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Clima e Cambiamenti Climaticile attività di ricerca del CNR

B. CARLI, G. CAVARRETTA, M. COLACINO, S. FUZZI

A cura di

Consiglio Nazionale delle Ricerche

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

A cura di Bruno Carli, Giuseppe Cavarretta, Michele Colacino, Sandro FuzziCNR - Dipartimento Terra e AmbienteDirettore Giuseppe Cavarretta

Impaginazione e grafica Fortunato Antonelli, Elisabetta Gallo, Luigi Mazari VillanovaPubblicazione su web Daniela Beatrici (www.dta.cnr.it)Stampa Istituto Salesiano Pio XI - RomaEditore Consiglio Nazionale delle Ricerche - Roma

Copyright © 2007, Consiglio Nazionale delle Ricerche

Tutti i diritti riservati

ISBN 978-88-8080-075-0

In copertina: il Colosseo; emissioni di un'acciaieria; acqua alta a piazza San Marco, Venezia. Sul retro: il Sole (elaborazione di una immagine del satellite SOHO, collaborazione ESA-NASA); la

Terra (immagine NASA) e la Luna; Strombus bubonius e ricostruzione di Mammuthusprimigenius, rispettivamente “ospiti” caldo e freddo nell'area Mediterranea durante le ultimeoscillazioni climatiche.

Presentazione

Cambiamenti climatici, emissioni in atmosfera, modificazioni antropi-che del territorio, sviluppo sostenibile e, più in generale, qualità ambienta-le: sono concetti e problematiche di interesse generale su cui i media sen-sibilizzano l'opinione pubblica con una comunicazione quotidiana e unaprofondità crescente. Le agende dei Governi dei Paesi industrializzati e invia di sviluppo sono dense di impegni relativi a incontri multilaterali fina-lizzati a concordare strategie comuni di mitigazione e di adattamento allepossibili condizioni climatiche di metà e fine secolo. L'ONU, laCommissione Europea e i Governi nazionali promuovono, programmano efinanziano studi sempre più approfonditi su questi argomenti. Malgradociò, molti problemi sono ancora in attesa di soluzione ed è lecito porsi alcu-ne domande:Quale è il contributo dei fattori naturali e di quelli antropici sui cambia-menti climatici?Quale è il livello di certezza delle previsioni su cui fondare le decisioni?Quali i cambiamenti e i relativi impatti a scala regionale e locale?Quali le limitazioni da far accettare al sistema produttivo e alle popolazioni?

Solo la ricerca scientifica può fornire risposte che possano essere condi-vise dal sistema-Paese che dovrà sostenere i costi e gli effetti delle possi-bili azioni di mitigazione e adattamento. Tutta la comunità scientifica inter-nazionale sta quindi lavorando alacremente per fornire ai responsabili dellescelte le migliori basi di conoscenza, con investimenti molto consistenti intermini di risorse umane e finanziarie.

Nel CNR il clima e i cambiamenti climatici sono oggetto di studio giàda diversi decenni, con un approccio multidisciplinare, il coinvolgimentodi diversi Istituti e la collaborazione a progetti internazionali e nazionali.In termini di risorse umane sono impegnati in queste ricerche circa 500ricercatori e tecnici, tra cui molti giovani e associati delle Università, perun importo full cost di circa 44 milioni di Euro/anno di cui 9 finanziatidalla Commissione Europea, Ministeri, Enti locali e Aziende.

I

Il Dipartimento Terra e Ambiente ha chiamato i ricercatori di tutti gliIstituti del CNR che si occupano di clima a presentare in forma sintetica irisultati degli studi realizzati negli ultimi anni, pubblicati in questo volu-me, per fornire ai fruitori istituzionali delle ricerche una panoramica dellediverse attività realizzate dall'Ente. Questi sono essenzialmente volti aincrementare la conoscenza necessaria a prevedere l'evoluzione del climain risposta alle forzanti naturali e antropiche. Si segnalano in particolare:la ricostruzione dei climi del passato, lo studio dei processi di interazionetra le componenti ambientali che costituiscono il complesso sistema-clima,la valutazione degli impatti del cambiamento climatico tra cui sono in evi-denza quelli riguardanti i sistemi agro-forestali, la realizzazione di model-li numerici predittivi, lo sviluppo e la messa a punto di nuovi metodi diosservazione e misura.

È con soddisfazione che presento quindi quest'opera, nella certezza del-l'elevata qualità dei contributi scientifici e nella fiducia che il CNR possaaccrescere ulteriormente la consistenza del proprio apporto allo sviluppoeconomico ed al benessere sociale del Paese.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

II

Federico RossiVice Presidente del CNR

Prefazione

Il CNR ha nel settore degli studi sul clima una lunga tradizione che risale aglianni ’30 dello scorso secolo quando, sotto la Presidenza di Guglielmo Marconi,venne avviato il progetto Ricerche storiche sulle variazioni climatiche in Italia.L’Ente ha continuamente incrementato il proprio impegno in questo settore conuna ricerca fortemente multidisciplinare maturata all’interno dei suoi Istitutiche ha prodotto significative competenze, riconosciute a livello internazionale,sulla modellistica ed i processi chimico-fisici del clima, la ricostruzione deiclimi del passato, le ricerche polari, gli impatti sugli ecosistemi terrestri edacquatici ed i rischi socio-economici dei cambiamenti climatici. Il CNR haanche sviluppato ampie competenze ed importanti infrastrutture per le osserva-zioni della Terra dal suolo e da satellite e gestisce o collabora a programmiosservativi a livello nazionale ed internazionale che forniscono basi-dati di pri-maria importanza per l’inizializzazione e la validazione dei modelli climatici.

Dai risultati ottenuti analizzando alcuni indicatori climatici, quali l’aumentodella temperatura media, la variazione nel regime delle precipitazioni con l’in-cremento degli eventi molto intensi, la riduzione della estensione dei ghiacciaialpini, l’innalzamento del livello del mare, emerge in modo inequivocabile cheun cambiamento climatico è in atto e rappresenta un fenomeno globale, checoinvolge tutto il pianeta.

Un maggior grado d’incertezza riguarda, invece, l’individuazione dellecause del cambiamento e la previsione delle future evoluzioni del clima.Secondo alcuni studiosi i cambiamenti potrebbero essere spiegati dalla natura-le variabilità del clima e dalle variazioni della forzante esterna costituita dallaradiazione solare; tuttavia, l’interpretazione giudicata più probabile dalla mag-gioranza della comunità scientifica è che accanto alla variabilità naturale stiadiventando significativa una variazione indotta dalle forzanti interne al sistemaclima dovute alle attività antropiche.

L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), che fa capo alleNazioni Unite, ha reso pubblico a maggio 2007 il Quarto Rapporto sul Climaed i Cambiamenti Climatici, al quale hanno contribuito anche ricercatori del

III

CNR. Nel Rapporto si afferma che il riscaldamento globale è un fatto reale eche l’aumento della temperatura media globale osservato a partire dalla metàdel XX secolo è molto probabilmente (probabilità superiore al 90%) dovuto ingran parte all’aumento della concentrazione dei gas serra causato dalle attivitàumane.

Una valutazione più certa della situazione attuale e della futura evoluzionedel clima a scala globale e regionale, richiede la disponibilità di modelli mate-matici in grado di fornire un’accurata descrizione dei processi fisici, chimici ebiologici che hanno luogo all’interno del sistema climatico. Tale descrizione èancora frammentaria, data l’estrema complessità del sistema. Le eruzioni vul-caniche, la presenza in atmosfera di aerosol e polveri, il ruolo delle nubi, levariazioni della composizione chimica dell’atmosfera, della radiazione solare,delle correnti atmosferiche ed oceaniche, del ciclo idrologico e del bilanciodelle precipitazioni, i processi di deforestazione e, in generale, le modificazio-ni nell’uso del territorio sono alcune degli attori presenti sulla scena climatica.La sfida della ricerca è dunque comprendere i processi che operano all’internodel sistema clima e valutare correttamente il loro ruolo nel contesto della varia-bilità climatica globale.

Modelli sempre più perfezionati sono infatti necessari per prevedere comeevolverà il clima a scala globale e regionale in risposta a diversi scenari di inter-vento (o non intervento) e contemporaneamente a predisporre misure di adatta-mento a condizioni climatiche diverse da quelle del passato.

Sono questi i temi di ricerca sul clima sui quali si concentra l’attività degliIstituti del CNR, i cui risultati, con riferimento agli ultimi anni, sono raccolti inquesto volume.

Il patrimonio di competenze, strutture e dati, che qui viene presentato, è statocostruito dal CNR al servizio del Paese, anche in collaborazione con gli altriEnti di Ricerca attivi nel settore, soprattutto per fornire ai decisori politici leconoscenze necessarie al fine di predisporre opportune misure di contrasto,mitigazione ed adattamento ai cambiamenti in atto e previsti per il futuro.

Modellistica e processi chimici e fisici del clima

Negli ultimi anni si è verificato un notevole progresso nei modelli climaticie nell’interpretazione dei risultati da essi ottenuti, anche se l’affidabilità delleprevisioni climatiche è ancora oggetto di valutazione e discussione.Fondamentale è in questo campo la comprensione dei processi chimico-fisiciche caratterizzano il sistema clima e lo studio dei cicli di retroazione (feedback)che determinano non linearità nei meccanismi causa-effetto del sistema. Varie

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

IV

ed ampie sono le attività del CNR nel campo della modellistica del clima: daimodelli a scala globale a quelli a scala regionale, dai modelli climatici a com-plessità intermedia a quelli a rete neurale. Le tematiche di ricerca affrontatecomprendono le anomalie climatiche nelle regioni tropicali e le teleconnessio-ni con la regione Mediterranea, la variabilità e predicibilità climatica dei regi-mi di circolazione atmosferica, la descrizione degli ecosistemi marini e terrestri.Importanti ricerche riguardano inoltre lo sviluppo di parametrizzazioni dei pro-cessi che coinvolgono l’aerosol atmosferico e le nubi e la validazione deimodelli con dati sperimentali, mentre gli studi sui processi chimico-fisici delclima coprono tematiche molto ampie che includono le variazioni della compo-sizione chimica dell’atmosfera ed i conseguenti effetti radiativi, i sistemi nuvo-losi precipitanti e gli eventi estremi, la variabilità del monsone africano e la cir-colazione termoalina.

Ricostruzione dei climi del passato

La ricostruzione dei climi del passato è di grande interesse al fine di valuta-re la variabilità naturale del clima. Le ricerche sono condotte con metodologiediverse: carotaggi, analisi dei sedimenti, dendrocronologia, analisi dei pollini,rapporti isotopici per gli studi paleoclimatici, documenti storici e serie di datistrumentali per le variazioni climatiche recenti. Gli studi del CNR riguardano laricostruzione paleoclimatica attraverso l’analisi di lunghe registrazioni sedi-mentarie di aree continentali e bacini lacustri. Un altro indirizzo di ricerca èfinalizzato alla ricostruzione, con particolare attenzione alle temperature e alleprecipitazioni, degli andamenti climatici dell’Italia negli ultimi 200 anni.Queste indagini sono effettuate utilizzando serie storiche di dati meteorologici,che sono state raccolte, omogenizzate ed esaminate criticamente, andando acostituire banche dati che rappresentano un patrimonio unico nel loro genere.Vengono anche analizzati altri indicatori del cambiamento climatico come illivello del mare, le piogge molto intense e le onde di calore.

Le ricerche polari ed i cambiamenti climatici

Le aree geografiche utilizzate dall’attività umana non esauriscono la variabi-lità terrestre e lo studio degli ambienti estremi è fondamentale per completarela conoscenza dei processi fisici, chimici e biologici che determinano il climaglobale. Il CNR contribuisce allo studio degli ambienti estremi polari con unasignificativa partecipazione al Programma Nazionale di Ricerche in Antartide e

Prefazione

V

con la gestione della stazione Dirigibile Italia nelle isole Svalbard. Le aree pola-ri sono sede ideale per lo studio delle interazioni idrosfera-criosfera-atmosferae l’Antartide in particolare per le indagini sul paleoclima con l’analisi dei ghiac-ci continentali e dei sedimenti marini. Inoltre gli ambienti estremi, per la lorocollocazione remota rispetto alle sorgenti antropiche, forniscono un banco diprova privilegiato per l’identificazione precoce delle perturbazione globali(riduzione dell’estensione dei ghiacciai, cambiamento delle specie dominanti,perdita di biodiversità). Gli studi del CNR analizzano infine i processi di tiporadiativo, dinamico e biologico con cui i mari e le aree polari interagiscono conle variabili climatiche (interazione aerosol-radiazione, segregazione marina delcarbonio, teleconnessioni fra processi remoti).

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici

Il CNR è molto attivo nel campo dello sviluppo ed implementazione dinuova strumentazione scientifica, metodi di misura, reti di osservazione, comedimostra la realizzazione di boe marine di vario tipo, strumenti per la caratte-rizzazione degli aerosol atmosferici, torri per la determinazione dei flussi diCO2, misure di CO2 lungo rotte marine ed osservazioni di indicatori climatici.Importanti sono anche i risultati ottenuti grazie ad infrastrutture come le piatta-forme aeree a bassa quota per la misura dei flussi superficiali, la camera clima-tica per lo studio degli effetti delle alterazioni ambientali sulle piante ed i siste-mi informativi geografici. Numerose sono le partecipazioni del CNR a retiosservative a livello nazionale ed internazionale. Significativa è l’iniziativa Ev-K2-CNR che gestisce il Laboratorio Piramide collocato a 5050 metri inHimalaya. I problemi climatici richiedono osservazioni di tipo globale che sonoefficacemente ottenute con telerilevamento da satellite. Accanto alle misure tra-dizionali da terra, è pertanto aumentato il numero dei progetti in cui il CNR uti-lizza i dati satellitari per ricavare campi di precipitazione operativi, temperatu-ra superficiale del mare, proprietà delle nubi, copertura vegetale e risposta dellavegetazione alle variazioni dell’irraggiamento e delle precipitazioni.

Impatti dei cambiamenti climatici

L’analisi dell’impatto dei cambiamenti climatici sull’ambiente ha particola-re importanza, nell’attuale panorama delle ricerche sul clima. L’aumento della

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

VI

Prefazione

temperatura, oltre a determinare lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamentodel livello del mare, influisce in modo diretto sugli ecosistemi, che sono anchesollecitati dal cambiamento della composizione dell’atmosfera e del regimepluviometrico. Le ricerche del CNR sono molteplici e diversificate: dalla modi-fica del ciclo idrologico all’erosione delle coste, dalla perdita di biodiversitàalla presenza di specie ittiche aliene, dalle comunità fitoplanctoniche alle popo-lazione di piccoli pelagici con attenzione ai problemi della pesca. L’impatto deicambiamenti climatici sui laghi viene studiato relativamente agli aspetti fisici,chimici, e biologici sia per i corpi idrici italiani sia per quelli himalayani, per iquali è in corso di realizzazione una banca dati unica nel suo genere. Un ulte-riore ambito di studio è rappresentato dalla valutazione dell’impatto dei cam-biamenti sul suolo, la vegetazione e la produzione agricola: le ricerche riguar-dano da un lato l’erosione, i nutrienti, la siccità, la desertificazione e dall’altrole colture mediterranee, gli ecosistemi forestali, la diffusione di insetti e paras-siti delle piante. Una rilevante attività concerne lo studio delle risposte degliecosistemi all’aumento della concentrazione di CO2 ed alla capacità di seque-stro da parte della vegetazione, anche con esperimenti di arricchimento inambienti non confinati.

Mitigazione dei cambiamenti climatici ed adattamento

Anche nel settore di prevenzione del rischio e di adattamento ai cambiamen-ti climatici il CNR è presente con numerose iniziative. Le ricerche riguardanoargomenti diversi, dall’ambito socio-economico alla pianificazione degli inter-venti di salvaguardia e mitigazione. In primis vanno ricordati gli studi sull’im-patto dei cambiamenti sull’agricoltura con indagini finalizzate alla valutazionedella quantità e qualità dei prodotti e del degrado del suolo, alla classificazionedelle aree agricole ed alle infestazioni di parassiti ed insetti. Altre ricerche sonodedicate all’analisi delle modificazioni ambientali, alla pianificazione e gestio-ne delle risorse idriche, ai problemi degli incendi boschivi ed all’evoluzione delpaesaggio. Passando dall’ambiente naturale a quello antropizzato, vanno ricor-dati gli studi sviluppati per esprimere in termini quantitativi il disagio climati-co e per valutare l’impatto del clima sul patrimonio culturale ed anche sultempo libero. Sul piano tecnologico le ricerche riguardano lavori finalizzati allariduzione delle emissioni con studi concernenti sia il confinamento dei gasserra, che lo sviluppo di tecnologie per la riduzione dei consumi energetici.Vanno infine citati, ultimi ma non per importanza, i lavori di natura socio-eco-nomica aventi come obiettivo l’analisi e la valutazione degli strumenti finoraadottati, anche in campo internazionale, per mitigare i rischi.

VII

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

VIII

Indice

IX

INDICE Presentazione I Prefazione III Indice IX

Modellistica del clima 1

PlaSim-LSG: un modello climatico a complessità intermedia 3J. von Hardenberg, A. Provenzale, K. Fraedrich, E. Kirk, F. LunkeitScenari climatici e predicibilità: indizi di uno stretto rapporto da un’analisi dinamica e neurale del toy-model di Lorenz 7

A. Pasini Analisi climatiche di attribution a scala globale e di influenze a scala regionale e locale mediante un modello a rete neurale 11

A. Pasini Anomalie climatiche ed onde planetarie 15G. Dalu, M. Baldi, G. Maroscia, M. Gaetani Predicibilità climatica dei regimi di circolazione atmosferica alle medie latitudini e ai tropici 17

S. Corti Connessioni tra il clima della regione Mediterranea e l’Africa Occidentale attraverso la circolazione meridiana di Hadley 23

M. Gaetani, M. Baldi, G.A. Dalu, G. Maracchi BOLCHEM: uno strumento numerico per la simulazione della composizione dell'atmosfera 27

A. Maurizi, M. D'Isidoro, M. Mircea, F. Tampieri Il vortice stratosferico: indice di teleconnessione per previsioni a lungo periodo 31

G. Messeri, D. Grifoni, B. Gozzini, G. Maracchi, C. Tei, F. Piani Caratterizzazione della variabilità spazio-temporale del vapor d’acqua come diagnostico per un modello di clima 35

G. L. Liberti, F. Congeduti, D. Dionisi, C. Transerici, L. Velea, F. Cheruy Valutazione delle nubi simulate da un modello di clima (LMDZOR) in Area Mediterranea tramite dati da satellite 39

G. L. Liberti, F. Cheruy

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

X

Diagnostici basati su disaggregazione spazio-temporale per la valutazione delle nubi in un modello di clima. 43

F. Cheruy, F. Aires, G. L. Liberti Riduzione dinamica degli scenari climatici a scala di bacino tramite modellistica numerica regionale 47

M. Pasqui, M. Ceseri, G. Maracchi, F. Meneguzzo, F. Piani Risultati preliminari di downscaling statistico delle precipitazioni invernali nella Regione Puglia 51

L. Palatella, P. Paradisi, M.M. Miglietta, P. Lionello L’igroscopicità e l’attivazione dell’aerosol nei modelli climatici 55M. Mircea, M.C. Facchini, S. Decesari, S. Fuzzi Produttività primaria dell’ecosistema marino, turbolenza oceanica e cicli biogeochimici globali 59

A. Bracco, I. Koszalka, C. Pasquero, A. Provenzale Sviluppo di una funzione sorgente di spray marino per predire la componente organica dell’aerosol marino 63

M. C. Facchini, S. Fuzzi, M. Mircea

Processi chimico-fisici del clima 67

Caratterizzazione dello spettro di emissione atmosferica con misure a larga banda nell'infrarosso termico 69

L. Palchetti, G. Bianchini, B. Carli, U. Cortesi, S. Del Bianco Modificazione dell’aerosol marino dovuta alle attività antropiche ed effetti sul clima 73

M. C. Facchini, S. Fuzzi, S. Decesari, M. Mircea, M. Rinaldi, C. Carbone Caratteristiche del particolato atmosferico da emissioni di combustione di biomasse 77

S. Decesari, M. C. Facchini, M. Mircea, S. Fuzzi Studio dei composti organici solforati volatili di origine marina e loro relazione con i cambiamenti climatici. 81

A. Gambaro, P. Cescon, C. Turetta, R. Piazza, I. Moret Misura dei flussi di gas traccia da piattaforma oceanografica: il progetto OOMPH 85

S. Taddei, P. Toscano, B. Gioli, A. Matese, F. Miglietta, F. P. Vaccari, A. Zaldei, G. Maracchi

Indice

XI

Dinamica delle emissioni di mercurio da incendi forestali nell’area Mediterranea: implicazioni del climate change 89

S. Cinnirella, N. Pirrone ECHMERIT – Un modello atmosferico a scala globale per studiare le dinamiche del mercurio con i cambiamenti climatici. 93

G. Jung, I. M. Hedgecock, N. Pirrone Forcing radiativo diretto degli aerosol al TOA per modelli di riflettanza superficiale anisotropa 97

C. Lanconelli, A. Lupi, M. Mazzola, C. Tomasi, V. Vitale Influenza delle forze foretiche nel processo di scavenging e negli effetti indiretti dell’aerosol sul clima 101

F. Prodi, G. Santachiara, L. Di Matteo, A. Vedernikov Un nuovo indicatore climatico per il Mediterraneo: la densità di vapore alla superficie del mare 105

M. E. Schiano, S. Sparnocchia, R. Bozzano, S. Pensieri Formazione di nuove particelle, nuclei di condensazione di nubi ed effetti sul clima 109

M. C. Facchini, S. Fuzzi, S. Decesari, M. Mircea Climatologia di nubi precipitanti nella stagione calda: Primi risultati sull’Europa ed il Mediterraneo 113

V. Levizzani, R. Ginnetti, M. Masotti, S. Melani, M. Pasqui, A. G. Laing, R. E. Carbone Alla ricerca di similarità nelle configurazioni della pressione al livello del mare associate a eventi di precipitazione intensa sull’Italia

117

N. Tartaglione, A. Speranza, T. Nanni, M. Brunetti, M. Maugeri, F. DalanCaratterizzazione sinottica del clima estivo e della sua variabilità interannuale, sul Mediterraneo e l’Europa 121

F. Piani, A.Crisci, G. De Chiara, G. Maracchi, F. Meneguzzo, M. Pasqui Effetto delle variazioni dell’uso e copertura del suolo sul clima a scala regionale. 125

G. Dalu, M. Baldi Confronto fra metodi di stima dell’EI30 ai fini del calcolo dell’erosione 129

R. Ferrari, L. Bottai, R. Costantini, L. Angeli, L. Innocenti, G. Maracchi

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XII

L’impatto della circolazione termoalina sulle scarpate del Mediterraneo 133

G. Verdicchio, F. Trincardi L’influenza dei cambiamenti climatici sul ciclo del mercurio su scala regionale e globale 137

F. Sprovieri, I. M. Hedgecock, N. Pirrone

Ricostruzione dei climi del passato 145

I travertini quaternari dell’Italia centro-meridionale quali indicatori climatici 147

E. Anzalone, B. D’Argenio, V. Ferreri, M. Sprovieri Variazioni nel flusso di ferro tra periodi glaciali ed interglaciali nel corso degli ultimi 780.000 anni. Implicazioni climatiche 153

C. Barbante, V. Gaspari, P. Gabrielli, C. Turetta, P. Cescon La registrazione dei cicli glaciali quaternari sui margini del Mediterraneo 157

A. Asioli, A. Piva, F. Trincardi Il record paleoclimatico Plio-Quaternario del Salento (Puglia meridionale) 161

M. Delle Rose Le variazioni eustatiche e le influenze climatiche sull’evoluzione della Piana di Sibari nel tardo Quaternario 165

R. Pagliarulo Gli ultimi cinque cicli climatici nella successione sedimentaria della pianura friulana 169

R. Pini, C. Ravazzi, M. Donegana Controllo climatico sull’accumulo di sedimenti di margine Olocenici e Pleistocenici del Mar Tirreno Orientale 173

M. Iorio, L. Sagnotti, F. Budillon, J. C. Liddicoat, R. S. Coe, E. Marsella L’evoluzione del clima nell’area mediterranea durante l’intervallo 20.000-70.000 anni 177

M. Sprovieri, N. Pelosi, R. Sprovieri, A. Incarbona, M. Ribera d'Alcalà L’impatto dell’evento combinato Ignimbrite Campana-Heinrich Event 4 sugli ecosistemi umani europei di 40 ka BP 181

B. Giaccio, F. G. Fedele, R. Isaia

Indice

XIII

L’ultima transizione glaciale-interglaciale sul versante meridionale delle Alpi e in Pianura Padana 185

C. Ravazzi, R. Pini, E. Vescovi, W. Tinner, L. Wick,Variazioni climatiche ed evoluzione della zona costiera 189 F. Marabini La ricostruzione di paleoclimi e paleoambienti mediante l’uso degli isotopi radiogenici e stabili nei reperti fossili 193

M. Pellegrini, A. Longinelli, P. Iacumin Paleoclimatologia e sedimenti lacustri 197 P. Guilizzoni, A. Lami, A. Marchetto, M. Manca, S. Musazzi, S. Gerli Clima e tassi di sedimentazione nell’area veneziana 201 S. Donnici, R. Serandrei-Barbero, G. Canali Possibili cause delle variazioni dei tassi di sedimentazione della Laguna di Venezia nella cronozona subatlantica 205

S. Donnici, A. D. Albani, A. Bergamasco, L. Carbognin, S. Carniel, M. Sclavo, R. Serandrei-Barbero Periodicità submillenarie registrate nei sedimenti marini degli ultimi 2000 anni (Tirreno orientale) 209

F. Lirer, M. Sprovieri, N. Pelosi, L. Ferraro Cascate sottomarine nel Mediterraneo 213 G. Verdicchio, F. Trincardi Considerazioni sulle modificazioni climatiche e ambientali nel periodo storico e nel prossimo futuro 217

S. Pagliuca, F. Ortolani Variabilità climatica in Italia nord-occidentale nella seconda metà del XX secolo 221

J. von Hardenberg, N. Ciccarelli, A. Provenzale, C. Ronchi, A. Vargiu, R. PelosiniVariabilità e cambiamenti climatici in Italia nel corso degli ultimi due secoli 225

T. Nanni, M. Brunetti, M. Maugeri Variazioni nella frequenza e nell’intensità delle precipitazioni giornaliere in Italia negli ultimi 120 anni 229

T. Nanni, M. Brunetti, M. Maugeri

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XIV

Climatologia delle temperature ed eventi estremi estivi a scala nazionale e regionale 233

G. Bartolini, M. Morabito, T. Torrigiani, M. Petralli, L. Cecchi, S. Orlandini, M. Baldi, D. Grifoni, G. Dalu, M. Pasqui, G. Maracchi Valutazione dei trend pluviometrici in Calabria 237 G. Buttafuoco, T. Caloiero, R. Coscarelli Dalla scala locale alla scala regionale: la pluviometria del bacino del fiume Arno come segnale del cambiamento climatico del Mediterraneo.

241

Gozzini B., M. Baldi, G. Maracchi, F. Meneguzzo, M. Pasqui, F. Piani, A. Crisci, R. Magno, F. Guarnieri, L. Genesio, G. De Chiara, L. Fibbi, F. Marrese, B. Mazzanti, G. Menduni Analisi climatologica degli eventi estremi di Libeccio a Livorno 245 A. Scartazza, G. Brugnoni, B. Doronzo, B. Gozzini, L. Pellegrino, G. Rossini, S. Taddei, F. P. Vaccari, G. Maracchi Evoluzione secolare del livello marino dalle osservazioni mareografiche di Trieste (Adriatico Settentrionale) 249

F. Raicich Anomalie nello stato della copertura vegetale in Africa da serie storiche di dati satellitari 253

P. A. Brivio, M. Boschetti, P. Carrara, D. Stroppiana, G. Bordogna

Le ricerche polari ed i cambiamenti climatici 257

La ventilazione profonda nel mare di Ross 259 A. Bergamasco, W. P. Budgell, S. Carniel, J. Chiggiato, M. Sclavo, R. PuriniLa convezione “shelf-slope” a Baia Terra Nova: un approccio modellistico numerico 263

A. Bergamasco , S. Aliani , R. Purini Incidenza dei cambiamenti climatici sull’ecosistema pelagico del Mare di Ross (Antartide) 267

M. La Mesa, M. Azzali, I. Leonori La pompa biologica del carbonio nel mare di Ross (Antartide). 271 G. Catalano, M. Ravaioli, F. Giglio, L. Langone, G. Budillon, A. Accornero, V. Saggiomo, M. Modigh, P. Povero, C. Misic, O.Mangoni, G. C. Carrada, R. La Ferla, M. Azzaro

Indice

XV

Cambiamenti climatici e vita negli ambienti estremi. Struttura, funzione ed evoluzione delle emoglobine dei pesci polari 277

C. Verde, G. di Prisco Evoluzione adattativa delle molecole anticorpali dei teleostei polari 283 U. Oreste, M. R. Coscia Ricerche climatiche e paleoclimatiche in Antartide: un tuffo nel passato presente e futuro del clima globale. 287

F. Giglio, L. Capotondi, M. Frignani, L. Langone, M. Ravaioli I cambiamenti della temperatura degli stati superficiali del mare nella polynya di Baia Terra Nova (Mare di Ross, Antartide) negli ultimi dieci anni

291

S. Aliani , A. Bergamasco , R. Meloni Ricostruzioni paleoambientali e paleoclimatiche in ambienti estremi: l’esempio di un lago artico 295

S. Musazzi, A. Marchetto, A. Lami, M. Manca, L. Langone, A. Brauer, F. Lucchini, N. Calanchi, E. Dinelli e P. Guilizzoni, A. Mordenti Influenza sul ciclo del carbonio della variabilità spazio-temporale della biomassa e della attività microbica nel Mare di Ross (Antartide)

299

R. La Ferla, F. Azzaro , M. Azzaro , G. Maimone , L.S. Monticelli Periodicità orbitali ed influenza eustatica nelle oscillazioni degli ultimi 2,6 Ma della calotta glaciale Antartica 303

M. Iorio Monitoraggio delle coperture nevose con tecniche satellitari per lo studio dei cambiamenti climatici in aree polari 307

R. Salvatori Il ruolo del clima nel controllo del flusso di iridio e platino di origine cosmica 311

C. Barbante, P. Gabrielli, G. Cozzi, C. Turetta, P. Cescon Determinazione delle specie gassose e particellari nella troposfera polare mediante i denuders di diffusione 315

A. Ianniello, I. Allegrini Risposta diretta del contenuto colonnare di NO2 e O3 al ciclo solare di 27 giorni nell'ottica dei problemi climatici 319

I. Kostadinov, G. Giovanelli, A. Petritoli, E. Palazzi, D. Bortoli, F. Ravegnani, R. Werner, D. Valev, At. Atanassov, T. Markova, A. Hempelmann

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XVI

I valori di fondo della CO2 atmosferica a Jubany e le interazioni con il fenomeno de El Niño 323

C. Rafanelli, L. Ciattaglia, S. Carnazza Effetti radiativi diretti indotti dagli aerosol presso le stazioni MZS e Dome C in Antartide 327

A. Lupi, C. Lanconelli , M. Mazzola, V.Vitale, C. Tomasi

Osservazioni da satellite, reti di misura e basi-dati sui cambiamenti climatici 331

Temperatura Superficiale del Mare da dati satellitari 333 S. Melani, A. Orlandi, C. Brandini, A. Ortolani La Boa meteo-oceanografica ODAS-Italia1: un laboratorio marino d’altura 337

R. Bozzano, S. Pensieri, M.E. Schiano, S. Sparnocchia, M. Borghini, P. PiccoVariabilità dell’oceano globale da dati di boe flottanti: distribuzione e ruolo di cicloni e anticicloni 341

A. Griffa, M. Veneziani La temperatura superficiale del Mar Mediterraneo negli ultimi 21 anni: analisi delle misure satellitari 345

B. Buongiorno Nardelli, R. Santoleri, S. Marullo, M. Guarracino SuMaRad: strumento per la misura della trasmittanza dell'acqua marina 349

G. Fasano, A. Materassi, F. Benincasa Il Pianosa LAB: un laboratorio naturale per lo studio delle interazioni fra atmosfera e biosfera terrestre 353

F. P. Vaccari, F. Miglietta, G. Maracchi Mappe di flussi di calore ad alta risoluzione con dati multispettrali da piattaforma aerea: l’approccio MSSEBS 357

M. Esposito, V. Magliulo, J. Colin, M. Menenti Risposta della vegetazione alla radiazione netta ed alle precipitazioni: serie temporali di dati da satellite 361

M. Menenti, L. Jia , W. Verhoef

Indice

XVII

I sistemi CNR-FACE (Free Air CO2 Enrichment) per lo studio dell’impatto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi terrestri: tecnologie e risultati

365

F. Miglietta, S. Baronti, M. G. Lanini, A.Raschi, A. Zaldei, F. P. Vaccari, G. Maracchi, F. Selvi, R. Tognetti Camera climatica per studi sulle relazioni piante-ambiente 369 A. Materassi, G. Fasano, F. Benincasa Analisi delle dinamiche della vegetazione nella regione Saheliana (Africa dell’ovest) mediante uso d’immagini telerilevate. 373

P. Vignaroli, L.Genesio, F. Maselli, C.Vallebona, B. Canessa, V. Capecchi, A. Di Vecchia, G. Maracchi Osservazione e previsione del Monsone dell’Africa Occidentale 377 S. Melani, M. Gaetani, M. Pasqui, G.A. Dalu, A. Ortolani, M. Baldi, G. MaracchiStime di precipitazione mediante dati da piattaforme satellitari 381 A. Antonini, S. Melani, A. Ortolani, A. Orlandi, G. Maracchi Individuazione dei segnali di cambiamento climatico a scala locale e regionale 385

V. Capecchi, A. Crisci, L. Fibbi , B. Gozzini, D. Grifoni, F. Pasi, M. Rossi, C. Tei, F. Piani Monitoraggio a scala globale della superficie terrestre con radiometri a microonde da satellite 389

S. Paloscia, G. Macelloni, P. Pampaloni, E. Santi Misure radiometriche al suolo per lo studio delle proprietà ottiche degli aerosol e del vapor d’acqua 393

G. Pavese, F. Esposito, G. Masiello, C. Serio, V. Cuomo Osservazione della composizione chimica dell'atmosfera e delle sue evoluzioni con i cambiamenti climatici: l’importanza strategica delle stazioni CNR in Calabria

397

N. Pirrone, F. Sprovieri Otto anni di osservazioni a Mt. Cimone: analisi climatologica del biossido di azoto in stratosfera 401

A. Petritoli, E. Palazzi, F. Ravegnani, I. Kostadinov, D. Bortoli, S. Masieri, G. Giovanelli Valutazione e definizione degli standard per la spazializzazione dei parametri meteo-climatici 405

R. Ferrari, L. Bottai, F. Maselli, R. Costantini, A. Crisci, R. Magno, G. Maracchi

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XVIII

Realizzazione per l’Italia di una banca dati climatologia di serie storiche strumentali utrasecolari 409

T. Nanni, M. Brunetti, M. Maugeri Sviluppo di tecnologie WebGIS Open Source per il monitoraggio dell’impatto dei cambiamenti climatici nell’Africa sub-sahariana. 413

T. De Filippis, L. Rocchi, P. Vignaroli, B. Canessa, A. Di Vecchia, G. MaracchiRicerche ecologiche di lungo termine (LTER) e cambiamenti climatici: il ruolo del CNR 417

G. Matteucci, F. Bianchi, R. Bertoni, A. Pugnetti, M. Ravaioli Velocità di crescita della CO2 atmosferica lungo rotte emisferiche dall’Italia all’Antartide 421

L. Langone, F. Giglio, C. Ori, R. Lenaz, A. Longinelli, E. Selmo Nuove tecnologie per la misura di emissioni e assorbimenti di gas serra a scala regionale 425

B. Gioli, A. Matese, F. Miglietta, P. Toscano, A. Zaldei, G. Maracchi Misura delle emissioni di gas ad effetto serra di un sistema urbano 429 A. Matese, B. Gioli, F. Miglietta, P. Toscano, F.P. Vaccari, A. Zaldei, G. MaracchiMonitoraggio pollinico per lo studio dell’effetto dei cambiamenti climatici in ambiente mediterraneo 433

G. Pellizzaro, B. Arca, A. Canu, C. Cesaraccio Un approccio Bayesiano per la stima del flusso superficiale di CO2a partire da misure rilevate da piattaforma aerea 437

A. Riccio, G. Giunta, S.M. Alfieri, M. Esposito, V. Magliulo Caratterizzazione delle proprietà radiative degli aerosol nella pianura padana da misure delle stazioni AERONET 441

C. Di Carmine, C. Tomasi Caratterizzazione dell’aerosol urbano ed extraurbano mediante misure di telerilevamento passivo da terra e da satellite. 447

M. Campanelli, G. P. Gobbi, C. Tomasi, T. Nakajima Analisi di dati da satellite per lo studio della forzatura radiativa diretta degli aerosol su scala regionale 451

M. Mazzola, C. Lanconelli, A. Lupi, V. Vitale, C. Tomasi La rete lidar europea “EARLINET” per lo studio degli aerosol a scala continentale 455

G. Pappalardo e il team di EARLINET

Indice

XIX

Misura dell’indice di rifrazione di particelle di aerosol mediante nefelometro polare 459

F. Prodi, L. Di Matteo, G. Santachiara, F. Belosi Climatologia dell’aerosol atmosferico: tTelerilevamento di variabili con impatto climatico e ambientale 463

G. P. Gobbi, F. Angelini, F. Barnaba, T. C. Landi Microfisica delle nubi e loro impatto sul clima 467 F. Romano, E. Di Tomaso, T. Montesano, E. Ricciardelli, V. Cuomo, E. GeraldiLo studio dell'atmosfera e del clima presso la Stazione WMO-GAW “O. Vittori” di Monte Cimone (2165 m slm) 471

P. Cristofanelli, J. Arduini, U. Bonafè, F. Calzolari, A. Marinoni, M. Maione, F. Roccato, P. Bonasoni L’osservatorio ABC-Pyramid a 5079 m slm in Himalaya. Una stazione per la misura di aerosol, ozono e gas serra alogenati 475

A. Marinoni, P. Cristofanelli, U. Bonafé, F. Calzolari, F. Roccato, F. Angelini, S. Decesari, MC. Facchini, S. Fuzzi, G. P. Gobbi e P. Bonasoni, P. Laj, K. Sellegri, H. Venzac, P. Villani, M. Maione, J. Arduini, E. Vuillermoz, G. P. Verza Monitoraggio dei cambiamenti globali in Himalaya e Karakorum 479 G. Tartari, E. Vuillermoz, L. Bertolani Studio delle variazioni di NO2 nella stratosfera antartica a diverse scale temporali 483

D. Bortoli, G. Giovanelli, F. Ravegnani, I. Kostadinov, S. Masieri, E. Palazzi, A. Petritoli, F. Calzolari, G. Trivellane La concentrazione di O3 e dei gas serra nell’atmosfera polare 487 C. Rafanelli, A. Damiani, E. Benedetti, M. Di Menno, A. Anav, I. Di Menno

Impatti dei cambiamenti climatici 493

Ciclo del carbonio in mare e cambiamenti climatici 495 C. Santinelli, L. Nannicini, A. Seritti Analisi di parametri meteomarini per studi energetici e morfodinamici di lungo periodo 501

C. Brandini, A. Orlandi, A. Ortolani, G. Giuliani, B. Gozzini

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XX

Accelerati tassi di sequestro di anidride carbonica nelle acque profonde del Mediterraneo Orientale durante il transiente 505

M. Azzaro, R. La Ferla Simulazione dei trasporti allo Stretto di Sicilia come indicatore della variabilità della circolazione termoalina mediterranea 509

R. Sorgente, A. Olita, A. Ribotti, A. Perilli, S. Natale, S. Mazzola, G. Basilone, A. Cuttitta Presenze di specie ittiche esotiche come possibili indicatori di cambiamenti climatici: il caso dello Stretto di Sicilia 513

M. L. Bianchini, S. Ragonese Effetti dell'anomalia termica dell'estate 2003 sull'idrodinamica del Canale di Sicilia 517

A. Olita, R. Sorgente, A. Ribotti, A. Perilli, S. Natale, A. Bonanno, B. Patti, G. Buscaino Canali e stretti quali punti di osservazione privilegiata per lo studio della variabilità interannuale nel bacino Mediterraneo 521

G. P. Gasparini, K. Schröder, A. Vetrano e M. Astraldi Variabilità interannuale della produzione primaria nel Mar Mediterraneo: 8 anni di osservazioni SeaWiFS 525

S. Colella, R. Santoleri Effetti della temperatura (SST) sulla biomassa dei riproduttori di acciughe (Engraulis encrasicolus) 529

G. Basilone, A. Bonanno, B. Patti, A. Cuttitta, G. Buscaino, G. Buffa, A. Bellante, G. Giacalone, e S. Mazzola, A. Ribotti, A. Perilli Influenza delle variabili ambientali sulle fluttuazioni della biomassa di sardine (Sardina pilchardus) nello Stretto di Sicilia 533

A. Bonanno, S. Mazzola, G. Basilone, B. Patti, A. Cuttitta, G. Buscaino, S. Aronica, I. Fontana, S. Genovese, S. Goncharov, S.Popov, R. Sorgente, A. Olita, S. Natale Fluttuazioni interannuali nell’abbondanza degli stadi larvali di Engraulis encrasicolus e di Sardinella aurita in relazione al riscaldamento delle acque superficiali nello Stretto di Sicilia

537

A. Cuttitta, B. Patti, G. Basilone, A. Bonanno, L. Caruana, A. Di Nieri, C. Patti, C. Cavalcante, G. Buscaino, G. Tranchida, F. Placenti e S. Mazzola, L. Saporito, G.M. Armeri, V. Maltese, R. Grammauta, M. Zora Analisi di variabili climatiche in funzione della comprensione della variabilità planctonica (caso di studio: Golfo di Trieste) 541

A. Conversi, F. Crisciani, S. Corti, T. Peluso

Indice

XXI

Fluttuazioni spazio-temporali della biomassa dei piccoli pelagici nel Mare Adriatico in relazione ai cambiamenti climatici 547

M. Azzali, I. Leonori, A. De Felice Comunità fitoplanctoniche e climatologia nell’Adriatico Settentrionale 551

A. Pugnetti, M. Bastianini, F. Acri, F. Bernardi Aubry, F. Bianchi, A. Boldrin, G. Socal Risposta dei sistemi costieri alle variazioni climatiche globali 557 G. De Falco, A. Cucco, P. Magni, A. Perilli, M. Baroli, S. Como, I. Guala, S. Simeone, F. Santoro, S. De Muro Ricostruzione della variabilità biogeochimica nel Mediterraneo: risposta microbica ai cambiamenti globali. 561

R. La Ferla , M. Azzaro , G. Caruso, G. Maimone , L.S. Monticelli, R. ZacconeStudio degli effetti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità e sul funzionamento degli ecosistemi marini lungo le coste europee 565

P. Magni, A. Cucco, G. De Falco, A. Perilli, S. Como, G.A. Fenzi, S. Rajagopal, G. van der Velde Il ruolo dei cambiamenti climatici nella dinamica dei nutrienti nel continuum bacino del Po - nord Adriatico 569

S. Cinnirella, G. Trombino, N. Pirrone Impatto dei cambiamenti climatici sui sistemi fluviali a regime temporaneo: modellizzazione idrologica e dinamica dei processi di trasformazione del sedimento

573

A. Puddu, A. Lo Porto, A. Zoppini, A. Barra Caracciolo, S. Fazi, P. Grenni, A. M. De Girolamo, S. Amalfitano, F. De Luca Influenza dei cambiamenti climatici sul regime idrologico di due bacini idrografici in ambiente mediterraneo 577

A. Lo Porto, A. M. De Girolamo, A. Abouabdillah, D. De Luca, G. SanteseImpatto del cambiamento climatico su erosione e perdita di nutrienti dal suolo agricolo nel bacino dell’Enza. 581

M. Garnier, G. Passarella, A. Lo Porto Trend termopluviometrico, siccità e disponibilità di acque sotterranee in Italia meridionale 585

M. Polemio, D. Casarano, V. Dragone

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XXII

Fattori climatici che influenzano la struttura termica e la qualità delle acque lacustri. Prospettive di ricerca nell’ambito delle risposte ai cambiamenti globali

589

D. Copetti, G. Tartari, Jörg ImbergerGli effetti del riscaldamento climatico sulla chimica delle acque in ambiente alpino 593

M. Rogora, P. Guilizzoni, A. Lami, A. Marchetto, R. Mosello Influenze climatiche sui corpi lacustri del Sagarmatha National Park, Mount Everest, Nepal 597

A. Lami, A. Marchetto, G. Morabito, M. Manca, R. Mosello, G. A. Tartari, R. Piscia, G. Tartari, F. Salerno Riscaldamento delle acque profonde nei laghi italiani: un indicatore di cambiamenti climatici 601

W. Ambrosetti, L. Barbanti, E. A. Carrara Indagini paleolimnologiche in laghi himalayani: ricostruzioni del clima del passato ed effetti delle variazioni climatiche sulle biocenosi.

605

A. Lami, S. Musazzi, M. Manca, A. Marchetto e P. Guilizzoni, L. Guzzella Cambiamenti climatici: quali effetti sulle piogge e sui livelli del lago 609

M. Ciampittiello, A.Rolla Cambiamenti climatici e fioriture di cianobatteri potenzialmente tossici nel Lago Maggiore 613

R. Bertoni, C. Callieri, E.Caravati, G. Corno, M. Contesini, G. Morabito, P. Panzani, C.Giardino Variazioni climatiche interannuali e dinamica stagionale del fitoplancton nel Lago Maggiore 617

G. Morabito Impatto del riscaldamento globale sullo zooplancton e sull’efficienza della catena trofica pelagica 621

M. Manca, A. Visconti, R. de Bernardi Metodologia di bilancio di massa per la stima degli scambi gassosi superficiali a scala territoriale 625

U. Amato, M. F. Carfora, S. M. Alfieri, M. Esposito, V. Magliulo Analisi multiscala del rischio desertificazione per gli agroecositemi 629 R. Magno, L. Genesio, A. Crisci, G. Maracchi

Indice

XXIII

Stima dei tempi di correlazione caratteristici dell’attività fotosintetica terrestre su scale climatiche 633

M. Lanfredi, T. Simoniello, V. Cuomo, M. Macchiato I composti organici volatili di origine biogenica (BVOC) nell’atmosfera e loro ruolo nei cambiamenti climatici 637

P. Ciccioli, F. Loreto Impatto dell’aumento della CO2 atmosferica sull’emissione biogenica di composti organici volatili (VOC) 641

R. Baraldi, F. Rapparini, F. Miglietta, G. Maracchi Sequestro del C del suolo: la mappatura del C del suolo in ecosistemi mediterranei 645

L . P. D’Acqui, F. Maselli, C. A. Santi Studio delle interazioni clima-vegetazione mediante applicazione degli isotopi stabili 13C e 18O 649

E. Brugnoli, M. Lauteri, M. Pellegrini, G. Scarascia Mugnozza, L. Spaccino, M. Manieri Le sorgenti naturali di CO2: quindici anni d’attività di ricerca scientifica 653

S. Baronti, F. Miglietta, A. Raschi, R. Tognetti, F. P. Vaccari, G. MaracchiI modelli di simulazione nello studio dell’impatto dei cambiamenti climatici sulle colture mediterranee 657

C. Cesaraccio, P. Duce, A. Motroni, M. Dettori Valutazione della vulnerabilità degli ecosistemi arbustivi ai cambiamenti climatici: esperienze di manipolazione climatica in pieno campo

661

P. Duce, G. Pellizzaro, C. Cesaraccio, A. Ventura, D. Spano, C. Sirca, P. De Angelis, G. de Dato

Il contributo degli impianti da frutto all’assorbimento della CO2atmosferica

665

O. Facini, T. Georgiadis, M. Nardino, F. Rossi, G. Maracchi, A.Motisi La diffusione di Aedes Albopictus (Skuse) (Zanzara Tigre) in relazione ai cambiamenti climatici 669

R. Vallorani, A. Crisci, G. Messeri, B. Gozzini Gilia: 4 anni di monitoraggio della migrazione primaverile delle rondini (Hirundo rustica L.) 673

L. Massetti, G. Brandani, A. Crisci, G. Maracchi

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XXIV

Impatto della variabilità climatica sugli ecosistemi alpini: esempi dal Parco Nazionale Gran Paradiso 677

B. Bassano, A. von Hardenberg, R. Viterbi, A. Provenzale Bilancio dei flussi di tre gas serra (CO2, CH4, N2O) in un prato-pascolo alpino: confronto tra 2003 e 2004 681

F. Berretti, S. Baronti, M. Lanini, G. Maracchi, A. Raschi, P. Stefani Caratterizzazione meteo-climatica degli eventi pluviometrici in ambiente alpino: metodologia e primi risultati 685

G. Nigrelli Verso un modello per l’analisi non lineare delle influenze climatiche sulle densità di popolazione di roditori in Appennino 689

A. Pasini, G. Szpunar, M. Cristaldi, R. Langone, G. Amori Cambiamenti globali e complessità della conservazione delle risorse geniche – Il modello della specie polifunzionale Castaneasativa Mill

693

F. Villani, C. Mattioni, M. Cherubini e M. Lauteri Impatto del cambiamento climatico sulle interazioni ospite-parassita in specie coltivate: il caso della dorifora della patata (Leptinotarsa decemlineata Say)

697

F. P. Vaccari, F. Miglietta, A. Raschi, G. Maracchi Uso di serie temporali NDVI per stimare l’effetto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi forestali 701

F. Maselli, M. Chiesi, A. Rodolfi, G. Maracchi Produttività primaria e assorbimento di carbonio in ecosistemi agro-forestali: l’impatto dei cambiamenti atmosferici previsti a metà del secolo XXI

705

G. Scarascia-Mugnozza e C. Calfapietra, P. De Angelis, F. Miglietta Ecosistemi forestali e mitigazione dei cambiamenti ambientali: sequestro di carbonio in foreste italiane 709

G. Matteucci, G. Scarascia-Mugnozza Modellizzazione dell’accumulo di carbonio in ecosistemi forestali tramite elaborazione di dati telerilevati ed ausiliari 713

L. Fibbi, M. Chiesi, F. Maselli, M. Moriondo, M. Bindi, G. Maracchi Impatto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi agro-forestali mediterranei 717

M. Centritto

Indice

XXV

Effetto dei cambiamenti climatici sul rischio di incendi boschivi in area mediterranea 721

B. Arca, G. Pellizzaro, P. Duce, A. Ventura, P. Zara, D. Spano, C. Sirca, M. Salis, R. L. Snyder, K. T. Paw U Variazioni climatiche e cambiamenti faunistici: l’evoluzione delle faune a mammiferi del Mediterraneo occidentale durante gli ultimi 3 milioni di anni

725

M. R. Palombo

Mitigazione dei cambiamenti climatici ed adattamento 733

Stima della sensibilità all’erosione del suolo attraverso l’analisi di scenari climatici 735

L. Angeli, L. Bottai, R. Costantini, R. Ferrari, L. Innocenti, G. Maracchi Valutazione ed analisi dei fenomeni di degrado del suolo 739 R. Coscarelli, I. Minervino, M. Sorriso-Valvo, B. Ceccanti, G. Masciandaro Erosione del suolo, stabilità degli aggregati e clima 743 M. P. Salvador Sanchis , M. S. Yañez, P. Cassi, D. Bartolini, L. Borselli, F. Ungaro, D. Torri Ricorrenza degli eventi alluvionali, dissesto idrogeologico e trend climatico nella Locride (Calabria SE) 747

O. Petrucci, M. Polemio Ricorrenti variazioni del clima ed eventi alluvionali nel nord Italia 751 D. Tropeano, L. Turconi Modificazioni nell’ambiente fisico d’alta montagna e rischi naturali in relazione ai cambiamenti climatici 757

M. Chiarle, G. Mortara Cambiamenti climatici, processi di abbandono, conservazione e sviluppo sostenibile in paesaggi marginali mediterranei 761

M. Lauteri, M. Alimonti, A. Oriani, A. Pisanelli Metodologie per la classificazione delle aree agricole e naturali in relazione al rischio climatico 765

P. Duce, C. Cesaraccio, D. Spano, A. Motroni Effetto dei cambiamenti climatici in atto sulla qualità dei vini 769 D. Grifoni, G. Zipoli, G. Maracchi, S. Orlandini, M. Mancini

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

XXVI

Adattamento alla siccità e utilizzazione di risorse idriche differenziate nelle specie delle dune costiere 773

M. Lauteri, E. Brugnoli Monitoraggio delle condizioni meteorologiche nella prevenzione delle infestazioni da Locusta del deserto 777

C. Vallebona, L. Genesio, A. Crisci, M. Pasqui, A. Di Vecchia, G. Maracchi Ruolo fotoprotettivo degli antociani in piante di mais esposte a episodi di gelo improvviso durante la fase vegetativa 781

F. Pietrini, A. Massacci Tendenze e prospettive climatiche della frequenza di grandine in Toscana e nel centro Italia 785

F. Piani, A. Crisci, G. De Chiara, G. Maracchi, F. Meneguzzo, M. Pasqui Ondata di calore 2006 in Toscana: il circolo vizioso dell’effetto serra 789

L. Genesio, F. P. Vaccari, F. Miglietta, R. Magno, P. Toscano Un modello di riscaldamento del Mediterraneo: le sorgenti idrotermali sono oasi termofile per insediamento di specie lessepsiane

793

S. Aliani, A. M. De Biasi Microclimatologia dell’involucro urbano 797 T. Georgiadis, F. Rossi, G. Maracchi Cambiamenti climatici: comfort e turismo in Italia centrale 801 M. Morabito, S. Orlandini, A. Crisci, G. Maracchi Cambiamenti climatici e patrimonio culturale. Contributi sugli effetti dei cambiamenti climatici sul patrimonio costruito e sul paesaggio culturale

805

C. Sabbioni, A. Bonazza, P. Messina Variazioni climatiche, comfort termico e tipologia di abbigliamento in Italia (1950-2000). 809

A. Crisci, M. Morabito, L. Bacci , G. Maracchi La scarsità idrica in agricoltura: strumenti di supporto per l’analisi economica e la definizione di politiche sostenibili 813

G. M. Bazzani Processi decisionali partecipativi per la definizione di strategie di mitigazione dello stress idrico 819

R. Giordano, V. F. Uricchio

Indice

XXVII

La costituzione di una banca dati agrometeorologica e socio-economica per l’analisi dei cambiamenti climatici nella regione saheliana.

823

M. Bacci, T. De Filippis, A. Di Vecchia, P. Vignaroli, V. Tarchiani, G.MaracchiUno strumento di pianificazione delle risorse idriche sotterranee sotto l’influenza dei cambiamenti climatici 827

I. Portoghese, M. Vurro, G. Giuliano Possibili metodi di sequestro di gas serra in Italia 831 L. Dallai, C. Boschi, A. Dini, G. Ruggieri, F. Gherardi, S. Biagi, C. Geloni, G. Gianelli, M. Guidi Confronto tra climatologia del vento nel Mediterraneo simulata con modello di clima e osservazioni da satellite 835

A. M. Sempreviva, F. Cheruy, B. Furevick, C. Transerici Refrigerazione magnetica: un’alternativa alla tradizionale tecnologia basata sulla compressione dei gas. 839

L. Pareti, F. Albertini, A. Paoluzi, S. Fabbrici, F. Casoli, M. Solzi Minimizzazione dei consumi energetici negli impianti di depurazione e riduzione dell’impatto sul clima 843

G. Mininni, M. C. Tomei, D. Marani, C. M. Braguglia Sviluppo di Strumenti di Supporto alle Decisioni per la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici sull’ambiente. 847

G. Trombino, S. Cinnirella, N. Pirrone Utilizzo di modelli comprehensive per l’individuazione di strategie di mitigazione dei cambiamenti climatici 851

C. Cosmi, S. Di Leo, S. Loperte, F. Pietrapertosa, M. Salvia, V. Cuomo Struttura produttiva territoriale ed efficienza di emissioni attraverso la NAMEA regionale 855

M. Mazzanti, A. Montini, R. Zoboli Emission trading europeo e processi di eco-innovazione industriale 859 S. Pontoglio, R. Zoboli

Indice degli Autori 865

Modellistica del clima

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

L’enorme complessità, il gran numero di pro-cessi dinamici e l’esteso intervallo di scalespaziali e temporali che caratterizzano ilclima terrestre hanno portato allo sviluppo diun ampio spettro di approcci modellistici dif-ferenti (si veda per esempio MacGuffie eHenderson-Sellers, 2005). Ad una estremitàdi questa gamma troviamo semplici modelliconcettuali, quali modelli termodinamici abassa dimensionalità (EBM, Energy BalanceModels), che forniscono importanti informa-zioni di base, se pur limitate, su alcuni deiprocessi fondamentali all’opera nel sistemaclimatico (si veda per esempio Saltzman,2002). All’altro estremo, l’accoppiamento didettagliati modelli di circolazione generaledell’atmosfera e di modelli di circolazioneoceanica (GCM, General CirculationModels), assieme a modelli per altre compo-nenti quali la criosfera, la biosfera e i ciclibiogeochimici, ha permesso la costruzione digrandi modelli numerici del Sistema Terra chemirano ad includere tutti i processi dinamicirilevanti. Se da un lato questi modelli rappre-

sentano strumenti fondamentali per esaminarescenari di cambiamento climatico, d’altraparte, proprio a causa della loro stessa com-plessità, essi si prestano meno bene ad identi-ficare e caratterizzare i principali processiall’opera ed a svolgere semplici esperimentiideali per comprendere in dettaglio le intera-zioni tra le diverse componenti. Un approccio intermedio è basato sullo svi-luppo ed utilizzo di modelli a complessitàintermedia (EMIC: Earth System Models ofIntermediate Complexity, si veda per esempioClaussen et al., 2002). Questa definizione siapplica a modelli globali che, analogamenteai grandi modelli accoppiati, mirano ad inclu-dere gran parte delle componenti e dei proces-si fondamentali, tuttavia in forma estrema-mente semplificata e parametrizzata in mododa ridurre la complessità ed il numero di para-metri liberi. Questo approccio permette dimantenere una comprensione d’insieme dellediverse componenti del modello e di isolareed identificare processi ed interazioni fonda-mentali. Fornisce inoltre il vantaggio numeri-co di tempi di calcolo ridotti, permettendo lostudio del sistema clima in un più ampio spa-

3

PlaSim-LSG: un modello climatico a complessità intermedia

J. von Hardenberg1, A. Provenzale

1, K. Fraedrich

2, E. Kirk

2, F. Lunkeit

2

1Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Torino, Italia

2Istituto di Meteorologia, Università di Amburgo, [email protected]

SOMMARIO: I modelli climatici a complessità intermedia (EMIC: Earth System Model ofIntermediate Complexity) occupano uno spazio importante fra i grandi modelli di circolazionegenerale, utilizzati per la previsione degli scenari climatici, ed i semplici modelli concettualiquali i modelli a bilancio di energia. I modelli a complessità intermedia possono essere utiliz-zati per la comprensione di aspetti generali della dinamica del clima e per lo studio quantitati-vo dei processi climatici. Descriviamo qui la costruzione di un nuovo EMIC accoppiato ocea-no-atmosfera, particolarmente adatto allo studio della dinamica del clima su scale di tempo del-l’ordine di decine di migliaia di anni.

zio di parametri e su scale di tempo lunghe,dell’ordine delle decine di migliaia di anni opiù. Questo tipo di modello è inoltre moltoadatto all’uso in contesti didattici, per permet-tere a studenti e dottorandi di prendere confi-denza con le basi della modellistica climaticae di esplorare i meccanismi basilari delladinamica del clima. Per questo motivo, èmolto importante che gli EMIC siano didominio pubblico, cosa che purtroppo accaderaramente.In questo contributo discutiamo lo sviluppo diun modello “di comunità” (community model)a complessità intermedia che descrive la dina-mica accoppiata dell’oceano e dell’atmosfera,che verrà prossimamente utilizzato per studidi modellistica paleoclimatica e che si basasul modello EMIC liberamente disponibilesul sito della Università di Amburgo,http://www.mi.uni-hamburg.de/Theoretische-Meteorologie.6.0.html

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

È in corso una collaborazione tra ISAC-CNRe Istituto Meteorologico dell’Università diAmburgo per la costruzione di un nuovomodello a complessità intermedia, attraversol’accoppiamento del modello di circolazioneoceanica semplificato ‘Large ScaleGeostrophic’ (LSG) (Meier-Reimer et al.,1993) con il modello di circolazione generaledell’atmosfera PUMA-II (Fraedrich et al.,2005). Questi due modelli sono caratterizzatida complessità comparabili sia in termini dinumero di processi rilevanti inclusi che dirisoluzione numerica e semplicità delle para-metrizzazioni.

2.1 La componente atmosferica: Puma II Il modello PUMA (Portable UniversityModel of the Atmosphere, si veda Fraedrich etal., 1998) nasce come modello semplificatodella circolazione generale dell’atmosfera cherisolve le equazioni primitive, in approssima-zione idrostatica, su un dominio sferico.L’integrazione numerica avviene attraversoun metodo pseudo-spettrale in orizzontale,

differenze finite in verticale ed uno schemasemi-implicito per l’avanzamento temporale.Sviluppato originariamente come semplicemodello dinamico per un’atmosfera secca,che includeva solo poche parametrizzazionilineari quali un termine di Rayleigh frictionper parametrizzare lo strato limite planetario,il modello è stato recentemente esteso a rap-presentare un completo GCM per un’atmosfe-ra umida, comprendente parametrizzazioniper i flussi e diffusione nello strato limite, unmodulo radiativo, processi umidi, ed unaparametrizzazione dei processi idrologici.Unito ad un modulo per i ghiacci marini ed adun semplice modello lineare per la temperatu-ra dello strato superficiale (mixed layer) ocea-nico, queste componenti formano un nuovastruttura modulare, sviluppata ad Amburgo,denominata Planet Simulator (Fraedrich etal., 2005). Il modello include una ricca inter-faccia grafica interattiva utile sia per lo svi-luppo che per scopi educativi (Figura 1). Ilmodello può essere utilizzato sia su singoleworkstation che in ambiente parallelo (MPI).Al fine di giungere ad un modello di climaequilibrato, una semplice parametrizzazionelineare della temperatura del mixed layeroceanico, quale quella attualmente inclusa nelPlanet Simulator, risulta tuttavia di utilitàlimitata. Da qui l’esigenza di includere l’ac-coppiamento con un semplice ma completoGCM della circolazione oceanica.

2.2 La componente oceanica: LSGIl modello oceanico LSG (Large ScaleGeostrophic, si veda Meier-Reimer et al.,1993) integra le equazioni primitive inapprossimazione idrostatica, filtrando i modiveloci quali onde di Rossby e onde di gravitàattraverso l’esclusione dei termini nonlinearidi avvezione del momento. La superficie libe-ra è trattata in modo prognostico. Grazie aduno schema di integrazione implicito ed all’e-sclusione di modi veloci il modello permetteun passo temporale numerico di dieci giorniad una risoluzione orrizontale di 3.5° e verti-cale di 11 livelli. Pur non essendo eddy-resol-ving, il modello è in grado, se forzato con

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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flussi atmosferici climatologici, di riprodurrele caratteristiche principali osservate della cir-colazione degli oceani, compresa una circola-zione termoalina ed una circolazione forzatadal vento con caratteristiche realistiche.

3 RISULTATI RILEVANTI

3.1 Dettagli sul modello accoppiato oceano-atmosfera e risultati preliminariLa soluzione adottata per la determinazionedegli scambi superficiali di calore tra atmo-sfera ed oceano è di tipo innovativo ed ècostituita da un semplice modello lineare perdeterminare le temperatura del mixed layer inogni punto. Il modello oceanico è utilizzatoquale modulo per trasportare la distribuzionedi temperatura superficiale e per determinarei flussi dovuti a processi avvettivi e convetti-vi. Esperimenti numerici di integrazione delmodello accoppiato su periodi lunghi (unmigliaio di anni), hanno rivelato come questaprocedura permetta al modello accoppiato diraggiungere una climatologia atmosferica ed

oceanica stazionaria e realistica, senza neces-sità di ulteriori correzioni sui flussi di calore.L’unica correzione di flusso ancora mantenu-ta nel modello accoppiato è sugli scambi diacqua dolce (P-E, precipitazione meno eva-porazione), resa necessaria, tra l’altro, dallerisoluzioni numeriche molto limitate e deter-minata attualmente dal confronto con una cli-matologia di controllo.

3.2 Inclusione di LSG nel Planet Simulator etempi di calcoloIl modello oceanico è stato adattato in formadi modulo aggiuntivo del sistema modularePlanet Simulator e sarà prossimamente piena-mente incluso nella versione di sviluppo delsistema. L’interfaccia grafica è stata adattataper permettere un monitoraggio anche deicampi di temperatura, salinità e velocitàoceanici. Utilizzando una componente atmosferica arisoluzione T21 e 10 strati, il modello accop-piato è attualmente in grado di integrare 1anno di tempo modello in ca. 10 minuti di

Modellistica del clima

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Figura 1: L’interfaccia grafica (GUI) del Planet Simulator accoppiato con LSG. L’interfaccia permette all’utente di sele-zionare differenti modalità di visualizzazione e di modificare interattivamente alcuni parametri di controllo.

orologio, su una singola CPU di un modernoPC. In ambiente parallelo grazie al passo tem-porale molto più lungo utilizzato per ilmodello oceanico, ed alle buone proprietà diparallelizzazione del codice atmosferico sonopossibili notevoli miglioramenti rispetto aquesti tempi.

4 PROSPETTIVE FUTURE

La struttura modulare del Planet Simulatorrende possibile diverse estensioni del modello:l’inclusione di un nuovo modulo per la vege-tazione terrestre basato su un semplice approc-cio ecoidrologico (Baudena et al., 2006) èattualmente in fase di implementazione e ren-derà possibile esaminare semplici scenariidealizzati di interazione clima-vegetazione inconfigurazioni idealizzate. Analogamente,verrà inserito un modulo semplificato per l’e-cosistema marino, al fine di ottenere una rap-presentazione elementare dei cicli biogeochi-mici più importanti e studiare la dinamica del-l’interazione e coevoluzione di clima e biosfe-ra. Un’ulteriore estensione, attualmente in fasedi progettazione, è rappresentato dall’inclusio-ne di un semplice modello per i ghiacci terre-stri, che renderà possibili applicazioni delmodello anche allo studio dell’evoluzione sutempi lunghi del Sistema Terra comprendentitransizioni fra periodi glaciali ed interglaciali.Il modello PlaSim-LSG, complementato daimoduli di ecosistema terrestre e marino e dicriosfera, potrà quindi diventare un “modellodi comunità” a complessità intermedia adattoallo studio di processi climatici e paleoclima-tici di base, che potrà essere utilizzato libera-mente, con scopi di ricerca e/o didattici, per lostudio della dinamica del clima sulla Terra e sualtri pianeti (Segschneider et al., 2005).

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Baudena M., Boni G., Ferraris L., vonHardenberg J., Provenzale A., 2006.Vegetation response to rainfall intermit-tency in drylands: Results from a simple

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

È noto come si siano riscontrati cambiamentinella frequenza dei diversi regimi in scenariclimatici mutati, ad esempio all’aumentaredelle forzanti esterne, sia nella circolazioneatmosferica che nel sistema di Lorenz, consi-derato come un toy-model che “mima” deter-minate proprietà del sistema clima e del suosottosistema atmosfera, come la loro caoticitàe proprio l’esistenza di determinati regimi(Corti et al., 1999). A conoscenza dell’autore,poco è stato invece investigato relativamentea cambiamenti di predicibilità in analoghesituazioni. D’altro lato, gli studi di predicibi-lità rappresentano attualmente un campo diindagine consolidato e in costante sviluppo.Un famoso articolo di Lorenz, 1963, indivi-duò per primo il problema della sensibilitàalle condizioni iniziali in un semplice model-lo di valenza meteorologica. Oggi, gli erroriderivanti dall’incertezza insita nella stimadello stato iniziale e dalla sua propagazionenel tempo vengono studiati mediante le cosid-dette ensemble integrations, cioè corse multi-

ple del modello considerato a partire da diver-se condizioni iniziali. Ciò consente di defini-re un “limite” all’orizzonte temporale oltrecui non si possono più ottenere previsionimeteorologiche affidabili con questi modellie, nel contempo, consente invece ai modelliclimatici di esplorare compiutamente la varia-bilità climatica di un determinato scenario.Per una discussione sui diversi ruoli delleensemble integrations in modelli meteorolo-gici e climatici si veda Pasini, 2003 e Pasini eMazzocchi, 2005. Recentemente Evans et al.,2004, hanno studiato la predicibilità localesull’attrattore di Lorenz mediante una metodi-ca (i bred vectors) usata per le ensemble inte-grations, con lo scopo di pervenire a regoleper i passaggi da un lobo all’altro dell’attrat-tore, cioè per i cambiamenti di regime.Unendo metodi dinamici e la modellistica arete neurale, che negli ultimi anni si è venutaaffacciando prepotentemente nel campo dellescienze ambientali, il presente studio vuoleindagare i cambiamenti di predicibilità in sce-nari climatici simulati.

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Scenari climatici e predicibilità: indizi di unostretto rapporto da un’analisi dinamica e neurale del toy-model di Lorenz

A. PasiniIstituto sull’Inquinamento Atmosferico, CNR, Roma, [email protected]

SOMMARIO: nell’ambito degli studi sulle influenze di scenari climatici mutati, si presentano i risultati diun’indagine effettuata mediante metodi dinamici e un modello a rete neurale su sistemi di Lorenz forzatie non forzati per lo studio della predicibilità. I risultati mostrano un incremento netto di predicibilità glo-bale nei modelli forzati e includono dettagli locali nelle diverse zone dell’attrattore. La previsione opera-tiva di una grandezza dinamica (che stima lo sparpagliamento delle traiettorie sull’attrattore), ottenuta colmodello neurale, mostra un incremento anche nelle performance di previsione della predicibilità stessa,nel caso di presenza di forzanti esterne. Oltre che dare indicazioni sulla predicibilità nel sistema realeall’aumentare delle forzanti esterne, ciò apre anche la prospettiva di elaborare una emulazione neuraledelle ensemble integrations di un modello dinamico, che porterebbe ad un enorme risparmio di tempo dicalcolo in modelli operativi.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

In questo quadro, data la complessità deimodelli meteorologici e climatici attuali, econ l’intento di studiare il rapporto tra sce-nari climatici e predicibilità in un sistema piùfacilmente analizzabile, qui ci si limita allostudio teorico di modelli di Lorenz forzati enon forzati. In particolare, l’inserimento diforzanti esterne in questi toy-systems puòessere interpretato come l’analogo di unincremento delle forzanti antropogeniche nelsistema climatico reale.In tale contesto si va ad analizzare propriol’andamento della predicibilità qualora siinseriscano nel sistema forzanti esterne, uti-lizzando sia metodi dinamici (come i bredvectors) sia un modello a rete neurale. In que-sto modo si può valutare la predicibilità invari scenari climatici.Col modello a rete neurale, inoltre, si procedea prevedere operativamente il cosiddettobred-growth rate, cioè il tasso di crescitanello sparpagliamento delle traiettorie sugliattrattori dei modelli forzati e non forzati: intal modo si hanno indicazioni anche sulle per-formance di previsione della predicibilitàstessa in vari scenari.

2.1 L’amplificazione degli errori e la predi-cibilità nel modello di LorenzIl sistema di Lorenz “esteso” che si considerain questo lavoro è il seguente:

(1)

Qui σ = 10, b = 8/3 e r = 28; ovviamente,quando f0 = 0 si ricade nel classico sistema diLorenz non forzato. Inoltre questo tipo di for-zante appare piuttosto generale, in quantoammettere una forzante anche nella terzaequazione equivale a mantenere i forcings

nelle prime due e ad attuare uno shift nel para-metro r (Mittal et al., 2005).Affinché non si perdano le caratteristiche dicomportamento caotico occorre mantenere ilvalore di f0 inferiore a 10. Nel pre-sente lavo-ro si considera un caso di studio con f0 = 5 eθ = 90°. L’integrazione numerica dei sistemidi Lorenz viene effettuata tramite uno schemaRunge-Kutta del quarto ordine con passo tem-porale di 0,01.Seguendo la trattazione di Evans et al., 2004,per lo studio della predicibilità sul modello diLorenz, definiamo come bred vector un vetto-re δv che rappresenta semplicemente ladistanza euclidea tridimensionale tra gli stati(punti) finali di due traiettorie sull’attrattoredopo un certo numero n di passi temporali diintegrazione, nel caso in cui le due corse delmodello ad esse relative si distinguano peruna piccola perturbazione δv0 nelle condizio-ni iniziali. Allora, il tasso di amplificazione diquesto “errore” sarà dato dal seguente bred-growth rate:

(2)

Evans et al., 2004, hanno mostrato che, asso-ciando il valore di questa grandezza ad ognipunto di arrivo di traiettorie di 8 passi tempo-rali sul classico attrattore di Lorenz, si defini-scono zone caratterizzate da differenti classidi valori di predicibilità locale, da valorinegativi del bred-growth rate per traiettorieconvergenti (classe 1 nel seguito), fino a valo-ri positivi ed elevati (g ≥ 0,064), per traietto-rie estremamente divergenti (classe 4 nelseguito).

2.2 Il modello a rete neuraleNell’ambito di ricerche di nowcasting meteo-rologico (Pasini e Potestà, 1995) si è svilup-pato un modello neurale, successivamenteperfezionato e applicato a previsioni ed inve-stigazioni nella fisica del boundary layer(Pasini et al., 2001; Pasini e Ameli, 2003) erecentemente ottimizzato per analisi climati-

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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( )

−=

+−−=

+−=

bzxydtdz

fxzyrxdtdy

fxydtdx

θ

θσ

sin

cos

0

0

=

0

ln1vv

δδ

ng

che di più lungo periodo (Pasini et al., 2006).Oggi si ha a disposizione un vero e propriotool per modelli di reti feed-forward e adde-stramento a backpropagation.

2.3 La ricerca svoltaNel presente lavoro, dapprima si stima la pre-dicibilità sugli attrattori di Lorenz forzati enon forzati mediante tecniche dinamiche.Quindi si analizza se le performance di previ-sione di traiettorie da parte di una rete neura-le su questi attrattori risentano o meno dellapredicibilità stessa (globale e locale). Infine sieffettua una previsione operativa di predicibi-lità tramite il modello neurale.Nel far ciò, si presenteranno solo i risultatiprincipali. Per ulteriori dettagli e un’ampiadiscussione sulla valenza degli stessi sirimanda a Pasini, 2007.

3 RISULTATI RILEVANTI

3.1 Stime dinamiche e neurali della predicibi-litàSe ci si limita a considerare valori delle for-zanti piccoli come quelli prescelti in questocaso di studio, si può mostrare che la formadel classico attrattore di Lorenz non si modi-fica sostanzialmente, mentre cambia la fre-quenza dei regimi, cioè, nella nostra integra-zione discreta, la distribuzione dei punti suidue lobi, con una loro prevalenza sul quadran-te x – y positivo nel caso forzato.Per quanto riguarda la predicibilità, il valoremedio globale di g diminuisce e passa da 9,06× 10-3 a 7,56 × 10-3. In particolare aumenta ilnumero degli stati più predicibili e diminuiscequello degli stati meno predicibili (addiritturadel 14,4%), come si evince dalla seguenteTabella 1, che riporta i dati relativi a 40.000stime di g, la metà in condizioni non forzate el’altra metà con forcing esterno (le classi sonoin ordine crescente di valore di g).Dopo questa breve analisi dinamica, appareinteressante chiedersi se una rete neurale siain grado di riconoscere cambiamenti di predi-cibilità (locale e globale).A questo proposito si è addestrata una rete

feed-forward, con singolo strato nascosto e distruttura 3-15-3, a prevedere l’evoluzione distati su attrattori forzati e non forzati dopo 8passi di integrazione, a partire dalle coordina-te iniziali. I risultati essenziali si presentanonella Tabella 2.

Innanzi tutto, in ogni caso si nota una sensibi-lità delle performance della rete alla classe dipredicibilità. Inoltre, nel caso forzato si ottie-ne un miglioramento statisticamente signifi-cativo nella classe 1 e vicino alla piena signi-ficatività per le classi 2 e 3.

3.2 La previsione operativa della predicibilitàL’analisi neurale appena effettuata confermala precedente analisi dinamica e mostra lasensibilità delle performance neurali ai valoridi predicibilità globale e locale.A questo punto, considerati gli enormi tempidi calcolo necessari per effettuare ensembleintegrations (che partono ad esempio dal cal-colo dei bred vectors), si può vedere se lametodica neurale consenta una stima operati-va (e rapida) della predicibilità locale (adesempio legata, nella realtà, ad una certa con-dizione meteorologica). A tale scopo si è

Modellistica del clima

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Tabella 1: numero di stati appartenenti alle varieclassi di predicibilità per ciascun caso.

Classe f0 = 0, θ = 90° f0 = 5, θ = 90°

1 5,66 ± 0,15 5,24 ± 0,232 6,58 ± 0,25 6,14 ± 0,203 6,62 ± 0,24 6,11 ± 0,304 8,36 ± 0,41 8,30 ± 0,45

Tabella 2: errori di previsione di corse multiple delmodello neurale (distanza tra punto previsto epunto ottenuto dall’integrazione dinamica) su uninsieme di test.

Classe f0 = 0, θ = 90° f0 = 5, θ = 90°

1 10.185 10.5352 4469 44883 2569 26014 2777 2376

addestrata una rete neurale a prevedere ilbred-growth rate (1 output) a partire dallecoordinate dello stato iniziale (3 input). Irisultati mostrano un incremento statistica-mente significativo di performance nella pre-visione di g. Inoltre, in Tabella 3 si mostranoi valori ottenuti per alcuni indici calcolati perla soglia di g = 0,04 su due corse del modelloneurale in un caso forzato e in uno non forza-to: per la definizione matematica di questiindici si veda Pasini et al., 2001. In tutti i casila rete riesce a prevedere meglio la predicibi-lità per il sistema forzato (FAR è il tasso difalsi allarmi).

In conclusione, i risultati (ottenuti con tecni-che dinamiche e neurali) mostrano un incre-mento netto di predicibilità globale neimodelli forzati e includono dettagli localinelle diverse zone dell’attrattore. La previsio-ne operativa del bred-growth rate ottenuta colmodello neurale, infine, mostra un incremen-to anche nelle performance di previsione dellapredicibilità stessa, nel caso di presenza diforzanti esterne.Tutto ciò fa pensare che cambiamenti neiregimi di circolazione, sotto scenari climaticicaratterizzati da maggiori forzanti esterne,possano indurre cambiamenti nella predicibi-lità e nella possibilità di prevederla.Interessanti prospettive si aprono per la stimaoperativa della predicibilità tramite modelli-stica neurale, stima che potrebbe rappresenta-re una efficiente emulazione delle ensembleintegrations, così dispendiose dal punto divista del tempo di calcolo.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Tabella 3: indici di performance nella previ-sione neurale di g.

Indice f0 = 0, θ = 90° f0 = 5, θ = 90°

POD 0,907 0,941FAR 0,154 0,138HR 0,810 0,841CSI 0,778 0,818HSS 0,289 0,512

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

1.1 I problemi dei GCMsCome noto, gli strumenti essenziali per otte-nere ricostruzioni del clima passato e proie-zioni nel futuro sono attualmente i GlobalClimate Models (GCMs); maggiori dettagli ascala regionale si ottengono mediante iRegional Climate Models (RCMs).In tali modelli si adotta una strategia di ricom-posizione del sistema clima a partire dai suoisottosistemi (atmosfera, oceani, ghiacci, bio-sfera, ecc.) mediante sistemi di equazioniaccoppiate (più parametrizzazioni) chedescrivano processi e fenomeni all’interno deivari sottosistemi e alla loro interfaccia, inclu-si i loro reciproci feedback. Questa strategiaviene ampiamente discussa in Pasini (2003).Il fatto che la maggior parte di questi modellimostri una buona validazione sul clima passa-to induce a pensare che l’attuale metodica

simulativa permetta di cogliere in manierasoddisfacente il comportamento complessodel sistema clima. Tuttavia, in realtà tale stra-tegia non consente una ricostruzione univocadella dinamica del sistema clima, in quantol’esistenza di feedback costringe ad introdurreun attento bilanciamento per poter “pesare”correttamente l’influsso delle diverse equa-zioni accoppiate e parametrizzazioni sullevariabili che il modello tratta in maniera dina-mica. Anche se tale bilanciamento è guidatoda considerazioni teoriche, tuttavia talvolta ènecessario aggiustare artigianalmente deter-minati parametri. In tale situazione, alcunirisultati di questi modelli possono apparireopinabili.

1.2 Una strategia alternativaIn questo quadro, in cui i modelli dinamicieffettuano una continua rincorsa alla descri-zione dettagliata di processi, fenomeni e feed-

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Analisi climatiche di attribution a scala globale edi influenze a scala regionale e locale medianteun modello a rete neurale

A. PasiniIstituto sull’Inquinamento Atmosferico, CNR, Roma, [email protected]

SOMMARIO: Nell’ambito degli studi di attribution del recente riscaldamento globale e delle analisi relati-ve all’influenza di diversi pattern di circolazione sulla scala regionale, si presentano i risultati di un’inda-gine effettuata mediante un modello a rete neurale. In tal modo, con una metodica alternativa e del tuttoindipendente dai classici modelli dinamici, si riscopre l’importanza delle forzanti antropogeniche per lacorretta ricostruzione dell’andamento della temperatura globale negli ultimi 140 anni. Inoltre, viene evi-denziata l’influenza di ENSO sulla variabilità interannuale a questa scala. Infine, ulteriori indagini a livel-lo regionale e locale nel periodo invernale mostrano il ruolo dominante dell’oscillazione nord-atlantica neldeterminare le temperature in due zone europee. Tali risultati (generalmente convergenti con quelli deimodelli dinamici) inducono ad aumentare la nostra confidenza nella robustezza dei risultati stessi e, nelcontempo, mostrano di poter individuare i maggiori pattern di circolazione che guidano il clima a livelloregionale e locale con una metodica pienamente non lineare, fornendo gli elementi fondamentali per unsuccessivo downscaling e aprendo così prospettive concrete per una ricostruzione e una previsione miglio-re del clima a queste scale.

back sempre più numerosi, con la necessitàfinale di un bilanciamento non completamen-te determinato teoricamente, vale la penaadottare anche una diversa strategia, che con-duca ad un’analisi complessiva del comporta-mento climatico, visto come il risultato otte-nuto dopo tutte le interazioni e i feedback trai vari sottosistemi che lo compongono.Così, ad esempio, si possono cercare relazio-ni tra forzanti esterne o pattern di circolazio-ne e l’andamento della temperatura a variescale. Nel complesso ambito climatico ci siaccorge subito come le relazioni cercate sianochiaramente non lineari. Ebbene, oggi esisto-no tecniche, come la modellistica a reti neura-li, che consentono di cogliere quantitativa-mente relazioni non lineari tra queste variabi-li, relazioni che risultano essere realistiche enon fisicamente improponibili come quellepolinomiali di grado elevato.Nel seguito di questo articolo, pertanto, siapplicherà un modello a rete neurale proprioall’analisi di influenza di forzanti esterne epattern di circolazione sull’andamento dellatemperatura a varie scale.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 Il modello a rete neuraleNell’ambito di ricerche di nowcasting meteo-rologico (Pasini e Potestà, 1995) si è svilup-pato un modello neurale, successivamenteperfezionato e applicato a previsioni ed inve-stigazioni nella fisica del boundary layer (siveda, ad esempio, Pasini e Ameli, 2003).Recentemente esso è stato ottimizzato peranalisi di più lungo periodo e applicato adalcuni casi di studio climatici (Pasini et al.,2003, 2006).Oggi si ha a disposizione un vero e propriotool per modellistica con reti feed-forward eaddestramento a backpropagation. Gli algo-ritmi di training di questo tool sono partico-larmente adatti all’analisi di dati storici.

2.2 I dati a disposizioneNel presente lavoro vengono considerate

come forzanti globali di origine naturale leanomalie di irradianza solare (rappresentativedell’attività solare) e lo spessore ottico degliaerosol stratosferici a 550 nm (rappresentati-vo dell’attività vulcanica in termini delle pro-prietà ottiche della bassa stratosfera). La con-centrazione di CO2 e le emissioni di solfati(SOx) vengono considerate come forzanti pre-valentemente antropogeniche. Inoltre i datidel SOI (Southern Oscillation Index), legato aENSO, e dell’indice NAO (North AtlanticOscillation) vengono impiegati per descriveredue pattern di circolazione. Infine, si hanno adisposizione le anomalie di temperatura glo-bale, la serie temporale di temperature mediemensili nell’Inghilterra centrale (CET) e tem-perature massime e minime nella stazionemeteorologica italiana di San Valentino allaMuta.I dati considerati per forzanti/pattern di circo-lazione e quelli di temperature globali e regio-nali sono relativi al periodo 1866-1999. I datidella stazione italiana, invece, sono disponibi-li solo a partire dal 1951.

2.3 La ricerca svoltaSenza entrare in dettagli tecnici di modellisti-ca neurale e rimandando per questo a Pasini etal., 2006, si può dire che nel presente studio lereti vengono utilizzate per ricostruire la tem-peratura a varie scale a partire dalle forzanti edai pattern di circolazione considerati. Si sot-tolinea espressamente come, per ogni anno, latemperatura venga stimata a partire da unarelazione non lineare costruita a partire da datidi anni diversi.In questo modo, da un lato si verifica la pos-sibilità di trovare una relazione non lineareche possa “spiegare” correttamente l’anda-mento di queste temperature a partire da unasomma di “cause”, dall’altro lato, nel far ciò èpossibile anche verificare quali di questeinfluenze sulle temperature siano quelle mag-giormente importanti, cercando di stabilire,ad esempio, quali di queste concause (preseseparatamente) permettano di ricostruiremeglio gli andamenti reali delle temperature.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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3 RISULTATI RILEVANTI

3.1 Il caso globalePrendendo spunto da un’analisi di validazioneed attribution svolta precedentemente usandocorse di GCMs (IPCC 2001), in cui si eranoidentificate le forzanti antropogeniche comecause fondamentali per ritrovare l’andamentodella temperatura media annuale globale, cisiamo proposti di effettuare la stessa analisicon una metodica completamente diversa, lamodellistica neurale.I risultati essenziali vengono mostrati nelleFigure 1-2 (linea nera: temperatura osservata;linea grigia: temperatura ricostruita).Utilizzando solo le forzanti naturali in inputalla rete neurale, questa non ricostruisce cor-rettamente la temperatura osservata (Fig. 1):sono visibili grandi discrepanze nel periodo1910-1960 e nell’ultimo decennio del secolo.Qualora si considerino le sole forzanti antro-pogeniche, la ricostruzione è molto migliore(Fig. 2). L’andamento generale viene coltomolto bene; esso appare, tuttavia, piuttostomediato e non rende conto in maniera soddi-sfacente della variabilità interannuale dellatemperatura media globale.Un risultato del tutto nuovo ed originale simostra, allora, in Figura 3, dove l’inserimen-to in input alla rete neurale di tutte le forzanti(naturali ed antropogeniche) e dei dati relativiall’oscillazione meridionale (ENSO), legata

ai fenomeni di El Niño e La Niña, permette dicogliere pienamente la predetta variabilitàinterannuale.In tal modo, non solo (Fig. 3) si è riusciti aricostruire la serie di anomalie di temperatureglobali con una relazione non lineare costrui-ta attraverso le varie forzanti e il segnale diENSO, ma si è effettuato anche uno studio diattribution. Esso conferma sostanzialmentequanto rilevato tramite l’utilizzo di GCMs,cioè il fatto che le forzanti antropogenicheappaiono come cause fondamentali che hannoguidato il clima negli ultimi 140 anni: senzadi esse non è possibile ricostruire l’andamen-to reale della temperatura globale in questoperiodo.

Modellistica del clima

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Figura 1: Ricostruzione della temperatura annuale globa-le a partire dalle sole forzanti naturali.

Figura 2: Ricostruzione della temperatura annuale globa-le a partire dalle sole forzanti antropogeniche.

Figura 3: Ricostruzione della temperatura annuale globa-le a partire da forzanti naturali e antropogeniche e da datirelativi a ENSO.

3.2 I casi regionale e localeRecentemente (IPCC 2007), le analisi di attri-bution si sono spinte a scala continentale,confermando anche qui che le sole forzantinaturali non riescono a rendere conto dell’an-damento reale della temperatura.È noto, comunque, come alle più ridotte scaleregionale e locale, la variabilità interannualesia più accentuata e l’influsso delle forzantiglobali venga “mascherato” dall’influsso piùdiretto di pattern di circolazione a questascala.Vale la pena, allora, studiare l’influsso relati-vo di forzanti e pattern di circolazione in duecasi di studio: le temperature invernalinell’Inghilterra centrale (CET) e le massime eminime invernali a San Valentino alla Muta(SVM max e SVM min).Come mostrato in Pasini et al., 2006, le for-zanti globali hanno un ruolo poco rilevante,mentre la NAO assume un aspetto di domi-nanza. La sua considerazione in un modello arete neurale porta a ricostruire le temperaturein maniera soddisfacente (vedi Tab. 1 per l’in-fluenza della sola NAO), anche se con perfor-mance minori rispetto al caso globale: ciò èdovuto alla maggiore variabilità del clima aqueste scale rispetto alla media globale.

Tabella 1: coefficiente di correlazione lineare tratemperature osservate e stimate mediante unmodello lineare e una rete neurale.

4 PROSPETTIVE FUTURE

In conclusione, l’analisi neurale qui effettuatamostra come le forzanti naturali non rendanoconto dell’andamento della temperatura glo-bale negli ultimi 140 anni. In questo contestole forzanti antropogeniche, unite al segnale diENSO, conducono ad un’ottima ricostruzionedel comportamento termico dell’atmosfera,

inclusa la sua variabilità interannuale.A livello regionale e locale il fattore dominan-te nei casi di studio qui presentati è la NAO,che deve quindi essere considerata comeun’oscillazione da cogliere bene nei GCMs,se vogliamo sperare di effettuare un efficacedownscaling a queste scale.L’applicazione della metodica illustrata pro-mette buoni risultati in altri casi di applicazio-ne e per analizzare ciò che influenza il muta-to regime delle precipitazioni alle varie scale.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Pasini A. 2003. I cambiamenti climatici.Meteorologia e clima simulato. Milano:Bruno Mondadori.

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Pasini A., Lorè M., Ameli F., 2006. Neuralnetwork modelling for the analysis of for-cings/temperatures relationships at diffe-rent scales in the climate system. Ecol.Modell., 191: 58-67.

Case study Linear model Neural modelCET 0,688 0,722 ± 0.003SVM min 0,572 0,725 ± 0,003SVM max 0,517 0,670 ± 0,004

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Obiettivo generale è quello di studiare le ano-malie climatiche della regione Mediterraneaindotte da anomalie in regioni remote via tele-connessioni diretta delle onde di Rossby, oindiretta di anomalie meteo-climatiche cheusano le onde di Rossby come guida d’onda. Nel periodo invernale, la regione Euro-Mediterranea è sotto l’influsso dell’oceanoAtlantico. Nella stagione fredda, l’onda pla-netaria in uscita dal continente NordAmericano porta le tempeste, e quindi anchele precipitazioni, verso l’Europa nord-occi-dentale o verso il Mediterraneo. L’intensitàdelle correnti atmosferiche associate a questaonda dipende dal gradiente termico tra leregioni tropicali ed le regioni polari, mentre lafase dipende dalla differenza termica tra leregioni orientali del Canada e le acque dellacorrente del Golfo. Per esempio, un lievecambiamento della fase di questa onda puòsignificare un inverno relativamente secco omolto piovoso in Mediterraneo (Blackmon,1984; Hoskins e Hodges, 2002).Nel periodo estivo il gradiente termico tra leregioni tropicali e le regioni polari è minore,per cui la circolazione planetaria è meno

intensa, per cui diventano importanti le tele-connessioni della regione Mediterranea con leregioni tropicali o sub-tropicali. Di particola-re importanza per il Mediterraneo sono ilmonsone Asiatico ed il monsone Africano, ele anomalie di temperatura superficiale deglioceani (Rodwell e Hoskins, 2001; Raicich etal., 2001).

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

È stato sviluppato un modello di circolazioneatmosferica planetaria sulla sfera. Il modellonella sua forma spettrale ha cinque livelli inverticale, ed è integrato numericamente per lostudio degli aspetti nonlineari (Lin e Derome,2004). Il modello ha una sua forma semplifi-cata, in approssimazione barotropica, che èintegrato analiticamente. Con questo modellosi stanno studiando le strutture delle onde pla-netarie, e la propagazione delle perturbazioniclimatiche che su di esse viaggiano. Lo studio viene effettuato con l’obiettivo di cal-colare i tempi e le traiettorie di queste perturba-zioni in funzione della loro dimensione e posi-zione in relazione alla intensità del flusso atmo-sferico zonale e della fase dell’onda portante. In Figura 1 si mostrano le velocità di propaga-

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Anomalie climatiche e onde planetarie

G. Dalu, M. Baldi, G. Maroscia, M. GaetaniIstituto di Biometeorologia, CNR, Roma, [email protected]

SOMMARIO: Le onde planetarie o di Rossby sono le più grandi presenti nell’atmosfera e nel mare e, a causadella loro lentezza, sono importanti per le previsioni stagionali. Infatti la loro scala dei tempi e dell’ordi-ne di 20-40 giorni, e spesso, nell’emisfero boreale, sono quasi-stazionarie a causa dell’alternanza dei con-tinenti con le loro montagne e dei mari che ne condizionano la fase. Queste onde sono importanti in quan-to sono la guida d’onda delle perturbazioni meteo-climatiche, collegando (teleconnettendo) regioni a voltemolto distanti. Mediante un modello barotropico e baroclino dell’atmosfera, si stanno studiando le ondedi Rossby nella regione Euro-Atlantica, con l’obbiettivo di studiare la propagazione ed i tempi di arrivonella regione Mediterranea delle perturbazioni Atlantiche. Inoltre, si stanno studiando le anomalie clima-tiche nelle regioni tropicali e le loro possibili teleconnessioni con la regione Mediterranea, fra cui il mon-sone Africano, in relazione alla estensione in estate dell’anticiclone libico sul Mediterraneo.

zione dell’onda planetaria ed di una piccolaperturbazione meteo-climatica, piccola rispet-to alla lunghezza d’onda dell’onda planetaria,che è di 10.000 km.In Figura 2 si mostra le velocità di propaga-zione di una perturbazione meteo-climaticarelativamente grande, 1000-2000 km. Dalconfronto tra la Figura 1 e la Figura 2, si vedechiaramente che le grandi perturbazioni simuovono più lentamente.

4 PROSPETTIVE FUTURE

Questa ricerca è il punto di partenza per lostudio dei meccanismi di teleconnessione cli-matica fra regioni del pianeta terra anchemolto lontane IPCC (2001). Questa ricerca haun’aspetto fondamentale legato allo studiodelle onde e alla propagazione di pacchettid’onda che usano queste onde come guidad’onda. Questo studio ha come ulterioreobbiettivo lo studio delle transizioni di questipacchetti d’onda tra la fascia tropicale e quel-la delle medie latitudini. Sotto questo aspetto,questa ricerca è molto vicina alla FisicaMatematica ed alla Meccanica Quantistica.L’obiettivo pratico di questa ricerca è quelloda dare un contributo alle previsioni stagiona-li, 1-3 mesi, usando quei fenomeni che hannouna scala di tempi confrontabile con i tempidella previsione.

5 RICONOSCIMENTI

La ricerca è stata in parte finanziata dal pro-getto Tempio del MIPAAF e verrà portatoavanti nell’ambito della convenzione con laProtezione Civile.

6 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Blackmon M.L., Lee Y.H., Wallace J.M., HsuH.H., 1984. Time variation of 500 mbheight fluctuation with long, intermediateand short time scales as deduced from lag-correlation statistics. J. Atmos. Sci., 41:981-991.

Hoskins B.J., K.J. Hodges, 2002. New prospec-tive on the northern hemisphere winter stormtracks. J. Atmos. Sci., 59: 1041-1061.

IPCC: Third Assessment Report ‘ClimateChange 2001. The scientific Basis’.http://www.ipcc.ch/.

Raicich F., Pinardi N., Navarra A., 2001.Teleconnections between Indian Monsoonand Sahel rainfall and the Mediterranean.Archo Oceanogr. Limnol., 22: 9-14.

Lin H., Derome J., 2004. Nonlinearity of theextratropical response to tropical forcing.J. of Climate, 17: 2597-2608.

Rodwell M.J., Hoskins B.J., 2001.Subtropical anticyclones and summermonsoons. J. of Climate, 14: 3192-3211.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 1: Velocità di propagazione della onda planetaria4 in chilometri al giorno, linea punteggiata, in funzionedell’intensità del vento zonale della latitudine. Velocità dipropagazione di un pacchetto d’onda (perturbazionemeteorologica) in chilometri al giorno, linea piena.

Figura 2: Velocità di propagazione di una anomalia cli-matica in chilometri al giorno, in funzione della suadimensione in chilometri e della latitudine.

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

1.1 Regimi di circolazione e predicibilità climaticaLa circolazione atmosferica durante l’invernoalle medie latitudini su scala planetaria è carat-terizzata da “regimi di circolazione”, ovverostrutture di carattere quasi-stazionario (nellospazio) e persistente (nel tempo) le cui anoma-lie in ampiezza e fase delle onde planetarierisultano dinamicamente tenute in equilibrioattraverso variazioni nelle sorgenti di energiadiabatica e interazioni non-lineari con glieddies su scala sinottica. La persistenza tem-porale di un singolo regime è dell’ordine di 10fino a 30 giorni, mentre le transizioni fra unregime e l’altro sono veloci (1-5 giorni).Comportamenti simili si riscontrano anchenella circolazione tropicale, per esempio inquella monsonica. Le depressioni individualimonsoniche associate con una instabilità delmonsoon jet stream si sviluppano su scaletemporali simili (o anche più veloci) di quelleextratropicali, e quindi caratterizzano il pro-blema delle previsioni a corto raggio. D’altraparte quelle che vengono chiamate “active andbreack phases of the monsoon” sembra abbia-

no una dinamica di regime con scale tempora-li di residenza dell’ordine di 10-20 giorni. Possibili variazioni delle proprietà generali deiregimi di circolazione (in conseguenza a varia-zioni delle forzature esterne di origine sia natu-rale che antropica) rappresentano un problemaimportante per le previsioni climatiche sudiverse scale temporali, a partire dalle previsio-ni stagionali fino a quelle di scenari futuri. L’atmosfera può essere rappresentata come unsistema complesso in cui le sorgenti d’energiae momento provenienti dall’interazione conterra e oceano presentano variazioni continuesu scale stagionali, interannuali e decennali.Inoltre da un paio di secoli l’atmosfera vedecambiare la sua composizione chimica in con-seguenza delle emissioni antropiche. Questosistema dinamico è perciò soggetto a forzantiesterne che variano continuamente e che quin-di sono potenzialmente in grado di alterarne leproprietà statistiche, in particolare quelle deiregimi di flusso.

1.2 Possibili variazioni nelle proprietà deiregimi di circolazioneStudi recenti (apparsi nell’ultimo decennio)

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Predicibilità climatica dei regimi dicircolazione atmosferica alle medie latitudini e ai tropici

S. CortiIstituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Bologna, [email protected]

SOMMARIO: In questo articolo si descrivono i risultati di quattro lavori condotti nell’ambito dei progettieuropei del VI programma quadro ENSEMBLES e AMMA. Nel primo caso (ENSEMBLES) si tratta del-l’identificazione della struttura verticale dei regimi di circolazione extratropicale nei dati della rianalisi,nell’identificazione dell’influenza di ENSO nella loro struttura nelle simulazioni del modello SPEEDY edel loro grado di predicibilità su scala interannuale (analisi quest’ultima eseguita utilizzando un ensembledi 55 integrazioni di 18 anni del modello AGCM COLA forzato dalle temperature oceaniche osservate).Per quanto riguarda invece il progetto AMMA, si descrivono brevemente i risultati iniziali di un set diesperimenti numerici eseguiti per capire quali sono gli elementi essenziali che determinano (e hanno deter-minato) la variabilità interannuale e interdecennale del monsone Africano.

hanno cercato di chiarire quale sia la dipen-denza delle proprietà dei regimi di circolazio-ne rispetto alle componenti lentamente varia-bili del sistema climatico, come per esempiola temperatura superficiale dell’oceano. Inanalogia con il comportamento di sistemidinamici semplici si è ipotizzato (Palmer,1999) che la risposta al primo ordine ad unavariazione piccola di una forzante esterna alsistema dovrebbe manifestarsi (sui regimi dicircolazione) principalmente attraverso uncambiamento della loro frequenza media diaccadimento. A questo proposito è stato sug-gerito che la recente variazione osservata suscala interdecennale della frequenza dei regi-mi sull’emisfero nord (aumento degli episodidi North Atlantic Oscillation e Pacific NorthAmerican pattern positivi per esempio) possafare parte della risposta atmosferica all’aumen-to della concentrazione dei gas serra (si vedaper esempio Corti et al., 1999). D’altronde altristudi recenti hanno sottolineato che grandivariazioni nella distribuzione del forcing dia-batico (come quelle associate con eventi di ElNiño forti) possono condurre a variazioni più“strutturali” nelle proprietà dei regimi, comeper esempio cambiamenti riguardanti la con-formazione e il numero dei regimi (Molteni eCorti, 1998; Molteni et al., 2003).

1.3 Predicibilità dei regimi di circolazioneÈ molto difficile determinare l’insieme delleproprietà statistiche dei regimi di circolazionea partire dai dati che costituiscono la serietemporale osservata, a causa delle evidentidisomogeneità presenti nelle forzanti. D’altraparte, se potessimo determinare le proprietàstatistiche di un regime in funzione delle ano-malie del forcing, questo ci permetterebbe diacquisire un certo grado di predicibilità, chepossiamo chiamare predicibilità dei regimi,della circolazione atmosferica (su larga scala)per scale temporali interannuali. Purtroppo laserie di dati osservati in nostro possesso non èabbastanza lunga da permettere un’analisi sta-tisticamente significativa a questo proposito.Perciò, per riuscire a comprendere il signifi-cato dinamico delle differenze su scala inter-

decennale nella frequenza dei regimi osserva-ti come quelle mostrate da Corti et al., 1999,è necessario ricorrere a simulazioni di ensem-ble eseguite con modelli di circolazione gene-rale (GCMs) che ci permettono di poterdisporre di realizzazioni multiple del flussoatmosferico in presenza della stessa forzanteesterna (per esempio la stessa struttura spazio-temporale delle temperature oceaniche oppu-re la stessa concentrazione di gas serra).

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

Alla luce del problema scientifico sopra deli-neato, in quest’articolo si vogliono presentarebrevemente le attività di ricerca condotte aquesto proposito. In particolare si farà riferi-mento a quanto fatto e in progress nell’ambi-to dei progetti integrati del VI programmaquadro della Commissione Europea ENSEM-BLES (ENSEMBLE-based Predictions ofClimate Changes and their Impacts) - di cuil’autore e responsabile per l’ISAC-CNR- eAMMA (African Monsoon MultidisciplinaryAnalyses).

2.1 Regimi di circolazione nei dati dellerianalisi NCEP-ERA40Sono stati utilizzati i dati mensili delle riana-lisi NCEP (1949-1998) e quelli delle rianalisiERA40 (1958-2002) per stimare la strutturaverticale dei regimi di circolazione. La meto-dologia usata, completamente innovativa,consiste in una preliminare decomposizionein componenti principali (EOF) dei dati men-sili da Novembre ad Aprile (stagione fredda)di ciascun campo considerato (geopotenzialea 500 hPa, temperatura alla superficie e a 700hPa, pressione media superficiale, vento a 200e 850 hPa) e a una susseguente analisi in EOF“combinate” di tutti i campi nel sottospaziodefinito dalle prime 20 EOF di ciascuncampo. I regimi sono stati individuati nel sot-tospazio definito dalle prime 2 multivar EOFsattraverso due metodologie: 1) massimi dellafunzione densità di probabilità 2) Clusterindividuati tramite la tecnica k-means. Le duetecniche hanno prodotto mappe anomale

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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(centroidi dei cluster) consistenti construtture ben conosciute in letteratura.I tre cluster corrispondono al COWL(Fig. 1) (Cold Ocean Warm LandPattern), al NAM (Fig. 2) (NorthernAnular Mode) nella sua fase positiva)e alla NAO (Fig. 3) (North AtlanticOscillation) nella sua fase negativa.

2.2 Impatto della variabilità interan-nuale e interdecennale di ENSO sulleproprietà statistiche dei regimi di flussoPer investigare l’impatto di ENSO (ElNino-Southern Oscillation) sui regimidi flusso dell’emisfero nord si e fattouso di un ensemble di 8 simulazionidal 1954 al 1999 eseguito col modellodi circolazione generale atmosfericadi complessità intermedia SPEEDYsviluppato all’'International Center forTheoretical Physics (ICTP) di Triesteforzato dalle temperature superficialioceaniche osservate (AMIP-like expe-riment).

2.3 Regimi di circolazione: variabilitàcaotica e predicibilità indotta dalle con-dizioni al contornoIn questo studio, i cui risultati sonoriportati in Straus et al., 2007, si sonoanalizzati i regimi di circolazione del-l’area Pacifico-Americana (nellerianalisi NCEP e in un ensemble di 55integrazioni AMIP-like eseguite per18 inverni -1981/82-1998-99 con ilmodello GCM del Center for Ocean-Land-Atmosphere Studies) nel tentati-vo di rispondere alle seguenti questio-ni: 1) Fino a che punto le proprietà deiregimi simulati dal modello sono con-sistenti con quelle osservate? 2) Ledifferenze riscontrate nelle proprietàdei regimi osservati durante il periodo1981-1999 rispetto a quanto osservatonell’intero periodo della rianalisi(1948-2001) sono da considerarsi nel-l’ambito della variabilità atmosfericainterna? 3) Possiamo riprodurre le

Modellistica del clima

19

Figura 1: Centroide del cluster A (COWL pattern). Da sinistra a destra edall’alto in basso sono mostrate rispettivamente le anomalie di geopoten-ziale a 500 hPa, temperatura superficiale, temperatura a 700 hPa e pressio-ne media superficiale. Le linee tratteggiate denotano anomalie negative.

Figura 2: Centroide del cluster B (NAM pattern positivo). Le anoma-lie si riferiscono agli stessi campi di figura 1. Le linee tratteggiate deno-tano anomalie negative.

variazioni interannuali nella fre-quenza dei regimi come una fun-zione delle temperature oceani-che osservate?

2.4 Variabilità e PredicibilitàInterannuale del MonsoneAfricanoSi è studiata la variabilità interan-nuale e la predicibilità del MonsoneOccidentale africano usando datiprovenienti dalle osservazioni e unensemble di 75 integrazioni AMIP-like nel periodo 1949-2002 eseguitecon il già citato modello SPEEDY.Il modello riproduce in manierapiuttosto accurata le principalicaratteristiche del trend osservatodi precipitazione sul Sahel. Lacorrelazione fra la media dell’en-semble e le osservazioni arriva a0,7 (Fig. 4).

3 RISULTATI RILEVANTI

Il risultato più importante dellavoro descritto nella sezione 2.1rappresenta una conferma diquanto già evidenziato in Corti etal., 1999 in un’analisi condotta suun solo campo e su altri dati. Lacrescita di temperatura superficialedurante la stagione fredda degliultimi decenni sembra in parteassociata ad una maggiore fre-quenza del cluster A che è collega-to ad un’anomalia positiva di tem-peratura superficiale sul Nord-America occidentale, l’Europa e laSiberia. Inoltre si è riscontrataun’influenza di ENSO sulla strut-tura a regimi: durante gli anni diEl Niño i cluster non sono “robu-sti” da un punto di vista statistico.Perciò la forzatura espressa da ElNiño, in accordo con quanto ipo-tizzato in Molteni e Corti, 1998 e,per quanto riguarda il monsone

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 3: Centroide del cluster C (NAO negativa). Le anomalie si riferi-scono agli stessi campi di figura 1. Le linee tratteggiate denotano anoma-lie negative.

Figura 4: Anomalie standardizzate di precipitazione sul Sahel nella stagio-ne Giugno-Settembre. Media di ensemble del modello e osservazioni.

indiano, in Molteni et al., 2003, sembra indur-re una variazione sostanziale nell’organizza-zione della circolazione atmosferica su gran-de scala. L’influenza di El Niño in questo senso e unodei risultati importanti dello studio brevemen-te descritto nella sezione 2.2. I risultati di que-st’esperimento sono descritti in dettaglio inMolteni et al., 2006, nondimeno è interessan-te qui rilevare che la forzatura diabatica ano-mala dovuta ad episodi di El Niño forti (pre-senti soprattutto nella seconda metà del perio-do considerato) dà luogo a una rottura dellastruttura a regimi. Questo risultato descriveun panorama un po’ più complesso rispetto alsemplice paradigma descritto in Palmer,1999. Apparentemente eventi di El Niño fortisono in grado di alterare la forzante mediasulle onde stazionarie in maniera sostanziale,suggerendo la possibilità che questo conducail sistema a passare attraverso un punto dibiforcazione. Un altro risultato importanteriguarda la predicibilità dei regimi in funzio-ne delle variazioni nelle forzanti esterne. Lapresenza di un segnale anomalo forte comequello indotto dalle oscillazioni di ENSOinduce, almeno nella regione Pacifico-Americana, una certa predicibilità rispettoalla frequenza stagionale dei regimi e di con-seguenza rispetto al tempo ‘medio’ a loroassociato. I risultati ottenuti in questo sensosono descritti in dettaglio in Straus et al.,2007. In questo articolo, che descrive i risul-tati dello studio descritto nella sezione 2.3, simostra, attraverso un’analisi statistica origi-nale condotta in ragione del gran numero diintegrazioni di ensemble disponibili, che lavariabilità riscontrata nel periodo 1981-1999(differente da quella che si ottiene consideran-do l’intero periodo in cui sono disponibili lerianalisi 1948-2001), nel settore Pacifico-Americano non può essere considerata soloun risultato di “sampling”, ma sembra esserefunzione di variazioni nelle forzanti esterne. Il risultato più rilevante dello studio descrittonella sezione 2.4 riguarda la variabilità inter-decennale della precipitazione sul Sahel(molto ben riprodotta dal modello come si può

notare in figura 4) la quale dipende essenzial-mente dalle variazioni di temperatura superfi-ciale dell’oceano che sono l’unico parametroche può indurre una qualche predicibilità nelmodello. Questa conclusione e consistente coni risultati di Giannini et al., 2003.

4 PROSPETTIVE FUTURE

Gli studi riassunti in questo articolo rappre-sentano un passo importante verso la com-prensione del comportamento della circola-zione su grande scala in funzione di variazio-ni delle forzanti esterne. Le tecniche qui espo-ste saranno applicate alle simulazioni di sce-nario e alle simulazioni del XX secolo perverificare la capacità dei modelli di riprodur-re le caratteristiche più importanti della circo-lazione su larga scala. In seguito tali modelli(possibilmente integrazioni di ensemble)saranno utilizzati per studiare il comporta-mento di una molteplicità di stati equivalentisottoposti alla stessa forzante.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Molteni F., Kucharski F., Corti S., 2006. Onthe predictability of flow-regime proper-ties on interannual to interdecadaltimescales. In: "Predictability of Weather

Modellistica del clima

21

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

22

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Il Monsone dell’Africa Occidentale (WestAfrican Monsoon, WAM) nasce in Maggionel Golfo di Guinea, quando il contrasto ter-mico tra il mare e la terraferma orienta il flus-so negli strati bassi dell’atmosfera dall’ocea-no verso il continente, portando umidità epioggia nella fascia di latitudine compresa tra5°N e 20°N. La stagione piovosa raggiunge lamassima intensità e la massima penetrazionenel continente in agosto, per poi terminare nelmese di Ottobre. Durante l’estate boreale lefluttuazioni del WAM influenzano la circola-zione atmosferica regionale dalla costa dellaGuinea fino al Nord Africa (Tourre et al.,2006) e la circolazione sul nord Atlantico sub-tropicale (Rodwell e Hoskins, 2001).L’obiettivo di questa ricerca è analizzare l’im-patto che le fluttuazioni del WAM, attraversola circolazione meridiana di Hadley, hannosul clima del Mediterraneo, sia intensificandoe spostando verso nord l’anticiclone Libico,sia rafforzando l’anticiclone delle Azzorre,

con conseguente blocco del flusso occidenta-le (Cassou et al., 2005). In particolare, laricerca è orientata a individuare segnali remo-ti che rendano possibile diagnosticare l’occor-renza delle ondate di calore che negli ultimidecenni hanno colpito frequentemente l’areaEuro-Mediterranea (Baldi et al., 2006).

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 Dati utilizzatiLe variabili atmosferiche utilizzate sono stateestratte dalle rianalisi NCEP/DOE (Kanamitsuet al., 2002), hanno una risoluzione spaziale di2,5° e sono disponibili dal 1979. I dati di preci-pitazione provengono dal Global PrecipitationClimatology Project (GPCP, Xie et al., 2003),hanno una risoluzione spaziale di 2,5° e sonodisponibili dal 1979.

2.2 Climatologia regionale della circolazionedi Hadley e dell’ITCZLa circolazione di Hadley sulla regioneAfricana ed Europea (10°E – 40°E) è caratte-

23

Connessioni tra il clima della regione Mediterranea e l’Africa Occidentale attraverso la circolazione meridiana di Hadley

M. Gaetani1, M. Baldi

1, G. A. Dalu

1, G. Maracchi

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1Istituto di Biometeorologia, CNR, Roma, Italia2Istituto di Biometeorologia, CNR, Firenze, [email protected]

SOMMARIO: Attraverso l’analisi delle variabili atmosferiche e dei dati di precipitazione, si riscontra, duran-te la stagione estiva, una significativa correlazione positiva tra l’intensità del monsone dell’AfricaOccidentale e la temperatura dell’aria nel bacino del Mediterraneo. Un monsone intenso rafforza la circo-lazione meridiana di Hadley, con conseguente rafforzamento dell’anticiclone del nord Atlantico e bloccodel flusso occidentale verso il Mediterraneo. Una maggiore penetrazione del monsone nel continente pro-duce uno spostamento verso nord dell’anticiclone Libico che arriva a invadere il Mediterraneo occidenta-le portando subsidenza e condizioni di stabilità. Questa ricerca è orientata a individuare segnali remotiche rendano possibile diagnosticare l’occorrenza delle ondate di calore che negli ultimi decenni hanno col-pito frequentemente l’area Euro-Mediterranea.

rizzata da una ampia variabilità nell’emisferonord, con flusso di massa intenso durante iperiodi di solstizio e flusso di massa comun-que consistente durante gli equinozi.L’emisfero sud mostra un andamento più sta-bile durante l’anno. La stima delle dimensio-ni della cella di Hadley si presenta difficolto-sa a causa della presenza dei monsoni estiviche rendono più complessa la struttura dellacircolazione.Il profilo meridiano di velocità verticale(Fig. 1) ha una estensione di circa 15°, con tremassimi chiaramente separabili, che identifi-cano le regioni monsoniche.

2.3 Correlazione tra il WAM e il clima estivodel MediterraneoLa variabile scelta per rappresentare l’intensi-tà del WAM è la precipitazione nella regionedel Sudan-Sahel, cumulata tra Luglio eSettembre, il trimestre nel quale il monsone èpienamente efficiente. Le variabili scelte perrappresentare il clima estivo Mediterraneosono la temperatura a 850 hPa e il geopoten-ziale a 500 hPa, mediate nei mesi di Luglio eAgosto, i mesi nei quali si concentrano ilmaggior numero di ondate di calore (Baldi etal., 2006). Il periodo analizzato è compresotra il 1979 e il 2005.In Figura 2 è riportata la mappa di correlazio-ne tra la pioggia monsonica e il geopotenziale.Si osservano alti valori del coefficiente di cor-relazione su tutta la zona dell’anticiclone sub-

tropicale nord Atlantico, con interessamentodel Mediterraneo occidentale. Il segnale sulMediterraneo orientale può essere interpretatocome l’impronta della sorgente monsonica delsubcontinente Indiano (Raicich et al., 2003).La correlazione tra il campo di temperatura e lapioggia monsonica è elevata in corrispondenzadel bacino Mediterraneo (Fig. 3) ed all’internodelle aree ad alta significatività si osservanodue massimi. Il massimo localizzato sul bacinoorientale è generato dalla subsidenza dovuta,molto presumibilmente, all’effetto del monso-ne Asiatico. Il massimo localizzato sul bacinooccidentale è generato dalla subsidenza dovutaall’anticiclone Libico rinforzato e spostatoverso nord dall’intensificarsi della circolazionemeridiana di Hadley, diretta conseguenza del-l’azione del WAM. La correlazione tra la tem-peratura mediata sull’intero bacino delMediterraneo e la pioggia monsonica è r =0,65, valore significativo al 95%. Ripetendo lostesso calcolo, ma per la temperatura mediatasolo sul Mediterraneo occidentale, il coeffi-ciente di correlazione rimane relativamentealto (r = 0,61) e significativo.Prendendo in esame solo gli anni in cui ilmonsone Africano è stato particolarmenteintenso, ovvero, quegli anni in cui l’anomaliapositiva della pioggia cumulata ha superato ladeviazione standard, ed eseguendo la mediacomposita, si osserva, sul Mediterraneo neimesi di Luglio e Agosto, una anomalia positi-va di temperatura di circa 1°C e una vasta

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 1: Migrazione stagionale del profilo meridianodella velocità verticale a 500 hPa (Pa / s) su Africa eMediterraneo.

Figura 2: Correlazione tra la pioggia monsonica cumulatanel trimestre Luglio-Settembre e la media Luglio-Agostodel geopotenziale a 500 hPa. Sono rappresentati solo ivalori del coefficiente di correlazione significativi al 95%.

anomalia positiva di geopotenziale con unmassimo ben localizzato che indica la pene-trazione nel bacino occidentale dell’anticiclo-ne Libico.

3 RISULTATI RILEVANTI

L’analisi dell’andamento della circolazione diHadley e dell’ITCZ sull’Africa e sull’Europa,regioni dove sono presenti grandi masse con-tinentali, mostra variazioni stagionali moltomarcate. Le interazioni terra-mare, all’originedel clima monsonico, producono grandidistorsioni nella usuale configurazione a celleproprio in estate, quando l’effetto del monso-ne è più intenso.I risultati delle analisi di correlazione e dellemedie composite mostrano che l’ipotesi diuna connessione tra il WAM e il clima estivodel Mediterraneo non solo è ampiamente fon-data ma, soprattutto, mostrano che la connes-sione tra monsone intenso e anomalie positivedi temperatura sul Mediterraneo (con la possi-bilità di avere ondate di calore) è indiscussa.Il meccanismo proposto per spiegare la dina-mica di questa connessione si articola su unaregione ampia. Il fenomeno monsonico inAfrica Occidentale produce come primo effet-to il rafforzamento dell’anticiclone subtropi-cale sul nord Atlantico (Rodwell e Hoskins,2001), con la conseguente deviazione del flus-so occidentale verso le regioni del nordEuropa e la permanenza di condizioni di stabi-lità sul Mediterraneo. Un monsone forte inten-sifica la circolazione meridiana di Hadley cheha il suo ramo discendente sul Nord Africa,

ampliando l’estensione della cella convettiva.I venti orientali che incontrano l’orografia deimassicci dell’Atlante e dell’Ahaggar produco-no un dipolo alta-bassa pressione, in cui ilpolo di alta pressione è noto come anticicloneLibico. La circolazione di Hadley agiscemodulando l’intensità e la posizione dell’anti-ciclone Libico, che può arrivare a invadere ilMediterraneo occidentale, contribuendo amantenere condizioni di tempo stabile. Al raf-forzamento del polo di alta pressione corri-sponde il rafforzamento del polo di bassapressione localizzato sulla costa occidentaledell’Africa. Questa circolazione ciclonicagenera un flusso umido verso la zona monso-nica del Sudan-Sahel (Semazzi e Sun, 1997).Un feedback positivo è rappresentato dall’a-zione remota del monsone Asiatico che, attra-verso l’alta pressione sul Mediterraneo orien-tale, intensifica il flusso dei venti Etesi dalMediterraneo verso l’Africa sub-Sahariana(Raicich et al., 2003). L’incontro tra il flussooccidentale dall’oceano Atlantico e i flussiorientali provenienti dagli anticicloni presentisul Mediterraneo rafforza il fronte intertropi-cale nella regione del Sudan-Sahel, favorendole piogge monsoniche.

4 PROSPETTIVE FUTURE

Per la sua collocazione geografica, il clima delbacino del Mediterraneo è influenzato da diver-se connessioni remote. Il successivo sviluppo diquesta ricerca è orientato a isolare e identifica-re i diversi segnali climatici che arrivano sulMediterraneo determinandone il clima.Lo studio delle tendenze a medio e lungo ter-mine della circolazione meridiana di Hadley edell’ITCZ ricopre una posizione di grandeimportanza nell’ambito della comprensionedei cambiamenti climatici. In particolare, ilpossibile intensificarsi dell’attività dell’ITCZe il conseguente ampliamento della fascia tro-picale, rappresenta un problema per i paesi delbacino del Mediterraneo, dato l’impatto chene deriva in termini di siccità, desertificazionee maggiore frequenza di ondate di calore.Dal punto di vista dell’utilità operativa, l’esi-

Modellistica del clima

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Figura 3: Correlazione tra la pioggia monsonica cumulatanel trimestre Luglio-Settembre e la media Luglio-Agostodella temperatura a 850 hPa. Sono rappresentati solo ivalori del coefficiente di correlazione significativi al 95%.

stenza di una connessione tra il WAM e il climaMediterraneo rende già da subito possibile ladiagnosi delle anomalie di temperatura e digeopotenziale sul Mediterraneo, utilizzando lapioggia monsonica come indicatore. L’IBIMETha elaborato un metodo statistico per la previ-sione stagionale del WAM (pubblicato sullapagina web http://web.fi.ibimet.cnr.it/seasonal/)che permette di stimare l’intensità del monsonegià in aprile utilizzando come predittori le tem-perature di alcuni domini oceanici. L’obiettivodelle prossime ricerche è elaborare un metodoper la previsione delle anomalie sulMediterraneo in periodo estivo utilizzandocome predittori l’intensità del monsonedell’Africa occidentale, previsto in aprile, e/o lestesse temperature oceaniche utilizzate nellaprevisione del WAM.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Baldi M., Dalu G., Maracchi G., Pasqui M.,Cesarone F., 2006. Heat waves in theMediterranean: a local feature or a larger scaleeffect? Int. J. Climatol., 26(11): 1477–1487.DOI: 10.1002/joc.1389.

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Kanamitsu M. et al., 2002. NCEP-DOEAMIP-II reanalysis. Bull. Am. Met. Soc.,83: 1631-1643.

Raicich F., Pinardi N., Navarra A., 2001.Teleconnections between Indian Monsoonand Sahel rainfall and the Mediterranean.Acho Oceanogr. Limnol., 22: 9-14.

Rodwell M.J., Hoskins B.J., 2001. Subtropicalanticyclones and summer monsoons.J. Climate, 14: 3192-3211.

Semazzi F.H.M., Sun L., 1997. The role oforography in determining the Sahelian cli-mate. Int. J. Climatol., 17: 581-596.

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Xie P. et al., 2003. GPCP pentad precipitationanalysis: an experimental dataset based ongauge observations and satellite estimates.J. Climate, 16: 2197-2214.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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1. IL PROBLEMA SCIENTIFICO

La presenza in atmosfera di sostanze immes-se a causa dell'attività umana si sovrappone aquanto immesso da processi naturali, dandoluogo a un sistema di interazioni complesso edai molteplici effetti. Per esemplificare, èqualitativamente nota l'interazione di gas eparticelle con la trasmissione della radiazionenell'atmosfera e con le caratteristiche delleprecipitazioni, tuttavia la quantificazione ditali interazioni richiede ulteriori ricerche.Ancora, è evidente ma di complessa valuta-zione l'influenza di molte sostanze, viste sin-golarmente e anche come insieme interagente,sulla salute umana.Nella problematica dei cambiamenti globali,la quantificazione delle interazioni tra i com-ponenti dell'atmosfera ed il clima costituisceun aspetto essenziale per il miglioramentodella comprensione dei fenomeni, della loroprevisione e della stima degli impatti. Lasimulazione numerica della composizionedell'atmosfera riveste dunque un ruolo chiavenello studio delle interazioni tra qualità dell'a-

ria e clima. Tradizionalmente la ricerca inqueste due aree è stata svolta separatamente, amotivo dei tempi di vita e scale spaziali diver-se associate agli inquinanti principali in ogniarea (per esempio SO2, NOx e aerosol per laqualità dell’aria e i gas sera per i cambiamen-ti climatici). Ovviamente l'atmosfera è unasola e quindi è opportuno affrontare i proble-mi in modo unitario, tenendo presenti le rela-zioni reciproche. Il raggiungimento di un taleobbiettivo è lo scopo di numerose attività diricerca a livello internazionale, finanziate adesempio attraverso i Programmi Quadro dellaUnione Europea.In particolare il progetto BOLCHEM ha porta-to alla realizzazione di un modello accoppiatodi simulazione della meteorologia e della com-posizione dell'atmosfera sulla scala delMediterraneo o dell'Europa, e si propone di svi-lupparlo ulteriormente, affrontando alcuniaspetti critici della problematica. L'ottica com-plessiva è quella di mettere a punto uno stru-mento numerico per la simulazione della com-posizione dell'atmosfera, dei feedback climati-ci, e degli impatti sulla qualità dell'aria.

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BOLCHEM: uno strumento numerico per lasimulazione della composizione dell'atmosfera

A. Maurizi, M. D'Isidoro, M. Mircea, F. TampieriIstituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima, CNR, Bologna, [email protected]

SOMMARIO: Viene presentato BOLCHEM, uno strumento numerico per descrivere l'evoluzionedell'atmosfera mediante la simulazione accoppiata della dinamica e della composizione chimi-ca a scala regionale. Il motore meteorologico è costituito dal modello idrostatico ad area limi-tata BOLAM; il processore chimico implementa gli schemi CB-IV e SAPRC90. L'integrazionecontemporanea delle equazioni della dinamica e della chimica pemette in modo naturale ladescrizione dei feedback e quindi delle interazioni tra qualità dell'aria e clima. Sono stati effet-tuati esperimenti numerici su numerosi casi di studio (trasporto di polveri, onda di calore del2003, ecc.) per valutare l'attendibilità della risposta, gli aspetti da migliorare ed i punti critici.Il modello soddisfa gli standard US EPA e si qualifica quindi come strumento per studi di qua-lità dell'aria.

2. ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1. Descrizione generale del modello.BOLCHEM (D'Isidoro et al., 2005a; Mirceaet al., 2006b) è costituito da:- un “motore” meteorologico, che simula l'e-

voluzione dinamica dell'atmosfera. Nellaconfigurazione attuale viene utilizzato ilmodello idrostatico BOLAM (BolognaLimited Area Model, Buzzi et al., 2003),basato sulle equazioni primitive con tempe-ratura potenziale, componenti orizzontali delvento, umidità specifica e pressione superfi-ciale come variabili dipendenti. La discretiz-zazione orizzontale è basata su una grigliaruotata del tipo “C” di Arakawa; in verticaleviene utilizzata una coordinata sigma-ibrida,terrain-following negli strati atmosfericiinferiori, con le variabili distribuite secondola discretizzazione di Lorenz. Il modello puòoperare fino ad una risoluzione orizzontaledi circa 7 km, un limite che emerge dall'ap-prossimazione idrostatica;

- uno schema di avvezione e di mescolamen-to di scalari, che simula il trasporto e ladispersione dei componenti (gas e particel-le) di origine naturale ed antropica. Loschema avvettivo e di mescolamento turbo-lento sono gli stessi presenti in BOLAM:l'avvezione è basata su uno schema di tipoWeighted Average Flux (WAF; Hubbard eNikiforakis, 2003) che conserva la massa,mentre la diffusione verticale utilizza unachiusura di tipo E-l dove i coefficienti didiffusione verticale sono calcolati in baseall'energia cinetica turbolenta e alla lun-ghezza di rimescolamento;

- un processore di chimica della troposfera,che rappresenta le reazioni chimiche tra icomponenti. Attualmente esistono dueopzioni: CB-IV e SAPRC90, che corrispon-dono a due diverse scelte dell'insieme deicomponenti gassosi utilizzati per rappresen-tare la composizione dell'atmosfera: il CB-IV raggruppa i gas organici a seconda deltipo di legame chimico che c'è tra gli atomidi carbonio che li compongono (carbonbond lumping mechanism); il SAPRC90

invece raggruppa le specie organiche aseconda del tipo di molecole (lumped-struc-ture condensed mechanism);

- un modello per le emissioni, basato suEMEP, che permette di ottenere le emissio-ni orarie a partire dai quantitativi totaliannuali;

- uno schema per la rimozione secca e umidadei gas.

BOLCHEM integra le equazioni (della dina-mica, del trasporto e della chimica) contem-poraneamente. Questo significa che le varia-bili dinamiche vengono usate direttamente neltrasporto e nella chimica, mantenendo unacompleta coerenza interna che permette ditrattare naturalmente i meccanismi di retroa-zione.

2.2. Alcuni problemi specifici apertiNell'ambito dello sviluppo del modello, sisono affrontati alcuni problemi specifici. L'assimilazione dei dati di composizionecostituisce un punto delicato per la variabilitàdei campi degli scalari, per la disuniformitàdella distribuzione dei dati e per la complessi-tà del sistema di equazioni che ne governanol'evoluzione. Attualmente lo schema di assimi-lazione è in grado di trattare dati di concentra-zione alla superficie e profili verticali deicostituenti atmosferici (in particolare O3 eNOx); l'algoritmo è basato su una OptimalInterpolation, con una descrizione semplifica-ta della matrice di correlazione degli errori delbackground, ottenuta mediante funzioni ditipo gaussiano; sono in corso studi specifici

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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per ottimizzare il sistema attuale sulla base deidati disponibili di routine, nell'ambito dell'IPGEMS. Oltre ad una migliore messa a puntodell'attuale algoritmo, lo sviluppo futuro saràorientato verso l'implementazione di uno sche-ma assimilativo basato su tecniche più evolu-te, tipo Ensemble Kalman Filter (EKF).Il trattamento delle sorgenti localizzate e dellesorgenti distribuite ma caratterizzate da eleva-te disuniformità costituisce un problema spe-cifico per modelli a griglia, la cui risoluzioneè comunque bassa rispetto alle dimensionicaratteristiche delle sorgenti. Lo studio attua-le si rivolge da un lato ad indagare le proble-matiche relative agli schemi numerici(D'Isidoro et al, 2005b) anche nella direzionedi utilizzare modelli stocastici Well Mixed perla fase iniziale del trasporto, e dall'altro adindagare le caratteristiche di dispersione dellatroposfera in generale (Tiesi et al, 2006).Altri due argomenti di sviluppo riguardano l'u-tilizzo di un modello dinamico non idrostatico(MOLOCH: Buzzi et al., 2004) e l'implemen-tazione del modello di aerosol M7 (Vignati etal., 2004). Lo sviluppo di questi due aspettideve condurre ad una accurata simulazionedella attività convettiva profonda, con unaparametrizzazione più accurata di quelle attua-li degli effetti degli aerosol sulle nubi.Nell'ambito della accuratezza del modello glieffetti diretti degli aerosol sulla radiazione equelli indiretti legati alle precipitazioni potran-no dunque essere meglio quantificati.

3. ALCUNI RISULTATI

BOLCHEM è stato sottoposto a test di valuta-zione delle performance nella predizione del-l’ozono sull' Italia. Il confronto tra le concen-trazioni calcolate e quelle misurate nei puntidi osservazione, per vari periodi durante l’an-no 1999, ha mostrato che il modello è in gradodi predire la variazione giornaliera dell’ozo-no, in particolare durante l’estate quando glieffetti fotochimici sono intensi (Mircea et al.,submitted). Il confronto dell’evoluzione tem-porale simulata e osservata dell’ozono invarie stazioni con caratteristiche di fondo (in

particolare Ispra, Montelibretti e MottaVisconti) per i periodi: 1-3 giugno, 1-4 luglio,5-7 agosto e 20-24 gennaio 1999 mostra chel’accordo tra modello e misure è buono siad’estate che d’inverno durante il giorno.Durante la notte, il modello non riesce a pre-dire le concentrazioni basse di ozono osserva-te a causa della titolazione insufficiente del-l'ossido di azoto (NO). Le cause sono molte-plici (ad es. una errata stima delle emissioninotturne, una parametrizzazione non abba-stanza accurata dei processi di deposizioneche si verificano nello strato limite) e sarannooggetto dei studi futuri.Comunque l'analisi complessiva dei risultatimostra che il modello soddisfa i cosiddettiUS-EPA’s criteria e può quindi essere utilizza-to negli studi di qualità dell’aria. Uno studio sull’impatto della riduzione deiVOC e NOx sulla formazione dell’ozonosull’Italia (Mircea et al., 2006b) per i periodi5-8 Agosto 1999 e 9-12 Agosto 2003 mostrache la distribuzione dei regimi chimici domi-nati da NOx e VOC è essenzialmente determi-nata dalle condizioni meteorologiche. Inoltresi e' mostrato che l'Italia è dominata da mec-canismi chimici sensibili a NOx con impor-tanti aree dominate da VOC attorno alle mag-giori città e porti commerciali.Un secondo aspetto trattato riguarda la climato-logia del trasporto di particelle da sorgenti remo-te, così come è determinata dal regime meteoro-logico (e quindi influenzata da variazioni dellecircolazioni dovute a modifiche del clima).Il dust model implementato in BOLCHEM èstato sviluppato da Tegen et al., 2002. La simulazione del caso di trasporto del13 luglio 2003 (Mircea et al., 2006a), confron-tata con con le immagini di AQUA/MODIS,mostra che il modello è in grado di simularecorrettamente tempi ed estensione dell'eventodi trasporto (notare che dal Mediterraneo lanuvola raggiunge direttamente il centro-norddell'Italia, evitando la Sicilia).Questi risultati confermano in particolare l'at-tendibilità della rappresentazione del suoloutilizzata.

Modellistica del clima

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4. PROSPETTIVE FUTURE

La disponibilità di un codice per le simulazio-ni della qualità dell'aria costituisce uno stru-mento chiave per le stime delle interazioni tral'uomo e l'ambiente. Ciò che si delinea è lapossibilità di un community model per analisidi scenario, per lo studio di casi specifici, perla verifica e l'implementazione di schemi e diparametrizzazioni innovative utilizzabili perlo studio dei cambiamenti globali. Il progettosi avvale della collaborazione con gruppi diricerca coinvolti nello studio sperimentaledelle caratteristiche della composizione del-l'atmosfera a fini climatici, per orientare lescelte relative a nuove parametrizzazioni.In una visione unitaria del comportamentodell'atmosfera, che implica l'interazione trameccanismi operanti su un intervallo di moltiordini di grandezza in termini di scale spazia-li e temporali, lo sviluppo scientifico del pro-getto implica la possibilità di rappresentare,esplicitamente o attraverso opportune para-metrizzazioni, questa molteplicità di scale inmaniera aggiornata all'avanzamento dellaconoscenza.

5. RINGRAZIAMENTI

Il lavoro è stato finanziato attraverso IPGEMS, NoE ACCENT, entrambi della UE, edal Programma di cooperazione Italia-USA suScienza e Tecnologia per i CambiamentiClimatici.

6. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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D'Isidoro M., Fuzzi S., Maurizi A., MonfortiF., Mircea M., Tampieri F., Zanini G.,

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Mihaela M., D'Isidoro M., Maurizi A., VillaniM.G., Buzzi A., Fuzzi S., Tampieri F.,Zanini G., Monforti F., Vitale L., 2006b.Ozone modeling over Italy: a sensitivityanalysis to precursors using BOLCHEMair quality model. GLOREAM/ACCENTWorkshop, 11-13 October 2006.

Mircea M., D'Isidoro M, Villani M.G.,Maurizi A., Tampieri F., Facchini M.C.,Decesari S., Emblico L., Fuzzi S., Buzzi A.,2006a. Spotlight on the development of theregional air quality model BOLCHEM:adding aerosol model M7. 2nd ConvegnoNazionale sul Particolato Atmosferico,Florence, 10-13 September 2006.

Tegen I., Harrison S.P., Kohfeld K., Prentice I.C.,Coe M., Heimann M., 2002. Impact ofvegetation and preferential source areas onglobal dust aerosol: Results from a modelstudy. J. Geophys. Res., 107(D21): 4576,doi:10.1029/2001JD000963.

Tiesi A., Villani M.G., D'Isidoro M., Prata A.J.,Maurizi A., Tampieri F., 2006. Estimationof dispersion coefficient in the tropospherefrom satellite images of volcanic plumes.Atmospheric Environment, 40: 628-638(doi:10.1016/j.atmosenv.2005.09.079).

Vignati E., Wilson J., Stier P., 2004. M7: a sizeresolved aerosol mixture module for the usein global aerosol models. J. Geophys. Res.,109(D22) 202, doi:10.1029/2003JD004 485.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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1 PROBLEMA SCIENTIFICO

1.1 La stratosfera e l’interazioni con la tropo-sferaLa calotta stratosferica è normalmente sede diun vortice polare sia nell’emisfero nord che inquello sud. Nella stagione invernale è abba-stanza comune registrare improvvisi riscalda-menti che possono determinare innalzamentidella temperatura anche di 50 gradi in una set-timana. Questo fenomeno, noto come strat-warming, è associato a una importante varia-zione di circolazione che può portare anche auna inversione totale della circolazione conformazione di una zona anticiclonica in luogodel vortice polare. Il vortice polare, a suavolta, si può spaccare in varie cellule e sposta-re decisamente più a sud. Esistono varie ter-minologie in grado di descrivere l’entità e latipologia della deformazione a carico del vor-tice polare. Vari studi hanno mostrato comegli eventi di stratwarming siano associati adimportanti cambiamenti di circolazione anchein troposfera che seguono quanto avvenuto in

stratosfera con un ritardo variabile da pochis-simi fino a 10-15 giorni. La cosa più rilevan-te è però che le anomalie stratosferiche posso-no guidare il tempo in troposfera per i succes-sivi 10-60 giorni ed aiutarci a stabilire se que-sto periodo sarà caratterizzato da temperaturee piogge sopra o sotto la media. In particolaregli eventi di stratwarming sono in genereassociate a una meridianizzazione del flussocon importanti discese di aria fredda anche alatitudini più meridionali. Occorre a questopunto segnalare che parimenti importante alriscaldamento stratosferico è il fenomenoopposto (raffreddamento stratosferico) che èassociato a un anomalo rafforzamento delvortice polare. Questa anomalia è seguita daun rafforzamento del vortice polare anche introposfera (NAO positivo), temperature miti epiogge più abbondanti alle latitudini più set-tentrionali e anomalia negativa di pioggia inItalia. Vari autori hanno individuato indici esoglie che possono essere molto utili per sta-bilire l’entità dell’anomalia stratosferica inmodo da stabilire anche gli effetti in troposfe-

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Il vortice stratosferico: indice di teleconnessioneper previsioni a lungo periodo

G. Messeri1,2

, D. Grifoni1,2

, B. Gozzini1,2

, G. Maracchi1,2

, C. Tei1,2

, F. Piani1,2,3

1Istituto di Biometeorologia, CNR, Firenze, Italia

2LaMMA (Laboratorio per la Meteorologia e Modellistica Ambientale), Firenze, Italia

3Servizio Idrologico Regionale – Centro Funzionale Regione [email protected]

SOMMARIO: Esiste una vasta letteratura che mette in risalto la stretta correlazione tra la circolazione stra-tosferica e quella troposferica, rimandiamo ad essa per le spiegazioni dei meccanismi che giustificano que-sta interazione. Studi recenti hanno mostrato come, specialmente per la stagione invernale, le grosse ano-malie della circolazione stratosferica guidino il tempo in troposfera per i successivi 10-60 giorni. Abbiamoapplicato le attuali conoscenze in materia presenti in letteratura per verificare la bontà di questa correla-zione sull’Italia per poter prevedere anomalie termo-pluviometriche nei 10-60 giorni successivi. Il lavoro,ancora in una fase embrionale, oltre alla verifica dell’interazione stratosfera troposfera in autunno-inver-no, prevede l’ottimizzazione di questa interazione sulla nostra penisola. Successivamente si intende veri-ficare se i mutamenti del clima autunnale ed invernale in Italia sono stati accompagnati da evidenti muta-menti della circolazione stratosferica.

rica. A questo proposito citiamo il lavoro diBaldwin (Baldwin M.P. e Dunkerton T.J.,2001) che individua due soglie del NAM(North Annular Mode) alla 10 hPa. PerNAM <= 1,5 Baldwin mostra come i succes-sivi 60 giorni in troposfera siano caratterizza-ti da temperature miti e da storm track intornoal 60 parallelo (siccità in Italia). Mentre perNAM <= 3,0 sono altamente probabili irru-zioni di aria fredda a latitudini meridionalicon anomalie negative di temperatura nei 60giorni successivi anche in paesi come l’Italia.Nel nostro studio rivolto all’ottimizzazionedella teleconnessione tra anomalie stratosferi-che e troposfera intorno all’Italia abbiamomonitorato la bassa stratosfera polare(10 hPa – 70 hPa) sia in termini di geopoten-ziale che di temperatura che di circolazione.Inoltre sono stati resi operativi algoritmi per ilcalcolo dei flussi di calore e di momento(Eddy Heat Flux e E-P flux) entranti dalla tro-posfera nella stratosfera, tali flussi descrivonol’interazione tra le due fasce atmosfericheattraverso le onde planetarie.Capitolo a parte merita la Quasi BiennialOscillation (QBO) che rappresenta una oscil-

lazione quasi periodica tra il flusso di ventiorientale e quello occidentale nella stratosferatropicale. Il periodo è di circa 28 mesi.L’alternanza del regime dei venti inizia al topdella bassa stratosfera (10 hPa) per poi propa-garsi verso il basso alla velocità di circa 1 Kmal mese. L’importanza della QBO come teleconnessio-ne del tempo in troposfera è nota già da tempoe numerosi sono i lavori presenti in letteratu-ra. In particolare ricordo l’impatto sulle piog-ge monsoniche e l’influenza sulla circolazio-ne stratosferica.Più in dettaglio la fase orientale della QBOfocalizza l’azione delle Onde di Rossby sulvortice polare favorendo episodi di riscalda-mento stratosferico improvviso.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 Materiali e MetodiLa base di partenza è rappresentata dallesoglie di NAM presentate da Baldwin. Sullabase di queste soglie siamo andati a verificarequanto accaduto sulla stazione delloXimeniano a Firenze nel periodo successivo a

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Figura 1: Temperatura e anomalia di temperatura nell’evento di Stratwarming di fine Dicembre 1984.

un evento di vortice polare stratosferico forteo debole. In questa fase ci siamo focalizzati inparticolare sull’aspetto termico e abbiamoverificato sia le medie ai 60 giorni successiviall’anomali stratosferica sia la presenza nei 60giorni successivi di periodi con significativeanomalie termiche sulla stazione di riferimen-to. I risultati ottenuti sono in accordo conquanto riportato in letteratura e mostrano unamaggiore tendenza a irruzioni di ariafredda/calda in presenza di vortice polare stra-tosferico debole/forte (Fig. 1). Successivamente è stata monitorata l’interastagione invernale 2006-2007 al fine di verifi-care la risposta troposferica (stazione delloXimeniano a Firenze) in relazione ad anoma-lie termiche e di circolazione anche minoririspetto a quelle prese in considerazione daBaldwin e da altri autori. In questa campagnasi volevano anche individuare elementi ingrado di migliorare la teleconnessione tra cir-colazione troposferica e stratosferica.I dati utilizzati per il monitoraggio della strato-sfera sono quelli del GFS (Global ForecastingSystem) su una griglia di 0.5 gradi di risolu-zione sia in latitudine che in longitudine.Quotidianamente sono stati creati grafici rela-tivi a temperatura, geopotenziale e vento suvari livelli di pressione (10-30-50-70 hPa) conopportune differenze di temperatura su scalasettimanale in modo da riconoscere vari tipi dianomalia stratosferica (Fig. 2).

Inoltre, per meglio riconoscere eventi dimajor warming, sono state realizzate mappedi sezione latitudinale di temperatura.Un altro indicatore utilizzato per valutare lapresenza di riscaldamento in stratosfera è latemperatura al polo nord ad un’altezza baricapari a 10 hPa. Per avere un quadro più com-pleto e immediato per le valutazioni, si è rite-nuto opportuno riportare su un grafico l’anda-mento da ottobre alla fine di aprile di tale tem-peratura per quanto riguarda la situazioneattuale, confrontata con la media climatologi-ca (ricavata dai dati delle rianalisi NCEP-NCAR) e con la situazione di un anno partico-larmente interessante per il fenomeno di strat-warming come il 1984-1985, in cui si ricordaun inverno particolarmente rigido. Un ulteriore ingrediente utilizzato per moni-torare le anomalie stratosferiche è il NAM checostituisce un pattern di variabilità climatica ascala emisferica, che spiega circa il 30% dellavarianza totale nei campi di geopotenziale evento delle latitudini extra-tropicali. In parti-colare, il NAM descrive la variabilità nelleanomalie di flusso atmosferico, cioè quellenon associate con il ciclo stagionale. Il NAMviene calcolato come profilo verticale a diver-

Modellistica del clima

33

Figura 2: Alcune delle variabili monitorate in stratosferanell’inverno 2006-2007.

Figura 3: Alcune delle variabili monitorate in stratosferanell’inverno 2006-2007.

se quote bariche; alla quota barica di 1000 hPacoincide con l’AO (Artic Oscillation) la cuiinfluenza sulla frequenza di perturbazioni (equindi in ultima analisi su temperatura e piog-gia) nella zona americana e eurasiatica è stataoggetto di diversi lavori ed è ormai universal-mente riconosciuta. Infine tra gli indicatoripresi in considerazione per il monitoraggiodella Stratosfera abbiamo preso in considera-zione la QBO che rappresenta un’oscillazione(da esterlies a westerlies e viceversa) quasiperiodica (con periodo medio di 28-29 mesi)del vento stratosferico nella regione tropicale.L’ampiezza della fase esterlies è circa duevolte più forte di quella westerlies e il motoverso il basso è più irregolare.Verso la fine di questa campagna di monito-raggio sono stati introdotti i flussi di calore edi momento (Eddy Heat Flux e E-P flux) i cuirisultati devono ancora essere analizzati.Questa campagna di monitoraggio della stra-tosfera si inquadra in un discorso più ampiovolto a verificare se i cambiamenti climaticiavvenuti negli ultimi anni in troposfera sonocoincisi con cambiamenti di circolazioneanche nella stratosfera in modo da avere utiliindicazioni sui meccanismi con cui avvengo-no tali cambiamenti.

3 RISULTATI

3.1 Analisi dell’inverno 2006-2007Nell’inverno 2006-2007 abbiamo registratouna sola anomalia principale di NAM secon-do la classificazione di Baldwin (NAM > 1,5alla 10 hPa sul finire del mese di Novembre2006). In accordo con quanto troviamo in let-teratura i 60 giorni successivi sono stati carat-terizzati anche in Italia e anche sulla stazionedi Firenze-Ximeniano da temperature estre-mamente miti e da una siccità molto marcata,che in molte stazioni italiane ha rappresentatoil valore record della serie storica (Fig. 3).Per quanto riguarda invece le situazioni divortice stratosferico debole non fu registratanessuna anomalia principale (NAM <= 3,0)ma solo anomalie secondari conseguenti adattenuazione o deformazione del vortice pola-

re. Tuttavia anche dalle anomalie secondarie(Fig. 3) abbiamo ricavato interessanti infor-mazioni che saranno approfondite in successi-vi studi. Le deformazioni o attenuazioni delvortice polare stratosferico riconosciute nellastagione invernale 2006-2007 sono state 5 dicui 4 sono state seguite a distanza variabile ditempo (in media 7-10 giorni) da brevi irruzio-ni di aria fredda anche sulla nostra penisola, laquinta anomalia non è stata seguita da nessu-na rilevante irruzione di aria fredda addirittu-ra in Europa. L’aspetto rilevante osservato,degno per noi di approfondimento, è che,soprattutto per le deformazioni minori delvortice stratosferico, per stabile la direzionedell’afflusso di aria fredda è molto importan-te la direzione principale del vortice polaredeformato. Tenendo in considerazione questoparticolare era evidente che l’aria fredda e laconseguente anomalia stratosferica dei primidi febbraio avrebbe interessato solo gli Statiuniti d’America e, in seconda battuta l’Asia.

4 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Charlton A.J., O’Neill A., 2003. Stratosphericmemory and extended-range weather fore-casts. Science, 301: 636–640.

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Thompson D.W.J., Wallace J.M., 2001.Regional climate impacts of the NorthernHemisphere annular mode. Science, 293:85-89.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

34

1 INTRODUZIONE

Il vapor d’acqua rappresenta senza dubbio lavariabile atmosferica più importante per ladefinizione di clima di una determinata regio-ne. Dalla sua distribuzione e variabilità spa-zio-temporale dipendono nubi e precipitazio-ni cosi come il bilancio radiativo atmosfericoe superficiale. L’articolo descrive l’insieme diattività in corso presso l’ISAC-CNR, in colla-borazione con LMD-CNRS (Francia), volteallo sviluppo di strumenti per lo studio dellecaratteristiche di variabilità spazio-temporaledel vapor d’acqua sul Mediterraneo.L’interesse per l’area Mediterranea, e l’usoconseguente di un modello di clima regiona-lizzato, deriva dall’alta sensibilità, in terminisocio economici, di tale area a cambiamentianche modesti di variabili climatiche. Infatti ilMediterraneo è collocato tra le zone aridesubtropicali e le medie latitudini, presenta una

morfologia complessa (orografia rilevante,abbondanza di penisole, isole e di coste ingenerale, batimetria fortemente variabile) chesembra siano all’origine di caratteristichepeculiari rispetto sia ad aree oceaniche e con-tinentali alla stessa latitudine. Le caratteristi-che osservate sono dedotte dall’analisi di datiprovenienti da differenti sorgenti in funzionedel tipo di variabilità che si vuole descrivere.Attualmente si è in fase di catalogazione dellepossibili sorgenti di dati, delle loro caratteri-stiche in termini di disponibilità, di contenutod’informazione e di accuratezza. Lo studiodella variabilità caratteristiche investigatemirano a rispondere ad alcuni interrogativiimportanti per una corretta simulazionenumerica del vapor d’acqua sia riguardo alladistribuzione alla risoluzione orizzontale delmodello sia alle ipotesi sulla distribuzioneall’interno dei volumi minimi considerati dalmodello (sub-grid variability).

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Caratterizzazione della variabilità spazio-temporaledel vapor d’acqua come diagnostico per un modello di clima

G.L. Liberti1, F. Congeduti

1, D. Dionisi

1, C. Transerici

1, L. Velea

1, F. Cheruy

2

1Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Roma, Italia

2Istituto di Scienze Ambientali LMD-IPSL, CNRS/UPMC, Parigi Cedex 05, [email protected]

SOMMARIO: Sono descritte un insieme di attività in corso all’ISAC-CNR, in collaborazione con LMD-CNRS (Francia), per caratterizzare, tramite osservazioni, la distribuzione spazio-temporale del vapor d’ac-qua in Area Mediterranea al fine valutare la capacità di riprodurle di un modello di clima. I test sviluppa-ti riguardano principalmente l’analisi della specificità del Mediterraneo sia in confronto ad oceani cheterra, il ciclo diurno, la correlazione verticale, la subgrid variability. Le osservazioni utilizzate provengo-no da differenti sorgenti in funzione della caratteristica di variabilità che si vuole descrivere.Principalmente sono utilizzati radiosondaggi per quanto riguarda la caratterizzazione della distribuzioneverticale mentre per la caratterizzazione spaziale sono stati considerati prodotti derivati da osservazionitelerilevate da satellite. Risultati preliminari del confronto tra caratteristiche osservate e simulate sonomostrati utilizzando i campi di vapor d’acqua simulati dal modello LMDZOR, regionalizzato e forzato,per l’anno 2000 ogni 30’ ed alla risoluzione spaziale di circa 50 km.

2 IL MODELLO DI CLIMA LMDZ4-OR

Il modello di clima LMDZOR segue l'approc-cio zooming per quanto riguarda la regionaliz-zazione (ovvero risoluzione orizzontale varia-bile e ottimizzata nell'area di interesse). Nellesimulazioni utilizzate nei confronti prelimina-ri (anno 2000 ogni 30’ ed alla risoluzione spa-ziale di circa 50 km) il modello atmosferico èaccoppiato a un modello di superficie e divegetazione. Una descrizione dettagliata delmodello e dell’approccio del forzaggio è con-tenuta in Hourdin et. al., 2006 e Condreau etal., 2007. Per quanto riguarda il vapor d’ac-qua un aspetto importante, all’interno di unmodello numerico di clima, oltre alla suavariabilità al livello di maglia e quello dellavariabilità all’interno della maglia. Infatti, l’e-quazioni diagnostiche del modello permetto-no di calcolare il contenuto di vapor d’acquaall’interno di ogni singolo volume atmosferi-co che costituisce la griglia del modello.Tuttavia, alcuni processi come la formazionedelle nubi, sono regolati da scale spaziali infe-riori a quelle esplicitamente considerate dalmodello. Si introduce il concetto di distribu-zione (PDF probability distribution function)per tener conto della probabile variabilità delcontenuto di vapor d’acqua, in termini di umi-dità specifica, all’interno di ogni volume con-siderato. Per esempio, per le nubi non convet-tive, la PDF adottata nel modello LMDZORper l’umidità totale qt (vapore+condensata) èun funzione log-normale generalizzata(Hosking and Wallis, 1994) che una volta fis-sato il valore 0 come valore minimo possibi-le, dipende unicamente da 2 parametri il valormedio qt e la varianza σ. La varianza è espres-sa come funzione del valor medio, ovvero:

σ =r(p)·qt

Dove il coefficiente r, determinato empirica-mente, varia linearmente col la pressione tra ilvalore alla superficie (0,05) e quello a300 hPa (0,33). Diverso è l’approccio per laPDF dell’umidità nel caso di nubi convettive(Bony e Emanuel ,2001). Poiché da tale distri-

buzione dipende la quantità di acqua conden-sata all’interno del volume, risulta evidentel’importanza di cercare di caratterizzare, tra-mite osservazioni, la distribuzione spazialefine del vapor d’acqua.

3 OSSERVAZIONI

Le osservazioni analizzate per descrivere lecaratteristiche del vapor d’acqua provengonoda diverse sorgenti. Un primo lavoro, tuttorain corso, consiste nel recensire tali possibilisorgenti e documentarle in termini di: accura-tezza, contenuto d’informazione, coperturaspaziale e temporale, risoluzione spaziale,frequenza di campionamento, accessibilità aidati ed ad eventuali programmi d’elaborazio-ne. È evidente un determinato tipo d’osserva-zione può essere più o meno utile a secondadel tipo di variabilità che si vuole descrivere.Nel seguito riportiamo informazioni sui prin-cipali dataset attualmente in esame. Tuttaviaaltre sorgenti d’informazioni accessibili sonotuttora in fase di analisi. Tali fonti includonostime basate sull’occultazione del segnale GPS(da satellite tacc.cwb.gov.tw/en/index.htm o dastazioni al suolo www.epncb.oma.be) o sullafotometria nel visibile (aeronet.gsfc.nasa.gov).

Radiosondaggi: il radiosondaggio nonostantela scarsa copertura spaziale, soprattutto inmare aperto, e la frequenza temporale, rimaneuna misura fondamentale per la descrizionedella struttura verticale dell’atmosfera.Esistono varie banche dati contenenti radio-sondaggi dagli anni ’50 ad oggi. Da un con-fronto sulla qualità e completezza tra 3 archi-vi (raob.fsl.noaa.gov, weather.uwyo.eduwww.ncdc.noaa.gov/oa/climate/igra) facil-mente accessibili ed ampiamente usati dallacomunità scientifica, sebbene sostanzialmentederivati dalla stessa sorgente d'informazioniprimarie (le osservazioni TEMP inviate suGTS) è risultato interessante l'archivio IGRA(Durre et al., 2006). In Figura 1 sono riporta-te le posizioni delle stazioni presenti in talearchivio indipendentemente dalla durata dellaserie temporale di osservazioni effettivamente

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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disponibili. Risulta evidente che, nonostantevi sia un numero relativamente alto di stazio-ni costiere, qualora si voglia investigare lareale struttura verticale, in particolare nellostrato limite, dell’atmosfera sul MareMediterraneo, è necessario includere misureeffettuate in mare aperto ovvero, sondaggieffettuati da VOS (Voluntary ObservingShips) nell’ambito del programma WMO:ASAP (Automated Shipboard AerologicalProgramme) o effettuati da R/V durante cam-pagne di misura. La Figura 1 riporta la posi-zione dei sondaggi ASAP dal 1980 al 2006(~1000) nell’area d’interesse.Il limite maggiore delle misure da radiosonde èla copertura spaziale. Con le osservazionidisponibili (Fig. 1) è per esempio impossibileuna corretta caratterizzazione delle scale divariabilità spaziale. Stime del vapor d’acqua dasatellite principalmente basati su radiometriapassiva nelle microonde (vedi ad es. vari pro-dotti su www.ssmi.com) possono essere utiliz-zati per tale tipo di analisi. I campi di vapord’acqua prodotti e distribuiti nell’ambito delprogetto NVAP (eosweb.larc.nasa.gov/PRO-DOCS/nvap/table_nvap.html) oltre ad integra-re informazioni provenienti dai suddetti radio-metri, forniscono anche una stima della distri-buzione verticale del vapor d'acqua. In partico-lare gli ultimi 2 anni dell’archivio (2000-2001)denominati NG (New Generation) differisconodai precedenti anni sia per risoluzione spaziale(50 km), per numero di livelli atmosferici, perfrequenza temporale (12 ore) e per strumentiutilizzati per ottenere il vapor d'acqua.Infine come sorgente di dati ad alta risoluzio-

ne verticale e temporale si è identificato illidar Raman dell’ISAC-CNR di Tor Vergata(Congeduti et al., 1999). Tale tipo di misura èindispensabile per caratterizzare scale divariabilità temporale e verticale altrimentinon risolvibili ne tramite sondaggi tradiziona-li ne da satellite.

4 ESEMPI DI RISULTATI

In questa sezione sono descritti alcuni esempidelle analisi attualmente in corso.

Auto correlazione verticale. La figura 2mostra per l’intervallo di pressioni corrispon-dente 10 livelli di coordinata verticale σ(Hourdin et al., 2006) più bassi del modello diclima il profilo di coefficiente di correlazionecalcolato tra la serie temporale di valori dirapporto di mescolamento al livello di riferi-mento e quella agli altri livelli. Ogni panellosi riferisce ad un livello σ e riporta 5 curve. Lecurve rosse sono ottenute dall’analisi deiradiosondaggi di 2 stazioni nel Mediterraneo(WMO # 16429 e 16460). La curva nera èinvece ottenuta dall’analisi dei campi simula-ti dal modello LMDZOR nella maglia corri-

Modellistica del clima

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Figura 1: Posizione delle stazioni di radiosondaggio con-tenute nel database IGRA (∆), dei radiosondaggi ASAP(+) e del Lidar Raman CNR-Tor Vergata ( ).

Figura 2: Coefficiente di correlazione tra mixing ratio adun dato σ level e mixing ratio agli altri sigma levels peri 10 più bassi σ levels calcolato per 4 stazioni di sondag-gi ed una maglia del modello.

spondente alla stazione 16429. Per confrontosono riportate le curve equivalenti calcolateper dei siti costieri in zone climatiche diffe-renti ovvero nel Nord Atlantico (Valentia,Irlanda 51.93°N 10.20°W, WMO # 3953) enell’Oceano Pacifico Tropicale (Seychelles,4.66°S 55.53°E WMO # 63985).Rappresentatività delle stazioni costiere perrappresentare il mare aperto. Approfittandodel fatto che sporadicamente dei sondaggi daVOS vengono effettuati relativamente vicini astazioni di radiosondaggio su terraferma, èpossibile confrontare i profili misurati edeventualmente valutare la dipendenza dalladistanza della differenza osservata.Determinazione della PDF. Si è visto (Sez. 2)come i modelli di clima assumano una distri-buzione (PDF) del vapor d’acqua all’internodei volumi atmosferici e come la scelta di talePDF sia fondamentale per la il calcolo del-l’acqua condensata. Assumendo l’avvezionecome unico meccanismo responsabile per lavariabilità in un determinato intervallo ditempo, ed assumendo una velocità media diavvezione è possibile definire, all’interno diuna serie temporale di profili derivati dal lidarRaman, un volume, contenente un insieme distime di rapporto di mescolamento del vapord’acqua, che approssima le dimensioni dellamagia del modello di clima. Di conseguenza,è possibile calcolare le proprietà della distri-buzione dei valori di vapor d’acqua all’inter-no di tale volume. Le proprietà calcolate for-niscono informazione utile sulla correttezzadella PDF adottata nel modello.Ciclo diurno. Lo studio dell’eventuale occor-renza di ciclo diurno nella struttura verticaledel vapor d’acqua (ad es: Liberti et al., 2002)ed il confronto tra osservazioni e modello for-niscono informazioni utili sia per comprende-re l’importanza relativa dei processi responsa-bili per la variabilità temporale del vapord’acqua si per diagnosticare eventuali defi-cienze del modello nel riprodurre i suddettiprocessi.

5 CONCLUSIONI

Sono presentate una serie di attività in corsoper lo studio delle caratteristiche di variabilitàspaziale e temporale del vapor d’acqua in areaMediterranea. I risultati preliminari sono incorso di analisi. L’obiettivo finale è l’utilizzodella caratterizzazione della variabilità comestrumento diagnostico per un modello diclima. A tal fine è necessario un intenso lavo-ro nella selezione delle osservazioni da analiz-zare, nella stima dell’accuratezza e nello svi-luppo di metodi di analisi che possano essereapplicati ai campi simulati dal modello diclima per produrre confronti significativi.

6 RICONOSCIMENTI

L’attività descritta è finanziata parzialmentedal progetto ‘AEROCLOUDS’ del MIUR.

7 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Coindreau O. et al., 2007. Assessment ofPhysical Parameterizations Using aGlobal Climate Model with StretchableGrid and Nudging. Mon. Wea. Rev., 135:1474–1489.

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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1 INTRODUZIONE

L’articolo descrive l’insieme di attività incorso presso l’ISAC-CNR, in collaborazionecon LMD-CNRS (Francia), volte allo svilup-po di strumenti per la valutazione della capa-cità di un modello di clima regionale(LMDZOR) di riprodurre le caratteristicheosservate di variabilità temporale della coper-tura nuvolosa in area Mediterranea.L’interesse per l’area Mediterranea, e l’usoconseguente di un modello regionale, derivadall’alta sensibilità, in termini socio economi-ci, di tale area a cambiamenti anche modestidi variabili climatiche. Le caratteristicheosservate sono dedotte dall’analisi di dati dasatelliti geostazionari della serie METEOSATalla massima risoluzione spaziale e tempora-le. Gli strumenti diagnostici presentati sonostati sviluppati e testati su una serie tempora-le di 6 mesi (giugno-novembre 2000) concadenza di 30’ di osservazioni da satellite e

corrispondenti uscite del modello.L’approccio presentato affronta attraverso:l’uso di osservazioni ad alta risoluzione spa-ziale e temporale, lo sviluppo di diagnosticibasati sul confronto delle caratteristiche divariabilità temporale (piuttosto che sul valoreassoluto della copertura nuvolosa) e l’introdu-zione del concetto di sottoregioni (vedi sez. 4)alcuni dei problemi rilevanti che si presentanonello sviluppo di simili diagnostici.

2 IL MODELLO DI CLIMA LMDZ4-OR

Il modello di clima LMDZ4-OR segue l’ap-proccio zooming per quanto riguarda la regio-nalizzazione (ovvero risoluzione orizzontalevariabile e ottimizzata nell’area di interesse).Nelle simulazioni analizzate il modello atmo-sferico è accoppiato a un modello di superfi-cie e di vegetazione. Una descrizione detta-gliata del modello e dell’approccio del forzag-gio è contenuta in Hourdin et al., 2006 e

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Valutazione delle nubi simulate da un modello di clima (LMDZOR) in AreaMediterranea tramite dati da satellite

G. L. Liberti1, F. Cheruy

2

1Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Roma, Italia

2Istituto di Scienze Ambientali LMD-IPSL, CNRS/UPMC, Parigi Cedex 05, [email protected]

SOMMARIO: Sono descritte le attività in corso all’ISAC-CNR, in collaborazione con LMD-CNRS(Francia), per valutare la capacità di un modello di clima di riprodurre caratteristiche osservate di variabi-lità temporale della copertura nuvolosa in area Mediterranea. Si è utilizzato un modello di clima(LMDZOR) regionalizzato e forzato ed osservazioni ad alta risoluzione spazio/temporale. Sono stati ana-lizzati 6 mesi (giugno-novembre 2000) di osservazioni e corrispondenti uscite del modello ogni 30’. Lacopertura nuvolosa osservata è ottenuta da dati IR METEOSAT. Per quanto riguarda la coincidenza spa-ziale ed il problema della differente risoluzione spaziale, si assume che all’interno della regione d’interes-se sia possibile identificare sotto-regioni in cui la nuvolosità è legata agli stessi forzanti locali. Tali sotto-regioni, la cui procedura di definizione è riportata, sono trattate come unico punto. Sotto tale ipotesi, ven-gono confrontate le caratteristiche dell’evoluzione temporale delle nubi nel modello con quelle osservate.Sono riportati esempi di applicazioni e discussi possibili miglioramenti.

Condreau et al., 2007. Il modello produce, perogni volume una copertura nuvolosa funzionedelle variabili all’interno del volume stesso.Tuttavia, sia per calcolare, all’interno delmodello, gli effetti radiativi, sia, nel nostrocaso, per confrontare la copertura nuvolosadel modello con quella bi-dimensionale osser-vabile da telerilevamento passivo da satellite,è necessario introdurre una schema chedescriva la posizione relativa, all’interno dellemaglie, dell’area coperta dalle nubi (schemadi overlap). La sensibilità nel calcolo dellacopertura nuvolosa allo schema di overlapadottato è di conseguenza alta. Poiché si desi-dera verificare i moduli del modello responsa-bili per la formazione e dissipazione dellanube è importante minimizzare l’effetto ditale schema che è generalmente indipendentedai moduli menzionati. A tal proposito sonostati sviluppati diagnostici basati sulle caratte-ristiche di variabilità temporale della copertu-ra nuvolosa piuttosto che sul valore assoluto.Sebbene il modello di clima adotti uno sche-ma del tipo maximum random overlap, nelpresente lavoro, per ogni passo temporale emaglia sono stati calcolati 2 valori estremi dicopertura nuvolosa assumendo massimo eminimo ricoprimento verticale delle areenuvolose.

3 DATI DA SATELLITE

La copertura nuvolosa osservata è stimata apartire dalle temperature di brillanza Tb otte-nute da misure del canale in finestranell’Infrarosso (IR) Termico (~10 µm) acqui-site dal satellite METEOSAT. Sebbene sianodisponibili prodotti di copertura nuvolosaricavati dallo stesso insieme di dati si è opta-to per produrli a partire da un algoritmo spe-cifico. Infatti tali prodotti, al fine di ottimizza-re l’informazione contenuta nelle osservazio-ni METEOSAT, includono l’uso, quando pos-sibile, dei dati del canale nel visibile. Ciò siripercuote su una differente sensibilità, fun-zione dell’illuminazione solare, che può intro-durre variabilità temporali dovute piuttosto alcambio di algoritmo che alla nuvolosità stes-

sa. La stima della copertura nuvolosa da satel-lite è basata su una singola soglia definita perogni pixel ogni slot ed ogni mese con una pro-cedura simile a quella descritta in Liberti eCheruy, 2006. Sono stati utilizzati due metodidistinti per ricavare le soglie di classificazio-ne, e di conseguenza due stime della copertu-ra nuvolosa. Ciò al fine, principalmente, ditestare la dipendenza dei risultati ottenutidalla procedure di stima della copertura nuvo-losa.

4 DESCRIZIONE DELL’APPROCCIO

Il presente studio si basa su due aspetti princi-pali che lo distinguono:Lo sviluppo di diagnostici basati sul confron-to delle caratteristiche di variabilità tempora-le, piuttosto che sul valore assoluto dellacopertura nuvolosa, presenta il vantaggio diminimizzare le incertezze dovute sia alloschema di overlap (nel modello) che alla defi-nizione di copertura nuvolosa (nei dati dasatellite), inoltre produce informazioni facil-mente interpretabili in termini delle compo-nenti, ed i processi fisici che esse rappresenta-no, che costituiscono l’insieme del modello dinube (per es. problemi nella rappresentazionedei processi responsabili del decadimento diun sistema nuvoloso). L’introduzione di sottoregioni ovvero i dia-gnostici sviluppati sono basati sull’ipotesi cheall’interno della regione d’interesse sia possi-bile identificare sottoregioni in cui la nuvolo-sità è legata agli stessi forzanti locali.Tali sottoregioni sono trattate come un unicopunto su cui viene calcolato un valore dicopertura nuvolosa ogni 30’. Sotto tale ipote-si, a prescindere dall’esatta collocazione spa-ziale e coincidenza temporale, si confrontanole caratteristiche dell’evoluzione temporaledelle nubi nel modello con quelle osservate.Tale approccio permette, oltre a risolvere ilproblema della differente e allo stesso tempovariabile risoluzione spaziale, di minimizzarel’effetto dovuto a variabili d’ingresso genera-ti da moduli del modello differenti da quellodelle nubi. Ovvero, si vedrà nella sezione suc-

40

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

cessiva, che la maggior parte dei test ricavanole caratteristiche temporali delle nubi indipen-dentemente nelle 2 serie temporali per poiconfrontarle. Ovvero, a prescindere dall’esat-ta coincidenza temporale, che potrebbe peral-tro essere dovuta a fattori differenti dalle nubi,si assume che una volta presenti le condizioniper sviluppare una nube tale nube debba svi-lupparsi nel modello secondo le stesse carat-teristiche osservate.La procedura per definire le sotto-regioni sibasa sull’ipotesi che, una volta identificatauna variabile legata principalmente all’attivi-tà nuvolosa, è possibile identificare, all’inter-no della regione d’interesse, sotto regionicaratterizzate da correlazione spaziale relati-vamente alta della variabile selezionata. Ladefinizione di sottoregioni è stata effettuatasulla base delle osservazioni da satellite e lesottoregioni cosi ottenute sono state definitenella griglia del modello.La variabile selezionata è la differenza tra ilvalore osservato di Tb ed il valore della modadella distribuzione, per quel pixel e quellaslot/mese. Tale scelta, è mirata a minimizzarela correlazione dovuta alla superficie (respon-sabile principale su terra della variabilità diur-na). Sono state anche esaminate altre variabili.La procedura per la definizione delle sottore-gioni è la seguente:1. si definisce soggettivamente un pixel di

riferimento iniziale ad es. al centro dell’im-magine. Per ogni pixel nell’area d’interes-se si calcola il coefficiente di correlazionetra la serie temporale della variabile nelpixel selezionato e quella ottenuta nel pixeldi riferimento. Si otterrà una mappa divalori di coefficiente di correlazione;

2. si identifica all’interno di tale mappa ilpixel con correlazione più bassa con ilpixel di riferimento. Tale pixel, che si assu-me il più indipendente in termini di forzag-gi, viene assunto come nuovo pixel di rife-rimento;

3. si calcola la nuova mappa di coefficienti dicorrelazione considerando il nuovo pixel diriferimento e si costruisce una nuovamappa composita ottenuta selezionando

per ogni pixel il valore più alto di coeffi-ciente di correlazione finora trovato. A ognipixel è associato un indice che contienel’informazione sul pixel di riferimento concui tale pixel ha la correlazione massima;

4. si analizza la matrice composita dei coeffi-cienti di correlazione e si identifica, nelpixel col valore minore di coefficiente dicorrelazione, il nuovo pixel di riferimento;

5. si ripete 3 e 4 fino a che non si è ottenuto ilnumero desiderato di sottoregioni;

6. si definiscono sottoregioni l’insieme deipixel che hanno il massimo della correlazio-ne con il medesimo punto di riferimento.

Intuitivamente le definizioni di sottoregioniderivate da tale procedure dipendono da:- la variabile utilizzata- la serie temporale analizzata- il punto iniziale- il criterio di arresto della procedura iterativa.Tali aspetti sono stati parzialmente analizzatie sicuramente, qualora risulti interessanteseguire tale approccio, è necessario uno sfor-zo specifico per definire una procedura robu-sta e delineare la sensibilità ai criteri soggetti-vi applicati nella procedura.

5 ESEMPI RISOLUTIVI

In questa sezione sono descritti alcuni esempidi test diagnostici sviluppati. Attualmente irisultati sono in fase di analisi al fine di stima-re il contenuto d’informazione utile. Distribuzione delle derivate temporali. A par-tire dalle serie temporali di copertura nuvolo-sa, per ogni sottoregione, viene calcolata ladistribuzione in frequenza della derivata tem-porale della copertura nuvolosa. Differenze intale distribuzione contengono informazioni sueventuali anomalie (ad es: velocità di crescitetroppo rapida) sistematiche del modellorispetto alle osservazioni. Oltre a confrontarela distribuzione è interessante confrontare lasimmetria di tali distribuzioni.Auto de-correlazione temporale. Per ogni sot-toregione, per una determinata sorgente distima della copertura nuvolosa (per es. osser-vazioni) si calcola la correlazione tra il valore

41

Modellistica del clima

di copertura a ogni passo temporale e quelload un passo temporale successivo di un inter-vallo temporale dato. Si grafica successiva-mente la correlazione calcolata in funzionedel valore del passo temporale.Cross de-correlazione temporale. Per ognisottoregione si calcola la correlazione tra ilvalore di copertura da modello a ogni passotemporale e quello da satellite ad un passotemporale precedente o successivo di un inter-vallo temporale dato. Si grafica successiva-mente la correlazione calcolata in funzionedel valore del passo temporale. Questo test èl’unico, di quelli presentati che assuma lacoincidenza temporale tra osservazioni emodello.Ciclo diurno. Si calcola il ciclo diurno mediodella copertura nuvolosa indipendentementeper osservazioni e per il modello. le duecurve, una volta normalizzate per il valoremassimo, vengono confrontate.Curva di vita media. Ogni serie temporale èanalizzata per identificare i massimi relativi dicopertura nuvolosa. Ogni massimo è identifi-cato come evento e all’occorrenza del massi-mo viene associato il valore 0 su una scalatemporale di sviluppo del singolo sistema.L’evento è delimitato dai minimi relativi chesi verificano prima e dopo il massimo relati-vo. Gli eventi cosi identificati sono successi-vamente raggruppati in funzione del valoremassimi di copertura raggiunta durante l’e-vento. Partendo dall’ipotesi che vi sia unarelazione tra durata di una nube e sua esten-sione, gli eventi appartenenti alla stessa clas-se sono mediati ottenendo, sia per le osserva-zioni che per il modello, una curva media divita per ogni nube di una certa classe d’esten-sione. Il confronto di tali curve medie costi-tuisce il diagnostico.

6 CONCLUSIONI

È stato sviluppato un insieme di programmiper analizzare la capacità del modello di climaLMDZOR di riprodurre, sull’areaMediterranea, le caratteristiche di variabilitàtemporale delle nubi come osservate da satel-

lite geostazionario. L’analisi del contenutod’informazione utile, generato da tali pro-grammi, per lo sviluppo ed il miglioramentodella descrizione di nubi all’interno delmodello di clima, è attualmente in corso. Leanalisi preliminari confermano che l’approc-cio adottato minimizza la dipendenza deirisultati ottenuti, in termini di comportamentodel modello, sia dallo schema di cloud over-lap, nel modello, che dalla procedura di stimadi copertura nuvolosa da dati da satellite, inol-tre evidenziano, consistentemente in diversitest, comportamenti sistematici del modello.Risulta evidente verificare la validità di alcu-ne delle ipotesi utilizzate nello sviluppo deidiagnostici descritti. In particolare, è fonda-mentale verificare la correttezza del concettosottoregioni, e la procedura per la loro defini-zione, all’interno delle quali si assume, nonsolo che i processi fisici responsabili dell’atti-vità nuvolosa siano omogenei ma anche che lavita di un sistema nuvoloso si svolga princi-palmente all’interno della sottoregione stessa.Al tal fine, oltre a verificare la robustezzadella procedura di definizione delle sottore-gioni, si sta procedendo in parallelo allo svi-luppo di programmi per lo studio, da un puntodi vista lagrangiano, delle nubi.

7 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

42

1 INTRODUZIONE

La necessità di poter stimare l’impatto di cambia-menti climatici a scala regionale è una priorità chevede impegnata la comunità scientifica nello svi-luppo di modelli numerici adeguati per la simula-zione del clima. Parallelamente è necessario potervalutare tali modelli alla stessa scala. In questoarticolo é analizzata la nuvolosità simulata dalmodello atmosferico LMDZ4, (Hourdin et al.,2006) nella versione utilizzata nel recente eserci-zio di simulazioni per l’IPCC. Nell’approcciodescritto il modello di clima é utilizzato con unagriglia a risoluzione variabile ottimizzata sullaregione mediterranea. Il modello è guidato a ripro-durre la situazione sinottica reale forzando, all’e-sterno dell’area d’interesse con i campi ottenutidalle analisi meteorologiche (T, u, v), ciò permet-te di produrre serie temporali di campi simulaticonfrontabili con osservazioni a scala giornaliera(METEOSAT) e relativamente alta risoluzionespaziale limitando le possibili sorgenti d’erroredovute all’insieme del modello GCM. Questaconfigurazione particolare del modello ha il van-

taggio di essere estremamente flessibile e di per-mettere studi di sensibilità con necessità di risorsedi calcolo relativamente limitate. Inoltre permettedi utilizzare osservazioni recenti, o relative a cam-pagne sperimentali intensive, per le quali non sidispone di serie temporali sufficientemente lungheper poter le medie mensili/stagionali o annuali(aggregamanto temporale) normalmente utilizzatenella strategia standard di validazione dei modellinumerici di clima. Inoltre adottando la grigliavariabile (zooming) è possibile verificare il com-portamento del modello a scala regionale se nonaddirittura locale. Nella configurazione utilizzatail modello ha, nell’area d’interesse, una risoluzio-ne di circa 120 km.In questo articolo viene presentato un approccioper valutare la nuvolosità simulata dal modelloLMDZ4 tenendo conto delle incertezze sia suicampi simulati che sulle osservazioni. Tale meto-do può essere utilizzato sia per la valutazione delleparametrizzazioni esistenti con un approccio quasi3D sia per ottimizzare i vari parametri inclusi neimoduli di simulazione numerica della versioneattuale del modello al fine di migliorare l’attendi-

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Diagnostici basati su disaggregazione spazio-temporale per la valutazione delle nubi in un modello di clima

F. Cheruy2, F. Aires

2, G.L. Liberti

1

1Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Roma, Italia2Istituto di Scienze Ambientali LMD-IPSL, CNRS/UPMC, Parigi Cedex 05, [email protected]

SOMMARIO: Sono descritte le attività in corso all’LMD-CNRS (Francia), in collaborazione con ISAC-CNR,per valutare la capacità di un modello di clima di riprodurre caratteristiche osservate della copertura nuvo-losa in area Mediterranea. Il modello di clima (LMDZOR) regionalizzato e forzato permette il confrontocon osservazioni a scala giornaliera (METEOSAT). A partire dei campi simulati sono stimate, per una riso-luzione equivalente a quella delle osservazioni, le distribuzioni all’interno delle maglie delle proprietà dellenubi e del cielo sereno tramite il simulatore ISCCP. A scala regionale, sono state definite 6 classi in base apressione della sommità e spessore ottico delle nubi. Le distribuzioni delle caratteristiche dinamiche relati-ve ad ogni classe sono ricavate dalle simulazione del modello e dalle re-analisi e sono tra loro confrontate.A scala locale, serie temporali d’istogrammi di distribuzioni delle proprietà delle nubi e di temperature dibrillanza simulate e osservate sono confrontate acquisendo informazioni utili sia per lo sviluppo di nuoveparametrizzazioni sia per aggiustamenti della versione attuale del modello per simulazioni di scenari.

bilità dei risultati nelle prossimi esercizi di simula-zione di scenari. Per quanto riguarda le caratteri-stiche osservate delle nubi si sono utilizzati icampi di pressione della sommità e di spessoreottico contenuti nell’archivio ISCCP-DX(Rossow and Shiffer, 1999). È stato analizzato unanno (il 2000) di osservazioni alla risoluzioneorizzontale di 30 km ad una frequenza di 3 ore ènell’area: 15W-40E, 30N-50N. Al fine di mini-mizzare possibili cicli diurni indotti dagli algorit-mi di telerilevamento delle proprietà nuvolose,sono stati considerati solo i campi stimati alle1200 UT (circa mezzogiorno locale nell’area d’in-teresse).

2 DESCRIZIONE GENERALE DELL’APPROCCIO

Le nubi sono tra le variabili atmosferiche piùimportanti per simulazioni numeriche del climaper la loro importanza sia in termini energetici(effetti radiativi, trasporto di energia sotto forma dicalore latente) che in termini di ciclo idrologico. Normalmente, la rappresentazione locale dellenubi all’interno dei modelli di clima è valutata otramite confronti con misure da siti sperimentaliadatti o, alternativamente, tramite confronto consimulazioni effettuate con modelli numerici checontengono in principio una più dettagliata descri-zione dei processi d’interesse per la descrizionedelle nubi (CRM: Cloud Resolving Models). Nelprimo caso il numero di siti sperimentali, o cam-pagne di misura specifiche, è limitato e di conse-guenza le conclusioni ottenute da un confrontocon i campi equivalenti simulati possono esserepoco rappresentative per regimi differenti da quel-li in cui si trova il sito. Quanto all’uso dei CRM,poiché sono dei modelli numerici, soffrono dilimitazioni sia per la rappresentazione numericadei processi fisici all’interno del modello sia per ladipendenza dalle condizioni a contorno. L’impatto delle nubi in una simulazione numericaè un processo a due fasi:inizialmente, lo schema di nubi stima la coperturanuvolosa all’interno di ogni singola maglia. Taleschema tramite la rappresentazione numerica deiprocessi di condensazione, evaporazione e preci-pitazione, calcola la quantità di acqua condensatedisponibile per la formazione delle nubi.

In seguito, un algoritmo di sovrapposizione (over-lapping scheme nel caso dell’ LMDZ: maximumrandom overlap) calcola la posizione relativaall’interno delle maglie di una stessa colonnaatmosferica, delle porzioni di maglia coperte danubi. Ciò produce una stima finale della coperturanuvolosa della maglia necessaria per il calcolodell’interazione con la radiazione.È evidente che nel calcolo della copertura nuvolo-sa totale di una colonna atmosferica é necessariofare ipotesi sulla distribuzione delle proprietà dellenubi all’interno di ogni volume atmosferico delmodello. Per poter verificare tale ipotesi si dispo-ne, da una parte di osservazioni a risoluzione talida poter ricavare una distribuzione dall’altra e’necessario applicare una qualche forma di disag-gregazione spaziale per simulare la distribuzioneallínterno dei singoli volumi dio maglia. I questostudio, ciò è ottenuto applicando, ai campi simula-ti dal modello, un programma, definito simulatoreISCCP (gcss-dime.giss.nasa.gov/simulator.html),specificatamente sviluppato per simulare, a parti-re dai campi normalmente prodotti da GCM, lestime dei parametri nuvolosi ottenute da satellite.

3 DIAGNOSTICI PRELIMINARI.

Scala Sub-Regionale: Osservazioni e simulazionisono aggregate in sottoregioni come descritto inLiberti et al., 2007a. L’andamento temporale dellacopertura nuvolosa simulato dal modello é inbuon accordo con quello osservato (Fig. 1).Tuttavia, in termini assoluti, il modello tende a sot-tostimare la copertura nuvolosa rispetto alle osser-vazioni ISCCP. 20 % delle osservazioni con bassivalori dello spessore ottico della nube corrispondea scene senza nubi nel modello. Tuttavia, va con-siderata anche l’ipotesi che le osservazioni sovra-stimino la copertura nel caso di nubi otticamentefini. Per quanto riguarda la distribuzione verticaledelle nubi, il confronto preliminare con le osserva-zioni ISCCP mostra che le nubi alte nel modellosono sovrastimate mentre sono sottostimate quel-le medie. La cause di tale disaccordo non sonostate ancora identificate e vanno cercate, tra l’altronella distribuzione verticale del vapor d’acqua,nella rappresentazione della distribuzione (PDF)all’interno di ogni singolo volume e nella risolu-

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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zione verticale del modello. Uno sforzo specificoper valutare la capacità del modello a riprodurrecorrettamente le caratteristiche osservate del vapord’acqua é parte della strategia di valutazione delmodello in corso (Liberti et al., 2007b).Per quanto riguarda le situazioni di cielo sereno,l’analisi preliminare dei confronti indica una sot-tostima dell’ampiezza del ciclo diurno osservatodella temperature di brillanza (Tb). In tal caso loschema del suolo è il responsabile diretto del com-portamento osservato.

Cluster analysis: È stato sviluppato un diagnosti-co basato sulla definizioni di classi (cluster analy-sis) per confrontare il comportamento di osserva-zioni e simulazioni a parità di occorrenza di pro-prietà delle nubi. Le classi sono definite tramite unalgoritmo di clustering (K-means) applicato allestime ISCCPdi spessore ottico (TAU) e di pressio-ne della sommità delle nubi (PTOP). Il numero diclassi é stato fissato a 6. La Figura 3 mostra gli

istogrammi di distribuzione (PDF) delle proprietàdelle nubi in ogni classe. Campi osservati (inclusere-analisi) e simulati sono state in seguito classifi-cati sulla base della classe di appartenenza risul-tante dalle osservazioni ISCCP. Il ciclo annualedelle popolazione di ogni cluster su mare (sopra) esu terra (sotto) e mostrato in Figura 4 per le osser-vazione (destra) e per il modello (sinistra). Sumare, l’occorrenza di nubi medie basse ed ottica-mente relativamente dense (ISCPP stratocumulus,proto 6) è sottostimata dal modello. Durante l’e-state tale sottostima é parzialmente compensata dauna sovrastima di nubi basse e otticamente menodense (ISCCP: cumulus). Su terra, le nubi basseed otticamente fini sono drammaticamente sotto-stimate dal modello (proto 2)

Proprietà della circolazione a larga scala dei clu-sters. Utilizzando le classi definite con la cluste-ring analysis sono stati costruiti insiemi di variabi-li a larga scala relative a ciascuna classe. Ad esem-pio, è stato definito un parametro di stabilità(DTET50) proporzionale alla differenza tra la tem-peratura potenziale alla superficie e quella allapressione di 50 hPa inferiore a quella alla superfi-cie. Valori positivi corrispondono a strato limiteconvettivo, valori intorno a zero al caso neutro,

Modellistica del clima

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Figura 1: Serie temporale (1-31/10/2000) della distribu-zione delle Tb sulla parte orientale della Spagna.Osservazioni (alto) e modello (centro). Corrispondenteserie temporale di percentuale di area senza nubi:Modello (linea fine) osservazioni (spessa).

Figura 2: Distribuzione delle Tb sulla parte orientaledella Spagna alle 1200 (nero) e 0000 (grigio) LT 1-30/06/2000. (sinistra: modello, destra: osservazioni).

Figure 3: Distribuzioni normalizzate delle proprietàosservate delle nubi. Per TAU le classi sono divise in fun-zione della fase della nube stimata a partire dal valorecentrale della Tb corrispondente a ogni classe.

valori negativi al caso stabile. Le nubi basse e dispessore ottico moderato (classi 2 e 6) corrispon-dono, come aspettato, principalmente a condizio-ni instabili per l’insieme ISCCP/ERA40. PerLMDZ si osservano principalmente condizioni dineutralità o stabilità. Ciò evidenzia carenze nellarappresentazione dei processi responsabili per laformazione di nubi nello strato limite. Questo puòessere dovuto all’approccio counter gradientadottato, nella versione utilizzata del modello, pertener conto di strutture coerenti (ad es: termiche).

La nuova parametrizzazione, proposta da Rio eHourdin (2007) dovrebbe portare ad una più rea-listica descrizione dei processi in questione.

4 CONCLUSIONI

È in corso di sviluppo una serie di diagnostici pervalutare la capacità di un modello di clima neldescrivere la nuvolosità nell’area Mediterranea.Alcuni risultati sono riportati, e, sebbene prelimi-nari, dimostrano la capacità di evidenziare proble-mi nel modello e di permettere possibili connes-sioni con le variabili prognostiche da cui possonoderivare conseguenti miglioramenti delle parame-trizzazioni. I diagnostici sviluppati, opportuna-mente adattati, possono anche essere applicati astudi climatici regionali basati su simulazioni tra-mite LAM (Limited Area Model). L’applicazionenei diagnostici di osservazioni da satellite dinuova generazione come MSG o da strumentazio-ne attiva deve essere considerata per ridurre leincertezze attualmente contenute nelle stime dellecaratteristiche nuvolose.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Hourdin F. et al., 2006. The LMDZ4 generalcirculation model: climate performanceand sensitivity to parametrized physicswith emphasis on tropical convection.Clim Dyn., 27: 787-813.

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Rio C., Hourdin F., 2007. Athermal plume modelfor the convective boundary layer: represen-tation of cumulus clouds. JAS, in press.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

46

Figura 5: Distribuzione normalizzata del DTET50 pernubi basse e di spessore ottico moderato (classi 2 e 6) suterra. Osservazioni ISCCP combinate con stime della sta-bilità da ERA40 reanalysis (sopra) e da LMDZ (sotto).

Figura 4: Andamento annuale della popolazione delleclassi per osservazioni (destra) e modello (sinistra). Ipannelli superiori si riferiscono al mare, quelli inferiorialla terra. Il valore centrale di PTOP [hPa] e TAU e dellafase (Liquid o Ice) per ogni classe é riportato, insieme collivello di grigio corrispondente, in legenda.

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Durante gli ultimi anni abbiamo assistito aduna proliferazione dei lavori scientificiriguardanti il cambiamento del clima sullaTerra. Tali risultati hanno messo in evidenzaquanto veloce possa essere questo cambia-mento e quali siano le conseguenze anche allivello regionale. È ormai indubbio (Quartorapporto dell’IPCC, 2007) come tali cambia-menti siano principalmente dovuti l’attivitàumana che influenza fortemente l’effettoserra: l’aumento delle concentrazioni dei gas -serra nell’atmosfera, in particolare la CO2,provoca uno squilibrio nella radiazione netta,soprattutto nella tropopausa (forzatura radiati-va), che induce, come risposta del sistema cli-matico, un aumento della temperatura globalein superficie.Già nel terzo rapporto di valutazione (TAR)dell’IPCC (Houghton et al., 2001) un insiemedi simulazioni globali con differenti scenari,

aventi diverse forzanti (solamente naturale,solamente antropogenica e naturale più le for-zanti antropogeniche), ha evidenziato l’anda-mento della temperatura globale osservato.Infatti, mentre la sola forzante naturale nonspiega il riscaldamento globale osservatonegli ultimi anni, i risultati che consideranotutte le forme delle forzanti: antropogenicopiù naturale, riescono a riprodurre la variabi-lità osservata ed in particolar modo gli ultimi50 anni.A partire da quei risultati, gli studi sugli effet-ti dei cambiamenti di clima sulla vita umana ele sue attività si sono moltiplicati, ed in parti-colare quelli riguardanti il clima delle regioniad alta densità di popolazione. La maggior parte degli studi proposti mettonoa fuoco il collegamento fra il riscaldamentoglobale ed il ciclo idrologico influenzato for-temente dai cambiamenti nella temperaturaoltre all’intensità ed occorrenza degli eventiestremi come inondazioni e periodi siccitosi.

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Riduzione dinamica degli scenari climatici a scaladi bacino tramite modellistica numerica regionale

M. Pasqui1, M. Ceseri

2, G. Maracchi

1, F. Meneguzzo

1, F. Piani

1

1Istituto di Biometeorologia, CNR, Firenze, Italia

2Dipartimento di Matematica, Università di [email protected]

SOMMARIO: Un metodo di riduzione di scala dinamico particolarmente promettente è rappresentato dall’u-tilizzo dei modelli atmosferici regionali, comunemente impiegati per le previsioni meteorologiche a mediotermine, innestati nei modelli climatici di circolazione globale. Nel presente lavoro è stato simulato, in uncontesto di cambiamento climatico, l’evento d’inondazione più significativo occorso nel bacino del fiumedel Arno nel 1966. In particolare è stata focalizzata l’attenzione sull’effetto di aumento di temperaturasuperficiale del mare (SST) nel Mediterraneo e la conseguente modifica della precipitazione, realizzandosimulazioni ad alta risoluzione spazio – temporale con il RAMS (Regional Atmospheric ModellingSystem). Il modello è stato forzato con i campi atmosferici osservati, da NCEP/NCAR Reanalysis, dell’e-vento ed un campo perturbato di SST. Tale perturbazione è stata costruita nell’ipotesi di un Mediterraneopiù caldo secondo la proiezione del modello globale canadese forzato dallo scenario A2 e con tre proie-zioni temporali differenti: 2003 - 2013 - 2053.

Yang et al., 2003, ha mostrato come unaumento delle SST globali porta ad un aumen-to delle precipitazione globali come conse-guenza dell’aumento dell’evaporazione e,così, dell’aumento del vapore acqueo nell’at-mosfera. Al contrario, una diminuzione delleSST globali conduce ad un cambiamento delleprecipitazioni globali del segno opposto.Di conseguenza, le SST sembrano essere unfattore chiave nel cambiamento di clima; uti-lizzando modelli regionali Baldi et al., 2002,ha riscontrato che una perturbazione deicampi di SST estiva nel golfo della Guineapuò indurre variazioni della circolazioneatmosferica a grande scala sull’Europa ed ilbacino del Mediterraneo in particolare; inoltrel’effetto sulla pioggia insiste in una zona piùlarga di quella interessata dal monsone africa-no, estendendosi fino alla regione mediterra-nea. Data importanza delle SST nei processiatmosferici, è fondamentale avere dati di SSTil più possibile corretti come indicato inPastor et al., 2001, dove diverse simulazionicon modelli regionali sono state condotteusando i campi di SST da fonti differentimostrando l’estrema variabilità dei risultati. Lo scopo del nostro studio è valutare un pos-sibile impatto di cambiamento, per il bacinodel fiume del Arno – (superficie di quasi 9200km2) – con un orizzonte temporale di almenocinquanta anni nel futuro.In questo lavoro viene valutata la trasforma-zione dell’evento dell’inondazione del 3 al 4novembre 1966 nel quadro dello scenario dicambiamento climatico fornito dal modelloglobale accoppiato CGCM2 sviluppato dalCentro Canadese per la Modellistica di Climae dall’Analisi all’università di Victoria,Canada, per lo scenario A2; la forzante atmo-sferica proviene dalle reanalysis diNCEP/NCAR (Kalnay et al., 1996). La per-turbazione proposta ha riguardato soltanto icampi di temperatura superficiale del mare inaccordo con il cambiamento climatico. I risul-tati sono stati confrontati con una simulazionedi controllo per valutare la trasformazionedell’evento alluvionale in proiezione di cam-biamento climatico. Abbiamo così attuato una

strategia di downscaling dinamico dei datiglobali usando il modello regionale (RAMS,Regional Atmospheric Modelling System),che è usato con successo come una strumentoper stima quantitativa della precipitazione(per i dettagli delle simulazioni si veda inMeneguzzo et al., 2004 e Soderman et al.,2003) qui impiegato in modalità climatica (diseguito indicato come RCM).

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

La complessità del sistema di clima è bennota; essa rappresenta il risultato di molti pro-cessi che agiscono su un ampio spettro discale spazio – temporali e che coinvolgonomolti componenti fisici quali l’atmosfera, glioceani, il ghiaccio del mare, la terra, mutua-mente interagenti, oltre agli altri fattori ester-ni come la radiazione solare.A causa di una tale complessità, una strategiacomune adottata nel tempo sia nelle previsio-ni meteorologiche che in quelle climatiche, èla tecnica chiamata: riduzione di scala “down-scaling”. L’idea generale è quella di separarei processi a grande scala da quelli a scale piùfine in due passaggi successivi:1. Usando “un modello globale di circolazio-

ne” (GCM) per descrivere le risposte delclima ad una forzante a scala planetaria –modelli numerici con reticoli di calcolo dicentinaia dei chilometri;

2. Usando i dati delle simulazione di GCMcome input “ad una tecnica di regionaliz-zione” per ottenere una descrizione dina-mica a scala locale e regionale.

L’elemento più importante soggiacente lasopra citata tecnica è la qualità delle forzantiutilizzate, forniti dal GCM; è evidente chedati globali affetti da errori conducono adinformazioni regionali altrettanto errate, per-tanto molta attenzione deve essere prestataper scegliere il modello GCM, poiché laregionalizzazione non corregge gli erroridella circolazione a grande scala. Si potrebbe essere condotti a pensare che l’au-mento della risoluzione del RCM porti amiglioramento dei risultati. In realtà il vero

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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miglioramento delle capacità di rappresenta-zione della dinamica da parte dell’RCM sonoraggiunte quando riesce a rappresentare inmaniera adeguata i processi fisici che avven-gono. Tutte le strategie di calibrazione e con-figurazione adottate nel presente lavoro sonomutuate dal lavoro Meneguzzo et al., 2004. Icampi di SST utilizzati per le simulazioninumeriche sono stati costruiti a partire dai datiosservati COADS e del modello climaticocanadesi per le proiezioni future, mediati suun periodo di un quinquennio a cavallo del-l’anno di riferimento sull’area delMediterraneo. In questo modo sono statemediate le SST nel periodo di novembre 1964– 1968 come rappresentative della proiezionedelle SST del novembre 1966; 2001 – 2005per la proiezione 2003, 2011 – 2015 per laproiezione 2013 ed infine 2051 – 2055 per laproiezione 2053.

3 RISULTATI RILEVANTI

Il modello generale accoppiato di circolazio-ne di seconda generazione è stato sviluppatodal Centro Canadese per la Codellistica diClima e l’Analisi (CCCma), all’università diVictoria, Canada (per una descrizione detta-gliata si veda Flato et al., 2000). I risultati ottenuti dalle simulazioni ottenutecon il modello regionale RAMS sono inaccordo con i risultati mostrati in Meneguzzoet al., 2004, sebbene i quantitativi di pioggiatotali risultino inferiori. Tali discrepanze sono

da ascrivere alle differenze delle temperaturesuperficiali del mare tra i campi osservati,usate in Meneguzzo et al., 2004, e le medie1964 – 1968 utilizzate per costruire la simula-zione Control in questa modalità climatica.Gli andamenti temporali delle precipitazionisono del tutto paragonabili a quelli mostrati inMeneguzzo et al., 2004.Il quantitativo totale cumulato simulato inve-ce risulta incrementato in modo progressivoall’aumentare dell’orizzonte futuro fino ad unmassimo del 30% come media areale sul baci-no come in Figura 3.

Modellistica del clima

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Figura 1: Precipitazione cumulata totale del periodo 3 - 4novembre 1966, griglia di calcolo con la risoluzione infe-riore, forzata da SST osservate.

Figura 2: Precipitazione cumulata totale del periodo 3 - 4novembre 1966, griglia di calcolo con la risoluzionemaggiore, forzata da SST osservate.

Figura 3: Media areale, sul bacino del fiume Arno, dellaprecipitazione della terza griglia di calcolo con la mag-giore risoluzione spaziale, con SST delle diverse proie-zioni climatiche.

4 PROSPETTIVE FUTURE

L’utilizzo della modellistica numerica regio-nale rappresenta una promettente strada peraumentare la risoluzione spaziale dell’infor-mazione climatica per una descrizione deimeccanismi di cambiamento a scala regiona-le. Tale strada potrebbe essere particolarmen-te significativa per evidenziare singoli mecca-nismi fisici che, sotto l’ipotesi di un cambia-mento climatico, possono subire una modifi-cazione e che i modelli climatici globali, abassa risoluzione spaziale, non sono in gradodi rappresentare correttamente. La strategia della riduzione dinamica di scalaviene attualmente utilizzata per lo studio deicambiamenti climatici nel bacino delMediterraneo, del Monsone Africano e per lavalutazione dell’effetto degli aerosol naturalisul sulla precipitazione nella zonasub–Sahara, nel Mediterraneo e nella Cinasettentrionale.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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1 INTRODUZIONE

Negli ultimi anni l’utilizzo di computersempre più potenti ha permesso lo sviluppo dimodelli climatici sempre più raffinati cheincludono sia la dinamica dell’atmosfera chedell’oceano. Questi modelli vanno sotto ilnome di Global Climate Model (GCM).Attualmente si possono reperire simulazionieffettuate con questi modelli su una griglia diqualche grado di longitudine e latitudine. Perverificare la bontà di questi modelli si utilizzaun cosiddetto control-run (CTR) ottenuto dauna simulazione con l’attuale composizionedell’atmosfera e si verifica se il clima ottenutoè in accordo con quello osservato nelleregistrazioni storiche di pressione,temperatura, ed altro. Effettuato il controllosul CTR si osserva poi il risultato del GCMutilizzando vari scenari di aumento di gasserra come definiti dall’IPCC negli SpecialReport Emission Scenarios (SRES). In questomodo si ottengono delle proiezioni climatichecon una risoluzione data dalla griglia delGCM. Il problema è che, per quanto questarisoluzione vada via via aumentando, leproiezioni ottenibili attualmente sono ancorafatte su una griglia di alcune centinaia dichilometri, che si dimostra del tuttoinadeguata per quanto riguarda la previsionedelle precipitazioni (von Storch e Zwiers,

1999; von Storch et al., 1993; Zorita e vonStorch, 1999). Per questo motivo sono statesviluppate numerose tecniche di downscalingdinamico o statistico. Le prime utilizzano irisultati dei GCM come condizioni alcontorno per nuove simulazioni effettuate conmodelli a scala molto più piccola. In questoarticolo tratteremo invece delle tecniche didownscaling statistico. In questo caso si cercadi stabilire un legame statistico fra le variabilia grande scala (dette predittori) e quelle che sidesidera descrivere a scala regionale(predittandi, nel nostro caso le precipitazioni)studiando i dati delle serie storiche dientrambe le variabili. Il modello statisticoviene poi utilizzato per ottenere il valore deipredittandi in scenari climatici futuriutilizzando i valori dei predittori forniti comerisultato dal modello GCM. Esistononumerose tecniche di downscaling statistico.In questo articolo utilizzeremo solamentequella nota come Analisi Canonica dellaCorrelazione (CCA) benché altre tecnichesiano utilizzabili e nel futuro saranno oggettodi studio.

2 L’ANALISI CANONICA DELLA CORREZIONE(CCA)

Prima di effettuare l’analisi CCA abbiamoprovveduto a filtrare i predittori con una ana-

51

Risultati preliminari di downscaling statisticodelle precipitazioni invernali nella Regione Puglia

L. Palatella1, P. Paradisi

1, M.M. Miglietta

1, P. Lionello

2

1Istituto di Scienza dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Lecce, Italia2Dipartimento di Scienze dei Materiali dell’Università del Salento, Lecce, [email protected]

SOMMARIO: In questo articolo presentiamo risultati preliminari di un downscaling statistico delleprecipitazioni in una regione corrispondente approssimativamente alla Puglia. Il risultato ottenutosuggerisce la possibilità di ottenere delle previsioni climatologiche ragionevolmente affidabili mediantequesta tecnica.

lisi delle componenti principali (PCA), i cuidettagli omettiamo per brevità (consultare adesempio von Storch e Zwiers, 1999), alloscopo di eliminare le componenti minoritariedella variabilità a piccola scala. In tutti icalcoli abbiamo utilizzato i primi 15autovettori corrispondenti a più del 90% dellavarianza totale. Lo scopo della CCA èindividuare dei pattern di variazioneconiugati fx, fy (canonical pattern) in manieratale da massimizzare la correlazione neltempo, r, fra le proiezioni dei dati su di essi. Informule risulta

r=Cov(bx,by)/[Var(bx)Var(by)]1/2 (1)

dove le coordinate canoniche di correlazione(CCC), bx e by, sono bx=<fx,,X(t)>,by=<fy,Y(t)>, (< > indica il prodotto scalareeffettuato sommando sulle varie componentidei vettori) mentre X(t) e Y(t) sono i vettoridei dati al tempo t. Generalmente si cercanocanonical pattern fx,fy normalizzati inmaniera tale che le CCC abbiano varianzaunitaria. In questo modo si elimina il deno-minatore della (1) e si cercano i vettori chemassimizzano r con i vincoli dati dallanormalizzazione. Utilizzando la tecnica deimoltiplicatori di Lagrange si giunge a dueequazioni agli autovalori accoppiate

Sxx-1 Sxy Syy

-1 SxyT fx = λ fx

Syy-1 Sxy

T Sxx-1 Sxy fy = λ fy (3)

dove Sxx, Syy, Sxy sono rispettivamente lamatrice di covarianza delle variabili X(t),Y(t) e la matrice di cross-covarianza dellevariabili X(t) e Y(t). Si può dimostrare comead ogni autovettore fx dell’ equazione (2)corrisponda un autovettore coniugato fy della(3) con lo stesso autovalore λ e che lacorrelazione temporale fra i rispettivicoefficienti sia pari alla radice quadrata di λ.L’idea alla base della tecnica del downscalingstatistico è che se si effettua la CCAutilizzando i predittori per la variabile X(t) e ipredittandi per la variabile Y(t), utilizzando

opportune serie storiche, otterremo unarelazione statistica fra i coefficienti deicanonical pattern. Questo ci permette, dopoaver scelto un numero adeguato di coppie dautilizzare k, di approssimare le variabili Y(t)in termini delle variabili X(t) secondo la

byi=ri bxi da cui Y=r1bx1 fy1+ ... +rkbxk fyk (4)

(la dipendenza dal tempo è stata omessa peralleggerire la notazione). L’ipotesi chiave èche l’espressione (4) rimanga una validaapprossimazione anche nella proiezioneclimatica ottenuta con il modello GCM. Sequesto è vero avremo che, date le proiezioniper le variabili a larga scala Xp, potremo averei valori delle variabili Yp utilizzando la (4),dopo aver ottenuto bx proiettando i valoriXisui pattern fxi.

3 LE SERIE STORICHE E IL MODELLO GCM

In questo articolo utilizzeremo per i predittorila serie storica di pressione sul livello delmare (SLP) fornite nel database EMULATE(Ansell et al., 2006). La serie contiene i valoridella SLP media giornaliera dal 1850 al 2003in una regione che va da 70W-70N a 50E-20Scon una griglia di 5x5 gradi in latitudine elongitudine. Questa regione corrispondeall’europa fino all’islanda comprendendotutta la regione coinvolta nell’oscillazioneNord-Atlantica (NAO) che è noto influenzarenotevolemente le precipitazioni in Europa. Ipredittandi sono costituiti dalle medie mensilidi precipitazione del periodo 1901-2002relative a 24 punti, estratti da una griglia di0.5 gradi di spaziatura, fornite dalla ClimateResearch Unit (CRU) East Anglia University(www.cru.uea.ac.uk). Questi punti corrispondonoad una regione che comprende la Puglia, partedella Basilicata ed una piccola parte dellaCalabria. Ci riferiremo a questi dati come“Puglia” anche se in realtà per incrementare lastatistica si sono inclusi anche altri punti diregioni limitrofe. Uno dei problemi principalinell’effettuare procedure di downscalingstatistico è la scelta della scala temporale sui

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

52

(2)

cui effettuare la CCA. Se si scegliesse unascala temporale breve (giornaliera) laprecipitazione a scala regionale risulterebbecorrelata al campo di pressione nelle zoneadiacenti riflettendo il legame fra circolazionelocale e piovosità. La CCA fornirebbe inquesto caso dei canonical pattern fxi con unascala tipica comparabile, se non minore, allarisoluzione dei GCM. Ma questi pattern nonsarebbero utilizzabili poiché i GCM su questascala non posso fornire proiezioni affidabili(secondo alcuni autori la “scala utile” èalmeno otto volte la risoluzione, vedi vonStorch et al., 1993). Per questo motivoutilizzeremo le medie stagionali sia deipredittandi che dei predittori limitandoci aidati invernali (dicembre-gennaio-febbraio).La scelta dell’inverno è dovuta al fatto che leprecipitazioni invernali sono maggiormentecollegate a forzanti associate alla circolazionea larga scala. Al contrario nelle altre stagioni,in particolare l’estate, i fattori a scala localepossono risultare ugualmente o maggiormenteimportanti rispetto alle forzanti sinottiche. I GCM sono stati usati ormai da molti anniper simulare il clima terrestre ed ormaipossono riprodurre con successo le variazionistagionali e regionali dei valori medi e dellevariabilità di grandezze meteorologiche conun buon grado di accuratezza (IPCC-TAR).Fra tutti questi modelli in questo articoloutilizzeremo esclusivamente quello denominatoGCM NASA/GISS 4x3 (dettagli sul sitohttp://aom.giss.nasa.gov). Questo modellopresenta un accoppiamento atmosfera-oceanocon un griglia regolare definita con unintervallo di 4 gradi in longitudine e 3 gradi inlatitudine, 12 livelli atmosferici e 16 livelliper l’oceano. Noi utilizzeremo le proiezioniclimatiche stagionali del modello mediate suogni decade. Il modello simula lacircolazione sulla base della composizioneatmosferica secondo lo scenario analizzato. Inquesto articolo utilizzeremo i risultati delmodello per il “20° secolo” come CTR e gliscenari A1B e B1. Il CTR “20° secolo”effettua la simulazione del clima utilizzando ivalori di gas serra misurati per il secolo

appena trascorso. Il CTR viene poi prolungatoutilizzando lo scenario A1B che si riferisceall’ipotesi di una rapida crescita economicamondiale che raggiunge il suo apice, insiemealla popolazione mondiale, intorno al 2050per poi scendere in seguito. Questo, insiemeall’introduzione di nuove e più efficientitecnologie, permetterà un bilanciamento fral’uso di combustibili fossili ed altre fonti dienergia. Lo scenario B1 considera lo stessoandamento per la popolazione mondiale conl’ipotesi che l’economia mondiale siconcentrerà su servizi ed informazione conl’introduzione di tecnologie più pulite edefficienti. Gli scenari A1B e B1 vanno dal2000 al 2100.

4 RISULTATI

Seguendo le indicazioni in letteraturaabbiamo utilizzato come predittore per leprecipitazioni la pressione al livello del mare(SLP). Prima di effettuare l’analisi CCA sututto la serie storica di predittori e predittandiabbiamo diviso la serie in due parti. La primadal 1900 al 1950 (training) è stata usata pereffettuare una CCA mentre i dati di SLP(predittori) della seconda parte della serie dal1951 al 2002 (validation) sono stati utilizzatiper simulare una proiezione delleprecipitazioni della seconda metà del secolo.In questo modo è possibile verificarel’accuratezza e la stabilità del modellostatistico confrontando le precipitazionirealmente osservate con la simulazione. Ilrisultato (qui non riportato per mancanza dispazio), ottenuto con due coppie di canonicalpattern, è sufficientemente buono e, sebbenepeggiore rispetto a quello ottenuto da altriautori (von Storch et al., 1993) sulleprecipitazioni della penisola Iberica, mostratuttavia una certa capacità predittiva ancheper l’identificazione di un trend. L’analisiCCA su tutta la serie storica (1901-2002)fornisce due coppie di canonical pattern concui abbiamo ricostruito il segnale misurato edeffettuato il downscaling statistico dei risultatidel GCM NASA/GISS 4x3 relativo al CTR,

Modellistica del clima

53

A1B e B1. Tutti i risultati sono stati poimediati sui 24 punti in esame. Comeaccennato in precedenza i risultati del GCM siriferiscono alle medie su ogni decade. Perquesto motivo nella Figura 1 i valori ottenuticon il downscaling statistico dei risultati delGCM hanno un punto ogni 10 anni epresentano ovviamente una variabilità minorerispetto agli altri dati. Va notato come la previsione del downscalingrelativa allo scenario “20° secolo” (CTR)presenta un valor medio abbastanzacompatibile con quello osservato. Nel futuroabbiamo invece un trend di diminuizione nell’A1B (la linea è un fit lineare del CTR+A1Bdal 1980 in poi).

5 CONCLUSIONI

Questo articolo presenta risultati preliminariche servono soprattuto a mostrare lepotenzialità della tecnica di downscalingstatistico nella previsione climatologica delleprecipitazioni regionali. Altro lavoro sarànecessario prima di poter affermare che laprevisione ottenuta sia affidabile. Inparticolare il nostro progetto futuro sarà diutilizzare il modello statistico con altri GCM,di cambiare la configurazione del modello

statistico e di confrontare i risultati con quelliottenuti con le tecniche di downscalingdinamico.

6 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Zorita E., von Storch H., 1999. The analogmethod as a simple StatisticalDownscaling Technique: Comparisonwith More Complicated Methods. Journalof Climate, 12: 2474-2489.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

54

Figura 1: Media mobile a 5 anni delle precipitazioni in Puglia (istogramma) edel segnale ricostruito con due canonical pattern (linea continua); proiezioniGCM regionalizzate nei tre scenari: 20° secolo (CTR)+A1B (pallini pieni) eB1 (pallini vuoti). Da notare il trend di diminuzione.

1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

Le specie organiche costituiscono una frazio-ne importante dell’aerosol atmosferico inambienti urbani, marini, rurali, o caraterizzatida emissioni biogeniche (Kanakidou et al.,2005). I nostri studi sperimentali condotti inlaboratorio ed in campo, e le simulazionimodellistiche hanno evidenziato che i compo-sti organici (ed alcune loro proprietà cometensione superficiale e solubilità), influenzanofortemente la crescita igroscopica delle parti-celle di aerosol e la loro attivazione a nuclei dicondensazione (CCN), e quindi la formazionedi nubi (Facchini et al., 1999; Mircea et al.,2002, 2005). Entrambi questi processiinfluenzano fortemente il clima modificandoil bilancio della radiazione globale e le pro-prietà microfisiche ed ottiche) delle nubi ed illoro tempo di vita.A causa della complessità della composizionechimica dell’aerosol organico e della suavariabilità, dovuta alla diversità delle sorgenti

(Decesari et al., 2007), le interazioni tra l’ae-rosol e acqua non sono attualmente trattate inmodo adeguato nei modelli climatici anche sequesto settore della ricerca ha ricevuto moltaattenzione negli ultimi anni.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 L’importanza della composizione chimicadell’aerosol organico nella descrizione dellacrescita igroscopica e dell’attivazione del-l’aerosol nei modelli atmosfericiLa tensione superficiale dell’aerosol e la suasolubilità sono controllate dalla composizionechimica, in particolare dalla frazione organi-ca. Attraverso un approccio sperimentale emodellistico, è stato studiato l’effetto deicomposti organici sulla crescita delle particel-le di aerosol in regime di sottosaturazione esulla loro attivazione in regime di sovrasatu-razione (Mircea et al., 2005).

55

L’igroscopicità e l’attivazione dell’aerosol nei modelli climatici

M. Mircea, M.C. Facchini, S. Decesari, S. FuzziIstituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Bologna, [email protected]

SOMMARIO: Le particelle di aerosol interagiscono con il vapor d’acqua atmosferico sia in regime di sotto-saturazione (crescita igroscopica), influenzando direttamente il bilancio della radiazione globale (effettoclimatico diretto) che in regime di sovrasaturazione (attivazione dell’aerosol) modificando le proprietàmicrofisiche ed ottiche delle nubi (effetto climatico indiretto). Le stime del forcing associato agli effettidiretti ed indiretti dell’aerosol sul clima sono affette da grandi incertezze a causa della disomogeneità spa-ziale e temporale delle proprietà dell’aerosol ed, in gran parte, a causa delle complesse relazioni tra le pro-prietà fisiche e chimiche dell’aerosol ed il vapor d’acqua. Negli ultimi anni, le nostre ricerche sperimen-tali e modellistiche hanno contribuito a migliorare la comprensione delle interazioni tra l’aerosol ed acquaper diversi tipi di aerosol, con particolare attenzione alla frazione organica ed agli effetti ad essa connes-si. Inoltre, abbiamo esplorato l’influenza dell’igroscopicità degli aerosol organici sulle proprietà ottichedell’aerosol mediante il sistema di modellistica del clima ECHAM5-HAM. I primi risultati indicano chel’igroscopicità della componente organica dell’aerosol gioca un ruolo importante nell’aumento dello spes-sore ottico dell’aerosol e nella distribuzione dei componenti organici ed inorganici in funzione delladimensione delle particelle.

2.2 Trattamento dell’igroscopicità dell’aerosolorganico nel modello climatico ECHAM5-HAMNegli anni passati alcuni studi climatici hannostudiato l’effetto della crescita igroscopicadella frazione organica sul forcing radiativodiretto (DRF) degli aerosol impiegando com-posti surrogato come solfato (Liao e Seinfeld,2005) o acido malonico (Ming et al., 2005) ehanno stimato un valore normalizzato percomposti organici di DRF compreso fra -49 e-269 W gOC-1 (Ming et al., 2005). Questa grande variazione nella stima di DRFsuggerisce la necessità di approfondire lo stu-dio dell’effetto dei componenti organici del-l’aerosol nei modelli a circolazione globale(GCMs) e nei modelli climatici. La crescitaigroscopica dell’aerosol è infatti molto sensi-bile alla composizione della frazione organicae al modo in cui questa viene “semplificata” afini modellistici (Mircea et al., 2005). In questa ricerca esploriamo quanto l’igrosco-picità della frazione organica influenzi le pro-prietà ottiche dell’aerosol utilizzando ilmodello ECHAM5-HAM (Stier et al., 2005).La risoluzione del GCM per questo studio eT21 con 19 livelli verticali. Le simulazionisono state fatte con l’inventario delle emissio-ni AEROCOM per l’anno 2000 e trattando lameteorologia a larga scala con la tecnica nud-ging mediante rianalisi dei dati ECMWFERA-40.

3 RISULTATI RILEVANTI

3. 1 L’effetto dell’aerosol organico sulla cresci-ta igroscopica e sull’attivazione dell‘aerosolI composti organici contenuti nelle particelledi aerosol causano una notevole diminuzionedella tensione superficiale delle goccioline dinube in via di formazione, generando unaumento del loro numero di circa il 20%(Facchini et al., 1999; Mircea et al., 2002) efanno sì che le nubi risultino più riflettenti,aumentando il loro effetto di raffreddamentosul clima. Nel caso dell’aerosol marino, èstato dimostrato che l’effetto della componen-te organica emessa nei periodi di alta attivitàbiologica può produrre un aumento del nume-

ro di CCN fino al 100% (O’Dowd et al.,2004). Lo studio sull’impatto dei compostiorganici rappresentativi per l’aerosol di com-bustione di biomasse sulle proprietà igrosco-piche dell’aerosol e sull’attivazione delle par-ticelle di aerosol ha mostrato l’importanza diuna corretta e realistica rappresentazionedella composizione chimica della frazioneorganica ed in particolare della sue proprietàdi solubilità (Mircea et al., 2005). LaFigura 1a mostra i fattori di crescita igrosco-pica (DGF) misurati nella foresta Amazzonicadurante l’esperimento SMOCC e calcolati infunzione del diametro delle particelle di aero-sol al 90% di umidità relativa. Le barre dierrore rappresentano la variabilità osservatanella misura di DGF nell’intervallo temporalecorrispondente al campionamento dell’aero-sol per determinare la composizione. I DGFsono stati calcolati considerando quattro casicorrispondenti a diversi livelli di semplifica-zione del sistema: IS_d – assume i compostiorganici completamente solubili e dissociatiin ioni; insol – li assume completamente inso-lubili; LS_d e LS_u considerano esplicita-mente la solubilità ed i casi di dissociazione(_d) o non dissociazione (_u). Il confrontodelle simulazioni con i dati misurati mostrachiaramente che il modello sovrastima i DGFse non si introduce la solubilità limitata deicomponenti organici (IS_d). D’altra parte, setutto l’aerosol organico è considerato insolu-bile (insol), i valori calcolati per i DGF risul-tano molto inferiori a quelli misurati. Ilmiglior accordo tra il modello e le misure èottenuto quando la solubilità delle specieorganiche è considerata esplicitamente nelcalcolo dell’igroscopicità (LS_d e LS_u). LaFigura 1b mostra il confronto fra concentra-zioni di CCN misurate e calcolate in funzionedella sovrasaturazione per gli stessi casi ripor-tati nella Fig. 1a. Si può vedere che i CCNpredetti nel caso “insol” sono molto inferioria quelli misurati e che un buon accordo tra lesimulazioni e il modello si ottiene solo intro-ducendo la composizione molecolare dell’ae-rosol organico.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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3.2 L’influenza dell’igroscopicità dell’aerosolorganico nel modello climatico ECHAM5-HAMI risultati preliminari di questa ricerca sonostati presentati e discussi in ambito interna-zionale (Mircea et al., 2006). In Figura 1 sonomostrate le differenze sul calcolo dello spes-sore ottico dell’aerosol (AOD) che si ottengo-no considerando la crescita igroscopica dovu-ta ai composti organici rispetto ad una simula-zione di riferimento dove la massa organicadell’aerosol non influenza l’igroscopicità. InFigura si nota in generale un aumento di AODquando si considera la crescita igroscopicadella frazione organica. Questo aumento diAOD è particolarmente rilevante in zone conelevato contributo antropico alle emissioni(regioni Asiatiche nel periodo invernale) enelle regioni con elevata attività di combu-stione di biomasse (Africa centrale estate edinverno). Nel periodo estivo si nota anche unaumento di AOD sulle foreste borealiEuropee.

4 PROSPETTIVE FUTURE

Lo sviluppo di nuove parametrizzazioni del-l’interazione aerosol-acqua partendo danuove rappresentazioni semplificate ma reali-stiche della composizione chimica della fra-zione organica dell’aerosol, delle interazionitra le specie organiche e le specie inorganichecontinuerà nei prossimi anni nell’ambito diprogetti europei e collaborazioni internazio-nali. L’obiettivo finale è l’eliminazione delleassunzioni semi-empiriche attualmente utiliz-zate nei modelli globali per descrivere le inte-razioni aerosol-acqua in regime sottosaturo esovrasaturo.Un primo obiettivo è di approfondire l’effettodell’igroscopicità della frazione organica del-l’aerosol sui processi influenzati dalla distri-buzione chimica dimensionale come lacoagulazione e la rimozione secca e umida nelmodello ECHAM5-HAM. La rappresentazio-ne dell’igroscopicità dell’aerosol nei modelli

Modellistica del clima

57

1.0

1.1

1.2

1.3

1.4

10 100 1000

D(nm)

DGF

HTDMAIS_dinsolLS_dLS_u

Figura 1, a,b: a) I fattori di crescita igroscopica (DGF)misurati e calcolati in funzione del diametro delle parti-celle di aerosol. b) Le concentrazioni di CCN misurati ecalcolati in funzione della sovrasaturazione.

0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0 1.1 1.2S(%)

CCN(cm

-3)

CCNcounterIS_d

insol

LS_d

Ls_u

a)

b)Figura 2: Differenze mensili nello spessore ottico (AOD)in simulazioni con e senza la crescita igroscopica dellafrazione organica dell'aerosol per i periodi gennaio 2000(a) e luglio 2000 (b).

a)

b)

climatici potrà essere migliorata e condurràalla sostituzione dei parametri attualmenteprescritti nei modelli come i tempi di vita del-l’aerosol, attraverso studi sperimentali e dimodellistica. Sarà, inoltre, studiato l’effettodella composizione chimica dell’aerosol sullasua attivazione a scala globale. Questi studisaranno condotti nell’ambito della collabora-zione con il Centro Euromediterraneo per iCambiamenti Climatici (CMCC).

5 RINGRAZIAMENTI

Questa ricerca è sviluppata nell’ambito deiprogetti europei ACCENT (AtmosphericComposition Change: the European Networkof Excellence) ed EUCAARI (EuropeanIntegrated project on Aerosol Cloud Climateand Air Quality interactions ) e del programmaFISR AEROCLOUDS “Studio dell’effettodiretto ed indiretto di aerosol e nubi”. Si ringra-ziano Philip Stier, Sebastian Rast and LuisKornblüh (Max Planck Institute forMeteorology) per l’assistenza prestata nell’im-plementazione del modello ECHAM5-HAM.

6 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Decesari S. et al., 2007. Source Attribution ofWater-Soluble Organic Aerosol byNuclear Magnetic Resonance Spectroscopy.Environ. Sci. Technol., 41: 2479-2484.

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO

La produttività primaria dell’ecosistemamarino, definibile come la produzione di bio-massa mediante fotosintesi da parte del fito-plancton, è strettamente legata ai flussi di car-bonio, azoto e fosforo fra oceano ed atmosfe-ra, e costituisce una delle componenti dei ciclibiogeochimici globali (Sarmiento e Gruber,2006) ed in particolare dei flussi di CO2 fraoceano ed atmosfera. Modifiche nella dinami-ca dell’ecosistema marino possono portare adalterazioni di questi flussi ed a cambiamentidella concentrazione di CO2 atmosferica edell’effetto serra ad essa associato. La corret-ta determinazione della produttività primariain scenari di cambiamento climatico è quindiimportante al fine di stimare i flussi di carbo-nio fra oceano ed atmosfera e l’intensità del-l’effetto serra.L’ecosistema marino non è omogeneo, ma ècaratterizzato da forte variabilità spaziale etemporale della distribuzione di nutrienti,fito- e zoo-plancton e consumatori secondari.Parte di questa disomogeneità è dovuta all’a-zione delle correnti e della turbolenza oceani-ca a mesoscala, attiva fra i 5 e i 200 km circa,

che trasporta e ridistribuisce i nutrienti ed ilplancton. Nel seguito utilizzeremo un model-lo di turbolenza a mesoscala in approssima-zione quasigeostrofica, accoppiato ad unmodello dei livelli trofici inferiori dell’ecosi-stema marino, per studiare come la produttivi-tà primaria e di conseguenza i cicli biogeochi-mici globali siano influenzati dalle struttureturbolente.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

Il fitoplancton necessita di luce e nutrienti perpoter effettuare la fotosintesi, reponsabiledella produttività primaria. Poiché la lucesolare penetra solo negli strati superficiali del-l’oceano, il fitoplancton si osserva general-mente fino a profondità dell’ordine di 100metri, nel cosiddetto “strato eufotico”. Qui, ilciclo vitale del fitoplancton induce un forteconsumo di nutrienti (principalmente diazoto). Affinchè il fitoplancton possa soprav-vivere è necessario un continuo rifornimentodi nutrienti nello strato eufotico. In generale, gli strati oceanici a profonditàsuperiori ai 100 metri sono ricchi di nutrienti,e quando si hanno fenomeni di upwelling

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Produttività primaria dell’ecosistema marino,turbolenza oceanica e cicli biogeochimici globali

A. Bracco2, I. Koszalka

3, C. Pasquero

4, A. Provenzale

1

1Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Torino, Italia2Istituto di Tecnologia della Georgia, Atlanta, Georgia, USA3Dottorato di ricerca in Fluidodinamica, Politecnico di Torino, Italia4Università della California presso Irvine, CA, [email protected]

SOMMARIO: Il ciclo globale del carbonio e la concentrazione atmosferica di CO2 sono influenzati dai flus-si biogeochimici fra oceano ed atmosfera. Questi flussi dipendono dal funzionamento dell’ecosistemamarino; modifiche significative nella dinamica del plancton e nella produttività primaria possono avererilevanti effetti sul clima. La dinamica del plancton, a sua volta, risente degli effetti di trasporto e rime-scolamento indotti dalle strutture a mesoscala quali vortici e fronti, che per questo motivo sono uno degliattori sulla scena della dinamica del clima.

(risalita di acque profonde verso gli stratisuperficiali) lo strato superficiale viene ferti-lizzato. I fenomeni di risalita di acque profon-de sono particolarmente intensi in zonecostiere. In oceano aperto, si ha upwelling incorrispondenza dei fronti, che sono associati avelocità verticali anche relativamente intense,e dei vortici a mesoscala, che inducono uncampo secondario di velocità verticali.Negli scorsi anni sono stati sviluppati diversimodelli per descrivere la dinamica dell’ecosi-stema marino. Una delle possibilità più sem-plici si basa sull’utilizzo di un modello a trecompartimenti, che descrive la dinamica deinutrienti, del fitoplancton e dello zooplancton(modelli NPZ, Nutrient PhytoplanktonZooplankton, si veda per esempio Fasham,1993). Una variante leggermente più com-plessa include il detrito organico sospeso, neimodelli NPZD (Nutrient PhytoplanktonZooplankton Detritus). In questi modelli, il rifornimento di nutrientiviene simulato mediante la considerazioneesplicita delle velocità verticali, o medianteun termine di rilassamento turbolento chedipende dall’intensità dei moti di mescola-mento verticale (Martin et al., 2002, Pasqueroet al., 2005). I nutrienti vengono consumatidal fitoplancton (produttore primario), che asua volta viene consumato dallo zooplanctonerbivoro. Maggiori dettagli su questi modellipossono esser trovati nei lavori citati.I nutrienti, il fitoplancton e lo zooplanctonsono trasportati orizzontalmente, in modosostanzialmente passivo alle mesoscale, dallaturbolenza e dalle correnti oceaniche. Ladinamica a mesoscala in oceano copre appros-simativamente le scale fra i 5 e 200 km, ècaratterizzata da un rapporto d’aspetto frascale verticali ed orizzontali molto piccolo edè dominata dagli effetti della forza di Coriolis.Queste proprietà portano ad una situazione incui l’approssimazione idrostatica è verificatacon buona accuratezza e le velocità orizzonta-li sono di alcuni ordini di grandezza maggioridi quelle verticali (Vallis, 2006). Per questomotivo, la turbolenza a mesoscala può esseredescritta, in prima approssimazione, da forme

semplificate delle equazioni fluidodinamiche(equazioni primitive o approssimazione qua-sigeostrofica barotropica o baroclina). In passato, la turbolenza oceanica a mesosca-la è stata spesso descritta in approssimazionequasigeostrofica (Provenzale, 1999; Bracco etal., 2004). La Figura 1 riporta il campo di vor-ticità, ad un istante fissato, ottenuto mediantela simulazione numerica di turbolenza quasi-geostrofica barotropica (turbolenza bidimen-sionale) forzata e dissipata. È evidente la pre-senza di numerosi vortici coerenti, che con-centrano la maggior parte dell’energia e dellavorticità del flusso e che sono caratterizzati davita media molto lunga rispetto ai tempi tur-bolenti locali. Maggiori dettagli sulla turbo-lenza bidimensionale e sui vortici coerentiposso essere trovati nei lavori citati. In questiultimi anni abbiamo utilizzato i modelli NPZe NPZD, accoppiati con la dinamica del tra-sporto turbolento bidimensionale, per esplora-re alcuni aspetti di base della dinamica degliecosistemi marini (Bracco et al., 2000; Martinet al., 2002; Pasquero et al., 2004, 2005;Koszalka et al., 2007). La Figura 2 riporta,come esempio, la distribuzione di fitoplanc-ton ottenuta da una simulazione del modelloaccoppiato ecosistema marino-turbolenzabidimensionale. Si noti la presenza di fortedisomogeneità e di filamenti di fitoplancton,

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

60

Figura 1: Istantanea del campo di vorticità ad un istantedato, ottenuto mediante simulazione numerica delleequazioni della turbolenza bidimensionale in un caso for-zato e dissipato. Il campo turbolento evolve dinamica-mente nel tempo ma è in una situazione statisticamentestazionaria ove forzante e dissipazione si bilanciano inmedia. Il nero indica vorticità positiva (vortici ciclonici)ed il bianco vorticità negativa (vortici anticiclonici).

in analogia a quanto osservato nelle immaginisatellitari di clorofilla.

3 RISULTATI RILEVANTI

A causa della loro limitata risoluzione, imodelli climatici non sono generalmente ingrado di risolvere le strutture della turbolenzaa mesoscala. La produttività primaria, e quin-di il consumo di anidride carbonica e la pro-duzione di ossigeno, dipendono tuttavia dacome vengono immessi i nutrienti nello stratoeufotico. In oceano aperto l’upwelling èessenzialmente associato a strutture a meso-scala, e dunque possiamo chiederci se la stimadella produttività primaria dipenda da comeviene risolta la frammentazione delle regionidi risalita d’acqua. Per esplorare questo problema, abbiamo con-dotto una serie di simulazioni del modelloaccoppiato ecosistema-turbolenza bidimen-sionale considerando diversi gradi di fram-mentazione delle regioni di upwelling.Abbiamo analizzato una configurazione in cuii nutrienti sono immessi mediante un terminedi rilassamento turbolento, ed abbiamo consi-derato situazioni caratterizzate dalla stessaarea totale di upwelling turbolento, frammen-tata però in modo differente (per esempio,un’unica area di raggio di circa 50 km o molteregioni con raggio minore). Il risultato principale emerso da queste simu-lazioni è che l’intensità della produttività pri-

maria può variare del 300% al variare delgrado di frammentazione, crescendo al cre-scere di quest’ultima. I risultati ottenuti indi-cano dunque che una stima corretta della pro-duttività primaria in oceano aperto richiede lacapacità di risolvere o parametrizzare in modoappropriato la frammentazione delle aree diupwelling. Modelli climatici che non risolvo-no le strutture a mesoscala possono fornirestime della produttività primaria, e dei flussiassociati, con errori superiori al 100%.

4 PROSPETTIVE FUTURE

La turbolenza a mesoscala influenza la dina-mica dell’ecosistema marino in molti modi. Lapresenza di vortici coerenti e fronti porta allaframmentazione delle aree di upwelling coneffetti rilevanti sulla produttività primaria e suiflussi di CO2 fra oceano ed atmosfera (Martinet al., 2002; Pasquero et al., 2005). I vorticipermettono la coesistenza prolungata di speciedi plancton in competizione per le stesse risor-se (Bracco et al., 2000; Pasquero et al., 2004),e la presenza di avvezione orizzontale e didisomogeneità spaziali può rendere non rile-vabile la presenza di oscillazioni non linearinella dinamica del sistema nutrienti-fitoplanc-ton-zooplancton (Koszalka et al., 2007).Nel prossimo futuro, intendiamo ottenere unamigliore rappresentazione delle velocità verti-cali, estremamente importanti nella dinamicadell’upwelling, mediante l’uso di modellibasati sulle equazioni primitive. Per questomotivo, è in corso lo studio della turbolenza amesoscala utilizzando il modello ROMS(Regional Ocean Modelling System), sia inconfigurazione utile per simulare l’oceanoaperto, che in una configurazione adatta allasimulazione della circolazione nel Mar Ligure.Il lavoro sulle condizioni di oceano aperto hafra i suoi scopi lo sviluppo di parametrizzazio-ni della produttività primaria e dei flussi bio-geochimici ad essa associati, che tenganoconto della presenza di strutture coerenti. Illavoro sul Mar Ligure è volto alla costruzionedi un modello sufficientemente realistico perstimare gli impatti della variabilità climatica

Modellistica del clima

61

Figura 2: Istantanea della distribuzione di fitoplancton inuna simulazione del modello accoppiato ecosistema mari-no-turbolenza bidimensionale. I colori chiari indicano pre-senza di fitoplancton. L’area mostrata rappresenta ideal-mente una porzione di oceano aperto con lato 256 km.

sull’ecosistema marino di quest’area, in diver-si scenari di cambiamento climatico.È inoltre in corso la preparazione di un modu-lo semplificato di ecosistema marino da inse-rire in un modello climatico a complessitàintermedia per studi di processo e paleoclima-tici, per descrivere la parte legata all’intera-zione oceano-atmosfera del ciclo globale delcarbonio. La conclusione generale di questi studi è chela turbolenza a mesoscala è una delle compo-nenti importanti dell’ecosistema marino, e nonpuò essere trascurata se si desidera ottenereuna corretta rappresentazione dei flussi bio-geochimici associati alla produttività primaria.

5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Bracco A., von Hardenberg J., Provenzale A.,Weiss J.B., McWilliams J.C., 2004.Dispersion and mixing in quasigeostroph-ic turbulence. Physical Review Letters, 92:doi 084501.

Fasham M., 1993. Modelling the marinebiota, in The Global Carbon Cycle, cura-tore M. Heimann, pp. 457-504, Springer,New York, NY, USA.

Koszalka I., Bracco A., Pasquero C., Provenzale A.,2007. Plankton cycles disguised by turbulentadvection. Theoretical Population Biology:doi 10.1016/j.tpb.2007.03.007.

Martin A., Richards K., Bracco A., Provenzale A.,2002. Patchy productivity in the opeanocean. Global Biogeochemical Cycles. 16:doi10.1029/ 2001GB001449.

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Sarmiento J.L., Gruber N., 2006. OceanBiogeochemical Dynamics. PrincetonUniversity Press, Princeton, NJ, USA.

Vallis G.K., 2006. Atmospheric and OceanicFluid Dynamics. Cambridge UniversityPress, Cambridge, UK.

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

62

1IL PROBLEMA SCIENTIFICO

L’aerosol marino di origine primaria (o spraymarino) rappresenta una delle principali sorgen-ti di aerosol a livello globale e contribuisce albilancio radiativo della terra sia diffondendo laradiazione solare incidente (effetto diretto), chemodificando le proprietà delle particelle chefungono da nuclei di condensazione (CCN) inci-dendo quindi sulle proprietà microfisiche eradioattive delle nubi (effetto indiretto). Lestime del forcing annuale globale (al top dell’at-mosfera) dovuto all’aerosol marino sono di-1,51 e -5,03 Wm-2 rispettivamente per basse edalte emissioni (IPCC 2001); inoltre l’effetto del-l’inclusione di sale marino nella frazione submi-cronica dell’aerosol aumenta la concentrazionedi CCN del 50 % (O’Dowd e de Leeuw, 2007).Se da un lato è riconosciuto da tempo che il salemarino costituisce una frazione rilevante dellaconcentrazione in numero della componentesubmicronica dell’aerosol (O’Dowd e Smith,1993), una funzione sorgente affidabile per l’ae-rosol submicronico non è a attualmente disponi-bile. In aggiunta alla non realistica rappresenta-zione della frazione inorganica dello spray mari-

no, la frazione organica associata non è infattiattualmente rappresentata. È noto fin dalla metadel secolo scorso (Blanchard, 1964) che il mate-riale organico che si concentra sulla superficiedel mare costituisce un componente dello spraymarino, ma la totale mancanza sia della cono-scenza del processo di arricchimento di materia-le organico nell’aerosol che di misure sperimen-tali ha impedito finora lo sviluppo di questo set-tore della ricerca.

2 ATTIVITÀ DI RICERCA

2.1 Osservazioni sulla variabilità stagionaledelle caratteristiche dell’aerosol marinoRecentemente lo sviluppo di sofisticate e sensi-bili tecniche di analisi chimica della componen-te organica dell’aerosol ha portato alla scopertache l’aerosol marino si arricchisce nella frazionesubmicronica di componenti organiche conspiccato carattere insolubile e tensioattivodurante la fioritura del fitoplancton, portando adipotizzare che la componente primaria potessedominare la frazione organica dell’aerosol inperiodi di alta attività biologica (O’Dowd et al.,2004; Cavalli et al., 2005). Questi studi recenti

63

Sviluppo di una funzione sorgente di spray marino per predire la componente organica dell’aerosol marino

M.C. Facchini, S. Fuzzi, M. Mircea Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Bologna, [email protected]

SOMMARIO: L’implementazione delle sorgenti di aerosol dovute a spray marino è oggigiorno ancora unpunto critico nei modelli climatici. In particolare, i modelli correnti mancano ancora della rappresentazio-ne della frazione dimensionale sub-micronica ed includono solamente la parte inorganica (solfato + salemarino). In collaborazione con la National University of Ireland, Galway e nell’ambito di alcuni progettiEuropei abbiamo intrapreso un nuovo approccio per sviluppare una funzione sorgente che combina lecomponenti organiche ed inorganiche dello spray marino utilizzabile nei modelli climatici regionali o glo-bali che includono l’aerosol. La funzione spray marino calcola la concentrazione di aerosol organico inbase alla conoscenza dei campi di velocità del vento e di concentrazione di a-clorofilla da osservazionisatellitari.

condotti nel Nord Atlantico per tre anni (Yoon etal., 2007) hanno mostrato che la frazione submi-cronica dell’aerosol marino è dominata da salemarino nel periodo invernale mentre nel periodoprimaverile ed estivo è dominata dalla compo-nente organica. Questo comportamento stagio-nale è stato legato alla variazione stagionale diclorofilla-a osservata con l’ausilio di dati satelli-tari. In aggiunta al comportamento stagionaledella composizione chimica, è stato anche osser-vato un chiaro andamento stagionale delle pro-prietà microfisiche dell’aerosol marino: in parti-colare si è osservato un aumento del diametromedio delle particelle di aerosol da 100 nm a180 nm, passando dal periodo invernale di bassaattività biologica, al periodo estivo caratterizza-to da alta attività biologica, come mostrato inFigura 1.

2.2 Caratterizzazione delle componenti organi-che primarie nell’aerosol marinoPer identificare la sorgente di materiale organi-co marino sono stati pianificati due esperimentisuccessivi: misure di gradienti di concentrazio-ne a diverse altezze ed esperimenti condotti inlaboratorio di produzione di particelle marine.Misure di gradienti di concentrazione a diver-se altezze (5, 10 e 50 m) sono state eseguitedurante il periodo di alta attività biologica edhanno permesso di discriminare le componen-ti chimiche organiche ed inorganiche di origi-ne primaria.Esperimenti condotti in laboratorio di produzio-ne di particelle marine mediante “bubble bur-

sting” utilizzando acqua marina campionatadurante il periodo di elevata attività biologica,sono stati eseguiti nell’ambito del progettoEuropeo MAP e sono ancora in corso per altriambienti marini (Mar Baltico).

2.3 Sviluppo della funzione “sea spray” cheinclude la componente organicaLe metodologie sperimentali sopra riportate ed irisultati ottenuti sono alla base della sviluppodella funzione “sorgente spray marino” cheinclude la componente organica primaria. Èstato innanzitutto messo a punto un metodo percalcolare l’impatto della attività biologica sullafrazione organica (WIOC) dello spray marino.La metodologia si basa sul calcolo della concen-trazione media di clorofilla-a su una griglia di1000 x 1000 Km ad ovest del punto di campio-namento in direzione delle traiettorie di massed’aria che caratterizzano l’aerosol marino difondo, che arrivano in condizioni medie di velo-cità del vento al punto di campionamento in 48ore. La concentrazione di clorofilla media nellagriglia è poi correlata con la frazione di WIOCmisurata nello spray marino nello stesso inter-vallo temporale.

3 RISULTATI RILEVANTI

3.1 Componenti organiche primarie dello spraymarinoLa misura verticale di gradienti di concentrazio-ni chimiche di componenti primari e secondaridell’aerosol marino hanno mostrato un flussodiretto verso l’alto del sale marino e della com-ponente organica insolubile (WIOC), mentre unflusso netto diretto verso il basso è osservato peril solfato e per la componente organica solubile(WSOC). Questi risultati indicano che i proces-si dominanti di formazione di WSOC sono diorigine secondaria (conversione gas-particella)mentre è verosimile che la sorgente primariaarricchisca la frazione fine dell’aerosol di com-ponenti insolubili (WIOC). In Figura 2 sonoriportati i profili verticali della massa PM1 del-l’aerosol, della concentrazione di sale marino, diWIOC, di solfato non derivante dal sale marino(nss SO4) e di WSOC. L’influenza della zona di

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

64

Figura 1: Variazione stagionale della distribuzione dimen-sionale della concentrazione in numero delle particelle.

emissione costale è limitata in un intervallocompreso fra il 5 e il 20 % della massa ed il flus-so costale misurato è caratteristico di una zonaentro i 5 Km dal punto di campionamento.Una conferma indiretta dei risultati dell’esperi-mento di gradiente verticale proviene da esperi-menti di produzione di aerosol marino in labora-torio, mediante bubble bursting. L’esperimentodi bubble bursting condotto nel laboratorio dellanave oceanografica Celtic Explorer nel giugno2006, utilizzando acqua oceanica ricca di com-ponenti organici ha confermato che l’aerosolmarino primario è composto essenzialmente dasale marino (99 % della massa totale) nella fra-zione grossolana, mentre nella frazione fine siosserva un progressivo arricchimento dellacomponente organica prevalentemente insolubi-le che raggiunge 80% della massa nell’interval-lo dimensionale 0,125 – 0,25 mm.

3.2 Funzione spray marino che include lacomponente organicaLa concentrazione media della clorofilla calco-lata con la metodologia descritta nel precedenteparagrafo 2.3 e stata correlata con la concentra-zione di WIOC normalizzata alla massa totale disale marino. La relazione è mostrata in Figura 3.La composizione relativa per le particelle dispray marino in funzione dei campi di concen-trazione di clorofilla è poi integrata in una fun-

zione-sorgente di sale marino derivata daGeever et al., 2005. Assumendo che lo spraymarino sia mescolato internamente con la com-ponente organica, la funzione sorgente puòessere direttamente implementata in modelli alarga scala che contengono l’aerosol.I risultati preliminari delle simulazioni eseguiticon il modello regionale REMOTE che includeil modello di aerosol M7 (Vignati et al., 2004)sono confrontati con le misure eseguite a MaceHead (Tabella 1).I risultati ottenuti dal calcolo mediante la nuovafunzione sorgente per i periodi di alta e bassaattività biologica si confrontano bene con lemisure: in inverno la componente inorganicadominante è ben riprodotta e rappresenta il 90 –100 % della massa dell’aerosol di spray marinomentre in estate durante il periodo di elevataattività biologica la frazione di WIOC costitui-sce il 50 % della massa dello spray marino.I risultati ottenuti dal calcolo mediante la nuovafunzione sorgente per i periodi di alta e bassaattività biologica si confrontano bene con lemisure: in inverno la componente inorganicadominante è ben riprodotta e rappresenta il 90 –100 % della massa dell’aerosol di spray marinomentre in estate durante il periodo di elevataattività biologica la frazione di WIOC costitui-sce il 50 % della massa dello spray marino.

Modellistica del clima

65

Figura 2. Profili verticali delle concentrazioni normaliz-zate: massa di PM1, sale marino, nss SO42-, carbonioorganico solubile (WSOC) ed insolubile (WIOC). Lebarre di errore rappresentano la deviazione standard dellemisure.

Figura 3: Correlazione fra la frazione del componenteWIOC dello spray marino e la concentrazione di clorofil-la-a (media di griglia 1000 x 1000 Km)

4 PROSPETTIVE FUTURE

L’elaborazione dei risultati degli esperimenti dibubble bursting condotti recentemente permette-ranno di migliorare sia le relazioni empiriche chelegano la concentrazione di WIOC, arricchita nellafrazione submicronica dell’aerosol marino, allaconcentrazione di sale marino, alla concentrazionedi materiale organico particolato (POC) e disciolto(DOC) nell’acqua di mare ed alla concentrazionedi clorofilla - a nell’acqua del mare. La funzionesorgente di spray marino sarà in seguito imple-mentata in modelli climatici nell’ambito del pro-getto Europeo integrato EUCAARI. Questa ricer-ca verrà inoltre integrata nell’ambito della collabo-razione con il Centro Euro Mediterraneo per iCambiamenti Climatici (CMCC).

5 RINGRAZIAMENTI

Questa ricerca è sviluppata nell’ambito dei pro-getti europei MAP (Marine Aerosol Production:Primary & Secondary Marine AerosolProduction from Natural Sources), EUCAARI(European Integrated Project on Aerosol CloudClimate and Air Quality Interactions) eACCENT (Atmospheric Composition Change:the European Network of Excellence). Fra i varipartner internazionali che partecipano a questaricerca, fondamentale è per il nostro gruppo lacollaborazione con la National University ofIreland, Galway.

6 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Blanchard D.C., 1964. Sea to air transport of sur-face active material. Science, 146: 396-397.

Cavalli F., et al., 2004. Advances in characteriza-tion of size-resolved organic matter in marineaerosol over the North Atlantic. J. Geophys. Res.109: D24215, doi:10.1029/2004JD005137.

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Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

66

Tabella 1. Confronto fra misure e simulazionidi spray marino (organico ed inorganico) aMace Head (Irlanda).

Massa7-15Maggio2002

24-30Maggio2002

6-22Maggio2003

Sorgente

(µg/m3) (µg/m3) (µg/m3)

Sale marino 0.25 0.16 1.71 ModelloRemote

Sale marino 0.52 0.55 1.51 Misure

Carbonioorganicoprimario

0.33 0.22 0.02 ModelloRemote

WIOC 0.44 0.34 0.10 Misure

Abouabdillah A., 577Accornero A., 271Acri F., 551Aires F., 43Albani A. D., 205Albertini F., 839Alfieri S. M., 437, 625Aliani S., 263, 291, 793Alimonti M., 761Allegrini I., 315Amalfitano S., 573Amato U., 625Ambrosetti W., 601Amori G., 689Anav A., 487Angeli L., 129, 735Angelini F., 463, 475Antonini A., 381Anzalone E., 147Arca B., 433, 721Arduini J., 471, 475Armeri G. M., 537Aronica S., 533Asioli A., 157Astraldi M., 521Atanassov At., 319Azzali M., 267, 547Azzaro F., 299Azzaro M., 271, 299, 505, 561Bacci L., 809Bacci M., 823Baldi M., 15, 23, 125, 241, 377, 233

Baraldi R., 641Barbante C., 153, 311Barbanti L., 601Barnaba F., 463Baroli M., 557Baronti S., 365, 653, 681Barra Caracciolo A., 573Bartolini D., 743Bartolini G., 233Basilone G., 509, 529, 533, 537Bassano B., 677Bastianini M., 551Bazzani G. M., 813Bellante A., 529Belosi F., 459Benedetti E., 487Benincasa F., 349, 369Bergamasco A., 205, 259, 263, 291Bernardi Aubry F., 551Berretti F., 681Bertolani L., 479Bertoni R., 417, 613Biagi S., 831Bianchi F., 417, 551Bianchini G., 69Bianchini M. L., 513Bindi M., 713Boldrin A., 551Bonafè U., 471, 475Bonanno A., 517, 529, 533, 537Bonasoni P., 471, 475Bonazza A., 805

865

Indice degli Autori

Bordogna G., 253Borghini M., 337Borselli L., 743Bortoli D., 319, 401, 483Boschetti M., 253Boschi C., 831Bottai L., 129, 405, 735Bozzano R., 105, 337Bracco A., 59Braguglia C. M., 843Brandani G., 673Brandini C., 333, 501Brauer A., 295Brivio P. A., 253Brugnoli E., 649, 773Brugnoni G., 245Brunetti M., 117, 225, 229, 409Budgell W. P., 259Budillon F., 173Budillon G., 271Buffa G., 529Buongiorno Nardelli B., 345Buscaino G., 517, 529, 533, 537Buttafuoco G., 237Calanchi N., 295Calfapietra C., 705Callieri C., 613Caloiero T., 237Calzolari F., 471, 475, 483Campanelli M., 447Canali G., 201Canessa B., 373, 413Canu A., 433Capecchi V., 373, 385Capotondi L., 287Caravati E., 613Carbognin L., 205Carbone C., 73Carbone R. E., 113Carfora M. F., 625Carli B., 69Carnazza S., 323Carniel S., 205, 259Carrada G. C., 271Carrara E. A., 601Carrara P., 253Caruana L., 537Caruso G., 561

Casarano D., 585Casoli F., 839Cassi P., 743Catalano G., 271Cavalcante C., 537Ceccanti B., 739Cecchi L., 233Centritto M., 717Cesaraccio C., 433, 657, 661, 765Cescon P., 81, 153, 311Ceseri M., 47Cherubini M., 693Cheruy F., 35, 39, 43, 835Chiarle M., 757Chiesi M., 701, 713Chiggiato J., 259Ciampittiello M., 609Ciattaglia L., 323Ciccarelli N., 221Ciccioli P., 637Cinnirella S., 89, 569, 847Coe R. S., 173Colella S., 525Colin J., 357Como S., 557, 565Congeduti F., 35Contesini M., 613Conversi A., 541Copetti D., 589Corno G., 613Cortesi U., 69Corti S., 17, 541Coscarelli R., 237, 739Coscia M. R., 283Cosmi C., 851Costantini R., 129, 405, 735Cozzi G., 311Crisci A., 121, 241, 385, 405, 629, 669, 673,

777, 785, 801, 809Crisciani F., 541Cristaldi M., 689Cristofanelli P., 471, 475Cucco A., 557, 565Cuomo V., 393, 467, 633, 851Cuttitta A., 509, 529, 533, 537D’Acqui L. P., 645D’Argenio B., 147Dalan F., 117

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

866

Dallai L., 831Dalu G., 15, 125, 233Dalu G. A., 23, 377Damiani A., 487De Angelis P., 661, 705de Bernardi R., 621De Biasi A. M., 793De Chiara G., 121, 241, 785de Dato G., 661De Falco G., 557, 565De Felice A., 547De Filippis T., 413, 823De Girolamo A. M., 573, 577De Luca D., 577De Luca F., 573De Muro S., 557Decesari S., 55, 73, 77, 109, 475Del Bianco S., 69Delle Rose M., 161Dettori M., 657Di Carmine C., 441Di Leo S., 851Di Matteo L., 101, 459Di Menno I., 487Di Menno M., 487Di Nieri A., 537di Prisco G., 277Di Tomaso E., 467Di Vecchia A., 373, 413, 777, 823Dinelli E., 295Dini A., 831Dionisi D., 35D'Isidoro M., 27Donegana M., 169Donnici S., 201, 205Doronzo B., 245Dragone V., 585Duce P., 657, 661, 721, 765Esposito F., 393Esposito M., 357, 437, 625Fabbrici S., 839Facchini M. C., 55, 63, 73, 77, 109, 475Facini O., 665Fasano G., 349, 369Fazi S., 573Fedele F. G., 181Fenzi G. A., 565Ferrari R., 129, 405, 735

Ferraro L., 209Ferreri V., 147Fibbi L., 241, 385, 713Fontana I., 533Fraedrich K., 3Frignani M., 287Furevick B., 835Fuzzi S., 55, 63, 73, 77, 109, 475Gabrielli P., 153, 311Gaetani M., 15, 23, 377Gambaro A., 81Garnier M., 581Gaspari V., 153Gasparini G. P., 521Geloni C., 831Genesio L., 241, 373, 629, 777, 789Genovese S., 533Georgiadis T., 665, 797Geraldi E., 467Gerli S., 197Gherardi F., 831Giacalone G., 529Giaccio B., 181Gianelli G., 831Giardino C., 613Giglio F., 271, 287, 421Ginnetti R., 113Gioli B., 85, 425, 429Giordano R., 819Giovanelli G., 319, 401, 483Giuliani G., 501Giuliano G., 827Giunta G., 437Gobbi G. P., 447, 463, 475Goncharov S., 533Gozzini B., 31, 241, 245, 385, 501, 669Grammauta R., 537Grenni P., 573Griffa A., 341Grifoni D., 31, 233, 385, 769Guala I., 557Guarnieri F., 241Guarracino M., 345Guidi M., 831Guilizzoni P., 197, 295, 593, 605Guzzella L., 605Hedgecock I. M., 93, 137Hempelmann A., 319

indice degli autori

867

Iacumin P., 193Ianniello A., 315Imberger J., 589Incarbona A., 177Innocenti L., 129, 735Iorio M., 173, 303Isaia R., 181Jia L., 361Jung G., 93Kirk E., 3Kostadinov I., 319, 401, 483Koszalka I., 59La Ferla R., 271, 299, 505, 561La Mesa M., 267Laing A. G., 113Laj P., 475Lami A., 197, 295, 593, 597, 605Lanconelli C., 97, 327, 451Landi T. C., 463Lanfredi M., 633Langone L., 271, 287, 295, 421Langone R., 689Lanini M., 681, 365Lauteri M., 649, 693, 761, 773Lenaz R., 421Leonori I., 267, 547Levizzani V., 113Liberti G. L., 35, 39, 43Liddicoat J. C., 173Lionello P., 51Lirer F., 209Lo Porto A., 573, 577, 581Longinelli A., 193, 421Loperte S., 851Loreto F., 637Lucchini F., 295Lunkeit F., 3Lupi A., 97, 327, 451Macchiato M., 633Macelloni G., 389Magliulo V., 357, 437, 625Magni P., 557, 565Magno R., 241, 405, 629, 789Maimone G., 299, 561Maione M., 471, 475Maltese V., 537Manca M., 197, 295, 597, 605, 621Mancini M., 769

Mangoni O., 271Manieri M., 649Marabini F., 189Maracchi G., 23, 31, 47, 85, 121, 129, 233,

241, 245, 353, 365, 373, 377, 381, 405, 413,425, 429, 629, 641, 653, 665, 673, 681, 697,701, 713, 735, 769, 777, 785, 797, 801, 809

Marani D., 843Marchetto A., 197, 295, 593, 597, 605Marinoni A., 471, 475Markova T., 319Maroscia G., 15Marrese F., 241Marsella E., 173Marullo S., 345Masciandaro G., 739Maselli F., 373, 405, 645, 701, 713Masiello G., 393Masieri S., 401, 483Masotti M., 113Massacci A., 781Massetti L., 673Materassi A., 349, 369Matese A., 85, 425, 429Matteucci G., 417, 709Mattioni C., 693Maugeri M., 117, 225, 229, 409Maurizi A., 27Mazzanti B., 241Mazzanti M., 855Mazzola M., 97, 327, 451Mazzola S., 509, 529, 533, 537Melani S., 113, 333, 377, 381Meloni R., 291Menduni G., 241Meneguzzo F., 47, 121, 241, 785Menenti M., 357, 361Messeri G., 31, 669Messina P., 805Miglietta F., 85, 353, 365, 425, 429, 641, 653,

697, 705, 789Miglietta M. M., 51Minervino I., 739Mininni G., 843Mircea M., 27, 55, 63, 73, 77, 109Misic C., 271Modigh M., 271Montesano T., 467

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

868

Monticelli L. S., 299, 561Montini A., 855Morabito G., 597, 613, 617Morabito M., 233, 801, 809Mordenti A., 295Moret I., 81Moriondo M., 713Mortara G., 757Mosello R., 593, 597Motisi A., 665Motroni A., 657, 765Musazzi S., 197, 295, 605Nakajima T., 447Nanni T., 117, 225, 229, 409Nannicini L., 495Nardino M., 665Natale S., 509, 517, 533Nigrelli G., 685Olita A., 509, 517, 533Oreste U., 283Ori C., 421Oriani A., 761Orlandi A., 333, 381, 501Orlandini S., 769, 801, 233Ortolani A., 333, 377, 381, 501Ortolani F., 217Pagliarulo R., 165Pagliuca S., 217Palatella L., 51Palazzi E., 319, 401, 483Palchetti L., 69Palombo M. R., 725Paloscia S., 389Pampaloni P., 389Panzani P., 613Paoluzi A., 839Pappalardo G., 455Paradisi P., 51Pareti L., 839Pasi F., 385Pasini A., 7, 11, 689Pasquero C., 59Pasqui M., 47, 113, 121, 233, 241, 377, 777,

785Passarella G., 581Patti B., 517, 529, 533, 537Patti C., 537Pavese G., 393

Paw U K. T., 721Pellegrini M., 193, 649Pellegrino L., 245Pellizzaro G., 433, 661, 721Pelosi N., 177, 209Pelosini R., 221Peluso T., 541Pensieri S., 105, 337Perilli A., 509, 517, 529, 557, 565Petralli M., 233Petritoli A., 319, 401, 483Petrucci O., 747Piani F., 31, 47, 121, 241, 385, 785Piazza R., 81Picco P., 337Pietrapertosa F., 851Pietrini F., 781Pini R., 169, 185Pirrone N., 89, 93, 137, 397, 569, 847Pisanelli A., 761Piscia R., 597Piva A., 157Placenti F., 537Polemio M., 585, 747Pontoglio S., 859Popov S., 533Portoghese I., 827Povero P., 271Prodi F., 101, 459Provenzale A., 3, 59, 221, 677Puddu A., 573Pugnetti A., 417, 551Purini R., 259, 263Rafanelli C., 323, 487Ragonese S., 513Raicich F., 249Rajagopal S., 565Rapparini F., 641Raschi A., 365, 653, 681, 697Ravaioli M., 271, 287, 417Ravazzi C., 169, 185Ravegnani F., 319, 401, 483Ribera d'Alcalà M., 177Ribotti A., 509, 517, 529Ricciardelli E., 467Riccio A., 437Rinaldi M., 73Roccato F., 471, 475

indice degli autori

869

Rocchi L., 413Rodolfi A., 701Rogora M., 593Rolla A., 609Romano F., 467Ronchi C., 221Rossi F., 665, 797Rossi M., 385Rossini G., 245Ruggieri G., 831Sabbioni C., 805Saggiomo V., 271Sagnotti L., 173Salerno F., 597Salis M., 721Salvador Sanchis M. P., 743Salvatori R., 307Salvia M., 851Santachiara G., 101, 459Santese G., 577Santi C. A., 645Santi E., 389Santinelli C., 495Santoleri R., 345, 525Santoro F., 557Saporito L., 537Scarascia-Mugnozza G., 649, 705, 709Scartazza A., 245Schiano M. E., 105, 337Schröder K., 521Sclavo M., 205, 259Sellegri K., 475Selmo E., 421Selvi F., 365Sempreviva A. M., 835Serandrei-Barbero R., 201, 205Serio C., 393Seritti A., 495Simeone S., 557Simoniello T., 633Sirca C., 661, 721Snyder R. L., 721Socal G., 551Solzi M., 839Sorgente R., 509, 517, 533Sorriso-Valvo M., 739Spaccino L., 649Spano D., 661, 721, 765

Sparnocchia S., 105, 337Speranza A., 117Sprovieri F., 137, 397Sprovieri M., 147, 177, 209Sprovieri R., 177Stefani P., 681Stroppiana D., 253Szpunar G., 689Taddei S., 85, 245Tampieri F., 27Tarchiani V., 823Tartaglione N., 117Tartari G., 479, 589, 597Tartari G. A., 597Tei C., 31, 385Tinner W., 185Tognetti R., 365, 653Tomasi C., 97, 327, 441, 447, 451Tomei M. C., 843Torri D., 743Torrigiani T., 233Toscano P., 85, 425, 429, 789Tranchida G., 537Transerici C., 35, 835Trincardi F., 133, 157, 213Trivellane G., 483Trombino G., 569, 847Tropeano D., 751Turconi L., 751Turetta C., 81, 153, 311Ungaro F., 743Uricchio V. F., 819Vaccari F. P., 85, 245, 353, 365, 429, 653,

697, 789Valev D., 319Vallebona C., 373, 777Vallorani R., 669van der Velde G., 565Vargiu A., 221Vedernikov A., 101Velea L., 35Veneziani M., 341Ventura A., 661, 721Venzac H., 475Verde C., 277Verdicchio G., 133, 213Verhoef W., 361Verza G. P., 475

Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR

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Vescovi E., 185Vetrano A., 521Vignaroli P., 373, 413, 823Villani F., 693Villani P., 475Visconti A., 621Vitale V., 97, 327, 451Viterbi R., 677von Hardenberg A., 677von Hardenberg J., 3, 221Vuillermoz E., 475, 479Vurro M., 827Werner R., 319Wick L., 185Yañez M. S., 743Zaccone R., 561Zaldei A., 85, 365, 425, 429Zara P., 721Zipoli G., 769Zoboli R., 855, 859Zoppini A., 573Zora M., 537

indice degli autori

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