Post on 05-Mar-2021
FOTODERMATOLOGIA
La fotodermatologia studia le interazioni fra le radiazioni luminose
(Ultravioletto e luce visibile ) e la cute.
Quando la luce, ultravioletta o visibile raggiunge la superficie cutanea,
una parte di essa penetra e viene assorbita da molecole della pelle
chiamate cromofori (non confondere con i cromatofori, che sono cellule
contenenti pigmento). A questo punto, delle reazioni fotochimiche
convertono i cromofori in altre molecole, chiamate fotoprodotti, i quali
stimolano l’attivazione di percorsi biomolecolari che culminano nella
produzione di citochine e in una serie di effetti cellulari, come la
proliferazione, e l’apoptosi.
La luce visibile e le radiazioni
ultraviolette sono parte dello
spettro di radiazioni elettro-
magnetiche emesse dal sole che
vanno dai raggi X, le radiazioni
con la minore lunghezza d’onda
alle radio onde, quelle con la
lunghezza d’onda maggiore.
Minore è la lunghezza d’onda,
maggiore è la frequenza e
maggiore l’energia delle
radiaziani.
Radiazioni elettromagnetiche classificate
per lunghezza d’onda
Banda
Range di lunghezza
d’onda in nanometri
Raggi X 01-10
Ultravioletto del vuoto 10-200
Ultravioletto C
200-290
Ultravioletto B 290-320
Ultravioletto A (UVA) • UVAI • UVAII
320-400 •340-400 •320-340
Visibile
• Violetto • Blu • Verde • Giallo • Rosso
400-760 • 400 • 470 • 530 • 600 • 700
Infrarosso vicino 760-1000
Infrarosso lontano 1000-100.000
Microonde e radioonde Più di 10 alla sesta
Le lunghezze d’onda inferiori a 290 nm (raggi gamma, ultravioletto del
vuoto e ultravioletto C) non raggiungono la superficie terrestre, poiché
sono schermate dallo strato di ozono che sta nella stratosfera.
L’ultravioletto C, che è capace di uccidere le cellule poiché viene
assorbito dal DNA, viene prodotto da speciali lampade e usato come
germicida, per la purificazione dell’aria e dell’acqua.
L’ultravioletto B (290-320 nm) rappresenta soltanto il 5% dell’UV e lo
0,5% delle radiazioni che raggiungono la superficie terrestre. Tuttavia
esso rappresenta, fra queste, la lunghezza d’onda biologicamente più
attiva ed è il maggior responsabile delle ustioni solari.
L’ultravioletto A (320-400 nm) rappresenta il 95% dell’ultravioletto che
raggiunge la superficie terrestre.
E’stato suddiviso in UVAI e UVAII, poiché, dei due, il secondo può
causare danni di maggiore entità alla pelle umana non sensibilizzata.
La fotoprotezione deve essere realizzata sia contro l’UVB, che trasporta
più energia ed è potenzialmente più pericoloso soprattutto riguardo ai
danni acuti, sia contro l’UVA, che contiene meno energia ma raggiunge
la terra in quantità di gran lunga maggiore.
La luce visibile (400-760 nm) comprende le lunghezze d’onda percepite
dall’occhio umano.
Ogni lunghezza d’onda entro questo range corrisponde a un diverso
colore della luce.
Eventuali risposte della cute a queste lunghezze d’onda necessitano di
fotosensibilizzazione con sostanze chimiche.
Visibile
• Violetto • Blu • Verde • Giallo • Rosso
400-760
• 400 • 470 • 530 • 600 • 760
Le radiazioni elettromagnetiche possono essere considerate come onde o
come pacchetti di energia chiamati fotoni.
Le radiazioni elettromagnetiche considerate come onde consistono di
un campo magnetico e un campo elettrico che oscillano ad angolo retto
l’uno rispetto all’altro e si propagano e ad angolo retto rispetto alla
direzione delle oscillazioni.
Quindi esse possono essere descritte sia in base alla loro frequenza (il
numero di oscillazioni al secondo), sia in base alla lunghezza d’onda
(distanza fra due creste d’onda o fra due ventri d’onda.
Poiché le radiazioni elettromagnetiche si propagano tutte alla stessa
velocità (300.000 Km/sec), la frequenza e la lunghezza d’onda sono
inversamente proporzionali, il che è espresso dalla formula:
v = c/λ
dove c = velocità della radiazione, che è sempre la stessa, v = frequenza,
λ = la lunghezza d’onda espressa in metri.
c = v · λ =
Se si considerano le radiazioni come una corrente di pacchetti discreti di
energia (quanti o fotoni), la quantità di energia in un fotone (quanto) è
direttamente proporzionale alla frequenza della radiazione e
inversamente proporzionale alla sua lunghezza d’onda, come espresso
dalla legge d Plank:
E = hv = hc/λ
Dove
E = l’energia del fotone espressa in joule
h = la costante di Plank (6,626 X 10-34 J/sec)
v = la frequenza
c = la velocità dalla radiazione
λ = la lunghezza d’onda
Questa relazione mostra che l’energia aumenta quando la frequenza
aumenta e quando la lunghezza d’onda si riduce.
Le lunghezze d’onda inferiori di 290 nm (ultravioletto C, ultravioletto
del vuoto, raggi gamma e raggi x) emesse dal sole non raggiungono la
superficie terrestre perché vengono assorbite dall’ozono e dall’ossigeno
molecolare presenti nella stratosfera.
In relazione alla localizzazione geografica all’altitudine e alla
stagione, la luce del sole produce fra i due e i 6 milioni di W/cm² di
radiazioni fra i 290 e i 400 nm.
Il filtraggio delle radiazioni di lunghezza d’onda minore da parte dello
strato di ozono dell’atmosfera è di estrema importanza, poiché gli effetti
di queste radiazioni sono devastanti per gli esseri viventi, piante e
animali.
Sorgenti di luce ultravioletta
Sole
Altre sorgenti di ultravioletto
• Lampade a incandescenza: la corrente elettrica percorre e rende
incandescente il filamento, che emetta così radiazioni
elettromagnetiche, quasi tutte nello spettro del visibile e
dell’infrarosso. Producono una minima quantità di UVA, pericolosa
in alcune forme di ipersensibilità alla luce.
• Lampade a Xenon. Lo Xenon è reso incandescente sotto alte
pressioni ed emette UV e luce visibile con uno spettro continuo.
Queste lampade la sorgente di radiazioni nei simulatori solari e, con
opportuni filtri, nelle lampade per i test di fotoprovocazione e in
fototerapia.
• Lampade al mercurio: se il gas è a bassa pressione emettono
ultravioletto germicida.
• Lampade fluorescenti: sono quelle più comunemente usate in
fototerapia. Sono lampade a mercurio a bassa pressione modificate,
con due elettrodi alle estremità. La superficie interna del tubo è
rivestita di fosforo, che assorbe le radiazioni di 254 nm e le riemette
a lunghezza d’onda maggiore, in bande nel range dell’UVB e
dell’UVA. Sono utili per la fototerapia nella psoriasi, nella vitiligine
e in alcuni linfomi cutanei.
• Le lampade a luce di Wood: sono piccole lampade a fluorescenza
con un involucro di vetro che assorbe il visibile e trasmette l’UVA.
Utili nella diagnostica, grazie alle emissioni fluorescenti da parte di
molecole, contenute nella pelle, in certe condizioni patologiche.
LASER
La parola laser è un acronimo per: Light Amplification by Stimulated
Emission of Radiation: Amplificazione di Luce tramite Emissione
Stimolata di Radiazione.
Questa sigla indica un dispositivo in grado di emettere un fascio di luce
coerente e monocromatica, concentrata in un raggio rettilineo
estremamente collimato. La luminosità delle sorgenti laser è
elevatissima.
La luce laser viene ottenuta eccitando gli atomi di un determinato
materiale fino a uno stato metastabile, in modo che, quando essi
vengono ulteriormente eccitati da un fotone incidente, emettono a loro
volta fotoni. In questo modo perdono l’energia che li rendeva instabili e
si diseccitano. I nuovi fotoni vanno a stimolare altri atomi, con emissione
di altri fotoni, con un effetto valanga. Quindi la luce che attraversa
questo materiale viene amplificata.
I fotoni in uscita sono nella stessa direzione dei fotoni che hanno
provocato il diseccitamento, e sono tutti in fase fra loro cioè tutte le
creste coincidono interamente con le creste, così come i ventri
d’onda. Questo porta all’amplificazione del raggio luminoso.
Caratteristiche della luce laser:
• Direzionalità: la radiazione viene emessa in un’unica direzione.
Vale a dire: l’angolo solido sotteso da un fascio laser è estremamente
piccolo.
• Monocromaticità: le radiazioni emesse appartengono a una banda
molto ristretta di lunghezze d’onda.
• Brillanza: la quantità di energia emessa per unità di angolo solido è
enormemente più elevata rispetto alle sorgenti tradizionali, perché è
più elevato il numero dei fotoni per unità di frequenza.
• Coerenza: mentre nell’emissione spontanea ogni fotone viene
emesso in maniera casuale rispetto agli altri, nell’emissione stimolata
ogni fotone ha la stessa fase del fotone che ha indotto l’emissione. La
fase viene mantenuta nello spazio e nel tempo.
Quando le radiazioni visibili e quelle ultraviolette raggiungono la pelle,
• una parte di esse viene restituita
perché riflessa o dispersa,
• una parte viene assorbita dai
cromofori dei diversi strati
cutanei
• una parte viene trasmessa in
profondità, dove subisce via via
riflessione, dispersione, assor-
bimento o ulteriore trasmissione
in profondità, fino a quando
l’energia del raggio viene
dissipata.
PROPRIETÀ OTTICHE DELLA PELLE
L’ultravioletto B viene subito assorbito
dalle proteine e dal DNA. Questo
fenomeno, assieme alla dispersione,
rende conto della scarsa penetrazione di
questa banda, di cui soltanto il 50%
circa raggiunge la giunzione dermo
epidermica.
Soltanto l’ultravioletto A
raggiunge il derma superiore.
Soltanto il visibile raggiunge il
derma reticolare medio e
profondo.
Spettri di
assorbimento dei
diversi cromofori
cutanei
Le melanine assorbono in modo relativamente uniforme sia nello spettro
dell’ultravioletto che in quello del visibile.
Esse sono normalmente presenti soltanto nell’epidermide, dove si
comportano come un filtro neutro, che diminuisce la quantità di luce
restituita dalla cute. Maggiore è la quantità di melanina e maggiore la
quantità di luce assorbita e minore quella riflessa, più scura appare la
pelle.
L’emoglobina degli eritrociti nei vasi cutanei assorbe le lunghezze
d’onda più brevi del visibile (blu) e restituisce le più lunghe (rosse).
• Normalmente le molecole si trovano nel cosiddetto “ stato
fondamentale” ed hanno una certa distribuzione degli elettroni negli
spazi attorno al nucleo.
• Quando una molecola assorbe l’energia dell’ultravioletto o della luce
visibile, questa energia viene impiegata nel seguente modo: un
elettrone dell’ultimo strato finora occupato salta ad un orbitale più
esterno (di maggiore energia) ancora non occupato, e la molecola è
promossa ad uno stato eccitato.
• Per ciascuna molecola esiste una serie di stati elettronici, associati a
più alti livelli di energia e a diversa distribuzione degli elettroni,
chiamati “stato eccitato”.
• fra uno stato elettronico e l’altro sono permessi solo intervalli di
energia e quindi una molecola può assorbire solo fotoni associati a una
certe quantità di energia.
• A questo consegue uno spettro di assorbimento unico per ogni
molecola.
Un possibile stato eccitato di una molecola viene detto stato di
singoletto eccitato. Si parla di singoletto eccitato quando come
conseguenza del “salto” energetico dell’elettrone (dall’ultimo orbitale
occupato al primo non occupato), la molecola si ritrova con due elettroni
esterni con spin opposti.
Questo stato dura pochi nanosecondi, dopodiché la molecola restituisce
l’energia assorbita o sotto forma di luce, o sotto forma di calore.
In alternativa:
• la molecola può andare incontro a una reazione chimica fornendo un
fotoprodotto, oppure
• può convertirsi a un nuovo stato eccitato: il tripletto eccitato, nel quale
i due elettroni hanno lo stesso spin.
•Il singoletto viene chiamato così perché gli spin dei due elettroni
possono allinearsi in un solo modo, rispetto a un campo magnetico
esterno.
• Il tripletto si chiama così perché gli spin dei due elettroni si possono
allineare in tre modi diversi rispetto a un campo magnetico esterno.
Lo stato di tripletto richiede meno energia dello stato di singoletto.
La maggior parte delle molecole allo stato fondamentale si trovano in
uno stato di singoletto (ovviamente non eccitato), ossia con i due
elettroni esterni con spin opposti. Da qui, se ricevono energia possono
passare a uno stato di singoletto eccitato, sempre con gli elettroni esterni
aventi spin opposti.
L’ossigeno molecolare (O2) allo stato fondamentale fa eccezione, perché
si trova normalmente nello stato di tripletto (non eccitato), ossia con due
elettroni esterni, ciascuno nel suo orbitale, con lo stesso spin.
In seguito alla somministrazione di energia, questi due elettroni si
ritrovano a condividere lo stesso orbitale e ad avere spin opposto. Si
dice allora che la molecola di O2 è passata allo stato di singoletto
eccitato.
Questa configurazione “contiene” più energia ed è instabile. La
molecola tende a restituire l’energia ricevuta, o come energia termica, o
come energia luminosa, o come energia chimica.
Nel corso di una reazione fotochimica di una molecola in stato eccitato,
il cromoforo può essere trasformato in una nuova molecola più stabile, il
fotoprodotto.
Per esempio, quando timina e citosina (le due pirimidine del DNA)
assorbono UVB, si legano con legame covalente formando dimeri
ciclici delle pirimidine.
Il 7-deidrocolesterolo, sotto l’effetto dell’UVB forma pro-vitamina D.
Quando certi farmaci, come le tetracicline assorbono l’UV e/o la luce
visibile, possono causare una reazione infiammatoria. Il fenomeno è
chiamato: fotosensibilizzazione.
Le risposte ala fotosensibilizzazione sono mediate da specie di ossigeno
reattive, come l’ossigeno singoletto e il perossido di idrogeno, e da
radicali liberi, Queste molecole ossidano lipidi insaturi, proteine, acidi
nucleici, e i prodotti di queste ossidazioni danno il via a processi di
transduzione di segnali* che portano alla produzione di mediatori
dell’infiammazione, come alcune prostaglandine e alcune citochine, fra le
quali il Tumor Necrosis Factor e le interleuchine.
*In biologia la trasduzione di segnale è il meccanismo che converte uno
stimolo meccanico o chimico in una specifica risposta cellulare
La fotocarcinogenesi è provocata da due azioni combinate dell’UVB:
l’azione mutagena sul DNA e la immunosoppressione fotoindotta.
Quest’ultima può essere sia locale che sistemica .
L’imunosoppressione fotoindotta è collegata direttamente alla
formazione di dimeri delle pirimidine che compromettono la funzione
delle cellule presentanti l’antigene.
Inoltre l’effetto ossidante delle specie di ossigeno reattive si esercita
anche sulle membrane plasmatiche delle cellule immuno-competenti,
limitando la loro capacità di ricevere e trasmettere segnali.
L’irradiazione UVB dei cheratinociti altera la sintesi e la secrezione di
numerose molecole immunomodulatrici, come le interleuchine 1, 6, e 8,
come il TNF-alfa (Tumor Necrosis Factor- alfa) e la prostaglandina E.
Inoltre i cheratinociti irradiati con UVB secernono interleuchina 10, che
inibisce la risposta immunitaria cellulo-mediata.
Ustioni da fotoesposizione attinica
Il maggiore responsabile della patologia da fotoesposizione attinica è
l’ultravioletto.
In fotomedicina le radiazioni ultraviolette sono divise in due tipi
principali: l’UVB (290-320 nm), che è lo spettro delle ustioni da
fotoesposizione, e l’ultravioletto A (320-400 nm), a sua volta suddiviso
in UVA I (340-400 nm) e UVA II (320-340 nm).
L’unità di misura per le ustioni solari è il MED (minimum erythema
dose), che è la minima esposizione all’ultravioletto che produce un
eritema a margini netti nella sede dell’irradiazione, 24 ore dopo una
singola esposizione.
La MED è espressa in mJ/cm² (UVB) o in J/cm² (UVA). Negli
Europeiformi è di 20-40mJ/cm² (per soggetti dalla pelle chiara, circa 20
minuti alle latitudini nordiche a mezzogiorno in giugno).
Le ustioni solari sono più frequenti in individui dalla pelle chiara e
limitata capacità di abbronzarsi.
In base alla capacità di abbronzarsi si distinguono 6 fototipi:
• Fototipo 1: pelle chiarissima. Non si abbronzano. Si ustionano molto
facilmente
• Fototipo II: pelle chiara. Si abbronzano con difficoltà, si ustionano
facilmente
• Fototipo III: pelle abbastanza chiara. Si abbronzano facilmente, ma
all’inizio si ustionano
• Fototipo IV: pelle olivastra. Si abbronzano facilmente, si ustionano
raramente
• Fototipo V: pelle marrone. Si abbronzano facilmente, eccezionalmente
si ustionano.
• Fototipo VI: pelle marrone scuro. Diventano più scuri. Non si
ustionano.
Ustioni solari (Ustioni da fotoesposizione attinica)
Le ustioni solari dipendono dalla quantità di energia ricevuta e dalla
suscettibilità individuale. Dunque sono più frequenti a mezzogiorno,
aumentano con l’aumentare della latitudine e col ridursi dell’altitudine,
e sono in relazione inversa al numero attribuito al fototipo.
Bambini e anziani hanno una maggiore suscettibilità a ustionarsi.
Patogenesi: Non si conosce il cromoforo che dà inizio alla risposta
infiammatoria. I mediatori della risposta infiammatoria includono, fra
gli altri, il TNF α, la serotonina, le prostaglandine.
Il danno del DNA con formazione di dimeri della timina inizia la
risposta protettiva che l’incremento della pigmentazione melanica.
Gli effetti della ustione solare si manifesta a 6-24 ore dall’esposizione al
sole o a una sorgente artificiale di UV. Sintomi: prurito nelle forme lievi,
dolore urente e dolorabilità nele forme più gravi.
Edema, vescicole, bolle. Poi le vescicole e le bolle e si rompono
lasciando aree di erosione, formano croste che poi si staccano. Infine
desquamazione fino alla guarigione.
Sintomi generali: cefalea, brividi,
febbricola, astenia, tachicardia.
Manifestazioni cutanee: eritema
brillante confinato alle regioni foto-
esposte e nettamente marginato.
Prevenzione: filtri prototettivi ad ampio spettro.
Terapie:
• topiche: impacchi freschi, corticosteroidi topici.
• sistemiche: acido acetilsalicilico, antinfiammatori non steroidei,
nelle forme più gravi riposo a letto, corticosteroidi sistemici
(discussi), sostituzione di fluidi ed elettroliti, profilassi delle
infezioni.
Esiti: l’unica reazione permanente, anche dopo foto-ustioni gravi, può
essere una depigmentazione a piccole chiazze o la comparsa eruttiva di
lentigo solari.
1) Reazioni fototossiche : sono dovute a reazioni fotochimiche che
causano alterazioni cutanee. Si manifestano come una dermatite irritativa
da contatto.
Reazioni tipo ustione solare, con eritema, edema, vescicole, bolle.
Sensazione urente.
Compaiono già alla prima fotoesposizione. Sono dose dipendenti.
Istologia: edema intracellulare, cheratinociti apoptotici – anche molto
numerosi, modesto infiltrato linfocitario nel derma superiore..
2) Reazioni fotoallergiche: si forma un fotoallergene che inizia una
risposta immunologica di tipo IV. Si manifestano come una dermatite
allergica da contatto.
Reazioni di tipo eczematoso: papule, vescicole, bolle, croste,
desquamazione. Prurito.
Non compaiono alla prima fotoesposizione. Non sono dose dipendenti.
Istologia: spongiosi linfocitaria nell’epidermide, infiltrato linfocitario
dermico denso.
Dermatiti fototossiche sistemiche
Dopo ingestione di una quantità sufficiente di un farmaco
fotosensibulizante: tranquillanti, antidepressivi, antipsicotici,
antimicotici, antibiotici (tetracicline, ac.nalidixuco)
Patogenesi: formazione di fotoprodotti tossici come radicali liberi e
specie di ossigeno reattive. Bersagli: DNA e membrane cellulari
(membrane plasmatiche, lisosomiali, mitocondriali).
Spettro di azione: UVA
Clinica: ustione solare “esagerata”, entro ore dall’esposizione. Eritema,
edema, vescicole, bolle, confinate alle aree fotoesposte. Talvolta
pigmentazione.
Istologia: edema intracellulare, cheratinociti apoptotici,- anche molto
numerosi, in dipendenza della gravità. Scarso infiltrato linfocitario nel
derma.
Al fototest: UVA MED molto più basso del normale, che si normalizza
progressivamente dopo l’escrezione del farmaco.
Le manifestazioni scompaiono dopo l’escrezione del farmaco.
Dermatite fototossica da tetraciclina
Impiegata nella terapia dell’acne
Dermatiti fototossiche topiche: per contatto accidentale o a scopo
terapeutico con il fotosensibilizzante seguito da irraiazione UVA.
Sostanze fotosensibilizzanti:
• furocumarine (origine vegetale: frutta, verdure, usati in profumeria,
come l’olio di bergamotto,
• Catrami: agenti terapeutici, lastricazione delle strade,
impermeabilizzazione di tetti..
• rosa bengale per la diagnostica oftalmologica
•Fitodermatiti: sono dermatiti fototossiche topiche con reazione
infiammatoria per contatto con alcune piante ed esposizione alla luce,
per diporto o per lavoro. In primavera o estate, nei raccoglitori di sedano
e di carote, baristi (limoncello) in bar all’aperto, casalinghe. Uso di
profumi con essenze di bergamotto.
Sintomi: Dolore urente, prurito
Eritema, edema vescicole, bolle. Strisce di forma bizzarra, con pattern
artificiale, che indicano l’artefatto. Pigmentazione residua con la stessa
forma.
Fitodermatite da umbelliferae (la
paziente ripuliva il giardino)
Da bagno di sole in un prato
DERMATITE FOTOTOSSICA (già in fase di ripa-
razione)
Cheratinociti in apoptosi
Ipergranulosi ed ipercheratosi
Iperplasia delle creste interpapillari
Modesto infiltrato lifocitario nel derma superiore,
lievemente più denso intorno ai vasi sanguigni
Questi ultimi appaiono dilatati
Cheratinociti in apoptosi: il
nucleo non è più visibile,
citoplasma omogeneo inten-
samente eosinofilo
Fase di riparazione
Dermatiti fotoallergiche
Sostanze chimiche applicate localmente (antisettici, antibiotici, profumi.
Le molecole assorbono fotoni e formano fotoprodotti che si legano alle
proteine del paziente pe formare antigeni. Reazione da ipersensibilità di
tipo IV. A volte somministrazione sistemica e successiva elicitazione
topica o vice-versa.
Comparsa delle manifestazioni, solo in persone ipersensibili,
indistinguibili dalla dermatite allergica da contatto. Aree fotoesposte.
Con estensione alle aree adiacenti.
Istologia: spongiosi linfocitaria nell’epidermide, infiltrato linfocitario
nel derma.
Diagnosi: Patch e foto-patch test.
A volte persiste per mesi o anni (reazione persistente alla luce),
nonostante l’allontanamento dell’agente etiologico.
Dermatite fotoallergica da Trimethoprim-sulfametossazolo
Reazione persistente alla luce
Eruzione polimorfa solare
Un gruppo eterogeneo di eruzioni recidivanti idiopatiche da
ipersensibilità alla luce
Ipersensibilità di tipo ritardato ad auto-antigeni indotti dall’UVA e UVB
• Primavera –estate.
• Entro qualche ora dalla fotoesposizione.
• Prurito. Lesioni papulose e papulo vescicolose. Meno frequentemente
placche urticarioidi.
• Desensibilizzazione spontanea nel corso della stagione, dovuta alle
nuove esposizioni.
Eruzione polimorfa solare
Papule
Placche urticarioidi
Orticaria solare
Dermopatia caratterizzata da pomfi esclusivamente localizzati alle
regioni fotoesposte.
Compare pochi minuti dopo l’inizio della fotoesposiziolne. Si risolve in
qualche ora.
Spettro di azione: UVB, UVA
Reazione di ipersensibilità di tipo immediato a fotoallergeni cutanei o
circolanti.
Terapia: desensibilizzazione con basse dosi crescenti di UVB nello stesso
giorno
Fototest posititivo per UVA
Dermatosi cronica attinica
Insulto da fotoesposizione attinica ripetuto cronicamente nell’arco di
molti anni.
Persone con fototipo da I a III, o anche IV che hanno subito una
fotoesposizione attinica cumulativa pesante, come succede ai lavoratori
all’aperto.
Dipende dalla entità e dalla durata della fotoesposizione
È localizzata esclusivamente alle regioni cronicamente fortoesposte.
Oltre i 40 anni. Contadini, lavoratori nelle fattorie, pescatori, muratori,
istruttori di tennis e di nuoto, assistenti bagnanti, montanari.
Più severa in individui di razza bianca che vivono in regioni molto
assolate, indipendentemente dalla altitudine.
Spettro di azione: UVA, visibile, infrarosso.
Regioni cronicamente fotoesposte: volto, regioni periorbitarie,
cuoio capelluto nei calvi, nuca (Cutis Rhomboidalis Nuchae, con
profondi solchiromboidali) avambracci, dorso delle mani.
Pelle grinzosa, corificata, giallastra, con rughe profonde e
permanenti e rughe sottili a carta di sigaretta. Telengectasia.
Comedoni periorbitali. Cheratosi attiniche, lentigo solari.
Lentigo solari
Dermatosi cronica attinica Alla regione zigomatica si vede
anche un carcinoma basocellulare
Dermatosi cronica attinica
Confronto fra pelle
cronicamente fotoesposta e
pelle fotoprotetta in quanto
coperta dagli indumenti
Omogeneizzazione e basofilia di fasci collageni nel derma
reticolare, che inoltre prendono le caratteristiche tintoriali delle fibre
elastiche (si colorano in marrone con l’orceina). Emangectasie. Fibrosi
del derma papillare. Appianamento dell’interfacie dermo-epidermica.
Assottigliamento dell’epidemide.
Dermatosi cronica attinica Istologia