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FOTODERMATOLOGIA La fotodermatologia studia le interazioni fra le radiazioni luminose (Ultravioletto e luce visibile ) e la cute. Quando la luce, ultravioletta o visibile raggiunge la superficie cutanea, una parte di essa penetra e viene assorbita da molecole della pelle chiamate cromofori (non confondere con i cromatofori, che sono cellule contenenti pigmento). A questo punto, delle reazioni fotochimiche convertono i cromofori in altre molecole, chiamate fotoprodotti, i quali stimolano l’attivazione di percorsi biomolecolari che culminano nella produzione di citochine e in una serie di effetti cellulari, come la proliferazione, e l’apoptosi.

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FOTODERMATOLOGIA

La fotodermatologia studia le interazioni fra le radiazioni luminose

(Ultravioletto e luce visibile ) e la cute.

Quando la luce, ultravioletta o visibile raggiunge la superficie cutanea,

una parte di essa penetra e viene assorbita da molecole della pelle

chiamate cromofori (non confondere con i cromatofori, che sono cellule

contenenti pigmento). A questo punto, delle reazioni fotochimiche

convertono i cromofori in altre molecole, chiamate fotoprodotti, i quali

stimolano l’attivazione di percorsi biomolecolari che culminano nella

produzione di citochine e in una serie di effetti cellulari, come la

proliferazione, e l’apoptosi.

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La luce visibile e le radiazioni

ultraviolette sono parte dello

spettro di radiazioni elettro-

magnetiche emesse dal sole che

vanno dai raggi X, le radiazioni

con la minore lunghezza d’onda

alle radio onde, quelle con la

lunghezza d’onda maggiore.

Minore è la lunghezza d’onda,

maggiore è la frequenza e

maggiore l’energia delle

radiaziani.

Radiazioni elettromagnetiche classificate

per lunghezza d’onda

Banda

Range di lunghezza

d’onda in nanometri

Raggi X 01-10

Ultravioletto del vuoto 10-200

Ultravioletto C

200-290

Ultravioletto B 290-320

Ultravioletto A (UVA) • UVAI • UVAII

320-400 •340-400 •320-340

Visibile

• Violetto • Blu • Verde • Giallo • Rosso

400-760 • 400 • 470 • 530 • 600 • 700

Infrarosso vicino 760-1000

Infrarosso lontano 1000-100.000

Microonde e radioonde Più di 10 alla sesta

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Le lunghezze d’onda inferiori a 290 nm (raggi gamma, ultravioletto del

vuoto e ultravioletto C) non raggiungono la superficie terrestre, poiché

sono schermate dallo strato di ozono che sta nella stratosfera.

L’ultravioletto C, che è capace di uccidere le cellule poiché viene

assorbito dal DNA, viene prodotto da speciali lampade e usato come

germicida, per la purificazione dell’aria e dell’acqua.

L’ultravioletto B (290-320 nm) rappresenta soltanto il 5% dell’UV e lo

0,5% delle radiazioni che raggiungono la superficie terrestre. Tuttavia

esso rappresenta, fra queste, la lunghezza d’onda biologicamente più

attiva ed è il maggior responsabile delle ustioni solari.

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L’ultravioletto A (320-400 nm) rappresenta il 95% dell’ultravioletto che

raggiunge la superficie terrestre.

E’stato suddiviso in UVAI e UVAII, poiché, dei due, il secondo può

causare danni di maggiore entità alla pelle umana non sensibilizzata.

La fotoprotezione deve essere realizzata sia contro l’UVB, che trasporta

più energia ed è potenzialmente più pericoloso soprattutto riguardo ai

danni acuti, sia contro l’UVA, che contiene meno energia ma raggiunge

la terra in quantità di gran lunga maggiore.

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La luce visibile (400-760 nm) comprende le lunghezze d’onda percepite

dall’occhio umano.

Ogni lunghezza d’onda entro questo range corrisponde a un diverso

colore della luce.

Eventuali risposte della cute a queste lunghezze d’onda necessitano di

fotosensibilizzazione con sostanze chimiche.

Visibile

• Violetto • Blu • Verde • Giallo • Rosso

400-760

• 400 • 470 • 530 • 600 • 760

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Le radiazioni elettromagnetiche possono essere considerate come onde o

come pacchetti di energia chiamati fotoni.

Le radiazioni elettromagnetiche considerate come onde consistono di

un campo magnetico e un campo elettrico che oscillano ad angolo retto

l’uno rispetto all’altro e si propagano e ad angolo retto rispetto alla

direzione delle oscillazioni.

Quindi esse possono essere descritte sia in base alla loro frequenza (il

numero di oscillazioni al secondo), sia in base alla lunghezza d’onda

(distanza fra due creste d’onda o fra due ventri d’onda.

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Poiché le radiazioni elettromagnetiche si propagano tutte alla stessa

velocità (300.000 Km/sec), la frequenza e la lunghezza d’onda sono

inversamente proporzionali, il che è espresso dalla formula:

v = c/λ

dove c = velocità della radiazione, che è sempre la stessa, v = frequenza,

λ = la lunghezza d’onda espressa in metri.

c = v · λ =

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Se si considerano le radiazioni come una corrente di pacchetti discreti di

energia (quanti o fotoni), la quantità di energia in un fotone (quanto) è

direttamente proporzionale alla frequenza della radiazione e

inversamente proporzionale alla sua lunghezza d’onda, come espresso

dalla legge d Plank:

E = hv = hc/λ

Dove

E = l’energia del fotone espressa in joule

h = la costante di Plank (6,626 X 10-34 J/sec)

v = la frequenza

c = la velocità dalla radiazione

λ = la lunghezza d’onda

Questa relazione mostra che l’energia aumenta quando la frequenza

aumenta e quando la lunghezza d’onda si riduce.

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Le lunghezze d’onda inferiori di 290 nm (ultravioletto C, ultravioletto

del vuoto, raggi gamma e raggi x) emesse dal sole non raggiungono la

superficie terrestre perché vengono assorbite dall’ozono e dall’ossigeno

molecolare presenti nella stratosfera.

In relazione alla localizzazione geografica all’altitudine e alla

stagione, la luce del sole produce fra i due e i 6 milioni di W/cm² di

radiazioni fra i 290 e i 400 nm.

Il filtraggio delle radiazioni di lunghezza d’onda minore da parte dello

strato di ozono dell’atmosfera è di estrema importanza, poiché gli effetti

di queste radiazioni sono devastanti per gli esseri viventi, piante e

animali.

Sorgenti di luce ultravioletta

Sole

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Altre sorgenti di ultravioletto

• Lampade a incandescenza: la corrente elettrica percorre e rende

incandescente il filamento, che emetta così radiazioni

elettromagnetiche, quasi tutte nello spettro del visibile e

dell’infrarosso. Producono una minima quantità di UVA, pericolosa

in alcune forme di ipersensibilità alla luce.

• Lampade a Xenon. Lo Xenon è reso incandescente sotto alte

pressioni ed emette UV e luce visibile con uno spettro continuo.

Queste lampade la sorgente di radiazioni nei simulatori solari e, con

opportuni filtri, nelle lampade per i test di fotoprovocazione e in

fototerapia.

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• Lampade al mercurio: se il gas è a bassa pressione emettono

ultravioletto germicida.

• Lampade fluorescenti: sono quelle più comunemente usate in

fototerapia. Sono lampade a mercurio a bassa pressione modificate,

con due elettrodi alle estremità. La superficie interna del tubo è

rivestita di fosforo, che assorbe le radiazioni di 254 nm e le riemette

a lunghezza d’onda maggiore, in bande nel range dell’UVB e

dell’UVA. Sono utili per la fototerapia nella psoriasi, nella vitiligine

e in alcuni linfomi cutanei.

• Le lampade a luce di Wood: sono piccole lampade a fluorescenza

con un involucro di vetro che assorbe il visibile e trasmette l’UVA.

Utili nella diagnostica, grazie alle emissioni fluorescenti da parte di

molecole, contenute nella pelle, in certe condizioni patologiche.

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LASER

La parola laser è un acronimo per: Light Amplification by Stimulated

Emission of Radiation: Amplificazione di Luce tramite Emissione

Stimolata di Radiazione.

Questa sigla indica un dispositivo in grado di emettere un fascio di luce

coerente e monocromatica, concentrata in un raggio rettilineo

estremamente collimato. La luminosità delle sorgenti laser è

elevatissima.

La luce laser viene ottenuta eccitando gli atomi di un determinato

materiale fino a uno stato metastabile, in modo che, quando essi

vengono ulteriormente eccitati da un fotone incidente, emettono a loro

volta fotoni. In questo modo perdono l’energia che li rendeva instabili e

si diseccitano. I nuovi fotoni vanno a stimolare altri atomi, con emissione

di altri fotoni, con un effetto valanga. Quindi la luce che attraversa

questo materiale viene amplificata.

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I fotoni in uscita sono nella stessa direzione dei fotoni che hanno

provocato il diseccitamento, e sono tutti in fase fra loro cioè tutte le

creste coincidono interamente con le creste, così come i ventri

d’onda. Questo porta all’amplificazione del raggio luminoso.

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Caratteristiche della luce laser:

• Direzionalità: la radiazione viene emessa in un’unica direzione.

Vale a dire: l’angolo solido sotteso da un fascio laser è estremamente

piccolo.

• Monocromaticità: le radiazioni emesse appartengono a una banda

molto ristretta di lunghezze d’onda.

• Brillanza: la quantità di energia emessa per unità di angolo solido è

enormemente più elevata rispetto alle sorgenti tradizionali, perché è

più elevato il numero dei fotoni per unità di frequenza.

• Coerenza: mentre nell’emissione spontanea ogni fotone viene

emesso in maniera casuale rispetto agli altri, nell’emissione stimolata

ogni fotone ha la stessa fase del fotone che ha indotto l’emissione. La

fase viene mantenuta nello spazio e nel tempo.

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Quando le radiazioni visibili e quelle ultraviolette raggiungono la pelle,

• una parte di esse viene restituita

perché riflessa o dispersa,

• una parte viene assorbita dai

cromofori dei diversi strati

cutanei

• una parte viene trasmessa in

profondità, dove subisce via via

riflessione, dispersione, assor-

bimento o ulteriore trasmissione

in profondità, fino a quando

l’energia del raggio viene

dissipata.

PROPRIETÀ OTTICHE DELLA PELLE

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L’ultravioletto B viene subito assorbito

dalle proteine e dal DNA. Questo

fenomeno, assieme alla dispersione,

rende conto della scarsa penetrazione di

questa banda, di cui soltanto il 50%

circa raggiunge la giunzione dermo

epidermica.

Soltanto l’ultravioletto A

raggiunge il derma superiore.

Soltanto il visibile raggiunge il

derma reticolare medio e

profondo.

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Spettri di

assorbimento dei

diversi cromofori

cutanei

Le melanine assorbono in modo relativamente uniforme sia nello spettro

dell’ultravioletto che in quello del visibile.

Esse sono normalmente presenti soltanto nell’epidermide, dove si

comportano come un filtro neutro, che diminuisce la quantità di luce

restituita dalla cute. Maggiore è la quantità di melanina e maggiore la

quantità di luce assorbita e minore quella riflessa, più scura appare la

pelle.

L’emoglobina degli eritrociti nei vasi cutanei assorbe le lunghezze

d’onda più brevi del visibile (blu) e restituisce le più lunghe (rosse).

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• Normalmente le molecole si trovano nel cosiddetto “ stato

fondamentale” ed hanno una certa distribuzione degli elettroni negli

spazi attorno al nucleo.

• Quando una molecola assorbe l’energia dell’ultravioletto o della luce

visibile, questa energia viene impiegata nel seguente modo: un

elettrone dell’ultimo strato finora occupato salta ad un orbitale più

esterno (di maggiore energia) ancora non occupato, e la molecola è

promossa ad uno stato eccitato.

• Per ciascuna molecola esiste una serie di stati elettronici, associati a

più alti livelli di energia e a diversa distribuzione degli elettroni,

chiamati “stato eccitato”.

• fra uno stato elettronico e l’altro sono permessi solo intervalli di

energia e quindi una molecola può assorbire solo fotoni associati a una

certe quantità di energia.

• A questo consegue uno spettro di assorbimento unico per ogni

molecola.

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Un possibile stato eccitato di una molecola viene detto stato di

singoletto eccitato. Si parla di singoletto eccitato quando come

conseguenza del “salto” energetico dell’elettrone (dall’ultimo orbitale

occupato al primo non occupato), la molecola si ritrova con due elettroni

esterni con spin opposti.

Questo stato dura pochi nanosecondi, dopodiché la molecola restituisce

l’energia assorbita o sotto forma di luce, o sotto forma di calore.

In alternativa:

• la molecola può andare incontro a una reazione chimica fornendo un

fotoprodotto, oppure

• può convertirsi a un nuovo stato eccitato: il tripletto eccitato, nel quale

i due elettroni hanno lo stesso spin.

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•Il singoletto viene chiamato così perché gli spin dei due elettroni

possono allinearsi in un solo modo, rispetto a un campo magnetico

esterno.

• Il tripletto si chiama così perché gli spin dei due elettroni si possono

allineare in tre modi diversi rispetto a un campo magnetico esterno.

Lo stato di tripletto richiede meno energia dello stato di singoletto.

La maggior parte delle molecole allo stato fondamentale si trovano in

uno stato di singoletto (ovviamente non eccitato), ossia con i due

elettroni esterni con spin opposti. Da qui, se ricevono energia possono

passare a uno stato di singoletto eccitato, sempre con gli elettroni esterni

aventi spin opposti.

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L’ossigeno molecolare (O2) allo stato fondamentale fa eccezione, perché

si trova normalmente nello stato di tripletto (non eccitato), ossia con due

elettroni esterni, ciascuno nel suo orbitale, con lo stesso spin.

In seguito alla somministrazione di energia, questi due elettroni si

ritrovano a condividere lo stesso orbitale e ad avere spin opposto. Si

dice allora che la molecola di O2 è passata allo stato di singoletto

eccitato.

Questa configurazione “contiene” più energia ed è instabile. La

molecola tende a restituire l’energia ricevuta, o come energia termica, o

come energia luminosa, o come energia chimica.

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Nel corso di una reazione fotochimica di una molecola in stato eccitato,

il cromoforo può essere trasformato in una nuova molecola più stabile, il

fotoprodotto.

Per esempio, quando timina e citosina (le due pirimidine del DNA)

assorbono UVB, si legano con legame covalente formando dimeri

ciclici delle pirimidine.

Il 7-deidrocolesterolo, sotto l’effetto dell’UVB forma pro-vitamina D.

Quando certi farmaci, come le tetracicline assorbono l’UV e/o la luce

visibile, possono causare una reazione infiammatoria. Il fenomeno è

chiamato: fotosensibilizzazione.

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Le risposte ala fotosensibilizzazione sono mediate da specie di ossigeno

reattive, come l’ossigeno singoletto e il perossido di idrogeno, e da

radicali liberi, Queste molecole ossidano lipidi insaturi, proteine, acidi

nucleici, e i prodotti di queste ossidazioni danno il via a processi di

transduzione di segnali* che portano alla produzione di mediatori

dell’infiammazione, come alcune prostaglandine e alcune citochine, fra le

quali il Tumor Necrosis Factor e le interleuchine.

*In biologia la trasduzione di segnale è il meccanismo che converte uno

stimolo meccanico o chimico in una specifica risposta cellulare

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La fotocarcinogenesi è provocata da due azioni combinate dell’UVB:

l’azione mutagena sul DNA e la immunosoppressione fotoindotta.

Quest’ultima può essere sia locale che sistemica .

L’imunosoppressione fotoindotta è collegata direttamente alla

formazione di dimeri delle pirimidine che compromettono la funzione

delle cellule presentanti l’antigene.

Inoltre l’effetto ossidante delle specie di ossigeno reattive si esercita

anche sulle membrane plasmatiche delle cellule immuno-competenti,

limitando la loro capacità di ricevere e trasmettere segnali.

L’irradiazione UVB dei cheratinociti altera la sintesi e la secrezione di

numerose molecole immunomodulatrici, come le interleuchine 1, 6, e 8,

come il TNF-alfa (Tumor Necrosis Factor- alfa) e la prostaglandina E.

Inoltre i cheratinociti irradiati con UVB secernono interleuchina 10, che

inibisce la risposta immunitaria cellulo-mediata.

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Ustioni da fotoesposizione attinica

Il maggiore responsabile della patologia da fotoesposizione attinica è

l’ultravioletto.

In fotomedicina le radiazioni ultraviolette sono divise in due tipi

principali: l’UVB (290-320 nm), che è lo spettro delle ustioni da

fotoesposizione, e l’ultravioletto A (320-400 nm), a sua volta suddiviso

in UVA I (340-400 nm) e UVA II (320-340 nm).

L’unità di misura per le ustioni solari è il MED (minimum erythema

dose), che è la minima esposizione all’ultravioletto che produce un

eritema a margini netti nella sede dell’irradiazione, 24 ore dopo una

singola esposizione.

La MED è espressa in mJ/cm² (UVB) o in J/cm² (UVA). Negli

Europeiformi è di 20-40mJ/cm² (per soggetti dalla pelle chiara, circa 20

minuti alle latitudini nordiche a mezzogiorno in giugno).

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Le ustioni solari sono più frequenti in individui dalla pelle chiara e

limitata capacità di abbronzarsi.

In base alla capacità di abbronzarsi si distinguono 6 fototipi:

• Fototipo 1: pelle chiarissima. Non si abbronzano. Si ustionano molto

facilmente

• Fototipo II: pelle chiara. Si abbronzano con difficoltà, si ustionano

facilmente

• Fototipo III: pelle abbastanza chiara. Si abbronzano facilmente, ma

all’inizio si ustionano

• Fototipo IV: pelle olivastra. Si abbronzano facilmente, si ustionano

raramente

• Fototipo V: pelle marrone. Si abbronzano facilmente, eccezionalmente

si ustionano.

• Fototipo VI: pelle marrone scuro. Diventano più scuri. Non si

ustionano.

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Ustioni solari (Ustioni da fotoesposizione attinica)

Le ustioni solari dipendono dalla quantità di energia ricevuta e dalla

suscettibilità individuale. Dunque sono più frequenti a mezzogiorno,

aumentano con l’aumentare della latitudine e col ridursi dell’altitudine,

e sono in relazione inversa al numero attribuito al fototipo.

Bambini e anziani hanno una maggiore suscettibilità a ustionarsi.

Patogenesi: Non si conosce il cromoforo che dà inizio alla risposta

infiammatoria. I mediatori della risposta infiammatoria includono, fra

gli altri, il TNF α, la serotonina, le prostaglandine.

Il danno del DNA con formazione di dimeri della timina inizia la

risposta protettiva che l’incremento della pigmentazione melanica.

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Gli effetti della ustione solare si manifesta a 6-24 ore dall’esposizione al

sole o a una sorgente artificiale di UV. Sintomi: prurito nelle forme lievi,

dolore urente e dolorabilità nele forme più gravi.

Edema, vescicole, bolle. Poi le vescicole e le bolle e si rompono

lasciando aree di erosione, formano croste che poi si staccano. Infine

desquamazione fino alla guarigione.

Sintomi generali: cefalea, brividi,

febbricola, astenia, tachicardia.

Manifestazioni cutanee: eritema

brillante confinato alle regioni foto-

esposte e nettamente marginato.

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Prevenzione: filtri prototettivi ad ampio spettro.

Terapie:

• topiche: impacchi freschi, corticosteroidi topici.

• sistemiche: acido acetilsalicilico, antinfiammatori non steroidei,

nelle forme più gravi riposo a letto, corticosteroidi sistemici

(discussi), sostituzione di fluidi ed elettroliti, profilassi delle

infezioni.

Esiti: l’unica reazione permanente, anche dopo foto-ustioni gravi, può

essere una depigmentazione a piccole chiazze o la comparsa eruttiva di

lentigo solari.

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1) Reazioni fototossiche : sono dovute a reazioni fotochimiche che

causano alterazioni cutanee. Si manifestano come una dermatite irritativa

da contatto.

Reazioni tipo ustione solare, con eritema, edema, vescicole, bolle.

Sensazione urente.

Compaiono già alla prima fotoesposizione. Sono dose dipendenti.

Istologia: edema intracellulare, cheratinociti apoptotici – anche molto

numerosi, modesto infiltrato linfocitario nel derma superiore..

2) Reazioni fotoallergiche: si forma un fotoallergene che inizia una

risposta immunologica di tipo IV. Si manifestano come una dermatite

allergica da contatto.

Reazioni di tipo eczematoso: papule, vescicole, bolle, croste,

desquamazione. Prurito.

Non compaiono alla prima fotoesposizione. Non sono dose dipendenti.

Istologia: spongiosi linfocitaria nell’epidermide, infiltrato linfocitario

dermico denso.

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Dermatiti fototossiche sistemiche

Dopo ingestione di una quantità sufficiente di un farmaco

fotosensibulizante: tranquillanti, antidepressivi, antipsicotici,

antimicotici, antibiotici (tetracicline, ac.nalidixuco)

Patogenesi: formazione di fotoprodotti tossici come radicali liberi e

specie di ossigeno reattive. Bersagli: DNA e membrane cellulari

(membrane plasmatiche, lisosomiali, mitocondriali).

Spettro di azione: UVA

Clinica: ustione solare “esagerata”, entro ore dall’esposizione. Eritema,

edema, vescicole, bolle, confinate alle aree fotoesposte. Talvolta

pigmentazione.

Istologia: edema intracellulare, cheratinociti apoptotici,- anche molto

numerosi, in dipendenza della gravità. Scarso infiltrato linfocitario nel

derma.

Al fototest: UVA MED molto più basso del normale, che si normalizza

progressivamente dopo l’escrezione del farmaco.

Le manifestazioni scompaiono dopo l’escrezione del farmaco.

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Dermatite fototossica da tetraciclina

Impiegata nella terapia dell’acne

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Dermatiti fototossiche topiche: per contatto accidentale o a scopo

terapeutico con il fotosensibilizzante seguito da irraiazione UVA.

Sostanze fotosensibilizzanti:

• furocumarine (origine vegetale: frutta, verdure, usati in profumeria,

come l’olio di bergamotto,

• Catrami: agenti terapeutici, lastricazione delle strade,

impermeabilizzazione di tetti..

• rosa bengale per la diagnostica oftalmologica

•Fitodermatiti: sono dermatiti fototossiche topiche con reazione

infiammatoria per contatto con alcune piante ed esposizione alla luce,

per diporto o per lavoro. In primavera o estate, nei raccoglitori di sedano

e di carote, baristi (limoncello) in bar all’aperto, casalinghe. Uso di

profumi con essenze di bergamotto.

Sintomi: Dolore urente, prurito

Eritema, edema vescicole, bolle. Strisce di forma bizzarra, con pattern

artificiale, che indicano l’artefatto. Pigmentazione residua con la stessa

forma.

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Fitodermatite da umbelliferae (la

paziente ripuliva il giardino)

Da bagno di sole in un prato

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DERMATITE FOTOTOSSICA (già in fase di ripa-

razione)

Cheratinociti in apoptosi

Ipergranulosi ed ipercheratosi

Iperplasia delle creste interpapillari

Modesto infiltrato lifocitario nel derma superiore,

lievemente più denso intorno ai vasi sanguigni

Questi ultimi appaiono dilatati

Cheratinociti in apoptosi: il

nucleo non è più visibile,

citoplasma omogeneo inten-

samente eosinofilo

Fase di riparazione

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Dermatiti fotoallergiche

Sostanze chimiche applicate localmente (antisettici, antibiotici, profumi.

Le molecole assorbono fotoni e formano fotoprodotti che si legano alle

proteine del paziente pe formare antigeni. Reazione da ipersensibilità di

tipo IV. A volte somministrazione sistemica e successiva elicitazione

topica o vice-versa.

Comparsa delle manifestazioni, solo in persone ipersensibili,

indistinguibili dalla dermatite allergica da contatto. Aree fotoesposte.

Con estensione alle aree adiacenti.

Istologia: spongiosi linfocitaria nell’epidermide, infiltrato linfocitario

nel derma.

Diagnosi: Patch e foto-patch test.

A volte persiste per mesi o anni (reazione persistente alla luce),

nonostante l’allontanamento dell’agente etiologico.

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Dermatite fotoallergica da Trimethoprim-sulfametossazolo

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Reazione persistente alla luce

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Eruzione polimorfa solare

Un gruppo eterogeneo di eruzioni recidivanti idiopatiche da

ipersensibilità alla luce

Ipersensibilità di tipo ritardato ad auto-antigeni indotti dall’UVA e UVB

• Primavera –estate.

• Entro qualche ora dalla fotoesposizione.

• Prurito. Lesioni papulose e papulo vescicolose. Meno frequentemente

placche urticarioidi.

• Desensibilizzazione spontanea nel corso della stagione, dovuta alle

nuove esposizioni.

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Eruzione polimorfa solare

Papule

Placche urticarioidi

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Orticaria solare

Dermopatia caratterizzata da pomfi esclusivamente localizzati alle

regioni fotoesposte.

Compare pochi minuti dopo l’inizio della fotoesposiziolne. Si risolve in

qualche ora.

Spettro di azione: UVB, UVA

Reazione di ipersensibilità di tipo immediato a fotoallergeni cutanei o

circolanti.

Terapia: desensibilizzazione con basse dosi crescenti di UVB nello stesso

giorno

Fototest posititivo per UVA

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Dermatosi cronica attinica

Insulto da fotoesposizione attinica ripetuto cronicamente nell’arco di

molti anni.

Persone con fototipo da I a III, o anche IV che hanno subito una

fotoesposizione attinica cumulativa pesante, come succede ai lavoratori

all’aperto.

Dipende dalla entità e dalla durata della fotoesposizione

È localizzata esclusivamente alle regioni cronicamente fortoesposte.

Oltre i 40 anni. Contadini, lavoratori nelle fattorie, pescatori, muratori,

istruttori di tennis e di nuoto, assistenti bagnanti, montanari.

Più severa in individui di razza bianca che vivono in regioni molto

assolate, indipendentemente dalla altitudine.

Spettro di azione: UVA, visibile, infrarosso.

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Regioni cronicamente fotoesposte: volto, regioni periorbitarie,

cuoio capelluto nei calvi, nuca (Cutis Rhomboidalis Nuchae, con

profondi solchiromboidali) avambracci, dorso delle mani.

Pelle grinzosa, corificata, giallastra, con rughe profonde e

permanenti e rughe sottili a carta di sigaretta. Telengectasia.

Comedoni periorbitali. Cheratosi attiniche, lentigo solari.

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Lentigo solari

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Dermatosi cronica attinica Alla regione zigomatica si vede

anche un carcinoma basocellulare

Dermatosi cronica attinica

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Confronto fra pelle

cronicamente fotoesposta e

pelle fotoprotetta in quanto

coperta dagli indumenti

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Omogeneizzazione e basofilia di fasci collageni nel derma

reticolare, che inoltre prendono le caratteristiche tintoriali delle fibre

elastiche (si colorano in marrone con l’orceina). Emangectasie. Fibrosi

del derma papillare. Appianamento dell’interfacie dermo-epidermica.

Assottigliamento dell’epidemide.

Dermatosi cronica attinica Istologia