sviluppo tecnologico, economico, finanziario. 7 Magico dal greco <magikós> significa prodigioso, straordinario in sé o nell’effetto che provoca.

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attraverso i roghi, nella storia attuale attraverso l’annientamento della potenza del sacro femminile. Per questo il saggio ha lo scopo di affrontare tale figura, appunto della Grande Dea e della società matriarcale ad essa legata, attraverso gli occhi dell’archeologia, ma con lo scopo di penetrare l’essenza perduta e con la finalità di fornire soprattutto alle donne moderne (compresa me stessa) una visione del vivere radicalmente differente, il cui retaggio sta ancora aspettando di essere risvegliato all’interno di ciascuno. Il mio pensiero è andato soprattutto alle donne contemporanee, che per la maggior parte continuano a possedere un’incomprensione sulla Grande Dea, convinte che si tratti di un passato lontano e avulso dal presente molto duro. Tengo a precisare che nel saggio la parte scientifica è resa semplice, per quanto sia possibile, mentre quella interpretativa è un amalgama delle mie personali considerazioni. A proposito di ciò, rendo chiaro che la mia posizione nell’affrontare quest’intensa ricerca, che tocca molto la conflittualità tra il maschile e il femminile e la sopraffazione del primo elemento sul secondo, (a partire da un certo momento del periodo preistorico, ma che perdura ancora oggi), è stata scevra da schieramenti verso una parte o l’altra, è stata totalmente lontana da connotazioni femministe dedite a disquisizioni su l’orgasmo vaginale o clitorideo, fra sesso hard e coccole, tra passioni violente e brevi e amori dolci e duraturi. La mia posizione è totalmente lontana da qualunque etichetta ed ha soltanto mantenuto un senso di analisi aperto, comparativo e deduttivo sulla base dell’enorme mole di testimonianze archeologiche “parlanti”, e non solo, a disposizione. Per molte persone è impossibile credere che possa esistere un mondo strutturato diversamente, tanto meno che il futuro possa dipendere da qualcosa che abbia a che fare con la femminilità. La figura della donna è stata così demonizzata e spodestata dai suoi valori profondi e così poco conosciuta storicamente, che è diventato impossibile pensare alla sua esistenza come un fulcro della storia dell’umanità, quale essa è stata. Per riflettere sulla nostra identità culturale non bisogna essere per forza donna o femminista, come molti credono, ma se ciò avviene, è perché nelle società dominate dal patriarcato e quindi dal maschio,

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la sfera femminile è stata e viene automaticamente considerata un problema secondario. Negli ultimi 50 anni l’archeologia ha fatto dei passi importanti verso la comprensione più corretta delle nostre origini, che potrebbero modificare la concezione di vita. Questi progressi hanno mostrato un enorme contrasto con tutto ciò che è sempre stato affermato nel corso delle epoche, mettendo fortemente in discussione tutte le certezze che sono state acquisite circa i rapporti che di solito hanno visto il maschio al centro di ogni avvenimento storico o preistorico. Infatti la maggior parte degli studi sulla società umana sono stati incentrati su immagini maschili in cui l’uomo spesso è l’unico protagonista, e dove l’enorme repertorio figurativo, pittorico, architettonico, in cui la donna è rappresentata, per lungo tempo è stato ignorato e in seguito interpretato in maniera manipolata: un esempio sono le statuette femminili con seni e fianchi esaltati interpretati come oggetti sessuali maschili, oppure come indicazione che il corpo della donna fosse tipicamente obeso. Quando si parla di struttura matriarcale egualitaria che ha segnato 20.000 anni e oltre di preistoria, non significa cancellare le differenze biologiche tra uomo e donna, piuttosto ribadire che tali differenze non furono mai penalizzanti per l’essere umano , anzi erano proprio queste che collocavano la donna ad un livello centrale e fondamentale nella vita della società della Grande Dea. Lo sguardo sull’intera storia umana inizia con un’occhiata sulla storia delle donne della Grande Dea, attraverso una domanda tutt’altro che scontata: gli uomini, sono davvero sempre stati il cardine nelle società umane oppure le testimonianze preistoriche suggeriscono una verità opposta?