Post on 21-Jan-2017
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANZARO “MAGNA GRǼCIA”
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIACORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA
TESI DI LAUREA
BIOCHEMIOTERAPIA DEI TUMORI DEL COLON-RETTO: BASI RAZIONALI E RISULTATI CLINICI
RELATORE Candidato
Chiar.mo Prof. Antonio TODARO
Pierosandro TAGLIAFERRI Matr. 67546
A mio padre
2
ANNO ACCADEMICO 2006-2007
INDICE
INTRODUZIONE……………………………………………………………..……………....... 6
EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO……………………………………..……………..... 6
DIAGNOSI………………………………………………………………………..………......10
STADIAZIONE…………………………………………………………………….………….12
CLASSIFICAZIONE ISTOLOGICA…………………………………………………………….. 15
TERAPIA……………………………………………………………………………………. 16
CHIRURGIA……………………………………………………………………………………………...16
RADIOTERAPIA………………………………………………………………………………………….16
CHEMIOTERAPIA ADIUVANTE………………………………………………………………………….17
TERAPIA DELLA MALATTIA AVANZATA…………………………………………………………………18
CHEMIOTERAPICI UTILIZZATI NELLA TERAPIA MEDICA DEL CARCINOMA COLORETTALE….. 21
5-FLUOROURACILE…………………………………………………………………………………….21
CAPECITABINA…………………………………………………………………………………………22
OXALIPLATINO…………………………………………………………………………………………23
IRINOTECAN……………………………………………………………………………………………24
RALTITREXED………………………………………………………………………………………….24
MITOMICINA…………………………………………………………………………………………..25
3
GEMCITABINA………………………………………………………………………………………....25
SCHEMI DI POLICHEMIOTERAPIA PIÙ FREQUENTEMENTE UTILIZZATI NEL CARCINOMA
COLORETTALE METASTATICO…………………………...
………………………………………………....27
FARMACI EMERGENTI NELLA TERAPIA DEL CARCINOMA COLORETTALE…………………..28
BEVACIZUMAB...……………………………………………………………………………………...28
CETUXIMAB…………………………………………………………………………………………...29
PANITUMUMAB..……………………………………………………………………………………...29
GEFINITIB..…………………………………………………………………………………………...30
ERLOTINIB..…………………………………………………………………………………………..30
INIBITORI DELLA FARNESIL-TRASFERASI…..……………………………………….……………….31
BIOCHEMIOTERAPIA………………………………………………………..…………......32
INTRODUZIONE ALLA BIOCHEMIOTERAPIA…………………………………………………...…….32
ASSOCIAZIONE ANTICORPI MONOCLONALI E CHEMIOTERAPIA…………………..………. 39
CETUXIMAB + IRINOTECAN……………….…………………………………………………..…….39
BEVACIZUMAB+IFL/FOLFIRI…………………..……………………………………………...…….40
PANITUMUMAB + IFL/FOLFIRI…………..………………………………………………………….42
PROTOCOLLO GOLFIG…………………………………………..………………………....44
PROTOCOLLO GOLFIG: ESPERIENZA PRESSO L'U.O. DI ONCOLOGIA MEDICA
DELL'UNIVERSITA' DEGLI STUDI MAGNA GRAECIA DI
CATANZARO………………………..55
4
CONCLUSIONI……………….……………………………………………….……………64
BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………………………66
RINGRAZIAMENTI……………………………………………………………………….71
5
INTRODUZIONE
Epidemiologia e fattori di rischio
Il carcinoma colon-rettale rappresenta una delle cause principali di mortalità e
morbilità per neoplasia nei paesi occidentali. La sua incidenza è in progressivo
aumento in tutto il mondo. Ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa
30.000 nuovi casi. Tale neoplasia è rara prima dei 40 anni, presentandosi più
frequentemente intorno ai 60 anni.
L’incidenza nei due sessi non mostra differenze per quanto riguarda la
localizzazione colica, mentre a livello rettale sembra essere leggermente più
frequente nel sesso maschile.
Le sedi più colpite sono il retto (50% dei casi) ed il sigma (20% dei casi), il
colon ascendente ed il trasverso con la flessura splenica sono interessati
rispettivamente nel 16% e nell’8% dei casi.
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Circa il 70% dei pazienti si presenta alla diagnosi con malattia chirurgicamente
aggredibile, il 30% con malattia metastatica; il 25% dei pazienti operati
radicalmente presenta una ripresa di malattia dopo un tempo variabile.
La sopravvivenza a 5 anni per tumore del colon è pari al 52% negli uomini e al
54% nelle donne e per tumore del retto pari rispettivamente al 48% e al 45%;
complessivamente, per il colon-retto, la sopravvivenza a 5 anni è del 52%, dato
che risulta sovrapponibile a quello ricavato dall’insieme dei Registri tumori
italiani.
L’eziologia del tumore del colon-retto è sconosciuta. Tuttavia studi
epidemiologici ne hanno identificato i possibili fattori di rischio:
Abitudini alimentari: alcune osservazioni attribuiscono ad una dieta povera
di fibre, ma ricca di grassi un ruolo interessante nell’eziopatogenesi della
neoplasia colica.
Le ipotesi riguardo i meccanismi con cui la dieta potrebbe influenzare lo
sviluppo del cancro sono diversi:
7
- Il grasso alimentare può esercitare un’azione diretta, aumentando il turn-over
epiteliale, oppure può agire indirettamente, attraverso il suo metabolismo ad
acidi biliari nel fegato. Gli acidi biliari, infatti, una volta escreti, vengono
convertiti in promotori tumorali dai batteri presenti nel lume intestinale.
- Le fibre alimentari possiederebbero la capacità di legare i grassi e gli acidi
biliari o inibire la loro attività promotrice con un’azione di diluizione. Inoltre la
loro fermentazione batterica ad acidi grassi a catena breve può contribuire
all’acidificazione delle feci. Tale processo sembra in grado di ridurre
l’idrossilazione batterica degli stessi acidi grassi e, di conseguenza, il suo ruolo
è considerato protettivo contro l’insorgenza del cancro.
Fattori genetici: è possibile identificare, nel 10-15% della popolazione affetta
da carcinoma colon-rettale, diverse sindromi ereditarie, associate o meno alla
presenza di polipi adenomatosi, ad alto rischio di sviluppare neoplasie del
grosso intestino.
La poliposi adenomatosa familiare (FAP) è una malattia ereditaria, trasmessa
con modalità autosomica dominante, caratterizzata dalla presenza di centinaia o
8
migliaia di polipi adernomatosi, a rischio di degenerazione maligna. Il gene
coinvolto è l’oncosoppressore APC (cromosoma 5).
Nella sindrome di Lynch (HNPCC, cancro colon-rettale ereditario non
poliposico) il processo neoplastico può interessare, oltre al colon-retto, anche lo
stomaco, l’ovaio, la mammella. Una suscettibilità ereditaria, e non una vera e
propria sindrome come le precedenti, sarebbe responsabile dello sviluppo del
carcinoma nei soggetti che presentano una storia familiare della malattia, senza
però evidenza chiara di alterazioni genetiche. Le mutazioni avvengono a livello
dei geni hMSH2, hMLH1, hPMS1 e hPMS2, coinvolti nella riparazione del
DNA. Quando si verifica un evento mutazionale a livello di uno di questi geni,
la capacità di effettuare la riparazione degli errori intercorsi durante la
duplicazione del DNA diminuisce e, di conseguenza, le mutazioni iniziano ad
accumularsi nella cellula, conducendo allo sviluppo della neoplasia.
Polipi neoplastici: la trasformazione maligna è più frequente negli adenomi
villosi (35-40%) e tubulo-villosi (16-22%) rispetto ai tubulari (1-4%), maggiore
nelle lesioni multiple ed in quelle di grandi dimensioni (oltre i 2,5 cm).
Malattie infiammatorie intestinali: la storia naturale della rettocolite ulcerosa
(RCU) può essere contrassegnata dallo sviluppo di un carcinoma del colon-
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retto, a sua volta condizionato dalla durata e dall’estensione della malattia
infiammatoria. Il rischio è circa 20 volte superiore a quello della popolazione
generale per i pazienti affetti da RCU da più di 10 anni. Un aumento del rischio,
seppure di molto inferiore rispetto a quello della colite ulcerosa, è stato
riscontrato anche nel morbo di Crohn.
DIAGNOSI
L’iter diagnostico per le neoplasie del colon-retto deve anzitutto partire da una
corretta anamnesi, che permetta di individuare eventuali sintomi (dolori
addominali, alterazioni dell’alvo, tenesmo rettale) e segni (rettorragia) della
patologia in atto. Anche l’anamnesi familiare riveste particolare importanza, alla
ricerca di un eventuale sindrome ereditaria.
All’anamnesi segue un attento esame obiettivo: la palpazione dell’addome può
permettere di individuare una massa intestinale o un’epatomegalia; sono inoltre
da ricercare possibili linfoadenomegalie. Inoltre si rende necessaria
l’esplorazione rettale: infatti circa il 70% dei tumori del retto è palpabile con il
dito esploratore.
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In aggiunta alla clinica, esistono poi diverse indagini strumentali, che
permettono di diagnosticare la neoplasia e, in seguito, di effettuarne la
stadiazione.
Per la localizzazione della sede del tumore primitivo, è necessario eseguire
l’esame colonscopico, che permette anche di bioptizzare la neoformazione.
Possono essere di aiuto il clisma opaco a doppio contrasto e l’ecografia
transrettale. Quest’ultima indagine è utile, nei tumori del retto, per definire, in
fase preoperatoria, il grado di infiltrazione della parete intestinale, quindi di
valutare il T della stadiazione. L’ecografia può fornire inoltre indicazioni sullo
stato dei linfonodi più vicini. L’RMN pelvica può essere pure utile nella
valutazione del T nel cancro del retto. La TC addome con mezzo di contrasto
permette di valutare i rapporti con gli organi circostanti, lo stato dei linfonodi e
le eventuali metastasi presenti in addome.
Per identificare l’esistenza di ulteriori metastasi a distanza è possibile effettuare
inoltre una radiografia del torace o una TC, un’ecografia epatica, una
scintigrafia ossea, quest’ultima nel sospetto di lesioni ossee.
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Negli ultimi anni la PET (tomografia ad emissioni di positroni) si sta rivelando
utile per la conferma di una remissione completa dopo trattamento o per la
individuazione di sospette recidive.
STADIAZIONE
Sono molti i sistemi proposti per la stadiazione dei tumori del colon-retto.
Quello introdotto da Dukes nel 1932 (Tabella 1) è stato modificato circa 20 anni
dopo da Astler e Coller (Tabella 2).
Attualmente si utilizza la classificazione TNM (Tabella 3 e 4) per presentare la
stadiazione del tumore primitivo (T), del coinvolgimento linfonodale (N) e delle
metastasi a distanza (M).
Tabella 1
STADIO A Neoplasia confinata entro la parete intestinale.STADIO B Neoplasia che si estende oltre la parete intestinale.STADIO C Qualsiasi neoplasia con metastasi linfonodali.STADIO D Metastasi a distanza.
Tabella 2
STADIO A Neoplasia confinata entro la parete intestinale.
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STADIO B1 Neoplasia che invade la muscolare propria ma non si estende oltre.STADIO B2 Neoplasia che si estende oltre la muscolare propria.STADIO C1 Come B1 ma con metastasi linfonodali.STADIO C2 Come B2 ma con metastasi linfonodali.STADIO D Metastasi a distanza.
Tabella 3
T-TUMORE PRIMITIVOTX: Tumore primitivo non accertabileTis: Carcinoma in situT0: Non evidenza di tumore primitivoT1: Tumore che invade la sottomucosaT2: Tumore che invade la muscolare propriaT3: Tumore che penetra attraverso la muscolare propria nella sottosierosa o nei tessuti pericolici o perirettali non ricoperti da peritoneoT4: Tumore che invade direttamente altri organi o strutture (l’invasione diretta in T4 comprende l’invasione di altri segmenti del colon-retto attraverso la sierosa: ad esempio l’invasione del colon sigmoideo da un carcinoma del cieco).
N-LINFONODI REGIONALI (da esaminare almeno 12 linfonodi)NX: Linfonodi regionali non valutabiliN0: Linfonodi regionali liberi da metastasiN1: Metastasi in 1-3 linfonodi regionaliN2: Metastasi in 4 o più linfonodi regionali
M-METASTASI A DISTANZAMx: Metastasi a distanza non accertabiliM0: Metastasi a distanza assentiM1: Metastasi a distanza presenti
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Tabella 4
STADIO 0 Tis N0 M0
STADIO I (Dukes A) T1-2 N0 M0
STADIO IIA (Dukes B) T3 N0 M0
STADIO IIB (Dukes B) T4 N0 M0
STADIO IIIA (Dukes C) T1-2 N1 M0
STADIO IIIB (Dukes C) T3-4 N1 M0
STADIO IIIC (Dukes C) Ogni T N2 M0
STADIO IV (Dukes D)
Qualsiasi T Qualsiasi N M1
Lo stadio iniziale della malattia è il più importante fattore predittivo della sopravvivenza, che
risulta essere, a 5 anni, pari all’85-90% per i pazienti in stadio A di Dukes e a circa il 60% per
quelli in stadio B; tale sopravvivenza si riduce ulteriormente al 40% in caso di
coinvolgimento linfonodale ed è inferiore al 5% in caso di metastasi a distanza.
Dopo asportazione chirurgica radicale, la sopravvivenza globale a 5 anni varia
dal 55% al 75%, mentre dopo la resezione chirurgica di metastasi epatiche o
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polmonari da carcinoma del colon-retto la sopravvivenza risulta pari al 25%-
30%.
Fattori prognostici negativi sono considerati la presenza di occlusione
intestinale o di perforazione all’esordio, elevati livelli di antigene
carcinoembrionario (CEA).
In uno studio su 607 pazienti in età inferiore ai 50 anni, affetti da carcinoma
colon-rettale, il riscontro di instabilità microsatellite, associata ad HNPCC, è
stata correlata ad una maggiore sopravvivenza, indipendentemente dallo stadio.
CLASSIFICAZIONE ISTOLOGICA
Il tipo istologico più comune è l’adenocarcinoma (98% dei casi). Tra le varianti
più importanti sono da ricordare l’adenocarcinoma mucinoso e
l’adenocarcinoma a cellule ad anello con castone, che si accompagnano ad una
prognosi peggiore.
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TERAPIA
Chirurgia
Il miglioramento delle tecniche diagnostiche e chirurgiche negli ultimi 40 anni
ha determinato un miglioramento della prognosi. Generalmente il 70% dei
pazienti viene sottoposto ad interventi chirurgici apparentemente radicali, a
scopo curativo; invece nel restante 30% dei casi, già in fase avanzata di malattia
al momento della diagnosi, viene eseguita una chirurgia palliativa. La chirurgia
può essere utile, talora indispensabile, nella malattia avanzata, per prevenire
complicanze, come occlusioni, sanguinamenti o perforazioni, oppure per
asportare recidive locoregionali o metastasi a distanza (al fegato, polmone ecc.),
talora con intento curativo.
Radioterapia
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Negli adenocarcinomi del retto, nei quali è più frequente la recidiva locale (II e
III stadio), viene adoperata di routine a scopo adiuvante, associata alla
chemioterapia. Un trattamento radiochemioterapico inoltre, può essere eseguito
come neoadiuvante nelle neoplasie localmente avanzate (retto T3 e T4) per
ridurne la massa e consentire al paziente di essere sottoposto ad intervento
chirurgico. Si utilizzano dosi di 40-50 Gy in 4-6 settimane.
Chemioterapia Adiuvante
La chemioterapia adiuvante è quel trattamento che viene somministrato dopo
l’intervento chirurgico di asportazione radicale del tumore, al fine di ridurre il
rischio di recidiva di malattia.
Il 5-fluorouracile (5-FU), fluoropirimidina appartenente al gruppo degli anti-
metaboliti, sin dalla sua introduzione, risalente a circa 40 anni fa, rappresenta il
farmaco di scelta nel trattamento del carcinoma del colon-retto. La
somministrazione in bolo di 5-FU con acido folinico (AF) 5 giorni al mese per 6
mesi è stato considerato il trattamento standard adiuvante nei pazienti in stadio
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III (vantaggi in termini di overall survival pari al 5-10% rispetto ai pazienti non
trattati) finchè non si sono resi evidenti gli ulteriori vantaggi dell’aggiunta
dell’oxaliplatino al trattamento con fluorofolati, grazie allo studio MOSAIC. In
tale studio multicentrico 2248 pazienti con carcinoma del colon in stadio B e C
di Dukes sono stati randomizzati a ricevere una chemioterapia adiuvante con
5FU/AF secondo lo schema de Gramont(8) (AF 200 mg/m2 + 5FU 400 mg/m2
bolo ev + 5FU 600 mg/m2 ic 22 ore gg 1, 2) con o senza oxaliplatino (85
mg/m2, g 1). Entrambi i regimi sono stati ripetuti ogni 14 giorni per un totale di
12 cicli, iniziando entro 7 settimane dalla chirurgia. Il disegno statistico dello
studio prevedeva una differenza a vantaggio del FOLFOX pari al 6% in termini
di sopravvivenza libera da malattia a 3 anni e del 25% in termini di riduzione
delle recidive. In effetti, dopo 37 mesi di follow-up mediano, il 77,9% dei
pazienti trattati con FOLFOX è risultato libero da malattia contro il 72,8% del
braccio di controllo ed il rischio di ricaduta è risultato inferiore del 23% (HR
0,77; p<0,01).
Terapia Della Malattia Avanzata
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Nella gestione dei pazienti affetti da carcinoma del colon-retto in fase
metastatica sono state impiegate diverse modalità terapeutiche. La
chemioterapia sistemica, la chemioterapia locoregionale, le terapie ablative, la
chirurgia e la combinazione di tali trattamenti hanno un ruolo nella gestione di
questi pazienti.
Il trattamento chemioterapico rappresenta il fulcro delle possibilità terapeutiche
disponibili in questo gruppo di pazienti. Il 5-FU è stato per oltre 40 anni l’unica
arma terapeutica disponibile nel carcinoma del colon-retto in fase avanzata e
nessun farmaco testato negli anni successivi fino ad oggi è stato capace di
ottenere risposte obiettive in misura superiore ad esso.
Negli ultimi anni nuovi farmaci sono stati studiati in associazione o meno con il
5-FU per cercare di migliorare la sopravvivenza in pazienti affetti da carcinoma
metastatico del colon-retto. Tra questi l’Irinotecan (CPT-11) e l’Oxaliplatino
rivestono un ruolo fondamentale. Il CPT-11, recentemente utilizzato in
associazione con il 5-FU, ha mostrato percentuali di risposte obiettive e tempo
alla progressione maggiori rispetto ai pazienti trattati con solo 5-FU,
raggiungendo una sopravvivenza globale di circa 17 mesi. L’oxaliplatino ha
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un’attività molto interessante nei confronti del carcinoma del colon-retto,
essendo in grado già in monochemioterapia di ottenere risposte obiettive in
prima e seconda linea nella fase avanzata rispettivamente pari al 24% e 10% dei
casi. E’ stato osservato inoltre che l’oxaliplatino, in associazione con il
5-FU/AF, agisce in maniera sinergica sia in vitro che in vivo e numerosi studi
sono stati condotti allo scopo di verificare tale sinergismo. Un importante
vantaggio terapeutico dello schema FOLFOX è la sua capacità di determinare
una riduzione del volume e del numero delle metastasi epatiche in pazienti con
carcinoma metastatico del colon-retto. Ciò è risultato essere correlato ad un
aumento della percentuale di sopravvivenza di tali pazienti sia a 2 che a 5 anni e
all’aumento delle possibilità di intervenire chirurgicamente su metastasi
epatiche considerate inoperabili prima della chemioterapia.(9,10,11,12,13,14)
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CHEMIOTERAPICI UTILIZZATI NELLA TERAPIA MEDICA DEL
CARCINOMA COLORETTALE
1) 5-Fluorouracile
Il 5-FU è un profarmaco, antimetabolita fluoropirimidinico con largo spettro
d’azione, che agisce prevalentemente nella fase S del ciclo cellulare.(2,3,4)
L'attività del 5-FU si esplica attraverso la formazione di un metabolita deossi-
ribosilato, la 5-fluoro-desossi-uridina (5FdURD), che, una volta fosforilato a
5FdUMP, è in grado di inibire la timidilato sintasi (TS), unica fonte nei
mammiferi di timidina monofosfato (TMP), indispensabile per la duplicazione
del DNA. La TMP è un deossi-nucleotide ottenuto dalla deossi-uridina
monofosfato (dUMP) mediante metilazione enzimatica, operata dalla TS in
presenza di folati ridotti. Il TMP, successivamente forforilato a TTP, viene
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utilizzato dalla DNA-polimerasi per la sintesi di DNA. Il 5FdUMP, quindi, in
competizione con il substrato naturale dUMP, determina il blocco della TS
mediante formazione del complesso terziario stabile, formato da 5FdUMP,
metilen-tetra-idrofolato (donatore di gruppi metilici) e l'enzima stesso.
L'inibizione della TS determina una deplezione del pool di TTP con
conseguente blocco della sintesi di DNA. (5,6,7)
TOSSICITA’:
- Stomatomucosite
- Leucopenia e trombocitopenia
- Vomito, diarrea e ulcerazioni gastrointestinali, sanguinamento
2) Capecitabina
È un derivato della 5’ deossi-5-fluorocitidina.
Viene metabolizzata nel fegato da una carbossiesterasi a 5’-DFCR ad opera
della citidina deaminasi e successivamente convertita in 5-FU nel tessuto
tumorale.
TOSSICITA’:
- diarrea dose limitante
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- eritrodistesia palmo-plantare
- nausea, vomito, stomatite
- aumento di bilirubina, fosfatasi alcalina e transaminasi, in genere transitorio
- astenia
3) Oxaliplatino
L'OXA (platino trans-1-1,2-diamino-cicloesano ossalato) è un complesso di
coordinazione del platino di terza generazione con ampio spettro d’azione che
agisce con meccanismo simil-alchilante (platinazione del DNA). Una volta
entrato nella cellula per diffusione passiva, l'OXA raggiunge il nucleo, dove
lega specificatamente ripetizioni di deossi-guanosina d(GpG) del DNA,
generando dei ponti intra-catena tra adenina e guanina d(ApG) e ponti inter-
catena tra due deossi-guanosine (dG)2 adiacenti su catene complementari
(proprietà non condivisa dal cisplatino). Tale processo denominato come
platinazione del DNA, determina un immediato blocco della replicazione del
DNA (inibizione della DNA polimerasi) con inibizione della proliferazione ed
immediata attivazione dei meccanismi di apoptosi.
TOSSICITA’:
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- nausea, vomito, diarrea
- neurotossicità
- piastrinopenia
- tossicità renale
4) Irinotecan
È un inibitore della topoisomerasi I. Il suo metabolica, SN-38, viene attivato da
una carbossiesterasi presente nel plasma, nella mucosa intestinale, nel fegato e
nelle cellule tumorali.
TOSSICITA’:
- diarrea dose limitante
- nausea e vomito
- stomatite
- neutropenia
5) Raltitrexed
È un antifolico idrosolubile, inibitore diretto e altamente selettivo della
timidilato sintetasi. Entra nella cellula sfruttando il meccanismo di trasporto dei
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folati ridotti e del MTX e viene rapidamente poliglutamato ad opera dell’enzima
FPGS.
TOSSICITA’:
- nausea, vomito, diarrea, mucosite dose dipendente
- anemia, leucopenia, pastrinopenia
- astenia, anoressia, malessere generale
- rash cutaneo
- artalgie e crampi muscolari
6) Mitomicina
È un antibiotico isolato dallo Streptomyces caespitosus. Esso agisce come
alchilante bifunzionale formando legami a ponte a carico del DNA. A dosi più
elevate inibisce anche la sintesi di RNA e proteine.
TOSSICITA’:
- anoressia, nausea, vomito
- stomatite
- leucopenia, piastrinopenia, anemia dose limitante
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7) Gemcitabina
E’ un profarmaco, analogo della citidina, con largo spettro di attività
antitumorale, fase S-specifico, che deve essere attivato da una nucleotide
chinasi nei due metaboliti attivi, la difluoro-deossi-citidin-trifosfato
(dFdCTP) e la difluoro-deossi-citidin-difosfato (dFdCDP). La dFdCTP,
in competizione con dCTP, viene incorporata nel DNA, dove inibisce la
progressione della catena in sintesi innescando processi di apoptosi e
determina il blocco della sintesi di riparo attraverso il blocco e-
polimerasi. La dFdCDP è invece in grado di inibire la ribonucleotide
reduttasi, un enzima chiave per la trasformazione di ribonucleosidi in
deossi-ribonucleotidi, indispensabili per la sintesi del DNA. Non si
conosce l’effetto della GEM nel carcinoma del colon-retto per la
mancanza di studi clinici controllati, anche se, in associazione al 5-FU, è
considerata attiva nel trattamento di diverse neoplasie dell’apparato
gastroenterico come il carcinoma pancreatico. (15,16,17.18,19,20)
TOSSICITA’
- Astenia
- Anemia, leucopenia, piastrinopenia
26
- Transitorie elevazioni delle transaminasi
- Nausea, vomito, diarrea
SCHEMI DI POLICHEMIOTERAPIA PIÙ FREQUENTEMENTE
UTILIZZATI NEL CARCINOMA COLON-RETTALE METASTATICO
1) FOLFIRI (Irinotecan 180 mg/mq, AF 200 mg/mq, 5FU 400 mg/mq in bolo, 2400
mg/mq i.c. in 46 ore ogni 2 settimane)
2) IFL Saltz (Irinotecan 125 mg/mq, AF 20 mg/mq, 5FU 500 mg/mq settimanalmente per 2
settimane ogni 3 settimane)
3) FOLFOX4 (Oxaliplatino 85 mg/mq g. 1, AF 200 mg/mq gg.1-2, 5FU 400mg/mq in bolo
e 600 mg/mq i.c. in 22 ore gg.1-2 ogni 2 settimane) (21,22)
4) FOLFOXIRI (Irinotecan 165 mg/mq g.1, Oxaliplatino 85 mg/mq g.1, AF 200 mg/mq g.
1, 5FU 3200 mg/mq i.c. in 48 ore ogni 14 gg.)
5) IROX (Irinotecan 200 mg/mq, Oxaliplatino 85 mg/mq ogni 3 settimane)
6) MMC + 5FU (mitomicina 7 mg/mq ogni 21 gg., 5FU 300 mg/mq/die i.c. per 24 settimane)
7) XELOX (capecitabina 1000 mg/mq bid gg.1-14, oxaliplatino 130 mg/mq g.1 ogni 21 gg.)
8) XELIRI (capecitabina 1000 mg/mq bid gg.1-14, irinotecan 250 mg/mq g.1 ogni 21 gg.)
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FARMACI EMERGENTI NELLA TERAPIA DEL CARCINOMA COLON-
RETTALE
ANTICORPI MONOCLONALI
1) Bevacizumab (Avastin)
È un anticorpo IgG che si lega a VEFG (fattore di crescita endoteliale vasale),
impedendogli di interagire con i propri recettori VEGFR-1 e VEGFR-2, espressi
sulla superficie delle cellule endoteliali, inibendo così l’angiogenesi.
TOSSICITA’:
- nausea, vomito, anoressia, stomatite, stipsi, diarrea, dolore addominale
- emorragie gastrointestinali
- leucopenia
- dermatite
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2) Cetuximab
È un anticorpo monoclonale IGg anti-EGFR (fattore di crescita endoteliale) che
si lega al recettore EGFR bloccando competitivamente l’azione dei suoi ligandi
naturali EGF e TGFα. Inoltre determina una down-regulation del recettore
stesso.
Inibisce la progressione del ciclo cellulare in G1 e induce l’apoptosi della
cellula.
TOSSICITA’:
- nausea, vomito, diarrea o stipsi
- reazioni di ipersensibilità
- eruzione acneiforme nel 90 % dei pz
- astenia, cefalea e dolori addominali
3) Panitumumab
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Anticorpo monoclonale umano contro l’EGF-receptor .
TOSSICITA’:
- rash cutaneo
- fatica
- dolore addominale, nausea, diarrea
- ipomagnesiemia
INIBITORI DELLE TIROSINCHINASI
1) Gefinitib (Iressa)
Inibisce la fosforilazione intracellulare di numerose tirosinchinasi associate a
recettori transmembrana, incluso EGFR.
SEGNI DI TOSSICITA’:
- diarrea, nausea, vomito
- rash cutaneo, cute secca e acne
- aumento della pressione arteriosa
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2) Erlotinib (Tarceva)
Inibitore selettivo reversibile di EGFR. Agisce competendo col sito di legame
per l’ATP.
SEGNI DI TOSSICITA’:
- diarrea, mucosite
- rash acneiforme
INIBITORI DELLA FARNESIL-TRANSFERASI:
-R115777 (Zarnestra, tipifarnib)
-SCH-66336 (Sarasar, Lonafarnib)
-BMS-214662
-L-778123
Gli inibitori della farnesil transferasi impediscono la localizzazione di Ras sulla
membrana cellulare e, di conseguenza, interrompono l’intera via di trasduzione
del segnale mediata da Ras. Meccanismi d’azione alternativi/addizionali degli
FTI coinvolgono proteine come Rhob (importante nella regolazione del
31
citoscheletro), proteine leganti il centromero e probabilmente altre proteine
farnesilate.
BIOCHEMIOTERAPIA
Introduzione alla biochemioterapia
L’obiettivo della biochemioterapia è quello di rendere più attivo il sistema
immunitario contro le cellule neoplastiche.
In ambito oncologico, infatti, il sistema immunitario riveste un ruolo di
predominante importanza, poiché le cellule tumorali, pur originando da tessuti
“self”, vanno incontro ad un processo di trasformazione ed esprimono
macromolecole, denominate antigeni tumore-associati (TAA), che possono
essere riconosciute come antigeni “non self” dal sistema di sorveglianza e
quindi evocare una risposta immunitaria umorale e/o cellulo-mediata diretta
contro le cellule tumorali stesse.
Esistono diverse categorie di antigeni tumore-associati:
32
Cancer testis antigens: sono espressi in tumori umani istologicamente
differenti, ma anche in tessuti normali, come placenta, spermatogoni e
spermatociti.
Antigeni tessuto-specifici o di differenziazione: espressi sulle cellule
normali e sulle cellule neoplastiche dello stesso istotipo (ad es. il PSA).
Antigeni iper-espressi nei tessuti tumorali rispetto ai tessuti normali (ad
es. Her2-neu) e presenti in tumori di diverso istotipo, senza preferenziale
espressione su un determinato tipo di tumore.
Antigeni unici e individuali, originatisi da mutazioni di geni normali,
espressi solo in tumori individuali a livello dei quali sono identificati. Sono
pertanto antigeni teoricamente più specifici come bersaglio per
l'immunoterapia, ma a ciò si contrappone un quasi impossibile loro utilizzo
clinico, essendo in grado di indurre una risposta immunologica solo contro il
tumore d'origine su cui sono stati identificati.
Proteine di fusione: risultano dalla fusione di geni conseguentemente a
traslocazioni cromosomiche, per esempio BCR-ABL nella leucemia mieloide
cronica.
Antigeni glicopeptidici e glicoproteici alterati: soprattutto quelli di
33
membrana, come ad es. nei melanomi, in cui si ha un'iperspressione di
gangliosidi GM2 e GD2.
Purtroppo però le cellule tumorali riescono spesso ad eludere la risposta
immunitaria attraverso una serie di meccanismi, come la perdita di espressione
degli antigeni HLA o l’alterazione e mascheramento dell'espressione di antigeni
tumore-associati o di molecole co-stimolatorie, o sono in grado di favorire la
produzione di fattori di immuno-soppressione o ancora di liberare in circolo di
antigeni tumore-associati in forma solubile, in grado di inattivare anticorpi
specifici.
Da ciò si comprende come il ruolo della bioterapia associata a chemioterapia
convenzionale possa avere una grande prospettiva di cura per tutti i tipi di
tumore.
Esistono varie modalità di trattamento immunoterapico:
1) l'immunoterapia attiva, che consiste nell'immunizzazione dell'ospite con
agenti terapeutici in grado di stimolare una risposta immunitaria umorale e/o
cellulo mediata antitumorale.
34
2) l'immunoterapia passiva, che consiste nel trasferire all'ospite sostanze o
cellule effettrici, capaci di mediare direttamente o indirettamente una risposta
immune antitumorale.
1) l’Immunoterapia attiva può essere a sua volta suddivisa in aspecifica
(immunoterapia con citochine) e specifica.
Le citochine sono molecole in grado di modulare la crescita e la
differenziazione di varie cellule del sistema immunitario.
Tra di esse ricordiamo gli interferoni (IFN-alfa, IFN-beta, IFN-gamma).
Possiedono attività antimicrobica, antivirale, pro-apoptotica, antiproliferativa,
possono bloccare la trasformazione neoplastica, modulare l'espressione di
molecole di superficie, attivare cellule immunitarie (NK, macrofagi) e inibire il
processo di angiogenesi tumorale.
Un'altra citochina di importanza rilevante in campo immunoterapico è
l'interleuchina 2 (IL-2), prodotta dai linfociti T-helper.
L'azione antitumorale di tale citochina è stata dimostrata ampiamente nei
confronti di diversi istotipi tumorali, tra cui il melanoma, il carcinoma renale, il
35
carcinoma della vescica e il carcinoma del colon, con regressione di malattia e
risposte cliniche durature. L’attività antitumorale è il risultato indiretto
dell’azione modulatrice dell’IL-2 sulle cellule del sistema immunitario e
consiste in:
- espansione clonale dei linfociti T con potenziamento della loro attività
citotossica;
- potenziamento dell’azione delle cellule NK, monociti e macrofagi;
- attivazione dei linfociti B;
- stimolazione della secrezione di altre citochine (IFNγ, TNFβ e α);
- generazione di TIL (tumor infiltrating lymphocytes).
SEGNI DI TOSSICITA’:
- ipotensione, aritmie, tachicardie, angina
- dispnea, insufficienza respiratoria
- iperazotemia, oliguria, anuria, ipercreatininemia
- nausea, vomito, diarrea
Altre citochine, ancora sotto studio clinico sono il GM-CSF, l'IL-12, IL-18 e
l'IL-10.
36
L'immunoterapia attiva specifica, invece, ha lo scopo di indurre una risposta
immunitaria antitumorale antigene-specifica. Essa comprende:
- immunizzazione attiva con vaccini. Consiste nell'inoculare cellule tumorali
uccise o irradiate in combinazione con altri adiuvanti nel paziente; in tal modo
le cellule tumorali, trasportando sulla loro superficie gli antigeni tumorali,
possono essere più facilmente riconosciute dal sistema immunitario stesso.
- immunizzazione attiva con cellule dendritiche.
Le cellule detritiche hanno lo scopo di presentare l'antigene e di stimolare una
risposta linfocitaria. Vengono isolate e associate ad uno o più antigeni tumorali,
pulsate con peptidi o transfettate con DNA codificante per gli stessi antigeni,
attraverso l'uso di adenovirus, liposomi o altro.(1)
2) Immunoterapia passiva
Un ruolo predominante è rivestito dagli anticorpi (Cetuximab, Bevacizumab), in
grado di mediare la risposta antitumorale.
Una forma di immunoterapia passiva è quella che viene definita immunoterapia
adottiva, che consiste nella somministrazione, come agente antitumorale, di
37
cellule immunitarie aventi capacità tumoricida diretta (in seguito al contatto e
uccisione della cellula bersaglio) o indiretta (mediante il rilascio di sostanze
solubili con effetto tumoricida). I primi tentativi furono effettuati utilizzando
cellule LAK (lynphokine activated killer), generate in vitro dai linfociti di
pazienti affetti da tumore, coltivati in presenza di IL-2, e successivamente
reinfuse insieme ad IL-2. La scarsa efficacia e l'elevata tossicità sistemica
hanno portato all'impiego di cellule con maggiore attività tumore-specifica,
quali i “linfociti infiltranti il tumore o TIL”, autologhi, prelevati
chirurgicamente da pazienti con tumori solidi, espansi in coltura con basse dosi
di IL-2 e quindi reinfusi.
I risultati di studi immunologici e bio-farmacologici suggeriscono come
l’efficacia della chemioterapia “tradizionale” possa essere migliorata da una sua
razionale integrazione con strategie immunologiche.
38
ASSOCIAZIONE ANTICORPI MONOCLONALI E CHEMIOTERAPIA
-CETUXIMAB e chemioterapia
Il cetuximab è stato somministrato da solo alla dose di 400 mg/mq nella prima
settimana e di 250 mg/mq nelle settimane successive a 57 pazienti in
progressione dopo trattamento con IFL, raggiungendo il 10.5% di risposte
obiettive e il 35.1% di stazionarietà. In associazione all’irinotecan, in 121
pazienti già trattati con il chemioterapico, ha indotto il 19.2% di remissioni
parziali e il 26.7% di stazionarietà. Lo studio Bond di fase III ha randomizzato
577 pazienti (474 esprimevano l’EGFR) a irinotecan + cetuximab verso solo
cetuximab con associazione di irinotecan a progressione. Criterio di inclusione
nello studio era la progressione o la ricaduta entro 3 mesi dalla fine del
trattamento con irinotecan. Il braccio di combinazione ha raggiunto il 22.9% di
39
remissioni parziali contro il 10.8% del braccio con l’anticorpo da solo
(p=0.0074), con un TTP mediano di 4.1 contro 1.5 mesi (p<0.0001). L’astenia è
risultata la tossicità di grado 3-4 per il cetuximab nel 10% dei casi, mentre
l’eruzione follicolare acneiforme nel 5% dei casi. Non si è osservata alcuna
correlazione tra tasso di risposta e livello di espressione di EGFR, mentre è
apparso un rapporto diretto tra intensità della tossicità cutanea e tasso di
risposta.(34)
-BEVACIZUMAB e chemioterapia
In uno studio di fase III 923 pazienti metastatici non pretrattati sono stati
randomizzati a tre bracci: IFL+ placebo verso IFL + bevacizumab verso
5FU/AF + bevacizumab (quest’ultimo chiuso dopo un’analisi intermedia perché
non ritenuto etico). Il bevacizumab è stato somministrato alla dose di 5 mg/kg
ogni 2 settimane. E’ stata osservata una maggiore attività della combinazione
IFL + bevacizumab con un tasso di risposte pari al 44.8% verso il 34.8%
(p=0.004) dell’IFL + placebo, un TTP mediano di 10.6 mesi verso 6.2 mesi
40
(p=0.001) e un’OS di 20.3 mesi verso 15.6 mesi (p=0.001) La tossicità più
rilevante della terapia con bevacizumab è stata l’ipertensione di grado3.(35)
Il trial di fase III dell’Eastern Cooperative Oncology Group study 3200 ha
randomizzato 829 pazienti affetti da carcinoma del colon-retto metastatico,
pretrattati con 5FU e/o irinotecan, in II linea di trattamento a ricevere
FOLFOX4, FOLFOX4 più bevacizumab o bevacizumab in monoterapia. Il
dosaggio del bevacizumab utilizzato in questo trial è stato pari a 10 mg/kg ogni
2 settimane. La sopravvivenza globale mediana è risultata pari a 10.7 mesi nel
braccio FOLFOX4, paragonata a 12.5 mesi nel braccio FOLFOX4 più
bevacizumab (P = .0024). Il TTP e il response rate sono risultati anche
significativamente aumentati dall’aggiunta del bevacizumab, che ha presentato
un’attività molto modesta come agente singolo.(36)
Gli effetti dell’associazione bevacizumab-cetuximab: il trial BOND-2
Pazienti affetti da carcinoma del colon-retto avanzato, in progressione dopo
trattamento chemioterapico a base di Irinotecan, sono stati randomizzati, in uno
studio di fase II, a ricevere cetuximab più bevacizumab (braccio CB) verso
41
cetuximab/bevacizumab più irinotecan (braccio CBI). Obiettivo primario è stato
quello di documentare la fattibilità dell’associazione dei due anticorpi tra loro e
di valutare il response rate in entrambi i bracci. La combinazione è risultata
fattibile:infatti non è stato osservato alcun effetto collaterale inatteso.
L’aggiunta del bevacizumab in entrambi i bracci ha inoltre apportato un
aumento dell’efficacia del trattamento in termini di tasso di risposta. In termini
di tempo alla progressione, mentre nel BOND-1 era stato ottenuto un risulato
di soli 1.5 mesi dal cetuximab in monoterapia, nel Bond-2 con l’associazione
cetuximab/bevacizumab erano stati raggiunti i 6.9 mesi. Effetto simile è stato
osservato nel braccio CBI.(37)
BOND-1
C225BOND-2
C225 + BEVBOND-1
C225 + CPT
BOND-2C225 + CPT +
BEV
N. pazienti 111 35 218 39
RR (%) 11 23 23 38
TTP (mesi) 1.5 6.9 4.1 8.5
OS mediana (mesi)
6.9 -- 8.6 --
-Panitumumab + IFL/FOLFIRI
42
In uno studio di fase II è stata evidenziata l’attività di panitumumab in
associazione a chemioterapia nel trattamento di I linea di pazienti affetti da
carcinoma colon-rettale. Nella prima fase dello studio 19 pazienti sono stati
trattati con panitumumab 2.5 mg/kg settimanale in combinazione con IFL
(schema di Saltz), mentre nella fase successiva dello studio 24 pazienti sono
stati sottoposti a terapia con panitumumab + FOLFIRI. La tollerabilità (diarrea
di grado 3/4) è stata considerata l’end-point primario, mentre obiettivi secondari
sono stati il tasso di risposta obiettiva, la progression-free survival, l’overall
survival e la safety. La diarrea di grado 3/4 si è manifestata in 11 pazienti
(58%) della prima fase e in 6 pazienti (25%) della seconda fase. Tutti i pazienti
hanno sperimentato tossicità cutanea (nessun evento di grado 4). Il tasso di
risposta obiettiva è risultato pari al 46% nel primo gruppo e pari al 42% nel
secondo gruppo. I disease control rates sono stati pari al 74% e al 79%
rispettivamente. La progression-free survival mediana (intervallo di confidenza
95%) è risultata di 5.6 mesi (4.4-8.3 mesi) e di 10.9 mesi (7.7-22.5 mesi)
rispettivamente, mentre l’overall survival mediana (intervallo di confidenza
95%) pari a 17 mesi e a 22.5 mesi rispettivamente. Pertanto, mentre
l’associazione panitumumab/IFL non si è dimostrata ben tollerata, la
43
combinazione panitumumab/FOLFIRI ha dato evidenza di buona tollerabilità e
promettente attività nei pazienti affetti da carcinoma del colon-retto metastatico
in I linea di trattamento.(38)
PROTOCOLLO GOLFIG
Il regime polichemioterapico GOLF, costituito dall’associazione di
gemcitabina, oxaliplatino, LF e 5-FU, è in grado di esercitare un effetto
antitumorale in vitro in cellule di carcinoma del colon, mediante l’induzione di
processi di necrosi ed apoptosi. Infatti linee linfocitarie T citotossiche, generate
in vitro mediante stimolazione con cellule dendritiche autologhe, esposte ad un
lisato di cellule di carcinoma del colon pre-esposte al trattamento GOLF,
manifestano una attività citolitica significativa.
Questi risultati preclinici hanno rappresentato la base per uno studio clinico di
fase II su pazienti affetti da carcinoma del colon-retto metastatico, dato
dall’integrazione di due regimi: GOLF e IG-1 (GM-CSF + IL-2), il GOLF-IG.
44
Il ruolo anti-tumorale del GM-CSF, nelle due forme sargramostim [Leukine®]
o molgramostim [Mielogen®], è essenzialmente quello di aumentare nel
paziente neoplastico il numero e l’attività funzionale delle antigen presenting
cells (APC) coinvolte nella cross-presentazione antigenica. Tali cellule,
rappresentate prevalentemente dalle cellule dendritiche, sono capaci di
incorporare i prodotti rilasciati durante il trattamento chemioterapico dalle
cellule tumorali morenti e di presentarne gli antigeni specifici ai precursori
linfocitari. Una volta stimolate negli organi linfoidi primari, le cellule
dendritiche mature migrano attraverso il torrente circolatorio e colonizzano i
tessuti linfoidi secondari, dove hanno la possibilità di interagire con precursori
dei linfociti T effettori, che vengono così attivati e cominciano l’espansione
clonale antigene specifica.
La somministrazione di GM-CSF quindi potrebbe aumentare il numero di
cellule dendritiche attive disponibili per la presentazione ai precursori di
linfociti T antigene-specifici.
Per quanto riguarda l’IL-2, risultati di studi preclinici e clinici suggeriscono che
tale citochina possa essere utilizzata per modificare lo stato immunologico del
45
paziente, che risulta strettamente correlato alla sua sopravvivenza. A tale
proposito è stato dimostrato, in pazienti con neoplasia avanzata, che un aumento
dei linfociti ed un alto rapporto tra linfociti CD4+/CD8+, indotti dalla citochina,
sono fortemente predittivi di buona risposta terapeutica e lunga sopravvivenza.
E’ stato inoltre osservato che la somministrazione di IL-2 in pazienti con
carcinoma del colon stadio C di Dukes prima dell’intervento chirurgico radicale
riduce il rischio di ricadute e aumenta il tempo di sopravvivenza.(30)
I risultati di recenti studi clinici hanno dimostrato che l’associazione IG-1 è
attiva e ben tollerata in pazienti oncologici con malattia avanzata. Il dolore
osseo e la febbre rappresentano i più comuni effetti collaterali.
L’attività biologica dell’associazione, oltre ad avere un effetto anti-tumorale,
potrebbe essere di supporto all’immunoterapia antineoplastica tumore-specifica,
poiché nei pazienti trattati, dopo un solo ciclo di trattamento, si osserva:
1) un aumento della concentrazione di cellule dendritiche attivate (CD34+,
CD11c+, CD14-, CD83+, CD80+, CD86+, HLA-I+ e HLA-Dr+) circolanti;
2) un aumento della attività funzionale (intesa come capacità di presentare
antigeni proteici) delle cellule APC presenti nel sangue periferico;
3) un aumento del numero assoluto e del rapporto CD4+/CD8+ e dei linfociti
46
T con memoria (CD4+/CD45R+/HLA-Dr+);
4) un aumento dei livelli sierici di TNFγ e IFNα (Fenotipo citotossico tipo
TH1).
I risultati di un secondo studio di fase II hanno dimostrato l’attività antitumorale
dell'associazione nel carcinoma renale metastatico confermandone il basso
indice di tossicità ed i costi contenuti del trattamento. (31)
Questi pressuposti hanno dato via al nuovo schema terapeutico GOLF-IG.
Lo schema di trattamento del protocollo GOLF-IG prevede:
Giorno 1Gemcitabina 1000 mg/m² in infusione e.v. per 30 min seguita daAcido Levo-Folinico 100 mg/m² bolo in 30 min5-Fluorouracile 400 mg/m² bolo e.v. seguito da5-Fluorouracile 800 mg/m² in infusione e.v per 24 ore
Giorno 2Oxaliplatino 85 mg/m² in 4-6 ore seguito daAcido Levo-Folinico 100 mg/m² bolo in 30 min5-Fluorouracile 400 mg/m² bolo e.v. seguito da5-Fluorouracile 800 mg/m² in infusione e.v. per 24 ore
A cicli alternatidal giorno 3 al giorno 7, GM-CSF sottocute (s.c.)Mielogen® o Leukine® 100 μg/die s.c. per 5 giorni consecutivi a cicli alternati
A cicli alternati
47
dal giorno 8 al giorno 14 e dal giorno 3 al giorno 14, IL-2 s.c.Proleukin® 500.000 UI due volte al giorno
Nei cicli (I, III, V, VII, IX, XI) in cui il paziente riceve GM-CSF, l’IL-2 sarà somministrata dal giorno 8 al giorno 14, negli altri cicli (II, IV, VI, VIII, X, XII), l’IL-2 sarà somministrata dal giorno 3 al giorno 14
Il ciclo ricomincia dal giorno 15
1 3 4 5 6 8 9 10 11 13 14
- GEM- AF- 5FU- 5FUIC
- OXA- AF- 5FU- 5FUIC
2 7 12
GM-CSF
GM-CSF
GM-CSF
GM-CSF
GM-CSF
IL2 IL2 I L2 I L2 I L2 I L2 I L2
1 3 4 5 6 8 9 10 11 13 14
- GEM- AF- 5FU- 5FUIC
- OXA- AF- 5FU- 5FUIC
2 7 12
I L2 I L2 I L2 I L2 I L2 I L2 I L2 I L2I L2 I L2 I L2 I L2
CICLI DI SPARI
CICLI PARI
SCHEDULA GOLF- I G
48
La polichemioterapia GOLF determina:
1) un rimodellamento antigenico simile a quello osservato in studi
preclinici;
2) una rapida citoriduzione, attraverso fenomeni di necrosi e apoptosi nelle
cellule sensibili, che permette il rilascio di grosse quantità di materiale
antigenico; quest’ultimo, una volta rilasciato nei vasi linfatici e nel torrente
circolatorio, può essere captato dalle cellule dendritiche, preventivamente
indotte ad attività mediante somministrazione di GM-CSF. Il processamento di
questi antigeni e la presentazione degli epitopi peptidici ai precursori linfocitari,
operata dalle cellule dendritiche, può dare origine ad una reazione immunitaria
con attività antitumorale, la cui efficacia può essere aumentata dalla
somministrazione di IL-2.
Questo processo determinerebbe quindi una sorta di auto-vaccinazione autologa
anti-tumorale, capace di generare una risposta linfocitaria in grado di
49
CR complete response, PR partial response, SD stable disease, PDprogressive disease.
91.3 (79.6 – 96.4)42Disease control(CR + PR + SD) (95% CI)
56.5 (42.1 – 69.8)26Overall response(CR + PR) (95% CI)
21.734.734.78.6
1016164
Best responseCRPRSDPD
%Number of patientsClinical response (N= 46)
FASE I I STUDY GOLFIG1
distruggere le stesse cellule tumorali resistenti al trattamento chemioterapico.
(23,24,25,26,27,28,29)
Lo studio di fase II del protocollo GOLF-IG è stato condotto su 46 pazienti, 27
maschi e 19 femmine, di età compresa tra 28 e 83 anni (mediana 62 anni), con
performance status (ECOG) 0-3, sia con metastasi epatiche che con metastasi
non epatiche, con un follow-up mediano di 17 mesi. Il trial ha dimostrato che
tale associazione chemio-immunoterapica è ben tollerata ed è attiva nel
trattamento del carcinoma colon-rettale metastatico.
Tale regime è infatti in grado di indurre un altissimo tasso di risposte obiettive
(56.5%) e di controllo di malattia (91.3%). Questi pazienti hanno mostrato un
time to progression medio di 12.26 mesi e mediano di 9 mesi e un overall
survival media di 18.7 mesi e mediana di 17 mesi. Questi risultati acquisiscono
ancora più rilevanza considerando che la maggioranza dei pazienti, il 74%,
aveva già ricevuto almeno una linea di trattamento chemioterapico.
50
51
Gli unici effetti tossici significativi per gravità (grado 3-4) più frequenti sono
stati piastrinopenia (10% dei casi), diarrea (10.35% dei casi), mucosite (10.34%
dei casi), febbre (6.9% dei casi) e astenia (6.9% dei casi).
L’attività antitumorale dell’associazione è inoltre accompagnata da importanti
effetti immunobiologici, come una significativa riduzione dei linfociti T
immunosoppressori (CD4+CD25+T-reg), un aumentato rapporto CD4+/CD8+ ed
un aumento di precursori linfocitari specifici per strutture molecolari
antigeniche come CEA e Timidilato Sintetasi.(32)
Inoltre è stata osservata una correlazione tra risposta obiettiva al trattamento e
sviluppo di fenomeni o patologie di natura autoimmunitaria. Infatti 6 pazienti
sui 46 totali hanno sviluppato, durante l'immunoterapia con GOLF-IG,
patologie autoimmunitarie, come Lupus Eritematoso Discoide e fenomeni di
artrite mono/oligo articolare, con concomitante aumento dei livelli di VES e
PCR. Il sottogruppo costituito da questi pazienti, rispetto al sottogruppo dei
rimanenti pazienti, ha mostrato un nettissimo vantaggio in termini di time to
progression (medio 23.83 mesi e mediano 21 mesi contro 10.5 e 7.5 mesi
52
rispettivamente) e in termini di overall survival (media 31.83 mesi e mediana
30 mesi contro 16.8 e 15.5 mesi rispettivamente).
53
I dati ottenuti dallo studio clinico di fase II hanno rappresentato l'input per lo
sviluppo di uno studio clinico randomizzato di fase III, ancora in corso, il cui
obiettivo è quello di testare l’efficacia anti-tumorale dello schema GOLF-IG
verso il trattamento con regime FOLFOX-4, che, nel suo studio registrativo di
fase III, ha riportato un buon indice terapeutico, con un tasso di risposte
obiettive pari al 45% (GOLF-IG 56.5%), un time to progression ed un overall
survival mediani rispettivamente di 8.7 mesi (GOLF-IG 9 mesi) e 19.5 mesi
(GOLF-IG 17 mesi) ed un tasso di sopravvivenza ad un anno del 50%.(33)
L'end-point primario dello studio GOLF-IG di fase III è rappresentato dal Time
to treatment failure. Endpoint secondari sono il tasso di sopravvivenza ad un
anno e a due anni, l’overall survival, la survival free of progression, la
valutazione della tossicità (percentuale di eventi avversi) e del tasso di risposte
obiettive ed eventuali effetti immunologici.
54
PROTOCOLLO GOLFIG: ESPERIENZA PRESSO L'U.O. DI
ONCOLOGIA MEDICA DELL'UNIVERSITA' DEGLI STUDI MAGNA
GRAECIA DI CATANZARO
L'impiego del protocollo GOLFIG nel tumore del colon-retto avanzato presso
l'Unità Operativa di Oncologia Medica dell'Università Magna Graecia di
Catanzaro nasce a partire dall’anno 2004.
Sono stati sottoposti a tale tipo di biochemioterapia 10 pazienti consecutivi e
pretrattati (vedi tabella), tutti con diagnosi istologica di tumore del grosso
intestino.
I 10 pazienti, 7 maschi e 3 femmine, di età compresa tra 38 e 70 anni, tutti
affetti da Carcinoma del colon-retto allo stadio IV, presentavano alcuni
metastasi solo epatiche, altri metastasi solo extra-epatiche, altri ancora metastasi
sia epatiche che extra-epatiche.
55
All'inizio del trattamento con GOLFIG il performance status (ECOG) risultava
pari a 0-1; 7 su 10 pazienti erano già metastatici alla diagnosi e tutti avevano già
eseguito almeno una linea di chemioterapia. In particolare, tenendo conto anche
delle eventuali chemioterapie effettuate a scopo adiuvante, per 2 pazienti il
protocollo GOLFIG ha rappresentato la seconda linea di trattamento, per 5
pazienti la terza linea e per 3 pazienti la quarta.
56
Z diagnosi stadio Inizio GOLF-IG
Fine GOLF-IG
CICLI tot LINEE CT precedent
tossicità PFS PS OS
GB 38aa
Colon dx G2
IVmet epatiche/linfo
3/2005 11/2005 XVI 2 No 12,5 mesi
0 SI(26 mesi
+)
PC 60aa
Colon sx G2
IVmet linfo
5/2005 10/2005 XII 1+1 Neutrop. gIII,
piastrinop. gII,
neuropatia periferica
gI
7 mesi 0 NO(24 mesi)
ADG 70aa
Retto G2 IVmet epatiche
7/2006 12/2006 XII 1+1 Piastrinop. gI,
neuropatia gI
7 mesi 1 SI(11 mesi
+)
GDL 70aa
Retto G2 IVmet epatiche
4/2006 9/2006 XII 2 No 10 mesi
1 SI(13 mesi
+)
AG 71 aa
Colon dx G3
IVmet epatiche/polm
5/2006 11/2006 XII 3 Neutrop. gIII,
piastrinop. gII
10 mesi
1 SI(12 mesi
+)
RI 65aa
Retto G3 IVmet epatiche
11/2005 4/2006 XII 1 No >18 mesi
1 SI(18 mesi
+)
GR 49aa
Retto/sigma G2
IVmet linfo
11/2005 5/2006 XI 1+2 Piastrinop. gI,
neuropatia periferica
gI
7 mesi 0 SI(19 mesi
+)
TS Sigma G2 IV 11/2005 1/2006 V 3 Piastrinop. 3 mesi 2 NO
57
45aa met epatiche/polm
gII (in corso)
(10 mesi)
MV 54aa
Colon sx IVmet epatiche
10/2006 2/2007 VIII 1 Piastrinop. gII, diarrea
gII
>8 mesi
1 SI(8 mesi
+)
BAV 66aa
Retto G2 IVmet epatiche/polm
9/2004 3/2005 XII 2 Piastrinop. gII,
neuropatia periferica
gII
10 mesi
1 NO(22 mesi)
I pazienti sono stati trattati utilizzando lo schema classico del protocollo
GOLFIG. 7 su 10 di loro hanno completato il trattamento a dosaggio pieno, in
un paziente è stata effettuata una riduzione del 25% della gemcitabina e
dell'oxaliplatino a partire dall'VIII ciclo su 12 totali, in un altro paziente è stata
effettuata una riduzione del 25% della gemcitabina e dell'oxaliplatino a partire
dal V ciclo su 8 totali, in un altro paziente ancora è stato ridotto del 25%
soltanto l'oxaliplatino a partire dal IV ciclo su 12 totali.
La causa principale per cui si sono rese necessarie tali riduzioni di dose è stata
la piastrinopenia, comunque di grado lieve-moderato, e, soprattutto, lo scarso
recupero dalla piastrinopenia al momento di iniziare il ciclo successivo. Con la
riduzione del dosaggio si è ottenuto il prosieguo del trattamento con regolarità.
Risultati: tossicità
58
Nei 10 pazienti valutati, trattati con protocollo GOLFIG presso l'U.O. di
Oncologia dell'Università di Catanzaro, non si è avuto alcun grave episodio di
tossicità tale da dover richiedere la sospensione del trattamento e solo raramente
è stato necessario posticipare di qualche giorno l'inizio di un ciclo per
alterazioni della crasi ematica.
3 pazienti su 10 non hanno riportato alcun effetto tossico significativo, gli altri
7 pazienti hanno riportato principalmente tossicità ematologica e neurologica
periferica.
In particolare, la tossicità più frequente è stata la piastrinopenia, evento
verificatosi in 7 pazienti su 10, che comunque non ha mai superato il grado II
(in particolare, si sono avute piastrinopenia di grado I in due pazienti e
piastrinopenia di grado II in cinque pazienti).
La neutropenia si è avuta in 2 pazienti su 10, in entrambi i casi si è trattato di
neutropenia di grado III senza complicanze infettive.
La neuropatia periferica, essenzialmente dovuta all'Oxaliplatino, è stata un altro
effetto tossico frequente: si è presentata infatti in 4 pazienti su dieci (in
particolare in tre di essi è stata di grado I, in un altro paziente di grado II). E'
importante sottolineare come due dei quattro pazienti che hanno riportato
59
neuropatia periferica fossero già stati sottoposti in precedenza a trattamento con
Oxaliplatino.
In uno solo dei 10 pazienti si è avuta la comparsa di diarrea significativa (grado
II).
I pazienti non hanno lamentato vomito o mucosite, mentre l’alopecia si è
presentata in due pazienti su 10. La febbre di grado I e II si è manifestata in tre
pazienti su 10, sempre autolimitantesi o in regressione con terapia antipiretica
blanda e con maggior frequenza nei primi 3-4 giorni del ciclo.
In nessuno dei 10 pazienti trattati si sono verificati fenomeni di ipersensibilità
né fenomeni autoimmunitari.
Risultati: risposta clinica
I 10 pazienti trattati con protocollo GOLF-IG presso la nostra U.O. di
Oncologia sono stati sottoposti ad ogni ciclo a visita medica e ad esami emato-
chimici, mentre, con cadenza mai superiore ai tre mesi, hanno effettuato
rivalutazione strumentale dello stato di malattia mediante l'esecuzione di TC
whole-body con mezzo di contrasto e, laddove indicato, Rx torace, ecografia
addome, PET whole-body e colonscopia.
60
Soltanto in un paziente si è verificata progressione di malattia in corso di
trattamento (al primo controllo trimestrale). In tale paziente la malattia era
progredita anche nel corso di altri trattamenti chemioterapici effettuati in
precedenza.
Negli altri pazienti si è ottenuto controllo di malattia per un periodo mai
inferiore ai 7 mesi, cioè per una durata di trattamento completo (12 cicli totali).
Nei 10 pazienti si sono ottenute, pertanto, 1 progressione in corso di
trattamento, 5 stabilizzazioni di malattia e 4 remissioni parziali. Le risposte
obiettive sono quindi il 40%, mentre il controllo di malattia si è ottenuto in 9
pazienti su 10.
Attualmente sono viventi 7 pazienti su 10 e 2 di essi sono ancora in follow-up
dopo trattamento con GOLF-IG. In 1 caso un paziente si trova ancora in follow-
up a distanza di 18 mesi dal trattamento.
L'analisi statistica dei risultati fin qui ottenuti indicano una overall survival
media di 16,3 mesi e mediana di 15,5 mesi (CI 95% 11,7-20,8) con un time to
progression medio di 9,2 mesi e mediano di 9 mesi (CI 95% 6,3-12,1).
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62
Concludendo, il trattamento immunochemioterapico secondo protocollo GOLF-
IG eseguito su 10 pazienti presso l'U.O. di Oncologia dell'Università di
Catanzaro si è rivelato uno schema efficace nel trattamento del carcinoma del
colon-retto.
I dati ottenuti, in termini di sopravvivenza globale e tempo alla progressione,
appaiono più interessanti se si considera che i pazienti trattati erano già stati
sottoposti a precedenti linee chemioterapiche (solo in un caso il GOLF-IG ha
rappresentato la seconda linea, negli altri casi è stato la terza-quarta linea).
Tali risultati sono ancor più significativi se si tiene conto della minima tossicità
riportata. Paragonando i risultati ottenuti sui nostri 10 pazienti con i risultati
dello studio clinico GOLF-IG di fase II, di cui alcuni dei nostri pazienti hanno
fatto parte, si evince come i dati di overall survival e time to progression
risultino essere sovrapponobili, mentre nella nostra esperienza il GOLF-IG
sembra essere meno tossico.
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CONCLUSIONI
La trasformazione neoplastica, come ben sappiamo, è un evento multifattoriale,
associato a complesse alterazioni della fisiologia cellulare, risultanti da
mutazioni e/o delezioni e/o dalla disregolazione di geni normali, che
contribuiscono all'acquisizione del fenotipo maligno e quindi alla capacità di
eludere il sistema di sorveglianza immunitaria.
Nel corso degli anni si è cercato sempre più, attraverso vari meccanismi ed a
vari livelli, di potenziare tale sistema. I progressi ottenuti hanno portato alla
possibilità di interferire sulla crescita e lo sviluppo delle cellule neoplastiche in
diversi tipi tumorali. Tali presupposti sono alla base della terapia biologica.
L’idea poi di potenziare il trattamento chemioterapico convenzionale con tale
terapia innovativa ha dato origine a nuovi protocolli e i primi risultati degli
studi clinici controllati stanno evidenziando non solo la buona tollerabilità, ma
anche l’attività anti-tumorale dell’associazione. In questo scenario
incoraggiante appare chiara la novità di un protocollo come il GOLF-IG, che ha
permesso di combinare l’effetto citotossico dello schema GOLF con quello
biologico del GM-CSF e dell’IL-2, in grado di stimolare e attivare le cellule
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dendritiche periferiche presentanti antigeni tumorali, per poi indurre
un’efficiente risposta specifica da parte dei linfociti T citotossici contro le
cellule neoplastiche stesse. Si attendono ora i risultati dei vari trial di fase III,
tra cui rientra anche lo studio GOLF-IG versus FOLFOX, che consentiranno di
definire effettivamente quanto sia il vantaggio in termini di sopravvivenza della
combinazione biochemioterapia rispetto al trattamento chemioterapico da solo.
Da tali dati emergerà il vero progresso della medicina moderna nella lotta
contro i tumori.
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Link siti internet:
www.airc.it
www.pubmed.gov
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RINGRAZIAMENTI
Un grazie a tutti coloro che in questi lunghi anni mi hanno dato la possibilità e il
sostegno per affrontare questo mio percorso.
Primi fra tutti un grazie ai miei genitori, a tutta la mia famiglia che ha sempre
contato su di me, e, in questa, un posto di rilievo lo occupano mia sorella
Adriana e mio cognato Angelo senza i quali non avrei mai cominciato medicina.
E poi gli amici che non mi hanno fatto mai sentire lontano da casa: a cominciare
dalla prima, Scully, che ho conosciuto rincorrendo, inevitabilmente in ritardo, i
vari pulmann, e poi Angela, Maria Cristina, Carmen, Gennaro, Marilena, con i
quali ho creato un gruppo davvero unico, infine i miei due fratelloni calabresi
Alessio e Ciccio.
Non posso dimenticare neppure Marica e Antonella per il loro sostegno.
Un ringraziamento anche a Massimo per i suoi preziosi consigli e a Maria
Saveria per il suo indispensabile aiuto.
Grazie a tutti.
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