STORIA. 100.2 EUCLIDE GIORNALE...dei soldati in prima linea che sono tutti accalcati nelle trincee....

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STORIA

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STORIA

Più di 100 anni fa, la guerra mondiale

Circa cent’anni fa, nel 1915, l'Impero Austriaco e la Germania stavano com-

battendo già da molti mesi (dall’agosto del 1914), mentre l'Italia era entrata

in guerra nel mese di maggio di quello stesso anno. Durante questo periodo

era rimasta forte la convinzione che la guerra sarebbe stata una guerra-

lampo e che si sarebbe conclusa dopo pochi mesi. Guglielmo II stesso, impe-

ratore tedesco, affermò nella prima settimana di agosto alle sue truppe che

andavano in trincea: Tornerete nelle vostre case prima che siamo cadute la

foglie dagli alberi. Dopo l'eccessivo ottimismo ci si rese conto che la guerra

non sarebbe finita all'arrivo dell'autunno perché gli attacchi dei soldati non

riuscivano a sfondare le linee nemiche su nessun fronte senza che ci fossero

gravi perdite.

Di fatto l'arte della guerra era rimasta quella dell'Ottocento con la cavalleria e

i fanti che attaccavano in campo aperto contro altra fanteria e cavalleria. Bi-

sogna anche far attenzione a non dimenticarsi dei cavalieri che furono utiliz-

zati anche durante i primi mesi di guerra senza effetti positivi. Questi ultimi

erano un facile bersaglio per le nuove armi che erano state introdotte nella

guerra. Quindi dopo le prime stragi non furono più utilizzati per attacchi, ma

solo per portare messaggi o durante le cerimonie.

In realtà, la tecnologia non era rimasta ferma al XIX secolo, ma si era svilup-

pata con nuove armi più potenti e distruttive come le mitragliatrici e i canno-

ni pesanti. Su tutti i fronti venivano posizionate le mitragliatrici che sparava-

no appena i generali, con gli schemi di guerra del secolo precedente in testa,

mandavano un’intera compagnia alla carica allo scoperto.

Ma torniamo all'Italia. Quando dichiara guerra agli Imperi Centrali, la sua

mobilitazione lenta favorisce le difese degli austriaci che in pochi giorni qua-

druplicano il numero di soldati presenti sul confine Italiano fino a 100 000.

Come può un uomo pensare che la sua vita cambi completamente nel giro di

pochi giorni? Allo scoppio del conflitto furono chiamati tutti gli uomini in gra-

do di impugnare un'arma a prendere posto nel Regio Esercito Italiano e spe-

diti al fronte. Senza dimenticare i numerosi incarichi nelle retroguardie dell'e-

sercito che avevano un ruolo quasi più importante dei fanti. Nelle retrovie,

infatti, lavoravano medici e infermieri che furono aiutati dalle crocerossine

volontarie guidate dalla duchessa d'Aosta, e soprattutto i postini. Durante il

conflitto tutti i soldati che sapevano scrivere, scrivevano lettere a casa. Il ser-

vizio postale militare del tempo divenne più efficiente di quello civile portan-

do il numero di lettere smistate a più di un milione al giorno. Queste lettere

giocavano un ruolo fondamentale per l'esercito poiché tenevano alto il mora-

le delle truppe.

I soldati che si avviavano a prendere posto nel conflitto si ritrovarono davanti

uno spettacolo raccapricciante in tutti i sensi. Già mentre si avvicinano alle

retrovie si sentiva l'odore dei cadaveri sul campo di battaglia che aspettavano

di essere posti in una fossa, vedevano l'orrore e la disperazione di chi tornava

dalla prima linea e aveva visto morire i propri compagni e amici ed infine en-

travano in contatto con il vero nemico di tutti i soldati: i pidocchi.

Se pensiamo alla Prima Guerra Mondiale ci verrà subito in mente l'immagine

dei soldati in prima linea che sono tutti accalcati nelle trincee. Ovunque un

incubo. Tuttavia le famigerate trincee erano un rifugio quasi sicuro dove po-

tersi riparare sotto il continuo suono degli spari in lontananza o delle bombe

che cadevano con i terribili fischi che le distinguevano. Se pioveva, si riempi-

vano d'acqua e sembravano canali d'irrigazione dove i soldati dovevano stare

immersi per ripararsi dai cecchini austriaci. A volte erano bagnati fino ai fian-

chi e per questo molti soldati che esponevano gli arti inferiori all'umidità e al

freddo, si ammalavano di piede da trincea e in caso di congelamento molte

volte si ricorreva all'amputazione degli arti.

Le peggiori trincee erano quelle del Carso dove non si poteva scavare più di

tanto a causa del terreno roccioso. Una storia girava intorno a questo territo-

rio. Si dice che Dio avesse mandato un arcangelo nel mondo per raccogliere le

pietre dai campi che impedivano di seminare. A lavoro fatto l'arcangelo sor-

volava una terra bellissima con foreste e fiumi che scendevano fino al mare. Il

diavolo lo vide e convinto che il sacco dove erano le pietre contenesse un te-

soro, lo tagliò e le pietre caddero tutte al suolo creando quel frammento di

terra. Dio non si impietosì e decise di lasciare lì le pietre perché la gente aveva

ospitato il diavolo e così si sono ritrovati ad abitare in una terra dove si fatica

ad andare avanti: il Carso.

Così le trincee erano semplici ammassi di sassi che a volte arrivavano a mezzo

metro da terra e venivano continuamente distrutte dalle bombe. Durante

questa posizione di stallo dove non si poteva andare all'attacco senza perde-

re intere compagnie di uomini, si facevano solo uscite con le tronchesi che

servivano per aprire dei varchi. Queste missioni suicide venivano compiute da

soldati presi a caso tra i presenti. Gli sfortunati si facevano strada nel buio

cercando di arrivare ai fili spinati, ma non passavano nemmeno una barriera

senza essere avvistati e uccisi.

Quelli che rimanevano sentivano chiaramente il suono dei fucili che uccide-

vano i loro compagni. Ma era la vita del giorno. Durante la notte si dormiva

su delle pietre dure e ci si copriva solo con le proprie uniformi. Si soffre il

freddo, ma si deve resistere. Mentre cerchiamo di riposarci si sentono i topi

che corrono su e giù per la trincea passando anche sopra gli uomini. Di fatto

mentre i soldati morivano, i topi diventavano più numerosi in trincea! Cre-

scevano enormemente e quando non arrivava il rancio i soldati affamati usa-

vano catturarne una decina e cucinarli come conigli sul piccolo fuoco che riu-

scivano ad accendere.

Questa era la condizione dei soldati in trincea, ma quando i comandanti vole-

vano attaccare gli austriaci ordinavano ai fanti di avanzare davanti al nemico

anche in quei territori così inospitali, anche senza aver prima bombardato e

distrutto le difese austriache. Facendo questo i soldati che hanno obbedito si

sono fatti ammazzare da eroi mentre correvano avanti seguendo gli ordini

che come questo erano veramente assurdi. Come esempio di quanto potes-

sero essere sconsiderati gli attacchi dei generali sul fronte Italiano troviamo

nei resoconti storici almeno sei esempi di austriaci che smettevano di sparare

sui nostri soldati chiedendo loro di tornare alle loro trincee per non essere

ammazzati senza senso. Ma se tornavano trovavano i carabinieri con i fucili

che sparavano a vista su tutti quelli che indietreggiavano o si rifiutavano di

continuare l'attacco. Gli attacchi quindi erano morte certa.

Stessa sorte poteva arrivare anche mentre i soldati erano in trincea in una

tranquilla giornata estiva dopo un acquazzone. Sul San Michele il 29 giugno

del 1916 si venne a contatto per la prima volta con i gas. Gli austriaci usarono

cloro e fosgene dopo una tempesta e crearono una nube bianco sporco che si

avvicinava alle vedette e alle prime linee appassendo le piante e uccidendo le

persone che si stendevano a terra con la bava alla bocca. A nulla servirono le

prime protezioni distribuite dopo il primo uso in assoluto dei gas a Ypres, in

Belgio. Così la compagnia che aveva appena sostituito quella che sarebbe di-

ventata la prima italiana decimata dai gas, arrivò in prima linea trovando tutti

i compagni distesi a terra, come se dormissero, ma erano morti con la bava

alla bocca. Si diffuse il panico per quell'attacco che uccise più di duemila ita-

liani e fece diventare verdi gli oggetti di ferro che si trovavano dintorno.

Dopo settimane di freddo e di attacchi subiti si riceveva il permesso per tor-

nare alle proprie case dove si poteva raccontare liberamente ciò che la cen-

sura fermava. La repressione degli stati maggiori per la fuga di notizie sulle

condizioni dei campi di battaglia è dura. Con il 1916 si inizia la repressione dei

disertori con la legge marziale e la decimazione. Numerosissimi sono i casi di

ammutinamento che venivano repressi con la fucilazione di alcuni soldati

presi a scelta tra quelli della divisione ammutinata. Tutto questo non ferma i

soldati che continuano a scrivere a casa come fa Claudio Giletti Barberis che

scrive questa lettera mentre ritorna in trincea dalla licenza. Era nata la sua

seconda figlia e per questo aveva ottenuto un permesso speciale.

Carissima moglie,

[…] Nemmeno adesso sto bene non ho voglia di mangiare, il mio pensie-

ro è tutto per le mie povere creature. Penso, oh cara, ai giorni belli che abbiamo

passato insieme, ed ora siamo di nuovo separati. Ma che fare? Rassegnamoci!

[…] spero di averti spiegato bene tutto come sempre nella speranza di ritorna-

re presto da te.

Dovrà finire questa guerra terribile ed allora saremo di nuovo uniti come

siamo sempre stati. Spero che la fortuna prosegua ed allora dimenticheremo

tutto, le fatiche il freddo ed il pericolo, tutto scomparirà e tornerò insieme alle

mie più care creature. Ti saluto e ti bacio di cuore e bacia le mie due bambine

per me.

Mi firmo il tuo per sempre marito Claudino

Tre mesi dopo aver scritto queste righe, il soldato Claudio Giletti Barberis fu

dichiarato disperso nei combattimenti sull'altopiano di Vezzena, dove l'eser-

cito italiano era riuscito a fermare la Strafexpedition (spedizione punitiva) au-

striaca.

Gabriele Poggesi V A Liceo Scientifico presso Istituto Paritario “Marsilio Ficino” Figline Valdarno (FI)

III Elementare – a. s. 1927 – 28

Oggi, 28 ottobre, si ricorda l’anniversario della Marcia su Roma

avvenuta nel 1922, dopo otto anni dalla fine della grande guerra

europea. Dopo la guerra avvenne un grande disordine nella Rus-

sia: si fece la rivoluzione e questa recò molti danni. La popolazio-

ne si feriva e si uccideva, il sangue scorreva per le vie della città e

soffriva la fame. I diversi popoli mandarono i viveri nella Russia e

si videro partire treni interi anche dall’Italia, dalla Francia, dal-

l’America e dagli altri stati d’Europa. In quel tempo fu il sociali-

smo in quasi tutta l’Europa e si facevano molti scioperi: Sorse al-

lora in Italia Benito Mussolini, un maestro nativo della Romagna

che con una squadra di valorosi camicie nere, marciò su Roma il

28 ottobre 1922 per impossessarsi del governo italiano.