XXVI del T.O. [Ciclo... · Web viewIl Signore combatte questa specie di scandalo a partire dal...

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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola” Domenica XXVI del Tempo Ordinario [B]

Dalla PAROLA di Dio al DIO della

Parola

27 Settembre

MMIX

Sussidio a cura di TONINO FALCONE sdB [Dimensione teologico-biblica]

e di JESUS MANUEL GARCIA sdB [Dimensione teologico-spirituale].

Domenica XXVI“dello scandalo ai

piccoli” [ciclo B]

A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].

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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola” Domenica XXVI del Tempo Ordinario [B]

DOMENICA DOMENICA ““DELLA SCANDALO AIDELLA SCANDALO AI PICCOLIPICCOLI””

XXVI DEL TEMPO ORDINARIOXXVI DEL TEMPO ORDINARIO [B][B]

“Dalla PAROLA di DIO al DIO della“Dalla PAROLA di DIO al DIO della PAROLA!”PAROLA!”

1] Evangelo1] Evangelo11: : MarcoMarco 9,38-43.45.47-48 9,38-43.45.47-48

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo Nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio Nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.

Chiunque, infatti, vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio Nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel Regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

2] Esegesi e Teologia2] Esegesi e Teologia22 1 Prendiamo le Letture dal Lezionario del Messale Romano [LEV, 2007], preparato secondo l’editio typica altera dell’Ordo lectionum Missae, utilizzando la versione della Santa Bibbia curata dalla Conferenza Episcopale Italiana [CEI], approvata secondo le delibere dell’Episcopato. L’edizione 2007 del Lezionario del Messale Romano deve essere considerata “tipica” per la lingua italiana, ufficiale per l’uso liturgico. Il Lezionario si potrà adoperare a partire dal 2 dicembre 2007, Prima Domenica di Avvento; diventerà obbligatorio dal 28 novembre 2010.

2 Si avvisa il lettore che nel commentare “liturgicamente” la Santa Scrittura ci si attiene all’ormai pluridecennale proposta del compianto amico e collega prof. TOMMASO FEDERICI pubblicata nei suoi numerosi scritti [a cui si rinvia in nota e in bibliografia] e da noi rilanciata con le diverse pubblicazioni sullo studio del suo metodo “unico” di lavoro. Per i dettagli cfr. ANTONIO FALCONE, Tommaso Luigi Federici [in memoriam], in Rivista Liturgica 89 [4-5 2002], 576-583.801-806; La lettura liturgica della Bibbia: il Lezionario, in Rivista Liturgica 89 [4-5 2002], 747-756; La Bibbia diventa Lezionario, in Atti della Settimana Biblica Diocesana [21-23 febbraio 2002], Piedimonte Matese 2002, 1-16; Profilo biografico e bibliografia di Tommaso Federici, in Itinerarium 11 [2003], 17-55; Il metodo della “Lettura Omega” negli scritti biblici, patristici, liturgici e teologici di Tommaso Federici, in Itinerarium 11 [2003], 71-95; La comunità religiosa oggi, “scuola di preghiera”, in A. STRUS - R. VICENT [a cura di], Parola di Dio e comunità religiosa, ABS-LDC, Torino 2003, 87-97; The religious community today “a school of prayer”, in M. THEKKEKARA [edited by], The word of God and the religious community, ABS, Bangalore 2006, 117-134; “Annuncia la Parola ...” [2 Tim 4,2], in R. VICENT - C. PASTORE [a cura di], Passione apostolica. Da mihi animas, ABS-LDC, Torino 2008, 161-172; Il discorso della montagna. Lettura analitica e retorica di Mt 5,13-16 [Parte I], in Parola e Storia 3 [2008], 67-101; Il discorso della montagna. Lettura analitica e retorica di Mt 5,13-16 [Parte II], in Parola e Storia 4 [2008], 241-288. È utile avere sotto mano anche TOMMASO FEDERICI, Cristo Signore Risorto amato e celebrato. Commento al

A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].

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Dio, tu non privasti mai il tuo popolo della voce dei Profeti;effondi il tuo Spirito sul nuovo Israele,perchè ogni uomo sia ricco del tuo dono,e a tutti i popoli della terra siano annunziate le meraviglie del tuo amore.Per il nostro Signore Gesù Cristo.

La preghiera di Colletta ci ricorda che il Signore non lascia disattesa la preghiera di quanti si rivolgono a Lui per una parola di salvezza; continuamente e in modi diversi Cristo dona il suo Santo Spirito per istruire quanti si raccolgono attorno a lui. Noi che ogni Domenica ci raduniamo in assemblea orante per celebrare Cristo morto, Risorto, asceso al Cielo e dispensatore dello Spirito, siamo da lui continuamente spronati a meditare ed operare quanto celebriamo. Quel Gesù che, con amore paziente e misericordioso, istruì gli Apostoli per unirli a sé e formarli così a vivere la fraternità evangelica fatta di amore gratuito e di servizio, parla a noi oggi ed attende la nostra adesione piena consapevole e generosa. Sia dalla I Lettura sia dall’Evangelo emerge una posizione di contestazione: Giosuè si lamenta presso Mosè; gli Apostoli fanno altrettanto invocando l’intervento di Gesù. Nel primo caso non si vede di buon occhio il dono della profezia concessa ad Eldad e Medad, colpevoli di non essersi presentati alla “tenda del convegno” per la riunione “istituzionale” convocata da Mosè. Nel secondo, invece, sono gli Apostoli a non riuscire ad accettare la possibilità che alcuni, situati al di fuori del privilegiato proprio gruppo, possano usufruire del loro stesso potere di scacciare i demoni nel Nome di Gesù. Alle proteste di Giosuè e degli Apostoli, fanno eco le risposte sconcertanti e profetiche, di Mosè e di Gesù: Mosè profetizza “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo spirito!”; non è forse il compito che tutti i cristiani ricevono con il battesimo? A sua volta Gesù dice: “Chi non è contro di noi, è per noi” sconvolgendo in modo radicalmente innovativo gli apostoli. La risposta, che ha una intonazione proverbiale, sottolinea lo spirito di apertura e di accoglienza di Gesù nei confronti dell’atteggiamento tenuto dai discepoli. Il discepolo puntiglioso e gretto, ma anche profondamente insicuro, mal sopporta che lo Spirito soffi dove vuole, si sente smentito e tradito. Egli pensa infatti: lo Spirito di Dio non dovrebbe essere solo nelle nostre mani, così che appaia con chiarezza che noi, noi soli, ne siamo i portatori? I veri amici di Dio godono nel notare come la bontà di Dio si riversa con liberalità non solo sui cristiani e non solo sul nostro gruppo ecclesiale, sul nostro movimento, ecc. Il Rabbi Ismaele

lezionario domenicale cicli A,B,C, Quaderni di “Oriente cristiano” 11, Eparchia di Piana degli Albanesi, Palermo 2001; “Resuscitò Cristo!”. Commento alle Letture bibliche della Divina Liturgia bizantina, Quaderni di “Oriente cristiano” 8, Eparchia di Piana degli Albanesi, Palermo 1996; Cristo Signore Risorto amato e celebrato. La scuola di preghiera cuore della Chiesa locale, Dehoniane, Bologna 2005; Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario, Ciclo C, Dehoniane, Roma 1988, III, 828; Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario, Dehoniane, Napoli 1987, I, 444; Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario, Ciclo B, Dehoniane, Napoli 1987, II, 587; Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario, Ciclo A , Dehoniane, Roma 1989, IV, 1232.

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chiese ai suoi discepoli: “Che cosa succede quando il martello picchia contro una roccia?”. Gli risposero: “Sprizzano scintille che vanno a posarsi un po’ ovunque”. E il maestro continuò: “Così è lo Spirito di Dio: manda le sue scintille dove sa di suscitare un pensiero sempre utile a tutta la comunità”. Gesù insegna ai discepoli che il dono dello Spirito di Dio, la profezia e la potenza dello Spirito che agisce vanno riconosciuti, non autorizzati. Per questo Cristo dice: “Non glielo proibite”; quando c’è di mezzo il bene, il primo dovere di coloro che hanno potere nella comunità o che semplicemente appartengono alla comunità è quello di non impedire il bene, anzi. Scrive in un commento il Padre Beda, il venerabile: “Nessuno dev’essere allontanato dal bene che in parte possiede, ma piuttosto invitato a ciò che ancora non possiede”, e poi cita il caso di Paolo che di fronte a certi predicatori non onesti diceva: “Purché in ogni maniera, per ipocrisia o per sincerità, Cristo sia annunciato” [cfr. Fil 1,18]. Si tratterà di togliere loro l’ipocrisia, ma non di impedire l’annuncio. Immensa lezione di realismo, di umiltà, di carità, poiché tale è il Mistero del Regno, ai discepoli donato [cfr. Mc 4,11a], agli altri portato in parabole [Mc 4,11b], ma per tutti e in tutti3.

Analisi della pericope

v. 38 - Glielo abbiamo vietato: Giovanni e il fratello Giacomo sono figli di Zebedeo, sono tra i primi chiamati dal Signore, al quale rispondono con immediata e generosa obbedienza [Mc 1,19-20], e il Signore in alcune occasioni importanti li assume con sé come testimoni qualificati [cfr. Mc 5,37, la resurrezione della figlia di Giairo; Mc 9,2, la Trasfigurazione; Mc 14,33, al Getsemani]. Il carattere bollente dei due è noto tanto da ricevere un nome caratteristico: “figli del tuono”, Boanargès, una trascrizione fonetica dell’ebraico bn, “figli”, e di una radice che si ritrova in aramaico, reges, che significa “tuono”. In Lc 9,54 Giacomo e Giovanni, vedendo Gesù rigettato dai Samaritani, gli chiedono se non debbono invocare su essi il fuoco dal Cielo, ossia la folgore. Nel nostro brano la reazione di Giovanni è più mite, ma sempre intollerante: uno non è del gruppo dei discepoli, e tuttavia espelle con efficacia i demoni, ma nel Nome di Gesù. Giovanni glielo ha proibito subito. Un episodio analogo era accaduto quando nel deserto Mosè con l’imposizione delle mani aveva donato lo Spirito profetico del Signore a 70 Anziani che lo aiutassero al buon governo delle tribù, ma in modo imprevisto lo Spirito del Signore si era posto anche su “altri” due [Num 11,10-26]; allora un giovane era corso a darne la notizia a Mosè [Num 11,27], ma Giosuè nel suo zelo giustiziero aveva chiesto a Mosè di proibire ai due di profetare [Num 11,28]. Mosè nella sua sapienza, e guardando al futuro, aveva risposto respingendo la sua gelosia in favore di Mosè stesso, e

3 I vv. 44 e 46 considerati una ripetizione del v. 48 sono stati omessi dalla critica moderna che con i suoi criteri razionalistici e insindacabili ha espunto dal testo i versetti come ripetizioni inutili [se alcuni manoscritti li omettono [cfr. ad es. S, B, C, L, sono tuttavia ben attestati da altri codici antichi, a partire da Taziano, secolo 2°] dimenticando che la ripetizione è comune nello stile semitico. Tra il testo latino del Lezionario e quello greco esiste, poi, una differenza di numerazione che potrebbe portare alla confusione: il v. 47 latino comprende i vv. 47-48 del greco.

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aveva espresso il desiderio irrealizzato che fosse profeta l’intero popolo del Signore: Oh, se il Signore avesse posto il suo Spirito su ciascuno di essi! [Num 11,29].

v. 39 - Non glielo proibite: Gesù risponde con eguale sapiente moderazione e lungimiranza. Questo non si deve proibire. Chi compie miracoli nel suo Nome, non può profanare questo medesimo Nome. E così, chi non si pone contro i discepoli, lavora comunque a loro favore, per il medesimo Regno dei Cieli [Si imporrebbe qui una severa riflessione sull’attuale situazione ecumenica ...].

v. 40 - Chi non è contro di noi: Il significato del detto, di chiara intonazione proverbiale, è chiaramente aperto e di una larghezza che accoglie tutti, in netta opposizione alla gretta chiusura manifestata dal discepolo. Ad eventuali critiche si ricorda che pur trovando altrove lo stesso detto [anche se in una forma rovesciata] e con significato invece restrittivo questo non cambia le cose. Nei brani di Mt 12,30 e Lc 11, 23 [tra loro paralleli] si parla di cose diverse e di una situazione in cui non si possono tollerare posizioni intermedie: nella lotta tra Gesù e Satana o si per l’uno o si per l’altro.

v. 41 - Chiunque vi darà da bere: Lavora per il Regno anche chi ad esempio soccorre i discepoli nella loro missione, anche, nella sua estrema povertà, solo con un bicchiere d’acqua nel Nome del Signore, poiché li riconosce del Signore, e avrà quindi la sua ricompensa. Il detto si riallaccia al v. 37 e prepara il v. 42. Perché siete di Cristo: la frase richiama 1 Cor 3,23 [ma anche Rom 8,9; 1 Cor 1,12; 2 Cor 10,7] e spiega quel nel mio Nome che vuole perciò indicare che tutto viene fatto per amore di Cristo, a cui i discepoli appartengono e da cui sono inviati [Apostoli].

v. 42 - Chi scandalizza: Procede l’insegnamento divino, sul medesimo argomento, la catechesi sullo “scandalo dei piccoli”. Questa grave violenza spirituale contro i poveri e umili che credono nel Signore è punita con severità [cfr. Zacc 13,7]. Il termine greco skandalon già per l’A.T. traduce l’ebraico miksol, che indica un ostacolo [una pietra, una radice, un tronco] che, urtato dal piede, fa cadere a terra; già nell’A.T. assume il senso morale del porre insidie per far cadere spiritualmente e moralmente. In questo senso, proclama Gesù, chi ne scandalizzerà anche uno solo dei “piccoli” cercando di deviarlo dalla fede, è meglio per lui che, consapevole del delitto, si getti in mare, però essendosi prima legato al collo una pesante macina, quella enorme fatta girare dall’asino. L’esecuzione capitale per annegamento, reso più celere da grosse pietre legate al collo, era stato introdotto in Palestina dai Romani. Questa esecuzione capitale è da noi conosciuta e allegramente diffusa ad es. nei films picareschi, con i terribili tre giri di chiglia o la variante della passerella con sotto gli squali, ma ancor più famosi sono gli “stivaletti di cemento” delle esecuzioni criminali mafiose. Drammaticamente dobbiamo constatare come la memoria di queste esecuzioni non sia solo cinematografica, ma tristemente reale ed attiva ancora oggi.

vv. 43-48 - Ecco ora la catechesi sullo scandalo che si infligge a se stessi, che spesso è inavvertito e diventa quasi sempre abituale. Il Signore combatte questa specie di scandalo a partire dal simbolismo organico: una mano di due è meno del corpo intero [v. 43], un piede di due anche [v. 45] e

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così un occhio di due [v. 47]. L’idea non è nuova né ha il segno dell’originalità, ma come sempre è frutto di uno sguardo attento a cogliere ciò che accade all’uomo. La lotta per la vita che quotidianamente l’umanità affronta e che tutti, allora come oggi, conosciamo perfettamente fa immediatamente comprendere e valorizzare ciò che Gesù dice. Per 3 volte il Signore consiglia di tagliarsi quella mano o quel piede o quell’occhio che scandalizza l’intero corpo. In questo modo si sarà sì zoppi o monchi o orbi, ma si avrà almeno la possibilità di entrare nella Vita eterna, mentre nell’integrità fisica, ma peccatrice del corpo si entrerebbe nella Gehenna eterna. La clausola apposta e ripetuta al consiglio di amputarsi le membra di peccato è deterrente, e si richiama al simbolismo dei Profeti [Mc 9,48]: la Gehenna ha il fuoco inestinguibile, e ha il verme divoratore che non muore [Is 66,24]. La retta comprensione della terribile fine giustifica, rende comprensibile e doverosa la necessità della ripetizione, ancor più per noi “moderni” ormai diventati così “aridi e taccagni” nell’annunciare le realtà future quanto “loquaci e pomposi” nel proporre gli inganni del “mondo”. La clausola deve essere riletta anche dopo i vv. 42 e 44, come esige il simbolismo semitico ripetitivo, come sta in ottimi codici e come le Chiese d’Oriente e d’Occidente hanno sempre letto. Che significa questo simbolo preciso, che la Gehenna ha il “fuoco inestinguibile”? Nel “discorso di missione” di Matteo [10,1-11,1], il Signore afferma che da un discepolo non si deve temere chi può uccidere [apoktènn™, o apoktèin™] solo il corpo, ma che al contrario “si deve temere Colui che può “distruggere” [apollymi] sia l’anima sia il corpo nella Gehenna” [Mt 10,28], o “Gehenna di fuoco” [Mt 5,22]. Si sa che il termine Gehenna viene al greco dall’aramaico gehinnam, a sua volta dall’ebraico ge-hinnom. Esso ha subito spiegazioni etimologie varie, ma di esse vanno tenute le due affini: “Valle delle urla di pianto” [Gios 15,8; 18,16], espressione spiegata da Geremia come la “valle dell’uccisione” dei bambini, ivi offerti nel fuoco al dio Molek o Moloch [Ger 7,32; 19,6]. Tipico di questa valle di antichi sacrifici umani, era lo scarico delle immondizie di Gerusalemme, a cui si dava fuoco, e qui va notato meglio che il fuoco sempre acceso, “inestinto” se non “inestinguibile”, consumava le immondizie, e che le immondizie erano “distrutte” per sempre. Gesù parla di “Gehenna”, quindi di fuoco permanente [non dice “eterno”]. Poi parla di sostanze che in tale fuoco sono gettate, e che da esso sono “distrutte”, greco apollymi [al futuro aoristo; l’aoristo dice in maniera definitiva, per sempre], anzitutto l’anima e poi il corpo [Mt 10,28]. Questo fuoco è permanente, perenne [Gesù dice anche fuoco “eterno”, Mt 18,8], ma finché non abbia divorato e distrutto, annullato, le sostanze che gli sono gettate in preda. Poi è inutile. Gesù richiama al Padre, al Giudice, a “ho dynomenos, Colui che è potente”, che ha la capacità e la potenza di “distruggere” le sostanze che Egli stesso ha creato e che sono sue, e nell’uomo l’anima anzitutto, e poi il corpo. I Padri dei primi 3 secoli leggevano anzitutto “la Scrittura con la Scrittura”, e quindi la leggevano bene, e hanno compreso bene quest’immensa tragedia per gli uomini. Essi, sulla base rigorosa della Scrittura e del suo realismo creazionale, hanno spiegato bene quella tragedia, scrutando anche altri testi come ad esempio Gv 5,29; 1 Cor

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15,26.54-55; Ebr 2,14; Ap 20,6.13-14; 21,4.8. Riassumendo il pensiero dei Padri abbiamo circa così: nell’ipotesi che il fuoco dell’inferno fosse “eterno”, allora brucerebbe “in

eterno” i peccatori, nell’anima e nel corpo “risorto per la morte” ; mentre i beati vivrebbero nel Regno della Luce; ma allora satana, il “suo” regno, che esercita nel tempo [Mt 12,26; Lc

11,17-18; Mc 3,24], lo possederebbe “in eterno”; il suo regno infernale, opposto al Regno divino, sarebbe eterno, ma allora

satana avrebbe vinto Dio in eterno, avendogli strappato una parte che comunque sarebbe spettata a Lui, il divino Creatore e l’Unico Sovrano.

I testi di Mt 10,28 e quelli attinenti, dopo il secolo 4° furono interpretati in base al platonismo. Questo è una dottrina seducente che usa strutture filosofiche, ma madre incantatrice di tutti gli errori della nostra cultura. Quanto al problema che Gesù pone con i testi come Mt 10,28, il platonismo, che è largamente gnosi panteista, risponde: “l’anima è immortale” in quanto è una parte dell’essenza divina, e quindi

è indistruttibile, perché, precisamente e finalmente distrutto il suo “sepolcro”, il corpo impuro, deve tornare al “divino vivente”, al divino impersonale, e qui fondersi in quell’essenza, che poi è il mondo;

Dio, che è l’Ente eterno, non ha la potestà di annullare l’“ente” che gli è coeterno, come l’anima dell’uomo. Questo è ripetuto, sotto forme addomesticate, anche da cristiani.

La Rivelazione divina al contrario mostra che: il Signore Unico è l’Eterno Unico, l’Onnisciente Onnipotente Tuttobuono

Tuttogiusto; è anzitutto il Signore per solo amore crea l’anima dal nulla, ma la crea

fuori della propria essenza divina eterna, e la crea al solo fine di animare il corpo [Gen 2,7];

quindi il “corpo” è in realtà un “corpo animato” o un’“anima incorporata”, una realtà unitaria e come tale, non divisibile, destinata alla resurrezione e all’immortalità beata;

ma la resurrezione e l’immortalità sono donate; ad esse “l’anima e corpo” non ha alcun “diritto” da far valere; quindi, come ogni creatura [Gen 9,5!], l’“anima e il corpo” come unica

sostanza creata come “una”, deve rispondere al suo Creatore; se rifiuta la grazia che porta alla Vita divina, non “collaborando” in modo

insieme volontario e volenteroso con il Signore, il Signore non può “salvarla” e condurla alla Vita divina, perché violerebbe la sua libertà che gli dona per essenza creaturale. Come aveva ben compreso Agostino, quando lapidariamente avverte i suoi fedeli: “Non salverà te senza di te, Colui che creò te senza di te”.

Le riletture medievali della questione, che giungono fino a noi, non hanno tenuto conto dei dati rivelati, e della Tradizione dei primi Padri con la loro acuta riflessione.

3] Lettura e Meditazione 3] Lettura e Meditazione

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La tentazione del credente di impedire e porre ostacolo all’azione dello Spirito se questa si manifesta in modi e forme non corrispondenti ai suoi schemi; una visione chiusa e rigida dell’appartenenza comunitaria di contro a una visione aperta e accogliente; la gelosia come grande minaccia per la vita comunitaria: questi alcuni temi che legano I Lettura ed Evangelo. L’atto con cui i discepoli impediscono ad uno sconosciuto di cacciare demoni perché non fa parte del loro gruppo [«non era dei nostri»; letteralmente: «non ci seguiva»] mostra anzitutto la frustrazione che diventa arroganza. Incapaci di cacciare il demone che affliggeva l’epilettico [Mc 9,18], i discepoli proibiscono di cacciare demoni nel Nome di Gesù ad un estraneo che ci riusciva, e questo solo perché «non li seguiva». Ma quel gesto mostra anche la pretesa del gruppo dei discepoli di detenere il monopolio della presenza del Signore e di stabilire chi può accedere al «Nome» santo e chi no. È una pretesa di dominio e di potere. Alla concezione di un’identità di gruppo chiusa ed escludente propugnata dai discepoli, si oppone la concezione aperta e inclusiva di Gesù. A coloro che dicono: «Non ci segue, dunque deve essere escluso», si oppone Gesù che dice: «Chi non è contro di noi è per noi». Gesù non è totalitario e non afferma che tutti debbano appartenere al gruppo dei suoi discepoli. Il Nome del Signore travalica i confini della Chiesa che tale Nome confessa.

Nel nostro testo, in cui appartenenza e identità del gruppo dei discepoli appaiono in primo piano, affiora anche il problema dell’inimicizia. Ai discepoli che vedono un nemico nell’esorcista estraneo, Gesù dice: «Chi non è contro di noi, è per noi». Il rapporto Chiesa - nemico si situa all’interno di una fondamentale polarità. Da un lato, se la Chiesa vive la radicalità evangelica e lo spirito delle beatitudini, non può non conoscere persecuzioni e inimicizie a causa del Nome di Cristo; dall’altro, la stessa radicalità evangelica impedisce alla Chiesa di fabbricarsi dei nemici, di entrare in regime di inimicizia con gli uomini non credenti o di dar nome di nemico ad ‘altri’, a categorie di persone o a gruppi umani che semplicemente sono segnati da diversità o estraneità. Sul problema dell’inimicizia la Chiesa gioca la sua capacità di assumere e gestire, positivamente o meno, il problema dell’alterità e della differenza al proprio interno e di fronte a sé. La Potenza e la Presenza del Signore non sono in mano ai soli cristiani, ma sono suscitate dallo Spirito e «noi dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale» [Gaudium et spes, 22]. Nemmeno la Chiesa può pretendere questa conoscenza, pena il ridurre Dio a idolo e il divenire occasione di scandalo, cioè inciampo e ostacolo al cammino dell’uomo verso Dio. Certamente, la prima accezione delle parole di Gesù sullo scandalo è comunitaria, e intravede la possibilità che un corpo comunitario si opacizzi al punto da non essere più trasparenza della presenza di Cristo. Ma tali parole hanno anche una valenza personale: occorre vigilare sul proprio agire [mani], sul proprio comportamento [piedi] e sulle proprie relazioni [occhi] per non divenire un ostacolo alla vocazione e al cammino di fede dell’altro. Anzi, occorre il coraggio della rinuncia a ciò che può ostacolare l’ingresso nel Regno, ingresso che avviene non a partire da un di più o da un pieno, ma da un vuoto, da una mancanza, da una povertà. Abbiamo qui

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l’esigenza [oggi forse impopolare] di un’ascesi, di una lotta, di un duro combattimento contro le tendenze che portano l’uomo a un agire, a un comportamento e una relazionalità antievangelici. Tagliare e cavare [lett. «gettare»] non sono disumane direttive da applicarsi letteralmente, ma indicazioni realistiche di una lotta da combattere ogni giorno per purificare il proprio cuore e vivere con maggiore libertà l’evangelo. C’è un perdere la vita che è essenziale per trovarla in Cristo [cfr. Mc 8,35].

4] Prima lettura [Profezia]: 4] Prima lettura [Profezia]: NumeriNumeri 11,25-29 11,25-29

In quei giorni, il Signore scese nella nube e parlò a Mosè: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito. Ma erano rimasti due uomini nell’accampamento, uno chiamato Eldad e l’altro Medad. E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare nell’accampamento. Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè e disse: «Eldad e Medad profetizzano nell’accampamento». Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza, prese la parola e disse: «Mosè, mio signore, impediscili!». Ma Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!».

Questo brano narrativo sembra sia derivato dalla fonte o tradizione

chiamata Elohista, che forse è stata elaborata in ambienti dominati dall’esperienza profetica. Vi è detto che Dio, su richiesta dello stesso Mosè [Num 11,11-15], volle alleggerire il peso della direzione di tutto il popolo, che, a volte, gli diventava oppressivo. A questo scopo, fece riunire, nella tenda della riunione 70 anziani e comunicò a loro una piccola porzione dello «spirito» che era su Mosè, perché quelli condividessero con lui il peso e la responsabilità della guida di quel popolo. Questo episodio richiama alla memoria il c. 18 dell’Esodo, dove è detto che Ietro, il suocero di Mosè, gli consigliò di prendersi dei collaboratori, i quali lo aiutassero nella applicazione quotidiana delle norme e dei principi che a lui avrebbe suggerito il Signore. Anche il c. 18 dell’Esodo sembra appartenere alla fonte o tradizione Elohista. È possibile dunque che il nostro testo sia una elaborazione, in senso più carismatico, di quell’altro. Qui si insiste nel sottolineare che la guida del popolo appartiene allo spirito, cioè a una forza di cui solo Dio ha la disponibilità e che Dio ha infuso nella persona di Mosè. Il fatto che un po’ di quello spirito sia arrivato anche su Eldad e Medad, che non si trovavano nella tenda della riunione, suggerisce l’idea della sovrabbondanza di quello spirito; e la risposta di Mosè, a chi gli suggeriva che si proibisse a quei due di profetare, anticipa, in qualche modo, la prospettiva enunziata dal profeta Gioele, secondo il quale, nei tempi messianici, lo Spirito sarebbe stato «effuso su ogni carne» [Giol 3,1-2]. Le parole di Mosè, nell’episodio di Eldad e Medad, vanno nella stessa direzione delle parole di Gesù nell’episodio dell’esorcista che scacciava i demoni nel suo Nome.

5] Salmo responsoriale5] Salmo responsoriale44: : Sal Sal 18, I [“Inno di lode”]18, I [“Inno di lode”]4 T. FEDERICI, Cristo Signore Risorto amato e celebrato. Commento al lezionario domenicale cicli A,B,C, Quaderni di “Oriente cristiano” 11, Eparchia di Piana degli Albanesi, Palermo 2001. Cfr. anche Comprendiamo e celebriamo i Salmi. A. I Salmi di Supplica e Fiducia, «Doxologia» 9, pro manuscripto, P.U.U., Roma 31994, 1-307; Comprendiamo e

A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].

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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola” Domenica XXVI del Tempo Ordinario [B]

Con il Versetto Responsorio, v. 6b, si canta che i precetti del Signore riempiono di gioia il cuore dei fedeli.

6] Seconda lettura [Apostolo]:6] Seconda lettura [Apostolo]: GiacomoGiacomo 5,1-6 5,1-6

Ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente. Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza.

La lettera di Giacomo si può qualificare come uno scritto sapienziale. Nella sua parte conclusiva, vengono date le ultime istruzioni su un tema che è sempre stato caro alla letteratura sapienziale di tutti i tempi: il tema della vanità della ricchezza. Questo tema è uno di quelli che appare ripetutamente nella lettera, tanto che può essere considerato uno dei suoi temi dominanti. Si può pensare che il nostro brano sia la seconda parte di una sezione che inizia in 4,13 e va fino a 5,7, tutta dedicata al tema dei ricchi che sono destinati a un tremendo giudizio. La prima parte di questa sezione [4,13-17] inizia con una espressione esortativa [corrispondente all’italiano orsù dunque!] rivolta a un generico «voi che dite» [oi lègontes]: viene poi descritto il comportamento presunto di gente che progetta viaggi di affari e programma guadagni, prescindendo da Dio e dal suo dominio sul tempo e sulla vita di tutti. Chi siano questi personaggi arroganti qui non è detto. Anche il verso 1 del c. 5, con cui inizia il nostro brano, si apre con la medesima espressione esortativa orsù dunque!, ma continua rivolgendosi ai ricchi [ploùsioi]: essi sono invitati a piangere e a gridare per le sciagure che li sovrastano. Nei vv. 2-3, è detto prima, genericamente e metaforicamente che le loro ricchezze sono imputridite; poi sono elencate le cose che a quei tempi costituivano concretamente il patrimonio dei ricchi [cioè le vesti - l’oro - l’argento] ed è detto che le vesti sono state divorate dalle tarme e che l’oro e l’argento sono stati corrosi dalla ruggine; quella ruggine e poi vista come simbolo del fuoco che li divorerà negli ultimi giorni, cioè nel giudizio finale. Nei vv. 4-6, sono elencati i delitti e le iniquità a prezzo dei quali i ricchi hanno accumulato quella ricchezza: è stato defraudato il salario dei mietitori; sono stati pronunziati giudizi iniqui, condannando e uccidendo il giusto che non poteva opporre resistenza; i piaceri e le gozzoviglie che hanno accompagnato questi delitti si possono paragonare ai cibi che

celebriamo i Salmi. B. I Salmi di Lode, «Doxologia» 10, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1990, 307-482; Comprendiamo e celebriamo i Salmi. C. Salmi della Regalità divina. Cantici di Sion, «Doxologia» 11, Parte I, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1994, 483-660; Comprendiamo e celebriamo i Salmi. C. Salmi della Regalità divina. Cantici di Sion, «Doxologia» 11, Parte II, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1994, 661-862; Comprendiamo e celebriamo i Salmi. E. I Salmi di Azione di Grazie, «Doxologia» 19, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1996, 858-1020; Comprendiamo e celebriamo i Salmi. C. Salmi della Regalità divina. Cantici di Sion, «Doxologia» 11, Parte I, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1994, 483-660; A. WEISER, I Salmi, I-II, Edizione italiana a cura di T. FEDERICI, Paideia, Brescia 1984.

A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].

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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola” Domenica XXVI del Tempo Ordinario [B]

ingrassano gli animali destinati al macello. La condanna della iniqua ricchezza è, nel nostro brano, senza attenuanti.

7] Preghiera e Contemplazione7] Preghiera e Contemplazione

A] Ricevere un piccolo è accogliere Cristo5

“Giovanni gli rivolse la parola: Maestro, abbiamo visto un tale che scacciava i demoni in Nome tuo, ma non gliel’abbiamo permesso perché non è dei nostri” [Mc 9,38]. Giovanni, che amava con straordinario fervore il Signore e perciò era degno di essere riamato, riteneva dovesse essere privato del beneficio chi non ricopriva un ufficio. Ma viene ammaestrato che nessuno dev’essere allontanato dal bene che in parte possiede, ma che piuttosto dev’essere invitato a ciò che non ancora possiede. Continua infatti: “Ma Gesù gli disse: Non gliel’impedite. Non c`è nessuno infatti che operi miracoli nel mio nome e possa subito dopo parlar male di me. Chi infatti non è contro di voi, è con voi” [Mc 9,39-40]. Lo stesso concetto ripete il dotto Apostolo: “Purché Cristo sia in ogni modo annunziato, per dispetto o con lealtà, io di questo godo e godrò!” [Fil 1,18]. Ma anche se egli s’allieta per coloro che annunziano Cristo in modo non sincero e, poiché fanno di conseguenza talvolta miracoli per la salvezza degli altri, consiglia che non ne vengano impediti, tuttavia costoro per tali miracoli non possono sentirsi giustificati; anzi, in quel giorno in cui diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato in Nome tuo, e non abbiamo scacciato i demoni nel tuo Nome, e nel tuo Nome non abbiamo compiuto molti miracoli?”, essi riceveranno questa risposta: “Non vi ho mai conosciuti, allontanatevi da me voi che operate l’iniquità” [Mt 7,22-23]. Perciò, per quanto riguarda gli eretici e i cattivi cattolici, dobbiamo solennemente respingere non quelle credenze e quei sacramenti che essi hanno in comune con noi e non contro di noi, ma la scissione che si oppone alla pace e alla verità, per la quale essi sono contrari a noi e non seguono in unità con noi il Signore.

Infatti, chiunque vi darà da bere un biccbier d’acqua in mio Nome, perché siete di Cristo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa [Mc 9,41]. Leggiamo nel profeta David [Sal 140,4] che molti, a titolo di scusa dei loro peccati, pretendono che siano giusti gli stimoli che li spingono a peccare, così che, mentre volontariamente peccano, s’illudano di farlo per necessità. Il Signore, che scruta il cuore e i reni, sarà capace di vedere i pensieri di ciascuno. Aveva detto: “Chiunque riceverà uno di questi fanciulli in mio Nome, riceve me” [Mt 18,5]. Qualcuno avrebbe potuto obiettare polemizzando: Me lo vieta la povertà, la mia miseria mi impedisce di riceverlo, ma il Signore annulla anche questa scusa col suo lievissimo comandamento per indurci almeno a porgere con tutto il cuore un bicchier d’acqua, magari fredda, come dice Matteo [Mt 10,42]. Dice un bicchiere d’acqua fredda, non calda, affinché non si cerchi in questo caso una scusa adducendo la miseria e la mancanza di legna per scaldarla.

5 BEDA IL VENERABILE, In Evang. Marc., 9, 38-43.

A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].

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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola” Domenica XXVI del Tempo Ordinario [B]

B] Il figlio dell’ancella e il figlio della libera6

Due sono dunque i figli di Abraham, “uno dall’ancella e uno dalla libera” [Gal 4,22], tuttavia l’uno e l’altro figli di Abraham, quantunque non ambedue anche della libera. Per questo colui che nasce dall’ancella, non diventa ugualmente erede con il figlio della libera, tuttavia riceve doni e non viene rimandato a mani vuote; anch’egli riceve una benedizione, ma il “figlio della libera” riceve la promessa [Gal 4,23.30]; anch’egli diventa “una nazione numerosa” [Gen 21,13; Gen 12,2], ma costui il popolo dell’adozione [Gal 4,31; 1 Pt 2,9-10]. Spiritualmente, dunque, tutti quelli che mediante la fede giungono alla conoscenza di Dio, possono essere detti figli di Abraham; ma fra questi ve ne sono alcuni che aderiscono a Dio per amore, altri per la paura e il timore del giudizio futuro. Per cui anche l’apostolo Giovanni dice: “Chi teme non è perfetto nell’amore; l’amore perfetto scaccia il timore” [1 Gv 4,18]. Questi dunque, che è “perfetto nell’amore”, nasce da Abraham, ed è “figlio della libera”. Chi invece custodisce i comandamenti non per amore perfetto, ma per paura della pena futura e per timore dei supplizi, certo è anch’egli figlio di Abraham, anch’egli riceve doni, cioè la mercede della sua opera [poiché anche chi avrà dato soltanto un bicchiere di acqua fresca per riguardo al nome di discepolo, la sua mercede non verrà meno [Mt 10,42], tuttavia è inferiore a colui che è perfetto non nel timore servile, ma nella libertà dell’amore.

C] Il verme che non morirà e il fuoco che non estinguerà7

Avverrà, avverrà certamente ciò che Dio ha detto, per mezzo del suo profeta, circa il supplizio eterno dei dannati: “Il loro verme non morirà e il loro fuoco non si estinguerà” [Is 66,24]. È per rincalzare con piœ forza questa verità che il Signore Gesù -raffigurando con le membra che scandalizzano quegli uomini che amiamo come le nostre stesse membra - dice comandando di amputarle. “È bene per te entrare nella vita mutilato, piuttosto che con due mani andartene nella gehenna, nel fuoco inestinguibile, dove il loro verme non muore e il loro fuoco non si estingue” [Mc 9,43s]. Così, parlando del piede, dice: “è bene per te entrare zoppo nella vita eterna, piuttosto che con due piedi essere mandato nella gehenna del fuoco inestinguibile, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue” [Mc 9,45s]. E non altrimenti dice, parlando dell’occhio: “è bene per te entrare guercio nel regno di Dio, piuttosto che con due occhi essere mandato nella gehenna del fuoco, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue” [Mc 9,47s]. Non esita a ripetere nello stesso passo per tre volte le stesse parole. Chi non è atterrito per questa ripetizione, e per la minaccia tanto veemente di quella pena uscita dalla bocca divina? Alcuni intendono che questi due elementi, il fuoco e il verme, siano pene dell’anima e non del corpo, e dicono anche che gli uomini, che saranno stati

6 ORIGENE, Hom. in Genesim, 7, 4.

7 AGOSTINO, De civ. Dei, 21, 9, 1.

A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].

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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola” Domenica XXVI del Tempo Ordinario [B]

separati dal regno di Dio, saranno riarsi dal dolore dell’anima, che troppo tardi e senza frutto ormai si pente, e perciò pretendono che si può convenientemente usare il termine fuoco al posto di questo dolore bruciante, come nella frase dell’Apostolo: “Chi viene scandalizzato, che io non ne arda?” [2 Cor 11,29]. E pensano che nello stesso modo si debba interpretare verme; infatti, come dicono, sta scritto: “Come la tignola consuma il vestito e il verme il legno, così la tristezza tormenta il cuore dell’uomo” [Prov 25,20]. Coloro invece che non hanno dubbi sulla presenza, in quel supplizio, di pene sia dell’anima e del corpo, affermano che il corpo sarà bruciato dal fuoco e l’animo sarà roso quasi dal verme dell’afflizione. Quantunque questa affermazione sia più attendibile - è certamente assurdo infatti che ivi non vi sia dolore o dell’anima o del corpo -, a me tuttavia sembra più ovvio asserire che tutti e due questi dolori interessino il corpo, piuttosto che nessuno dei due. Perciò in quelle parole della divina Scrittura non si parla del dolore dell’anima, perché è logico, anche se non lo si dice, che quando il corpo soffre tanto, anche l’anima ne sia tormentata da una sterile penitenza. Si legge del resto anche nelle antiche Scritture: “La vendetta sulla carne dell’empio: fuoco e verme” [Sir 7,19]. Si poteva dire più in breve: La vendetta sull’empio. Perché dunque si dice sulla carne dell’empio, se non per il fatto che ambedue, cioè il fuoco e il verme, saranno pena della carne? Se poi la Scrittura ha voluto parlare di vendetta della carne, perché si punirà nell’uomo la sua vita secondo la carne [per la quale l’uomo vien travolto dalla morte seconda, come ci insegna l’Apostolo dicendo: “Infatti se vivrete secondo la carne morirete” [Rom 8,13], ciascuno scelga ciò che gli piace: o riferire il fuoco al corpo e il verme all’anima - quello in senso proprio, questo in senso figurato -; o riferire tutt’e due in senso proprio al corpo.

D] D] BBRUNORUNO F FERREROERRERO, , L’Eternità,L’Eternità, in in Il segreto dei pesci rossiIl segreto dei pesci rossi, LDC, Torino, LDC, Torino 3320092009

A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].

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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola” Domenica XXVI del Tempo Ordinario [B]

C’era una volta un monaco che conduceva una vita serena e tranquilla. Una sola inquietudine lo tormentava. Aveva paura dell’eternità. Gli eletti in Paradiso cantano le lodi di Dio come fanno i monaci. Un conto è farlo per un po’ di tempo. Ma per l’eternità! Per felici che si possa essere alla presenza di Dio, dopo qualche milione d’anni chissà che noia ... Un giorno di primavera, se ne andò secondo la sua abitudine a passeggiare nel bosco che circondava il monastero. L’aria era viva e leggera, profumata di erba e di fiori. Il monaco sospirò pensando al suo problema. Sopra la sua testa un usignolo cominciò a cantare. Un canto così puro, modulato, melodioso che il monaco dimenticò i suoi pensieri per ascoltarlo. Non aveva mai sentito niente di più bello. Per un istante ascoltò estasiato. Poi pensò che era ora di raggiungere il coro per la preghiera e si affrettò. Stranamente avevano sostituito il frate portinaio con uno che non conosceva. Passò un altro monaco e poi un altro che non aveva mai visto. “Che cosa desidera?” gli chiese il portinaio. Vagamente irritato, il nostro monaco rispose che voleva soltanto entrare per non essere in ritardo. L’altro non capiva. Il monaco protestò e chiese con veemenza di vedere l’abate. Ma anche l’abate era uno sconosciuto e il povero monaco fu preso dalla paura. Balbettando un po’, spiegò che era uscito dal monastero per una breve passeggiata e che si era attardato un attimo ad ascoltare il canto di un usignolo, ma che si era affrettato a rientrare per l’ufficio pomeridiano. L’abate lo ascoltava in silenzio. “Cento anni fa”, disse alla fine, “un monaco di questa abbazia, proprio in questa stagione e in quest’ora, è uscito dal monastero. Non è più ritornato e nessuno l’ha più rivisto”. Allora il monaco capì che Dio l’aveva esaudito. Se cento anni gli erano parsi un istante nello stato d’estasi in cui l’aveva rapito il canto dell’usignolo, l’eternità non era che un istante nell’estasi in Dio.

Un profeta importunava Dio continuamente: “Perché non fai questo? Perché non sistemi quello?

Vuoi che le cose continuino così? Avanti intervieni! Presto, non tardare!

Che sarà del mondo se va avanti di questo passo?”.Finalmente Dio gli parlò.

“Perché te la prendi tanto?” gli disse. “Lascia passare questi trentacinquemila anni e poi vedremo ...”.

Il tempo di Dio non è il tempo degli uomini.

A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].

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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola” Domenica XXVI del Tempo Ordinario [B]

PER L’ELABORAZIONE DELLA «PER L’ELABORAZIONE DELLA «RIFLESSIONE SULLA PAROLA DI DIORIFLESSIONE SULLA PAROLA DI DIO» DI QUESTA» DI QUESTA XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO [CICLO B], OLTRE AL NOSTROXXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO [CICLO B], OLTRE AL NOSTRO MATERIALE DI ARCHIVIO, CI SIAMO SERVITI DI:MATERIALE DI ARCHIVIO, CI SIAMO SERVITI DI:

- Lezionario domenicale e festivo. Anno B, a cura della Conferenza Episcopale Italiana, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2008;- TOMMASO FEDERICI, Cristo Signore Risorto amato e celebrato. Commento al lezionario domenicale cicli A,B,C, Quaderni di “Oriente cristiano” 11, Eparchia di Piana degli Albanesi, Palermo 2001;- TOMMASO FEDERICI, “Resuscitò Cristo!”. Commento alle Letture bibliche della Divina Liturgia bizantina, Quaderni di “Oriente cristiano” 8, Eparchia di Piana degli Albanesi, Palermo 1996;- TOMMASO FEDERICI, Cristo Signore Risorto amato e celebrato. La scuola di preghiera cuore della Chiesa locale, Dehoniane, Bologna 2005; - TOMMASO FEDERICI, Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario, Ciclo C, Dehoniane, Roma 1988, III, 828;- TOMMASO FEDERICI, Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario, Dehoniane, Napoli 1987, I, 444;- TOMMASO FEDERICI, Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario, Ciclo B, Dehoniane, Napoli 1987, II, 587;- TOMMASO FEDERICI, Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario, Ciclo A, Dehoniane, Roma 1989, IV, 1232;- TOMMASO FEDERICI, La Trasfigurazione del Signore. Saggio d’esegesi antica e moderna per una «tradizione ermeneutica», P.I.B., Roma 1971, 35;- TOMMASO FEDERICI, Echi d’Oriente, La Trasfigurazione “Ascolto” del “Figlio diletto”, in La vita in Cristo e nella Chiesa, 7 [1979], 13; - TOMMASO FEDERICI, La «narrazione visiva» della Trasfigurazione, in «L’Osservatore Romano», 06.08.1995, 3;- TOMMASO FEDERICI, La Trasfigurazione gloria dell’uomo, in «L’Osservatore Romano», 03.08.1997, 4-5;- TOMMASO FEDERICI, Comprendiamo e celebriamo i Salmi. A. I Salmi di Supplica e Fiducia, «Doxologia» 9, pro manuscripto, P.U.U., Roma 31994, 1-307;- TOMMASO FEDERICI, Comprendiamo e celebriamo i Salmi. B. I Salmi di Lode, «Doxologia» 10, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1990, 307-482;- TOMMASO FEDERICI, Comprendiamo e celebriamo i Salmi. C. Salmi della Regalità divina. Cantici di Sion, «Doxologia» 11, Parte I, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1994, 483-660;- TOMMASO FEDERICI, Comprendiamo e celebriamo i Salmi. C. Salmi della Regalità divina. Cantici di Sion, «Doxologia» 11, Parte II, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1994, 661-862;- TOMMASO FEDERICI, Comprendiamo e celebriamo i Salmi. E. I Salmi di Azione di Grazie, «Doxologia» 19, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1996, 858-1020;- TOMMASO FEDERICI, Comprendiamo e celebriamo i Salmi. C. Salmi della Regalità divina. Cantici di Sion, «Doxologia» 11, Parte I, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1994, 483-660;A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].

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- TOMMASO FEDERICI, Comprendiamo e celebriamo i Salmi. C. Salmi della Regalità divina. Cantici di Sion, «Doxologia» 11, Parte II, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1994, 661-862;- TOMMASO FEDERICI, Celebriamo Cristo Risorto Battezzato nello Spirito. La grande Festa del Battesimo del Signore - Domenica 1 per l’Anno, in Culmine e Fonte, II/7 [1981], 1-10;- TOMMASO FEDERICI, Teologia Biblica. La Resurrezione, «Doxologia» 16, P.U.U., Roma 1994, 146;- TOMMASO FEDERICI, Unica Fonte: la Resurrezione e lo Spirito, in Cristo e lo Spirito Santo nel Nuovo Testamento, 49-110;- TOMMASO FEDERICI, Dopo la Resurrezione il tempo ha un senso, in «L’Osservatore Romano», 15.04.1992, 7;- TOMMASO FEDERICI, La Notte del Natale e la Notte della Resurrezione, in «L’Osservatore Romano», 12.04.1995, 6;- TOMMASO FEDERICI, La Resurrezione: mandato missionario perenne, in «L’Osservatore Romano», 20.04.1997, 4-5;- TOMMASO FEDERICI, Resurrezione dono di pace, in «L’Osservatore Romano», 11.04.1993, 4-5;- TOMMASO FEDERICI, Resurrezione recupero della certezza, in «L’Osservatore Romano», 07.04.1996, 4-5;- TOMMASO FEDERICI, Sulla Resurrezione una letteratura portatrice di enormi sviluppi, in «L’Osservatore Romano», 03.04.1996, 8;- TOMMASO FEDERICI, Notte della Resurrezione. Omelia di s. Giovanni Crisostomo per la Resurrezione, pro manuscripto, 2;- TOMMASO FEDERICI, Una Pentecoste continua, in Diaspora 5 [1972] 1-5;- TOMMASO FEDERICI, Parola Sapienza Spirito, Una Pentecoste continua: la normale vita di fede della Chiesa è la Pentecoste in atto, in La vita in Cristo e nella Chiesa, 5 [1977], 4;- TOMMASO FEDERICI, Quella Pentecoste che è pienezza e totalità, in «L’Osservatore Romano», 31.05.1998, 4-5;- TOMMASO FEDERICI, Lo Spirito Santo: Amore vivificante che feconda l’opera della Redenzione, in «L’Osservatore Romano», 9-10.05.1997, 6;- TOMMASO FEDERICI, «Nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Lo Spirito Santo nella Theologia e nell’Oikonomia, pro manuscripto, «Incontri con il clero dell’Archidiocesi di Manfredonia-Vieste», 76;- TOMMASO FEDERICI, «Spirito Vivificante». Cristo e lo Spirito Santo nel Nuovo Testamento, «Doxologia» 2, P.U.U., Roma 51995, 270; - TOMMASO FEDERICI, Lo Spirito Santo nell’Anno Liturgico. Annotazioni al Messale Romano di Paolo VI, in RL 62 [1975] 246-270;- TOMMASO FEDERICI, Lo Spirito Santo Protagonista della missione [RM 21-30], in Cristo Chiesa Missione. Commento alla «Redemptoris Missio», «Studia Urbaniana» 38, Urbaniana University Press, Roma 1992, 107-151 + Preliminare; - TOMMASO FEDERICI, Lo Spirito Santo Protagonista della Missione, in L. SACCONE [Ed.], Pozzuoli: una Chiesa in cammino, «Puteoli Resurgentes» 8, Pozzuoli 1993, 211-249;- TOMMASO FEDERICI, Testi Trinitari del Nuovo Testamento, «Doxologia» 7, P.U.U., Roma 1993, 400;- TOMMASO FEDERICI, Sulla devozione al Corpo di Cristo, in «L’Osservatore Romano», 09.06.1996, 4-5;- TOMMASO FEDERICI, Un Popolo Corpo e Tempio, in «L’Osservatore Romano», 28.09.1997, 4-5;- TOMMASO FEDERICI, L’Eucarestia convito. Verso una gerarchia di valori, pro manuscripto, 85-118.

- AA.VV., Temi di predicazione, Editrice Domenicana Italiana, Napoli 2002-2003; 2005-2006; 2006-2007; 2007-2008;- ALCESTE CATELLA - RINALDO FABRIS, Guidami nelle tue vie. Anno B, Dehoniane, Bologna 1998;

A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].

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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola” Domenica XXVI del Tempo Ordinario [B]

- ANNA MARIA CENCI, La Parola di Dio nel Vangelo di Matteo, Piemme, Casale Monferrato 1995;- ANTONIO FALCONE, Trasfigurazione di Cristo e trasfigurazione dell’uomo icona di Dio. Sintesi dei trattati teologici alla luce della Trasfigurazione, pro manuscripto, UPS, Roma 1997; - ANTONIO FALCONE, Tommaso Luigi Federici [in memoriam], in Rivista Liturgica 89 [4-5 2002], 576-583.801-806;- ANTONIO FALCONE, La lettura liturgica della Bibbia: il Lezionario, in Rivista Liturgica 89 [4-5 2002], 747-756; - ANTONIO FALCONE, La Bibbia diventa Lezionario, in Atti della Settimana Biblica Diocesana [21-23 febbraio 2002], pro manuscripto, Piedimonte Matese 2002, 1-16; - ANTONIO FALCONE, Profilo biografico e bibliografia di Tommaso Federici, in Itinerarium 11 [2003], 17-55; - ANTONIO FALCONE, Il metodo della “Lettura Omega” negli scritti biblici, patristici, liturgici e teologici di Tommaso Federici, in Itinerarium 11 [2003], 71-95; - ANTONIO FALCONE, La comunità religiosa oggi, “scuola di preghiera”, in A. STRUS - R. VICENT [a cura di], Parola di Dio e comunità religiosa, ABS-LDC, Torino 2003, 87-97; - ANTONIO FALCONE, The religious community today “a school of prayer”, in M. THEKKEKARA [edited by], The word of God and the religious community, ABS, Bangalore 2006, 117-134; - ANTONIO FALCONE, “Annuncia la Parola ...” [2 Tim 4,2], in R. VICENT - C. PASTORE [a cura di], Passione apostolica. Da mihi animas, ABS-LDC, Torino 2008, 161-172; - ANTONIO FALCONE, Il discorso della montagna. Lettura analitica e retorica di Mt 5,13-16 [Parte I], in Parola e Storia 3 [2008], 67-101; - ANTONIO FALCONE, Il discorso della montagna. Lettura analitica e retorica di Mt 5,13-16 [Parte II], in Parola e Storia 4 [2008], 241-288;- ANTONIO FALCONE, L’incontro di Gesù con i Greci in Gv 12,20-36, pro manuscripto, PUU-Roma 2000, 18-55;- ANTONIO FALCONE, Il detto di Gesù sul fuoco in Lc 12,49. Esegesi e Teologia, pro manuscripto, Roma 2004, 275;- CHRISTOPHE SCHÖNBORN, L’icona di Cristo. Fondamenti teologici, Paoline, Cinisello Balsamo 1988;- DANIEL J. HARRINGTON, Il Vangelo di Matteo, LDC, Torino 2005; - DONATO GHIDOTTI, Icone per pregare. 40 immagini di un’iconografa contemporanea, Ancora, Milano 2003.- ENZO BIANCHI ET AL., Eucaristia e Parola. Testi per le celebrazioni eucaristiche di Avvento e Natale, in «Allegato redazionale alla Rivista del Clero Italiano» 88 [2007] 10, 69 pp;- ENZO BIANCHI, Le parole della spiritualità, Rizzoli, Milano 21999;- ERMANNO ETTORRI, La liturgia dell’evangelo. Annuncio, carità, culto in Paolo apostolo, Dehoniane, Roma 1995;- FILIPPO CONCETTI, «Non in solo pane vivit homo» [Mt 4,4; Dt 8,3]. Studio di antropologia teologica liturgica della Messa della Domenica 1 di Quaresima. [Ciclo A], P.I.L., Tesi di licenza moderata dal Prof. TOMMASO FEDERICI, 1981-1982; - FRANCESCO ARMELLINI, Ascoltarti è una festa. Le letture dominicali spiegate alla comunità. Anno A, Messaggero, Padova 2001;- GIORGIO CASTELLINO, Il Libro dei Salmi, LSB, Torino 1965;- GIORGIO ZEVINI - PIER GIORGIO CABRA [edd.], Lectio divina per ogni giorno dell’anno, Queriniana, Brescia 2000;- GIUSEPPE GIOVANNI GAMBA, Vangelo di San Matteo. Una proposta di lettura, Las-Roma 1998; - GIUSEPPE POLLANO, Alla mensa della Parola. Omelie per l’anno B, LDC, Torino 2007; - GIUSEPPE SALA - GIULIANO ZANCHI [postfazione di SILVANO PETROSINO], Un volto da contemplare, Ancora, Milano 2001;- JESUS MANUEL GARCIA, pro manuscripto, UPS-Roma 2004-2009;- JOACHIM JEREMIAS, Il messaggio centrale del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1968; - LORENZO ZANI, I Salmi preghiera per vivere. Breve guida al Salterio, Ancora, Milano 2003;- MANLIO SODI - GIUSEPPE MORANTE, Anno liturgico: Itinerario di fede e di vita, LDC, Torino

A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].

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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola” Domenica XXVI del Tempo Ordinario [B]

1988;- MARC GIRARD, I Salmi specchio della vita dei poveri, Paoline, Cinisello Balsamo 1994; - MARIO CIMOSA, Con te non temo alcun male. Lettura esegetica e spirituale della bibbia, Dehoniane, Roma 1995;- MARIO CIMOSA, Nelle tue mani è la mia vita. Lettura esegetica e spirituale della bibbia , Dehoniane, Roma 1996;- MARIO CIMOSA, Se avessi le ali di una colomba. Lettura esegetica e spirituale della bibbia, Dehoniane, Roma 1997;- PIERRE GRELOT, Il Mistero di Cristo nei Salmi, Dehoniane, Bologna 22000;- SALVATORE GAROFALO, Parole di vita. Commento ai vangeli festivi. Anno A, LEV, Città del Vaticano 1980.- SALVATORE PETTI, Temi biblici del lezionario nella solennità della Pentecoste, P.I.L., Tesi di licenza moderata dal Prof. TOMMASO FEDERICI, 1973-1974.

A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].