Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” _______________________________________________________________________________________ FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Laurea Magistrale in Fisica Tesi sperimentale in Fisica Biomedica Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e diverso Z nell’ambito del progetto MiMo-BRAGG RELATORE: Dott. LORENZO MANTI ANNO ACCADEMICO 2011-2012 CANDIDATO: MAIORINO CARLA Matr. N94/76

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” _______________________________________________________________________________________

FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Laurea Magistrale in Fisica

Tesi sperimentale in Fisica Biomedica

Studio degli effetti subletali indotti da

radiazioni ad alto LET e diverso Z nell’ambito

del progetto MiMo-BRAGG

RELATORE: Dott. LORENZO MANTI

ANNO ACCADEMICO 2011-2012

CANDIDATO: MAIORINO CARLA

Matr. N94/76

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INDICE

INTRODUZIONE 5 CAPITOLO 1 - RADIAZIONE IONIZZANTE:

CARATTERISTICHE ED EFFETTI BIOLOGICI o 1.1 La radiazione ionizzante 8 o 1.2 Potere frenante e curva di Bragg 11 o 1.3 Deposizione di energia nel mezzo: LET 15

o 1.4 Dose e RBE 18

o 1.5 Curve dose risposta; effetti di traccia 22

CAPITOLO 2: ATTIVITA’ SPERIMENTALE NELL’AMBITO DEL PROGETTO MIMO-BRAGG

o 2.1 Introduzione 26

o 2.2 MiMo-Bragg: obiettivi sperimentali 30

• 2.2.1 Attività sperimentale a Napoli e Catania 30 Senescenza cellulare prematura 31

Aberrazioni cromosomiche 33

o 2.3 Apparato sperimentale: acceleratori 36

• 2.3.1 Generalità sugli acceleratori 36

• 2.3.2 Acceleratore TANDEM (Napoli) 37

• 2.3.3 Ciclotrone superconduttore (Catania) 44

CAPITOLO 3: PROCEDURE SPERIMENTALI o 3.1 Introduzione 47

o 3.2 Calibrazione dei rivelatori 48

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o 3.3 Caratterizzazione fasci 51

• 3.3.1 Simulazione della diffusione del fascio 51

• 3.3.2 Rivelatori di tracce nucleari a stato solido,

calcolo della fluenza e verifica dell’uniformità 55

• 3.3.3 Calcolo del LET 57

• 3.3.4 Misura del fattore di taratura 57

CAPITOLO 4: ANALISI DEI DATI SPERIMENTALI: SENESCENZA E ABERRAZIONI CROMOSOMICHE

o 4.1 Preparazione dei campioni e trattamento post-irraggiamento 59

o 4.2 Caratterizzazione degli effetti subletali 63

• 4.2.1 Senescenza cellulare prematura 63

• 4.2.2 Aberrazioni cromosomiche con tecnica FISH 69

CONCLUSIONI 77

APPENDICE A: IL CICLO CELLULARE 80

APPENDICE B: ABERRAZIONI CROMOSOMICHE 83

APPENDICE C: MATERIALI UTILIZZATI 89

APPENDICE D: PROTOCOLLI 91

BIBLIOGRAFIA 95

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I fashion my future on films in space Silence tells me secretly everything, everything....

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INTRODUZIONE

L’impiego in radioterapia di fasci di ioni di Z intermedio (adroterapia),

essenzialmente carbonio, si sta affermando rapidamente, come testimoniato dalla

recente apertura del CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica) a Pavia [1],

che ha appena concluso la validazione radiobiologica di questi fasci, già peraltro

ampiamente sfruttati in Giappone [2] e Germania [3] . A questo si deve aggiungere

l’attività che da anni i Laboratori Nazionali del Sud dell’Istituto Nazionale di Fisica

Nucleare (LNS-INFN) di Catania svolgono con fasci di protoni per il trattamento di

tumori oculari superficiali [4].

Le applicazioni mediche di fasci di particelle cariche sono il frutto di decenni di

ricerche in radiobiologia. Ciononostante, le conseguenze a lungo termine

dell’esposizione a particelle cariche per la salute umana restano tuttora poco

conosciute, principalmente a causa della scarsità di dati sperimentali e alle lacune

nei modelli radiobiofisici esistenti, specialmente per quanto attiene agli effetti

tardivi sub-letali, di interesse per il tessuto sano.

Il LET (Linear Energy Transfer) è stato per decenni il parametro di riferimento

per l’interpretazione degli effetti radiobiologici, nel tentativo di spiegare in termini

di deposizione locale di energia le differenze di efficacia radiobiologica fra diverse

qualità di radiazione, cioè fotoni e particelle cariche. E’ però crescente la

consapevolezza che tale parametro non sia adeguato a predire con accuratezza

l’efficacia di ioni di diverso Z, in quanto non tiene conto della struttura di traccia

dello ione [5]. E’ infatti noto che, per sua natura, la distribuzione degli eventi di

ionizzazione ed eccitazione degli atomi e delle molecole del mezzo biologico sia

discontinua, per cui molte delle conseguenze osservabili a livello molecolare e

cellulare sono solo parzialmente descrivibili da parametri macroscopici e stocastici

quali la dose ed, appunto, il LET.

La perdita di energia in funzione della profondità nel materiale attraversato da

radiazione ad alto LET (ioni) è descritta dalla ben nota curva di Bragg. D’altra parte,

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gli effetti a livello cellulare e molecolare di questa radiazione, a parità di LET ma per

vari Z, sarebbero meglio descritti da un’equivalente curva di Bragg “biologica”, in

cui, cioè, fossero noti gli effetti radiobiologici lungo il profilo fisico di deposizione

energetica dello ione alle varie profondità. In particolare, per le particelle cariche

l’energia depositata per unità di percorso è differente a seconda della massa e

dell’energia dello ione, quindi a parità di energia assorbita l’Efficacia Radiobiologica

Relativa (Relative Biological Effectiveness o RBE) non è costante lungo la traccia

dello ione. Ciò comporta che particelle con uguale LET abbiano diversa RBE [6].

L’obiettivo principale di questo lavoro di tesi, svolto nell’ambito del progetto

MIMO-BRAGG, finanziato dall’INFN, è lo studio di alcuni effetti radiobiologici su

cellule normali in seguito ad esposizione a ioni di vario Z, di particolare rilevanza per

la valutazione del danno collaterale ai tessuti sani. Tali effetti sono la senescenza

cellulare prematura e l’induzione di aberrazioni cromosomiche.

Gli esperimenti qui descritti sono stati svolti utilizzando linee cellulari umane

normali e fasci di carbonio e ossigeno accelerati sia presso i LNS-INFN di Catania che

presso l’acceleratore Tandem TTT-3 del Dipartimento di Fisica dell’UDS “Federico II”

di Napoli. I campioni biologici sono stati esposti in diverse posizioni della curva di

Bragg (inizio del plateau e picco pristino a Catania, picco pristino a Napoli). I dati

ottenuti serviranno a studiare gli effetti biologici sub-letali di ioni di vario tipo ed

energia su cellule normali e quindi potrebbero risultare di interesse per la

comprensione dei possibili effetti indesiderati della radioterapia con ioni pesanti.

La tesi si articola in 4 capitoli ed è strutturata come segue:

nel primo capitolo verrà introdotta la problematica in esame, tramite la

descrizione delle caratteristiche e degli effetti in ambito biologico delle

radiazioni ionizzanti;

nel secondo capitolo si procederà all’esposizione del razionale del

progetto MIMO-BRAGG e sarà dato spazio ai principi di funzionamento

degli acceleratori usati nell’esperimento;

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Il terzo capitolo sarà incentrato sulla caratterizzazione dei fasci di

particelle utilizzati per l’irraggiamento dei campioni e sulle operazioni

svolte prima, durante e dopo i turni di misura effettuati;

Nel quarto capitolo saranno illustrate le procedure di trattamento dei

campioni irraggiati e i risultati ottenuti dall’analisi dei diversi effetti

tardivi osservati (senescenza cellulare e aberrazioni cromosomiche).

Infine, nelle Conclusioni saranno discusse le principali implicazioni dei

risultati sperimentali e i possibili sviluppi futuri di questa linea di ricerca.

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CAPITOLO 1 RADIAZIONI IONIZZANTI:

CARATTERISTICHE ED EFFETTI BIOLOGICI_______

1.1 LA RADIAZIONE IONIZZANTE

La radiazione interagisce con la materia trasferendo ad essa energia per

mezzo di fenomeni di ionizzazione ed eccitazione degli atomi e delle molecole del

mezzo attraversato, potenzialmente modificandone la struttura; in particolare, se

tale mezzo è rappresentato da materiale biologico, gli eventi di cessione energetica

possono creare al suo interno un danno, rompendo legami molecolari ed alterando

quindi le proprietà biochimiche del mezzo. In realtà, il danno biologicamente

osservabile è il risultato di un processo a catena di cui lo stadio fisico di interazione

radiazione-materia rappresenta il primo passo.

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Fig.1. Azione della radiazione ionizzante sul DNA

Per semplicità di esposizione, le radiazioni ionizzanti possono essere

classificate come:

• DENSAMENTE IONIZZANTI: particelle cariche e neutroni, lungo la cui traccia

gli eventi di deposizione energetica sono estremamente ravvicinati;

• SPARSAMENTE IONIZZANTI: fotoni (raggi x e γ), la cui distribuzione degli

eventi di cessione energetica nel mezzo è sporadica e casuale. Quando

assorbiti nel mezzo, cedono la propria energia producendo particelle

secondarie cariche veloci, che possono provocare ionizzazione diretta.

Dal punto di vista del meccanismo con cui le radiazioni ionizzanti possono

interagire con le biomolecole, causando quindi effetti biologicamente significativi, si

possono distinguere due modalità di azione [1]:

• Azione diretta

Trasferimento di energia a una biomolecola (ad es. DNA) attraverso

ionizzazioni primarie e/o secondarie che avvengono direttamente sugli atomi

della biomolecola, dando inizio a una catena di eventi fisico-chimici culminanti

in un effetto biologico osservabile.

• Azione indiretta

Trasferimento di energia a una biomolecola attraverso reazioni con altri atomi

o molecole (principalmente acqua) della cellula. Questo effetto dipende

fortemente dalla presenza di acqua e, più in generale, dalla composizione del

mezzo.

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Le lesioni primarie (Fig.1) sono indotte dalla radiazione negli atomi presenti

nel mezzo assorbente in modo casuale, quindi non ci sono molecole all’interno di

una cellula più o meno radiosensibili. La molecola di DNA, in quanto presente in una

sola copia e portatrice dell’informazione genetica, è il bersaglio per eccellenza della

radiazione. Le lesioni radioindotte sul DNA possono alterarne la struttura primaria

(sequenza delle basi sull’elica) e secondaria (doppia elica) e le funzioni biologiche

(replicazione, trascrizione, espressione, …). Quelle maggiormente osservate sono:

Rottura dei legami (idrogeno e p) tra basi

Danneggiamento di una base azotata

Danneggiamento di uno zucchero

Rottura di un filamento singolo (SSB)

Rottura di entrambi i filamenti (DSB)

Siti con danni multipli (cluster)

Intercalazione (introduzione di un frammento tra i due filamenti)

Legame crociato lungo il filamento (intra-strand cross link)

Legame specifico lungo un filamento

Legame crociato tra filamenti (inter-strand cross link)

Legame crociato tra DNA e proteina

In seguito alla rottura dei legami chimici il danno biologico può condurre la

cellula verso due destini, in tempi e modalità diversi:

- morte cellulare, che può sopraggiungere entro ore o giorni e induce:

o effetti precoci;

o effetti tardivi;

o conseguenze sullo sviluppo (a livello fetale)

- mutazioni del DNA, che possono favorire la carcinogenesi, o a mutazioni

genetiche ereditarie dopo generazioni (aberrazioni cromosomiche).

Ovviamente, data la natura sparsamente ionizzante dei fotoni, è molto più

probabile che il danno radiobiologico da essi provocato sia mediato da ionizzazioni

del mezzo in cui le macromolecole di interesse biologico si trovano immerse, ossia

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l’acqua, la cui radiolisi provoca la formazione di specie chimiche altamente reattive

che diffondono e interagiscono con tali macromolecole.

Viceversa, a causa della elevata densità di ionizzazione che caratterizza le

particelle cariche, siano esse elettroni veloci secondari o ioni che interagiscono in

maniera coulombiana con il materiale biologico, l’azione diretta è nel loro caso il

meccanismo prevalente. Di conseguenza, le interazioni che possono avere

ripercussioni sull’integrità delle macromolecole biologiche sono sempre riconducibili

a particelle cariche.

1.2 POTERE FRENANTE E CURVA DI BRAGG

In generale, due aspetti principali caratterizzano il passaggio di particelle

cariche attraverso la materia: la perdita di energia da parte della particella e la

deviazione dalla sua direzione iniziale. Questi effetti sono il risultato di vari processi,

principalmente di:

collisioni anelastiche con gli elettroni atomici del mezzo;

scattering elastico da parte dei nuclei

reazioni nucleari

Queste ultime si verificano solo ad energie molto elevate e la loro casistica

non viene coinvolta praticamente in questo lavoro di tesi, per cui esse non saranno

qui trattate.

Le reazioni di scattering elastico dovute all’interazione coulombiana della

particella carica con il nucleo hanno minore rilevanza dal punto di vista

radiobiologico, in quanto portano principalmente alla deflessione della particella

incidente.

Le collisioni anelastiche con gli elettroni atomici possono essere considerate

come le principali responsabili della perdita di energia delle particelle cariche nella

materia. In queste collisioni (caratterizzate da sezioni d’urto σ ≈ 10 -17÷10-16 cm2)

viene trasferita energia dalla particella all’atomo, causando ionizzazione o

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eccitazione di quest’ultimo. L’energia spesa mediamente da una particella ionizzante

per creare una coppia ione-elettrone (cioè un evento di ionizzazione) è definita con

W e dipende dalla massa e dalla velocità della particella stessa [2]. Va sottolineato come ogni singola collisione sia un processo statistico. Poiché

il numero di collisioni particella-elettroni per unità di lunghezza (macroscopica) è

molto grande, le fluttuazioni nella perdita di energia totale sono molto piccole: è

dunque possibile valutare la perdita media di energia della particella incidente per

unità di percorso nella materia, detta potere frenante del mezzo attraversato

(“stopping power”) e indicata con 1

. Per energie della particella incidente elevate

rispetto alle energie di ionizzazione richieste, il potere frenante è dato dalla formula

di Bethe-Bloch, piuttosto complicata; volendo evidenziare semplicemente la

dipendenza di questo fattore da alcune quantità, tale formula si può approssimare

come [3]

in cui:

- dx: spessore di materiale attraversato, espresso in g/cm2;

- ρ: densità del mezzo;

- β= v/c, con v velocità della particella, c velocità della luce;

- Z: numero atomico del mezzo;

- A: numero di massa del mezzo

- f(β): funzione lentamente variabile di β.

1 E’ proprio il carattere intrinsecamente statistico della deposizione di energia che rende la descrizione che segue concettualmente corretta per volumi macroscopici ma inadeguata dal punto di vista micro dosimetrico. Risulta chiaro che, dipendendo gli effetti biologici dagli eventi di ionizzazione su scale dei µm o addirittura dei nm (ordine di grandezza della distanza di separazione delle due eliche del DNA), le fluttuazioni di cui sopra diventano non trascurabili. Questo rappresenta il razionale per il superamento di tali grandezze e giustifica la necessità di tener conto anche della struttura di traccia degli ioni di cui si voglia studiare l’efficacia radiobiologica.

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La dipendenza dal mezzo diffondente sta principalmente nel rapporto Z/A,

che a sua volta varia assai lentamente da un isotopo all'altro: se ne deduce che il

potere frenante è una caratteristica più della particella che del mezzo, perché

dipende fortemente dall’energia cinetica della particella.

Alle basse energie, quando la velocità della particella incidente diventa

paragonabile alla velocità degli elettroni atomici intorno al nucleo, l’assunzione che

l’elettrone sia fermo rispetto alla particella incidente non è più valida e la formula di

Bethe-Bloch necessita di una correzione: a tali energie, infatti, la particella cattura

elettroni e il potere frenante decade rapidamente. Quindi, man mano che una

particella, nell'attraversare un mezzo, perde energia, il potere frenante aumenta, la

particella rallenta sempre più rapidamente e deposita una quantità di energia per

unità di percorso che cresce con continuità fino al punto in cui il potere frenante

raggiunge il massimo, per poi azzerarsi, ossia nel punto in cui la particella ha ceduto

tutta la sua energia fermandosi nel mezzo. Per elettroni e positroni, invece, il rilascio

di energia in funzione dello spessore attraversato è differente a causa di ulteriori

meccanismi che intervengono nella loro interazione con la materia; in particolare,

per gli elettroni il picco non si osserva a causa dei molteplici e casuali cambiamenti

di traiettoria a causa dei quali esso rallenta, per cui non si verifica un incremento di

energia a fine percorso [3].

L’andamento della perdita di energia in funzione della profondità del mezzo,

noto come curva di Bragg, è rappresentato in Fig.2; è riportato, per confronto, il

comportamento di neutroni, fotoni ed elettroni energetici.

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Fig.2. Energia persa per unità di percorso per vari tipi di radiazione ionizzante in funzione della profondità raggiunta nel mezzo.

Assumendo che la perdita di energia nel mezzo sia continua, la distanza

massima di penetrazione è un numero ben definito per tutte le particelle identiche

con stessa energia iniziale che attraversano lo stesso materiale. Questa quantità è

chiamata range della particella. Considerando un fascio di particelle con identico Z,

si osserva in realtà che il range delle singole particelle varia a seconda della velocità,

ossia dell’energia cinetica, delle stesse. Una misura su un numero grande di

particelle fornisce dunque una distribuzione statistica di singoli "range" centrata

intorno ad un valor medio, detto range medio, con una certa deviazione standard.

Questo fenomeno è detto range straggling (Fig.3). Il range medio è definito come la

distanza a cui la metà esatta delle particelle è stata intercettata. Da un punto di vista

teorico, possiamo calcolare il range medio di una particella di una data energia

iniziale E0 mediante il seguente integrale [4]:

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Fig.3. Range medio e range estrapolato di una particella

1.3 DEPOSIZIONE DI ENERGIA NEL MEZZO: LET

Per quanto detto finora, l’interazione con la materia di radiazioni

direttamente ionizzanti può essere caratterizzata dal potere frenante lineare S

dove dE è l’energia perduta dalla particella carica lungo il cammino dx.

Si hanno due componenti principali:

- perdite dovute a collisione Scoll (potere frenante lineare da collisione);

- perdite per irraggiamento Sirr (potere frenante lineare per irraggiamento),

rilevante solo per elettroni di alta energia.

Si definisce inoltre potere frenante lineare di massa il rapporto , dove ρ è la

densità del materiale attraversato [5].

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Fig.4. Deposizione di energia lungo la traccia di particelle a basso ed alto LET

Per l’interpretazione degli effetti delle radiazioni ionizzanti sulla materia

vivente è di fondamentale importanza la distribuzione spaziale dell’energia trasferita

lungo le tracce dalle particelle cariche. Piuttosto che al potere frenante si preferisce

far riferimento a una quantità, il LET (Linear Energy Transfer, trasferimento lineare

d'energia), detto anche potere frenante lineare da collisione, che tiene conto

solamente delle perdite di energia per unità di percorso per collisione, poiché le

perdite per irraggiamento avvengono con emissione di radiazione elettromagnetica

che si suppone trasferisca energia

lontano dalle tracce, quindi lontano

dal sito di interazione con la molecola

biologica di interesse.

Il LET si esprime solitamente in

keV∙µm-1; dipende da velocità e carica

della particella (cresce al crescere di Z

e al decrescere di v) e al crescere della

profondità di penetrazione sale

rapidamente fino ad un massimo, coincidente con il picco di Bragg della particella. Si

usa quindi distinguere le radiazioni ionizzanti in (Fig.4):

- particelle a basso LET:

-

particelle sparsamente ionizzanti, come elettroni e fotoni

di ogni energia.

particelle ad alto LET:

Come accennato nella nota 1 di pag.12, è essenziale conoscere il LET

puntualmente lungo la traccia di una particella per predire esaurientemente la

risposta radiobiologica. Difatti, nel processo di perdita di energia per ionizzazione le

particelle cariche primarie cedono energia ad elettroni della materia, i quali talvolta

acquisiscono energia cinetica sufficiente per dare luogo a elettroni secondari (raggi

δ), che si comportano a loro volta come le particelle primarie, trasportando lungo la

propria traccia l'energia ricevuta e trasferendola al mezzo in punti anche distanti dal

sito ove è avvenuta la collisione. I raggi δ di bassa energia sono molto più probabili

di quelli di alta energia: di conseguenza, poiché il diametro della traccia non è

particelle densamente ionizzanti, come protoni, α, ioni

pesanti, neutroni.

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Fig.5. Struttura di traccia di protoni e carbonio in H2O. A parità di energia, si ottengono diverse strutture di traccia. In basso a sx è raffigurata schematicamente la doppia elica del DNA per avere un raffronto dimensionale.

proporzionale al LET, ma dipende dall’energia

della particella e, a parità di energia, dal suo Z, la

densità di ionizzazione sarà diversa per diversi

ioni di pari LET. In generale, gli effetti di particelle

di ugual LET ma Z diversi possono differire (Fig.5).

La conoscenza della distribuzione di queste

particelle lungo una traccia (struttura di traccia

dello ione) è di primaria importanza

nell'interpretazione degli effetti indotti dalle

radiazioni nei materiali biologici, in quanto

fornisce informazioni dirette sul trasporto di

energia a distanza.

Per conoscere la deposizione d'energia in

una ben precisa regione intorno alla traccia delle

particelle incidenti si fa ricorso ad un’ulteriore

quantità, detta potere frenante per collisione

lineare ristretto LΔ, che tiene conto solo

dell’energia ceduta localmente nel mezzo, cioè in

prossimità della traccia primaria, poiché in esso si

considerano esclusivamente le collisioni che

comportano cessioni di energia inferiori ad un opportuno valore. LΔ è definito come:

dove dE rappresenta l'energia ceduta localmente per collisione da una particella

carica lungo un segmento di traccia dl, avendo considerato nel computo di dE solo le

collisioni che comportano un trasferimento di energia minore di Δ (di solito in eV)

per singola collisione. Come energia di cut-off di solito in radiobiologia si considera

Δ=100 eV, energia media cui corrisponde un range dei raggi δ entro le distanze

tipiche dei bersagli biologici (ad esempio, la doppia elica del DNA).

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Se si prendono in considerazione tutte le perdite d'energia senza imporre

alcun limite, si ottiene per il LET, che in questi casi si suole indicare con il simbolo L∞,

lo stesso valore numerico del potere frenante per collisione. In genere il L100 vale

circa il 60% del L∞, quindi i raggi δ più energetici (quelli “indipendenti” dalla traccia

madre) sono responsabili del trasporto di circa il 40% dell'energia totale persa dalla

particella lungo la traccia.

Poiché gli elettroni δ hanno un largo spettro di energia, il LET generalmente

non assume un valore ben definito, ma segue una distribuzione. Se f(L) è la

probabilità di trovare un valore del LET nell’intervallo [L, L+dL], si definisce track

average LET la quantità

mentre si definisce il dose average LET come

1.4 DOSE E RBE

L’effetto biologico di una radiazione è tradizionalmente correlato

all’ammontare di energia trasferita al volume irraggiato e quindi è stato studiato in

funzione del LET. Ovviamente, il LET definisce solo il rateo lineare di trasferimento di

energia ma non la quantità effettivamente assorbita dal mezzo. Si può quindi

pensare di valutare l’energia media assorbita per mezzo della dose, definita come

l’energia effettivamente depositata all’interno di un volume unitario dV: [6]

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Fig.6. Ioni di Si da 670 MeV si frammentano nell’attraversare un bersaglio di piombo. Le curve con indice da 9 a 13 rappresentano le distribuzioni cumulative di dose per i frammenti di Si con numero atomico da 1 a quello indicato.

con dm elemento unitario della massa del campione. dE è l’energia media rilasciata

in un volume dV di un mezzo di densità ρ ed è data dalla differenza della somma

delle energie che entrano in dV (ΣEin) e la somma di quelle che escono (ΣEout), più la

somma algebrica delle energie liberate (positive) ed assorbite (negative) nelle

reazioni che avvengono in dV (ΣQ):

dE = ΣEin - ΣEout + ΣQ

L’unità di misura per la dose è il Gray (Gy), dove 1 Gy = 1 J/kg.

La dose assorbita da un fascio di particelle cariche è dovuta alla somma delle

varie dosi associate alle ionizzazioni prodotte dal fascio primario e dagli ioni

secondari eventualmente prodotti dalla frammentazione del fascio (per energie di

questo elevate e bersagli con alto Z). Nel caso di fasci di particelle cariche che

attraversano bersagli biologici (numero atomico piccolo-medio) si può avere anche

la frammentazione del bersaglio in ioni di minore numero atomico che vengono

accelerati (Fig.6).

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Per tenere conto del fatto che dosi uguali impartite da tipi differenti di

radiazioni producono danni biologici differenti, si introduce il concetto di dose

equivalente, definita come la dose media assorbita in un organo o tessuto pesata in

funzione del tipo e dell’energia della radiazione con i fattori WR:

Ht = ΣRWR∙DT,R

dove DT,R è la dose assorbita mediata sul tessuto T. L’unità di misura è il Sievert (Sv).

E’ stato stimato che l’assorbimento di 1 Gy da parte di un nucleo cellulare

comporta circa 2000 ionizzazioni sul DNA. Le ionizzazioni provocate per azione

diretta da radiazioni ad alto LET sono solitamente resistenti alla riparazione del

danno sul DNA e sono le principali responsabili della formazione di clusters e DSB

(rottura del doppio filamento), che la maggior parte dei dati sperimentali disponibili

identifica come la lesione più radiobiologicamente significativa per molteplici

endpoint (morte cellulare, carcinogenesi, mutazioni).

La dose assorbita è una quantità macroscopica correlata alla energia media

assorbita, per esempio, da un campione di cellule, mentre ai fini del danno biologico

sarebbe auspicabile conoscere la distribuzione microscopica dell’energia, la

posizione della traccia e la densità di coppie di ioni create. In biologia delle radiazioni

si ha a che fare con diverse tipologie di radiazione e diventa difficile paragonare i

risultati degli esperimenti basandosi solo sui valori del LET, essendo questo un

parametro statistico che non tiene conto della natura discontinua delle deposizioni

energetiche.

Per paragonare tra loro qualità diverse di radiazioni ionizzanti nella loro

efficacia di induzione di un determinato effetto, si definisce l’RBE (acronimo

dell’inglese Relative Biologic Effectiveness), la cui definizione formale è data da [7]

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Fig.7. Rappresentazione grafica dell’RBE. Considerate le curve di sopravvivenza per una data popolazione cellulare (percentuale di cellule sopravvissute in funzione della dose), per la radiazione di riferimento e per la radiazione in esame, si valuta il valore di dose corrispondente ad una fissata percentuale di sopravvivenza. Il rapporto tra il valore di dose della radiazione di riferimento (x-rays) e quello della radiazione in esame fornisce l’RBE.

Considerando la dose della radiazione in esame, Dr, e quella della radiazione di

riferimento, Drif, che producono lo stesso livello dell’effetto preso in esame:

in cui la radiazione X è presa convenzionalmente come radiazione di riferimento

(Fig.7).

Al di là delle radiazioni in esame e di riferimento, l’RBE dipende da un certo

numero di altri fattori:

• effetto biologico considerato;

• frazionamento della dose, che tende a “spalmare” il calcolo dell’RBE sulle

curve di sopravvivenza delle diverse frazioni di radiazione (importante da

considerare in radioterapia);

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Fig.8. Andamento dell’RBE in funzione del LET

• variazioni nel rateo di dose (dose/tempo,

misurato in Gy/min);

• qualità della radiazione (LET)

L’RBE è inizialmente proporzionale al LET

e cresce al crescere del LET della radiazione

ionizzante (Fig.8). Questo incremento è

fondamentalmente il risultato di una maggiore

densità di ionizzazione e quindi della

formazione di danni fortemente localizzati e di

crescente severità, ovvero di minore riparabilità

da parte dei meccanismi intracellulari di riparo del danno citogenetico.

1.5 CURVE DOSE-RISPOSTA; EFFETTI DI TRACCIA

La relazione funzionale tra la dose di radiazione assorbita e l’effetto biologico

osservato è rappresentata tramite le curve dose-risposta, i cui parametri (larghezza

della spalla, pendenza del tratto esponenziale) possono variare in base a:

tipo di popolazione cellulare

qualità della radiazione

effetto considerato

condizioni ambientali durante (ossigeno, temperatura) e dopo l’esposizione

aggiunta di farmaci

Una delle curve dose-risposta più utilizzate ai fini della comprensione degli

effetti letali delle radiazioni è la curva di sopravvivenza cellulare (Fig.9), che mette in

relazione la dose di radiazioni fornita ad un campione cellulare con la frazione della

popolazione cellulare irradiata che sopravvive, misurata in base alla sua capacità

clonogenica (capacità di formare colonie). Una curva di sopravvivenza può avere 4

andamenti caratteristici: lineare, esponenziale, sigmoidale, misto, ognuno dei quali

indica la radiosensibilità della popolazione cellulare in esame.

Page 24: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

23

Fig.9. Curve di sopravvivenza a confronto: radiazione di riferimento (x-rays) e radiazioni ad alto LET

Le curve dose-risposta sono state

analizzate per elaborare modelli

matematici con i quali interpretare il

meccanismo di azione delle radiazioni.

Tali modelli matematici si basano su una

serie di postulati:

• gli eventi discreti di deposizione

di energia nella materia,

denominati "hit”, hanno una

natura stocastica nel tempo e

nello spazio;

• la morte cellulare è connessa al

verificarsi di un’interazione a

livello di sedi particolarmente critiche delle cellula ai fini della sua possibilità

di divisione;

• esistono nella molecola del DNA alcune sedi la cui integrità è indispensabile

per consentire la divisione cellulare;

• l’evenienza di una doppia rottura in una o più di tali sedi è la causa della

morte cellulare

• tali sedi sono da considerare i bersagli o “target” biologici di identificabile

volume fisico e la risposta in esame si verifica se target specifici vengono

inattivati da un definito numero di hit.

I due modelli cui si fa riferimento nello studio dell’interazione radiazione-

materia sono:

modello “single target, single hit”, secondo il quale in ogni cellula esiste un

solo bersaglio sensibile la cui inattivazione produce la morte della cellula e

l’inattivazione della capacità riproduttiva richiede un unico evento in questo

bersaglio in ogni cellula;

Page 25: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

24

Fig.10. Curva di sopravvivenza per radiazioni ionizzanti con andamento lineare-quadratico

modello “multi target, single hit”, secondo cui in ogni cellula esistono N

bersagli sensibili, in ognuno dei quali deve verificarsi almeno un evento per

avere la perdita della capacità riproduttiva.

Un caratteristico andamento della

curva dose-risposta relativa a radiazioni

ionizzanti (Fig.10) è

dove:

- FS = fattore di sopravvivenza

- D = dose (Gy)

- α = fattore di curvatura lineare

- β = fattore di curvatura quadratico

Nel modello di curva lineare-quadratico, l’inattivazione della capacità

riproduttiva può avvenire sia per un singolo evento in un singolo target che per più

eventi nello stesso target. La prevalenza di una delle due modalità di inattivazione

determina la forma della curva.

La componente α (Fig.11) rappresenta la componente lineare del danno

direttamente letale (i.e. non riparabile). Può essere identificata con gli eventi di DSB

ed è prevalente con radiazioni ad alto LET e a basso dose rate. La componente β

rappresenta la componente quadratica della curva e corrisponde al danno

riparabile. Può essere identificata con gli eventi di SSB ed è quindi prevalente con

radiazioni a basso LET. Il rapporto α/β rappresenta la dose per cui componente

lineare e quadratica sono uguali e può descrivere la morfologia della curva. [8]

Page 26: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

25

Fig.12. Rappresentazione dell’effetto overkill

Fig.11. Relazione tra hit e target nelle due zone, lineare e quadratica, della curva di sopravvivenza. Il target considerato è rappresentato da una coppia di cromosomi.

A basse dosi, dunque,

considerando radiazione a basso LET,

la forma della curva di sopravvivenza

indica che sono necessari eventi

multipli per provocare la morte

cellulare: la radiazione a basso LET

produce una traccia “sparsamente

ionizzante”, ed è raro che due tracce

depositino energia nella stessa cellula.

Per radiazione ad alto LET, la densità

di ionizzazione è tale che in una cellula

ci siano con certezza almeno due

eventi, abbastanza per provocare

l’inattivazione cellulare. Oltre i 100 keV/μm l’RBE decresce all’aumentare del LET:

questo fenomeno è stato definito effetto overkill (Fig.12), poiché la densità di

ionizzazione in una singola cellula è maggiore di quella necessaria a generare i due

eventi sufficienti a provocare l’inattivazione della cellula stessa. Tale dose risulta

dunque dissipata all’interno di una singola cellula e non contribuisce all’inattivazione

cellulare, quindi a parità di particelle l’RBE decresce.

Page 27: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

26

CAPITOLO 2 ATTIVITA’ SPERIMENTALE NELL’AMBITO DEL

2.1 INTRODUZIONE

PROGETTO MIMO-BRAGG___________________

Nel Capitolo 1 è stata fornita una descrizione teorica delle radiazioni ionizzanti

e dei loro effetti sul materiale biologico, in particolare sul DNA, portatore

dell’informazione genetica. La grande attenzione rivolta alle conseguenze

dell’esposizione umana a questo tipo di radiazioni ha origine dalla presenza costante

delle stesse in molti contesti. In particolare, la radiazione ad alto LET è nota per la

maggiore efficacia nell’induzione di una serie di effetti biologici rispetto ai fotoni.

Page 28: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

27

La radiazione ad alto LET può provenire da:

• fonti naturali

o radiazione alfa emessa dal decadimento del radon e dai suoi

discendenti nel caso della radioattività ambientale;

o radiazione cosmica HZE (High Energy and Z) nel caso di missioni spaziali;

• applicazioni mediche

o terapie antitumorali che coinvolgono fasci di protoni e ioni carbonio;

o radioimmunoterapia con radionuclidi

o diagnostica con radionuclidi.

I meccanismi alla base degli effetti radiobiologici di tali esposizioni e delle

conseguenze, in particolare a lungo termine, sulla salute umana, non risultano

ancora oggi completamente chiari [1-6], principalmente a causa della complessa

natura della risposta dei sistemi biologici agli stress citogenetici.

E’ importante ricordare che la severità del danno al materiale biologico

investito da radiazione ionizzante ad alto LET cambia con la profondità raggiunta

dalle particelle stesse; difatti, il valore della RBE è influenzato da un certo numero di

fattori, non per ultimo la variazione del pattern di ionizzazioni lungo la traccia dello

ione che penetra nel mezzo. Dal punto di vista radiobiologico, gli effetti

dell’esposizione alla radiazione ionizzante sono determinati dal livello di danno

inflitto (principalmente a carico del DNA), che a sua volta rispecchia le modalità di

deposizione energetica, descritte dalla curva di Bragg. Al crescere del LET della

radiazione il danno predominante assume la forma di cluster di lesioni (rotture della

doppia, basi danneggiate del DNA) [7], in quanto aumenta la densità di ionizzazione

lungo la traiettoria della radiazione.

Tuttavia, la determinazione degli effetti dell’esposizione a ioni accelerati non è

un fenomeno di così facile rappresentazione. RBE e LET sono parametri inadeguati a

descrivere compiutamente i risultati sperimentali e a predire realisticamente

l’efficacia dei vari ioni accelerati: per una corretta interpretazione sia sperimentale

che modellistica degli effetti biologici si deve tener conto, infatti, della diversa

Page 29: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

28

struttura di traccia dello ione. Difatti, il LET rappresenta un buon indicatore del tasso

di deposizione energetica, ma non è capace di predire gli effetti biologici attraverso

una semplice relazione [8]. In particolare, l’energia di radiazione ad alto LET è

depositata in maniera quantitativamente differente secondo massa ed energia

iniziale dello ione. Ne consegue che l’RBE osservata possa differire, a parità di

energia assorbita, ossia di dose [9], e che quindi non si mantenga costante lungo la

traccia dello ione [10]. Poiché il diametro della traccia non è proporzionale al LET,

ma dipende dall’energia della particella e, a parità di energia, dal suo Z, la densità di

ionizzazione sarà diversa per diversi ioni di pari LET.

Per quasi tutti i tipi di ioni e per i principali obiettivi radiobiologici di interesse

in radioprotezione e in radioterapia, l’RBE di particelle cariche non varia linearmente

con il LET ed è ≥1. Mentre il danno letale è legato agli effetti acuti e previene la

trasformazione neoplastica della cellula, a dosi più basse può intervenire in diverse

forme un danno subletale, che non causa la morte cellulare, ma accumulandosi in

cellule proliferanti può comportare instabilità genetica, trasformazione, mutazione e

carcinogenesi. All’aumentare della dose, gli effetti letali aumentano, mentre quelli

subletali esibiscono un massimo man mano che all’aumentare del danno il ciclo

cellulare2

La maggior parte degli studi radiobiologici sugli ioni ha finora puntato

maggiormente sugli effetti letali a carico delle cellule tumorali, esaminando

principalmente la sopravvivenza clonogenica solo sul picco della curva di Bragg. Ciò

è stato dettato dalla necessità di utilizzare la radiazione ad alto LET per la terapia

oncologica su tumori radiosensibili. Invece, il danno cellulare subletale nella regione

di plateau, oltre il picco e nelle immediate vicinanze della traiettoria dello ione,

d’interesse per eventuali effetti non-targeted [ 11], non è stato ancora

rallenta fino ad arrestare la sua progressione. Ne discende che gli effetti

non letali sono più probabili nella regione di plateau della curva di Bragg, in cui la

letalità cellulare è bassa ma dove le cellule normali ricevono ad ogni modo dosi non

trascurabili.

2 Il ciclo cellulare, o ciclo di divisione cellulare, è la serie di eventi che coinvolgono una cellula eucariota tra una divisione cellulare e quella successiva. La sua durata varia a seconda della specie cui la cellula appartiene, del tipo di cellula e delle condizioni di crescita (vedere Appendice A).

Page 30: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

29

adeguatamente misurato e modellizzato. Tale danno a lungo termine può

compromettere la stabilità genomica delle cellule normali interessate e l’integrità

funzionale dei tessuti sani, e per questi motivi è fondamentale determinare

l’efficacia dell’origine di tali effetti per diversi scenari di esposizione.

In generale, è possibile che gli ioni accelerati posseggano un RBE maggiore

rispetto alla radiazione a basso LET per effetti non letali tardivi, che occorrendo

lungo la regione di plateau della curva di Bragg interessano maggiormente i tessuti

sani. Inoltre, è noto sia da studi in vitro che su animali che gli ioni pesanti sono

molto più efficienti della radiazione a basso LET anche nell’induzione di cancro,

seppure a dosi relativamente basse. Ancora, è stato dimostrato che anche dosi

molto basse di radiazione ad alto LET (esposizioni subletali) essi sono capaci di

indurre senescenza cellulare prematura, che a sua volta può condurre a

complicazioni del tessuto sano, compromissione di organi ed altri effetti non

tumorigenici.

Al momento esistono solo poche misure di danno subletale lungo la traiettoria

di ioni [12-18], che sono limitate a poche posizioni (tipicamente, centro del plateau e

del picco allargato) rendendo difficile la stima dell’RBE e delle sue variazioni lungo il

cammino della particella. Tali risultati hanno però evidenziato come la curva di

Bragg biologica possa variare quantitativamente e qualitativamente per ognuno

degli obiettivi esaminati lungo la traiettoria dello ione (curva di Bragg fisica) e come

differisca da questa ultima per ciascuno ione e per ciascuna dose. E’ fondamentale

quindi approfondire lo studio delle proprietà radiobiologiche di ioni di vario Z

tramite precise misure del danno citogenetico lungo la loro traccia, che possano così

portare alla costruzione di più accurati modelli biofisici degli effetti della radiazione

ad alto LET, al fine di elaborare piani di rischio più affidabili in radioprotezione e

migliori piani di trattamento e radioterapia [19-21].

Page 31: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

30

2.2 MIMO-BRAGG: OBIETTIVI SPERIMENTALI

Il progetto MiMo-BRAGG (Misura e Modellizzazione di danno citogenetico

lungo la curva di BRAGG di ioni accelerati) si propone di studiare e quantificare il

danno citogenetico rilevante per l’insorgenza di effetti tardivi lungo la traiettoria di

ioni accelerati e la loro modellizzazione rispetto alle caratteristiche fisiche di tali

particelle, tenendo in considerazione le variazioni del danno al DNA e della risposta

cellulare lungo il percorso dello ione e i vari fattori (fisici e biologici) che li

determinano.

Gli obiettivi finali sono:

• la realizzazione di curve di Bragg "biologiche" per effetti correlati con il rischio

di tumori e di degenerazione tissutale;

• la modellizzazione, mediante metodi Monte Carlo, degli effetti della struttura

di traccia.

Alla realizzazione del progetto afferiscono principalmente il Dipartimento di

Scienze Fisiche dell’UDS “Federico II” di Napoli e il Dipartimento di Fisica Nucleare e

Teorica dell’UDS di Pavia, insieme alle sezioni INFN dei rispettivi capoluoghi. Tali enti

si avvalgono inoltre della collaborazione italiana con i Laboratori Nazionali del Sud,

siti in Catania, e della collaborazione estera con il Centre for Cancer Research and

Cell Biology, sito presso la Queen’s University di Belfast (UK).

2.2.1 ATTIVITA’ SPERIMENTALE A NAPOLI E CATANIA

Il presente lavoro di tesi illustra in particolare le attività svolte presso il

Dipartimento di Napoli e i LNS di Catania, dove l’attività sperimentale è stata rivolta

al primo dei due obiettivi del progetto.

In entrambe le strutture, campioni cellulari normali opportunamente trattati

sono stati sottoposti ad irraggiamento con fasci di carbonio e ossigeno. In

particolare, presso il DSF di Napoli gli irraggiamenti sono stati effettuati con

Page 32: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

31

radiazioni di energia pari a quella raggiunta sul picco della relativa curva di Bragg,

mentre presso i LNS, ove il range di energia offerto dall’acceleratore era più ampio, i

campioni sono stati irraggiati in diversi punti lungo la curva di Bragg.

I campioni cellulari utilizzati per gli irraggiamenti appartengono a due linee

cellulari umane normali (cellule epiteliali della mammella MCF-10 e cellule

endoteliali della vena ombelicale HUVEC), scelte per le particolari caratteristiche che

predispongono allo studio di due effetti subletali della radiazione, la senescenza

cellulare prematura e le aberrazioni cromosomiche. Questi fenomeni sono

particolarmente utili per evidenziare differenze tra la dose fisica depositata nel

campione e la sua risposta biologica, e sono riconosciuti come importanti indicatori

degli effetti a lungo termine della radiazione ionizzante.

I risultati di tali misure saranno in futuro correlati ai parametri fisici della

radiazione usata (struttura di traccia, eventi di deposizione energetica, etc.)

attraverso opportuni modelli teorici.

A differenza delle cellule tumorali, le cellule normali umane in vitro non

proliferano indefinitamente ma entrano in uno stato metabolicamente attivo di

arresto irreversibile della crescita, definito senescenza replicativa, tipicamente dopo

60-80 cicli di duplicazione. Questo fenomeno venne osservato da Hayflick e

Moorhead [23] su fibroblasti fetali, e li condusse a postulare che le cellule, anche in

ottimali condizioni di crescita, non fossero in grado di dividersi all’infinito ma

subissero un processo di invecchiamento cellulare, che traeva origine da meccanismi

intracellulari e fosse dunque espressione di una finita e predeterminata longevità.

Inoltre, queste osservazioni identificarono la senescenza come il fato cui ogni cellula

(non tumorale) fisiologicamente va incontro. Studi successivi hanno poi fatto luce

sulle cause scatenanti la senescenza cellulare e su come questa rappresenti un

meccanismo naturale di soppressione tumorigenica, rimuovendo da una coltura di

Senescenza cellulare prematura

Il fenomeno della senescenza nelle cellule somatiche, che consiste

nell’esaurimento del potenziale proliferativo di una cellula, è noto da tempo ed è

stato osservato per la prima volta in colture di cellule umane normali [22].

Page 33: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

32

Fig.1. Schema dei fattori di espressione e dei mediatori molecolari che intervengono nella senescenza cellulare. Il fenotipo senescente include l’espressione della Sa-β-galattossidasi e un’espressione maggiore del p16INK4a, che porta ad un arresto del ciclo cellulare e ad un aumento della secrezione dei fattori pro-infiammazione e termina con un SASP. Cellule senescenti sono state osservate tra cellule normali di anziani e in cellule e tessuti di soggetti con varie patologie legate all’età. [32]

cellule proliferanti quelle danneggiate da fattori esterni e contenenti mutazioni

endogene.

Una cellula può diventare senescente in risposta a vari fattori; i cambiamenti

che intervengono comportano un fenotipo caratteristico, i cui tratti salienti sono

l’arresto permanente della proliferazione, un’espressione genica alterata e una

possibile resistenza all’apoptosi (Fig.1). Altri tratti distintivi possono essere

alterazioni morfologiche della cellula (appiattimento, aumento del volume

cellulare), senescence-associated DNA e heterochromatin foci e la presenza specifica

dell’enzima idrolitico β-galattossidasi, sfruttato come efficiente marker di

riconoscimento di cellule senescenti in vitro [24].

A seconda dei fattori cui la cellula è sottoposta, la senescenza può essere:

• replicativa, correlata a disfunzionalità e riduzione dei telomeri [25-26];

• prematura, indotta da stress subletali (Stress-Induced Premature Senescence

o SIPS) e descritta per la prima volta da Serrano et al. [27] quando

dimostrarono l’arresto permanente nella fase cellulare G1 di cellule primarie

Page 34: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

33

umane e di roditore in seguito all’espressione dell’oncogene ras. Da quel

momento, è stato mostrato che stress cito- e genotossici di varia natura

(danno al DNA, radiazione ionizzante e non, stress ossidativo, attivazione

oncogenica etc.) e di entità subletale possono provocare l’insorgenza della

senescenza prematura, il cui fenotipo è simile a quello della senescenza

replicativa, ma i cui “attivatori” molecolari non sono ancora stati determinati.

La senescenza cellulare prematura radioindotta è un effetto subletale

dell’esposizione alla radiazione ionizzante, associato ad un incremento di rischio

degenerativo cardiovascolare e neurologico e particolarmente studiato per la sua

insorgenza in un ampio range di dosi, anche molto basse, di radiazione di varia

qualità [28]. Il suo studio è pertanto di notevole interesse per i possibili effetti

degenerativi a lungo termine nei tessuti normali in seguito a radioterapia [29,30],

soprattutto alla luce dell’esistenza di un fenotipo associato alla senescenza

prematura, caratterizzato dalla secrezione di fattori inibenti o promuoventi la

progressione tumorale, denominato Senescence-Associated Secretory Phenotype

(SAPS), che può portare alla stimolazione di cellule pre-neoplastiche [31].

Lo studio della senescenza cellulare radioindotta si basa sul saggio

dell’espressione della β-galattossidasi. Questo esame, nel contesto di questa attività

sperimentale, è stato effettuato sulle cellule endoteliali HUVEC, in quanto esse

presentano un pattern di espressione della senescenza fisiologica altamente

riproducibile, rendendole il sistema in vitro più comunemente usato per lo studio di

questo tipo di effetto.

Le aberrazioni cromosomiche (AC) sono il risultato dell’azione diretta sul DNA

da parte di agenti di stress, in questo contesto la radiazione ionizzante. Il loro studio

è molto utile per la determinazione del potenziale subletale dell’esposizione, in

quanto la formazione delle aberrazioni cromosomiche riflette il danno non o mal

riparato. La loro persistenza nella progenie delle cellule esposte aumenta il rischio di

Aberrazioni cromosomiche

Page 35: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

34

Fig.2. Rotture del filamento di DNA in seguito ad interazione con radiazione ionizzante. Possono essere prodotte due SSB per azione cooperativa di una singola particella che scinde separatamente i due filamenti, una DSB per interazione diretta di una particella con il doppio filamento, due SSB per interazione indipendente di due particelle distinte con i due filamenti singoli.

trasformazione neoplastica, mentre esse stesse sono universalmente riconosciute

come biomarcatori del rischio di cancro in soggetti sani [33].

Il processo di formazione delle AC inizia con le ionizzazioni provocate nel

nucleo cellulare dalla radiazione ionizzante, cui seguono rotture del filamento

singole (SSB) o doppie (DSB) (Fig.2). Le estremità libere della catena del DNA

possono essere ricongiunte correttamente per effetto dei meccanismi intracellulari

di riparo ma, se erroneamente legati ad altri siti del DNA, possono produrre:

• frammenti cromosomici, ovvero materiale che non è ricongiunto al

cromosoma originario;

• riarrangiamenti o scambi di materiale cromosomico, che consistono in una

riunione alterata dei cromatidi, causata dalla differente velocità nelle reazioni

di ricongiungimento [34].

Page 36: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

35

Fig.3-4. Esempio di metafasi analizzate per la rivelazione di aberrazioni cromosomiche mediante la tecnica FISH qui utilizzata. L’immagine a sinistra rappresenta una cellula normale, in cui le due coppie di cromosomi ibridizzate si presentano prive di anomalie; l’immagine a destra invece mostra un’aberrazione, consistente in uno scambio che coinvolge uno dei due cromosomi 2 (ibridati con una sonda che emette nella frequenza del rosso quando illuminata dalla luce UV del microscopio a fluorescenza)

L’induzione di aberrazioni cromosomiche e il tipo di anomalia dipendono da

vari fattori, tra cui i più importanti risultano essere la qualità della radiazione e la

dose assorbita. Difatti, per radiazione a basso LET la maggior parte delle lesioni

prodotte viene riparata entro poche ore dall’esposizione e rivelata sottoforma di

interscambi semplici (vedere Appendice B); al crescere della densità di ionizzazione,

e quindi del LET, il numero di interscambi complessi cresce notevolmente.

Lo studio dell’induzione di aberrazioni cromosomiche è stato svolto presso il

Laboratorio di Biofisica delle Radiazioni del Dipartimento di Fisica di Napoli

mediante la tecnica FISH (Fluorescence In Situ Hybridization) a cromosoma intero

applicata ai cromosomi 1 e 2 (Fig.3-4). L’ibridazione per l’osservazione di aberrazioni

cromosomiche è stata effettuata su cellule epiteliali del tessuto mammellare

MCF10-A, in quanto esse presentano un cariotipo relativamente stabile e ben

definito, che permette di rivelare chiaramente eventuali modifiche intercorse sui

cromosomi dovute al danno da radiazione.

Page 37: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

36

2.3 APPARATO SPERIMENTALE: ACCELERATORI

Gli irraggiamenti sui campioni cellulari sono stati effettuati presso il

Dipartimento di Scienze Fisiche dell’UDS “Federico II” di Napoli e presso i LNS

(Laboratori Nazionali del Sud) dell’INFN di Catania. Di seguito viene fornita una

breve descrizione degli apparati utilizzati per le misure sperimentali, ponendo

l’attenzione sulla loro applicazione nel contesto di questo lavoro di tesi.

2.3.1 GENERALITA’ SUGLI ACCELERATORI

Un acceleratore di particelle è una macchina in grado di trasferire energia a

particelle cariche per mezzo di campi elettromagnetici, in modo che la loro energia

passi da un valore iniziale Ti ad un valore finale Tf, con la condizione che Tf > Ti

affinché le particelle risultino accelerate. Esistono diversi tipi di acceleratori,

classificati in base a specifiche caratteristiche:

- tipo di particelle prodotte;

- energia massima raggiungibile;

- forma e struttura;

- campi utilizzati per l’accelerazione.

Lo schema di funzionamento di base è analogo per tutti i tipi di macchine

acceleratrici. Le particelle cariche (ioni) vengono prodotte da una sorgente, per

essere poi inviate verso un pre-iniettore e un iniettore, i quali provvedono ad

aumentarne l’energia iniettandole nel tubo acceleratore, dove esse vengono

accelerate con l’azione di campi elettrici continui o pulsati. Il fascio ottenuto viene

poi indirizzato lungo una traiettoria stabilita dalla forma della macchina, grazie

all’azione di tensioni, magneti ed eventuali altri elementi accessori che servono a

stabilizzare il fascio stesso e mantenerlo al valore di energia utile per lo scopo

prefissato.

Page 38: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

37

Fig.5. Schema dell’acceleratore TANDEM

2.3.2 ACCELERATORE TANDEM (NAPOLI)

L’acceleratore presente nei laboratori del Dipartimento di Scienze Fisiche

dell’UDS “Federico II” di Napoli è un TANDEM TTT-3 Van der Graaf. E’ un valido

esempio di acceleratore elettrostatico, ossia che sfrutta campi elettrici statici

(conservativi) per i quali vale la legge di Maxwell

mentre la variazione di energia cinetica ΔT delle particelle che vengono accelerate è

proporzionale alla variazione di potenziale ΔV : ΔT = qΔV.

Macchine di questo tipo presentano delle limitazioni, prima fra tutte la

tensione raggiungibile, limitata dalla rigidità dielettrica; nel caso dell'acceleratore in

questione, la massima tensione raggiungibile è di 3 MV.

L'acceleratore TANDEM è schematizzato in Fig.5.

Page 39: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

38

Fig.6. Schematizzazione della produzione di ioni nella sorgente KINGSTON.

Di seguito sono descritte le componenti principali della macchina [35].

Il materiale contenente gli atomi da

accelerare subisce un pretrattamento e

viene successivamente allocato nella

sorgente in un “cilindretto” di Cu (che

rappresenta il catodo) e l’estrazione del

fascio di ioni avviene grazie al processo

di sputtering

Sorgenti ioniche

La produzione degli ioni del fascio avviene in 3 sorgenti poste all'esterno della

zona di accelerazione, due di ioni negativi (ANIS e KINGSTON) e una di ioni positivi a

partire da una matrice gassosa, e convertibili in ioni negativi tramite il canale di

scambio Radio Frequency Source (RFS). Nell'attività sperimentale in questione, è

stata utilizzata la sorgente KINGSTON per l'estrazione di ioni negativi di C e O,

schematizzata in Fig.6.

3

3 Fenomeno che avviene in presenza di elementi altamente elettropositivi e con basso potenziale di ionizzazione, come nel caso del Cs.

. Una frazione di atomi di

Cs diffusi nel dispositivo raggiunge una

superficie ionizzante conica, costituita

da materiali con alto potenziale di

estrazione (Ta, Mo o W) e riscaldata ad

alta temperatura. L’interazione tra gli

atomi di Cs e la superficie del materiale produce una ionizzazione superficiale

diretta, che produce ioni Cs+; tali particelle, grazie alla differenza di potenziale,

vengono accelerate verso il catodo di Cu ove è presente il materiale da cui estrarre il

fascio. Il materiale solido del catodo viene corroso dall’impatto con gli ioni Cs+ e si

genera una cascata di collisioni interna in tutte le direzioni (“sputter”); l’interazione

degli atomi emessi con i Cs+ in circolo porta ad una cattura elettronica da parte degli

atomi stessi, che diventano ioni negativi (C-, O-). Questi ultimi vengono accelerati

dalla differenza di potenziale tra catodo e superficie di ionizzazione verso

Page 40: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

39

Tab.1. Specifiche del magnete di iniezione

un’apertura presente al centro di questa, che rappresenta l’uscita dalla sorgente e

conduce al sistema di iniezione.

Sistema di iniezione

Il fascio di ioni negativi fuoriesce dalle sorgenti con un’elevata apertura

angolare, a causa dei valori non trascurabili delle componenti del momento lineare.

Al fine di ridurre quest’apertura angolare, è opportuno accelerare le particelle nella

direzione di propagazione del fascio; quest’operazione viene realizzata grazie ad un

elettrodo di estrazione positivo posto a potenziale +25 kV.

Le particelle vengono in seguito sottoposte ad una prima selezione in massa

ad opera del magnete di iniezione, che consiste in un dipolo magnetico “single

focusing”, con una coppia di fenditure (slits) poste nel punto di focalizzazione del

fascio, il cui scopo è definire la direzione trasversale dello stesso. In Tab.1 sono

riportate alcune caratteristiche del magnete di iniezione.

L’acceleratore TANDEM si basa su un generatore elettrostatico di tipo Van

der Graaf

Dispositivo di accelerazione elettrostatico a due stadi

4

4 Macchina elettrostatica capace di generare una differenza di potenziale tra due conduttori o un conduttore e la terra. Il principio fisico alla base del suo funzionamento è l’”effetto punta”.

, racchiuso in un contenitore a tenuta stagna posto a massa (tank);

l’attività del generatore è sostenuta dalla colonna acceleratrice, che costituisce la

parte meccanica per il trasporto delle particelle e rappresenta il corpo della

macchina effettivamente coinvolto nell’accelerazione delle particelle cariche. La

Angolo di deflessione ±35°

Bmax 3000 G (0,3 T)

Imax 20 A

R 50 cm

Risoluzione in massa m/Δm 30

Page 41: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

40

colonna consta di una serie di anelli metallici intervallati da un mezzo isolante,

solitamente porcellana, e collegati l’un l’altro per mezzo di un resistore; tra un

anello e il successivo si crea un gradiente di potenziale che concorre

all’accelerazione. Una tensione +Vt di accelerazione è distribuita lungo le due

colonne che costituiscono i due stadi (da qui il nome Tandem) tramite due serie di

partitori di tensione. Il terminale a tensione +Vt è situato al centro del complesso, a

sua volta racchiuso dal tank, riempito di esafluoruro di zolfo a pressione di 5bar.

Nel primo tratto del dispositivo, gli ioni negativi che partono da un potenziale

–V sono attratti dal potenziale +Vt al centro e accelerati verso una sottile lamina di

carbonio (stripper), con spessore variabile da 5 a 20 μg/cm2, il cui compito è di

rimuovere alcuni elettroni dagli ioni negativi per riconvertirli in ioni positivi e di

frammentare eventuali molecole isobare presenti nel fascio come impurità. Dopo lo

stripper, gli ioni ora positivi vengono attratti verso il fondo della tank dal potenziale

negativo al bordo e subiscono un secondo stadio di accelerazione. La presenza dello

stripper durante la fase di accelerazione comporta però una degradazione

dell’emittanza5

- processi di interazione tra il fascio e le molecole d’aria presenti all’interno

della macchina a causa della pressione residua;

, in quanto esso rappresenta una sorta di target sul quale gli ioni

impattano, con conseguenti diffusioni multiple e perdita di collimazione del fascio.

Le energie raggiunte dagli ioni per le diverse specie atomiche sono date da

(Vpr = tensione di preaccelerazione)

Nonostante vari accorgimenti applicati per ottenere un fascio di fissata

energia E con opportuna focalizzazione, all’interno della macchina si generano dei

fenomeni non controllabili che contribuiscono a destabilizzare le normali condizioni

di esercizio; i più evidenti sono

5 Quantità che misura il grado di collimazione del fascio, nello studio della dinamica del fascio trasverso. Facendo una trattazione statistica del problema, nello spazio delle fasi di Boltzmann è data da

dove le σ rappresentano gli scarti quadratici medi delle posizioni delle particelle del fascio dagli assi.

Page 42: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

41

- produzione di radiazione, soprattutto da parte degli elettroni che emettono

raggi UV e X per bremsstrahlung.

Questi effetti concorrono all’inquinamento del fascio e conducono ad una

graduale diminuzione della tensione di terminale; per tali ragioni, prima di ogni

utilizzo sperimentale della macchina essa subisce un processo di condizionamento.

Magnete di analisi e magnete di switching

Il magnete di analisi provvede alla soppressione delle specie atomiche

indesiderate che possono ritrovarsi nel fascio all’uscita dalla tank. E’ un magnete con

angolo di 90°, che effettua una selezione in massa ed energia delle particelle che lo

attraversano. Dato infatti il campo magnetico B generato, la particella entrante nel

magnete verrà accelerata e percorrerà una traiettoria circolare di raggio ρ al suo

interno. Sussiste una relazione tra B, ρ, massa M ed energia E della particella

in cui qi è la carica della particella, e la carica dell’elettrone e Bρ rappresenta la

rigidità magnetica. In base a questa relazione, fissato il valore di Bρ, dal magnete

fuoriescono solo le particelle i cui valori di massa, carica ed energia rispettino

l’eguaglianza. Una particolare traiettoria viene selezionata, all’uscita dal magnete,

da un sistema di slitte, secondo la relazione

Il viaggio del fascio di particelle accelerato continua attraverso il canale che

collega il magnete di analisi al magnete di switching, ultimo componente della

struttura acceleratrice, che raccoglie il fascio e lo smista in uno dei vari canali di

analisi sperimentale cui è collegato.

Page 43: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

42

Fig.7. Canale di radiobiofisica dell’acceleratore TANDEM

In uscita dal magnete di switching si trovano

tutte le linee di analisi, dedicate alle diverse

attività sperimentali svolte o in attivo per

mezzo dell’acceleratore TANDEM.

Linee di analisi e canale di radiobiofisica

Ad un angolo di 30°, in particolare, è presente

il canale di radiobiofisica (Fig.7), adoperato per

irraggiamenti radiobiologici, come quelli

oggetto di questo lavoro di tesi. Le componenti

principalmente coinvolte nella regolazione e

nella distribuzione del fascio sono la cameretta

di scattering e il fondo canale.

Cameretta di scattering

Consiste in una piccola camera metallica posta al centro del canale, dotata di

un collimatore di 1mm di diametro seguito da un sottile bersaglio diffusore,

costituito di un metallo con alto Z (solitamente oro, ma anche argento o

tantalio) e spessore scelto in base all’effetto di diffusione e all’energia delle

particelle post-diffusione adeguati agli scopi prefissati. L’azione diffondente

del bersaglio, a causa dello scattering multiplo, provoca una distribuzione

uniforme del fascio sul fondo canale e, di conseguenza, sul campione biologico

da irraggiare. Negli esperimenti condotti per questo lavoro di tesi è stata

utilizzata una targhetta di oro da 0,22 µm di spessore.

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43

Fig.8. Disco di chiusura del fondo canale di radiobiofisica del TANDEM con inseriti i due rivelatori al Si

Fig.9. Pozzetto porta-campione con riferimento di misura delle dimensioni

Fondo canale

Il fondo canale di radiobiofisica è costituito da un cilindro metallico aderente

al canale e di diametro leggermente maggiore; presenta sulla base opposta al

canale un disco metallico, con all’interno tre cavità poste lungo il diametro

(Fig.8). Nelle due cavità laterali, simmetriche rispetto al centro del disco, sono

inseriti due rivelatori al Si a barriera superficiale, entrambi ad una distanza dal

centro del disco di 3,5 cm. Tali rivelatori sono collegati, dall’altra parte del

disco, al sistema di monitoraggio; vengono utilizzati come contatori nelle

operazioni di dosimetria di fascio e grazie ad essi è possibile monitorare

l’uniformità e la geometria del fascio durante ogni irraggiamento.

Il disco viene fissato al fondo canale meccanicamente e rende quindi possibile

la chiusura stagna necessaria alla realizzazione del vuoto. Nella cavità centrale

viene inserito un terzo rivelatore al Si per le operazioni di dosimetria, mentre

durante le misure viene lì allocato il campione biologico (Fig.9). Quest’ultimo

consiste in un cilindretto cavo di plexiglas,le cui dimensioni sono adattate a

quelle della cavità del fondo canale; una base è rivestita con uno strato di

Mylar di spessore 1,5μm, fissato con colla Araldite, sul quale viene seminato il

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44

Fig.10. Ciclotrone dei Laboratori Nazionali del Sud di Catania

campione cellulare da irraggiare, l’altra base è sigillata con un tappo di

silicone per preservare la sterilità interna del campione.

2.3.3 CICLOTRONE (CATANIA)

Il Ciclotrone Superconduttore (CS) dei LNS (Fig.10) è una macchina compatta a

tre settori a focheggiamento forte. Il raggio del polo è di 90cm e il campo magnetico

centrale va da 2.2 a 4.8 T, ottenuto per mezzo di bobine al Nb-Ti raffreddate fino alla

temperatura di 4.2 K in un bagno di LHe. Il sistema di radiofrequenza ha un range

operazionale di 15-48 MHz, fornendo agli ioni un’energia tra i 8 e i 100 MeV in

modalità armonica h=2.

Page 46: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

45

L’apparato è stato utilizzato per irraggiamenti di campioni cellulari sani delle

linee HUVEC e MCF10 con ioni C e O, ad energie poste lungo la curva di Bragg, per

valutarne gli effetti sub letali. Per effettuare le misure, i campioni sono stati collocati

in fila frontalmente al fascio, a distanze ben definite dai range corrispondenti alle

energie di irraggiamento previste.

Di seguito sono descritte brevemente alcune delle componenti fondamentali del

ciclotrone.

Sorgenti ioniche

I fasci di ioni iniettati nel ciclotrone sono prodotti da due sorgenti ECR. La prima,

SERSE, è in grado di produrre fasci di ioni con alti stati di carica e intensità molto più

alte rispetto alle sorgenti a temperatura ambiente; la seconda, CAESAR, è una

sorgente ionica convenzionale, utilizzata per produrre fasci di ioni leggeri con stati di

carica medi.

Sistema di iniezione

Gli elementi principali della linea di iniezione sono 12 solenoidi e 4 quadrupoli. I

solenoidi mantengono il fascio ben confinato ma forniscono un focheggiamento

debole per minimizzare gli effetti di carica spaziale e la conseguente crescita

dell’emittanza. I quattro quadrupoli sono installati tra il magnete di deviazione

orizzontale a 40° e quello verticale a 90°. Per mezzo di questi, l’emittanza del fascio

può essere ruotata nello spazio delle fasi per favorire l’adattamento con l’accettanza

del ciclotrone.

Il buncher assiale consiste in un tubo a drift posto all'interno del ciclotrone a circa 50

cm dal piano mediano. Il buncher assiale è guidato da una singola frequenza nel

range di 12-50 MHz ed è progettato per funzionare alla stessa frequenza del

ciclotrone.

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46

Fig.11. Schema dell’estrazione mediante sistemi elettrostatici

L’estrazione del fascio (Fig.11) avviene ad un

angolo di 270° e richiede due deflettori

elettrostatici, sette canali magnetici e due

barre compensatrici. La posizione di tutti

questi elementi dipende dal tipo di ioni e dalle

loro energie. La diagnostica di fascio lungo il

canale di estrazione, dopo i deflettori, viene

effettuata da cinque sonde differenziali e due

integrali, che controllano la posizione e

l’ampiezza radiale; inoltre, un’ulteriore sonda

è installata all’ingresso di ogni canale

magnetico.

Sistema di estrazione

Page 48: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

47

CAPITOLO 3

Prima di ogni irraggiamento, è fondamentale accertarsi del corretto set-up

della catena elettronica di rivelazione e dei componenti del fondo canale dedicato

agli esperimenti di radiobiofisica dell’acceleratore, e assicurarsi che il fascio

desiderato sia trasportato, collimato e centrato secondo le esigenze specifiche. E'

necessario, inoltre, approntare i campioni cellulari e sottoporli ad un opportuno

trattamento in seguito all'irraggiamento. Pertanto, ogni turno di misura

sperimentale ha comportato una duplice serie di operazioni, fisiche e biologiche, che

hanno richiesto un attento lavoro di preparazione ed ottimizzazione dei protocolli,

PROCEDURE SPERIMENTALI_________________ 3.1 INTRODUZIONE

Ogni turno di misura svolto a Napoli e Catania è stato caratterizzato da una

serie di operazioni generali svolte prima, durante e dopo ogni singolo irraggiamento

dei campioni cellulari.

Page 49: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

48

specie per quanto riguarda la messa a punto del fondo canale e le condizioni di

crescita dei campioni cellulari.

Sono di seguito riportate le operazioni effettuate ad ogni turno di misura

tenutosi presso il Laboratorio TANDEM del Dipartimento di Fisica dell’Università

Federico II di Napoli.

3.2 CALIBRAZIONE DEI RIVELATORI

Il fondo canale dedicato agli esperimenti di radiobiofisica, ripristinato circa

due anni fa, presenta due rivelatori al Si fissi (destro e sinistro), di area efficace

0,031cm2, posti alla distanza di 3,5 cm dal centro del canale, atti a fornire la misura

del flusso di particelle (diffuso 1,8 m a monte da una targhetta di Au di spessore di

circa 0,22 µm) per monitorare il centraggio del fascio sul campione posto al centro

del canale durante l'irraggiamento. Un terzo rivelatore viene utilizzato come

contatore centrale per valutare la fluenza effettiva delle particelle che arrivano al

campione, per poi essere rimosso durante gli irraggiamenti. Quest’ultima

operazione è indispensabile alla calibrazione dei rivelatori laterali, in quanto durante

l’irraggiamento, quando al posto del rivelatore centrale è collocato il porta

campione, dalla misura dei conteggi sui rivelatori laterali è possibile stimare la

fluenza effettiva sulle cellule e quindi la dose ad esse erogata. Con rivelatori a stato

solido (plastiche CR-39) si effettua poi una verifica a posteriori della accuratezza di

tale calibrazione (vedi Par.3.3).

Tutti i rivelatori sono stati calibrati in una cameretta con sorgente radioattiva

α a 2 elementi (241Am e 244Cm) con energie di emissione note (5,486 MeV e 5,805

MeV). L’operazione di calibrazione consiste nel collegare ogni rivelatore, inserito

nella camera e investito dalle emissioni della sorgente α, ad un convertitore

multicanale (MCA, Multi Channel Analyzer), che associa ad ogni valore di energia un

segnale digitale, riportato poi graficamente su un terminale tramite un software

apposito (Fig.1).

Page 50: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

49

Fig.1. Schema della catena elettronica utilizzata per la calibrazione e per i conteggi durante gli irraggiamenti

Fig.2. Spettro di emissione della sorgente α ottenuto con uno dei rivelatori laterali a fondo canale

Il grafico che si ottiene riporta i picchi energetici di emissione della sorgente,

corrispondenti ad un certo numero di canale del multicanale (Fig.2). Noti i valori di

energia dei picchi della sorgente, si associa ad ognuno di essi il corrispondente

numero di canale del MCA e si costruisce la retta di calibrazione canale vs. energia,

dalla quale è possibile estrapolare i valori di conversione (coefficiente angolare m ed

intercetta n) che permettono di calcolare, in base al canale di un certo picco, il

valore di energia corrispondente.

RIVELATORE PRE AMPLIFICATORE

AMPLIFICATORE DAC MCA

PC COUNTER

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50

Fig.3. Spettro di emissione della sorgente α, in cui sono presenti anche i picchi ottenuti con l'impulsatore

Una più accurata costruzione della retta di calibrazione è stata effettuata con

l’ausilio di un impulsatore, un modulo elettronico capace di emettere impulsi di data

energia. Nel caso in questione, esso è stato tarato in modo tale da fornire al

multicanale impulsi cadenzati di 1 MeV l’uno dall’altro entro un range utile di

energie, che venivano visualizzati sullo spettro fornito dal MCA fornendo un

ulteriore set di valori grazie ai quali la calibrazione è risultata più efficiente (Fig.3).

La retta di calibrazione ottenuta per il rivelatore centrale, in particolare, è ha

permesso di verificare che l’energia del fascio utilizzato per ogni irraggiamento fosse

effettivamente quella desiderata.

Page 52: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

51

3.3 CARATTERIZZAZIONE FASCI

La caratterizzazione di un fascio è un’operazione fondamentale da svolgere

prima di ogni irraggiamento; le sue fasi fondamentali sono le seguenti:

• simulazione della diffusione del fascio

• utilizzo dei rivelatori plastici per una stima della fluenza

• verifica dell’uniformità della fluenza

• calcolo del LET

• misura del fattore di conversione

3.3.1 Simulazione della diffusione del fascio

Il fascio di ioni viene estratto dal fondo canale in corrispondenza della cavità

centrale del disco di metallo che sigilla il canale stesso. Partendo dal magnete

di switching, le particelle investono in primo luogo il bersaglio diffusore d’oro

posto nella cameretta di scattering, poi, ad una distanza di 1,8 m, la superficie

di Mylar che riveste la base del pozzetto portacampione, sulla quale si trova il

campione biologico cresciuto e adeso.

Si richiede, quindi, che il fascio abbia un allargamento tale da ricoprire l’intera

superficie di esposizione. Per verificare a priori che all’energia in questione lo

spessore ed il materiale usati siano adeguati a diffondere il fascio, viene

effettuata una simulazione dello straggling del fascio con il software SRIM-

TRIM, cui viene fornito in input:

- elemento componente del fascio

- energia iniziale del fascio (prima che il fascio incontri qualsiasi ostacolo)

ed eventuale angolo di incidenza (nel nostro caso 0°, perché il fascio è

perpendicolare alla superficie da irraggiare)

- elemento/i o sostanza/i che costituiscono lo/gli strato/i assorbitore/i

- unità di misura nella quale rappresentare i dati in uscita

- ulteriori parametri speciali

Page 53: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

52

Tab.1. Spessori attraversati dai fasci utilizzati per gli irraggiamenti prima di raggiungere il monostrato cellulare

Per le simulazioni pre-irraggiamento effettuate nel corso di questa attività

sperimentale, sono stati considerati fasci di ioni 12C e 16O, attraversanti uno

spessore di Au di 0,22 μm, 1,8 m di aria e 1,5 μm di Mylar. Ogni simulazione è

stata volta a valutare la diffusione del fascio nel tratto di canale tra diffusore e

campione e a quantificare il numero di particelle che raggiungono i rivelatori

laterali, per il calcolo del rapporto tra fluenza centrale e laterale, necessaria

per il monitoraggio del fascio durante l'irraggiamento.

Di seguito sono riportati i grafici risultanti dalla simulazione di due fasci di 12C

ai due valori di energia del picco di Bragg selezionati per gli irraggiamenti

presso il laboratorio dell’acceleratore TANDEM del Dipartimento di Fisica di

Napoli, 8,4 MeV (Fig.4-5) e 14,4 MeV (Fig.6-7), attraversanti gli spessori

riportati in Tab.1.

Materiali attraversati Spessore

Oro 0,22 μm

Aria 1,8 m

Mylar 1,5 μm

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Fig.4-5. Vista x-y e y-z dello straggling del fascio di 12C simulato, con E = 8,4 MeV

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Fig.6-7. Vista x-y e y-z dello straggling del fascio di 12C simulato, con E = 14,4 MeV

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3.3.2 Rivelatori di tracce nucleari a stato solido, calcolo della fluenza e verifica

dell'uniformità

Essenziali in ogni irraggiamento sono il raggiungimento di una buona

omogeneità nella distribuzione della fluenza, e quindi della dose sulla

superficie di crescita cellulare, e della massima stabilità del fascio su un'area

ben definita. Per questi motivi, è indispensabile un corretto monitoraggio del

fascio tramite il calcolo della fluenza di fascio, effettuata pre e post

irraggiamento con rivelatori di tracce nucleari a stato solido (chiamate più

comunemente plastiche) CR-39. Tali rivelatori sono costituiti da un dischetto

di plastica trasparente ai fotoni e sensibile alle particelle cariche. Quando una

particella carica attraversa il rivelatore, produce una regione cilindrica di

danno polimerica detta traccia latente (in quanto invisibile all’osservazione

microscopica subito dopo l'irraggiamento), che si rivela in seguito ad un

processo di corrosione chimica o etching mediante una base forte. Le

molecole della plastica danneggiate reagiscono con la base e vengono

corrose, apparendo al microscopio come macchie sferiche di colore scuro. Il

loro diametro dipende da differenti parametri, quali la temperatura, la durata

del periodo di etching e il tipo di soluzione basica utilizzata, tutti parametri

ottimizzati nel protocollo da noi seguito, ossia 30 min a 80°C con una

soluzione di KOH 10N.

Il controllo dell'uniformità del fascio e la valutazione della fluenza si svolgono

quindi inserendo una di queste plastiche su un portacampione di plexiglas di

struttura simile ai pozzetti utilizzati per gli irraggiamenti, con la differenza che

questo cilindretto non è cavo ma presenta una rientranza sul fondo atta ad

accogliere il rivelatore. Dopo aver tarato opportunamente il fascio, la plastica

viene dunque irraggiata e subisce il processo di etching, in seguito al quale

viene analizzata al microscopio tramite un oculare 32x munito di una griglia

quadrata di area 0,001225 cm2, utile per definire un campo nella visuale dello

strumento. Si compie dunque una serie di conteggi del numero di tracce per

campo, con selezione casuale dei campi lungo la superficie del rivelatore

(Fig.8).

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Fig.8. Particolare della superficie di un rivelatore CR-39 visto al microscopio tramite oculare con griglia

Dai conteggi relativi ai diversi campi effettuati su ciascuna plastica, è stato

valutato il numero medio di tracce per area di campo, indicate con n, con

relativo errore statistico σn. La fluenza è stata ricavata secondo la formula

dove ACR-39 è l'area della plastica esposta al fascio e Acampo l'area del campo.

Nota la fluenza, si risale alla dose per mezzo della relazione

Dal confronto fra la dose “teorica” richiesta e quella calcolata in seguito ai

conteggi effettuati sulle plastiche, l’errore medio sulla dose risulta inferiore al

10%. Tale risultato rientra nei parametri di accettanza delle misure in

radioterapia (ove lo scarto dalla dose è solitamente dell’ordine di qualche

unità percentuale), in modo tale da assicurare la validità del metodo di

valutazione della dose sopra descritto.

Page 58: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

57

3.3.3 Calcolo del LET

Il LET e l'energia degli ioni che investono il monostrato cellulare del campione

sono stati valutati con il software SRIM; le energie massime fornite in input

sono state alternativamente 14,4 e 8,4 MeV, gli spessori attraversati sono

riportati nella Tab.1. Anche se lo spessore di aria è stato considerato nel

calcolo, la pressione interna del canale (10-6-10-7atm) è tale da rendere quasi

trascurabile il contributo dello scattering degli ioni con le particelle d’aria per

il calcolo della perdita di energia del fascio.

Il risultato della simulazione di SRIM consiste in una tabella in cui sono

riportate le perdite di energia delle particelle, in relazione all'energia iniziale

delle stesse nel range energetico di input, nella serie di materiali attraversati.

Sapendo che la perdita di energia è esprimibile come

con ε spessore massivo, dalle diverse perdite di energia si è risaliti al valore

del LET delle particelle incidenti sul target biologico. Inoltre, si è stimato il

range residuo delle particelle all'interno del monostrato cellulare,

schematizzato come uno strato di H2O di spessore 12,5μm.

3.3.4 Misura del fattore di taratura

Il calcolo della fluenza effettiva di particelle sul campione biologico viene

effettuato a partire da una stima di fluenza "teorica", determinata sulla base

di valori predisposti per ottenere una certa dose sulle cellule.

Come detto nel paragrafo 3.2, i rivelatori a Si posti a fondo canale permettono

di controllare che il fascio sia centrato sul campione durante l'irraggiamento,

verificando che entrambi contino lo stesso numero di particelle nell'unità di

tempo, permettendo così di risalire all'effettiva fluenza sulla superficie di

mylar del pozzetto portacampione. Nella fase di esposizione, tale controllo

Page 59: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

58

non può essere effettuato; per questo motivo, nelle fasi pre e post

irraggiamento, in luogo delle plastiche viene inserito un rivelatore, detto

centrale, sul quale viene inviato il fascio per un tempo t definito. Il numero di

conteggi rilevati da questo rivelatore e dai laterali (anche uno solo dei due)

viene rapportato (conteggi C/conteggi L) in maniera statistica e, considerando

l'area dei rivelatori e il valore di fluenza teorico, si calcola il numero di

conteggi attesi sui rivelatori durante l'irraggiamento, che permette di valutare

la fluenza "reale" che si dovrebbe ottenere dal test con le plastiche. Una volta

calcolata la fluenza effettiva di particelle con i rivelatori plastici, è necessario

calcolare un fattore di taratura che metta in relazione i due valori di fluenza

per poter sistemare i parametri del fascio ed ottenere il dose rate corretto per

gli irraggiamenti. Tale fattore è calcolato come

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59

CAPITOLO 4 ANALISI DEI DATI SPERIMENTALI:

4.1 PREPARAZIONE DEI CAMPIONI E TRATTAMENTO POST-

IRRAGGIAMENTO

SENESCENZA E ABERRAZIONI CROMOSOMICHE__

Le linee cellulari utilizzate per gli irraggiamenti sono quelle previste dal

progetto MiMo-Bragg6

Scongelamento cellule

. La procedura di preparazione dei campioni preliminare ad

ogni irraggiamento ha annoverato le seguenti operazioni.

Le cellule sono solitamente conservate in azoto liquido in apposite ampolle di

plastica (cryogenic vials). Mentre l’operazione di congelamento è stata

6 Discusso nel Capitolo 2.

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60

effettuata portando gradualmente le cellule alla temperatura di stoccaggio, lo

scongelamento è avvenuto in maniera rapida, immergendo il contenitore

delle cellule in acqua alla temperatura di 37°C7

Coltura

. Una volta scongelate, le

cellule sono state centrifugate per rimuovere dal terreno eventuali residui di

DMSO, agente crioprotettore, citotossico per cellule a temperatura ambiente.

Le cellule sono state cresciute all’interno di fiasche per colture cellulari in

incubatore a 37° e al 5% di CO2. Le cellule sono state poste in crescita almeno

due settimane prima di ogni turno di misura, per permettere loro di

raggiungere un numero adeguato a potervi effettuare i vari test post-

irraggiamento.

Preparazione pozzetti

I pozzetti porta campione consistono in cilindretti in plexiglass fatti realizzare

su misura, di circa 1,1 cm di diametro per poter essere alloggiati nel fondo

canale (ved. Cap.3). Una pellicola di Mylar da 1,5 µm è stata stesa con cura su

una superficie piana, tenuta sotto tensione per evitare la formazione di grinze:

i cilindretti sono stati adagiati ed incollati al Mylar con Araldite™, curata in

forno alla temperatura di 160°C per quattro ore. Tale trattamento rafforza

l’azione adesiva e riduce eventuali irregolarità nello strato di Mylar; questo

dettaglio è fondamentale, dato che gli irraggiamenti con particelle al Tandem

sono stati realizzati con energie tali che lo ione attraversi lo strato cellulare

praticamente a fine range. Ne discende che irregolarità anche di pochi micron

nella superficie su cui le cellule crescono porterebbero a disomogeneità

significative nella dose ricevuta dal monostrato cellulare. Una volta

raffreddati, i pozzetti sono stati delicatamente staccati dal foglio di Mylar e

poi sterilizzati sotto cappa a flusso laminare con etanolo puro, prima di

7 Le due operazioni vengono svolte secondo queste modalità allo scopo di minimizzare il danno alle strutture proteiche intracellulari

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procedere alla semina delle cellule sulla base di Mylar, dovendo le cellule

crescere in ambiente asettico.

Inoculazione campioni

Le cellule sono state seminate nei pozzetti a concentrazioni e in tempi

precedenti all’irraggiamento tali da garantire la formazione di un monostrato

cellulare al momento dell’esposizione al fascio. Tale fattore è importante

quanto la regolarità della superficie di crescita (vedi sopra) per assicurare una

distribuzione quanto più uniforme possibile della dose.

Irraggiamento

Presso l’acceleratore Tandem, i porta campione sono stati disposti

orizzontalmente, ossia con la base di Mylar perpendicolare alla direzione del

fascio. Il terreno di crescita è stato rimosso e ogni porta campione è stato

temporaneamente sigillato con un tappo sterile di silicone, per garantire

l’asepsi durante l’irraggiamento e, al contempo, prevenire eventuali

fuoriuscite di liquido. Il set up di irraggiamento8

8 Descritto nel Cap.2

prevedeva che la base di

Mylar fungesse da barriera per il mantenimento del vuoto nel fondo canale;

una sottilissima intelaiatura al tungsteno si trovava a fondo battuta

nell’alloggiamento del porta campione per evitare la rottura del Mylar. I

pozzetti sono stati irraggiati uno alla volta in sequenza, riportati in laboratorio,

nuovamente riempiti con terreno di crescita e mantenuti in ambiente sterile

(cappa a flusso laminare) a temperatura ambiente, in attesa del

processamento post-irraggiamento. Il rateo di dose è stato 1-2 Gy/min

durante tutti gli irraggiamenti, pertanto il tempo in cui i campioni restavano in

assenza di terreno è stato breve e tale da non compromettere l’integrità

cellulare. I campioni di controllo sono stati trasportati nel Laboratorio Tandem

in modo tale da subire un identico trattamento, eccezion fatta ovviamente per

l’esposizione al fascio.

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62

Processamento e semina post-irraggiamento

Dai campioni cellulari irraggiati è stato rimosso il mezzo di coltura, per poi

essere sciacquati con soluzione salina tampone9 allo scopo di rimuovere

eventuali residui di terreno; all’interno di ciascun porta campione è stato

posto un cilindretto di metallo10, di dimensioni tali da aderire perfettamente

alle pareti del pozzetto. Tale accorgimento è stato necessario per recuperare

esclusivamente le cellule cresciute al centro dello strato ed evitare di

raccogliere anche quelle cellule adese ai bordi del fondo e quindi

possibilmente schermate alla radiazione dalla presenza di eventuali residui di

araldite infiltratisi sotto il pozzetto. Nel cilindretto è stato quindi introdotto

1ml di tripsina11 per staccare le cellule dalla base di Mylar. E’ stato poi

aggiunto un egual volume di terreno di coltura, per smorzare l’azione della

tripsina una volta staccate le cellule, ed è stato prelevato un campione della

sospensione cellulare ottenuta per procedere al conteggio, effettuato con il

supporto di una camera Burker12

9 PBS, Phosphate Buffered Saline 10 Precedentemente sterilizzato in etanolo 11 Enzima appartenente alla classe delle idrolasi, che ha il compito di rompere i legami intracellulari e staccare le cellule dalla superficie di adesione. Agisce a 37° in tempi variabili (dai 5 ai 10 minuti), a seconda della sua concentrazione e delle caratteristiche della linea cellulare. 12 Dispositivo di conteggio manuale di cellule al microscopio elettronico. E’ costituita da un vetrino rettangolare di dimensioni piane 7,5x3,5 cm2 e spessore di 4 mm; presenta 2 celle di profondità 0,1 mm e superficie nota, separate da un incavo che permette l'esecuzione di due conteggi sullo stesso strumento. Su di esse è posto un vetrino, assicurato grazie ad apposite alette metalliche. Il sottilissimo spazio che si viene a creare fra le due superfici viene quindi riempito per capillarità con una goccia di sospensione cellulare. Il reticolo della camera Burker è strutturato in nove quadrati più grandi (campi) delimitati da tre righe parallele, con all'interno quadrati e rettangoli delimitati da due righe parallele; grazie a questa struttura è possibile effettuare il conteggio delle cellule presenti nel campione.

. Per ogni linea cellulare e per ogni dose sono

stati approntati diversi campioni.

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63

4.2 CARATTERIZZAZIONE DEGLI EFFETTI SUBLETALI

4.2.1 Senescenza cellulare prematura

Il saggio della β-galattossidase (β-gal13

L’insorgenza della senescenza è stata analizzata per raggi X e due tipi di

particelle accelerate, ioni carbonio e ioni ossigeno; ogni esperimento è stato

effettuato con due dosi per ciascuno ione (0,5

) è stato effettuato sulle cellule

endoteliali HUVEC per misurare l’insorgenza sia acuta che tardiva della senescenza

cellulare prematura, uno degli effetti sub letali di interesse per questo lavoro di tesi.

Le cellule sono state saggiate subito dopo l’irraggiamento e a tempi successivi:

infatti, una parte dei campioni è stata posta in coltura e propagata, fino ad un

massimo di circa di due mesi. Ad intervalli regolari, campioni di tali colture sono in

seguito stati saggiati per l’espressione della β-gal; in parallelo sono stati trattati i

campioni di controllo, ossia cellule HUVEC non irraggiate, rispetto al cui tasso di

senescenza spontaneo o fisiologico è stata calcolata l’incidenza di senescenza

radioindotta.

14

13 Discusso nel Cap.2. 14 A 0,5 Gy la mortalità cellulare clonogenica non supera in media il 30%

e 2 Gy), più controllo. La

percentuale di cellule senescenti con relativo errore standard è stata calcolata su un

totale di circa 500 cellule osservate per punto dose e a ciascuno dei tempi post-

irraggiamento. Le osservazioni sono state condotte con microscopio in campo

chiaro.

Di seguito sono riportati i grafici dell’andamento della percentuale di cellule

senescenti in funzione del tempo, per raggi X (Fig.1), ioni C (Ein = 12 MeV: Fig.2; Ein =

6 MeV: Fig.3) e ioni O (Ein = 12 MeV, Fig.4), dove con Ein si intende l’energia incidente

sul monostrato.

Page 65: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

64

Fig.1. Andamento della senescenza di cellule HUVEC in seguito ad irraggiamento con raggi X da 250kVp

Osservando il grafico in Fig.1, si può notare che a tempi immediatamente

successivi all’irraggiamento (4 h) non si osserva una risposta significativa in termini

di senescenza, la cui incidenza è invece significativamente maggiore tra i campioni

irraggiati rispetto al controllo a 96 h dall’irraggiamento. Tale incremento inoltre

appare essere dose-dipendente. A 336 h dall’irraggiamento, invece, si osserva una

sostanziale uniformità nella frazione di cellule senescenti a tutte e tre le dosi, al

contrario di quanto accade nell’ultimo punto utile, a 744 h, quando si assiste ad una

seconda “ondata” di senescenza tra i campioni irraggiati che ripresentano un

incremento nella senescenza indotta rispetto al controllo. E’ dunque possibile

concludere da questi dati che esistano due fasi temporali di manifestazione di

senescenza radioindotta, una relativamente acuta (4 giorni post-irraggiamento) ed

Page 66: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

65

Fig.2. Andamento della senescenza di cellule HUVEC in seguito ad irraggiamento con ioni carbonio con E = 6 MeV

una tardiva (a circa un mese nella progenie delle cellule sopravvissute

all’irraggiamento).

La senescenza radioindotta è stata poi esaminata in popolazioni cellulari

irraggiate con particelle ad altissimo LET, ossia ioni carbonio e ioni ossigeno in

corrispondenza del picco di Bragg.

In Fig.2 è mostrato l’andamento della senescenza di cellule HUVEC irraggiate

con ioni C (Ein =6 MeV e LET = 934 keV/μm). Rispetto a quanto osservato con i raggi

X, a sole 24h dall’irraggiamento è possibile osservare un incremento altamente

significativo della percentuale di cellule senescenti nelle cellule esposte rispetto al

controllo. Tale risposta si attenua circa una settimana dopo (192 h) per poi

Page 67: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

66

Fig.3. Andamento della senescenza di cellule HUVEC in seguito ad irraggiamento con ioni carbonio con E = 12 MeV

ripresentarsi entro un mese circa dall’irraggiamento, quando la percentuale di

cellule in senescenza replicativa supera di circa 20% quelle in senescenza prematura.

Inoltre, è importante rilevare che la percentuale di cellule senescenti nella

popolazione sottoposta ad una dose di 0,5 Gy risulta sempre maggiore (fino a circa

43 giorni dall’irraggiamento) di quella della popolazione sottoposta a 2Gy, il cui

andamento a partire da un giorno dall’irraggiamento tende a decrescere con

regolarità. L’ultimo punto (1032 h, ossia circa 40 giorni post-irraggiamento) mostra

una elevatissima percentuale di cellule senescenti nella popolazione di controllo,

circa 3 volte maggiore di quella osservata fra la progenie delle cellule irraggiate:

questo potrebbe indicare l’insorgenza di morte cellulare ritardata fra le cellule

sopravvissute inizialmente all’irraggiamento, fenomeno associato con l’instabilità

genomica radioindotta.

Page 68: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

67

Fig.4. Confronto degli andamenti della senescenza di cellule HUVEC in seguito ad irraggiamento con ioni carbonio con E = 6 MeV ed E = 12 MeV

In Fig.3 è possibile osservare l’andamento della senescenza di cellule HUVEC

irraggiate con ioni C (Ein =13 MeV e LET=726 keV/μm). Anche in questo caso, è

possibile notare che già 24 h dopo l’irraggiamento la percentuale di cellule in

senescenza prematura è significativamente maggiore di quella di cellule in

senescenza replicativa (controllo non irraggiato). La differenza fra cellule irraggiate e

controllo tende a ridursi, fino ad annullarsi del tutto a 1032 h (43 giorni post-

irraggiamento). Inoltre, a differenza di quanto osservato nel caso dei raggi X,

l’incremento della senescenza radioindotta non appare dipendere

significativamente dalla dose, eccetto che per il punto a 336 h.

Page 69: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

68

Fig.5. Andamento della senescenza di cellule HUVEC in seguito ad irraggiamento con ioni ossigeno con E = 12 MeV

E’ utile confrontare su un unico grafico gli andamenti della percentuale di

cellule senescenti per ioni carbonio a diverse energie del picco di Bragg, 6 e 12 MeV

rispettivamente15

In Fig.5 è riportato, invece, l’andamento della senescenza di cellule HUVEC in

seguito all’esposizione a ioni ossigeno (Ein =15 MeV e LET=1300 keV/μm).

(Fig.4). Per entrambe le energie degli ioni carbonio, la percentuale

di cellule senescenti risulta sempre maggiore dei valori misurati nel caso dei raggi X,

indicando una maggiore efficacia delle particelle cariche nell’induzione della

senescenza cellulare.

15 I dati contenuti nel grafico corrispondenti ad un tempo di 192/216h sono stati raccolti a due tempi diversi per i campioni irraggiati a 6 MeV (192h) e per quelli irraggiati a 12 MeV (216h).

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69

Confrontando le risposte a ioni ossigeno e ioni carbonio, si può

immediatamente osservare una differenza nell’andamento. Nel grafico relativo agli

ioni carbonio, come già detto, dopo la risposta acuta la percentuale di cellule in

senescenza prematura è maggiore rispetto a quella fisiologica (controllo) e i valori

restano all'incirca costanti, per poi diminuire nel punto temporale più distante

dall’irraggiamento. Nell’andamento della senescenza indotta da ioni ossigeno,

invece, la percentuale di cellule senescenti tra la popolazione irraggiata sembra

aumentare linearmente con il tempo post-irraggiamento, con valori percentuali più

alti rispetto al carbonio e senza una sensibile dipendenza dalla dose. In questo

senso, l’andamento misurato con gli ioni ossigeno appare più simile a quello

osservato con i raggi X. Quindi, l’ossigeno appare ancor più efficace del carbonio

(oltre che ovviamente dei raggi X) nell’indurre questo tipo di risposta cellulare alla

radiazione.

Questa discrepanza negli andamenti relativi alle due tipologie di ioni è una

possibile dimostrazione di come ioni di diverso Z, in prossimità del picco di Bragg e

quindi a valori elevatissimi di LET, possano indurre effetti tardivi quantitativamente

differenti.

4.2.2 Aberrazioni cromosomiche con tecnica FISH

Il secondo effetto subletale analizzato in questo lavoro di tesi è rappresentato

dalle aberrazioni cromosomiche, il cui spettro in seguito ad irraggiamento con

particelle cariche ad alto LET contiene di solito una preponderanza di scambi di tipo

complesso rispetto alla qualità delle aberrazioni che si osservano dopo trattamento

con fotoni. Le aberrazioni cromosomiche sono state studiate su campioni della linea

cellulare MCF10A (cellule del tessuto della mammella), irraggiate in due posizioni

della curva di Bragg con ioni carbonio accelerati ai LNS-INFN di Catania: P1 (inizio del

plateau) e P7 (picco pristino) della curva di Bragg con ioni carbonio, a dosi di 0,5, 1 e

2,5 Gy, oltre che sul controllo (0 Gy). Irraggiamenti con raggi X alle stesse dosi sono

stati effettuati per un confronto.

Page 71: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

70

L’indagine volta alla ricerca di AC è stata effettuata tramite tecnica FISH

(Fluorescence In-Situ Hybridization), attuata sui cromosomi 1 e 2 delle cellule

suddette con microscopio a fluorescenza e software METAFER. Per ogni dose sono

state analizzate diverse centinaia di metafasi. L’analisi è stata volta alla ricerca di

scambi semplici e complessi (vedere Appendice B) e alla valutazione della frequenza

di aberrazioni cellulari (#aberrazioni/#cellule aberrate).

Di seguito sono riportati i grafici relativi ad irraggiamenti effettuati con ioni

carbonio a dosi di 0,5, 1 e 2 Gy più controllo, corrispondenti alla frequenza di scambi

di tipo semplice e di tipo complesso, con grafici di paragone effettuati dopo

irraggiamento con X a dosi di 1, 2 e 3 Gy più controllo. Il confronto tra gli effetti

indotti dalle due tipologie di radiazione è stato eseguito tenendo presente che a dosi

di 1 Gy di X e di 0,5 Gy di carbonio i dati ottenuti per la sopravvivenza cellulare delle

popolazioni coinvolte sono comparabili, come pure accade per dosi superiori (2 Gy e

3 Gy di X forniscono una percentuale di sopravvivenza simile a quella procurata da 1

Gy e 2 Gy di ioni carbonio).

Page 72: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

71

Page 73: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

72

Nel caso dei raggi X, l’induzione di AC cresce pressoché linearmente con la

dose. In particolare, la frequenza di scambi complessi risulta praticamente nulla a 1

Gy; anche alla massima dose utilizzata, la maggior parte delle AC consiste in scambi

semplici.

Dal confronto tra l’andamento della frequenza di scambi semplici con raggi X e

quello relativo al carbonio, è possibile evidenziare un incremento del 80% circa di AC

semplici indotte da particelle cariche a tutte e tre le dosi. La situazione invece

appare diversa osservando i valori della frequenza di AC complesse generate da X e

carbonio; la produzione di tali aberrazioni dovuta all’azione di raggi X risulta quasi

nulla a 1 Gy di dose e poco più alta a 2 e 3 Gy, non raggiungendo comunque valori di

rilievo. Considerando i risultati ottenuti da irraggiamenti con carbonio, invece, già in

P1 a 0,5 Gy l’interazione di tali ioni ha originato una percentuale di AC rimarcabile; a

dosi superiori (1 e 2 Gy), la percentuale di AC complesse indotte da carbonio in P1

supera di circa l’80% quella di AC indotte dagli X alle dosi corrispondenti, mentre in

P7 la discrepanza raggiunge quasi il 90%. Nel complesso, gli effetti degli ioni

carbonio sulla popolazione cellulare risultano decisamente più incisivi rispetto a

quelli della radiazione a basso LET considerata, in particolare nella produzione di AC

di tipo complesso.

Raffrontando, infine, i grafici della frequenza di AC semplici e complesse

indotte da carbonio, il trend di crescita lineare seguito risulta identico per entrambi,

ma è possibile osservare un incremento maggiore dei valori per le AC complesse

indotte passando dalla P1 alla P7, rispetto a quanto accade nell’andamento di AC

semplici, ove la discrepanza nei valori della frequenza calcolati in P1 e in P7 si aggira

intorno al 10%.

Sono di seguito riportati in grafici a torta i valori di alcune tipologie di

aberrazioni (frammenti, scambi complessi, scambi reciproci) valutati per le due

posizioni di irraggiamento alle varie dosi.

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73

Page 75: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

74

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75

Nella posizione 1, ossia all’inizio del plateau della curva di Bragg, per dosi

crescenti la percentuale di scambi reciproci non varia significativamente al crescere

della dose, mentre aumenta la frequenza di scambi complessi a discapito dei

frammenti. In posizione 7 (picco di Bragg), già a 0,5 Gy la frequenza di scambi

complessi è maggiore di quella per 0,5 Gy ed 1 Gy in P1; tali scambi non mutano in

percentuale sul totale delle aberrazioni analizzate, mentre ciò che cresce al crescere

della dose è l’abbondanza relativa di frammenti, cui fa riscontro una progressiva

riduzione nell’incidenza di scambi reciproci. Questo fenomeno è compatibile con

l’elevato LET delle particelle che inducono rotture multiple nel materiale

cromosomico.

Page 77: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

76

CONCLUSIONI

L’attività sperimentale alla base di questo lavoro di tesi è stata volta allo

studio degli effetti subletali indotti in due linee cellulari umane (MCF-10 e HUVEC)

da radiazioni ionizzanti ad alto LET di vario Z (fasci di ioni carbonio e ossigeno). In

particolare, è stata rivolta l’attenzione alla senescenza prematura radioindotta,

studiata con il saggio della β-galattossidase, e alle aberrazioni cromosomiche,

analizzate sui cromosomi 1 e 2 mediante tecnica FISH. Parte integrante di questo

lavoro è stata la messa a punto e calibrazione della strumentazione utilizzata per il

monitoraggio dei fasci (in particolare i rivelatori utilizzati a fondo canale e l’apparato

elettronico ad essi collegato) ed è stato validato il set-up, recentemente modificato,

del fondo canale presso l’acceleratore Tandem del Dipartimento di Fisica

dell’Università Federico II di Napoli per la realizzazione di esperimenti di

radiobiofisica con fasci di ioni a medio Z in prossimità del picco di Bragg. L’utilità

dello studio di questi fasci consiste nella possibilità di investigare possibili effetti di

traccia nell’induzione di alcuni endpoint radiobiologici di interesse in

radioprotezione e radioterapia per le conseguenze sulle cellule normali umane, che

di solito vengono trascurati nei modelli radiobiologici in voga, basati sul LET, e per i

quali manca un adeguato corredo di dati sperimentali.

L’analisi dei risultati ottenuti dal saggio della senescenza effettuato sulle

cellule endoteliali HUVEC, esposte ai raggi X come controllo e a ioni carbonio ed

ossigeno, ha dimostrato l’insorgere del fenomeno della senescenza prematura in

modalità e tempistiche differenti a seconda della radiazione considerata (ossia, in

base al numero atomico dello ione) e della sua energia (ovvero del suo LET). Nel

caso dell’esposizione a raggi X, la risposta si è manifestata piuttosto tardivamente,

permanendo però a lungo; nel caso dell’interazione con ioni l’induzione di

senescenza si è manifestata dopo pochi giorni dall’irraggiamento, evidenziando una

sorta di andamento “ad ondate”, con una prima fase acuta seguita da una

recrudescenza del fenomeno a tempi successivi. Inoltre, le teorie radiobiologiche

Page 78: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

77

attuali descrivono la dipendenza dalla qualità della radiazione soltanto di alcuni

endpoint (ad esempio la morte cellulare e l’induzione di mutazioni ed aberrazioni

cromosomiche), ed essenzialmente utilizzando come parametro il LET. Se si osserva

il fenomeno qui studiato della senescenza cellulare, su cui esiste una sostanziale

assenza di dati sperimentali, dal punto di vista dello Z degli ioni utilizzati e per valori

del LET elevatissimi per i quali le teorie radiobiologiche attuali non prevedono

differenze sostanziali (overkill effect) è stato possibile osservare che la percentuale

di cellule in senescenza prematura rimane pressoché costante nel tempo nel caso

degli ioni carbonio, mentre la percentuale di cellule che entrano in senescenza

prematura con gli ioni ossigeno aumenta linearmente col tempo. Questa differenza

negli andamenti relativi alle due tipologie di ioni indica come ioni di diverso Z,

seppur entrambi ad alto LET, possano indurre effetti tardivi di diversa severità,

dimostrando dunque l’inadeguatezza del LET come unico parametro fisico per

predire la risposta radiobiologica cellulare, in particolar modo per quanto riguarda

gli effetti subletali in cellule umane. Tali deduzioni potrebbero influenzare gli studi in

radioprotezione (per quanto riguarda, ad esempio, l’esposizione degli astronauti ai

raggi cosmici ad alto LET oltre l’atmosfera terrestre, o l’esposizione alle particelle α

emesse da gas radon indoor diffuso), ma soprattutto potrebbero essere alla base

dell’analisi degli effetti secondari sul tessuto sano di pazienti sottoposti ad

adroterapia.

Il secondo effetto subletale preso in considerazione, fondamentale per la

determinazione dell’incidenza di danni non o mal riparati a livello cellulare, è stata

l’incidenza di aberrazioni cromosomiche su cellule MCF10A irraggiate con ioni

carbonio, in due posizioni della curva di Bragg (inizio del plateau, che interessa le

regioni sane del tessuto irraggiato in adroterapia, e picco di Bragg), a differenti dosi.

Tale analisi, effettuata sui cromosomi 1 e 2 con tecnica FISH, ha rivelato un’elevata

insorgenza di aberrazioni cromosomiche, sia semplici che complesse, in seguito ad

irraggiamento con ioni e un andamento della frequenza di aberrazioni che tende ad

aumentare con la dose. Inoltre, l’induzione di AC appare altamente significativa già

in corrispondenza del plateau e tale effetto differisce solo del 10% circa rispetto a

quello ottenuto all’energia del picco di Bragg. Ciò potrebbe portare a conseguenze

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78

sul tessuto sano irraggiato in adroterapia; in particolare, molto alta è la percentuale

di scambi complessi che, se trasmessi alla progenie delle cellule danneggiate ma

sopravvissute, potrebbero rappresentare un fattore di rischio di trasformazione

neoplastica.

Per concludere, i risultati ottenuti indicano la capacità delle particelle cariche

di indurre effetti subletali in tessuto sano anche a dosi relativamente basse,

confermando la necessità di includere altri parametri fisici quali la struttura di

traccia per un’adeguata modellizzazione dei loro effetti a livello cellulare.

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79

Fig.1. Il ciclo cellulare Fig.2. Rappresentazione del ciclo cellulare con riferimento ai cromosomi

Appendice A

IL CICLO CELLULARE

Il ciclo cellulare è una serie di eventi che ha luogo tra una divisione cellulare e

quella successiva. Può essere diviso in due fasi principali, interfase e mitosi

1. fase S (sintesi), processo di duplicazione del DNA e dei cromosomi che

sarà poi equamente suddiviso fra le due cellule figlie nella successiva mitosi;

, ma più

comunemente si fa riferimento a quattro fasi, scandite da particolari meccanismi

cellulari (Fig.1):

2. fase M (mitosi), processo di divisione nucleare che porta alla divisione

cellulare;

3. fasi G1-G2, fasi di gap che intercorrono rispettivamente tra le fasi M ed S

e le fasi S ed M. Nella fase G1, la cellula comincia a crescere, intraprende il

regolare metabolismo e cominciano a svilupparsi i suoi organelli interni. Nella

fase G2, si crea il fuso mitotico e i cromosomi iniziano a condensarsi.

Nei vertebrati, può anche accadere che la cellula, durante la fase G1, non si

moltiplichi ed entri in una fase quiescente G0, che può durare giorni, mesi o

addirittura anni (Fig. 2).

Page 81: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

80

Fig.3. A sx: rappresentazione di un cromosoma e delle sue componenti. A dx: cromosoma reale.

Fig.4. Classificazione dei cromosomi in base alla posizione del centromero

Durante questa fase, il DNA nucleare

e quindi i cromosomi vengono

duplicati. Le due parti identiche dei

cromosomi condensati vengono detti

cromatidi; essi sono tenuti insieme

da una struttura denominata

centromero e formati ognuno da un

braccio corto e un braccio lungo

(Fig.3).

Fase S

Il centromero è una regione specifica

del cromosoma eucariotico coinvolta

nel processo di segregazione

cromosomica, durante il quale ad

esso si associa una struttura proteica chiamata cinetocore, che permette la

segregazione dei cromatidi fratelli nelle due cellule figlie. In base alla posizione del

centromero, i cromosomi possono essere classificati come in Fig.4.

Page 82: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

81

Fig.5. Il ciclo cellulare analizzato in tutte le sottofasi della mitosi

Mitosi

La fase di mitosi cellulare è a sua volta suddivisa in 4 fasi (Fig.5: lezione 8 BDR,

diap.4):

profase, durante la quale cominciano a posizionarsi gli estremi (asters)

del fuso mitotico (spindle) e la cromatina comincia a condensarsi in

cromosomi visibili;

metafase, fase in cui la membrana nucleare si rompe e i cromosomi

condensati cominciano a posizionarsi lungo i filamenti del fuso mitotico;

anafase, in cui il fuso comincia ad allungarsi e la membrana cellulare si

restringe al centro;

telofase, fase finale della mitosi in cui avviene il distacco delle due

cellule figlie e la formazione di due nuovi involucri nucleari, ognuno con il

relativo corredo cromosomico.

La metafase risulta essere la fase fondamentale del ciclo: in essa, i cromosomi sono

condensati nella caratteristica forma ad X, pronti alla separazione e già duplicati, in

quanto ogni cromatide contiene una delle due molecole di DNA generate durante la

duplicazione avvenuta in fase S.

Page 83: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

82

Fig.6. Cariotipo umano

Appendice B

ABERRAZIONI CROMOSOMICHE

Negli eucarioti, fatta eccezione per le cellule germinali e pochi tipi cellulari

altamente specializzati, ogni cellula contiene due copie di ciascun cromosoma,

ognuna ereditata da un genitore, che vengono chiamate cromosomi omologhi. Il

cariotipo (l’insieme di coppie di cromosomi caratteristico di ogni specie) di un essere

umano è costituito da 23 coppie di cromosomi, 22 coppie di autosomi omologhi e

l’ultima, che identifica il genere sessuale, da due eterosomi (XX per le femmine, XY

per i maschi) (Fig.6).

Page 84: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

83

Fig.7. Aberrazioni cromosomiche strutturali, suddivise in cromosomiche e cromatidiche

Lo studio dell’induzione di aberrazioni cromosomiche è importante per la

ricerca dell’associazione di molti tumori e malattie ereditarie alla presenza nel

corredo cromosomico di aberrazioni numeriche o strutturali.

Le categorie di aberrazioni cromosomiche note sono:

• costituzionali, che affliggono uno dei genitori (e in questo caso

l’anomalia è anche omogenea) oppure la cellula fecondata (in questo caso,

l’anomalia è a mosaico) e si trasmettono in tutto il ciclo di sviluppo e

specializzazione delle cellule figlie.

• acquisite, che si manifestano durante la specializzazione cellulare e

affliggono una determinata linea cellulare (di un dato tessuto o organo);

• numeriche, che influiscono sulla ploidia (numero di cromosomi),

alterando il set cromosomico con l’aggiunta di uno o più cromosomi a tutte

o ad alcune coppie del cariotipo (euploidia, poliploidia, aneuploidia)

• strutturali, dette cromosomiche quando modificano la struttura dei

cromosomi interi (avvengono durante le fasi G1 o G0), o cromatidiche se

hanno ripercussioni sulla struttura dei singoli cromatidi (avvengono

durante le fasi S o G2) (Fig.7)

• simmetriche/asimmetriche

Page 85: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

84

Fig.8. Classificazione di aberrazioni cromosomiche simmetriche e asimmetriche

Le aberrazioni cromosomiche strutturali possono essere classificate in vari

modi. Una maniera dettagliata è la classificazione in (Fig.8):

o Interscambi e intrascambi

o Simmetriche e asimmetriche

o Tipo semplice e complesso

o Forma completa o incompleta

Un modo più schematico, invece, consiste nel classificarle in:

• Frammenti

• Scambi semplici

- Interscambi

- Intrascambi

• Scambi complessi

Page 86: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

85

Fig.9. Formazione di frammenti acentrici con due meccanismi di rottura differenti

Di seguito, vengono riportate le schematizzazioni delle suddette tipologie di

aberrazioni cromosomiche.

Frammenti

Quando nel braccio di un

cromosoma si verificano una o più

rotture (break), si formano delle

aberrazioni denominate

frammenti (Fig.9), che possono

essere:

- centrici, quando contengono il

centromero;

- acentrici, quando sono privi di

centromero.

Un frammento può anche essere

originato dalla rottura della parte

terminale di un cromosoma; in

quel caso, è detto frammento (o

delezione) terminale. Se invece è

generato dalla perdita di una parte di cromosoma compreso tra due rotture su di un

braccio del cromosoma, si parla di frammento (o delezione) interstiziale. In

entrambi i casi si osserva un cromosoma più corto ed un frammento acentrico.

Scambi semplici

Gli scambi semplici sono aberrazioni cromosomiche che derivano dall'interazione di

due cromosomi aventi ciascuno una singola rottura (interscambi) e si dividono in:

- traslocazioni, quando un frammento acentrico di un cromosoma si ricombina

con un frammento centrico di un altro cromosoma;

Page 87: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

86

Fig.10. Frammento dicentrico + frammento acentrico (sx). Ring centrico con frammento (centro).

Ponte anafase (dx).

- dicentrici, quando si uniscono da una parte i due frammenti con centromero e

dall'altra i restanti frammenti acentrici, che eventualmente possono

ricombinarsi.

E’ possibile che avvengano anche scambi tra i cromatidi di uno stesso cromosoma: in

questo caso si parla di intrascambi, che possono consistere in (Fig.10):

- rings (anelli) centrici (se contengono il centromero) o acentrici (se privi di

centromero);

- ponti anafase, generati dalla rottura di entrambi i cromatidi, con formazione

di due frammenti acentrici e di un cromosoma contenente i due bracci

“tagliati” uniti fra di loro. Tale struttura, durante l’anafase, si “allunga” lungo il

fuso mitotico, impedendo la corretta segregazione del cromosoma coinvolto

nell’aberrazione.

Page 88: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

87

Scambi complessi

Gli scambi complessi si osservano quando in due cromosomi si formano almeno tre

rotture. Essi richiedono il ricongiungimento di rotture localizzate in prossimità

spaziale e temporale, quindi la densità di ionizzazione e/o la struttura di traccia

influenzano fortemente la formazione degli scambi.

Un esempio di scambio complesso è dato dalle inserzioni in cui un frammento di un

cromosoma (a prescindere se contenga o meno il centromero) si inserisce in un altro

cromosoma.

Data la classificazione delle AC, si parla di stabilità di un’aberrazione quando essa

non influisce sulla morfologia dei cromosomi e non comporta perdita di materiale

genetico.

Gli scambi simmetrici sono definiti aberrazioni stabili perché, non comportando

alcuna anormalità morfologica, non generano problemi meccanici alla divisione e,

non producendo frammenti, non determinano alcuna perdita di materiale genetico.

Per questi motivi, le traslocazioni reciproche possono essere trasmesse alle cellule

figlie anche per diversi cicli di divisioni cellulari, diventando quindi potenzialmente

più importanti per gli effetti tardivi del danno indotto dalla radiazione.

Delezioni e scambi asimmetrici sono invece definiti aberrazioni instabili perché

ostacolano la normale segregazione dei cromosomi nelle cellule figlie e possono

essere letali entro pochi cicli cellulari. Se la delezione implica la perdita del

centromero, il risultato è un cromosoma acentrico, che generalmente viene perso

durante la divisione cellulare. A seconda dell'organismo questa perdita cromosomica

può avere conseguenze molto gravi o letali. Per quanto riguarda i dicentrici, in base

al loro orientamento rispetto alle fibre del fuso mitotico possono impedire la

corretta segregazione o essere ereditati da una cellula figlia. Anche i ring sono

aberrazioni instabili, perché vengono persi dopo la prima mitosi non potendo legarsi

alle fibre del fuso.

Page 89: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

88

Appendice C

MATERIALI UTILIZZATI

Terreno di crescita e mantenimento delle cellule HUVEC

- EMB-2 (Endothelial Cell Basal Medium-2) 500 ml

- Bullett kit:

- FBS 10 ml

- Idrocortisone 0,2 ml

- hFGF-B 2,0 ml

- VEGF 0,5 ml

- R3-IGF-1 0,5 ml

- Acido ascorbico 0,5 ml

- hEGF 0,5 ml

- GA-1000 0,5 ml

- Eparina 0,5 ml

Terreno di crescita e mantenimento delle cellule MCF10

Resuspension medium

- DMEM-F12 500 ml

- Horse serum 100 ml

- Penicillina/Streptomicina 5 ml

Growth medium

- DMEMF-12 500 ml

- Horse serum 25 ml

- EGF 0,1 ml

- Idrocortisone 0,25 ml

- Tossina del colera 0,05 ml

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89

- Insulina 0,5 ml

- Penicillina/Streptomicina 5 ml

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90

Appendice D

PROTOCOLLI

Saggio della β-galattosidase per la rivelazione della senescenza cellulare

Senescence Cells Histochemical Staining Kit / SIGMA ALDRICH™

Reagenti richiesti

- 1x Fixation buffer (composizione: 20 % formaldeide, 2% glutaraldeide, 70,4

mM Na2HPO4, 14,7 mM KH2PO4, 1,37 M NaCl, 26,8 mM KCl)

- Reagente B: 400 mM potassio ferrocianide

- Reagente C: 400 mM potassio ferrocianide

- 40 mg/ml X-gal solution

- 10x Staining solution preriscaldata a 37 °C per 1 h

- 1x PBS

- dH2O

Procedura

• Aspirare il terreno di crescita dalle piastre seminate (capsule petri da 35 mm)

• Lavare due volte con 1 ml di 1X PBS

• Eliminare il PBS, aggiungere 1,5 ml di Fixation buffer e incubare per 6-7 min

• Preparare la Staining Mixture con i seguenti reagenti nell’ordine (per 6

campioni):

- 1 ml di Staining solution 10x

- 125 µl di Reagente B

- 125 µl di Reagente C

- 250 µl di X-gal

- 8,5 ml di dH2O

• Lavare 3 volte con 1 ml di 1x PBS

Page 92: Studio degli effetti subletali indotti da radiazioni ad alto LET e ...

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• Eliminare il PBS ed aggiungere 1 ml di Staining Mixture

• Sigillare le piastre con Parafilm™ ed incubare a 37 °C in assenza di CO2

overnight

• Osservare le cellule al microscopio a campo chiaro

Test FISH (Fluorescence In-Situ Hybridization) per la rivelazione di

aberrazioni cromosomiche sui cromosomi 1 e 2

Reagenti richiesti

- Sonda XCP 1 Green (cromosoma 1) e XCP 2 red (cromosoma 2) 50 μl

Metasystem

- 0,4 x SSC (pH 7,0-7,5) a 72 °C

- 2 x SSC, 0,05% Tween-20 (pH 7,0) a temperatura ambiente

- DAPI/antifade

Procedura

Step 1: Preparazione campioni e ibridazione

• Porre una goccia di campione cellulare su un vetrino da microscopio pulito.

• Far asciugare all’aria (per un’osservazione posticipata all’ibridazione,

conservare i vetrini a -20 °C)

• Applicare 10 μl di soluzione con sonda

• Coprire con un copri vetrino 22x22 mm2

• Sigillare con rubber cement

• Denaturare il campione e la sonda simultaneamente, riscaldando il vetrino su

una piastra a 75 °C per 2 minuti

• Incubare in camera umidificata a 37 °C overnight.

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Step 2: Risciacqui post-ibridazione

• Rimuovere attentamente il copri vetrino e tutte le tracce di colla dal vetrino

• Sciacquare il vetrino in 0,4 x SSC per 2 min

• Rimuovere il vetrino e sciacquarlo in 2 x SSC a temperatura ambiente per 30 s

• Risciacquare brevemente in acqua distillata per evitare formazioni di cristalli e

lasciare asciugare all’aria

Step 3: Aggiunta liquido di contrasto

• Applicare 10 μl di DAPI/antifade sulla zona del vetrino in cui è posto il

campione cellulare e coprire con un copri vetrino 24x32 mm2

• Lasciar agire il DAPI per 10 min

• Procedere alla visualizzazione al microscopio

• Conservare i vetrini a -20 °C. Il segnale di ibridazione sarà visibile entro 6 mesi

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BIBLIOGRAFIA Introduzione

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RINGRAZIAMENTI

Con questo lavoro si conclude finalmente il mio percorso universitario, dopo

troppi (o troppo pochi, in realtà?) anni, durante i quali ho vissuto mille esperienze,

conosciuto persone di tutti i tipi, trovato e perso e ritrovato l’amore, amato e

detestato e amato ancora il mio “lavoro” e le mie scelte. Vorrei ringraziare, ognuno

in maniera diversa, tutti coloro che mi hanno fatto crescere e andare avanti, anche

solo grazie ad una chiacchierata in treno, o ad un sorriso fugace per strada, o anche

dopo avermi rubato il cellulare (e qui chi sa il fatto sghignazzerà interiormente) o

avermi rivolto uno sguardo poco amichevole… Purtroppo, gran parte di questi

personaggi sono a me sconosciuti, ma per mia fortuna sono ancora tante le persone

che mi sono state accanto, da vicino e da lontano, nei momenti bui e in quelli

radiosi, e non saranno mai troppe le volte in cui le ringrazierò di questo, in ordine

sparso e mai di importanza, perché ognuna di esse mi ha plasmato a suo modo.

Il mio primo pensiero va, com’è ovvio, ai “creatori” della storia della mia vita, i

miei genitori, che hanno saputo sorreggermi nei momenti burrascosi e mi hanno

lasciata affrontare questo mondo con tutti i dovuti timori, uniti alla consapevolezza

che la strada da me scelta mi avrebbe portata lontano. Grazie, mamma e papà, per

la dolce fermezza e la ferma dolcezza, per i pranzetti consolatori e gli insegnamenti

di vita, per il vostro sostegno e la vostra guida, che spero mi riserverete ancora in

tante altre occasioni.

In ordine di apparizione (!) non può che esserci la mia migliore amica, mia

sorella Antonella, il cui apparato uditivo ha sviluppato poteri sovrannaturali, pari

solo a quelli di un supereroe, dopo avermi sopportato ore ed ore al telefono (e i

“ringraziati” che seguono la compatiranno) tra consigli, momenti di sfogo e

discussioni varie. A parte questo, grazie, Deuty, senza di te la mia vita di certo non

sarebbe stata la stessa, e questo periodo appena trascorso non avrebbe avuto lo

stesso sapore.

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Continuando sulla stregua delle melensaggini (sono partita bene, ma troppo

miele non lo reggo dopo un po’), dedico i prossimi ringraziamenti alle mie sorelle

mancate, Angela e Federica, destinate, ahiloro, alla stessa sorte della suddetta

Antonella, ma entrambe con un savoir-faire diverso, che permette loro di attenuare

le mie tendenze carlesche. Grazie, ragazze, per le risate, i pianti, le depressioni e gli

“inciuci”, per essere cresciute insieme a me e aver coltivato con me speranze e

sogni. Vicine o lontane, “un’amicizia lunga una vita”.

E tale spero che resti anche il rapporto con due tra gli amici più inaspettati che

mi ritrovo, Sara e Federico, perché davvero nella vita non sai mai chi ti capita, e

soprattutto DOVE ti capita di conoscere alcune delle persone che non ti molleranno

più. Una delle coppie che per me incarna il vero significato dell’amore, e il cui affetto

è ricambiato e percepibile anche a chilometri di distanza. Grazie, Sara, per la tua

amicizia sincera, romantica e senza limiti, che ha contribuito a farmi superare tanti

momenti di difficoltà; grazie, Fede, per il tuo sguardo azzurro e calmo e per la

maturità che ti contraddistingue, la quale, nonostante tutto, non impedisce mai alla

parte folle di te di guardare alla vita con gioia.

La sto tirando per le lunghe, come mio solito, alla fine forse chi mi starà

ancora ad ascoltare sarà solo il mio fratellino acquisito, Massimo, l’unico e solo

(bisogna rendergliene atto) che riesce a tenere il bandolo della matassa dei miei

discorsi senza distrarsi un secondo. Certo, vorremmo picchiarci per ogni singola

opinione divergente ogni volta che ci sentiamo, poi però basta una pizza e un film

per farci dimenticare tutto. Grazie, Max, per ricordarmi sempre quant’è bella la

fisica e quant’è meraviglioso il mondo intorno a noi, ma soprattutto che ognuno di

noi può essere straordinario.

Un grazie particolare va ad un’altra coppia di amici di una vita, Emilio e Cinzia,

prima all’uno e poi all’altra per motivi di “apparizione”, come dicevo prima. Anche

se siamo presi dalla pressante routine quotidiana, riusciamo a goderci ogni

momento da trascorrere assieme, e in più di un’occasione si sono rivelati preziosi

confidenti e compagni di viaggio. Grazie, ragazzi, per aver condiviso con me sapori e

dissapori, interessi comuni e differenti, problemi e spensieratezza.

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Ultimi (per ora!) ma in realtà sempre costanti, i miei Vladimir ed Estragon,

Fabio e Salvatore, l’artista e lo scrittore, il mio ponte sull’umanesimo e la creatività,

il mio vitale contatto con quei momenti di spensieratezza che non torneranno più,

ma che loro hanno sempre reso vivi e sempre lo faranno. Grazie, Fabioz e ScritTore,

spero di restare sempre la vostra Bloody.

Un grande e affettuoso grazie va ai tanti “colleghi” universitari, che in diverse

occasioni si sono dimostrati molto di più: Stefania e Tiziana in primis, “angel & devil”

delle mie lunghe giornate universitarie, che soprattutto negli ultimi tempi mi sono

state molto accanto, poi il professorone globetrotter Orlando, con i suoi racconti

fantastici sull’uomo in ricerca e sulla ricerca dell’uomo, Maria con le sue storie e i

mille gossip, Alessandro, Luigi, Antonia, Francesco, Alessia, Ivana, Cristina e tanti

altri, grazie di cuore, non vi dimenticherò mai.

Fugaci ma fondamentali ringraziamenti sono dovuti a coloro che hanno

plasmato la mia cultura, sin dagli albori del mio cammino didattico, accendendo una

fiamma nel cuore per alimentare i miei interessi e una nella ragione per realizzare i

miei progetti. In particolare, il mio pensiero va alle mie maestre e ai miei docenti

delle medie, tutti bene o male a “pari merito”, alle prof.sse Ler e Mainardi, per

avermi insegnato che la scuola non serve soltanto a “leggere, scrivere e far di

conto”, ma soprattutto a relazionarsi e a comprendere il vero potenziale di ogni

individuo.

Inoltre, ringrazio gli innumerevoli docenti e ricercatori universitari con cui ho

avuto a che fare in tutti questi anni, che mi hanno mostrato tutte le sfumature che

può assumere l’animo umano e mi hanno inconsapevolmente aiutato a fare le mie

scelte di vita. Grazie per ogni momento, di lavoro, di svago, di studio, ma questo di

certo non sarà un addio.

Infine, la persona senza la quale questo traguardo non sarebbe stato

raggiunto dalla stessa persona che sono e dalla donna che voglio essere: Francesco,

il mio Luce, il mio compagno, amico, fratello, confidente. Non basteranno mai le

parole per renderti grazie della tua presenza e del tuo affetto, e spero di poterlo fare

ogni giorno della mia vita.

Winter is over, spring is here. Let the sunshine in.