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abb.La rivista bimestrale, la lettera bimestrale, il cdrom annuale, il sito. L’abbonamento (5 numeri +
5 lettere di école + cd rom) costa 35 euro(sostenitore: 70 euro). Conto corrente postale n.
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RECIPROCI REGALI
Saturazione delle cattedre a 18 ore/ un appello
Care lettrici, cari lettori,la cosiddetta saturazione delle cattedre, stabilita nel 2002 con un semplicerigo della finanziaria, ha portato alle scuole pubbliche un danno grande eimmediato, però di questo danno non si parla molto, neanche da parte del-l’opposizione. Ci sembra ragionevole il timore che, anche nell’ipotesi di uncambio di maggioranza politica, il futuro governo incassi questo cambia-mento dettato da una logica amministrativa miope, forse anche da ostilitàall’idea di una scuola basata su relazioni forti alunni-insegnanti.La saturazione delle cattedre a 18 ore e oltre causa una perdita di senso e diqualità del fare scuola, infatti comporta:- lo scioglimento degli abbinamenti storici di materie, e ciò al di fuori diogni discussione di merito, e in base a considerazioni contingenti e mecca-niche, in qualche classe sì in altre magari no, senza un perché logico;- l’aumento e a volte quasi il raddoppio del numero classi e di alunni perinsegnante a parità di ore di insegnamento, cioè un aumento inutile dellafatica e dello stress;- l’isolamento individuale degli insegnanti che, pur sotto lo stesso tetto,sempre più si possono solo sfiorare mentre si affrettano da un’aula all’altra;- la perdita della continuità didattica: ogni anno l’orario deve essere rifattocon un puzzle di frammenti e così, tranne rimedi di buon senso a titolo diincerta concessione, l’insegnante a tempo indeterminato è messo nei con-fronti dei suoi alunni e dei suoi colleghi nella stessa situazione del supplen-te: è l’insegnante per un anno.
Chiediamo che siano ricostituite le condizioni di diritto e di fatto per lacontinuità didattica; chiediamo che tutte le cattedre siano formate com-prendendo un numero sufficiente di ore da dedicare alla programmazionedidattica, allo scambio con i colleghi, all’organizzazione del materiale per lelezioni e a eventuali sostituzioni; rivolgiamo queste richieste a tutte le or-ganizzazioni sindacali perché se ne facciano carico e ai candidati alle elezio-ni parlamentari perché facciano sapere chiaramente qual è la loro posizionesu questo aspetto secondo noi concreto e ineludibile della questione scuola.
PAOLO CHIAPPE
Per sottoscrivere l’appello: www.ecolenet.it, www.retescuole.net/appelloo via e-mail all’indirizzo [email protected].
Regalare un abbonamento è anche un modo per sostenere l’impresa editoriale di école. Il prezzo di due abbonamenti è 50 euro (invece di 70). Agli abbonati chesottoscrivono un secondo abbonamento viene inoltre riservato un libro in regalo. Scrivere nella casuale l’indirizzo completo di entrambe le persone che devonoricevere la rivista indicando l’abbonamento ordinario e quello omaggio. Ai destinatari dell’abbonamento omaggio verrà inviata una lettera per informarli del regaloricevuto.È possibile attivare gli abbonamenti telefonicamente 031.268425.
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a «…la scuola, […] è un organo vitale della democrazia come noi laconcepiamo. Se si dovesse fare un paragone fra l’organismo costituzionale el’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organiche nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue […]» (PieroCalamandrei, 1950).
Da tre anni noi, docenti e non docenti, studenti, studentesse e genitori abbiamo la scuola intesta e nel cuore.Ostinatamente abbiamo difeso lo spazio pubblico della scuola di tutte/i e per tutte/i, ci siamomessi in rete per rendere più efficace la controinformazione, abbiamo interagito con i sindacati deilavoratori contrastando (con qualche sconfitta e con molti successi) scuola per scuola, collegio percollegio i provvedimenti devastanti contenuti nella Legge 53 della signora Brichetto in Moratti.Quello che consegniamo al prossimo Governo (e ci adopereremo con tutte le nostre forze perché siadiverso da quello attuale) è un patrimonio di partecipazione civile e la consapevolezzadell’importanza della scuola pubblica per la costruzione delle pre-condizioni stesse dellademocrazia.
Incontrarsi, ascoltarsi
Stiamo vivendo giorni difficili. Ad uscire mortificata da questa stagione politica non è solo la scuolapubblica statale ma l’idea stessa della democrazia nel nostro paese.Noi siamo convinti che esista un’altra strada capace di dare senso profondo alla rappresentanza ealla partecipazione.Per questo, insieme ai sindacati che vorremmo al nostro fianco, invitiamo i/le deputati/e e i/lesenatori/trici che hanno condotto l’opposizione alla “riforma” nelle Commissioni Cultura a unincontro pubblico a Milano (per informazioni www.retescuole.net).Insieme a loro invitiamo gli amministratori locali di Comuni, Province e Regioni, che hannocamminato a fianco dei propri cittadini in questi anni di mobilitazione.
Uscire dalle frasi fatte
Difendere la scuola di tutte/i e per tutte/i ci ha abituato a spogliare le parole, a individuarne icontenuti retorici. Ci ha abituato a leggere tra le righe ciò che è solo propaganda e ad assumere perintero la complessità delle questioni in gioco cercando, però, di calarle nelle pratiche quotidiane,cartina di tornasole delle buone intenzioni.Spesso veniamo rimproverati di trincerarci con troppa ostinazione nella richiesta pregiudiziale diabrogazione della “riforma” Moratti e di tutti i suoi decreti attuativi.Proviamo allora a discutere senza slogan, mettiamo da parte tutte le pregiudiziali e invitiamo ipartiti dell’Unione a fare altrettanto.Poniamoci dunque concretamente nei problemi e lasciamo le conclusioni alla fine del percorso diascolto e di confronto.
Ciò che rimane in sospeso
I molti no detti alla Moratti si specchiano in altrettanti sì sulla strada della costruzione di unabuona scuola per la Repubblica che vede al centro i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze.Alla Politica, ai nostri partiti, chiediamo di partire da quell’anche ispirata ai principi dellaCostituzione contenuto nell’articolo 2 della Legge 28 marzo 2003 e ribadito nei decreti attuativi.
Vorremmo parlare dell’accesso ai saperi come diritto fondamentale di ogni uomo e ogni donna, delvalore delle compresenze, della contitolarità, dei tempi distesi come reale opportunità per arrivarea mete comuni.Vorremmo parlare del doppio canale, che esiste da sempre e che il Ministro Moratti hasemplicemente normato con una operazione di algido realismo, e delle strategie necessarie persuperarlo.Vorremmo ragionare sulla cultura di pace che passa per l’intercultura o della palestra di cittadinanzache si costruisce accogliendo i diversamente abili.Vorremmo comprendere se oggi compito della scuola è preparare i giovani e le giovani a competerenell’economia globalizzata o se è, innanzitutto, innalzare il livello culturale di tutti i cittadini e lecittadine per meglio comprendere e sostenere le necessarie modifiche delle abitudini di vita basatesul consumo e sul superfluo, prima che la natura decida di regolare il suo conflitto con gli umanicon mezzi propri.
Vorremmo parlare di felicità e di benessere.
Vorremmo farlo con un atteggiamento costituente, perchè la scuola è il futuro che riguarda tutte etutti, senza anteporre ai Diritti il bilancio dello Stato, perché solo così è possibile comprendere ciòche si ha difficoltà a fare, da ciò che non si vuole fare.
RETESCUOLE
in ricordo diGiuseppe Pontremoli,narratore
INTRODUCONO
Alberto Giasanti (Università di Milano-Bicocca)Giovanna Benvenuti (Università di Milano-Bicocca)
Proiezione del video “Smemoraz” di Paolo Jedlowski,recitato da Giuseppe Pontremoli
INTERVENGONO
Paolo Jedlowski (Università di Napoli, l’Orientale)“Narrare: fra testimonianza e fabulazione”
Raffaele Mantegazza (Università di Milano-Bicocca)“Storie per sopravvivere. Narrazione e resistenza”
Teresa Porcella (Università di Cagliari, Editor Giunti Scuola)“Il vento, la musica e le storie: il maestro e il mare”
DIBATTITOe letture di brani tratti dai lavori diGiuseppe Pontremoli
MILANO4 novembre2005ORE 14.30-18.30via Bicocca degli Arcimboldi 8Aula Pagani, Edificio U7, 3° piano
Università degli Studidi Milano – BicoccaFacoltà di SociologiaFacoltà di Scienze della Formazione
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Se Elogio delle azioni spregevoli (L’ancora del mediterraneo, 2004) era una sorta di “logica”del pensiero critico letterario di Giuseppe Pontremoli sul rapporto complesso tra infanzia eletteratura, Giocando parole, La letteratura ed i bambini (L’ancora del mediterraneo, Napoli 2005),che esce postumo, è un po’ la “fenomenologia dello spirito” della sua idea dominante: costruireuna pedagogia con la letteratura. Per Pontremoli le due cose non sono scindibili: l’azione spre-gevole del leggere e raccontare storie rompe con ogni compromesso didattico ed entra decisa nelcuore della relazione educativa tra maestro ed allievi, senza la mediazione sacerdotale di alcunachiesa. La letteratura è di per sé pedagogica: le storie hanno in sé l’enorme valore di saper crearenuovi mondi, di formulare grandi domande, di proporre stili e valori. Insomma aiutano i bambinia crescere coltivando la capacità di stupirsi, appassionarsi, ampliando la conoscenza, costruen-do una cultura. È per questo che ci esortava prima di tutto a leggere, a comunicare attraverso lalettura. Nel primo libro, la questione è vista nella sua struttura filosofica, nella sua dimensionedi fondo: c’è una metafisica della scrittura e della lettura che è anche una politica dell’educazio-ne. In Giocando parole siamo sul terreno della critica dei testi, della precisazione fenomenolo-gica, dicevo, grazie alla quale Pontremoli costruire una galleria di riferimenti e riflessioni asso-lutamente originali quanto illuminanti. Va detto che il suo stile è perfettamente mimetico conlo scopo: Giuseppe usa un approccio stilistico apparentemente associativo evocando, come unostregone, personaggi, figure e situazioni anche molto diverse tra loro concorrendo a creare cosìuna mappa narrativa inedita. Lui segue il filo di un discorso interiore che coincide con lo stessoraccontare. La sua analisi critica è un racconto. Non c’è iato tra l’interno e l’esterno e non c’èaffatto sindrome da citazione: il racconto vive di altri racconti in un dialogo a distanza tranarratori e narrazioni. Giuseppe è il suo racconto e questo racconto si nutre di storie e di sogniscritte e sognate da altri in una fitta rete di rimandi: come se le stelle del cielo potessero traloro dialogare nella luce della notte. Ed il tema del gioco e del giocare è illuminante a riguardo:il raccontare come atto sinestetico capace di far coincidere tutti i sensi, ma anche di «recitare,suonare, essere vivi esprimendo». Giocare parole non giocare con le parole, dunque. La cosastraordinaria, e qui va dato merito anche a coloro che hanno avuto la costanza e la devozionedi portare a termine un progetto editoriale, è che tutto questo emerge comunque in un testoche Giuseppe Pontremoli non ha potuto rivedere definitivamente. Qui lui ci guida tra alcunidegli scrittori e dei racconti che più amava: ma non è un fatto di gusto personale. C’è unarobusta scelta di fondo: quella di rifiutare il “canone aziendale” del didattichese e degli autoriche da bravi impiegati costruiscono racconti per un bambino che non c’è: quello docile emanipolabile dei buoni sentimenti, quello idealizzato ed infantilizzato della retorica dell’auto-rità, quello assoggettato alla letteratura per ragazzi come fatto “minore” e quindi stupido.Ma i bambini non sono figli di un dio minore: sono prima di tutto persone serie, scrive Pontre-moli, che hanno bisogno di una scrittura che «poteva fornire un senso all’esistere, non certo unsurrogato dimesso del vivere». Per questo amava Silvio D’Arzo, per la sua forza e bellezza narra-tiva, per il suo rivolgersi ai ragazzi in quanto tali, per la volontà di aprirsi ad orizzonti inaspet-tati e vasti. E perché i bambini, per la loro alterità radicale rispetto alle rappresentazioni stru-mentali da parte del mondo adulto, sono portatori, anche perché “marginali” e senza potere, diun messaggio di rottura libera e gratuita senza precedenti contro il conformismo e la repressionedell’espressività.C’è un’opzione politica alta in questa posizione: Giuseppe “sta dalla parte dei bambini” e cercai suoi fratelli. D’Arzo è uno di questi, come lo sono per strade diverse Roald Dahl, Pinin Carpi,Roberto Piumini, Elsa Morante ai quali dedica pagine bellissime di critica lucida ed avvertita.Lucida perché i suoi giudizi sono spesso sorprendenti, avvertita perché Giuseppe era un “profes-sionista” della critica ed i suoi autori li studiava.Di Dahl coglie, ad esempio, il tema segreto del combattere la solitudine possibile dei bambiniche non sono soltanto eroi positivi: l’universo di Roald Dahl è in movimento, è aperto e quindiper nulla idealizzato. Ci sono bambini insopportabili nei suoi racconti e ci sono bambini straor-dinari perché c’è un grande rispetto per l’infanzia.In Pinin Carpi mette in luce la potenza del raccontare come ridondanza dell’espressione che fa dire aibambini quello che pensano davvero. È il filo di “ariandersen”, categoria pontremoliana, che legaCarpi al racconto I vestiti nuovi dell’Imperatore.E poi c’è la Morante, di cui ricorre in questi giorni il ventennale della scomparsa. Di lei, Pontre-moli aveva curato Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina ed altre storie (Einaudi) e loaffascina l’utopia della purezza dei bambini come esseri in cui alberga una possibilità di riscattoper noi tutti. È una visione religiosa dell’infanzia, una religiosità laica che introduce Elsa Moran-te al pensiero fondante della Storia come chiave di lettura dell’essenza umana. Che ritroviamotragicamente nel racconto Lo stralisco di Roberto Piumini, libro «importante e coraggioso» cheparla della morte di un bambino amato e che così facendo parla della vita, la più bella eluminosa, perché piena di amicizia ed allegria. La forza del racconto di Piumini starebbe nellasua capacità di essere quello che è, un racconto senza finalità moralistiche o didascaliche.Questa era la letteratura che Giuseppe amava, anche perché corrispondeva, come detto, ad unapedagogia nuova fondata sulla necessità di «colmare il senso della vita».L’ultimo saggio è “Dentro un bosco di storie” che era già uscito nel libro Leggere gli anni verdi pressole Edizioni E/O (curato con Cesare Pianciola). Qui ritroviamo i passi salienti della sua “Bibbia”letteraria che attraversa Melville, Stevenson, Joao Guimaraes Rosa, David Grossman: qui Pontremolichiude il cerchio ritornando alle sue idee di fondo come Faust che ritorna a casa dopo il viaggio nelmondo per ritrovare la sua identità. Ma questa identità coincide con una domanda centrale “incostru-bile”: quella della felicità inafferrabile, non imbrigliabile, anarchica e così libera, viva e salvificadello “stare-vicino-ai bambini”. Non so dirlo diversamente: in questo libro c’è tutta la voglia di unadulto di “stare presso”, di “so-stare” nell’essere dei bambini mai completamente compiuto. QuiPontremoli cita una frase bellissima di Peter Bichsel: «i bambini vivono in mezzo alle domande, gliadulti in mezzo alle risposte. Accade che i bambini rinuncino alle risposte, non vogliano risposte, masolo domande, come se esistessero un mondo delle domande ed uno delle risposte, che si incontranosolo del tutto casualmente – due antimondi». Noi da che parte stiamo?
Giocando paroleSTEFANO VITALE
Un’esperienza di letturanella Scuola Primaria
Dal mare delle lettureMANUELA GIUSTI
L’elogio delle azioni spregevoli di Giuseppe Pontremoli harinnovato in me la consapevolezza della vastità dello scrivere,leggere, diffondere storie e, con esse, gli innumerevoli significatiche connotano la vita e la morte.I bambini e le bambine di nove-dieci anni hanno un’energia in-consapevole ed esplosiva, irriducibile e originaria; ma nei lorospontanei slanci vitali c’è già la reazione caparbia all’istituzionescuola, sempre più irrigidita in ritmi serrati e ripetitivi, in spaziimpoveriti. Convincerli all’ascolto è difficile, è una scommessa eun rischio, rischio di un’arrendevolezza solo esteriore. Quella vol-ta in biblioteca ho provato.Avevo dalla mia la convinzione dolce e inflessibile dello scritto diPontremoli, di fronte le bambine e i bambini. Come al solito,erano seduti sul tappetto-puzzle, che regolarmente viene smon-tato, per ribadire l’opposizione capricciosa al richiamo delle pa-role, sovrastate da forme di comunicazione ben più efficaci. Ave-vo in mano un libricino piccolo, con la copertina in cartone duro.Mi rassicurava il contatto con la solidità della rilegatura e l’esi-guo numero di pagine era di buon auspicio: forse sarei riuscita acondurre a termine la lettura senza troppi incidenti. I tratti ironi-ci e guizzanti delle illustrazioni di Emanuele Luzzati favorivanola mia immedesimazione nell’universo immaginifico delle storieebraiche; stavo infatti per leggere Mazel e Shlimazel ovvero illatte della leonessa di Isaac Bashevis Singer1, uno degli autoriamati da Pontremoli.Quell’ovvero, che introduceva a risvolti imprevedibili nel tessutocangiante della storia, mi deliziava. E i bambini cosa ne stavanopensando? Che cosa ne sanno delle finezze dell’arte del discorso,quando gran parte della loro abituale esperienza cognitiva si esau-risce nell’assorbire informazioni istantanee, reagire a stimoli vi-sivi, imitare modelli seriali... Ma, deposta ogni supponenza deri-vata dal mio bagaglio culturale, evitato l’errore di spiegarealcunché, mi sono ascoltata leggere.La mia voce ha costruito un ponte, luminoso come un arcobale-no, fino a ritrovare il tesoro sepolto dei significati. Bambini ebambine si sono avventurati su quel passaggio virtuale. Chi per-deva l’equilibrio trovava appiglio nelle tonalità avvolgenti dellavoce, nella scrittura dai ritmi saldi e pacati di Singer. Chi rima-neva indietro recuperava il cammino lungo le vie già più voltepercorse della struttura della fiaba. In breve eravamo tutti parte-cipi della comunità narrativa2, in uno scambio reciproco di im-maginari significativi dalle radici profonde e sovraindividuali.Nuotavamo insieme nel mare delle storie. Nella fiaba di Singeremergono, meravigliose, le perle della saggezza ebraica. Tam, ilgiovane protagonista, recupera l’errore che lo ha condotto vicinoalla morte in un breve discorso dalle abili figurazioni retoriche,che accordano con sorprendente leggerezza significati lontani. Èlo slittamento di senso che apre su scenari nuovi, che crea stupo-re e sospende la ripetitività del linguaggio quotidiano. L’abitudi-ne allo studio rigoroso della parola di Dio nel Libro consentel’affinamento inesauribile delle potenzialità semantiche del di-scorso e l’interpretazione della Realtà si dispiega in una comples-sità di relazioni.Mentre leggevo, pensavo... ma questo non mi distoglieva dal-l’adesione alle voci della storia: ero Tam e le sue avventure, eroShlimazel, lo spirito della cattiva sorte, angelo mancato poichérefrattario alla disciplina dello studio. Ero persino gli occhi in-tenti e felici di molte bambine e bambini. Infine una bambina haespresso tutta la sua sorpresa: non avrebbe mai creduto che in unlibro così piccolo ci fossero tante cose.Dunque anche il libro più piccolo è situato al crocevia di innume-revoli infiniti e ne contiene echi e risonanze.La scommessa era vinta, il rischio aggirato: avevamo condiviso lastessa pienezza comunicativa e la narrazione circolava tra noi,come acqua a cui affidarsi finalmente leggeri.
NOTE1. Isaac Bashevis Singer, Mazel e Shlimazel ovvero il latte della leonessa, Salani, Firenze1995, ill. di E. Luzzati.2. La definizione è di P. Jedlowski, in Storie comuni, Bruno Mondadori, Milano2000, p. 94.