vivarte 6

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vivarte 6 , Arte, letteratura, musica e scienza - PERIODICO SEMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE “L’ARTE IN ARTE” URBINO

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Arte

La mostra londinesedel 2004 dedicata aRaffaello ha eviden-ziato la formazioneurbinate: come è notola biografia vasarianavoleva che il padrepittore lo avesse indi-rizzato alla bottega diPietro Perugino con-sapevole della propriainadeguatezza.Per quanto nel tempola critica si sia resaconto della non atten-dibilità di tale episo-dio, cancellava com-pletamente l'improntadel padre nella forma-zione del giovaneRaffaello, che trovia-mo documentato aCittà di Castello adappena diciassetteanni: siglava insiemecon Evangelista daPiandimeleto, validocollaboratore e uomodi fiducia nella botte-ga del padre mortooramai da qualcheanno, l'impegno per la realizzazione di una pala d'altareper la quale riscuotevano il saldo il settembre successi-vo. A Città di Castello Raffaello realizzava altre opere:lo stendardo per l'oratorio della Trinità, la Crocifissione

Gavari-Mond e lo Sposalizio della Vergine, terminatoper l'estate del 1504, prima del trasferimento a Firenze.A questo arco di tempo ha fatto riferimento la mostratenutasi in Urbino che ha ottenuto un notevole successodi pubblico e che ha sollecitato la critica a riflettere sul-la formazione del famosissimo artista. La cornice delPalazzo federiciano è stata quanto mai funzionale allarivisitazione di un Raffaello in parte derivato dalla cultu-ra urbinate, anche se l'allestimento ha saputo quasischermare gli ambienti rinascimentali per dare pienafruibilità alle opere esposte, il cui percorso ha rappresen-tato una sorta di amarcord del ragazzino che fino adundici anni aveva seguito l'attività del padre Giovanni

Santi, pittore, sceno-grafo, poeta.La mostra inoltre harappresentato l'occa-sione per alcune operedi tornare a respirarel'atmosfera del luogoper il quale furonorealizzate: le Muse (diGiovanni Santi e diTimoteo Viti), collo-cate in origine neltempietto omonimoed ora alla fiorentinaGalleria Corsini, fre-sche di restauro hannopermesso di recupera-re parte della culturadel Santi che avevamosso i primi passiall'interno dell'empo-rio paterno, Sante daColbordolo che effet-tuava a sua volta pic-coli lavori artigianali.Il padre di Raffaelloaveva percepito lagrande operazioneculturale di Federicoda Montefeltro e diBattista Sforza ed

aveva avvertito la necessità documentarsi presso altrerealtà culturali per colmare il vuoto formativo (in queglianni la bottega stanziale presente in Urbino era quella difra' Carnevale ed è probabile che per lui abbia rappresen-tato un punto di riferimento). Inoltre le Muse evidenziano l'attenzione di GiovanniSanti per la cultura fiamminga, che aveva trovato porteaperte in Urbino agli inizi degli anni settanta con la rea-lizzazione della nota Comunione degli apostoli, ma l'in-teresse nella corte era ancora precedente stando a quan-to scrive Bartolomeo Facio alla metà del secolo chedescrisse un Bagno muliebre di Van Eyck nella collezio-ne di Ottaviano degli Ubaldini, fratello di Federico. E' presente uno spaccato della città sia attraverso diver-se opere del Santi che con dipinti di artisti che avrannorapporti con il giovane Raffaello: lo stendardo di SantoSpirito di Luca Signorelli è dirimente nella comprensio-

Raffaello e Urbino. La formazione giovanile e i rapporti con la città natale

di Bonita Cleri

PERIODICO SEMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE “L’ARTE IN ARTE” URBINO copia gratuita

Arte, letteratura, musica e scienza ANNO IV N. 6 2010

Storia

Lisippodi Silvia Cecchi

e Alberto Berardipag. 3

La “voce” e il silenzio

figurato di Umberto Francidi Floriano De Santi

pag 6

Artisti e attività

dell’Associazione

L’Arte in Artepag. 9

Kéramos 2009

La ceramica delle

associazioni della Provincia

di Pesaro e Urbino

di Emanuela Mencarelli

pag. 8

Cinema

L'Italia di Pier Paolo Pasolinidi Andrea Carnevali

pag. 18

Musica

De Divina Proportione.

Dalla produzione musicale

all'evento teatraledi David Monacchi

e Simone Sorinipag. 16

Letteratura

Il laboratorio critico di

Gualtiero De Santi

di Maria Lenti

pag. 13

Raffaello Sanzio, AutoritrattoDisavventure di un

aspirante scrittoredi Alberto Calavalle

pag. 14

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ne della formazione del nostro e proprio su esempi signorelliani incontratianche a Città di Castello egli si eserciterà ed eseguirà diverse prove graficheriprendendone sia la tecnica che le tematiche. Signorelli sigla, seppure nonpersonalmente, un contratto proprio nel giugno del 1494 e probabilmente lasua entrée urbinate fu dovuta al Santi che ben lo conosceva per averlo cita-to nella sua Cronaca rimata percependone con finezza il carattere artistico equasi certamente fu lui ad aprire la strada tifernate a Raffaello che si trovacoinvolto nella sua prima commessa insieme con l'aiutante del padre, adimostrazione che ne aveva ereditato la bottega tenuta in piedi, data la suagiovane età, dal fido collaboratore paterno. Oltre allo stendardo del pittorefiguravano alcune opere di Timoteo Viti, che venne chiamato da Raffaello aRoma attorno agli anni dieci del Cinquecento, mentre era meno documenta-to Girolamo Genga, che necessita di un approfondimento di conoscenza perl'importanza che ha avuto non solo per Raffaello ma per la cultura urbinate.La pubblicazione dei documenti urbinati dimostra da un lato le diatribe tral'unico erede maschio del Santi ed il fratello don Bartolomeo con la giovanevedova e la piccola Elisabetta, nata dopo la sua scomparsa, dall'altro il rap-porto intrattenuto con i parenti e gli investimenti fatti nella città natale. La pala di Città di Castello, identificata con una Triplice incoronazione di

San Nicola che schiaccia il demonio, purtroppo tagliata a fine Settecento econosciuta ora solo in parte attraverso ritagli conservati in diversi musei, sitrovava affiancata al disegno preparatorio autografo di Raffaello che nedimostra, tra i diciassette anni e i diciotto anni, le grandi capacità. La mostra quindi proseguiva con altri esempi, come il citato stendardo del-la Trinità, i ritratti dei duchi di Urbino, piccoli quadretti e due scomparti del-la predella della Crocifissione Gavari insieme con Madonne che denuncianoil rapporto con Leonardo: tutte opere che danno ancora conto del rapportocon il territorio (come dimostrano i ritratti dei signori del ducato e la raffi-gurazione della chiesa di San Bernardino nella Madonna Cowper). Lo snodo della formazione, si sa, è legato al rapporto con Pietro Perugino edin mostra era presente la predella della pala di Durante di Fano - per la chie-sa di Santa Maria Nuova per la quale aveva lavorato anche il Santi - che par-te della critica tende ad assegnare a Raffaello mentre in mostra veniva pre-sentata come autografa del Vannucci, quantomeno uscita dalla sua bottegagià definita da Roberto Longhi "editoriale umbra". Il problema è se il rap-porto tra i due sia avvenuto negli anni giovanili o se Raffaello vi si sia acco-stato una volta trasferitosi in Umbria. A chiusura di mostra ha destato interesse la sezione relativa alle maioliche ealle incisioni derivate da temi raffaelleschi, mentre meno avvincente è stataquella relativa ai ritratti.(Catalogo della mostra: Raffaello e Urbino, a cura di L. Mochi Onori, Electa, Milano, 2009)

DITORIALE

Bonita Cleri, docente di Storia dell’arte marchigiana nell’Università di Urbino. Autrice distudi su diversi artisti e periodi. E’ nella redazione di “Notizie da Palazzo Albani”, rivistadell’Istituto di storia dell’arte dell’ateneo urbinate. Presidente del Centro Studi “G.Mazzini”, ne dirige le collane “La valle dorata” e “La via lattea”, dedicate ad autori e beniculturali della valle del Metauro e oltre. E’ stata vicepresidente del Consiglio regionale del-le Marche nella Legislatura 1995-2000: ha seguito leggi e disposizioni sui beni culturali.

Vivarte. Un primo pensiero: il piacere di lavorarci perché cisia, così come ci dicono i riscontri e le attese di quanti la cono-scono; il piacere di farla uscire, aspirando, ogni volta, la reda-zione a un più e a un meglio rispetto ai numeri precedenti; ilpiacere di vederla stampata interrogandosi, i collaboratori, suquel più e meglio che spetta infine ai lettori. L'intento della rivista, far parlare la realtà artistica e culturaledi Urbino - per quella vitalità espressa dalla città feltresca eproiettata oltre le sue mura,da sempre, direi, se sempre fossemeno compromissorio e assoluto - facendo parlare anche idintorni allargati, si snoda, anche in questo numero, attraversola riflessione sia su eventi passati calati nella cronaca sia supresenze di oggi. Da Raffaello di Bonita Cleri, alla vicenda di Lisippo di SilviaCecchi e Alberto Berardi, da un artista dalle radici nellaScuola del Libro di Urbino (non bisognosa di aggettivi),Umberto Franci di Floriano De Santi, a Pasolini di AndreaCarnevali, la rivista si inoltra nella conoscenza di intellettualinati a Urbino e qui formatisi, che, da anni, spaziano fuoriItalia, sia per la vastità del loro orizzonte, sia per la "sede" del-le loro ricerche: scorre il "laboratorio" critico di Gualtiero DeSanti chi firma questo editoriale; David Monacchi, musicista,docente universitario, insieme a Simone Sorini indaga e ana-lizza i nuovi suoni (raccolti persino nelle foreste tropicali), leprobabilità diverse intorno alla produzione musicale odierna.Di Alberto Calavalle, con il racconto Disavventure di un aspi-

rante scrittore , lo spazio "creativo". Emanuela Mencarellientra nelle attività di Kéramos, il cui terzo appuntamento nel-la provincia di Pesaro e Urbino è stato ospitato nella sala delCastellare del Palazzo Ducale di Urbino. Una novità in questo numero di Vivarte, nata come estensionedi L'Arte in Arte, associazione culturale urbinate in cui con-fluiscono molti artisti non solo di qui - pittori, incisori, sculto-ri, ceramisti -. L'inserto dedicato agli artisti, fino ad ora corpoa sé stante, è legato a doppia spillatura, per così dire, alla rivi-sta stessa: sì che le opere riprodotte dialogano con i testi, tuttigli autori sono in relazione tra loro e con chi avrà in manoVivarte. Allora… Idee per una cultura che non si fermi all'evidenza ealla superficie delle cose culturali e artistiche. Interrogativi piùche certezze, se le certezze sono le certezze poco o nulla sti-molanti. Aperture al nuovo, alla sperimentazione, alla ricerca.Scavo all'interno del già dato. Consapevoli che il più e il

meglio, sul piano culturale e artistico, sono illimitati e maifiniti.

Maria Lenti

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Lisippodi Silvia Cecchi e Alberto Berardi

L'Atleta confiscato.

La statua attribuita a Lisippo è divenu-ta italiana per effetto di meccanismiacquisitivi (taluno semplice, altri piùcomplessi) ampiamente dibattuti everificati in sede giudiziaria e oggi sta-tuiti con l'ordinanza emessa nel feb-braio scorso dal Giudice di Pesaro, laquale, accertata la proprietà statualesul bene, ne dispone la confisca, inseconda proposizione, conseguenzaobbligata della prima. La questionedell''italianità' del bronzo, contestata aoltranza (attualmente mediante ricorsoper Cassazione contro l'ordinanza) dal-l'attuale detentore (il Paul Getty Trust)e, presenta dunque un profilo eminen-temente giuridico. Come è noto, con-temporaneamente alla vicenda dell'e-sportazione illecita e per le stesse fina-lità, la statua subì un periodo di clan-destinità che va dai sei agli otto anni,dapprima in Italia, in condizioni tali dacomprometterne l'integrità di conser-vazione, ed quindi una (prima) serie diinterventi selvaggi di disincrostazionee 'restauro' all'estero (in Germania) chele hanno procurato danni gravi, indele-bili e irreversibili (né emendati dagliinterventi della seconda fase di tratta-mento): vulnus ampiamente ricono-sciuto dagli esperti dello stesso museocaliforniano che acquisì la statua nel-l'agosto del 1977 dal restauratore-ven-ditore tedesco.Tali danni sono gli effetti di danno'secondario' rispetto alle condotte con-testate nel procedimento penale dapoco concluso, e l'oggetto diretto e'primario' di altro procedimento penaletuttora pendente presso l'Ufficio dellaProcura di Pesaro (il reato in questocaso è di natura permanente e cometale imprescrittibile): giacché non vi èdubbio che simili danni sarebbero benstati impediti dagli organi pubblici ita-liani preposti alla conservazione erestauro dei beni artistici e del patri-monio archeologico, ove il bene nonfosse stato sottratto illecitamente allaloro competenza: la circostanza assu-me un rilievo indiscutibile, di fronte aqualunque obiezione contraria, nonsolo nel nome del rispetto dovuto allenorme e alle istituzioni, ma per chiun-que condivida comuni sentimenti diresponsabilità (di tutela, cura) riguar-do ai beni archeologici o di valore arti-stico. La risonanza della vertenza giu-diziaria è stata assai grande, come ènoto, e ha suscitato un dibattito tra isostenitori del ritorno della statua nel-l'ambiente da cui storicamente provie-ne e i sostenitori di una indifferenzaper il sito (sia pure remoto ed eccentri-co) in cui un'opera d'arte finisca per'stabilizzarsi' all'esito di peripezie det-tate da illeciti traffici e condotte censu-

rate dal diritto penale nazionale edinternazionale: indifferenza giustifica-ta nel nome di un quid 'assoluto' cherenderebbe l'opera d'arte per così dire'ubiqua' e affrancata da vincoli di con-testo. A questi soli aspetti (culturali edetici insieme) credo necessario dedica-re qui alcune brevi riflessioni, avendogià avvertito che in nessun caso essepotrebbero oscurare il primato giuridi-co che compete alla vicenda.1. Nella relazione inviata al Governoitaliano nel 2006 da parte dellaDirezione del Getty Museum (e poi piùvolte, successivamente) si sostieneintanto la tesi del 'legame tenue' tra lastatua e il nostro Paese, con evidenteriferimento, per antitesi, al criterio del'legame rilevante' menzionato nellaConvenzione Unesco del 2001. Siobiettò in quella circostanza, e già piùvolte in precedenza, che la statua è diindubbia origine greca e che l'Italianon può rivendicare di essa né un'ori-gine italica o vetero-romana, né l'esi-stenza di un sito archeologico inscrittocon sicurezza nel proprio ambito terri-toriale. Ma intanto è certo che il collegamentotra la statua e l'Italia non deriva da sca-vo abusivo o furto in terra greca, non daun bottino di guerra né da un saccheg-gio, giacché è necessario comunquedistinguere, in fatto di trasferimento eprovenienza beni, tra canali commer-ciali legali e bottini bellici, tra requisi-zioni di Imperi o Stati invasori od occu-panti e regolari transazioni intercorsetra soggetti privati o pubblici, tra canalineri ed eventi storici in senso lato. Nel nostro caso per vero non sappiamocon certezza neppure quale fosse ladirezione della rotta della nave che tra-sportava la statua di bronzo prima delnaufragio, se dalla Grecia all'Italia oviceversa (la seconda ipotesi oggisembra guadagnare maggiori consen-si), né sappiamo con certezza se si trat-ti davvero di un originale (tesi peraltroassolutamente prevalente) ovvero dicopia romana di statua greca.Sappiamo che era consuetudine nelperiodo del tardo impero portare inesposizione di luogo in luogo esempla-ri di particolare pregio di statue grechea guisa di modello da imitare, in varielocalità dell'Impero, a scopi di pedago-gia etico-estetica, per dire così. D'altronde grande fu la notorietà che lastatua ebbe nell'antichità (addiritturaesiste una copia conservata al museoarcheologico di Costantinopoli): ciòche rende ancor più plausibile la con-gettura che essa abbia svolto il ruolo dimodello itinerante in varie localitàdell'Impero, per la sua straordinariabellezza: quella levità della figura inrotazione, quel peso ed energia con-

centrati su un lato della figura ove èuna gamba a reggere il peso del corpoe del braccio. Dobbiamo però presu-mere fondatamente che la statua siastata oggetto di legittima committenzao di altra disposizione di trasferimentoche la portò in Italia, ovvero che ana-loga disposizione ne abbia deliberato il'ritorno' in Grecia o a Costantinopoli, einfine che in entrambi i casi sia naufra-gata a causa di tempesta marina o ava-ria della nave che la trasportava.Sappiamo in ogni caso con certezzache il trasferimento era in corso fra duelocalità dell'Impero, in esso essendoricompresi sia il luogo di destinazionequanto quello di provenienza. Poco piùdi un secolo dopo la morte di Lisippo,la Grecia, già 'romana', diviene 'gover-natorato' e poi provincia romana: laGrecia era dunque tornata territorioromano, qualora si ritenga che la statuasia opera di discepoli di Lisippo eappartenga al c.d. periodo ellenistico,fin dal momento della sua creazione. D'altronde è pur sempre l'opera deltempo e della storia, così come la pro-fondità della fusione tra civiltà, ad

autorizzare espressioni quali 'civiltàgreco-romana 'o civiltà 'romano-bizan-tina', e così via. Se così stanno le cose,conosciamo un solo 'legame forte': laciviltà greco-romana (ma quandogiunse la statua in Italia per la primavolta? durante il Primo impero o nellatarda antichità? in periodo bizantino oaddirittura in età medievale?).Secondo le congetture più accreditatedegli studiosi, la statua avrebbe godu-to dunque di una permanenza in Italiavariabile fra i due e i dodici secoli: ciòche significa che "il naufragio è avve-

nuto quando la lezione (della statua diLisippo) era così diffusa e radicata

nella prassi figurativa (in terra italia-na) da non potersi più smarrire", comesostiene acutamente Paolo Moreno. Inaltre parole, secondo l'Autore, la lezio-ne era così profondamente metaboliz-zata in terra italica che ne danno dimo-strazione talune pitture pompeiane,alcune sculture medievali e rinasci-mentali, e addirittura figure tratte dagliaffreschi michelangioleschi. Nondovremmo allora più dubitare che loStato italiano sia davvero il soggetto

Lisippo

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cultural-politico erede della civiltà dicui lo splendido esemplare bronzeoattribuito a Lisippo è figlio; in questaprospettiva, l'opera ci si presenta comeelemento (chiave di volta, secondo icritici del'arte) di una millenaria ecomplessa genealogia procedente finoa noi, che di quella civiltà siamo senzadubbio gli eredi. Allora e per conversonon vi è alcun dubbio - in ciò constal'oggetto specifico della vicenda giudi-ziaria - che nessuna vicenda se non ditipo affaristico - criminale, poté con-durre oltre venti secoli dopo quella sta-tua sulle coste della California. 2. I pescatori romani si trovaronocosì di fronte ad una res inventa, con-servata per quasi due millenni dagliabissi marini, dopo essere naufragatain corso di viaggio. La fortuna la persee la riportò alla luce. Il luogo del rinve-nimento è stato individuato con unacerta approssimazione ma è possibileasseverare che esso ricada in zona diacque internazionali, secondo la map-patura geo-giuridica delle 'zone mari-ne' di cui alle convenzioni internazio-nali (Convenzioni Unesco - Montego-bay), in una fascia del Mare Adriaticoal largo di Pedaso, per modo che lanazionalizzazione del bene è l'effettodelle analizzate vicende giuridiche checoncorrono univocamente verso taleconclusione. Si tratta certamente di unsito archeologico marino tuttora apertoed in gran parte ancora inesplorato.Una sorta di sito archeologico 'di for-tuna', nel senso anche di 'fortuito', sot-tomarino, che attende di essere ulte-riormente indagato ed esplorato, mache non smentisce affatto la pertinenzaoriginaria della statua all'area italico-romana, giacché ogni ipotesi interpre-tativa sul punto converge sulla conclu-sione che il reperto non solo gravitavain tale area, ma, fino a prova contraria,vi gravitava e vi si muoveva 'legal-mente'. E' dunque in questa area che lastatua può essere capita (dirò meglio:può continuare ad essere capita, datoche a tutt'oggi non è completata la suadisamina storica, archeologica ed este-tica) e studiata, contestualizzata, com-parata e goduta. D'altronde il luogo diun naufragio è spesso l'unica traccia eprova di un itinerario storico interrotto,altrimenti destinato all'oblio. Per que-sto esso appartiene alla storia. Bensappiamo quante volte le civiltà abbia-no fatto di un approdo di fortuna, di un'provvidenziale' naufragio, il proprioluogo leggendario delle origini, e viabbiano imbastito il proprio mito difondazione: è accaduto al grandi città-civiltà (a Roma stessa) come a città-santuario sorte dall'approdo fortunosodi una reliquia, dallo sbarco di un san-to scampato a peggior fine.

Combinazione di storia e destino,d'immaginario e di leggendario checosì spesso con la storia si mescolano:nel nostro caso luogo di eventi storicidocumentati e ulteriormente documen-tabili.3. Ognuno sa quanto l'espressioneartistica in generale abbia a che vederecon i dati paesaggistici, con le forme dinatura, con gli altri segni dell'uomo e irispettivi reciproci rinvii (ben sappia-mo che non vi sarebbe Raffaello senzala dolcezza delle colline urbinati, néMantegna, Piero o Leonardo senza imetafisici sfondi umbro-toscani, néVermeer senza il borghese interno bor-ghese-fiammingo, né la Venere diCranach senza l'allegorismo metafisi-co germanico, né il fondo-oro diGiotto senza il mistico paesaggioumbro e senza i segni contigui dell'in-flusso bizantino e si potrebbe prose-guire senza fine). Allo stesso proposito, mi viene sponta-neo aggiungere quanto scrisse il cele-bre 'positivista' francese HyppoliteTaine: "Anche l'opera d'arte, come i

mari, i fiumi, i laghi, si colorano del

cielo che riflette": l'affermazione piac-que ad Alberto Savinio che così lacommenta "sono gli elementi ambien-

tali che finiscono per fare corpo con

l'opera d'arte pur restandole esterni". Meno intuitivo forse è immaginare cheanche l'intelligenza di un'opera d'arte,dalla parte di chi la guarda e intendarecuperare il senso di quelle stesserelazioni richiede di conservare imedesimi legami con l’ambiente.Nella recisione dei segni contestuali,delle misure e proporzioni reciprochefra un'opera e quanto l'opera circonda,nella recisione della storicità delletracce del prima e dell'ora, è il vulnusdella decontestualizzazione. La letturaintegrata, congiunta degli elementiinterni ed esterni dell'opera è quel sen-so intero che l'opera è capace di resti-tuire all'osservatore che sappia legger-lo. Ciò è vero per ogni oggetto d'arte.Massimamente però ciò è vero per unastatua che, per destinazione e propor-zioni, era sicuramente destinata, comenel nostro caso, ad una collocazione inexterno, e per di più tendenzialmentefissa: circostanza che impone riflessio-ni diverse da quelle che competono alrapporto fra un quadro, per esempio,ed il suo ambiente. Che un'opera d'arteperda valore fuori del suo ambiented'origine ben sapeva anche Cicerone,quando rifletteva su come una statuagreca già a Roma mutasse di bellezza edi significato ("le statue greche una

volta portate a Roma non sono più le

stesse"). Se tale perdita oggi si è in uncerto senso attenuata, per effetto del-l'allungamento di prospettiva storica,

nella comparazione tra bene in Greciae bene in Roma, quello 'spaesamento'che già avvertiva Cicerone, siamo peròben in grado di coglierlo noi tra mon-do greco-romano e California: e d'altraparte il tema di un'appartenenza cultu-rale, eventualmente condivisa, di que-sta opera sia allo Stato italiano che aquello greco, è aspetto che potrà esse-re rivalutato, a tempo debito, e ciò ariprova, ancora una volta, che non sitratta di difendere pregiudizi naziona-listici, bensì ragioni di diritto e leriflessioni implicate nell'intelligenza diun'opera d'arte. Lo sappiamo noi, chestupiamo della 'piccola misura' di unastatua greca confrontata con la grandemisura delle statue romane o rinasci-mentali italiane. Ma più che mai sap-piamo che a Malibu si perde irrimedia-bilmente ogni riferimento, in assenzadi qualsiasi modulo esterno di con-fronto: non una scala di beni contem-poranei o prossimi nel tempo, non unastratificazione di testimonianze ogget-tive storicamente collegabili all'opera,non un universo segnico di riferimentoche siano in grado di posizionare ilbronzo e darne la sua vera misura arti-stica, senza la quale va perduto proprioquell'ideale umano che la statua espri-me ed insegna.Nel momento in cui l'opera nasce eviene posta in un luogo, da quelmomento inizia il suo colloquio inin-terrotto con il mondo circostante, conl'insieme dei segni in cui è immersa.Vogliamo rivederla anche noi, fin dovepossibile, proprio così come la viderocon i propri occhi il suo artefice, il suocommittente, i suoi ammiratori, i visi-tatori, i viandanti, gli oziosi, i viaggia-tori, i sedenti. Vogliamo celebrare unasorta di rito, attraverso l'atto dell'osser-vare, dell'ammirare: il rito dellamemoria, della storia, della bellezza,dell'identificazione, della sublimazio-ne. Davanti all'osservatore che vogliaimmedesimarsi con i suoi predecesso-ri, l'opera avrà il potere di rimettere invita un organismo storico-culturale el'universo di relazioni che le appartie-ne: potere della forma formante e del-la fitta rete 'magica' dei rinvii che l'og-getto d'arte tesse e l'ambiente conserva(tanto quanto che il reato spezza unavolta per sempre, finché non sia ripara-ta l'offesa).4. Non altro è il senso profondo deicodici deontologici museali e trasfusinelle convenzioni internazionali, senon quello di impedire che un museosia ricettacolo di condotte di specula-zione finanziaria e di malaffare, asilodato a criminali comuni, anziché ilrisultato e il vertice di un'operazioneculturale. Taluno vorrebbe concedereall'Italia (il Paese fra tutti che più ha

fatto le spese delle logiche speculativeed affaristiche dei sodalizii criminalispecializzati nel settore) un premio diconsolazione: le opere d'arte italianesono pur un ottimo 'biglietto da visita'dell'Italia all'estero. Riflessione piutto-sto spicciola e stretta. Prendiamo non-dimeno l'argomento per quello che è,pur nel suo modesto pregio: ebbene,non vi è dubbio che la ben nota e inval-sa politica degli imprestiti, dellemostre itineranti, delle esposizioni'tematiche' organizzate nelle sedi piùdisparate del globo, sarebbero state (esono) il mezzo più adeguato e suffi-ciente al medesimo scopo, senza alcunbisogno di colludere col (o plaudire al)crimine, nella specie con il contrab-bando, l'esportazione illecita delleopere d'arte, la ricettazione, le associa-zioni per delinquere costituite aglistessi fini, il reato di interventi abusiviin spregio e a sfregio delle opere d'ar-te, condotte la cui mira, come ognunoben sa, è solo quella di conseguire ilmaggior lucro possibile e non certoquello di diffondere biglietti da visitadell'arte italiana, ed anche a costo didanneggiare irreparabilmente (o rom-pere nel maggior numero di frammen-ti autonomamente vendibili) manufattidi inestimabile valore. Vi è da temered'altra parte che il Grand Tour ricorda-to da alcuni pubblicisti e di cui l'Italiapuò vantarsi ancora di essere mèta,resterebbe in pochi anni vanificato dal-la massiccia evacuazione di opere d'ar-te avvenuta con il ritmo intensificatodegli ultimi decenni e che può anchevalersi dell'irresponsabile apologia chesi è letta recentemente in alcuni artico-li di giornale. Né il prestigio artisticodell'Italia sarebbe mai minorato daun'ampia diffusione di ottime copie, dicui sono ricchi i migliori museid'Oltralpe e di tutto il mondo. 5. Una parola infine va spesa circa lanozione di "patrimonio dell'umanità"spesso invocata ma sulla quale non cisi intende bene. Giustamente è stato aquesto proposito citato (Fabio Isman)il grande Quatremère de Quincy,(1755-1849) laddove il filosofo affer-ma che un'opera d'arte deriva la suauniversalità dal radicamento nelle con-dizioni originarie. Profonda intuizionedi un connubio tra universalità e parti-colarità, che è il segreto dell'opera d'ar-te nel suo momento genetico, nelmomento del suo linguaggio espressi-vo (la sua 'poetica') e infine nelmomento della sua fruizione estetica.Non vi è alcuna antinomia tra i due ter-mini: in quanto patrimonio dell'umani-tà, tutti hanno l'interesse e il dovere ditutelare il significato dell'opera salva-guardandone le sue radici storico-cul-turali, all'interno del relativo ambiente.

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Alberto Berardi, è nato a Fano, dove vivee lavora, nel lontano 1943. Dopo averdedicato una parte rilevante della sua vitaalla politica, intesa nel senso più nobile deltermine, si dedica oggi prevalentementeagli studi sui beni culturali e sulle tradizio-ni popolari, pubblicando saggi e libri.Collabora con “Il Messaggero”.E’ vicepresidente della “FondazioneGioachino Rossini”, membrodell’”Accademia Raffaello”, consiglieredella “Fondazione Cassa di Risparmio diFano”, Presidente della FederazioneItaliana Carnevali.

Silvia Cecchi, vive a Pesaro, città in cui ènata e dove esercita la professione dimagistrato.Diplomata in pianoforte, ha collaboratocon la rivista letteraria pesarese “Lengua”diretta da Gianni D’Elia. E’ autrice di rac-colte poetiche e testi in prosa (racconti,saggi e romanzi brevi).In collaborazione con il compositoreAdriano Guarnieri, ha scritto il testo del-l’azione lirica “Solo di donna” (2004) ed iltesto dell’opera da camera “Processo a

Costanza”, che sarà eseguita nella prima-vera del 2008.

Superfluo aggiungere che il principiodi una globalizzazione culturale nonsignifica affatto perdita di un'identità edi una radice, bensì contiene l'idea diuna interconnessione tra identità erealtà culturalmente definite.Un'importante lezione deve essereallora tratta da queste brevi considera-zioni: la piena coincidenza tra le con-clusioni a cui perviene il codice giuri-dico e quelle a cui ci conducono i codi-ci etici e culturali oggi universalmentecondivisi.

Silvia Cecchi

La lunga vicenda de "L'Atleta diFano", la statua greca attribuita algrande Lisippo, pescata in mare da unbattello di Fano in acque internaziona-li nel lontano 1964 si è temporanea-mente conclusa con una ordinanzailluminata ed illuminante del GIP diPesaro Lorena Mussoni. Ordinanzache impone la "confisca della statua(…) ovunque essa si trovi". La nuovavicenda giudiziaria aveva avuto iniziocon un esposto dell'Associazione "LeCento Città" a firma del Presidente protempore avvocato Tullio Tonnini edopo il respingimento delle eccezionipresentate dai difensori del GettyMuseum di Malibù (U.S.A.), ha avutoun esito positivo. Ma la storia eracominciata molto prima, esattamenteil 18.5.66 con l'assoluzione per insuf-ficienza di prove presso il Tribunale diPerugia di quattro imputati (gli eugu-bini Pietro, Fabio e Giacomo Barbettied il prete Giovanni Nagni) che eranoentrati illecitamente in possesso dellastatua. A condannare i tre per ricetta-zione ed il Nagni per favoreggiamentofu invece la Corte d'Appello di Perugiail 27.1.67, sentenza annullata dallaCorte di Cassazione il 22.5.68 e segui-ta da una nuova assoluzione dellaCorte di Appello di Roma il 18.11.70per la impossibilità di accertare l'inte-resse artistico, storico od archeologicodel reperto. Il tutto avvenuto quando lastatua era ancora nascosta in Italia.Mai accertata è la storia che fu "unantiquario milanese" nel 1971 a vende-re la statua al tedesco Heinz Herzer,ancora più misteriosa è poi la versioneche la statua lasciò Gubbio con unaspedizione di forniture mediche man-date in Brasile presso una missione incui operava un religioso parente deiBarbetti già riportata dal giornalistaBryan Rostron sulla Saturday Reviewdel 31.3.79. Certo è che Herzer dichia-rò di aver acquistato la statua per"Artemis", consorzio internazionaled'arte, "da una collezione sudamerica-na" e che nell'ottobre del 1971 la fecesottoporre ad analisi presso il DoernerInstitut in Barer Str. 29 di Monaco.

Thomas Hoving, Direttore delMetropolitan Museum, esaminò la sta-tua nel 1972 in quella città senza pro-cedere al suo acquisto per i dubbi sul-la legalità della provenienza, come eglistesso dichiarò a Rostron. La statua fuinvece acquistata dal Getty Museumper 3.950.000 dollari (purtroppo anchecon l'avallo di Federico Zeri, alloraconsulente del Getty Museum) dopo lamorte del vecchio Getty che di fronteall'impossibilità di avere la documen-tazione sulla legittimità dell'uscitadall'Italia aveva sempre rinviato l'ope-razione. E' infine certo che il Direttoregenerale dei Beni culturali nel 1990segnalò al Ministero degli Esteri che inItalia era stato rinvenuto nel 1989 unframmento della concrezione marinache al momento del recupero ricoprivaquasi interamente la statua.Esattamente quella concrezione chepersonalmente feci consegnare, dacolui che la deteneva, alla Procura del-la Repubblica di Pesaro retta allora daldottor Savoldelli Pedrocchi. Era laprova provata che si cercava da anni.Nessuno da allora osò più sostenereche la statua del Getty non fosse lastessa recuperata dai pescatori fanesi.La concrezione marina si era staccata,dichiarò il signor Dario Felici, proprie-tario del terreno in cui la statua era sta-ta temporaneamente seppellita , per uncolpo di vanga da lui stesso infertoall'atto del dissotterramento "all'altez-za di uno stinco". Quindi l'opera ripe-scata in mare durante una battuta dipesca "in acque internazionali", comeha sempre sostenuto con me il capo-barca Romeo Pirani, fu sbarcata aFano dove rimase per un breve perio-do, poi sotterrata in un campo di cavo-li nella frazione di Carrara ed infinetrasferita a Gubbio presso i Barbetti. AGubbio della stessa si perdono le trac-ce. Certo è che, poiché non esiste nes-sun autorizzazione all'esportazione egli avvocati del Getty pur sfidati a far-lo dal sostituto procuratore SilviaCecchi, dall'avvocato dello StatoMaurizio Fiorilli e dall'avvocato de"Le cento città" Tristano Tonnini sisono ben guardati dall'esibire qualsiasidocumento, l'opera è uscita illegal-mente dall'Italia, in altre parole, è usci-ta di contrabbando. Lo sosteniamo datrent'anni per una atavica fiducia nellaLegge in opposizione alla "legge" ieridella forza ed oggi del denaro che permolte, troppo persone, sono gli unicistrumenti che regolano le cose delmondo. Siamo alle battute finali. L'impegno di pochi tra i quali alcunivalidissimi servitori dello Stato: i cara-binieri guidati dal Capitano SalvatoreStrocchia, l'avvocatura dello Stato,alcuni magistrati, qualche giornalista e

"Le Cento Città" nel silenzio, lungo,troppo lungo, della politica nazionale,uniche eccezioni i Ministri dei BBCCButtiglione e Rutelli, è stato finalmen-te ripagato da coloro che hanno ripor-tato nei suoi esatti termini una vicendache se la cupidigia non avesse ottene-brato le menti non sarebbe neppurenata. La statua fa parte del patrimonioindisponibile dello Stato ed è uscitaillegalmente dal nostro Paese, laRepubblica italiana ha non solo il dirit-to ma il dovere di confiscarla ovunquesi trovi. Et de hoc satis.

Alberto Berardi

Lisippo, particolare

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Umberto Franci, Il podere I Cipressi, disegno a china, 1994

Umberto Franci, La base di Montescopio, disegno a china, 1997

La “voce” e il silenzio figurato

di Umberto Francidi Floriano De Santi

dell'espressione che cerca un sensonella provvisorietà delle cose, maperseguono un'immagine filtrata,una Stimmung delicata che, se daun lato suona come un appello aduna non obliata tradizione "classi-ca", dall'altro rivela la volontà dicogliere le occasioni di poesia chesi presentano ai margini del fluiredel mondo. Si pensi - tanto perrestare nell'ambito solamente dellaprovincia di Pesato ed Urbino - adOrlando Sora, ad AlessandroGallucci, ad Anselmo Bucci e all'i-ronica e delicata rêverie di NinoCaffè. Senonchè, Franci non è estraneo aquanto accade nell'arte contempo-ranea anche in un raggio più vastoche include attenzioni a più istan-tanei modi di comprensione dellavita: la frantumazione dello spazioche annette temporalità molteplicialla cifra figurativa, le disponibili-tà verso materiali estetici di tipodiverso. Ma in lui, come nellememorabili pagine de Il sipario

ducale di Paolo Volponi, l'attualitàdei mezzi e l'evidenza reale dellesituazioni di partenza appaionocome arretrate in una lontananza,che per lo scrittore è nostalgia diun'età mitica, per l'artista il tempodella memoria. In effetti, Franci non va considera-to per quell'intimistica luce in cuile sue prime prove xilografiche(Costumi calabresi e Donne al

mercato, entrambe del '35) indur-rebbero a collocarlo, ma la suaappartenenza al clima di un'epocache spinse la giovane arte italianaalla ricerca della poesia nell'assen-za. È così distante la tronfia emonumentale poetica del"Novecento" da fogli qualiLorenzo apparve nel sonno del '34e Processione ad Amantea dell'an-no seguente da indurre a vedereil nostro artista come un solitariocompagno di strada di LorenzoViani.L'incidere di Franci, nella suarisentita ispirazione aliena da ognidolcezza, è certo diverso da quelloespressionistico di Viani. Ma c'èqualcosa di comune in quel sentiredolorosamente il destino fragiledell'esistenza, in quel mettere anudo trasalimenti, commozioni edangosce nello spegnersi o nell'im-

Nata a dipresso con il secolo cheva ormai estinguendosi e cresciutain bella giunzione con la scuola,l'Istituto del Libro di Urbino, concui per anni e anni si è identificata,la compagine degli incisori ope-ranti nel centro montefeltresco, oattorno ad esso, ha raggiunto quel-la vetustà che consente periodizza-zioni e varianti, archetipi e modulitematici. I punti di massimaespressione vennero toccali nelperiodo tra il 1930-35 e gli anni'50: segnatamente - potremmo dire- con la produzione grafica diLeonardo Castellani. Ma grandiautori anteriori, o collaterali, oautonomamente defilati, quasi per-corsi sottotraccia o "a margine"rispetto a quelli che la critica ancherecente ha individuato per essen-ziali, ci sono stati e hanno benearricchito il quadro generale. Traquesti petits maîtres, o anche mae-stri rimasti relativamente in ombra,a scambiare con i maggiori (e coni propri allievi) peculiari distillatidi universi metaforici, c'è indubita-bilmente Umberto Franci, tuttoravivente e attivo a dimostrare esquadernare la perizia acquisita nelfirmamento dei tratti xilografici. La peculiarità stessa della tékhne

incisoria di Franci, incline sin dal-l'inizio all'approfondimento dellavisione piuttosto che al suo rapidoesplicarsi, all'ispessimento dell'im-magine oltre il dato fenomenicoche pure ne è all'origine, faceva sìche la matrice lignea, per la segre-ta tessitura d'ombra e di luce checonsente, sembrasse il luogo piùconsono al manifestarsi di unsimulacro che non ha mai amato ilclamore, sebbene la penombra, incui agevolmente trovare spaziol'attitudine all'ascolto della celatavoce dell'anima. La cultura figurativa sul cui sfondoFranci si muove è quella dell'am-biente urbinate dominato dall'im-passibile candore illustrativo diFrancesco Carnevali e dall'indi-pendenza linguistica di MarioDelitala (insegnante di xilografìa edirettore, a partire dal 1934,dell'Istituto d'Arte), e dove le ricer-che "nuove", l'opera degli artistiche coraggiosamente interpretano- per dirla con Montale - l'inquieto"male di vivere", hanno sì il piglio

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Umberto Franci, Congressisti, disegno a china, 1965

provviso accendersi delle nereinchiostrature, dove la materianon illustra, ma insegne il vero ene esprime in umida traccia lasostanza: questo Franci ha avverti-to nella sua folle corsa verso ilsilenzio come conseguenza ultimae ultimativa al di là dell'occasiona-lità del racconto, significato supre-mo - il silenzio metamorfico - diogni immagine dopo che questa haspremuto, al pari di una stellacadente dans l'air, la sua arcanapossibilità di emettere, per contra-sto con l'atmosfera, luce.I fantasmi che vivranno nellavisione di Franci nel dopoguerrasono, del resto, tutti annunciati inxilografie del tipo Attesa del '40 eSoldati di guarnigione del '41. Èsingolare, ma non stupisce avendointeso la segretezza tutta interioredel suo affacciarsi all'arte, comel'incisore urbinate nell'intera suaopera sostanzialmente approfondi-sca e sviluppi sempre i medesimisoggetti: cascinali di periferia(Sosta dei cacciatori del '45), col-line silenziose (La selva dei

Cappuccini del '46), greti deserti(Le Cesane del '48). Come sottrarsi al potere di sedu-zione di un leitmotiv sfiorato, toc-cato, scandagliato, quasi fossecosa concreta nella sua pienezzafisica e insieme una memoria,un'evocazione, o un'ossessione, sequesto motivo-guida è tenuto sulregistro di una meditazione altaeppure profondata nei turbamentipiù intimi e indicibili, in una sortadi malinconia corrosiva e storden-te? Franci in Mietitura del '46 e inSolitudine del '49 manifesta alcuneansie creative fondamentali cherimangono poi alla base della suaintera opera. L'oggetto è sempre unframmento di natura: albero, cam-po di grano, cespuglio, nuvola. Lafigura è sostanzialmente, più cheun'individualità, una presenza; ecome tale soggiace al dubbio sullasua identità sfuggente, pronta areincarnarsi in qualunque icona neperpetui in modo impreveduto ilsenso di inafferrabile mistero.Nel 1970, dopo il dialogo metafisi-co (non di pittura metafisica) sul-l'essere e il nulla che sono i suoipastelli a cera su cartoncino, in

quel cosmo si apre, come in unapausa di attesa e di ricarica poeti-ca, un campo trepido, una grandeparete di tenera materia, di umideombre, di foglie, di trascolorantiluci, senza cielo, senza terra, comese l'erba confinasse con le fronde,il prato col bosco, senza confini.Solo in quel punto in cui qualcosasembra pur mostrare che dall'oriz-zontalità si passa alla verticalità,sulla fine della baraggia e quindisul limitare della selva, una mac-chia nera di segni nervosi incisi daFranci con la sgorbia e il bulino apettine diventa figura. Mentre nella "stampa d'arte" l'e-mozione dell'artista ha un tempo,una durata difficilmente determi-nabili, nei pastelli colorati l'imma-gine, quella silhouette lontana esenza contorni, e pur piena di veri-tà, si formula unicamente dopo chel'emozione è caduta, e non ne sus-siste più che l'eco o il ricordo. Nonper nulla di fronte a tavole esegui-te a cera quali La cava del '74 e Lo

scheggione del '82 invece di avvi-cinare e precisare le immaginiFranci le allontana e le dissolve: lesottrae all'esperienza: le confondein una vibrazione ritmica e illimi-tata; ma nello stesso tempo le spo-glia di ogni analogia naturalistica,le propone come pure immagini osia pur soltanto come possibilità diimmagini, in una distanza remota eirraggiungibile, dove nessunaemozione è più possibile e dovenon potrà più sussistere una distin-zione tra la "veduta" e la "visione",né tra una realtà esterna ed unarealtà interna all'artista. Nondimeno, in taluni esempi xilo-grafici degli ultimi trent'anni - daCampo chiaro del '77 a Viale dei

quattro venti dell'87, da Rupe dei

Faeti del '77 a Nevicata del '93 -,quel sentimento è portato daFranci ancora più avanti. In essi èl'horror vacui a scandire i ritmi e atenere le fila di un doppio svolgi-mento semantico: da un lato infat-ti, segno dopo segno, viene percor-sa la via di una tessitura che si fastruttura; dall'altro la frequenza deisegni, il loro infittirsi o diradarsi, èdirettamente correlato agli effettitimbrici del bianco e nero, alla sti-molazione retinica e alla fluttua-zione percettiva che ne consegue.

È uno spazio che si dilata al di làdell'orizzonte, si divincola insom-ma dall'hic et nunc e tende a unadimensione senza più accidentalitàlimitative, corre all'infinito, comeun cielo; e in questa inedita intui-zione i brevi fenomeni di crepu-scolo cedono a una luce verticaleche, rotti gli argini, prorompe nellascena come una simbolica alluvio-ne esistenziale.

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Kéramos 2009 - La ceramica delle

associazioni della Provincia di Pesaro e Urbinodi Emanuela Mencarelli

Nelle Sale del Castellare del PalazzoDucale di Urbino si è rinnovato il ter-zo appuntamento con Kéramos. Dal 22agosto al 9 settembre 2009, l'evento haproposto un percorso espositivo dedi-cato alla ceramica contemporanea etradizionale realizzata dalle associa-zioni della Provincia di Pesaro eUrbino.Tra le importanti iniziative che negliultimi anni stanno sostenendo nellaprovincia la rinascita di una nuova sta-gione dell'arte ceramica, Kéramos por-ta in primo piano l'operato silenzioso,ma ormai maturo per essere espresso,del sistema associativo presente nelterritorio. L'intento è far conoscere evalorizzare il lavoro di una folta e nonarrendevole comunità di artisti, artigia-ni o semplici amatori della ceramica edi tutto ciò che ruota intorno a questaforma di espressione, che ha acquista-to nel tempo un importante significato.Come sostengono Giovanna Ucci eOliviero Gessaroli che hanno datoavvio a questo progetto nel 2005, darespazio a questa vitale realtà offre unaconcreta possibilità di non far svanirenel nulla, soffocata dalla mancanza diadeguate politiche, una tradizione natanegli anni d'oro del Rinascimento econtinuata nel lavoro di grandi maestricontemporanei. Non dimenticare è il senso della pros-sima meta che il progetto vorrebberaggiungere, e che speriamo trovi unpositivo consenso e l'appoggio nelleistituzioni: la fondazione di un premioper i giovani nella prossima edizionedel 2011, che avvicini le nuove genera-zioni a questa materia sempre apertaad infinite determinazioni. La cerami-ca è un impasto primordiale di sempli-ce acqua e terra alchemizzate dal fuo-co, dal carattere indocile, ma duttile esoprattutto capace di registrare fedel-mente l'impronta umana e di rigenera-re continuamente la ricerca artistica.Seguire il filo rosso dell'argilla attra-verso le rassegne Kéramos, permettedi depositare le nuove esperienze, con-tribuisce a creare un nuovo linguaggiodella ceramica saldato alla contempo-raneità e all'identità territoriale e, con-temporaneamente, fa accrescere ilvalore della terra lavorata ad arte nelterritorio del Montefeltro. Con questoappuntamento biennale, che è diventa-to ormai un punto di riferimento e checontinua a riscuotere un ampio succes-so di pubblico, le associazioni dellaceramica della Provincia di Pesaro eUrbino si sono fatte interpreti di un'e-sperienza collettiva dove i principi del-la condivisione e della mutualità, basiaggreganti di ogni realtà associativa,esaltano la ricerca individuale cresciu-ta negli spazi personali o nei tanti labo-

ratori creatisi. Il processo di creazionedi questo evento, oltre ad aprire un'oc-casione di confronto con le radici del-la ricca storia del passato e con unadelle attività vocazionali del territorio,di fatto dà un impulso concreto adinnalzare quella che viene chiamata'intelligenza collettiva', che si nutreanche di iniziative organizzate utiliz-zando uno stile bottom up, dal bassoverso l'alto, che stimolano a pensarecreativamente e a sentirsi coinvoltinello sviluppo di un progetto cheaccresce la qualità della vita comune.Nel percorso espositivo, costellato ditecniche inedite e di sperimentazioniche contaminano la ceramica con ilretroterra di altri linguaggi come l'inci-sione, il mosaico o la fotografia, siritrova la storia di una tecnica millena-ria con i suoi 'abiti', i materiali e le for-me, e le sue 'famiglie' di stile, le tecni-che. Abiti e stili che hanno saputocogliere le esperienze delle tecnicheprovenienti dalle tradizioni di culturelontane come quella della ceramicaraku o appartenenti al nostro passatoma cadute in disuso, vedi il recuperodelle terre sigillate e, nondimeno, del-le innovazioni raggiunte nella ricercadei materiali e delle tecniche. Ma, soprattutto, nelle opere presentatesi racconta il viaggio dell'intelligenzadelle mani che rielabora, con il concor-so della ragione e dei sensi, i sentimen-ti, le emozioni e le avventure indivi-duali che determinano uno sconvolgi-mento o un sereno modificarsi dell'ani-mo. Così hanno preso voce sia la ricer-ca tradizionale che non fa sopire l'anti-co sogno della bellezza attraverso larilettura dei registri stilistici classici,sia l'espressione di carattere sperimen-tale che più spesso interpreta lo sradi-camento ed i rumori di fondo della vitadel nostro tempo. I partecipanti, cheprovengono da diverse esperienze,hanno trovato nella lavorazione diquesta antica materia un terreno diincontro dal quale partire verso unaricerca personalissima, e spesso incon-sueta o inedita, che privilegia il rap-porto tra l'esperienza sensibile vissutae l'astrazione, guidati dal convinci-mento che la bellezza e la condivisio-ne possono essere dei buoni 'medica-menti' per rinsaldare i tessuti connetti-vi umani e sociali attraverso l'espres-sione artistica. Negli ultimi decenni, con la diffusionedelle nuove tecnologie visuali e comu-nicative, si vive invasi di una miriadedi oggetti e di figure virtuali che nonlasciano il tempo per costruire la mini-ma esperienza o per dare un valoreaffettivo al vissuto. Bisognerebbe piùspesso ricordare che in un pugno diterra c'è tutta la storia dell'uomo.

Questa semplice affermazione contie-ne un invito ineludibile a stabilire unrapporto diverso tra noi e il mondo incui viviamo. Seguiamo allora il sugge-rimento della poetessa MariangelaGualtieri, di tenere sempre due pugniin tasca di terra. Perché la terra è capa-ce di diventare tutto, è una polveremagica.

E' vil materia il fango

Io t'el consento!

Ma se i vasi d'Urbino tu vedrai

Io non ho dubbio alcun che tu dirai

Pregiato esser fango e vil l'argento.

Bernardino Baldi (1533-1617)

Catalogo della mostra Kéramos 3a edizione Quattroventi, 2009

Emanuela Mencarelli, vive a Roma. Perlavoro si occupa di ricerca nell'ambito del-la formazione e dell'occupazione in campoambientale. Dal 2007 fa parte dell'associa-zione L'Arte in Arte. Sperimenta il suo lin-guaggio espressivo attraverso la ceramica,la fotografia, l'incisione e la scrittura.

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Silvestro Castellani“Personalità umana”2009

Emanuela Mencarelli“Mnemosyne” 2009

Angela Torcivia“Reportage”2009

Paola Malato“Trittico” 2009

Attività culturali e artistiche

dell'AssociazioneL'Arte in Arte

Urbino - Palazzo Ducale, "Kéramos" 3a edizione, 2009

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Susanna Galeotti“Achille, Medusa, Ettore, Enea”2008

Guerrino Bonalana“Inquadrato” 2009

Nazzarena Bompadre“Uccello di fuoco”2007

George Ro“Albert” 2009

Saltara (PU) – Museo del Balì

“Gli artisti leggono la scienza”, 2009Urbino - Collegio Raffaello,

“Gli artisti leggono la scienza”, 2008

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Fabrizio Battesta“Cappuccetto rosso” 2009

Oliviero Gessaroli“Lapillo” 2009

Regine Lueg“Carro blu” 2009

Laura Scopa“Istantanea” 2008

Vigonza (PD), Castello dei Da Peraga "Espressioni d'arte... al Castello...", 2007

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Fulvio Paci“Cavaliere in parata”2010

GianfrancoCeccaroli“Crocefissione” 2009

Anita Aureli“Paesaggio” 2009

Guido Vanni“Nello studio oltre la rupe” 2009

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Urbino – “Incontri di ceramica sperimentale”, cottura con forno a carta, 2006

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Maria Lenti è nata a Urbino. Saggista (let-teratura e arte, in volumi collettanei e inriviste), poeta, ha pubblicato le raccolte:Un altro tempo (1972), Albero e foglia

(1982), Sinopia per appunti (1997), Versi

alfabetici (2004), Il gatto nell’armadio

(2005), Cambio di luci (2009). È autriceanche di racconti, Passi variati (2003),Due ritmi una voce (2005). Altri racconti,in via di uscita. Recente il suo Amore del cinema e della

resistenza (2009).

"sofferenza" potrebbe spingere di piùla ricerca, l'orizzontalità potrebbe vol-gersi in verticalità, la cronaca potrebbeguardare di più alla storia, il dettaglioslargarsi in creatività, la critica, secon-do l'etimo, distinguere. Non è venutomeno, in Gualtiero De Santi, il rigorepassa, nella sua scrittura, il calore del-l'esistenza, qualunque ne sia la dinami-ca: le recensioni, i saggi, gli approfon-dimenti su riviste e pubblicazioni col-lettanee, oltre i volumi citati, ne dico-no colori e suoni.

Castellani e Osvaldo Licini poeti, suL'antica moneta di Volponi, (edizionedel 2000), segue, inaspettato, Teresa

de Jesus ed altri mistici, nel 2002.Anno in cui spicca Ritratto di

Zavattini scrittore: all'autore diSuzzara De Santi restituisce una tuttasua vitalità accostandolo a Pirandello ePasolini, ai surrealisti, a Breton, a Dela Serna, a Kafka e Brecht. E' poi lavolta della "scoperta" di MarinoPiazzolla "francese" (2006), di La poe-

sia della Resistenza (2009), Tuttora incorso la ricognizione, iniziata nel1994, dei dialettali romagnoli fermatiin "Il parlar franco" da lui fondata ediretta. Nel cinema, dopo Malle, Pasolini(1978 e, in seguito, diverse riviste),Cinema e poesia negli anni '80 (1985),Lumet (1987), De Sica (2003), Lizzani(2007), insieme a profili di numerosiregisti, film e cinematografie, europeied extraeuropei, De Santi si distendein una biografia di Maria Mercader(2007). "Prende" l'attrice, donna rivo-luzionaria e anarchica, dalla natiaCatalogna e la segue attraverso i filmgirati in Francia, poi in Italia - fino alritiro seguito al rapporto con De Sica ealla nascita dei due figli - e alle ultimesuperbe interpretazioni (filmiche, conFerreri soprattutto; teatrale - Savannah

Bay - di Hermann Bonnin). Dalle pel-licole e dalle pièces estende l'analisi acostumi, musiche, scenografia: per luie nella migliore critica del settore, l'o-pera è la somma di più componenti,coordinate, come gli attori, dal regista.I particolari e l'intero: ossia, strutturama non strutturalismo.E, nella libertà della libera immagina-zione, della scrittura che si determinafacendosi (né, in questo, può venirmeno), della fantasia tesa a scuotereparti e protagonisti, Gualtiero DeSanti, immerso nei suoi tempi, negliautori guarderà come diano "forma" o"informino" tali tempi; se, in questi,aprano finestre o confermino l'esisten-te; se esprimano conflittualità, di clas-se o soggettiva, la conflittualità cheinnesca proiezioni al di fuori di unritorno del perduto o del refoulé. Cosìcome in Manzoni, in Nievo, inCollodi, in De Amicis ricerca la lorocoerenza "civile". Negli anni, in De Santi, tuttavia, qual-cosa è mutato. Il pensiero "filato", ric-co di pericopi e incisi, di dati, di rife-rimenti, si è fluidificato. Il critico dauna decina di anni filtra le conoscenzenelle sensazioni. E non si nega il sorri-so. Che l'oggi (o ieri) soffra, secondolo studioso, di assenze, non significasoltanto essere contornati di debiti e daopacità: semmai, cuneo di una rifles-sione sul presente e sul passato, la

Urbino: poesia, incisione, arte. Vociplurime, un pensiero vivo, oggi e nelpassato. A fianco, l'attività critico-sag-gistica (letteraria, artistica, storica),nata qui o qui sviluppatasi, con appor-ti e confronti con la cultura italiana einternazionale. Due nomi: Carlo Bo, critico letterarioe non solo; Paolo Volponi e i suoi scrit-ti d'arte, o di cultura, di politica, segna-no ancora il presente. Sugli scritti deidue intellettuali, che hanno connotatoambiti e risvolti della vita e delle lette-re molto e ben al di là delle mura citta-dine, sulla loro intensità, si è formatauna generazione di giovani studiosi,studiosi che hanno poi preso una lorostrada. Come Gualtiero De Santi. Appare findall'inizio, in De Santi, una molteplici-tà di interessi. Ripercorrendone labibliografia, lo si trova a muoversi trapoesia, narrativa, arte, cinema, teatro.Né va taciuta una sua singolare tradu-zione di una lirica di Léopold SédarSenghor, "Estate, estate splendida",uscita su "Ad libitum", primi anni ses-santa del novecento.Vi si muove de visu: libri, film, dischi,quadri e incisioni, teatro sono suoiinterlocutori (e argomento di frequen-tazioni amicali quotidiane). Propendeper lo scrittore o il poeta, il regista,l'artista consapevole dei propri mezzi edalla salda bibliografia per la sua pre-dilezione (oltre la formazione univer-sitaria) di discussione e raffronti. E'attento, però, anche all'esordiente, allosperimentatore, al poeta alla primaprova: la sua fiducia ricorda il CarloBo prefatore di chi gli si rivolgeva peraverne giudizi, o, rovesciando il cono,il Pier Paolo Pasolini dei "maestri inombra".Due Castori, su Louis Malle e SandroPenna, rispettivamente del 1977 e del1982, i primi suoi studi in volume. Nel1979 cura Rime d'encomio e di morte

dello scrittore cinquecentesco DionigiAtanagi, e, prima ancora, si rivolge aopere minori di Manzoni, Nievo, alCollodi giornalista (saggi raccolti, conaltri di vario tenore, in L'angelo della

storia, 1988). Del 1980 la cura perEinaudi di Poesie e poemetti 1946-66di Paolo Volponi. "Paragone" ospita ilsuo primo saggio (1983) su Rebora,autore, in anni vicini a noi, di moltisuoi studi confluiti nei "NuoviQuaderni Reboriani" (Marsilio) da luidiretti. Si ferma, quindi, su poeti (poiin Lo spazio della dispersione, 1988, ein I sentieri della notte, 1996) sia dellasua generazione (Bellezza, Cavalli, DeAngelis, Piersanti, Scalise, Valduga,ecc.), sia già "maestri" come Caproni eVolponi, o il Sanguineti di Scartabello.A scritti su Bruno Fonzi, su Leonardo

Il laboratorio critico di Gualtiero De Santidi Maria Lenti

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Fulvio Paci, particolare schizzi di amanti e cavalli acquaforte-acquatinta

C'era stato un periodo molto prolificonella sua vita. Scriveva con disinvoltu-ra, come se qualcuno gli dettasse den-tro e gli spingesse la mano sul foglio. Sono stati giorni felici, ma poi le cosesono cambiate.Tra impegni inattesi e grattacapi divario genere si era deconcentrato e nonriusciva a trovare un po' di tempo perun raccoglimento produttivo di qual-cosa.Per non assistere a un malinconico tra-monto della professione, si era impo-sto di dedicare alla scrittura almenodue ore al giorno, al mattino presto,quando la mente è più sgombra da pro-blemi che si accumulano via via duran-te la giornata. Ma si era accorto chescrivere a un'ora fissa, come se si trat-tasse di un lavoro impiegatizio, non sipuò. L'ispirazione non veniva su comando.E allora? Non rimaneva che aspettare.Una notte, tra un dormiveglia e unaltro, l'ispirazione arrivò improvvisacosì bene e senza che l'avesse chiesta,con quella forza che lo spingeva a tra-durre nel foglio quello che gli correvacosì bene nella fantasia. Ma la carta dov'era? E la penna? Decise di rinviare la scrittura al matti-no seguente. Ma al mattino, davanti al foglio bian-co, la penna rimase sospesa in aria,perché nella mente non era rimastonulla di quell'ispirazione improvvisa.Memore del "carpe diem" degli studigiovanili, si convinse che bisognavacogliere l'attimo. Così si dotò di carta epenna a portata di mano sul comodino.Quando, la notte successiva la musaispiratrice tornò improvvisa, subitopensò di non lasciare che si perdessenel vuoto quanto gli veniva dettatodentro. Ma bisognava accendere la luce ementre il respiro leggero di sua moglieche gli dormiva accanto, si spegnevain un lamento e in una protesta:"Ma io domattina devo andare a lavo-rare!" non gli restava altro che com-prendere le altrui esigenze e tornare albuio più fitto.Ma era talmente forte e chiaro il mes-saggio che gli ballava in testa, che lamano, come spinta da un comandoinvolontario, prese a muoversi e lapenna a tracciare sulla carta parole,parole, periodi, frasi in un intercalare,avanzare, scorrere frenetico.Presto una pagina si riempie e il fogliogira sul retro con un fruscio leggero,che però non sfugge a sua moglie chescende ancora in una protesta, ma piùremissiva:"Ma cosa fai?"Lui non risponde neppure, mentre lamano si ferma in un momento di

Disavventure di un aspirante scrittoredi Alberto Calavalle

deconcentrazione, per riprendere amuoversi sempre più veloce su altreparole, periodi, frasi.Presto, tre fogli sono pieni di scritturasu entrambe le facciate ed egli ripren-de a dormire soddisfatto, perché doma-ni potrà tradurre tutto nella memoriadel suo computer.Ma! Al mattino l'aspirante scrittoreresta a bocca aperta davanti a interifogli pieni di geroglifici, di righesovrapposte, di frasi accavallate, diparole illeggibili.Mostra a sua moglie il risultato disa-stroso del suo notturno lavoro, come adire che la colpa è sua se tanta faticanon ha prodotto nulla. Ma lei non èdisposta a recitare il mea culpa. Anziesce in un'esclamazione incoraggiante:"Ma è un bellissimo quadro astratto!"Poi dopo un momento di silenzio: "Per completarlo basterebbe qualchepennellata di sghimbescio e sarebbe uncapolavoro!".E giù una mezza risata ironica.Lui resta muto come un pesce e lamoglie capisce che deve farsi perdona-re.Il giorno dopo lei torna con un pac-chetto:"Un regalo per te".Lui scarta con evidente frenesia ecuriosità e rigira tra le mani il piccolooggetto che è comparso."E' una piccola lampada a batteria daapplicare col morsetto al tuo block-notes" dice lei.Egli abbozza un sorriso, intuendo chela lampada, sebbene piccola sia suffi-ciente a illuminare la pagina, salva-guardando il sacrosanto diritto dellaconsorte a continuare il suo riposo.Torna a guardare la moglie con un sor-riso riconoscente, pronto a sperimenta-re l'originale invenzione la notte suc-cessiva, agganciando subito la lampa-da al notes in modo tale che sia prontaall'uso.Ma quella notte non si prepara nessunaveglia, perché il sonno continua pro-fondo fino al mattino e così le nottisuccessive, mentre la lampada, la pen-na e il notes restano lì sul comodinoinutilmente a portata di mano.Che la stagione primaverile gli conciliproprio il sonno?Non gli resta che aspettare. E una notte, dopo un dormiveglia di untempo indeterminato, giunge un'ideafantastica, che egli decide di tradurresubito sulla carta a portata di mano.Ma la mano tasta a vuoto sul comodi-no dove aveva posato il notes. E nep-pure la penna e neanche la piccolalampada si riesce a trovare.Egli si allunga allora in uno scricchio-lio infinito del letto, cercando di arri-vare un po' più lontano. Ma la mano

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Alberto Calavalle, è nato e risiede inUrbino. Scrive su alcuni periodici, è redat-tore della rivista Vivarte ed è impegnatonel sociale. Ha pubblicato una plaquette di tre poesiecon acquaforte di Adriano Calavalle(1990); il libro di racconti Il tempo dei

cavalli (Rimini, Guaraldi 1993), ristampa-to in edizione d'arte dell' Isa (Scuola delLibro di Urbino, 1997); il romanzo Sulla

frontiera della Vertojbica (Teramo,Editoriale Eco, 1997); il libro di poesieInfinito passato (Urbino, Quattroventi,2000), ristampato in edizione d'arte dell'Isa(Scuola del Libro di Urbino, 2008); il librodi saggi e racconti brevi Finestre sulla cit-

tà (Urbino, 2003); il libro di raccontiRacconti urbinati (Urbino, Quattroventi,2007); il libro di saggi e racconti breviFinestre sulla città e dintorni (UrbinoArgalia Editore, 2009).

Susanna Galeotti, Bird, penna a sfera su carta

urta il bicchiere dell'acqua che cadeallagando mezzo pavimento, mentre ilbicchiere stesso si perde in mille pezzie in un botto che nel silenzio della not-te diventa un boato che rimbalza diparete in parete, di stanza in stanza, daun piano all'altro, facendo sobbalzarela moglie e chissà quanti altri:"Cos'hai combinato? "Quando le spiega, lei esce in un com-mento compassionevole:"Ma non trovi mai pace?"Lui approfitta del momento per chie-dere:"Ma il notes dov'è?""L'ho messo nel cassetto. In un mesenon hai scritto nulla!"Lui apre il cassetto, ma la moglie glisuggerisce:"Dovresti raccogliere i cocci, sedomattina non vuoi tagliarti un piede".Poi un velato rimprovero:"Avrai svegliato mezzo condominio".Lui si sente in colpa e per farsi perdo-nare da lei, non solo raccoglie i cocci,ma prende il moccio e il secchio e condiligenza asciuga pure il pavimento.Quindi si corica soddisfatto per averfatto il suo dovere. Sul suo petto haposato il notes con la piccola lampadaaccesa. La mano e la penna sono pron-te.Ma compare improvvisa una piacevoledistrazione.L'effetto della mano sospesa sul notesè sorprendentemente fantastico!L'ombra della mano si proietta sul sof-fitto della camera, come l'ala di ungabbiano si ferma nell'azzurro del cie-lo.E' tutto troppo bello per pensare adaltro. Un quadro di vera poesia.Ora occorre tradurre sulla carta questesensazioni ed emozioni.Purtroppo nei meandri del cervellodell'aspirante si determina una confu-sione tra l'ispirazione del gabbiano e laprecedente. Insieme si intrecciano, si confondono,si sovrappongono.Il risultato è qualcosa di comico: gab-biani che volano nell'azzurro del sof-fitto nero di una sala cinematograficadove si sta proiettando il film:"Uomini e topi".L'aspirante scrittore resta sconcertato.Non riesce a scrivere più nulla.La mano resta sospesa, mentre gliocchi piano piano si chiudono.Resta solo la piccola lampada accesa avegliare su di lui.L'appuntamento con la scrittura saràper la prossima notte.Ma la notte successiva quando le emo-zioni arrivano e le parole anche, la pic-cola lampada non si accende. Le pile sierano esaurite.Il giorno dopo, la notizia delle disav-

venture notturne dell'aspirante diven-tano di dominio pubblico, perché lamoglie, interpellata dai condomini suquel rumore a notte fonda, deve purspiegare l'accaduto a tutti quanti.Quando lui esce in giardino, i com-menti, le pacche di incoraggiamento ele risate si sprecano.Una coinquilina che puntualmente leg-ge i suoi scritti, con un sorriso colmodi premurosa ironia, lo consiglia didotarsi di una più efficiente lampadada minatore, da fissare alla fronte pri-ma di addormentarsi.Tutti ridono da sganasciarsi. Lui restamuto.La figlia della coinquilina che condivi-de con la madre l'interesse per i suoiscritti, temendo che egli possa essersioffeso e che lei debba privarsi in futu-ro di piacevoli letture, promette diregalargli la lampada dei piccoli esplo-ratori che usava quando frequentavagli Scouts. E lo guarda con tenera comprensione. Si emoziona anche lui.Intanto piovono altre risate, ma piùcontenute e più comprensive, come diapprovazione, mentre si coglie negliocchi di tutti un segno di velato inco-raggiamento."Ad maiora!" lo esortano infine tuttiinsieme in un coro allegro e festoso.

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Frontespizio del programma di sala

De Divina Proportione. Dalla produzionemusicale all'evento teatrale

di David Monacchi e Simone Sorini

In occasione della Mostra "Raffaello eUrbino" (4 aprile - 12 luglio 2009) sisono svolte a Urbino numerose mani-festazioni artistiche e musicali. Traesse ha destato particolare interesse laprima dello spettacolo De Divina

Proportione che, partendo dall'omoni-mo lavoro di Luca Pacioli, ha saputoraccogliere in una felice fusione variediscipline artistiche e scientifiche:musica, danza, video-art, matematica. In sintesi presentiamo le idee che cihanno guidato nella realizzazione del-lo spettacolo.

Filosofia dello spettacolo

Attraverso le molteplici fasi di realiz-zazione di questa nuova opera, siintende cercare il punto d'incontro trala civiltà umanistica quattrocentesca ela contemporaneità, partendo dallamusica intesa come dottrina del "qua-drivium", arte liberale per eccellenzastrettamente imparentata con la mate-

matica, la geometria e l'astronomia.Sono proprio questi aspetti razionali enumerici della musica ad ispirare taleobiettivo, gli stessi aspetti che nell'an-tichità la ponevano come "elevatissimascienza" tra le scienze esatte. L'intentoè quello di rielaborare con le tecnolo-gie contemporanee le complesse strut-ture della musica sacra del primo '400.A tale scopo si utilizzeranno le piùardite tecniche compositive, propriedella musica elettroacustica e dellacomputer-music con elementi di pae-saggio sonoro e musica concreta. Sarànecessario un punto di partenza, giàindividuato in un manoscritto di musi-ca sacra appartenuto alla biblioteca deiduchi di Urbino, e soprattutto un unicoe sovrano parametro sul quale si base-rà l'intera interpretazione, la costruzio-ne dell'edificio sonoro e la sperimenta-zione musicale: tale parametro è indi-viduato nella sezione aurea e nellaantica dottrina dei cinque solidi plato-

nici, discussa nel trattato rinascimenta-le "De Divina Proportione" di LucaPacioli.Il pubblico sarà di fronte ad un palco-scenico con 7 musicisti, 2 danzatori,elementi scenici e proiezioni 3D sugrande tulle, immerso in uno spaziotridimensionale di amplificazione eriproduzione del suono costituito da uncubo di 8+2 altoparlanti inscritto nelteatro. Il suono live e quello di sintesiverranno visualizzati in tempo reale,su una grande superficie che fungeràda partitura e traccia dinamica dellanarrazione musicale, dando così alpubblico la possibilità di entrare nel-l'articolazione sonora dello spettacolo.In tal senso l'opera è intesa come sinte-si ed unione di diversi linguaggi cheevocano quello spirito sincretico di

"arte e scientia" proprio delle istanzedel 'proto-rinascimento' italiano.

Cenni storici

Il "De Divina Proportione", scritto eraccolto in fogli manoscritti nel 1498 aMilano (l'edizione a stampa si avràsoltanto nel 1509 ad opera di stampa-tori veneziani), è un testo della fine delQuattrocento, opera di Luca Pacioli(1445-1517) frate francescano docentee matematico di Borgo San Sepolcro.Pacioli, che ebbe come maestro il con-cittadino Piero della Francesca, eccel-lente matematico e pittore, con conti-nui rimandi ai testi monumentali diEuclide, Vitruvio e Platone, e con unsuo particolarissimo modo di porre lequestioni di profondissima e "segretis-sima" scienza in lingua volgare, dun-que accessibile ai più, seppe diffonde-re i precetti della geometria, la medi-tazione sulle alte cose della matemati-ca, facendo percepire il mondo, lanatura, la vita stessa, come una grandeocculta organizzazione di entità nume-riche, manifestazione di un ordine pri-migenio. Questi scienziati sentironoquindi la necessità di determinare uncodice che avrebbe permesso loro didecifrare il mondo visibile e quelloinvisibile, un canone con cui avrebbe-ro saputo dar peso e misura a tutto ciòche fosse Uomo, Cosmo, Dio e Natura."Dio è il grande geometra" scrivePlatone, "razionalizza sempre e il suoessere supremo si rivela solo attraver-so i numeri che di lui sono la più chia-ra manifestazione". Inoltre, come diceil libro biblico della Sapienza, Dio nelsuo imperscrutabile disegno ha creatoil mondo "secondo numero, peso emisura", un versetto che Pacioli citavolentieri. Il mondo stesso è costituitosecondo le figure geometriche deipoliedri regolari: corpi solidi animatida proporzioni costanti tra gli spigoli eil diametro delle sfere che li racchiudo-no. Tra le proporzioni quella privile-giata è la "divina proportione", ossiaquella che chiamiamo proporzionecontinua, caratterizzata dall'uguaglian-za dei termini medi. Il frate Pacioli tenta una riorganizza-zione del pensiero filosofico e mate-matico antico. Il suo libro è compostodi concetti teologici e soprattuttomatematici, in quanto i segmenti dellasezione aurea stanno tra loro in "divinaproportione". Sempre la "divina pro-portione" è alla base della costruzionedel pentagono e del dodecaedro, ilpoliedro regolare composto da 12 pen-tagoni. Qui interviene la cosmologiaplatonica perché il dodecaedro, il piùnobile dei 5 poliedri regolari, è la for-ma delle particelle che compongonoquell'etere cristallino, o quintessenza,

che riempie tutto l'universo: il mondosta insieme per la "divina proportio-ne". Oltrepassando Platone, frate Lucainsiste spesso nel mostrare come la"divina proportione" abbia proprietà intutto simili agli attributi del Cristo:come Dio si incarna diventando uomoe restando Dio, così la proporzione"divina" possiede proprietà uniche;come la Trinità è uno in tre persone,così la proporzione aurea è unica in tretermini; una proporzione che comeDio è invariabile, ma può estendersiall'infinito. Dalla città degli Sforza, la Milano diLudovico il Moro, frate Luca, ormaivecchio, assieme all'amico Leonardoda Vinci, comincia a codificare la suaultima opera, la più ardita. Questolavoro, che gli costerà anni di fatiche,sarà destinato a diventare una sorta diponte, una mediazione del pensierofilosofico e speculativo antico filtratoda una mente umanistica. Leonardo,che prima di incontrare Pacioli nulla

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Copertina del dvd dello spettacolo

profani del '400 dal vivo (da 1 a 5 voci di polifonia)

- musica strumentale, interventiimprovvisativi di liuto, flauto bansuri e salterio.

- composizioni elettroacustiche realizzate con software originaliper la creazione dei 'poliedri elettroacustici', software per lamodellazione del suono live e delsuono in generale.

- suoni ambientali registrati unicamente nelle aree limitrofe ad Urbino (luogo dove anche la musica del Rinascimento è statacomposta)

2. Il video (proiezione su grandetulle antistante e schermo retrostante):

- 5 poliedri realizzati in 3D con elaborazioni dinamiche

- elaborazione di disegni e pitture- del Rinascimento- analisi sonografiche della scena

sonora live, proiettate in temporeale

3. La coreografia (2 danzatori):- interazione con i poliedri virtuali- interazione con i musicisti- azione sull'intero spazio teatrale

attraverso sticks e fili trasparenti4. Il testo (2 voci fuori campo):- voce femminile - lettura parti

storico/filosofiche dell'opera De Divina Proportione

- voce maschile - lettura parti matematico/geometriche dell'opera De Divina Proportione

Programma di sala

I - Numero e Suono - 40.00 min.

Mondo Metafisico

- Rapporti e intervalli- La Divina Proportione ovvero la'sezione aurea'- Poliedri Elettroacustici - OrdinariumMissae

1. Tetraedro - KYRIE2. Esaedro - GLORIA3. Ottaedro - CREDO4. Icosaedro - SANCTUS5. Dodecaedro - AGNUS DEI

Iscrizione dei poliedri nella sfera

II - Elementi Naturali - 24.44 min.

Mondo Fisico

1. Aria (ottaedro) - flauto2. Acqua (icosaedro) - liuto3. Terra (esaedro) - salterio4. Fuoco (tetraedro) - voce5. Quintessenza (dodecaedro) -

elettronica

III - Grandis Templum Machinae -15.16 min.

Uomo e Misura

Nuper Rosarum Flores di GuillaumeDufay

sapeva di geometria, lo elesse a suomaestro e curò la parte grafica dell'im-mortale libro.

Cenni compositivi

Tre parti distinte dello spettacolo, pro-porzionate temporalmente in 'sezioneaurea', realizzano un percorso allegori-co che, a partire dai dogmi pitagorici,si snoda attraverso frammenti di musi-ca antica e di improvvisazione stru-mentale, per giungere all'esecuzione diuna delle 'cattedrali' della polifoniaquattrocentesca, il mottetto isoritmicoNuper Rosarum Flores di GuillaumeDufay, 'icona' delle analogie tra musi-ca, numero e architettura.A livello della composizione elettroa-custica, la prima parte è realizzata uni-camente con sinusoidi sommate in'spettri sonori geometrici', le cui com-ponenti semplici stanno in rapporto diquinta, quarta, terza maggiore e sezio-

ne aurea. I numeri che costruiscono i 5poliedri (numero di facce e forma del-la figura piana, vertici, spigoli, areedelle circonferenze inscritte e circo-scritte) sono stati utilizzati per una tra-sposizione sonora in veri e propri'poliedri elettroacustici', che si potran-no ascoltare e visualizzare nel sono-gramma, lo strumento di analisi delsuono che visualizzerà le frequenze,ovvero le altezze dei vari suoni, sul-l'asse verticale, e gli eventi sonori,ovvero il tempo, sull'asse orizzontale apartire dall'estrema destra dello spaziodi proiezione. Si noti, ad esempio, ilnumero di righe orizzontali - suonipuri componenti lo spettro - che deno-ta il numero di facce poliedriche, e l'in-tervallo musicale tra queste righe checorrisponde alla forma della figurapiana di detta faccia - ad esempiotetraedro di facce triangolari = quattrorighe in rapporto di quinta, esaedro difacce quadrate = sei suoni in rapportodi quarta, ecc.Mentre nella prima parte i suoni utiliz-zati sono unicamente suoni puri sinu-soidali, ovvero suoni non presenti innatura ma solamente producibili conmezzi elettronici, la seconda parte èinteramente costituita di suoni natura-li, molto complessi dal punto di vistatimbrico, composti liberamente peruna congiunzione con le improvvisa-zioni strumentali dal vivo. La terzaparte invece è essenzialmente una ela-borazione elettronica del materialecompositivo del mottetto di GuillaumeDufay, una sublimazione del pensieromusicale rinascimentale.

Livelli espressivi

1. La musica (live e riprodotta consistema 3D):

- musica vocale, brani sacri e

(mottetto isoritmico diviso in 7 parti)Intro - Esposizione ed elaborazionedel tenor

1. Tempus Perfectum Prolatio

major (misura di 6 movimenti)2. Elaborazione elettroacustica di

color e talee3. Tempus Imperfectum Prolatio

major (misura di 4 movimenti)4. Elaborazione elettroacustica di

color e talee5. Tempus Imperfectum Prolatio

minor (misura di 2 movimenti)6. Elaborazione elettroacustica di

color e talee7. Tempus perfectum Prolatio

minor (misura di 3 movimenti)Conclusione - Amen

Spettacolo di:Simone Sorini e David Monacchi

Con la partecipazione di:Damien Fournier e Giota Kallimani(danza contemporanea)Mauro Morini e Andrea Angeloni(tromboni)Enea Sorini (salterio, baritono)Mauro Borgioni (basso)Angelo Bonazzoli (controtenore)Simone Sorini (tenore, liuto)

David Monacchi (flauto, regia delsuono)Con il contributo straordinario di:Piergiorgio Odifreddi e Lucia Ferrati(voci recitanti)Coordinamento scenico e light design:Andrea Maria MazzaElaborazione Video: PierluigiAlessandriniArea promozionale e commerciale:Claudia VivianiSoftware originali utilizzati per lagenerazione elettroacustica:Tonharmonium di David Monacchi eAaron McLeeran, Stria di EugenioGiordani

www.de-divina-proportione.it www.bellagerit.it

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L'Italia di Pier Paolo Pasolinidi Andrea Carnevali

Gli articoli ed i documenti di PierPaolo Pasolini, raccolti in Scritti cor-

sari (citiamo dall'edizione GarzantiElefante, Milano 1990), sono testi cherivelano ancora una volta l'attenzionedel grande scrittore per il nostro paese,testi nei quali insieme si indicano eragionano questioni e contraddizioniche nessuno vedeva e considerava inquell'inizio anni '70, molto vicine allaScuola di Francoforte. Abbiamo in questi interventi ilPasolini analista della degradazioneantropologica italiana e dell'apocalissefutura. Documenti in questo senso cheentrano a fare parte di una linea positi-va di ricerca, nonostante vi venga per-seguita una aperta linea critica neiriguardi dell'apparente progresso otte-nuto dall'Italia e dai giovani del '68. Inquel periodo - alla metà degli anniSessanta - si entrava in un vortice dicambiamenti, che tuttavia non modifi-cavano radicalmente l'assetto istituzio-nale del paese. L'intervista rilasciata a Massimo Fini -vedi "L'Europeo" del 26 dicembre1974 - chiede indipendenza e libertàdall'intolleranza che si era venuta acreare (dopo la rivoluzione del '68) edall' antirivoluzione1. Gli Scritti corsa-

ri rifiutano la libertà raggiunta, perritornare a discutere su un'omologazio-ne di comportamenti che aveva pro-dotto una forte ondata di violenza. Che- in questo estremo Pasolini - si tradu-ce in opposizione al pensiero domi-nante marxista, per riaffermare e guar-dare direttamente senza schemi la nuo-va realtà sociale. È una Italia chiusa e servile quella chePasolini stenta a riconoscere, dandoancora una volta conferma dell'appiat-timento generale e dello spirito confor-mista diffusosi nel paese. Facile è pensare - in conseguenza aigrandi promiscui agglomerati delle cit-tà ed alla circolazione di beni nel mer-cato culturale - in che modo il rinnova-mento avesse stimolato le nuove formedi pensiero intellettuale. L'Italia tral'altro aveva cercato di aprirsi verso imercati internazionali, riportando scar-se risposte e rimanendo nel proprioristagno. L'arte ne aveva miglioratol'aspetto estetico nelle città, ma lasocietà più produttiva non ne era stataappena toccata. Gli Scritti Corsari muovono da unadimensione privata per entrare nellasfera pubblica, con uno spirito polemi-co di ricerca di verità e giustizia.Tuttavia, la costruzione di fondo dellaraccolta è affidata al lettore. Ci sonomolti punti divergenti e polemici, chevanno ripensati. Pensando anche chequesti articoli e saggi sono stati messiinsieme da Pasolini (con una struttura

molto calcolata) prima della sua mor-te2. Dicevamo che l'Italia che il poetaanalizza si era impoverita culturalmen-te. Il processo di secolarizzazione del-le masse si era a sua volta interrotto,non aveva portato a un vero rinnova-mento culturale dello Stato (Chiesa,famiglia, scuola, ecc.). Sulla scuola lo scrittore si soffermalungamente in primo luogo analizzan-do il ruolo assunto da don LorenzoMilani3. L'emergenza sociale ed edu-cativa espressa nella esperienza peda-gogica e metodologica di Barbianaaveva avuto aspetti unici. Pasolini vilegge intanto il rifiuto della Chiesa,rimasta lontana dalla struttura socialetradizionale. Una protesta che sta su unpiano di sodalizio tra gli ideali di giu-stizia ed eguaglianza del socialismomarxista condivisi dai manifestantinelle piazze italiane del '68, con quellidei poveri. In Barbiana, Pasolini vedela luce di "una necessità morale diorganizzazione"4 che don LorenzoMilani aveva sentito emotivamente epoliticamente. Accanto alla forte affet-tività che il sacerdote nutriva verso isuoi ragazzi, viene però marcata ancheuna natura imitativa del comportamen-to educativo. C'è infine una sorta dispecularità nel modo in cui quei ragaz-zi, nella loro rivolta, potevano guarda-re e imitare il sacerdote. Il miraggio diriscatto sociale e morale espresso dadon Milani poteva entrare nella nostrasocietà grazie all'impeto di rotturadegli schemi convenzionali che quel-l'esperienza pedagogica mostrava. Ilpericolo era una disaffezione che neiragazzi di Barbiana avrebbe potutoportare ad un loro totale allontamentodall'istituzione. Pasolini, lucido e spietato affronta in"Lettera alla mamma" * (o meglio"Lettere di un prete cattolico alla

madre ebrea”) - "Tempo", 8 luglio1973 - una ricostruzione "che ha stabi-lito nessi". Scrive: "ho fatto supposi-zioni e ho tentato interpretazioni, esat-tamente come si fa con un'opera diimmaginazione, nei suoi rapporti conla realtà biografica e la cultura"5.Polemicamente e antagonisticamenteegli si scaglia contro ogni potere; eanche contro l'antipotere. È critico conLorenzo Milani e le sue osservazioniinvestono il sistema scelto. PerPasolini non si può rimediare allaimmobilità e debolezza del rinnova-mento educativo lasciando da partel'aggressione del neocapitalismo versola società (giovani, donne, lingua,società cultura ecc.). È insomma necessario salvare i ragaz-zi dalla storia, soprattutto dai fintimodelli del dopo rivoluzione che han-no spazzato via il passato (il mondo

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1 Pasolini Pier P., "Fascista" (L'Espresso, 26dicembre 1974) in Scritti Corsari, EdizioniGarzanti Elefante, Milano, 1990, pp.232-2362 Bazzocchi M. A., Pier Paolo Pasolini,Edizioni Bruno Mandadori, Milano, 1998, pp.173-174 3 cfr., Pasolini Pier P., Don Lorenzo Milani:

"Lettera alla mamma" o meglio: Lettere di un

prete cattolico alla madre ebrea, pp. 148-153 4 op. cit., p. 1515 op. cit., p. 148 6 cfr., Pasolini Pier P., 7 gennaio 1973. Il

"Discorso dei capelli", pp. 5-117 cfr., Pasolini Pier P., Sviluppo e progresso,pp.175-1788 op. cit, p. 1779 cfr., Pasolini Pier P., Andrea Valcarenghi:

"Underground: a pungo chiuso”, pp. 155-161 10 cfr., Pasolini Pier Paolo, 11 luglio 1974.Ampliamento del "bozzetto" sulla rivoluzione

antropologica in Italia, pp. 56-64 11 AA.VV, Collettivo redazionale di "SalvoImprevisti": Dibattito su "scritti Corsari" inDedicato a Pier Paolo Pasolini, Gammalibri,Milano, 1976, pp.123-174 12 cfr., Bazzocchi M. A., Pier Paolo Pasolini,pp. 175 13 cfr., Pasolini Pier P., 7 gennaio 1973. Il

"Discorso dei capelli", pp. 5-11 14 op. cit., p. 176 15 Barzocchi A. M., Corpi che non parlano

più: il nudo nella letteratura italiana del

Novecento, Bruno Mondadori, Milano, 2005,pp. 12-21 16 De Santi Gualtiero, Lo spazio della disper-

sione, Acropoli Edizioni, Coriano, 1998, p.125 17 Novello N., Pier Paolo Pasolini, LiguoriEditore, (e-book), 2007 p. 15

Andrea Carnevali, è nato a Ancona, mavive Filottrano. È giornalista e saggista edha pubblicato articoli, recensioni e saggi diarte e letteratura. Collabora a riviste e quotidiani.

rità e con la necessaria libertà critica"(Andrea Valcarenghi: "Underground:

a pungo chiuso", "Tempo", 4 novem-bre 1973)9. Il Pasolini intellettualeinquieto e innovativo ha soprattuttosaputo indagare il carattere e i malidella nostra società. Ma è stato anchein grado di mettere a fuoco quali neerano le ansie maggiormente diffuse.Con il suo lavoro di scrittore e regista,ha saputo essere maestro eretico evisionario. Ma la sua è anche unaricerca che entra dentro i comporta-menti (soprattutto dall'esperienze delNeorealismo in poi). In lui antropolo-gia e ontologia sono continuamenteriaffermate dal cinema e dall'indaginegiornalistica10. Conta infatti il tipo diapproccio verso la società e verso isuoi meccanismi di potere. Il dibattitosociale che doveva rinnovare il tessutoitaliano per Pasolini non è mai avvenu-to. Così l'intellettuale - l'intellettualePasolini - non ha potuto fare altrimen-ti che criticare i discorsi della classepolitica che avrebbe dovuto rinnovareil paese11 e l'attacco che rivolge ai gio-vani quasi si trasforma in scontro fisi-co12. Gli scritti assumono infine i tonidella derisione e della rabbia. Lodimostra l'aperta polemica sui capellilunghi - in fondo, un cambiamento cul-turale superficiale. La società si eravenuta trasformando, ma solo nel lin-guaggio del corpo13 e negli abiti. E igiovani avevano assunto i toni delcambiamento nelle evidenze fisiche14.I capelli lunghi parlavano un nuovolinguaggio che non contestava più.Anch'esso era divenuto omologazionee per questo non più contrapposto allapolitica e non aprente spiragli di cam-biamento15. "La perdita di valori neiquali riconoscersi - riconoscendo alcontempo una propria identità cultura-le e sociale - è la conseguenza del mas-sacro (dice Gualtiero De Santi) com-piuto dalle classi dirigenti. I "figli"sono arroganti e violenti e più confor-misti dei "padri" per colpa di questiultimi. Ciò non toglie che essi abbianodimesso ogni istanza morale ed ideale,accettando i miti della cultura borghe-se: trincerandosi dietro un asserto diprogresso, non più che verbale edestremistico, che serve anche da ali-bi"16. Pasolini fa un'analisi sociologicae semiologia assai precisa della socie-tà17, ma avrà insieme la forza di guar-dare i giovani anche da un'altra ottica.Così, in una "lettera luterana", alla finedella sua vita e della sua esperienzaintellettuale e creativa, affermerà diaffidare proprio ad essi il compito dicontinuare a battersi per una culturafinalmente diversa e per il futuro.

contadino, la vita domestica che acco-muna vecchi, donne e bambini nei sen-timenti), un mondo che aveva consen-tito allo scrittore di ritrovarsi schieratocon il movimento operaio e comunista,e dove l'alienazione esistenziale pote-va in piena naturalezza essere riscatta-ta nella ragione marxista. La presa diposizione contro il potere non si fermaalla richiesta di una nuova ideologia,ma si allarga alla realtà politica deipartiti. Ecco la richiesta di un processoalla DC per come aveva distorto il pae-se, omologandolo e facendogli perderei tratti originari delle culture, lo slan-cio, facendogli smarrire la capacità dilavorare, di inventare, di creare e diinnovare. I testi raccolti negli Scritti

corsari parlano di un cambiamento diidee estranee al pensiero dominante ein grado di evidenziare un profondoradicalismo. La diversità vissuta inchiave mitologica si mette a confrontocon gli altri diversi ed emarginati. Inqualche modo la diversità è una formadi Mito e anti-mito che attraversal'Italia6. La figura del disadattato,infatti, ha perso il suo ruolo, perché lapovertà è entrata nelle culture del tem-po. L'emigrazione ha rotto ogni margi-ne. La voce di Pasolini descrive già unnuovo tipo di disadattato che non hapiù modelli cui attenersi. Del resto losviluppo ed il progresso cercati, si con-figurano come transnazionali. Tutto ciò porta a pensare alle speranzeed alla libertà democratica, anche inuna prospettiva di un nuovo pensieroche dovesse ricreare lo Stato. Ma eraquello un problema da porre senzaconfondere mai, neanche per un soloistante, l'idea di "progresso" con larealtà di questo "sviluppo"7. Giacchéad esempio (per stare alla base eletto-rale della sinistra, nell'ordine deimilioni di cittadini), la situazione erache un lavoratore vivesse nella

coscienza l'ideologia marxista, e diconseguenza, vivesse nella coscienza

l'ideale di "progresso"; e però vivessecontemporaneamente nell'esistenza l'i-deologia consumistica, e di conse-guenza, i valori dello "sviluppo". Unlavoratore dunque dissociato. PerPasolini, non "il solo ad esserlo"(scrit-to inedito)8. Ma infine, la richiesta diaccettazione ideologica e politica chelo scrittore rivolge allo Stato è a soste-gno della pluralità e della diversità del-l'esistenza. Non la si può non riaffer-mare, considerando che i grandi movi-menti sociali non hanno liberato dallapaura del terrorismo e insieme dei"diversi" e delle loro scelte. E tuttavial'adulazione "ai giovani da una parte, ela soggezione prodotta dal loro atteg-giamento terroristico, ha impedito agliintellettuali di pronunciarsi con since-

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Vivarte

N°6 2010

Semestrale di arte, letteratura, musica e scienza dell'AssociazioneCulturale "L'Arte in Arte"Via Pallino, 10 61029 Urbino cell. 347 0335467cell. 338 6834621

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