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    Prima edizione: 2009

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    Graficat - Torino

    Progetto editoriale: Lia FerraraProgetto grafico e copertina: Piergiuseppe AnselmoCoordinamento tecnico: Francesco StacchinoDisegni: Bluedit - TorinoImpaginazione: LIV - Cascine Vica (To)

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    Indice

    Tante religioni nel mondo ...................................................................................................................................................4

    La non violenza e il controllo di sé .....................................................................................................................6

    Il serpente e i paesani (Racconto indiano) .............................................................................................................................................6L’inferno e il paradiso (Racconto zen) ...........................................................................................................................................................9Non adirarsi (Vangelo) ........................................................................................................................................................................................................10

    L’amore per l’altro e la fratellanza ....................................................................................................................11

    I due fratelli (racconto mediorientale) ............................................................................................................................................................11Il buon Samaritano (Vangelo) ...............................................................................................................................................................................13Il servitore spietato (Vangelo) ...............................................................................................................................................................................14I due sandali (Racconto indiano) .........................................................................................................................................................................15Il cieco e il paralitico (Racconto orientale) .........................................................................................................................................15

    Essere non avere .......................................................................................................................................................................................16

    Guarda (Racconto indiano) ..............................................................................................................................................................................................16Il Cantico delle creature (Poesia cristiana) .......................................................................................................................................17Il giovane ricco (Vangelo) .............................................................................................................................................................................................18Il dono della vedova (Leggenda buddhista) ........................................................................................................................................19I ricchi e i poveri (Racconto arabo) ................................................................................................................................................................21Lo specchio e il denaro (Racconto ebraico) ......................................................................................................................................22La vera ricchezza (Racconto ebraico) ...........................................................................................................................................................22La perfetta letizia (Fioretto di san Francesco) ...................................................................................................................................24La scodella del mendicante (Racconto sufi) .................................................................................................................................27Le ricchezze non si possono portare con sé (Racconto sikh) ..........................................................................28La Valle delle formiche (Racconto del Corano) .............................................................................................................................31 La mucca sull’isola (Racconto persiano) ................................................................................................................................................32La perla preziosa (Racconto indiano) ...........................................................................................................................................................32

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    Le religioni nel mondo sono tante, come puoi vedere dalla cartina, ma il sentimento religioso è uno solo.

    Tutti gli uomini, da sempre, cercano Qualcosa oltre la vita umana e si pongono il problema di distinguere il bene e il male, la solidarietà e

    l’egoismo, l’amore e l’odio e così via…

    Nella memoria di ogni popolo sono raccolte infinite sto-rie che ci aiutano a capire questi concetti e a co-

    noscere meglio noi stessi. Infatti ci fanno scoprire che i popoli, spesso divisi da frontiere e in lotta tra loro per idee reli-giose molto diverse, hanno in realtà tradi-zioni molto simili: la saggezza ha dunque un cuore antico.

    Tante religioni

    Roma

    La Mecca

    Gerusalemme Benares

    Pechino

    OCEANOATLANTICO

    AMERICADEL

    NORD

    ASIAEUROPA

    AFRICA

    OCEANIA

    OCEANOINDIANO

    OCEANOPACIFICO

    AMERICADELSUD

    OCEANOPACIFICO

    Buddhisti

    Scintoisti e Buddhisti

    Religioni cinesi

    Induisti

    Altre religioni

    Sunniti

    SciitiMusulmani

    Protestanti

    Cattolici

    Ortodossi

    Ebrei

    Cristiani

    Una chiesa cristiana.

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    nel mondoL’unica religione è l’amore

    (Rumi, mistico persiano del XIII secolo)

    Ecco allora racconti che appartengono a religioni diverse, ma mettono in gioco sentimenti di tutti gli uomini, come la fra-

    tellanza, la generosità, l’amore per gli altri.

    Si intrecciano così storie distanti nel tem-po, ma sempre capaci di far riflet-tere e di far pensare anco-ra oggi.

    Ogni religione, in qualunque divi-

    nità creda, ha le sue ce-rimonie e i suoi riti (cioè de-

    gli atti che vengono ripetuti sempre uguali), i suoi luoghi sacri e le sue festività (cioè dei giorni “dedicati” alla religione, diver-si dalla vita di tutti i giorni).

    La moschea, il luogo sacro dell’islam.

    La sinagoga, il luogo sacro degli Ebrei.

    Legenda

    Nel testo troverai alcune abbreviazioni:

    Mt = Vangelo di Matteo

    Mc = Vangelo di Marco

    Lc = Vangelo di Luca

    Gv = Vangelo di Giovanni

    (per il significato della parola Vangelo vedi a p. 7),

    e alcuni simboli che si riferiscono alle religioni di cui si parla:

    buddhismo

    induismo

    islam

    zen

    cristianesimo

    ebraismo

    sikhismo

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    La non violenza e il controllo di sé

    Il serpente e i paesani Racconto indiano

    “Vicino a un piccolo paesino dell’India viveva un enorme serpente, che terrorizza-va gli abitanti dando mor-si mortali a chiunque pas-sasse. Esasperati, i paesa-ni mandarono una delega-zione da un saggio, per la-mentarsi della cattiveria del serpente. Il saggio, a sua volta, si recò dal serpente e gli parlò a lungo, rimproverandolo per la

    sua condotta. Che male gli avevano fatto i paesani? Per-ché causare morte e violenza gra-tuite? Fu così bravo a trovare le pa-role giuste che il serpente, sconvol-to, giurò di correggersi... e manten-ne la parola.Da quel giorno non fu più lo stesso: lui, il terribile serpente, divenne una sorta di lungo verme magro e flaccido, perse tutta la sua forza e non osò più in-ghiottire nemmeno una lumaca.I paesani, che avevano la memoria mol-to corta, iniziarono a prenderlo in giro per la sua debolezza. A che cosa serviva avere quelle zanne velenose se non le usava mai? I bambini gli gettavano pietre o gli sferravano calci ogni volta che lo incontravano.Dopo qualche mese di questa vita, il serpente si stancò di esse-re trattato così. Tutto mogio andò a trovare il saggio e toccò a lui questa volta esporre il suo problema.– Ho fatto tutto quello che mi avevi consigliato, ma ho l’impres-sione di non essere più lo stesso. I paesani non mi temono e non mi rispettano più, mi disprezzano, mi picchiano e io ne ho abba-stanza. Che cosa mi dici adesso?– L’unica cosa che ti posso dire, – rispose il saggio, – è che ti ho proibito di mordere i paesani, ma ti ho forse impedito di si-bilare?”

    Buddha

    Si chiamava in realtà Siddharta Gautama ed era un ricco princi-pe, che viveva nel suo ricco pa-lazzo, lontano da tutte le cose spiacevoli. Un giorno uscì dal suo palaz-zo e incontrò delle persone che soffrivano.Decise allora di scoprire da dove venisse tanto dolore e come si potesse evitarlo. Attraverso una visione capì che per liberarsi dal dolore l’uomo deve distaccarsi dalle cose ter-rene e raggiungere uno stato di quiete chiamato nirvana. Da allora venne chiamato Bud-dha, cioè l’Illuminato, perché aveva scoperto la realtà del-le cose. Predicò la sua dottrina per tutta l’India, ebbe molti se-guaci e fondò una comunità di monaci.Il Buddha non è considerato un Dio, ma viene venerato come insegnante spirituale.

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    Induismo

    La parola “induismo” deriva da indù, che significa “abitante dell’India”. È una religione antichissima e diffu-sa quasi esclusivamente in India. Gli indù credono in molte divinità: le più importanti sono Brahma (il creatore), Vishnu (il conservatore) e Shiva (il distruttore e rinnovatore).Gli indù credono inoltre nella rein-carnazione: ritengono cioè che, al momento della morte, l’anima ab-bandoni il corpo e ritorni a vivere in un altro essere vivente. Scopo di una vita virtuosa è libera-re l’anima di ciascuno (atman) dal ciclo continuo delle rinascite per-

    ché possa ricongiunger-si con l’anima univer-sale (brahman).

    Brahma, Shiva e Vishnu formano insieme una triade divina, detta Trimurti, che è rappresentata in

    questa statua indiana.

    Corano

    È il libro sacro dei musulma-ni (i seguaci dell’islam) ( vedi a p. 20). In arabo si-gnifica “libro delle letture”. Esso contiene la dottrina di Allah rivelata a Muhammad ( vedi a pp. 20 e 30) in so-gno dall’angelo Gabriele.

    Questo racconto ci fa pensare all’insegnamen-to di Buddha, il principe “illuminato” Siddhar-ta, vissuto in India 2500 anni fa e iniziatore

    di una corrente di pensiero chiamata appunto buddhismo.

    Uno dei principi della sua dottrina era la co-siddetta via di mezzo, cioè la necessità di equilibrare il proprio comportamento tra i due estremi della debolezza e della rinuncia

    da un lato e della violenza dall’altro. Se-condo il Buddha, insomma, se la vio-

    lenza non era risolutiva non lo era neppure la debolezza.

    Con la mano destra il Buddha esegue un gesto che esprime il donare e il ricevere.

    Una pagina di Corano manoscritta.

    Buddhismo

    È l’insegnamento del Buddha.La vita di un buddhista è basata sull’onestà, la moderazione, la giu-stizia e la saggezza. I monaci seguono regole ancora più rigide, non devono possedere nulla e devono mendicare per mangiare. Il Buddhismo è nato in India ma oggi è diffuso in molti altri Paesi, special-mente in Asia.Anche in Occidente è molto apprez-zato.

    La non violenza è dunque un imperativo religioso: è la benevolenza universale, l’“amore puro” come si trova predicato nei testi sacri dell’induismo, nel Corano e nei Vangeli.

    Vangeli

    Sono 4 libri che raccontano le azio-ni e le parole di Gesù ( vedi a p. 12). Essi sono contenuti nel Nuovo Testamento, che per i cristiani com-pleta l’Antico Testamento, il quale è anche il libro sacro degli Ebrei. L’in-sieme di Antico e Nuovo Testamen-to è detto Bibbia ( vedi a p. 25).

    Una pagina di Vangelo manoscritta.

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    Un atteggiamento simile è stato adottato in tempi molto più recenti dall’in-diano Gandhi, colui che guidò l’India alla liberazione dall’Inghilterra.

    La non violenza era infatti un principio della sua azione politico-sociale: Gandhi rifiutava la violenza come strategia di lotta, in quanto la violenza suscita solamente altra violenza.

    Di fronte ai violenti e agli oppressori, però, non era passivo, ma proponeva una strategia che consisteva:

    � nella resistenza passiva, cioè il non reagire alle provocazioni dei violenti� e nella disobbedienza civile, vale a dire il rifiuto di sottoporsi a leggi ingiuste.

    Ecco alcune delle sue riflessioni in proposito:

    “La non violenza è il primo articolo della mia fede e l’ultimo del mio credo.”

    “Sono un incorreggibile ottimista. Il mio ottimismo si fonda sul-la mia convinzione che ogni individuo ha infinite possibilità di sviluppare la non violenza. Più l’in-dividuo la sviluppa, più essa si diffonderà come un contagio che a poco a poco contaminerà tutto il mondo.”

    “Non c’è liberazione per alcuno su questa terra, né per tutta la gente di questa terra, se non attra-verso la verità e la non violenza, in ogni cammino della vita, senza eccezione.”

    Gandhi

    Mohandas Gandhi, nato in In-dia nel 1869, studiò legge in Inghilterra. Dopo un soggiorno in Africa tor-nò in India, nel 1915, con il proposito di ottenere per la sua patria l’indipendenza dall’In-ghilterra, attraverso il metodo della non violenza. L’India divenne indipendente nel 1947. L’anno successivo fu ucciso da un indù. Il soprannome con cui Gandhi è noto è Mahatma, cioè “grande anima”.

    Mohandas Karamchand Gandhi (1869-1948), il padre della non violenza.

    La necessità di contenere la collera emerge anche da un antico racconto zen.

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  • L’inferno e il paradiso Racconto zen

    “Un giorno, un samurai [antico guerriero giapponese] si presentò da-vanti al maestro zen Hakuin e gli domandò:– Esistono veramente l’inferno e il paradiso? E se sì, dove si tro-vano le loro porte?Hakuin lo guardò fisso e poi chiese a sua volta:– Chi sei tu per fare una domanda del genere?– Sono un samurai, il primo dei samurai...– Tu? Un samurai? – disse con disprezzo il maestro.

    – Sembri piuttosto un mendicante.Rosso di collera, il samurai sguainò la sua sciabola...– Hai addirittura una spada? Sarai

    sicuramente troppo maldestro per tagliarmi la testa...

    Il guerriero, fuori di sé, alzò la sciabo-la per uccidere il maestro. Ma proprio

    in quel momento Hakuin mormorò: – Qui si aprono le porte dell’inferno.

    Disorientato dalla pacatezza del monaco, il samurai rimise la sciabola nel fodero e s’inchinò.– Qui si aprono le porte del paradiso, – disse allora il maestro.”

    La non violenza, la necessità di controllarsi sono al centro dell’insegnamento di Gesù e del cristianesimo: dal Vangelo ricaviamo l’elogio della mitezza e l’invito a non adirarsi anche con chi è malvagio. Diceva infatti Gesù:

    “Beati i miti, perché erediteranno la terra” Mt 5,5.

    Gesù e il cristianesimo

    Gesù era un Ebreo, nato a Betlemme, anche se la sua famiglia era originaria di Na-zaret (vedi la cartina a p. 12). Quando egli nacque la sua terra era dominata dall’Im-pero romano e molte persone si sentivano oppresse e scontente. La sua vita ci è narrata dai Vangeli ( vedi a p. 7), che spiegano come Gesù fosse il Messia (parola ebraica) o il Cristo (parola greca) cioè “l’unto del Signore”, perché coloro che veni-vano scelti da Dio per mansioni particolari ricevevano un sigillo fatto con l’olio. Per i suoi seguaci Gesù è figlio dello stesso Dio in cui credono gli Ebrei ( vedi a p. 12), divenuto uomo e morto in croce per salvare gli uomini dai loro peccati. Per questo si parla di Gesù anche come del Salvatore. I seguaci di Gesù si chiamano cristiani e la loro religione è il cristianesimo. Le parole e i miracoli di Gesù, narrati dai Van-geli, devono essere di esempio per tutti i cristiani (radunati nella comunità fondata da Gesù stesso, la Chiesa), che devono ispirare il loro comportamento all’insegna-mento di Gesù. I cristiani credono che dopo la morte in croce e la sepoltura, Gesù

    sia risorto, cioè tornato a nuova vita, eterna, presso Dio. Essi credono inoltre che un giorno Dio farà resuscitare tutti i suoi figli, come Gesù.

    Il volto di Cristo in un’icona orientale.

    Zen

    È un termine che definisce il buddhismo giapponese. Il buddhismo arrivò in Giappo-ne attraverso la Cina. Obietti-vo dello zen è raggiungere uno stato di illuminazione interiore (satori) a cui si arriva mediante la pratica della meditazione. La meditazione è uno stato di con-centrazione a cui si giunge at-traverso varie pratiche.

    Il simbolo dello Yin e dello Yang, comune allo zen e ad altre

    religioni orientali, rappresenta l’universo con i suoi elementi

    contrapposti: da una parte la luce, il

    sole, l’elemento maschile,

    dall’altra il buio, la terra,

    l’elemento femminile.

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    Non adirarsi Vangelo

    “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccide-re; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio [il tribunale ebraico]; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna [il luogo dove andavano dopo la morte i malvagi secondo gli Ebrei]. Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricor-di che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliar-ti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.” Mt 5,21-25

    E ancora:

    “Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti per-cuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due.” Mt 5,38-42Anche nel momento in cui Gesù venne arrestato e affrontò la sua pas-sione non tollerò che si usasse violenza e invitò ad abbandonare l’ira:

    “Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacer-dote staccandogli un orecchio. Allora Gesù gli disse: ‘Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada’.” Mt 26,51-52Attenzione: neanche l’atteggiamento di Gesù è passivo. Egli sapeva di dover andare incontro a un destino di morte per adempiere al disegno di salvezza voluto da Dio, suo Padre, per gli uomini e accetta una mor-te atroce e violenta in nome di un bene più grande. Del resto anche Ghandi ( vedi a p. 8) invitava a rispondere al male con il bene:

    “Per una scodella d’acqua, rendi un pasto abbondante; per un saluto gentile, prostrati a terra con zelo; per un semplice soldo, ripaga con oro; se ti salvano la vita, non risparmiare la tua.

    Occhio per occhio e dente per dente

    È una legge molto antica a cui si attenevano un tempo gli Ebrei e altri popoli del Medio Oriente. È nota anche come “legge del taglione” e in base a essa chi aveva ricevuto un torto reagiva facen-do a sua volta un torto al colpevole.

    Beato Angelico, particolare da La cattura di Cristo, 1450

    Passione di Cristo

    Insieme alla morte e alla resurre-zione è il momento culminante della vicenda umana di Gesù, che fu arrestato e condannato a mori-re perché i sacerdoti ebraici e il governatore romano lo riteneva-no un pericoloso nemico. Lo sco-po del suo farsi uomo tra gli uomini fu appunto quello di “patire”, per accollarsi tutti i peccati dell’uma-nità, in modo che gli uomini potes-sero riconciliarsi con Dio, attraver-so la sua morte in croce. La sera prima della sua morte egli, duran-te la cena con i suoi discepoli ( vedi a p. 18) spezzò il pane e ver-sò il vino per fare memoria del suo sacrificio sulla croce. I cristiani in-fatti commemorano questo episo-dio durante la celebrazione euca-ristica, in cui ricevono il corpo e il sangue di Cristo.

    Salvezza

    Lo scopo della venuta di Gesù è quello di salvare gli uomini e di permettere ai giusti la vita eterna presso Dio. Gli ingiusti, invece, sa-ranno condannati per l’eternità.

    Così parole e azione del saggio riverisci; per ogni piccolo servizio, dà un compenso dieci volte maggiore. Chi è davvero nobile, conosce tutti come uno solo e rende con gioia bene per male.”

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    L’amore per l’altro e la fratellanza

    I due fratelli Racconto mediorientale

    “C’erano una volta due fratelli che coltivavano insieme un pezzo di terra e si dividevano il raccolto. Una notte, dopo aver riposto ognuno la propria parte, uno dei due si svegliò e pensò:‘Mio fratello è sposato e ha due figli: preoccupazioni e spese che a me sono risparmiate. Dunque ha bisogno del grano più di me. Gli porterò qualche sacco di nascosto, perché sono sicuro che se glielo proponessi rifiuterebbe’.Si alzò, portò qualche sacco nel fienile di suo fratello e tornò a dormire. Ma poco più tardi l’altro fratello si svegliò e disse fra sé:‘Non è giusto che io abbia la metà del grano del nostro campo. Mio fratello non conosce le gioie della vita fami-gliare. Ha bisogno di uscire e divertirsi, tutte cose che costano molto. Gli porterò una parte del mio grano’.E si alzò per portare qualche sacco nel fienile del fratel-lo.L’indomani mattina, entrambi i fratelli restarono stupe-fatti: in tutti e due i fienili c’era lo stesso numero di sac-chi del giorno precedente.E ogni anno, al momento del raccolto, ricominciavano da capo, senza mai capire per quale sortilegio il numero dei rispettivi sacchi restava sempre identico.”

    Nessuno dei due fratelli pensa a se stesso: l’amore per l’altro viene prima di tutto. Questo è un esempio di altruismo, che è l’atteggia-mento di chi pensa agli altri prima che a se stesso (il suo contrario è l’egoismo).

    L’altruismo fu proprio al centro della predicazione di Gesù ( vedi a p. 9), che diceva:

    “Uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.” Mt 23,8.

    Egli spiegò anche quale fosse il comandamento principale per chi decideva di seguirlo:

    “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comanda-menti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo [cioè gli altri, quelli che sono attorno a noi] tuo come te stesso.” Mt 22,37-39.

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    Ebraismo

    L’ebraismo è la religione del popolo ebraico, chiamato an-che Israele. La storia di que-sto popolo, scelto da Dio e a cui Dio donò una terra, il Ca-naan, è narrata nell’Antico Testamento ( vedi a p. 25). Gli Ebrei sono monoteisti, cioè credono in un solo Dio, JHWH che ha stretto con gli uomini un’alleanza indisso-lubile. Gli Ebrei credono che un gior-no JHWH manderà un Mes-sia a salvare definitivamente il suo popolo da ogni oppres-sione. Un gruppo di Ebrei, 2000 anni fa, riconobbe in Gesù ( vedi a p. 9) il Messia pro-messo, il rinnovatore dell’al-leanza. Questo fu il gruppo dei primi cristiani.

    Padre

    Gesù è Figlio e si rivolge al Dio degli Ebrei chia-mandolo Padre. Dio è il creatore del mondo, paziente, buono e misericordioso. Il cristia-nesimo ( vedi a p. 9), l’ebraismo e l’islam ( vedi a p. 20) sono religioni monotei-ste, cioè credono in un unico Dio, ma per i cristiani è un Dio in tre Persone (appunto il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Quest’ultimo è Dio, la sua forza e il suo amore). Queste tre Persone costituisco-no quella che i cristiani chiamano Trinità.

    Torah

    Questa parola ebraica significa “insegna-mento”, ma più comunemente si traduce con “Legge”. La Torah scritta consiste nei primi cinque libri della Bibbia ( vedi a p. 25), che contengono, tra l’altro, i Comanda-menti dati da Dio a Mosè sul monte Sinai ( vedi a p. 18) come sigillo dell’alleanza. Nella Torah vi sono inoltre altre norme che riguardano la preghiera, i vestiti, il cibo e altro.

    Masada

    MAR M

    EDIT

    ERRANEO

    TRACONITIDE

    DamascoSidone

    Tiro Cesarea di Filippo

    CorazinCafarnao

    Màgdala

    TiberiadeCana

    Nazaret

    Naim

    CesareaMarittima

    Betsaida

    HippoDione

    Gadara

    PellaScitopoli

    M. Carmelo

    M. Tabor

    M. Garizim

    Samaria

    ArimateaEfraim

    Gerasa

    Filadelfia(Rabbat-Amman)

    Betaniadi Transgiordania

    Gerico

    Sichar

    EmmausJamnia

    Ascalona

    GazaHerodium

    Gerusalemme

    Macheronte

    BetaniaBetlemme

    Gio

    rdan

    o

    Lagodi Tiberiade

    DECAPOLI

    GIUDEA

    Mar

    M

    orto

    FENICIA

    SIRIA

    ITUREA

    GAULANITIDE

    GAL

    ILEA

    SAMARIA

    PEREA

    IDUMEA

    Des

    erto

    diG

    iuda

    QmranConfini del regnodi Erode il Grande

    Tetrarchia di Archelao(4 a.C. - 6 d.C.)

    Tetrarchia di Erode Antipa(4 a.C. - 39 d.C.)

    Tetrarchia di Filippo(4 a.C. - 34 d.C.)

    Territorio delle dieciCittà Libere (Decapoli)

    Capoluogo di Tetrarchia

    Residenza delProcuratore romano

    50 km

    La Palestina al tempo di GesùGesù spiegò meglio quale fosse il significato di prossimo. Egli infatti, con il suo insegnamento, precisò alcuni contenuti dell’ebraismo e l’in-terpretazione della Torah.

    “Avete inteso che fu detto [nella Torah]: ‘Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico’; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vo-stro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? […] E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straor-dinario? […] Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.” Mt 5,43-48Spesso Gesù precisava meglio il suo insegnamento usando delle parabole. Volendo spiegare con chiarezza che il culmine dell’altruismo e dell’amore per gli altri è amare anche chi ci è nemico, si servì ap-punto di una parabola. Al tempo di Gesù, i Samaritani (cioè gli abitanti della regione della Samaria, in Palestina. Vedi la cartina qui a fianco) non erano affatto visti di buon occhio (l’ostilità tra Giudei e Samaritani risaliva in realtà a tempi più antichi, tanto che i Samaritani avevano un loro tempio e non riconoscevano quello di Gerusalemme).

    Ma un Samaritano in una parabola, raccontata a un dottore della Legge, cioè un Ebreo esperto nella lettura della Torah, si comporta con vera fratellanza.

    Sopra un rotolo della Torah;sotto Dio Padre con la barba bianca, indice di saggezza.

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    Parabole

    Sono insegnamenti pro-posti sotto forma di bre-ve racconto. Gesù ambientava que-ste sue narrazioni nel-la società del suo tem-po, in modo che le sue parole risultassero sem-plici e comprensibili al popolo.

    Il buon Samaritano Vangelo

    “Un uomo scendeva da Gerusa-lemme [la capitale della Giudea, la città più importante della Palestina ai tempi di Gesù] a Gerico [altra città della Giudea] e incappò nei bri-ganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne an-darono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacer-dote [un uomo che presiedeva alle cerimonie religiose nel Tempio] scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita [un uomo della tribù di Levi. Gli Ebrei erano infatti divisi in 12 tribù. I leviti immolavano gli animali in sacrificio al Tempio], giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, ver-sandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo asino, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: ‘Abbi cura di lui e ciò che spende-rai in più, te lo restituirò al mio ritorno’. ‘Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?’ Quegli rispose: ‘Chi ha avuto compassione di lui’. Gesù gli disse: ‘Va’ e an-che tu fa’ lo stesso’.” Lc 10,29-37

    Il comportamento del Samaritano è quello di chi considera tutti gli uomini, senza distinzione, fratelli. Il comportamento del sacerdote e del levita è molto negativo, considerando che si tratta di uomini “sacri”, che dedicavano la loro vita al Signore.

    Pieter Brügel il Vecchio, Parabola dei ciechi, 1568.

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  • 14

    Regno dei cieli

    Gesù nella sua predicazione annunciò la venuta del regno dei cieli (o regno di Dio), che si attua già su questa terra ma giungerà a compimento solo nel tempo a venire. Gesù non ne diede una descrizione vera e propria, ma ne parlò come di una situazione in cui la Giustizia e la salvezza di Dio erano vive e operanti.

    Apostoli

    Coloro che seguivano Gesù nella sua predicazio-ne: era un gruppo scelto di 12 persone che, per stare con Gesù, lasciarono tutto (casa, famiglia, lavoro) vivendo della carità altrui.Ecco una parabola ( vedi a p. 13) che spiega

    che cosa succede a chi non perdona.

    Il servitore spietato Vangelo

    “Il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti [monete]. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: ‘Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa’. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò [rese nullo] il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: ‘Paga quel che devi!’. Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: ‘Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito’. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: ‘Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?’. E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini [le guardie], finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuo-re al vostro fratello.” Mt 18,23-35

    Amare il nostro prossimo vuol anche dire essere feli-ci per lui, anche se la sua felicità per noi è una scon-fitta. Questo ci insegna il seguente racconto dell’India contemporanea.

    � La compassione è la parola chiave per amare i nemici. La pratica della compassione è un insegnamento comu-ne ad altre religioni.

    � Un altro dei valori principali della fratellanza è il per-dono, che per un cristiano è sempre centrale. Ecco le parole di Gesù rivolte a uno dei suoi apostoli, Pietro:

    “Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: ‘Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?’. E Gesù gli rispose: ‘Non ti dico fino a sette, ma fino a set-tanta volte sette’.” Mt 18,21-22

    Naturalmente Gesù non intendeva riferirsi a un numero preciso. “Settanta volte sette” è un modo per dire “sem-pre”, tutte le volte cioè che riceviamo un’offesa.

    Gesù con gli apostoli. Tempera di Duccio di Buoninsegna, 1308-1311.

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  • 15

    I due sandali Racconto indiano

    “In india i treni sono sempre molto affollati. Un giorno, un pas-seggero che stava addirittura seduto sul tetto di un vagone, perse uno dei suoi sandali, che cadde al suolo. Subito l’uomo prese il secondo sandalo e lo gettò lungo la strada.Uno dei passeggeri che erano seduti accanto a lui se ne stu-pì. Allora l’uomo gli spiegò: ‘Non mi serve a nulla un sanda-lo solo. E se qualcuno trovasse quello che è caduto, non saprebbe che farsene nemmeno lui. Tanto vale che li trovi tutti e due!’.”

    Un bell’esempio di solidarietà, cioè di aiuto reciproco tra gli uomi-ni. La solidarietà dovrebbe essere uno dei principi fondamentali nei rapporti umani, come spiega il seguente racconto della tradizione orientale.

    Il cieco e il paralitico Racconto orientale

    “C’erano una volta, in una città dell’Asia, due uomini molto sfortunati: uno era cieco, l’altro aveva le gambe paralizzate. Entrambi erano po-veri, talmente poveri che pregavano tutti i gior-ni il cielo perché togliesse loro la vita. Perché continuare a vivere così disgraziatamente?Un giorno il cieco, che era andato a mendicare sulla piazza del mercato, sentì i lamenti del paralitico. Le sue suppliche lo commossero:

    aveva finalmente trovato un fratello che soffriva come lui! Gli si sedette accanto e chiacchierarono. Bastò qualche ora per farli diventare amici.– Io ho i miei mali e tu i tuoi: uniamoli, – propose il cieco, – saranno meno terribili.– Ahimé – rispose il paralitico. – Io non posso fare

    nemmeno un passo e tu non ci vedi. A che cosa servirebbe unire le nostre miserie?

    – A che cosa? – replicò il cieco. – Ma è semplice: a noi due! Abbiamo tutto quello che ci

    serve: io ho le gambe e tu hai gli occhi. Io posso portarti in braccio e tu puoi farmi da guida. Io camminerò per te e tu vedrai per me.

    Qualche minuto dopo, il mercato chiuse e i due amici imboccarono la strada verso un nuovo destino, con un bel sorriso che illuminava loro il viso.”

    Gesù compì molti miracoli, risanando ciechi (in alto a sinistra il cieco risanato di Duccio di Buoninsegna, 1308) e storpi (in basso il paralitico risanato in una miniatura del XV secolo).

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  • 16

    Essere non avere

    Guarda Racconto indiano

    “C’erano una volta un uomo mol-to ricco e uno molto povero. Avevano tutti e due un figlio e vivevano ai lati opposti di una grande collina.Un giorno, l’uomo molto ricco portò suo fi- glio in cima alla collina e, abbracciando tutto il paesaggio con un gesto delle braccia, gli disse:– Guarda, un giorno tutto questo sarà tuo!Nello stesso momento, l’uomo molto povero portò suo figlio sull’altro versante della collina e, davanti al sole che illuminava la pianura, gli disse semplicemente:– Guarda!”

    È un grande insegnamento per noi uomini di oggi, che glorifichiamo il possesso e diamo valore solo al denaro e che diamo molto più valore all’avere piuttosto che all’essere.

    Ma quando camminiamo in mezzo alla natura o ci troviamo davanti a un bel paesaggio,

    San Francesco

    Francesco d’Assisi (in Umbria) nacque nel 1181 da un ricco mercante. Dopo una gio-vinezza spensierata, lasciò il lusso della casa paterna per vivere in povertà secon-do l’insegnamento di Gesù. Visse nelle cit-tà, in mezzo ai poveri e agli emarginati, cu-rando i malati e dando sollievo agli infelici. Ai suoi seguaci diede il nome di “frati mi-nori”. Morì in estrema povertà nel 1226, dopo aver ricevuto sulle mani, i piedi e il costato le stigmate, cioè i segni della pas-sione di Gesù ( vedi a p. 9).

    San Francesco riceve le stigmate. Affresco di Giotto, 1296-1298.

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  • 17

    La predica di San Francesco agli uccelli. Miniatura del XIV secolo.

    dobbiamo ricordarci che questi sono beni comuni e che costituiscono per tutti una ricchezza. Lo aveva capito bene san Francesco, che nel famoso Cantico delle creature ringraziava Dio per le bellezze naturali.

    Il Cantico delle creature Poesia cristiana

    “Lodato sii mio Signore, insieme a tutte le creature specialmente il fratello sole, il quale è la luce del giorno, e tu tramite esso ci illumini. Ed esso è bello e raggiante con un grande splendore: simboleggia Altissimo la tua importanza. Lodato sii o mio Signore, per sorella luna e le stelle: in cielo le hai formate, chiare preziose e belle. Lodato sii, mio Signore, per fratello vento, e per l’aria e per il cielo; quello nuvoloso e quello sereno, ogni tempo tramite il quale alle creature dai sostentamento. Lodato sii mio Signore, per sorella acqua, la quale è molto utile e umile, preziosa e pura. Lodato sii mio Signore, per fratello fuoco, attraverso il quale illumini la notte. È bello, giocondo, robusto e forte. Lodato sii mio Signore, per nostra sorella madre terra, la quale ci dà nutrimento e ci mantiene: produce diversi frutti variopinti, con fiori ed erba.”

    Francesco per i cristiani è un san-to importante e noto per aver volu-to vivere in assoluta povertà, pro-prio come aveva insegnato Gesù ( vedi a p. 9). Ecco alcune parole di Gesù sulla povertà riportate nel Vangelo ( vedi a p. 7):

    “Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola [tarma] e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; ac-cumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né rug-gine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.” Mt 6,19-21

    Dunque per Gesù la vera ricchezza non consiste nei beni materiali, ma in ciò che portiamo nel nostro cuore. Per questo, a chi voleva seguirlo, Gesù chiedeva una scelta estrema, come si vede alla pagina seguente.

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  • 18

    Comandamenti

    Sono le parole della Legge ( vedi a p. 12) che Dio die-de a Mosè durante il viaggio in cui egli guidò gli Ebrei, che erano schiavi in Egitto, attraverso il deserto per rag-giungere la Terra promessa da Dio al popolo ebraico, cioè il Canaan (vedi cartina a p. 12). Sul Monte Sinai Dio diede a Mosè due tavole di pietra con i Dieci Coman-damenti che regolavano il rapporto tra gli uomini e Dio e tra gli uomini fra loro. Ai comandamenti si attengono oggi Ebrei e cristiani.

    Discepoli Sono tutti coloro che seguivano l’insegnamento di Gesù, tra cui si distinguevano i 12 apostoli ( vedi a p. 14).

    Mosè riceve le Tavole della Legge. Dipinto di Marc Chagall, 1931.

    Il giovane ricco Vangelo

    “Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: ‘Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?’. Egli rispose: ‘Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i Comandamenti’. Ed egli chiese: ‘Quali?’. Gesù rispose ‘Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso’. Il giovane gli disse: ‘Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?’. Gli disse Gesù: ‘Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dàllo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi’. Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze. Gesù allora disse ai suoi discepoli: ‘In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripe-to: è più facile che un cammello [una corda] passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli ( vedi a p. 14)’. A queste parole i discepoli rimasero costernati [stupiti] e chiesero: ‘Chi si po-trà dunque salvare?’. E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: ‘Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile. Allo-ra Pietro prendendo la parola disse: ‘Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?’. E Gesù disse loro: ‘[…] Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi’.” Mt 19,16-29

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  • 19

    Tempio di Gerusalemme Il Tempio fu fatto costruire da re Salo-mone nel 1000 a.C. del calendario cri-stiano. Era considerato il luogo in cui il Signo-re era particolarmente presente in mez-zo al suo popolo e dove Israele poteva in-contrarsi con lui. Esso è descritto nella Bibbia ( vedi a p. 25) in tutto il suo splendore. Nel 587 fu distrutto dai Babilonesi. Rico-struito in seguito, fu nuovamente distrut-to, questa volta dai Romani nel 70 d.C. Nel Tempio si andava a pregare e a offrire sacrifici a Dio. Nel Tempio era custodita l’arca dell’al-leanza che conteneva le Tavole della Leg-ge. Essa si trovava in una parte del Tem-pio a cui aveva accesso solo il Sommo sacerdote. Miniatura che rappresenta il Tempio di Gerusalemme.

    Secondo Gesù ( vedi a p. 9) i peccati più gravi in cui incorrevano i ricchi erano l’avidità e l’avarizia, che egli condannava severamente. In particolare era indignato dall’apparente generosità dei ricchi che portavano l’ele-mosina al tesoro del Tempio di Gerusalemme: in realtà la loro non era vera generosità.

    “Sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: ‘In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere’.” Mc 12,41-44

    Veramente generoso è chi dà senza risparmiarsi. È sorprendente come, in questo caso, l’insegnamento di Gesù sia vicino a quello del Buddha ( vedi a p. 6), raccontato in questa leggenda.

    Il dono della vedova Leggenda buddhista

    “Seduto sotto un grande albero fiorito, il Buddha insegnava fin dal primo mat-tino, e centinaia e centinaia di persone venivano ad ascoltare le sue parole. Posata accanto a lui, teneva una campanella di cristallo. Un giorno un disce-polo gli domandò a che cosa servisse quella campanella. – La farò tintinna-re quando si presenterà qui una persona di grande generosità, – rispose il Buddha. Queste sagge parole giunsero all’ orecchio di un re molto potente. – Sarò coperto di gloria se il Buddha in persona mi designerà come l’uomo più generoso, – pensò. Il sovrano fece caricare sulla groppa di dieci ele-fanti delle enormi ceste traboccanti di pietre preziose, stoffe rare e monete d’oro e d’argento. Poi si mise in cammino per deporre quelle offerte ai piedi del Buddha. Lungo la strada, incontrò una mendicante che camminava a piedi

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  • 20

    nudi nella polvere. Uno dei servi del re ebbe pietà di tanta miseria e versò nelle mani della povera donna una piccola manciata di riso. Anche la donna desiderava con tutto il cuore offrire un dono al Buddha, ma non aveva nulla da dargli. All’apparire del re con il suo corteo di elefanti, la folla gli fece largo, abbagliata. Il re ordinò ai suoi uomini di rovesciare il contenuto delle ceste davanti al saggio: mai prima di allora un simile tesoro si era visto brillare sotto il sole. Buddha fece un cenno al sovrano e lo invitò a sedersi tra i suoi discepoli. Il monarca aspettava, orgoglioso, che il suo gesto generoso gli venisse riconosciuto, ma nessun suono venne a turbare la pace della sera. Subito dopo, la vecchia donna coperta di stracci riuscì a farsi largo fra i presenti e si presentò da-vanti al saggio. Nella mano tremula stringeva la manciata di riso, che depose con umiltà ai piedi del Buddha. Il saggio la ringraziò e fece tintinnare gioiosamente la campana di cristallo. Indignato, il re si alzò in piedi: come poteva quella misera manciata di riso avere più valore della fulgida montagna di gemme che lui aveva offerto? Buddha prese tra le sue le mani della vecchia donna e dichiarò alla folla in attesa: – Vedo che siete sorpresi. Eppure questa donna è la più generosa. Il re è immensamente ricco, mi ha offerto una parte delle sue ricchezze e io lo ringrazio. Ma questa donna è povera e ha fame. Questa manciata di riso è tutto ciò che possiede. Il suo piccolo dono offerto con cuore sincero ha molto più valore di un grande tesoro. E il Buddha versò nelle mani rugose della donna due grosse manciate di diamanti.”

    L’elemosina nell’islam è un dovere morale e fa parte dei 5 pilastri a cui deve attenersi ogni buon musulmano.

    Islam

    L’islam è una religione monoteista, cioè crede nell’esistenza di un solo Dio, Allah ( vedi a p. 30), infinitamente buono e misericordio-so. Islam è una parola araba che significa sottomissione e devozione ad Allah. I seguaci dell’islam si chiamano musulmani, che vuol dire “sotto-messi”. L’angelo Gabriele annunciò a Mu-hammad (un commerciante ara-bo nato nel 570 d.C.) che Allah l’aveva scelto per far conoscere agli uomini la sua dottrina. Muhammad divulgò la verità su Allah attraverso il Corano, il libro sacro dell’islam ( vedi a p. 7). La Mecca, in Arabia, città dove nacque Muhammad, è un luo-go sacro in cui si trova la Kaaba, un edificio in cui è custodita una pietra di meteorite. La Kaaba è il centro spirituale dell’islam.

    La Kaaba circondata da pellegrini.L’angelo Gabriele rivela a Muhammad, con il volto velato, la verità di Allah.

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  • 21

    I ricchi sono egoisti e, in genere, poco disponibili ad ascoltare gli altri. È quanto ci spiega questo racconto.

    I ricchi e i poveri Racconto arabo

    “C’era la carestia, ma non tutti morivano di fame per questo: i ricchi si erano preoccupati di riempire i loro granai di grano, olio e legumi secchi.Khadidja disse allora a suo marito Nasreddine:– La vita del villaggio è diventata impossibile: metà della gente è molto ricca, mentre l’altra metà non ha da mangiare. Se tu, che sei rispettato da tutti, riuscissi a convincere i primi a condivide-re le loro ricchezze, allora tutti vivrebbero felici.– Hai assolutamente ragione, moglie, ci provo subito.Nasreddine uscì di casa e tornò solo la sera, esausto.– Allora, – gli chiese Khadidja con impazienza, – ci sei riuscito?– A metà.– Come sarebbe a dire a metà?– Sono riuscito a convincere i poveri.”

    I 5 pilastri

    Secondo il Corano ( vedi a p. 7) i musulmani devono seguire 5 regole fondamentali, dette “5 pilastri dell’islam”. Essi sono:

    Un bambino chiede l’elemosina.

    Non c’è altro Dio all’infuori

    di Allah e Muhammad è il

    suo profeta.

    Si prega, dopo essersi purificati,

    in ginocchio rivolti verso La

    Mecca.

    Occorre dare ai bisognosi e ai poveri in base alle proprie possibilità.

    Nel mese di ramadan gli adulti devono digiunare

    dall’alba al tramonto.

    Una volta nella vita bisogna recarsi in

    pellegrinaggio alla Mecca e

    visitare la Kaaba.

    PROFESSIONEDI FEDE PREGHIERA ELEMOSINA DIGIUNO PELLEGRINAGGIO

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  • 22

    In effetti è più facile convincere i poveri che i ricchi, quando si tratta di condividere! Ma se i poveri diventassero improvvisamente ricchi, sarebbero a loro volta così generosi? Sembra che la ricchezza porti naturalmente a es-sere egoisti, a non vedere più gli altri, a interessarci solo di noi (insomma a non essere altruisti): questo insegna il seguente racconto.

    Lo specchio e il denaro Racconto ebraico

    “Un giorno, un bambino domandò a suo padre:– Papà, cos’è il denaro?L’uomo rifletté un momento, poi prese un pezzo di vetro qua-lunque e lo mostrò al bambino.– Guarda attraverso questo vetro!Il bambino ubbidì: vedeva suo padre, la gente che cammina-va per la strada, le automobili.Poi il padre prese una vernice color argento, la stese su un lato del pezzo di vetro e ne fece uno specchio.– Guarda adesso, – disse al figlio.Il bambino vedeva solo il suo stesso viso.– Ecco il pericolo del denaro, – concluse il padre. – Ti porta a vedere solo te stesso.”

    Il denaro porta dunque a ripiegarsi su se stessi. Ma l’egoismo e la ricchezza non fanno certo la felicità, come insegna questo racconto di un rabbino ebreo.

    La vera ricchezza Racconto ebraico

    “In una piccola casa appena fuori dal paese vivevano un uomo, sua moglie e i loro sei figli. Non erano ricchi, però sentivano che nulla mancava alla loro felicità. Spesso si sedevano uno accanto all’altro intorno al fuoco del camino e si raccontavano delle storie che li facevano ridere di gusto. La mattina ascoltavano il canto degli uccelli, il pomeriggio ascoltavano gli strilli di gioia dei bam-bini che giocavano e la sera guardavano le stelle che brillavano nel cielo. Poco lontano dalla loro casa, viveva un’altra famiglia: un marito, una moglie e sei figli. Però questa famiglia non era felice. Litigavano sempre per delle sciocchezze e da quella casa provenivano solo urla e parole irose. Un giorno, il vicino infelice andò a far visita alla famiglia felice. Dopo avere osservato per un po’ i suoi ospiti che si parlavano con gentilezza, si sorridevano e ride-vano, l’uomo non poté trattenersi dal chiedere: – Dimmi, caro vicino, com’è possibile che voi siate tutti così felici, mentre a casa mia siamo sempre nervosi e di cattivo umore? Che cosa dovremmo fare per vivere in armonia come voi? L’uomo felice si mise a riflettere e dopo un lungo silenzio disse al vicino: – Ecco che cosa devi fare: invita la comare più pettegola del paese a vivere con voi.

    Rabbino

    È un maestro che nella religione ebraica ( vedi a p. 12) presiede alle celebrazioni nella sinagoga, ha l’autorità per guidare la comuni-tà e interpretare la Torah ( vedi a p. 12).

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  • 23

    Il vicino sembrava perplesso, ma fece ugualmente quello che gli era stato consigliato. Due giorni dopo lo si vide uscire da casa sua con

    le mani nei capelli e precipitarsi dall’amico. – Io ho fatto quello che mi hai detto, – gridò tutto agitato, – ma le maldicenze della comare hanno

    avuto il bel risultato che adesso litighiamo il doppio di prima.Mia moglie non mi parla più e i miei figli mi odiano. L’uomo felice si mise di nuovo a riflettere e questa volta gli diede quest’altro consiglio: – Prendi tutti gli animali che hai nel cortile e fal- l i dormire questa notte in casa tua. L’indomani il sole non era ancora spuntato e già il vicino bussava alla sua porta. – Caro vicino, – sospirò, – ho fatto quello che mi hai detto. Io non sono riuscito a chiudere occhio, mia moglie dice che sono diventato matto e i miei figli chiocciano come tante galline. E per giun-ta, la comare adesso puzza come un maiale!L’uomo felice lo ascoltò scuotendo la testa e gli ri-spose: – Senti, torna a casa e spalanca tutte le finestre. Quella sera stessa il vicino si ripresentò tutto intirizzito, se-guito dalla moglie che batteva i denti e dai figli intabarrati den-tro le coperte. – Ho spalancato tutte le finestre

    come mi hai consigliato. In casa mia fa così freddo che tutti gli animali

    hanno preferito rifugiarsi nella stalla e persino la comare non vuole più vivere con noi. L’uomo felice si mise a ridere: – Ebbene, adesso puoi tornare a casa.Finalmente comincerete ad apprezzare quello che avete. Il vici-no e la sua famiglia tornarono a casa loro. Accesero un bel fuoco nel camino, si sedettero tutti insieme per riscaldarsi, ascoltando deliziati le fiamme che crepitavano nel focolare. All’alba sentirono gli uccelli cantare; nel pomeriggio sentirono le risa dei bambini che giocavano in giardino; e la sera videro le stelle accendersi nel cielo ad una ad una.”

    La felicità, dunque, non dipende dal denaro: ma che cos’è la felicità? San Francesco, in uno dei suoi Fioretti (cioè brevi storie), lo spiegò a un suo con-fratello.

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  • 24

    La perfetta letizia Fioretto di san Francesco

    “Una volta san Francesco d’Assisi e frate Leone andavano da Perugia [città dell’Umbria] a Santa Ma-ria degli Angeli [una chiesa di Assisi, sempre in Umbria]. San Francesco spiegava al suo compagno di viaggio che cosa fosse la ‘perfetta letizia’.

    Era una giornata d’inverno e faceva molto freddo. C’era pure un forte vento e così camminavano l’uno davanti all’altro e frate Francesco diceva: ‘Frate Leone, se avvenisse che noi frati dovunque andiamo dessimo esempio di santità e di laboriosità, scrivi che questa non è perfetta letizia’.

    Più avanti san Francesco lo chiamò per la seconda volta e gli disse: ‘Frate Leone, anche se un frate dà la vista ai ciechi, fa

    raddrizzare gli storpi, scaccia i demoni, dà l’udito ai sordi, fa camminare i paralitici, dà la parola ai muti o addirittura fa resuscitare i morti, scrivi che questa non è perfetta letizia’.

    Dopo un po’ san Francesco lo chiamò di nuovo: ‘Frate Leone, se un frate parlasse tutte le lingue e conosces-se tutte le scritture e le scienze e sapesse prevede-

    re e rivelare non solo il futuro ma anche i segreti più nascosti degli uomini, scrivi che questa non è perfetta letizia’.

    Ancora più avanti san Francesco disse: ‘Frate Leone an-che se un frate parlasse la lingua degli angeli, conoscesse

    tutti i misteri delle stelle, tutte le virtù delle erbe, tutti i te-sori della terra e tutte le qualità degli uccelli, dei pesci, delle

    pietre, delle acque, scrivi che questa non è la perfetta letizia’.

    Dopo un po’ san Francesco disse: ‘Frate Leone, anche se i frati sapessero predicare talmente bene da convertire tutti i

    non credenti alla fede di Cristo, scrivi che questa non è la perfetta letizia’.

    Allora frate Leone domandò: ‘Padre, ti prego, dimmi dov’è la perfetta letizia’. San Francesco rispose: ‘Quando saremo

    arrivati a Santa Maria degli Angeli e saremo bagnati per la pioggia, infreddoliti per la neve, sporchi per il fan-go e affamati per il lungo viaggio busseremo alla porta del convento. E il frate portinaio chiederà: «Chi siete voi?» E noi risponderemo: «Siamo due dei vostri fra-ti». E lui, non riconoscendoci, dirà: «Siete due impo-

    stori, gente che ruba l’elemosina ai poveri» e non ci aprirà, lasciandoci fuori al freddo, alla neve, alla pioggia

    e alla fame mentre si fa notte. Allora se noi sopporteremo

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  • 25

    con pazienza e umiltà tanta ingiusti-zia e crudeltà, senza parlar male del

    nostro confratello, anzi pensere-mo che egli ci conosce, ma che il Signore vuole tutto questo per metterci alla prova, allora frate Leone scrivi che questa è per-fetta letizia.

    E se noi, afflitti, continueremo a bussare e il frate portinaio adira-

    to uscirà e ci tratterà come dei mal-fattori importuni, vili e ladri, ci spingerà e ci

    sgriderà dicendoci: «Andate via, fatevi ospitare da altri, perché qui non mangerete né dormirete», se

    tutto questo noi sopporteremo con pazienza, allegria e buon umore, allora caro frate Leone scrivi che questa è

    perfetta letizia.

    Se noi costretti dalla fame, dal freddo e dalla notte, conti-nuassimo a bussare piangendo e pregando il frate portinaio

    di farci entrare ed egli, furioso, ci prendesse a bastonate con un grosso e nodoso bastone, se noi subiremo con pazienza e allegria pensando alle pene del Cristo benedetto e che solo per suo amore

    bisogna sopportare, caro frate Leone, scrivi che questa è perfetta letizia.

    Ascolta infine la conclusione, frate Leone: fra tutti i doni che Dio con-cede ai suoi fedeli, c’è quello di superarsi proprio per l’amore di Dio e

    subire ingiustizie, disagi e dolori. Ma non possiamo vantarci e per avere sopportato queste miserie e privazioni perché i meriti vengono da Dio. Infatti

    la Bibbia dice: «Che cosa hai tu che non sia stato concesso da Dio? E se tu hai ricevuto una grazia da Dio perché te ne vanti come se fosse opera tua?» Noi ci possiamo gloriare nella no-stra croce fatta di sofferenze e privazioni. Sul Vangelo sta scritto:«Io non mi voglio gloriare se non nella croce di nostro Signore Gesù Cristo»’.”

    Bibbia

    La Bibbia (in greco “i libri”) è il testo sacro degli Ebrei e dei cristiani, pur con qualche differenza. Infatti gli Ebrei riten-gono rivelata da Dio solo la prima parte della Bibbia, cioè l’Antico Testamento, i cui primi 5 libri sono detti Torah da-gli Ebrei ( vedi a p. 12) e Pentateuco dai cristiani. I cristia-ni ritengono invece che anche il Nuovo Testamento ( vedi a p. 4) sia rivelato da Dio. Testamento significa “alleanza”: il Nuovo Testamento è dunque la nuova alleanza stipulata da Dio con gli uomini attraverso Gesù ( vedi a p. 9). Una pagina di Bibbia ebraica.

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  • 26

    Capito in che cosa consiste la felicità? È non legarsi ai beni terreni, che passano; è una condizione del nostro cuore e dipende solo da noi. Nel Discorso della montagna Gesù spiega chi è veramente beato, cioè felice. È un insegnamen-to sconvolgente perché capovolge completamente quello che normalmente viene identificato con la felicità.

    “Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammae-strava dicendo: ‘Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, menten-do, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia’.” Mt 5,1-11

    Possiamo dunque concludere che per essere felici bisogna staccarsi da questa terra e pensare al cielo. Secon-do alcune religioni, come il sufismo, il buddhismo ( vedi a p. 7) o il sikhismo, bisogna staccarsi dai desideri terreni che nascondono l’essenziale, cioè avvicinarsi a Dio. Tutto il resto non è che vana agitazione.

    Discorso della montagna

    È un discorso (narrato dal Vangelo di Matteo) fatto da Gesù ai suoi discepoli per insegnare quale comportamento deve avere chi deside-ra seguire Gesù. L’argomento centrale riguar-da il regno dei cieli a cui ogni cristiano deve tendere.

    Beato Angelico, Il Discorso della montagna, XV secolo.

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  • 27

    La scodella del mendicante Racconto sufi

    “Un giorno, durante la sua passeggiata mattutina, un re incontrò un mendicante e, visto che era di buon umore, gli disse:– Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò!Il mendicante sorrise.– Pensaci due volte prima di fare una proposta simile. Chi ti dice che puoi esaudire i desideri di un uomo?Offeso, il re ribatté:– Sono il sovrano di questo regno, che cosa potresti chiedermi che io non sia in grado di darti?– Semplice: riempi la mia scodella!Subito il re chiamò i suoi servitori e ordinò loro di riempire la scodella del mendicante con monete d’oro.Ma, con grande stupore di tutti, mano a mano che versavano le monete, queste scomparivano dal fondo della scodella.La notizia si diffuse come sabbia al vento: il re non ri-usciva nemmeno a riempire la scodella di un mendi-cante!Allora il sovrano fece chiamare i suoi visir [consiglieri].– Dovessi perdere tutta la mia fortuna, non posso accettare di essere messo in ridicolo da questo mendicante!Così misero nella scodella tutto ciò che trovarono: denaro, perle, zaffiri, diamanti, smeraldi... Ma quando venne la sera, la scodella era di nuovo vuota, e una gran folla silenziosa si era raccolta intorno al mendicante.Allora il re svuotò il suo cuore da ogni pretesa di potere e si inchinò davanti all’uomo scalzo.– Hai vinto, – gli disse, – ma spiegami almeno di che cosa è fatta questa scodella magica.È un teschio umano, – gli rispose il mendicante. – È fatta di tutti i desideri dell’uomo, sempre insoddisfatto e insaziabile. Ecco perché è sempre vuota.”

    Derviscio danzante.

    Sikhismo

    Da sikh che significa “discepolo”. Il si-khismo è una religione indiana piutto-sto recente: risale infatti all’illuminazio-ne che ebbe il guru (= maestro spirituale) Nanak (1469-1538) da parte dell’uni-co Dio. Si tratta dunque di una religio-ne monoteista, che però crede alla rein-carnazione. È una religione basata sul principio di amare e servire i fratelli.

    Sufismo

    Si tratta di una corrente dell’islam ( vedi a p. 20). I sufi sono gli “illuminati” e sono divisi in comunità, ciascuna guidata da un maestro spirituale. La vita dei sufi si bassa sulla fede in Allah ( vedi a p.

    30), sul retto comportamento e sulla tolleranza verso tutte le religioni.A una delle confraternite sufi, fondata

    da Rumi, appartengono i dervisci danzan-ti, detti anche “bianche farfalle” di Allah.

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  • 28

    Fra i più importanti insegnamenti del guru Nanak c’era l’esortazione a condurre una vita non egoistica e ad aiutare chi fosse nel bisogno.

    Le ricchezze non si possono portare con sé Racconto sikh

    “In occasione di un altro suo viaggio, il guru era diretto verso la grande città di Lahore. In quella città abitava un ricco banchiere di nome Duni Chand. Aveva più soldi di quanto la gente potesse sognare e viveva nel più sontuoso dei palazzi, circondato d’oro e d’argento e di oggetti preziosi di ogni tipo. Quando il banchiere seppe dell’arrivo di Nanak,

    si precipitò a incontrarlo. ‘Mi faresti un piacere indicibile, santità’ gli disse pomposamente ‘se accettassi il mio invito a uno speciale banchetto in tuo onore’.

    Il guru accettò l’invito e Duni Chand corse a casa per dare le ne-cessarie disposizioni ai cuochi e alla servitù. Del resto, adorava co-mandare. Ciascuno dei cinquanta ospiti fu d’ac-cordo: il banchetto era un vero trionfo. Il cibo era sontuoso, la musica splendida e il padro-ne di casa si assicurava che non

    mancassero di nulla. Duni Chand era raggiante di piacere.

    Una volta terminato il banchet-to, si rivolse al guru Nanak.

    ‘Santità’ cominciò ‘sono uno degli uomini più ricchi e im-

    portanti di Lahore. Così, se c’è qualcosa che posso fare per te, non hai che da chiedere’. Il guru meditò per un mo-

    mento in silenzio. Guardò in-torno a sé gli ospiti vestiti con abiti lussuosi, i piatti e i calici d’oro, e tutta la scintillante fasto-sità del palazzo. Poi si mise una

    mano in tasca e ne trasse una pic-cola, semplice scatoletta di legno. Aprì

    il coperchio. All’interno giaceva un finissimo ago d’argento. Il guru Na-nak prese l’ago e lo porse al banchiere. Poi, con un sorriso, disse: ‘Sì, c’è una cosa che puoi fare, amico mio. Bada per me a questo ago. Cu-stodiscilo con cura, e restituiscimelo quando c’incontreremo di nuovo in un altro mondo’.‘Con piacere, oh, con vero piacere!’ cinguettò Duni Chand. ‘Con il massimo piacere!’

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  • 29

    Quando il guru e gli altri ospiti furono congedati, Duni Chand corse dalla moglie tutto pieno di sé.

    ‘Il guru Nanak deve avere un’alta opinione di me, e la più totale fidu-cia’ gridò ‘per avermi affidato una tale missione!’ ‘E quale sarebbe questa importante missione, mio caro?’ chiese la moglie. Quasi bruciando d’orgoglio, Duni Chand le fece vedere l’ago e ripe-té quello che il guru gli aveva detto. ‘Devo renderglielo quando ci ritro-veremo in cielo’ disse. La moglie scoppiò in una sono-ra risata. Rise fino a star male, con le lacrime che le rotolava-no sulle guance. Non era certo la reazione che Duni Chand si aspettava. ‘Be’? Che ti prende?’ le chie-se, un tantino seccato. ‘Oh, mio povero, caro marito!’ rispose lei, quasi senza respiro. ‘Penso che sarà me-

    glio che tu vada dal guru a chiedergli

    come potrai portarti quell’ago su in cielo!’

    Perplesso, e non poco stizzito

    dalle parole della moglie, Duni Chand si affrettò a raggiungere il guru

    che stava appunto allontanandosi lungo la strada.

    ‘Guru Nanak, oh, guru Nanak!’ lo chiamò. ‘Per favore, come potrò portare con me quest’ago, quando salirò in cielo?’ Il guru si fermò a osservarlo, con un sorriso sulle labbra e uno scintil-lio malizioso negli occhi. ‘Ma, mio caro Duni Chand’ rispose ‘se non sai trovare il modo di por-tare con te un semplice ago, come farai con tutte le cose ricche e pre-ziose che possiedi? Come potrai portartele in cielo quando morrai? Le sole cose che potrai portare saranno le tue buone azioni e le parole gentili. Ogni altra cosa bisogna lasciarsela alle spalle’.Comprendendo quello che il guru gli stava dicendo, il banchiere ab-bassò la testa per la vergogna. Le sue bellissime cose non valeva-no nulla. Non poteva portarsele dietro, alla sua morte. Sarebbe stato meglio usare tutte quelle ricchezze per aiutare la gente bisognosa. E fu quello che fece. E quando morì e andò in cielo, portò con sé un mucchio di buone azioni e parole gentili.”

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  • 30

    Ma se i desideri dell’uomo sono insaziabili, quale atteggiamento bisogna avere nella vita di tutti i giorni? Gesù ( vedi a p. 9) spiegava che non ci si deve affannare per i beni materiali perché Dio provvede ai suoi figli (cioè si preoccupa di loro). Così spiegava Gesù:

    “Perciò vi dico: per la vostra vita non affanna-tevi di quello che mange-rete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mieto-no, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone [un grande sovrano], con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il do-mani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.” Mt 6,25-34

    Dio pensa a noi, spiegano molte religioni, dunque è inutile preoccuparsi. Anzi, non solo provvede a noi uomini, ma a tutte le sue creature. Questa storia proviene dal libro sacro dei musulmani, il Corano ( vedi a p. 7). È una delle tante storie che dimostrano quanto Allah sia misericordioso anche con le creature più piccole.

    Allah

    È il Dio unico, clemente e misericordioso, in cui credono i musulmani. Creatore del mondo e dell’uomo, è adorato con 99 nomi belli, ognuno dei quali esprime un aspetto della sua personalità. L’islam ( vedi a p. 20) insegna che c’è un cen-tesimo nome che non è mai stato rivelato agli uomini.Una pagina del Corano.

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  • 31

    La Valle delle formiche Racconto del Corano

    “Tanto tempo fa, le formiche vivevano pacifiche nella loro valle. Lavoravano insieme gaiamente, sempre indaffarate a cercare cibo, costruire o riparare i nidi e ac-cudire ai piccoli. Regnava su di loro una grande e potente formica-regina. Le formiche erano orgogliose del loro modo di vivere. Non litigavano mai e men che meno si pren-devano a botte: anzi, si aiutavano a vicenda ogni volta che ce n’era bisogno. Insomma, la Valle delle formiche era il posto più bello del mondo. Un giorno, mentre erano al lavoro, le formiche udirono a distanza un terribile fracasso. Poteva essere il rombo di un tuono, senonché il cielo era nitido e azzurro. Poteva essere il ruggito di un uragano, ma l’aria era immobile e non soffiava la minima brezza. ‘Cosa sarà mai?’ si chiesero le formiche, profondamente inquiete. Nessuna conosceva la risposta. Tesero le orecchie: il rumore cresceva sempre di più, si faceva sempre più vicino. Ma ancora le formiche non capivano che cosa fosse. Sapevano solo che era il suono più terribile e spaventoso che avessero mai udito. Cominciarono a correre in cerca di riparo, zampettando e strisciando di qua e di là alla ricerca di un buco o una crepa nelle rocce. Ci fu un tale scompiglio che perfino la formica-regina uscì di gran fretta dalla camera reale. La regina fu sorpresa alla vista di tutte quelle formiche che cor-revano via in preda al panico, e alla prima che incontrò chiese che cosa mai stesse succedendo. ‘Ma... ma... maestà...’ balbettò la formica. ‘C’è un terribile rumore e sta ve-nendo da questa parte, dritto nella nostra valle. Oh, che cosa facciamo? Che cosa facciamo?’ La regina pensò rapidamente. Convocò le formiche e disse loro di raccogliere quanto più cibo potevano, rimanendo nei pressi dei loro nidi. E le invitò a non lasciarsi sopraffare dal panico. Poi s’arrampicò in cima al nido più alto e scrutò nella valle in direzione del rumore. Tra nubi di polvere, si stava avvicinando una grande nuvola grigia. Alla fine la regina riuscì a individuare di che cosa si trattava: era un enorme, splen-dido esercito, con soldati a piedi e a cavallo, guidati dal grande profeta Suleiman (Salomone). Il frastuono udito dalle formiche era provocato dai loro piedi in marcia. Non c’era tempo da perdere, pensò la regina. ‘Stanno venendo in questa valle il profeta Suleiman e il suo esercito!’ disse alle formiche. ‘Questo è il rumore che sentivate! Tornate di corsa ai vostri nidi, per non essere schiacciate. Siamo così piccole che i soldati potrebbero non vederci in tempo.’ Ma Suleiman udì le parole della regina e le capì perfettamente, perché Allah gli aveva insegnato il linguaggio degli uccelli e di tutti gli altri animali. Il profeta fece un dolce sorriso e ordinò al possente esercito di interrompere la marcia. Lo spaven-toso suono si interruppe. Poi Suleiman disse ai soldati di camminare con estrema attenzione, mentre attraversavano la valle, in modo da non schiacciare nemmeno una formica. E così fu. Quella notte, una volta passato l’esercito, nella valle delle Formiche tornarono la pace e il silenzio. Ma le formiche non dimenticarono mai Suleiman, il grande e pietoso profeta che conosceva il lin-guaggio di tutti gli animali, perfino delle più piccole creature di Allah.”

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  • 32

    Che cosa succede se ci si affanna inutilmente per i beni materiali? Ce lo spiega Rumi, un mistico persiano.

    La mucca sull’isola Racconto persiano

    “C’era una volta una mucca che viveva su un’isola dall’erba rigogliosa e verdeggiante. Pascolava tutto il giorno, fino al tramonto, e ingrassava. Ma quando arrivava la notte scura, non riusciva più a vedere i prati coperti d’erba e iniziava ad agitarsi. Che cosa avrebbe mangiato l’indomani? Sarebbe sicuramente morta di fame! Questa inquietudine la faceva dimagrire a vista d’occhio.All’alba, però, ricominciava a mangiare e a ingrassare. Ma quando tornava la not-te, la stessa angoscia la attanagliava, rendendola magra e scheletrica.”

    Non siamo tutti un po’ come questa mucca? L’angoscia per il domani ci rode e ci rattrista. E allora, cerchiamo di vivere il presente e godiamo le cose belle della vita!

    Secondo la maggior parte delle religioni, come abbiamo visto, la saggezza consiste nel riuscire a non attaccarsi ai beni materiali, fonte di preoccupazione e di tormento. La vera ricchezza è quella interiore e spirituale.

    La perla preziosa Racconto indiano

    “Si racconta che in India, una sera, un saggio camminava lungo le spiagge dell’oceano. Quando arrivò davanti a un piccolo villaggio di pescatori, lo attraversò cantando e poi continuò per la sua strada. Ma un uomo lo rincorse.– Per piacere! Per piacere! Fermatevi! Datemi la perla preziosa!Il saggio posò il suo fagotto.

    – Di che perla parlate?– Di quella che avete nel vostro sacco. Stanotte ho sognato che oggi avrei in-

    contrato un grande saggio e lui mi avrebbe regalato una perla tanto preziosa da rendermi ricco fino alla fine dei miei giorni!Il saggio si fermò, aprì il suo sacco ed effettivamente tirò fuori una bella perla: era enorme e brillava di mille luci.– Prima, sulla sabbia, ho intravisto questa grossa perla. L’ho trovata bella e l’ho messa nella mia bisaccia. Dev’essere la perla rara di cui parli. Pren-dila, è tua.

    Il pescatore era pazzo di gioia. Afferrò la perla e se ne andò ballando, men-tre il saggio si sdraiò sulla spiaggia per passarvi la notte. Ma, nella sua capan-

    na, il pescatore non riusciva a dormire. Si girava e rigirava nel letto perché aveva paura che gli rubassero il suo bene prezioso. Per tutta la notte non poté prendere sonno.Così, il mattino successivo, prese la perla e andò a cercare il saggio.– Ti restituisco la perla, mi procura più inquietudine che ricchezza. Insegnami piuttosto la saggezza che ti ha permesso di donarmela con tanto distacco. È questa la vera ricchezza.”

    Il poeta Rumi, ceramica del XVIII secolo.

    Mistico

    È colui che conosce Dio attraverso un’esperienza particolare di illuminazio-ne interiore.

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