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M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
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Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
Marco Evangelos Biancolini
Tecnica delle costruzioni meccaniche..................................................................................................2
1.1 Introduzione .........................................................................................................................2
2. Tecniche di Progettazione............................................................................................................3
2.1 Organizzazione del progetto ................................................................................................3
2.2 Stesura della documentazione tecnica..................................................................................4
2.3 Progetti assegnati negli ultimi anni......................................................................................8
2.3.1 Anno 2002....................................................................................................................8
2.3.2 Anno 2003....................................................................................................................8
2.3.3 Anno 2004....................................................................................................................8
2.3.4 Anno 2005....................................................................................................................9
2.3.5 Anno 2006....................................................................................................................9
2.4 Il metodo degli elementi finiti............................................................................................10
2.4.1 Dimensionalità del problema .....................................................................................12
2.4.2 Analisi strutturali........................................................................................................15
2.4.3 Realizzazione del modello .........................................................................................15
2.4.4 Esecuzione dell’analisi...............................................................................................19
2.4.5 Analisi dei risultati .....................................................................................................20
2.4.6 Uso della modellazione solida ...................................................................................22
2.4.7 Progetto della griglia di calcolo .................................................................................22
2.4.8 Librerie di elementi....................................................................................................22
2.4.9 Esempio: implementazione dell’elemento trave ........................................................22
2.4.10 Esempio: implementazione dell’elemento piastra .....................................................22
3. I materiali compositi nella progettazione meccanica.................................................................23
3.1 Teoria dei laminati .............................................................................................................23
3.2 Studio di una lamina isolata ...............................................................................................30
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Tecnica delle costruzioni meccaniche
1.1 Introduzione
Argomento principale del corso di Tecnica delle Costruzioni Meccaniche sono le metodologie di
progettazione avanzata dei sistemi meccanici. Il corso è di natura fortemente applicativa e si articola
in un modulo durante il quale procedono parallelamente la parte teorica, svolta con lezioni frontali,
e la parte applicativa svolta durante le ore di laboratorio di calcolo e completata dedicando una
parte delle ore di lezione frontale a consigli pratici relativi ai problemi incontrati dagli studenti. La
parte applicativa riguarda lo studio di esempi concreti di complessità crescente e lo svolgimento di
un progetto di un componente meccanico complesso.
Il progetto viene svolto da gruppi costituiti al massimo da 4 studenti e si articola in più fasi:
assegnazione dei temi, stesura e discussione di un documento di specifica, svolgimento delle
attività, stesura della relazione tecnica.
I temi possono essere assegnati dal docente o concordati con gli studenti qualora siano interessati a
proporre argomenti particolari, in fase di assegnazione del tema viene individuato il materiale
necessario allo svolgimento del progetto, chiarendo in via preliminare gli aspetti salienti del
progetto stesso. Ogni gruppo deve produrre in breve un documento relativo all’organizzazione del
progetto individuando le attività, la loro durata e la ripartizione delle stesse fra i vari membri del
gruppo; tale organizzazione può essere eventualmente ritoccata al fine di garantire un carico di
lavoro omogeneo per tutti gli studenti.
La parte teorica del corso si divide in tre parti: tecniche di progettazione, progettazione a tolleranza
di danno, progettazione con i materiali compositi.
La prima parte è propedeutica allo svolgimento dei progetti e affronta sia gli aspetti organizzativi di
un progetto meccanico, partendo dalla pianificazione delle attività e dalla stima del loro costo per
arrivare alla preparazione di un documento tecnico, sia gli aspetti pratici per l’esecuzione di calcoli
strutturali utilizzando software di calcolo commerciali basati sul metodo degli elementi finiti.
La seconda parte riguarda la progettazione con i materiali compositi considerando il comportamento
di laminati a vari livelli di dettaglio. Si riportano dei cenni sul comportamento microstrutturale di
compositi a fibra lunga, viene presentato lo studio di una generica lamina ortotropa, considerando la
rigidezza e la resistenza, e lo studio di un generico laminato mirato alla determinazione dei
parametri di rigidezza globali e alla verifica di resistenza lamina per lamina.
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2. Tecniche di Progettazione
2.1 Organizzazione del progetto
La fase di organizzazione del progetto è fondamentale per la corretta esecuzione dello stesso e per
la valutazione delle risorse necessarie. Lo scenario presentato in questo documento riguarda progetti
di breve durata che coinvolgano poche persone ed è applicabile a società di consulenze di
ingegneria a cui viene commissionato il progetto così come a un team aziendale a cui viene affidato
un lavoro per l’azienda stessa. Nel resto di questo paragrafo si ipotizza che il committente sia
esterno alla società di esecuzione del progetto.
L’iter di affidamento del progetto avviene tramite dei passi preliminari a seconda del tipo di
rapporto esistente con il committente. Normalmente si inizia con uno o più incontri informali cui
segue una richiesta di offerta da parte del committente. In tale documento vengono specificati i
principali requisiti del progetto, i tempi a disposizione dell’esecuzione, i risultati attesi e la forma di
tali risultati (disegni in formato elettronico e/o cartaceo, relazione di calcolo, modelli numerici in
formato elettronico, prescrizioni sui software da usare per il disegno i calcoli e la stesura dei
report,…).
In base alla richiesta formale, completata da eventuali chiarimenti ottenuti con colloqui informali, si
procede alla stesura di un’offerta. Si tratta di una fase molto delicata poiché sbagliare la valutazione
in eccesso o in difetto comporta seri problemi. Si rischia di perdere il lavoro o di compromettere il
rapporto con il cliente se si presenta una quotazione eccessiva rispetto al mercato in cui si lavora, si
rischia di non arrivare a coprire le spese se si sottostima l’entità del lavoro richiesto.
Normalmente si divide l’attività progettuale complessiva in più attività. Ad esempio se viene
richiesta la verifica strutturale di un componente meccanico si possono individuare le seguenti
attività: analisi della documentazione applicabile, preparazione del modello di calcolo, studio e
rappresentazione dei carichi agenti e dei vincoli, esecuzione dei calcoli, analisi dei risultati,
ottimizzazione del progetto e stesura della relazione tecnica.
Per ogni attività, oltre al gruppo di persone incaricate allo svolgimento, si individua un responsabile
dello svolgimento ed un responsabile del controllo. Si procede alla stima delle ore necessarie,
determinando il numero di persone incaricate allo svolgimento. Nel caso di attività complesse può
essere necessaria la suddivisione in più attività da affidare a più gruppi di lavoro. Per ogni attività si
individua quindi una finestra temporale, relativa al giorno zero di inizio lavori. Tale finestra ha
inizio nel momento in cui siano completate, o parzialmente completate, tutte le attività
propedeutiche alla attività stessa, ipotizzando che ci siano risorse a disposizione libere dalle altre
attività. Una rappresentazione efficace dello svolgimento temporale del progetto consiste nell’uso
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dei diagrammi di Gantt nei quali si riporta in ascissa la durata del progetto divisa in mesi, settimane
e giorni e si riportano tante righe quante sono le attività. Ogni riga viene etichettata con il nome
dell’attività a cui si riferisce e viene riempita con dei segmenti colorati in corrispondenza dei giorni
in cui si prevede che l’attività sia in corso di svolgimento.
O
P
10mag. 7giu. 14giu.3mag. 17mag. 24mag. 31mag.
A
GFED
B
C
LIH
NM
Esecuzione: Nome1 Nome2 Nome3 Nome4
Figura 1: Esempio di diagramma di Gantt. In ascissa è riportata la durata del progetto. Le attività del progetto sono indicate con le lettere da A a P, i segmenti colorati indicano l’esecuzione dell’attività e i nomi delle
persone dedicate all’attività stessa.
Esistono delle tecniche più avanzate per il project management le quali risultano utili per progetti
molto complessi in cui risultano coinvolte molte persone. In questo caso ci si avvale della teoria dei
grafi per individuare le attività più critiche, dette anche colli di bottiglia, al fine di ottimizzare l’uso
delle risorse e garantire il rispetto delle scadenze contrattuali o l’ottimizzazione del costo del
progetto complessivo considerando le eventuali penali
2.2 Stesura della documentazione tecnica
Il risultato dell’attività progettuale svolta deve essere trasmesso nella forma più idonea per la
completa fruizione del prodotto da parte del committente. La natura del prodotto dipende dal tipo di
attività di progettazione richiesta.
Spesso vengono commissionate delle attività di verifica relative a soluzioni costruttive di
architettura e proporzionamento ben definito; in questo caso il prodotto del progetto consiste in una
relazione tecnica dove viene riportato l’esito della verifica svolta e nei modelli di calcolo usati per
ottenere i risultati.
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In altri casi al progettista viene richiesto il dimensionamento o l’ottimizzazione di un componente;
in questo caso l’attività di calcolo deve essere accompagnata da una attività di disegno e fra i
prodotti ci saranno anche i disegni esecutivi, o degli schemi esplicativi delle scelte effettuate che
verranno poi sviluppati successivamente dai disegnatori.
Nel caso della progettazione di sistemi complessi per i quali il proporzionamento è vincolato sia a
problemi di natura strutturale che a problemi di ingombro e montaggio, può risultare conveniente
utilizzare dei sistemi CAD dedicati alla meccanica basati sulla modellazione solida dei componenti
(Mechanical Desktop, SolidWorks, Solid Edge, ProE,…). Utilizzando tali strumenti è infatti
possibile gestire in maniera integrata le attività di disegno e ottimizzazione del layout lavorando con
le forme tridimensionali dei componenti. E’ inoltre possibile generare automaticamente le tavole
bidimensionali per il controllo ed il collaudo, le quali rimangono associate al modello
tridimensionale. La presenza dei modelli solidi può inoltre agevolare le fasi di realizzazione dei
modelli di calcolo da utilizzare per la verifica strutturale.
In ognuno dei casi riportati a conclusione dell’attività di progettazione verranno prodotte delle
uscite la cui entità, quantità e forma vengono pattuite contrattualmente. Tipicamente si produrrà una
relazione tecnica completata da disegni e da altro materiale a corredo. Il tutto verrà consegnato in
formato cartaceo e elettronico utilizzando i formati pattuiti.
La relazione tecnica deve essere redatta in maniera sintetica ed impersonale nella lingua pattuita.
Nella stesura e nel controllo della relazione stessa è sempre importante considerare che trattandosi
di un documento formale è molto importante non trascurare i dettagli e non dare adito ad
interpretazioni errate per mancata chiarezza dell’esposizione. Bisogna infatti pensare sempre
all’eventualità che accada qualche imprevisto relativamente alla costruzione o all’uso del
componente calcolato: l’attribuzione di responsabilità economiche e legali potrebbe in questo caso
dipendere da un’interpretazione dei documenti di calcolo, anche quando risulti palese la correttezza
dei calcoli svolti.
La relazione tecnica consta generalmente di un certo numero di sezioni la cui struttura e forma
dipendono dal tipo di progetto.
Nella maggior parte dei casi il documento è suddiviso nelle seguenti sezioni:
- intestazione
- sommario
- oggetto e scopo
- documenti applicabili
- materiali usati
- Introduzione
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- Descrizione del problema tecnico
- Descrizione della metodologia di calcolo
- Descrizione dei modelli strutturali
- Esposizione dei risultati
- Conclusioni e commenti
L’intestazione viene redatta secondo un formato ben preciso prescritto dagli standard di qualità
interni nel caso di grandi aziende. In tale intestazione si riporta normalmente il titolo, il numero del
documento, il numero di pagine, gli autori del documento, il responsabile del progetto, lo stato di
revisione del documento e una tabella in cui sono riportate le pagine effettivamente utilizzate. Parte
di queste informazioni si trovano nell’intestazione di tutte le pagine del documento, insieme alla
numerazione progressiva. Il formato stesso per la numerazione dei titoli e dei paragrafi, per le
didascalie e per il testo, viene generalmente prescritto dagli standard aziendali.
Dopo l’intestazione si riporta il sommario dei contenuti del documento stesso indicando i titoli dei
capitoli e dei paragrafi principali.
A volte il sommario può essere seguito da un paragrafo riassuntivo intitolato “oggetto e scopo” nel
quale viene riportato un breve riassunto del progetto svolto.
Si passa quindi ad una descrizione dei documenti applicabili i quali vengono associati spesso ad una
sigla con numerazione progressiva (ad esempio [AD1], [AD2]) che consentirà di fare riferimento a
tali documenti all’interno del testo del documento stesso. I documenti applicabili possono essere di
varia natura: disegni, indicati con il titolo, il codice e la data di emissione, altri documenti di calcolo
prodotti nella stessa azienda o da terzi, anche questi indicati con titolo, codice e data di emissione,
testi di riferimento utilizzati per lo svolgimento dei calcoli tra i quali spesso si trovano i manuali dei
software di calcolo, handbook per la progettazione, articoli tecnici o scientifici inerenti allo studio
svolto.
A completamento della parte iniziale del documento spesso trova posto un paragrafo relativo ai
materiali utilizzati per la realizzazione dei componenti del sistema. E’ buona norma riportare delle
schede tecniche complete di tutte le proprietà salienti dei materiali utilizzate nel calcolo, indicando
il nome del materiale, facendo riferimento alla norma appropriata per la sua classificazione, e alle
caratteristiche fisiche e meccaniche usate ai fini del calcolo quali moduli di rigidezza, resistenza,
densità, coefficienti di dilatazione termica. In questo stesso paragrafo è opportuno inserire i valori
delle tensioni ammissibili calcolate sulla base delle norme applicate al progetto.
Si inserisce quindi il corpo principale del documento iniziando con una paragrafo introduttivo di
natura generale utile ad introdurre il problema tecnico affrontato, descrivendo ad esempio il sistema
completo che comprende il componente oggetto della relazione. Si passa quindi ad una dettagliata
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descrizione del problema tecnico affrontato. Si descrive l’architettura del sistema e delle sue parti
evidenziando le posizioni reciproche dei vari membri, illustrando i sistemi di riferimento usati per
definire le parti e descrivendo i principi di funzionamento del componente esaminato. In questa
sede è possibile fare riferimento ai disegni delle parti già esistenti e può essere di grande aiuto l’uso
di figure ottenute dai modelli CAD tridimensionali (esplosi, viste di insieme, viste dei singoli
componenti). Una volta introdotto il problema è possibile passare alla definizione dei carichi che
agiranno sul sistema determinandone la natura (statici, dinamici, affaticanti) e il numero nel caso in
cui il componente debba essere sottoposto a differenti condizioni di esercizio.
Si passa quindi alla descrizione dei calcoli risolutivi che possono essere suddivisi in calcoli
semplificati e calcoli ottenuti con modelli numerici.
Nel primo caso si citano le fonti utilizzate per la definizione delle formule di calcolo o si
dimostrano le formule stesse se risultano derivate da formule elementari. Il calcolo “manuale” viene
eseguito sempre meno usando effettivamente carta e penna visto che è possibile implementare i
passaggi risolutivi in dei fogli di calcolo che oltre a fornire i risultati in forma parametrica
consentono spesso di ottenere una elegante rappresentazione del calcolo stesso (Mathcad, Maple,
Mathematica).
Nel caso in cui i calcoli vengano eseguiti avvalendosi di modelli numerici (il metodo degli elementi
finiti nel caso di calcoli strutturali) è necessario descrivere gli aspetti salienti del modello numerico.
Si riportano generalmente delle figure rappresentative della mesh utilizzata relative sia al sistema
che ai componenti, indicando il numero di nodi ed elementi utilizzati e l’attendibilità della griglia di
calcolo basata su esperienze precedenti, su test di convergenza e su stime dell’errore numerico. Si
illustra quindi la schematizzazione usata nel modello FEM per la rappresentazione dei carichi agenti
e dei vincoli.
L’ultima parte del documento tecnico riguarda l’esposizione dei risultati la quale viene
normalmente divisa in due parti. La prima parte è di natura qualitativa e consiste in una esposizione
dei risultati ottenuti per le varie condizioni di carico illustrando le deformate della struttura e le
mappe tensionali avvalendosi di figure a colori. La natura e la quantità di tali figure dipende
ovviamente dal tipo di analisi svolta. Si passa quindi ad un esame quantitativo dei risultati dei
calcoli riportando in diagrammi e tabelle le grandezze più significative ai fini della verifica e del
dimensionamento. Ovviamente in questo caso si forniscono solo le informazioni strettamente
necessarie, argomentando la scelta sulla base di quanto esposto nella prima parte. In questa sezione
possono trovare posto diverse tabelle riassuntive:
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- nel caso di analisi tensionale si riporta per ogni condizione di carico la massima sollecitazione
equivalente agente in ogni componente insieme al margine di sicurezza calcolato in base al
valore ammissibile per quella condizione di carico.
- nel caso di analisi a deformabilità si riportano anche delle tabelle con gli spostamenti massimi di
componenti critici
- nel caso di analisi modali si riportano delle tabelle con i valori delle frequenze proprie, una
descrizione del tipo di modo, i fattori di partecipazione modale
2.3 Progetti assegnati negli ultimi anni
In questo paragrafo vengono descritti i progetti svolti durante il corso negli ultimi anni. In questa
stesura sono riportati solo i temi, successivamente questo paragrafo verrà ampliato riportando un
breve riassunto di ogni progetto svolto.
2.3.1 Anno 2002
Analisi della rigidezza di un pannello sandwich con nucleo a nido d’ape
Analisi della rigidezza di un pannello sandwich con nucleo ondulato
Analisi dinamica di una valvola a lamella
Analisi termostrutturale di una catalizzatore metallico
2.3.2 Anno 2003
Analisi strutturale della pala di un generatore eolico
Analisi strutturale di un ponte di grande luce
Analisi di una forcella anteriore motociclistica
Simulazione numerica del collaudo di un ponteggio metallico
Analisi della rigidezza di un ponte omega automobilistico
Analisi termostrutturale di un freno a disco
2.3.3 Anno 2004
Progettazione di un telaio per gokart in carbonio
Progettazione di un telaio per la formula Gloria in carbonio
Progettazione dell’alettone anteriore della formula Gloria
Ottimizzazione strutturale della deriva di una barca a vela
Analisi statica e dinamica di un albero criccato
Analisi del collasso di un puntello metallico
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Analisi del collasso di un pannello di cartone ondulato
Progettazione di un imballaggio di cartone ondulato
2.3.4 Anno 2005
Analisi del telaio di una vettura per la Formula Gloria
Analisi statica di un’endoprotesi d’anca
Analisi del comportamento a compressione di uno pneumatico per go-kart
Analisi del comportamento di una lamella per motori a due tempi
Analisi FEM delle curve di carico per una scatola di cartone
Analisi di Analisi un impianto a carico immediato
Analisi della valvola di un compressore
Collaudo di una roll-bar
Analisi FEM di una tavola da snowboard
Analisi del trasferimento di carico di un go-kart
2.3.5 Anno 2006
Analisi del telaio di una vettura Formula Student
Analisi FEM del telaio di un go-kart
Progettazione di un velivolo per la gara “Redbull Flugtag”
Analisi FEM della carena di un go-kart LSR
Analisi del comportamento dall’ala anteriore di una vettura di Formula 1
2.3.6 Anno 2007
Progettazione di un telaio in materiale composito per vettura da competizione “Formula Student”
Analisi strutturale di un telaio ciclistico per mountain-bike
Progetto di un cerchione automobilistico in materiale composito
Progetto di un aereo in cartone ondulato per evento Red bull FLUGTAG
Analisi FEM del telaio di una Gru da cantiere
2.3.7 Anno 2008
Analisi strutturale di un graft vascolare utilizzato nella procedura chirurgica Blalock-Taussig.
Analisi del condotto di aspirazione del veicolo formula SAE: progettazione geometrica e verifica
strutturale
Analisi degli effetti dinamici sull’inflessione del telaio di un dragster e relativo sistema di
pretensionamento mediante tiranti.
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2.3.8 Anno 2009
Analisi prestazionale del disco freno “Wave”
Dimensionamento di un trolley per crash trest
Studio e rielaborazione di un Buggy-Kite Freestyle
Progetto della sospensione posteriore di una monoposto da competizione
2.4 Il metodo degli elementi finiti
Il metodo degli elementi finiti è una tecnica numerica per la risoluzione di problemi alle derivate
parziali definiti su domini di forma complessa. Il dominio originale viene rappresentato in forma
discreta suddividendolo in più sottodomini di geometria semplice che prendono il nome di elementi
finiti. Considerando per esempio un dominio tridimensionale di forma arbitraria, si può ottenere
una rappresentazione discreta mediante un certo numero di sottodomini di forma esaedrica o di
forma tetraedrica. La discretizzazione deve avvenire nel rispetto di vincoli topologici e di
connettività: due elementi adiacenti devono condividere completamente una faccia, non sono
ammesse sovrapposizioni parziali. Una corretta topologia della suddivisione avviene considerando
dei punti notevoli detti punti nodali o nodi. Ogni elemento è descritto mediante un certo numero di
nodi, ad esempio un elemento esaedrico è descritto da otto nodi. Elementi adiacenti si trovano a
condividere i nodi sulle facce in comune. La descrizione topologica degli elementi risulta molto
efficiente: i punti nodali di tutta la griglia vengono numerati e per ogni nodo viene memorizzata la
posizione nello spazio, gli elementi vengono descritti solo topologicamente indicando gli indici dei
nodi ai vertici dell’elemento stesso. In questo modo la forma e la posizione effettiva di ogni
elemento viene identificata dalle posizione dei nodi connessi; elementi adiacenti si trovano a
condividere dei bordi perché hanno gli stessi nodi su una faccia comune.
Il metodo numerico si basa quindi sulla risoluzione approssimata delle equazioni di interesse
all’interno di ogni elemento finito. Si utilizzano delle funzioni approssimanti semplici,
generalmente di tipo polinomiale, che vengono scelte opportunamente in modo da garantire dei
requisiti di continuità passando da un elemento all’altro.
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Figura 2: Modello FEM di una piastra forata. La struttura originale è stata dicretizzata mediante elementi piani a quattro nodi.
Nei problemi strutturali si lavora con la funzione spostamento: il campo di spostamento all’interno
del dominio viene espresso mediante una combinazione lineare di funzioni tali da fornire i valori
desiderati sui punti nodali dell’elemento. Deve essere inoltre garantita la congruenza nel passaggio
da un elemento all’altro, ciò si ottiene quando la funzione di spostamento sul lato condiviso risulta
essere funzione dei soli spostamenti dei nodi del lato condiviso. E’ infine necessario che le funzioni
di spostamento siano in grado di rappresentare un moto rigido dell’elemento stesso per garantire che
anche le parti di struttura che non si deformano possano seguire gli spostamenti imposti dalle parti
deformate. Le funzioni di spostamento possono quindi essere adimensionalizzate per esprimere il
campo di spostamento all’interno dell’elemento mediante una combinazione lineare di funzioni,
dette funzioni di forma, pesate con gli spostamenti nodali.
Tale scelta porta ad avere un campo di spostamento congruente all’interno di tutto il dominio
descritto mediante un numero finito di variabili: gli spostamenti nodali. La soluzione del problema
viene quindi ricercata in un vettore di dimensioni finite e dipende ovviamente dal tipo di problema:
nel caso di analisi statiche lineari, si ricerca una soluzione che oltre ad essere congruente sia anche
equilibrata. L’equilibrio viene imposto in maniera globale considerando il contributo di ogni
elemento. Il metodo più semplice consiste nella valutazione della matrice di rigidezza di ogni
elemento mediante una equivalenza energetica: si impone che il lavoro di deformazione interno sia
pari al lavoro fatto dalle forze nodali. Assemblando i contributi di ogni elemento è possibile
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calcolare la matrice di rigidezza globale del sistema che trasforma gli spostamenti nodali in forze
nodali:
{ } { }xKF = (1)
Nel caso del problema statico è possibile determinare la soluzione per inversione parziale della
matrice di rigidezza considerando la seguente riorganizzazione:
⎭⎬⎫
⎩⎨⎧
⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡=
⎭⎬⎫
⎩⎨⎧
v
l
vvvl
lvll
v
l
xx
KKKK
FF
(2)
Mediante i carichi esterni è possibile calcolare gli spostamenti dei gradi di libertà i cui spostamenti
sono incogniti:
{ } { } { } { } { }{ }vlvllllvlvllll xKFKxxKxKF −=⇒+= −1 (3)
e le reazioni vincolari per i gradi di libertà vincolati ad avere determinati spostamenti:
{ } { } { }vvvlvlv xKxKF += (4)
2.4.1 Dimensionalità del problema
La dimensionalità dei problemi da studiare con il metodo degli elementi finiti dipende dal problema
stesso e dal grado di dettaglio che si desidera dalla soluzione. Lo stesso problema può essere
studiato con approcci molto diversi. La dimensionalità del problema è legata alla dimensionalità
degli enti geometrici che descrivono il dominio di calcolo: curve, superfici, solidi. Si utilizzano
elementi curvilinei quando una dimensione è predominante rispetto alle altre due, elementi di
superficie, quando esistono due dimensioni predominanti rispetto alla terza, elementi solidi negli
altri casi.
La geometria di riferimento risulta essere nel primo caso la linea media del dominio, nel secondo
caso la superficie media del dominio e nel terzo caso il dominio stesso.
Lo stesso problema può essere studiato con grado di dettaglio crescente. A titolo di esempio si può
fare riferimento ad una semplice trave incastrata.
Avvalendosi della teoria della trave è sufficiente utilizzare un dominio curvilineo, rettilineo
nell’esempio. Le informazioni geometriche legate alla griglia di calcolo sono in questo caso molto
povere visto che viene fornita solo la posizione della linea media e l’assetto della sezione retta; tali
informazioni vengono tuttavia considerate per la definizione dell’elemento finito ed utilizzate per il
calcolo della rigidezza flessionale e della rigidezza a taglio. I risultati ottenuti numericamente sono
gli stessi forniti dalla classica teoria della trave da cui possono eventualmente differire per il fatto
che i solutori FEM utilizzano molto spesso la trave di Timoshenko per il calcolo delle deformazioni.
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Figura 3: modello con elementi trave 11 nodi, 10 elementi.
Il problema precedente può essere anche risolto utilizzando l’elemento guscio visto che lo studio
riguarda una sezione a parete sottile. In questo caso si procede alla definizione della superficie
media di tutta la struttura che viene quindi discretizzata con elementi guscio planari. In questo caso
avendo aumentato la dimensionalità dello studio è sufficiente fornire solamente gli spessori degli
elementi di guscio utilizzati rispettivamente per le ali e per l’anima. E’ evidente come in questo
caso sia molto più complicato definire i vincoli poiché la regione di incastro, prima rappresentata da
un solo nodo risulta ora rappresentata da tutti i nodi sulla linea media della sezione retta ella trave.
Si può ipotizzare anche in questo caso che l’incastro sia perfetto ma rimane l’ulteriore problema di
rappresentare il carico concentrato sull’estremo libero. Nelle applicazioni pratiche tale carico può
entrare per contatto con la superficie esterna di una delle due ali, o risultare distribuito su tutta la
sezione retta per la presenza di un opportuno dispositivo di carico. Le ultime osservazione fanno
capire che con questo grado di dettaglio è possibile scegliere in maniera opportuna sia lo schema
costruttivo del dispositivo di vincolo che di quello di carico, è inoltre possibile considerare l’effetto
di eventuali fori o asole presenti sulle ali o sull’anima della trave stessa. Anche nel caso di una
schematizzazione delle condizioni al controrno molto simile a quella della trave teorica si osservano
delle differenze nei risultati, soprattutto nelle regioni vicine ai bordi della trave dove le ipotesi alla
base di tale teoria non sono valide.
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Figura 4: modello con elementi guscio 525 nodi, 480 elementi.
Nel caso della rappresentazione tridimensionale la struttura risulta formata da molti elementi
esaedrici per ogni concio del modello numerico che proiettati sulla sezione retta producono una
mesh di elementi quadrangolari che riempie tutta la sezione stessa, considerando anche la presenza
di eventuali raccordi nel passaggio fra le ali e l’anima. Con questo livello di dettaglio è possibile
studiare il campo di tensionale all'interno di una eventuale saldatura fra anima e ali nel caso di travi
assemblate, è possibile verificare la geometria di collegamento sull’incastro, è possibile considerare
l’effetto locale prodotto da una forza di contatto agente sull’estradosso della trave.
Figura 5: modello con elementi solidi esaedrici 12628 nodi, 9120
elementi.
E’ evidente come sia la natura stessa del problema ad influenzare la scelta del grado di dettaglio da
usare per l’analisi strutturale dello stesso oggetto.
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2.4.2 Analisi strutturali
Avvalendosi del metodo degli elementi finiti è possibile risolvere diverse classi di problemi
strutturali. Nel caso in cui i carichi agenti siano costanti nel tempo può essere sufficiente il semplice
studio statico. La struttura in questo caso deve essere vincolata con un numero di vincoli sufficiente
ad eliminare ogni labilità. Nel caso lineare la risoluzione del problema statico consiste
nell’assemblaggio della matrice di rigidezza, della riduzione dei carichi agenti in carichi equivalenti
sui nodi e nel calcolo dei carichi e degli spostamenti incogniti utilizzando le equazioni 3 e 4.
Le analisi strutturali svolte con il metodo degli elementi finiti possono essere mirate alla
determinazione della rigidezza del sistema e/o all’analisi tensionale. Nel primo caso si ottiene una
buona accuratezza della soluzione anche con griglie di calcolo abbastanza rade. Questo perché il
metodo FEM viene formulato imponendo un campo di spostamenti congruente e risulta
intrinsecamente più preciso nel calcolo di tali grandezze. E’ inoltre importante avere una densità
uniforme della griglia poiché le regione rappresentate con elementi più grandi tendono ad irrigidirsi.
Nel caso in cui l’obiettivo dell’analisi FEM sia una corretta valutazione del campo tensionale è
necessario usare griglie molto fitte in prossimità delle zone con forti gradienti di tensione,
generalmente in prossimità di intagli geometrici, le quali sono le più importanti in questo tipo di
analisi.
E’ comunque importante notare che l’ottimizzazione spinta della griglia, così come l’uso pesante
delle simmetrie, mirati alla riduzione del numero di gradi di libertà non è sempre ripagata da un
effettivo vantaggio. Infatti esiste sempre un compromesso fra il tempo speso nell’ottimizzazione e
nella gestione dell’ulteriore complessità introdotta dalla gestione delle simmetrie, e la riduzione del
tempo di calcolo. La disponibilità di calcolatori con grande potenza di calcolo e con grandi capacità
di memorizzazione dati porta spesso ad usare modelli molto complessi, spesso sovradimensionati
per il problema studiato, visto che richiedono molto meno tempo per essere realizzati. Tale
approccio può risultare controproducente quando gli stessi modelli devono essere utilizzati per
analisi più impegnative, quali le analisi dinamiche o le analisi statiche non lineari.
2.4.3 Realizzazione del modello
La fase di realizzazione del modello FEM è molto importante per diversi motivi. Il primo è che
questa fase richiede un gran numero di ore uomo e dovendo essere svolta da un analista esperto
incide pesantemente sul budget dell’intera attività di progettazione, inoltre essa risulta
estremamente critica per l’esito di tutte le attività di calcolo e interpretazione dei risultati. Una
scelta sbagliata in questa fase può quindi avere conseguenze negative per l’esito di tutto il progetto.
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
16
Prima di passare alla fase di modellazione è molto importante aver chiarito il funzionamento della
struttura e aver stimato, anche in maniera molto approssimata, il risultato atteso dall’analisi
numerica. Le analisi numeriche possono produrre risultati errati per tanti motivi: uso incongruente
dei sistemi di unità di misura, errori di rappresentazione, problemi di condizionamento della
soluzione numerica,…
Nel caso in cui l’analista non sia già esperto del particolare solutore è buona norma fare prima
qualche prova con casi semplici per i quali sia disponibile una soluzione teorica. In tutti i casi è
comunque importante avere già una stima del risultato dell’analisi in corso poiché capita molto
frequentemente, e specialmente ad analisti inesperti, di ottenere dei risultati molto convincenti,
convergenti dal punto di vista numerico, ma completamente sbagliati.
La realizzazione del modello di calcolo si articola in più fasi. Bisogna prima di tutto decidere quali
parti del sistema devono essere effettivamente rappresentate nel modello di calcolo e quindi
scegliere la giusta dimensionalità da utilizzare per le varie parti del modello. Molto spesso infatti si
utilizzano elementi di dimensionalità diversa per studiare parti della stessa struttura. La
dimensionalità di alcune parti può essere trascurata del tutto ricorrendo a modellazioni a parametri
concentrati. Ciò avviene quando non è necessario conoscere la soluzione all’interno dei componenti
ma si vuole comunque considerare l’interazione di tali componenti con il resto della struttura. In
questo caso si utilizza un unico nodo posto nel baricentro del componente, un elemento massa
rappresentativo della massa e del tensore di inerzia completo del corpo e un elemento di
connessione per collegare il corpo ai punti di interfaccia con il resto del sistema. Quest’ultima
connessione può essere considerata perfettamente rigida o perfettamente cedevole a seconda del
problema in esame.
Una volta deciso il tipo di schematizzazione si passa alla realizzazione della geometria di supporto
da usare per la generazione di nodi ed elementi. La dimensionalità della geometria di supporto
dipende dalla dimensionalità del problema. Per lo studio di una struttura a traliccio si rappresenta la
geometria della linea media nello spazio mediante segmenti di retta, archi di circonferenza o, nel
caso più generale, curve spline. Bisogna porre molta attenzione nella realizzazione del modello
geometrico. Non è infatti sufficiente rappresentare una geometria corretta da “vedere” come nel
CAD, ma bisogna rispettare scrupolosamente i vincoli topologici del problema strutturale. Nel caso
di un traliccio è necessario interrompere la geometria in ogni punto di discontinuità (variazioni di
diametro o di materiale, incrocio fra più aste,…).
Nel caso di elementi bidimensionali è necessario generare un modello geometrico rappresentativo
della superficie media della struttura. Se si possiedono i modelli solidi è possibile estrarre la
superficie media in maniera automatica o semiautomatica avvalendosi degli algoritmi di
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
17
midsurfacing, anche se nella maggior parte dei casi risulta più conveniente realizzare un nuovo
modello geometrico dedicato, utilizzando l’eventuale modello solido come ausilio per individuare i
punti notevoli. Anche in questo caso il modello geometrico deve essere studiato dal punto di vista
topologico considerando che le porzioni di superficie componenti, che sono in questo caso parti di
piano, parti di superfici coniche o sferiche, o parti di generiche superfici polinomiali, devono essere
connesse correttamente ovvero condividere curve identiche sui bordi comuni, e devono presentare
delle curve di interruzione su tutte le zone di discontinuità (variazione di spessore o di materiale,
connessione fra più superfici, …).
Nel caso di elementi tridimensionali la geometria di riferimento è una geometria solida. Anche in
questo caso bisogna realizzare il solido con molta attenzione suddividendo il solido in più parti in
corrispondenza di discontinuità (variazione di materiale, interfaccia fra più parti collegate,…)
utilizzando delle superfici di connessione perfettamente coincidenti.
Il modello geometrico deve essere corredato di un certo numero di informazioni necessarie alla
generazione del modello FEM. Si procede alla definizione dei materiali da usare (entità material), e
ai tipi di elementi da usare (entità property), considerando che la property usa le informazioni del
materiale puntando all’entità material. Si procede quindi all’assegnazione del tipo di elemento alle
entità geometriche. Nel caso di elementi trave si associa la property relativa alla sezione retta di
ogni tratto alle curve rappresentative della linea media. Sono necessarie inoltre delle informazioni
aggiuntive per la localizzazione della sezione retta (direzione dell’asse Y, ed un eventuale offset fra
la linea geometrica ed un punto di riferimento sulla sezione retta), e per il rilascio di gradi di libertà
sugli estremi di una curva. Nel caso di elementi guscio si associa una property opportuna in cui è
contenuta l’informazione sullo spessore fornendo eventualmente un offset fra il piano medio
dell’elemento e la superficie. Nel caso di elementi solidi si assegna una property solida in cui
vengono fornite informazioni sulla direzione del materiale.
Si passa quindi alla definizione delle condizioni al contorno le quali nella maggior parte dei casi
possono essere definite direttamente sulla geometria di supporto. E’ possibile definire più insiemi di
carico e di vincolo (Load set, Constraint set) in cui inserire carichi e vincoli. I carichi possono
essere indipendenti dal modello come nel caso di accelerazioni uniformi, campi centrifughi o salti
termici uniformi su tutta la struttura, o esser definiti per parti del modello utilizzando forze e coppie
concentrate o distribuite sulle entità geometriche del modello stesso. In alcuni casi può essere utile
usare dei carichi concentrati ed utilizzare degli elementi di interpolazione per trasferire tali carichi a
porzioni della struttura, i quali devono essere inseriti dopo aver generato il modello FEM. Le
condizioni di vincolo vengono definite in maniera analoga operando sulle entità geometriche o
direttamente sui nodi.
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
18
Per la definizione delle condizioni al contorno è possibile definire dei sistemi di riferimento
aggiuntivi in coordinate cartesiane, cilindriche o sferiche. Bisogna tuttavia utilizzare con attenzione
tali sistemi perché un vincolo può essere definito in un sistema di riferimento particolare solamente
se i gradi di libertà del nodo vincolato sono espressi in tale riferimento. Ciò non costituisce un
problema perché i solutori FEM consentono di definire un numero arbitrario di sistemi di
riferimento e di usare contemporaneamente più sistemi in parti diverse dello stesso modello dando
la possibilità di scegliere in maniera arbitraria le coordinate generalizzate del modello globale.
Nel caso di carichi variabili nel tempo o nella frequenza è necessario definire delle funzioni
aggiuntive da associare ai carichi stessi. E’ possibile operare due scelte diverse, a seconda del
problema in esame, utilizzando carichi unitari sul modello e le ampiezze corrette nelle funzioni, o
carichi corretti in ampiezza sul modello e funzioni normalizzate.
E’ possibile a questo punto procedere alla realizzazione della griglia utilizzando gli algoritmi di
generazione automatica di nodi ed elementi. Per eseguire tale fase è necessario fornire delle regole
di generazione sulle entità geometriche indicando il numero di elementi (o la dimensione
caratteristica) per ogni curva, definendo eventualmente delle regole di spaziatura, il tipo di griglia
da usare per le superfici e per i solidi.
Tale fase risulta spesso molto complicata e richiede una notevole esperienza. La griglia di calcolo
deve infatti garantire in primo luogo una correttezza topologica e deve poi essere ottimizzata per
raggiungere l’accuratezza desiderata nella soluzione numerica.
Prima di procedere all’analisi è quindi necessario procedere ad un certo numero di verifiche
avvalendosi degli strumenti messi a disposizione dai programmi di preprocessing. E’ necessario
prima di tutto verificare la corretta disposizione degli elementi e dei materiali, specialmente se è
stato fatto uso dell’offset su elementi trave o guscio, e se sono stati usati più spessori. A tale scopo
molti programmi di preprocessing consentono di visualizzare la forma effettiva del modello
comprensiva della sezione retta degli elementi stessi. E’ inoltre possibile colorare gli elementi in
base al materiale ad essi associato per evidenziare i passaggi fra zone di materiale diverso. Bisogna
quindi procedere alla verifica di eventuali nodi coincidenti e alla loro rimozione, fatto salvo il caso
in cui la presenza di tali “doppioni” non sia desiderata; è possibile quindi verificare la correttezza
topologica, avvalendosi di visualizzazioni particolari del modello (shrink gli elementi vengono
rimpiccioliti e staccati dai nodi, free edge vengono visualizzati solo i bordi liberi del modello, free
face vengono visualizzate solo le facce libere) e comunque esaminando attentamente le regioni di
discontinuità per verificare che la griglia sia stata generata correttamente.
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
19
Nel caso di analisi statiche, se la griglia ha problemi, il sistema può risultare labile. E’ possibile in
questo caso eseguire un’analisi modale: le deformate dei modi rigidi potranno essere usate per
individuare le regioni che non sono state “attaccate” al modello per degli errori sulla griglia.
2.4.4 Esecuzione dell’analisi
Una volta completato il modello è possibile passare alla fase di esecuzione dell’analisi numerica
vera e propria. L’esecuzione di tale fase può avvenire in modo diverso a seconda che il solutore sia
integrato o meno con il programma di preprocessing e postprocessing. Nel caso in cui il solutore sia
esterno, il programma di preprocessing provvederà in maniera completamente automatica alla
generazione di un file dati, generalmente di tipo ASCII, contenente tutte le informazioni necessarie
per il calcolo, scritto secondo la sintassi del solutore scelto. Tale file conterrà quindi tutte le
informazioni necessarie per il controllo della soluzione, per la generazione dell’output oltre che
ovviamente l’elenco di nodi, elementi, materiali, tipi di elementi, carichi e vincoli. E’ buona norma
procedere all’esame di tale file prima dell’esecuzione del solutore.
L’analisi può durare anche molte ore a seconda della complessità del modello e del tipo di analisi
richiesta. In questo caso è opportuno prendere confidenza con il problema partendo da modelli
semplificati o da analisi più semplici in modo da contenere il tempo di calcolo per passare a “lanci”
impegnativi solo quando si considera il modello affidabile.
Durante l’analisi vengono generati numerosi file di output, dipendenti dal tipo di solutore e di
analisi, che consentono di monitorare l’avanzamento della soluzione, la convergenza e l’uso delle
risorse di calcolo. Al termine dell’analisi alcuni file vengono eliminati, altri vengono chiusi e
contengono tutte le informazioni di output del solutore. Solo alcuni di questi file contengono i
risultati veri e propri del calcolo. Le informazioni in uscita riguardano prima di tutto l’esito della
soluzione. Possono essere generati dei messaggi di errore, che possono avere vari gradi
d’importanza nel caso in cui vengano riscontrate delle anomalie nel modello relativamente alle
condizioni al contorno, alla forma e al tipo degli elementi o alla convergenza della soluzione. Nei
casi in cui gli errori siano tali da compromettere il risultato il solutore si ferma senza concludere il
calcolo stesso.
E’ buona norma usare modelli che non producano messaggi di errore, a meno che non si tratti di
problemi sicuramente sotto il controllo dell’analista, quali ad esempio la distorsione della griglia in
una regione di scarso interesse per lo studio.
I risultati del calcolo vengono in genere riportati sia su file ASCII, che possono essere facilmente
letti dall’utente per controllare l’esito della soluzione, sia su file binari, eventualmente compressi, i
quali risultano molto utili quando si ha a che fare con una mole ingente di risultati.
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
20
2.4.5 Analisi dei risultati
L’analisi dei risultati del calcolo viene svolta utilizzando dei software dedicati. Molto spesso è lo
stesso programma di preprocessing ad aver anche delle possibilità di postprocessing. In altri casi si
preferisce separare tali fasi usando programmi altamente specializzati per le due fasi distinte.
Prima di effettuare l’analisi dei risultati è necessario che il programma di postprocessing proceda
alla lettura dei risultati prodotti dal solutore. E’ quindi necessario che tale programma possieda dei
filtri dati in grado di interpretare la sintassi di output del programma usato per la soluzione,
altrimenti è necessario costruire un filtro software da applicare ai dati prima del passaggio al
programma di postprocessing.
I programmi di postprocessing più evoluti sono in grado di leggere sia i risultati veri e propri che i
messaggi di diagnostica potendo funzionare in alcuni casi da monitor del solutore durante il calcolo
stesso.
Una volta che i risultati sono stati caricati nel database è possibile accedere a tali dati in maniera
molto rapida ed interattiva. L’analisi dei risultati può essere fatta secondo due modalità distinte, per
via grafica o mediante l’uso di testo eventualmente organizzato in tabelle.
E’ possibile visualizzare i risultati direttamente sulla griglia di calcolo o su alcune parti di essa in
molti modi diversi. Per l’interpretazione dei risultati risulta molto utile avvalersi delle deformate del
modello. In tale modalità si rappresenta il modello deformato con un campo vettoriale o scalare,
generalmente il campo di spostamento calcolato dal solutore definendo eventualmente dei fattori di
amplificazione. Tale rappresentazione può anche essere animata costruendo più immagini al variare
del moltiplicatore rappresentando in questo modo una vibrazione nel caso di una forma modale, o la
progressione della deformazione partendo da zero nel caso di una carico statico. E’ inoltre possibile
animare una sequenza di deformate relative a più soluzioni per rappresentare l’evoluzione
temporale ottenuta in una analisi dinamica o una evoluzione calcolata in più fasi statiche o ancora la
progressione della deformazione partendo da zero nel caso di una carico statico non lineare. Tali
rappresentazioni vengono spesso accompagnate da del testo indicante la condizione di carico, le
grandezze visualizzate e i valori massimi e minimi di tali grandezze.
Le stesse grandezze visualizzate in modalità deformata possono essere rappresentate efficacemente
con dei campi vettoriali. In questo caso viene costruita una freccia con origine nel nodo, diretta
come il vettore e di lunghezza proporzionale al modulo del risultato. Questa modalità risulta molto
utile per visualizzare le reazioni vincolari e le espansioni dei carichi applicati sui nodi che possono
essere richieste in uscita al solutore.
E’ possibile inoltre rappresentare dei diagrammi lungo la linea media degli elementi trave. Tali
diagrammi sono la rappresentazione nello spazio di diagrammi cartesiani che usano come ascissa la
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
21
congiungente i nodi e come ordinata una direzione trasversale notevole (spesso la direzione Y
dell’elemento trave) e possono essere eventualmente campiti con un colore rappresentativo del
modulo del risultato. Tali diagrammi possono essere usati solo per grandezze scalari. Risultano
molto utili per la visualizzazione della deformazione torcente degli elementi trave visto che tale
grandezza non viene evidenziata dalla deformata, oltre che ovviamente per la visualizzazione delle
caratteristiche della sollecitazione.
Nel caso di gusci o delle superfici esterne dei solidi è possibile avvalersi di mappe colorate o di
curve di isolivello di grandezze scalari. Tali rappresentazioni sono molto usate per la
visualizzazione delle tensioni sul modello e risultano particolarmente utili per la rappresentazione
degli invarianti tensionali o di tensioni equivalenti da essi derivate. In questo caso bisogna fare
molta attenzione agli algoritmi di conversione usati poiché si tratta di campi discontinui, visto che la
soluzione numerica è approssimata, e tali discontinuità possono essere gestite in maniera molto
articolata scegliendo di mediare la discontinuità per ottenere un campo continuo (con criteri più o
meno conservativi) in alcuni punti o di lasciare tale discontinuità nel caso di variazioni di spessore,
di materiale, o nel caso di elementi che formino un angolo che non sia dovuto alla discretizzazione.
Tali diagrammi consentono di evidenziare rapidamente le zone più critiche e generalmente vengono
accompagnati da informazioni di testo indicanti la grandezza esaminate, i valori massimi e minimi
di tale grandezza. Esiste una forma differente di tali rappresentazioni in cui ogni elemento viene
colorato con un solo colore il quale può essere legato alla scala della grandezza esaminata oppure
può essere dipendente dal superare un certo criterio. Un esempio di applicazione di tale
rappresentazione consiste nell’evidenziare con un colore particolare gli elementi che non superano
un criterio di verifica di resistenza.
Nel caso di solidi ci si può avvalere di superfici di isolivello e di sezioni piane (o in alcuni casi
cilindriche o di forma notevole). Nel primo caso si rappresentano una o più superfici all’interno di
una mesh solida relative ad uno o più valori costanti di una grandezza scalare. Nel secondo caso si
rappresenta l’andamento di una mappa colorata o di curve isolivello su una o più superfici
all’interno del solido stesso. Tali operazioni possono avvenire spesso in maniera interattiva potendo
variare il valore della isolivello muovendo tale superficie all’interno del solido o spostando il piano
di sezione.
Alcuni programmi di visualizzazione consentono di ottenere una rappresentazione solida anche per
elementi con dimensionalità più bassa, rappresentando l’andamento della tensione equivalente su
gusci rappresentati in pieno spessore o su travi rappresentate con l’effettiva sezione retta.
Esistono ulteriori modalità di rappresentazione dei risultati sul modello, specialmente per
applicazioni fluidodinamiche, ma non vengono considerate in questa sede.
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
22
Le rappresentazioni grafiche sono molto utili per capire come funziona una struttura e per
evidenziare le zone più critiche, tuttavia per fornire dei risultati quantitativi è necessario lavorare
con in risultati individuali relativi a nodi ed elementi. Ciò può esser fatto in vari modi. E’ possibile
creare dei diagrammi cartesiani con l’andamento del valore puntuale di una quantità in funzione di
una posizione, di una frequenza, del tempo o della progressione di una soluzione. Tali
rappresentazioni possono essere utilizzate per rappresentare l’andamento di una accelerazione con il
tempo per un nodo critico perché è all’interfaccia con un componente delicato, oppure per
visualizzare le tensioni sui nodi lungo una linea di interfaccia di due parti del modello E’ possibile
inoltre preparare dei report con liste parziali dei risultati ordinati secondo i criteri scelti. Con tale
strumento è possibile estrarre i valori massimi e minimi di una grandezza di interesse del modello o
di una sua parte, eventualmente per più casi studiati, individuando il nodo o l’elemento dove tale
massimo viene raggiunto. Tali strumenti vengono utilizzati largamente per estrarre gli elementi su
cui effettuare le verifiche di resistenza, le tabelle di spostamento massimo, le reazioni vincolari su
nodi di interesse.
Le due modalità possono essere inoltre combinate visto che molti programmi consentono di fornire
le informazioni dettagliate in maniera interattiva partendo da una mappa dell’intero modello,
indicando i valori dell’elemento puntato con il mouse.
Esistono dei programmi che possono effettuare una gestione dell’output ancora più specializzata
eseguendo in maniera automatica la verifica dei componenti secondo una normativa. Per molti
programmi è possibile inoltre automatizzare l’interazione del trattamento dei dati per ottenere in
maniera automatica la documentazione desiderata.
2.4.6 Uso della modellazione solida
2.4.7 Progetto della griglia di calcolo
2.4.8 Librerie di elementi
2.4.9 Esempio: implementazione dell’elemento trave
2.4.10 Esempio: implementazione dell’elemento piastra
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
23
3. I materiali compositi nella progettazione meccanica
3.1 Teoria dei laminati
La teoria dei laminati si occupa dello studio di strutture laminate assimilabili a piastre o a gusci.
Tali strutture vengono realizzate sovrapponendo un certo numero di strati sottili dette lamine, ogni
lamina è caratterizzata dal materiale, dallo spessore e dall’orientazione del materiale stesso qualora
le lamine presentino caratteristiche di anisotropia.
Essendoci due dimensioni preponderanti rispetto alla terza si ipotizza che il laminato si comporti
come un guscio. Si distinguono pertanto il comportamento membranale e quello flessionale. Il
comportamento membranale riguarda le azioni e le deformazioni che avvengono nel piano della
lamina stessa, il comportamento flessionale riguarda le sollecitazioni e le deformazioni fuori dal
piano della lamina.
Il problema di meccanica del continuo non risulta di semplice risoluzione. Esiste una soluzione
esatta presentata da Pagano per il caso della flessione semplice, esiste inoltre un approccio
approssimato basato sulle spline.
L’approccio più semplice per lo studio dei laminati è tuttavia quello della teoria classica della
laminazione (CLPT: Classical Laminated Plates Theory) e verrà seguito in questa sede. Il metodo è
lo stesso che si utilizza per i gusci ed è basato sulle ipotesi di Kirchoff-Love. Si ipotizza che il
campo di deformazione sia tale da trasformare sezioni rette in sezioni rette, che ci sia una perfetta
adesione fra le lamine, che le deformazioni e le tensioni nella direzione dello spessore del laminato
siano trascurabili e che ogni lamina si trovi in uno stato di tensione piano.
Malgrado il grande numero di ipotesi semplificative introdotte, la teoria produce risultati attendibili
se il rapporto spessore/ dimensioni trasversali si mantiene entro valori di 1/10 e se non si
considerano le zone di bordo del laminato.
In questa sede si ipotizza che le deformazioni fuori dal piano dovute al taglio siano trascurabili e no
si considerano le azioni di taglio nel passaggio da una lamina all’altra. Esiste tuttavia la possibilità
di estendere la teoria semplificata utilizzata per la valutazione delle sollecitazioni di taglio delle
travi anche ai laminati.
Utilizzando le notazioni consuete per lo studio dei gusci, si introducono le caratteristiche delle
deformazioni e delle sollecitazioni, considerando forze e deformazioni per la membrana, e momenti
e curvature per la flessione.
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
24
Ci si propone di ottenere un legame fra il vettore delle caratteristiche della sollecitazione ed il
vettore delle caratteristiche della deformazione per l’intero laminato. Tale legame consente di
risolvere il problema diretto, che consiste nel calcolare le caratteristiche della deformazione relative
a delle sollecitazioni note, o il problema inverso che consiste nel calcolo delle caratteristiche della
sollecitazione di un laminato di cui siano note le deformazioni. Si vogliono inoltre calcolare le
deformazioni e le sollecitazioni locali in ogni lamina considerando sia il sistema di riferimento del
laminato che il sistema di riferimento del materiale di ogni lamina qualora si faccia uso di materiali
anisotropi.
L’approccio seguito consiste nell’effettuare prima una analisi della deformazione per ottenere un
campo di spostamenti congruente basato sulle ipotesi semplificative e quindi nell’utilizzare tali
deformazioni per ottenere le sollecitazioni all’interno di ogni lamina dalle quali è possibile ricavare
le caratteristiche della sollecitazione mediante delle semplici considerazioni di equilibrio.
Il generico campo di spostamenti incognito è espresso da funzioni del tipo:
),,(),,(),,(
zyxwwzyxvvzyxuu
===
Facendo riferimento alla figura 4.1 riferita alla direzione x è possibile esprimere lo spostamento in
tale direzione come
Deformazione del laminato nel piano xz.
),(),(),,( 0 yxzyxuzyxu α⋅−=
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
25
dove u0 è la componente di spostamento del piano medio nel piano, α è la rotazione della sezione
retta e z è la distanza dal piano medio.
Nell’ipotesi di piccoli spostamenti, l’angolo può essere ottenuto derivando lo spostamento fuori dal
piano
xyxw
yx∂
∂=
),(),( 0α
ottenendo
xyxw
zyxuzyxu∂
∂⋅−=
),(),(),,( 0
0
e analogamente
yyxw
zyxvzyxv∂
∂⋅−=
),(),(),,( 0
0
Differenziando le precedenti è possibile ottenere le deformazioni:
yxyxwz
xyxv
yyxu
xzyxv
yzyxu
yyxwz
yyxv
yyxwzyxv
yyzyxv
xyxwz
xyxu
xyxwzyxu
xxzyxu
xy
y
x
∂∂∂
⋅⋅−∂
∂+
∂∂
=∂
∂+
∂∂
=
∂∂
⋅−∂
∂=⎥
⎦
⎤⎢⎣
⎡∂
∂⋅−
∂∂
=∂
∂=
∂∂
⋅−∂
∂=⎥⎦
⎤⎢⎣⎡
∂∂
⋅−∂∂
=∂
∂=
),(2),(),(),,(),,(
),(),(),(),(),,(
),(),(),(),(),,(
02
00
20
200
0
20
200
0
γ
ε
ε
Le espressioni precedenti possono essere riassunte nella seguente forma compatta:
⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜
⎝
⎛
∂∂
+∂∂
∂∂∂∂
=⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜
⎝
⎛
+⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜
⎝
⎛
=⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜
⎝
⎛
yu
xv
yvxu
z
xy
y
x
xy
y
x
xy
y
x
κκκ
γεε
γεε
0
0
0
ovvero
κεε z+= 0
avendo introdotto i vettori delle curvature e delle deformazioni del piano medio
⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜
⎝
⎛
∂∂∂
−
∂∂
−
∂∂
−
=⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜
⎝
⎛
=
yxw
yw
xw
xy
y
x
2
2
2
2
2
κκκ
κ
⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜
⎝
⎛
=0
0
0
xy
y
x
γεε
ε
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
26
Queste ultime grandezze spesso vengono raccolte in un unico vettore a 6 componenti
rappresentativo delle caratteristiche della deformazione di un guscio:
⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜
⎝
⎛
=
xy
y
x
xy
y
x
g
κκκγεε
0
0
0
ε
Assumendo che le 6 caratteristiche della deformazione rimangano localmente costanti è possibile
calcolare l’andamento delle rotazioni del piano medio integrando le curvature:
xyyx
xyxy
xyywyx
yxxwyx
κκφ
κκφ
2),(
2),(
−−=∂∂
=
+=∂∂
−=
Mediante una ulteriore integrazione è possibile ottenere l’andamento dell’abbassamento, che nelle
ipotesi fatte non dipende dalla coordinata verticale
yxyxyxyxyxw κκκ222
),(22
−−−=
E’ inoltre possibile esprimere i campi di spostamento nel piano del laminato integrando le
deformazioni nel piano:
yyxyxy
xxxyxy
yzyxzxzyxv
xzxyzyzyxu
κεκγ
κεκγ
+++=
+++=
00
00
22),,(
22),,(
Per completare lo studio a rigidezza del laminato è necessario imporre l’equilibrio. Ciò può esser
fatto introducendo le caratteristiche della sollecitazione considerando le azioni membranali nel
piano del laminato:
⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜
⎝
⎛
=
xy
y
x
NNN
N
e le azioni flessionali e torcenti fuori dal piano
⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜
⎝
⎛
=
xy
y
x
MMM
M
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
27
Caratteristiche della sollecitazione agenti sul laminato.
La convenzione dei segni utilizzata per le caratteristiche della sollecitazione e rappresentata in
figura. Si ricorda che il significato fisico delle sollecitazioni membranali è di forza per unità di
lunghezza è sono quindi espresse nel SI in [N/m]. Integrando tali grandezze sul bordo del laminato,
o moltiplicandole per la lunghezza di un lato nel caso rimangano costanti è possibile ottenere le
forze applicate. Dividendo tali forze per la superficie ovvero dividendo la caratteristica locale per lo
spessore è possibile ottenere la tensione media derivante dall’azione membranale. Come si vedrà in
seguito il valore puntuale di tale valore sarà in generale variabile lungo lo spessore a causa delle
discontinuità di materiale che si incontrano passando da una lamina all’altra.
Le sollecitazioni flessionali sono rappresentative di un momento per unità di lunghezza e sono
pertanto espresse in [Nm/m] ovvero in [N].
Per legare le sollecitazioni alle deformazioni è necessario utilizzare il legame costitutivo esistente in
ogni punto x,y del laminato al variare della distanza dal piano medio z:
)()()( zzz εQσ =
avendo introdotto la tensione nel generico punto x,y nel piano del laminato, parallelo al piano
medio:
⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜
⎝
⎛
=)()()(
)(zzz
z
xy
y
x
τσσ
σ
ricordando l’andamento delle deformazioni κεε z+= 0 ottenuto al variare della distanza dal piano
medio è possibile ottenere tali tensioni:
))(()()()( 0 κεQεQσ zzzzz +==
La matrice di rigidezza subisce delle discontinuità nel passaggio da una lamina all’altra. Tali
discontinuità possono essere dovute sia a variazioni dell’angolo formato fra la direzione del
materiale e la direzione x del laminato sia a variazione di materiale (laminati ibridi). Il problema
della determinazione della matrice Q per una direzione generica verrà ripreso nell’analisi di una
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
28
lamina ortotropa isolata. Considerando un laminato formato da N lamine, e introducendo la
grandezza h rappresentativa della distanza fra i piani di separazione delle lamine e il piano medio
(h0, h1,…,hN) è possibile definire la funzione Q(z) come una funzione costante a tratti:
Q(z) = Qi per hi-1 < z < hi
A titolo di esempio nella seguente figura si riporta l’andamento delle deformazioni e delle
sollecitazioni per un laminato soggetto a flessione cilindrica e deformazione longitudinale costante
nella direzione x.
⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜
⎝
⎛
=
00
00
0
x
x
g κ
ε
ε
Andamento delle deformazioni e delle sollecitazioni in un laminato soggetto a flessione cilindrica e a
deformazione longitudinale.
Per ottenere il legame globale del laminato è necessario integrare le caratteristiche della
sollecitazione lungo lo spessore del laminato.
Imponendo l’equilibrio alla traslazione si ricava:
∫−= 2
2
)(H
H dzzσN
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
29
considerando l’equilibrio alla rotazione si ottiene:
∫−= 2
2
)(H
H zdzzσM
Considerando il legame costitutivo ))(()( 0 κεQσ zzz += le relazioni precedenti si specializzano
come segue:
κQεQκQεQκεQN ⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡+⎥
⎦
⎤⎢⎣
⎡=+=+= ∫∫∫∫∫ −−−−−
2
2
02
2
2
2
2
2
02
2
0 )()())(())(())((H
H
H
H
H
H
H
H
H
H zdzzdzzdzzzdzzdzzz
κQεQκQεQκεQM ⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡+⎥
⎦
⎤⎢⎣
⎡=+=+= ∫∫∫∫∫ −−−−−
2
2
202
2
2
2
22
2
02
2
0 )()())(())(())((H
H
H
H
H
H
H
H
H
H dzzzzdzzdzzzzdzzzdzzz
Raccogliendo gli integrali e introducendo le matrici A B e D definite come segue:
∫
∫
∫
−
−
−
=
=
=
2
2
2
2
2
2
2
)(
)(
)(
H
H
H
H
H
H
dzzzD
zdzzB
dzzA
Q
Q
Q
è possibile esprimere il legame fra caratteristiche della sollecitazione e caratteristiche della
deformazione:
κεκQεQN BAzdzzdzzH
H
H
H +=⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡+⎥
⎦
⎤⎢⎣
⎡= ∫∫ −−
02
2
02
2
)()(
κεκQεQM DBdzzzzdzzH
H
H
H +=⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡+⎥
⎦
⎤⎢⎣
⎡= ∫∫ −−
02
2
202
2
)()(
Considerando inoltre che la matrice Q(z) è costante a tratti è possibile sostituire gli integrali con
delle sommatorie come segue:
∑∑∫∫
∑∑∫∫
∑∑∫∫
=
−
=−
=
−
=−
=−
=−
⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛ −===
⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛ −===
−===
−
−
−
N
i
iii
N
i
h
h i
H
H
N
i
iii
N
i
h
h i
H
H
N
iiii
N
i
h
h i
H
H
hhdzzdzzzD
hhzdzzdzzB
hhdzdzzA
i
i
i
i
i
i
1
31
3
1
22
2
2
1
21
2
1
2
2
11
1
2
2
3)(
2)(
)()(
1
1
1
QQQ
QQQ
QQQ
Il legame fra caratteristiche della sollecitazione e caratteristiche della deformazione può essere
condensato in un'unica matrice di ordine 6 come segue:
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
30
[ ]
⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜
⎝
⎛
=
⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜
⎝
⎛
⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡=
⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜
⎝
⎛
xy
y
x
xy
y
x
xy
y
x
xy
y
x
xy
y
x
xy
y
x
ABDDBBA
MMMNNN
κκκγεε
κκκγεε
0
0
0
0
0
0
La matrice A lega le sollecitazioni membranali alle deformazioni membranali, la matrice D lega le
sollecitazioni flessionali alle curvature, la matrice B è detta matrice di accoppiamento perché
accoppia deformazioni nel piano con sollecitazioni flessionali e curvature con sollecitazioni
membranali. Tale matrice risulta essere nulla nel caso di laminati simmetrici.
L’energia elastica immagazzinata per unità di superficie del laminato è data dalla seguente
espressione:
{ } [ ] { } { }areaE T ⋅⋅⋅⋅= κκ ABD21
3.2 Studio di una lamina isolata
La teoria semplificata precedentemente esposta si basa sull’ipotesi che ogni lamina si trovi in uno
stato di tensione piano. Le equazioni costitutive del materiale possono essere quindi ridotte a delle
matrici di ordine 3 (6 nel caso di sollecitazione generica). E’ tuttavia importante sottolineare che le
grandezze in gioco sono di natura tensoriale e pertanto il legame costitutivo andrebbe espresso da
un tensore doppio. Tuttavia, viste le caratteristiche di simmetria di cui godono i tensori delle
tensioni e delle deformazioni, è possibile rappresentare tali tensori, di ordine 2 nel caso di
sollecitazione piana (3 per la generica sollecitazione) con un vettore a 3 componenti (6 per la
generica sollecitazione).
Considerando un materiale anisotropo, il quale presenti tre piani di simmetria è possibile usare
l’ipotesi semplificativa di materiale ortotropo. Tale materiale risulta definito da 9 costanti nel caso
si sollecitazione generica e da 4 costanti nel caso di sollecitazione piana. Se si studia il
comportamento di tale materiale usando il sistema di riferimento di simmetria il legame costitutivo
risulta assai semplice e può essere rappresentato partendo dalle costanti ingegneristiche del
materiale. Le direzioni principali vengono indicate: longitudinale e trasversale. Per una lamina di
composito a fibra lunga unidirezionale, tali direzioni corrispondono alla direzione delle fibre e alla
direzione trasversale alle fibre.
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
31
Le costanti ingegneristiche hanno un immediato significato fisico e possono essere ottenute
sperimentalmente con delle prove di trazione e di taglio puro.
Nel caso di trazione pura in direzione longitudinale si osservano due dilatazioni nel piano, la prima
proporzionale al modulo di Young in direzione longitudinale:
L
LL E
σε =
la seconda proporzionale alla prima secondo il modulo di Poisson in direzione trasversale:
L
LLTLLTT E
σνενε −=−=
non si osservano deformazioni di taglio.
Analogamente nel caso di sollecitazione monoassiale in direzione trasversale si ha una dilatazione
nella direzione di carico
T
TT E
σε =
ed una seconda dilatazione, proporzionale alla prima secondo il modulo di Poisson, in direzione
trasversale rispetto al carico:
T
TTLTTLL E
σνενε −=−=
anche in questo caso non si osservano deformazioni di taglio.
Nel caso di taglio puro si osserva solo una deformazione di taglio puro, proporzionale allo sforzo
tagliante:
LT
LTLT G
τγ =
Nel caso della generica sollecitazione vale la sovrapposizione degli effetti:
T
TTL
L
LL EE
σνσε −=
L
LLT
T
TT EE
σνσε −=
TL
TLTL G
τγ =
La quale può essere scritta in forma compatta:
Sσε =
avendo definito
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
32
⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜
⎝
⎛=
⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜
⎝
⎛=
LT
T
L
LT
T
L
τσσ
γεε
σε , S
1EL
νLTEL
−
0
νTLET
−
1ET
0
0
0
1GLT
⎛⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎝
⎞⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎠
:=
La matrice S viene detta matrice di cedevolezza del materiale ortotropo e consente di calcolare le
deformazioni in funzione delle sollecitazioni assegnate.
La matrice inversa di S viene detta matrice di rigidezza ed è indicata con la lettera Q:
QεεSσ 1 == −
Q
11 νLT νTL⋅−
EL⋅
νLT1 νLT νTL⋅−
ET⋅
0
νTL1 νLT νTL⋅−
EL⋅
11 νLT νTL⋅−
ET⋅
0
0
0
GLT
⎛⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎝
⎞⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎠
:=
E’ possibile dimostrare con considerazioni di natura energetica, che affinché sia definibile un
potenziale elastico, la matrice di rigidezza deve risultare simmetrica. Visto che la matrice inversa di
una matrice simmetrica risulta essere anche essa simmetrica, imponendo la simmetria della matrice
S si ottiene la seguente relazione:
νTLETEL
νLT⋅:=
che permette di ridurre a 4 le 5 costanti del materiale introdotte precedentemente.
Per quanto riguarda le tensioni è possibile calcolare tale cambiamento per mezzo di considerazioni
geometriche elementari facendo riferimento ad una porzione di materiale a forma di triangolo retto
con i cateti orientati come gli assi del materiale e avente per ipotenusa la direzione x del sistema di
riferimento generico.
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
33
Equilibrio della lamina in direzione x.
Considerando una porzione di profondità unitaria ed una triangolo con ipotenusa unitaria, per
l’equilibrio alla traslazione orizzontale si ha:
cos( ) sen( ) sen( ) cos( )x L T LT LTm n m nσ σ θ σ θ τ θ τ θ= ⋅ + ⋅ − ⋅ − ⋅
ossia:
)sen()cos()cos()sen()sen()sen()cos()cos( θθτθθτθσθθσθσ LTLTTLx −−+=
La quale può essere estesa con considerazioni geometriche analoghe per ottenere la trasformazione
fra il vettore delle tensioni nel sistema della lamina e lo stesso vettore nel generico riferimento
ruotato:
)(1
)( )( LTxy T σθσ σ−=
avendo definito Tσ-1 come segue:
L
T
Y
θ
θ
σTτLT
τLTσL
θ
σX
X
n
m
1
n=1*sin(θ)
m=1*cos(θ)
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
34
Tσinv θ( )cos θ( )2
1 cos θ( )2−
sin θ( ) cos θ( )⋅
1 cos θ( )2−
cos θ( )2
sin θ( )− cos θ( )⋅
2− sin θ( )⋅ cos θ( )⋅
2 sin θ( )⋅ cos θ( )⋅
2 cos θ( )2⋅ 1−
⎛⎜⎜⎜⎝
⎞⎟⎟⎟⎠
:=
La trasformazione inversa consente di trasformare le tensioni dal generico riferimento al riferimento
della fibra:
)()( )( xyLT T σθσ σ=
Tσ θ( )cos θ( )2
sin θ( )2
sin θ( )− cos θ( )⋅
sin θ( )2
cos θ( )2
sin θ( ) cos θ( )⋅
2 sin θ( )⋅ cos θ( )
2− sin θ( )⋅ cos θ( )⋅
cos θ( )2 sin θ( )2−
⎛⎜⎜⎜⎝
⎞⎟⎟⎟⎠
:=
Tale trasformazione può essere ottenuta ricordando che un tensore viene ruotato per moltiplicazione
(e pre-moltiplicazione) della matrice di rotazione (della trasposta della matrice di rotazione):
σxy θ( ) m
n
n−
m⎛⎜⎝
⎞⎟⎠
T σL
τLT
τLT
σT
⎛⎜⎝
⎞⎟⎠
⋅m
n
n−
m⎛⎜⎝
⎞⎟⎠
⋅:=
σxy θ( )m2 σL⋅ 2 n⋅ m⋅ τLT⋅+ n2 σT⋅+
m− n⋅ σL⋅ m2 τLT⋅ n2 τLT⋅−+ n m⋅ σT⋅+
m− n⋅ σL⋅ m2 τLT⋅ n2 τLT⋅−+ n m⋅ σT⋅+
n2 σL⋅ 2 n⋅ m⋅ τLT⋅− m2 σT⋅+
⎛⎜⎜⎝
⎞⎟⎟⎠
:=
avendo indicato con m ed n rispettivamente cos(θ) e sen(θ).
Per quanto riguarda le deformazioni è necessario osservare che avendo utilizzato le deformazioni
ingegneristiche, non è possibile avvalersi delle trasformazioni tensoriali. Le trasformazioni esposte
non risultano pertanto valide. E’ possibile tuttavia applicare tali trasformazioni alle deformazioni
tensoriali, per le quali la componente γLT deve essere sostituita da 1/2γLT.
Effettuando tale sostituzione, è possibile ottenere le trasformazioni desiderate.
)(1
)( )( LTxy T εθε ε−=
)()( )( xyLT T εθε ε=
Tε θ( )cos θ( )2
sin θ( )2
2− sin θ( )⋅ cos θ( )⋅
sin θ( )2
cos θ( )2
2sin θ( ) cos θ( )⋅
sin θ( ) cos θ( )
sin θ( )− cos θ( )⋅
cos θ( )2 sin θ( )2−
⎛⎜⎜⎜⎝
⎞⎟⎟⎟⎠
:=
Tεinv θ( )cos θ( )2
1 cos θ( )2−
2 sin θ( )⋅ cos θ( )⋅
1 cos θ( )2−
cos θ( )2
2− sin θ( )⋅ cos θ( )⋅
sin θ( )− cos θ( )⋅
sin θ( ) cos θ( )⋅
2 cos θ( )2⋅ 1−
⎛⎜⎜⎜⎝
⎞⎟⎟⎟⎠
:=
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
35
E’ possibile a questo punto costruire il legame costitutivo nel riferimento inclinato mediante la
seguente catena di trasformazioni:
)()()()(1
xyT
LTQ
LTT
xy σσεε σε ⎯⎯ →⎯⎯→⎯⎯→⎯ −
che consentono di legare le deformazione alle tensioni nella generica direzione, ovvero di ottenere
la matrice di cedevolezza del materiale per la lamina inclinata, secondo la catena inversa:
)()()()(1
xyT
LTS
LTT
xy εεσσ εσ ⎯⎯ →⎯⎯→⎯⎯→⎯ −
Mediante le applicazioni algebriche illustrate si perviene all’espressione della matrice di rigidezza
del materiale per il generico angolo:
Qtet θ( )
Q11 θ( )
Q12 θ( )
Q13 θ( )
Q12 θ( )
Q22 θ( )
Q23 θ( )
Q13 θ( )
Q23 θ( )
Q33 θ( )
⎛⎜⎜⎜⎝
⎞⎟⎟⎟⎠
:=
dove le 6 componenti risultano essere pari a:
Q11 θ( ) Q1 1, cos θ( )4⋅ Q2 2, sin θ( )4
⋅+ 2 Q1 2, 2 Q3 3,⋅+( ) sin θ( )2⋅ cos θ( )2
⋅⎡⎣ ⎤⎦⋅+:=
Q22 θ( ) Q1 1, sin θ( )4⋅ Q2 2, cos θ( )4
⋅+ 2 Q1 2, 2 Q3 3,⋅+( ) sin θ( )2⋅ cos θ( )2
⋅⎡⎣ ⎤⎦⋅+:=
Q12 θ( ) Q1 1, Q2 2,+( ) 4 Q3 3,⋅−⎡⎣ ⎤⎦ sin θ( )2 cos θ( )2⋅( )⋅ Q1 2, sin θ( )4 cos θ( )4
+( )⋅+:=
Q33 θ( ) Q1 1, Q2 2,+( ) 2 Q1 2,⋅( )− 2 Q3 3,⋅( )−⎡⎣ ⎤⎦ sin θ( )2 cos θ( )2⋅( )⋅ Q3 3, sin θ( )4 cos θ( )4
+( )⋅+:=
Q13 θ( ) Q1 1, Q1 2,− 2 Q3 3,⋅−( ) cos θ( )3 sin θ( )⋅( )⋅ Q2 2, Q1 2,− 2 Q3 3,⋅−( ) cos θ( ) sin θ( )3⋅( )⋅−:=
Q23 θ( ) Q1 1, Q1 2,− 2 Q3 3,⋅−( ) cos θ( ) sin θ( )3⋅( )⋅ Q2 2, Q1 2,− 2 Q3 3,⋅−( ) cos θ( )3 sin θ( )⋅( )⋅−:=
A titolo di esempio si riporta l’andamento della matrice Q per il composito T300/5208 avente le
seguenti costanti ingegneristiche:
EL 181 109⋅ Pa:=
ET 10.3 109⋅ Pa:=
GLT 7.17 109⋅ Pa:=
νLT 0.28:= La matrice Q risulta pari a:
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
36
Q
181.81
2.9
0
2.9
10.35
0
0
0
7.17
⎛⎜⎜⎝
⎞⎟⎟⎠
109Pa=
La generica matrice risulta “piena”, attingendo per il caso θ=60° i seguenti valori numerici:
Qtet 60 deg⋅( )
23646.76
32462.57
20053.52
32462.57
109379.25
54192.99
20053.52
54192.99
36735.65
⎛⎜⎜⎝
⎞⎟⎟⎠
106 Pa⋅=
L’andamento delle componenti della matrice è riportato nella seguente tabella:
θ (deg) Q11(GPa) Q22(GPa) Q12(GPa) Q33(GPa) Q13(GPa) Q23(GPa) 0 181.81 10.35 2.90 7.17 0.00 0.00 15 160.47 11.98 12.75 17.03 38.50 4.36 30 109.38 23.65 32.46 36.74 54.19 20.05 45 56.66 56.66 42.32 46.59 42.87 42.87 60 23.65 109.38 32.46 36.74 20.05 54.19 75 11.98 160.47 12.75 17.03 4.36 38.50 90 10.35 181.81 2.90 7.17 0.00 0.00
Come si può osservare le direzioni 0° e 90° risultano simmetriche e possono essere ottenute una
dall’altra semplicemente scambiando le componenti longitudinali con quelle trasversali.
Tale andamento è ben evidenziato dalla figure seguente, dove vengono riportati i primi due valori
della diagonale principale, dove si osserva che l’andamento risulta essere simmetrico rispetto al
valore 45°:
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
37
0 15 30 45 60 75 900
5 .1010
1 .1011
1.5 .1011
2 .1011
Qtet θ( )1 1,
Qtet θ( )2 2,
θdeg
Il termine di accoppiamento fra le due direzioni longitudinali dovuto all’effetto Poisson non risulta
più costante come nel caso di materiali isotropi ma dipende dall’angolo con un andamento
simmetrico rispetto al valore 45°. Anche la costante relativa al taglio mostra un andamento molto
simile:
0 15 30 45 60 75 900
1 .1010
2 .1010
3 .1010
4 .1010
5 .1010
Qtet θ( )1 2,
Qtet θ( )3 3,
θdeg
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
38
Le grandezze illustrate fino a questo punto sono riconducibili al comportamento di un materiale
isotropo, in cui i termini di accoppiamento avvengono solo fra sollecitazione di
trazione/compressione. Nel caso di una lamina ortotropa inclinata si hanno degli accoppiamenti
anche fra le componenti di trazione/compressione e il taglio il cui andamento è riportato nella figura
seguente:
0 15 30 45 60 75 901 .1010
0
1 .1010
2 .1010
3 .1010
4 .1010
5 .1010
6 .1010
Qtet θ( )1 3,
Qtet θ( )2 3,
θdeg
Come si può osservare dalla figura le componenti di accoppiamento fra σx e γxy (Q13)e gli
accoppiamenti fra σy e γxy (Q23) sono fra loro simmetriche rispetto all’angolo 45° e attingono un
valore massimo all’interno dell’intervallo la cui espressione analitica risulta assai complessa. Tale
espressione può essere ottenuta dall’espressione della Q13
Q1 1, Q1 2,− 2 Q3 3,⋅−( ) cos θ( )3 sin θ( )⋅( )⋅ Q2 2, Q1 2,− 2 Q3 3,⋅−( ) cos θ( ) sin θ( )3⋅( )⋅−
che definendo le costanti A e B,
A Q1 1, Q1 2,− 2 Q3 3,⋅−:=
B Q2 2, Q1 2,− 2 Q3 3,⋅−:=
diventa
A cos θ( )3 sin θ( )⋅( )⋅ B cos θ( ) sin θ( )3⋅( )⋅− ,
calcolando la derivata e cercando i valori che la annullano:
3− A⋅ cos θ( )2⋅ sin θ( )2
⋅ A cos θ( )4⋅+ B sin θ( )4
⋅ 3 B⋅ cos θ( )2⋅ sin θ( )2
⋅−+ 0
M.E. Biancolini: Tecnica delle Costruzioni Meccaniche 2010
39
atan1
2 B⋅( )2⋅ B 3 A⋅ 3 B⋅+ 9 A2⋅ 14 B⋅ A⋅+ 9 B2⋅+( )
12
⎛⎜⎝
⎞⎟⎠
+
⎡⎢⎣
⎤⎥⎦⋅
⎡⎢⎣
⎤⎥⎦
12
⎛⎜⎝
⎞⎟⎠
⋅
⎡⎢⎢⎢⎣
⎤⎥⎥⎥⎦
atan1
2 B⋅( )2⋅ B 3 A⋅ 3 B⋅+ 9 A2⋅ 14 B⋅ A⋅+ 9 B2⋅+( )
12
⎛⎜⎝
⎞⎟⎠
+
⎡⎢⎣
⎤⎥⎦⋅
⎡⎢⎣
⎤⎥⎦
12
⎛⎜⎝
⎞⎟⎠
⋅
⎡⎢⎢⎢⎣
⎤⎥⎥⎥⎦
−
atan1
2 B⋅( )2⋅ B 3 A⋅ 3 B⋅ 9 A2⋅ 14 B⋅ A⋅+ 9 B2⋅+( )
12
⎛⎜⎝
⎞⎟⎠
−+
⎡⎢⎣
⎤⎥⎦⋅
⎡⎢⎣
⎤⎥⎦
12
⎛⎜⎝
⎞⎟⎠
⋅
⎡⎢⎢⎢⎣
⎤⎥⎥⎥⎦
atan1
2 B⋅( )2⋅ B 3 A⋅ 3 B⋅ 9 A2⋅ 14 B⋅ A⋅+ 9 B2⋅+( )
12
⎛⎜⎝
⎞⎟⎠
−+
⎡⎢⎣
⎤⎥⎦⋅
⎡⎢⎣
⎤⎥⎦
12
⎛⎜⎝
⎞⎟⎠
⋅
⎡⎢⎢⎢⎣
⎤⎥⎥⎥⎦
−
⎡⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎣
⎤⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎦
90− 6.93i−
90 6.93i+
30.47−
30.47
⎛⎜⎜⎜⎜⎝
⎞⎟⎟⎟⎟⎠
deg=
La soluzione relativa al massimo è in questo caso pari a circa 30.5°.
La risoluzione di tale problema si semplifica notevolmente nel caso di compositi che presentano
valori identici dei moduli in direzione longitudinale e trasversale, quali ad esempio i compositi
tessuti, per i quali le costanti A e B risultano identiche e si ottiene:
A cos θ( )3 sin θ( )⋅( )⋅ A cos θ( ) sin θ( )3⋅( )⋅−
6− A⋅ cos θ( )2⋅ sin θ( )2
⋅ A cos θ( )4⋅+ A sin θ( )4
⋅+ 38
π⋅
atan 1 2−( )18
π⋅
atan 1− 2−( )
⎛⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎝
⎞⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎠
La soluzione relativa al massimo è in questo caso pari a 22.5°.
I termini di accoppiamento esposti possono a prima vista rendere più difficoltosa la progettazione,
ma possono anche essere utilizzati a vantaggio del progettista. Una lamina piana inclinata associa i
comportamenti di trazione a quelli di taglio ciò significa che è possibile ottenere delle strutture per
cui delle sollecitazioni flessionali inducono torsione, o delle strutture che si deformano per taglio
quando vengono messe in trazione. Tali effetti, se opportunamente calcolati, possono condurre a
soluzioni tecniche molto interessanti.