News SA 23 2015

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News 23/SA/2015

Lunedì,15 Giugno

2015

Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi

Corpo estraneo in cioccolato dalla Germania e frammenti di vetro in vino dal Sudafrica. Ritirati dal mercato europeo 63 prodotti.

Nella settimana n°23 del 2015 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 63 (8 quelle inviate dal Ministero della salute italiano).L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende due casi: corpo estraneo (filo di 1,5 cm) in barretta di cioccolato dalla Germania; frammenti di vetro (molto piccoli) in vino dal Sudafrica.Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: Mycobacterium tuberculosis (Mycobacterium bovis) in frattaglie di bovino provenienti dalla Romania; sostanza non autorizzata (E 251 – nitrato di sodio) in tonno fresco (Thunnus albacares) dalla Spagna; cadmio in calamari congelati (Illex spp) argentini; Salmonella spp. e Salmonella typhimurium in carne suina congelata dalla Germania; mercurio pesce spada fresco (Xiphias Gladius) dalla Spagna.Allerta per frammenti di vetro in vino dal Sudafrica.E ancora: lumache vive dal Marocco, via Spagna infestate da larve di insetti; sostanza non autorizzata (E 452 – polifosfati) in tonno fresco dalla Spagna; Salmonella spp. in germogli di soia provenienti dai Paesi Bassi; presenza di DNA di ruminanti in proteine animali trasformate destinate a mangime provenienti da Spagna.

Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato, la Svizzera segnala la presenza di Listeria monocytogenes in gorgonzola.  (Articolo di Valeria Nardi)

Fonte: ilfattoalimentare.it

Esposizione al perclorato in frutta e verdura: nuovo parere scientifico dell’EFSA, dopo l’errore tecnico dello scorso ottobre

L’Efsa ha eseguito una nuova stima dell’esposizione alimentare al percloratoDopo aver ritirato il parere pubblicato lo scorso ottobre a causa di un errore tecnico, gli esperti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) hanno eseguito una nuova stima dell’esposizione alimentare dei consumatori al perclorato, in particolare in frutta e verdura, utilizzando dati rettificati sui livelli di perclorato negli alimenti e tenendo conto di dati di rilevamento più aggiornati.Il perclorato è un contaminante chimico rilasciato nell’ambiente, sia da fonti naturali sia antropiche. L’uso di fertilizzanti naturali e acque irrigue contaminate da perclorato può portare a un notevole accumulo della sostanza nei vegetali a foglia, perché prelevato efficacemente dall’apparato radicale della pianta. Allo stesso modo, l’irrigazione con acque di pozzo contaminate con perclorato può contribuire al suo accumulo nella pianta.

L’esposizione alimentare cronica al perclorato è fonte di preoccupazioneGli esperti dell’Efsa che si occupano di contaminanti nella catena alimentare hanno stabilito che la dose giornaliera tollerabile di perclorato è di 0,3 microgrammi per kg di peso corporeo, calcolandola sulla base dell’inibizione della captazione tiroidea di iodio in adulti sani. La dose giornaliera tollerabile è la stima della quantità di una sostanza che può essere consumata quotidianamente durante la vita, senza incorrere in rischi rilevanti per la salute.Secondo l’Efsa, è improbabile che una singola esposizione acuta a livelli di perclorato riscontrati nel cibo e nell’acqua possa causare effetti nocivi sulla salute umana, anche nei gruppi più vulnerabili della popolazione e pertanto non è necessario stabilire una dose acuta di riferimento per il perclorato. L’Efsa afferma che l’esposizione alimentare cronica al perclorato è potenziale fonte di preoccupazione, in particolare per i giovani che presentano da una lieve a moderata carenza di iodio, e che l’esposizione a questo contaminante chimico può essere preoccupante per i neonati allattati al seno da madri che presentino una carenza di iodio. (Articolo di Beniamino Bonardi) Fonte: ilfattoalimentare.it

“Algusto di”...vietato in caso di aromi (anche naturali)

Con una propria sentenza C-195/14  la Corte di Giustizia UE ha decretato- in richiamo all’articolo 7, del reg. 1169/2011 dell’Unione- “Pratiche Leali di Informazione” che in caso di messaggi di marketing in etichetta dei prodotti alimentari e bibite quali “al gusto di… (fragola, lampone, etc)” tale indicazione sia da limitarsi ai prodotti che effettivamente contengano l’ingrediente.Tuttavia, la Corte ha stabilito che configuri comunicazione ingannevole al consumatore anche la presenza dell’ingrediente… in forma di “aroma naturale" e non quindi solo l’aroma artificiale- o natural-identico-:  i quali ultimi, pure considerabili a tutti gli effetti legali come “ingrediente”, possono davvero trarre in inganno il consumatore.Ma come si è arrivati a questo punto? Probabilmente... perché, con il Reg. 1334/2008, non è più possibile differenziare in etichetta tra aromi davvero naturali e aromi natural-identici- con possibilità di fatto di ingannare il consumatore, adducendo " al gusto di..." pure in presenza di aromi "natural identici" e senza il "vero" ingrediente.La Corte di Giustizia chiarisce così il dettato della normativa Food Information to Consumers su un aspetto particolarmente delicato. Ad ogni modo sarà rimesso alle autorità nazionali la possibilità di intervenire, con ampi spazi di dicrezionalità su quello che sembra uno degli aspetti “scoperti” del marketing alimentare.La sentenza premette ad una migliore segmentazione differenziale tra chi utilizza ingredienti di provenienza agricola e chi invece solo industriale. Spesso gli aromi sono utilizzati per occultare la qualità reale delle materie prime. Va però chiarito meglio- in caso di aromi naturali considerabili a tutti gli effetti ingredienti- quale sia la soglia necessaria per non profilare una comunicazione ingannevole. Ad esempio, l’olio essenziale di bergamotto- a tutti gli effetti un aroma naturale “ingrediente”- potrebbe non essere sufficiente- in base alla interpretazione della Corte- per designare “al gusto di bergamotto” un preparato alimentare. Lo stesso nel caso della vaniglia - con possibilità di essere considerati "fuori legge" in caso di interpretazioni poco accorte delle autorità nazionali (cui pure è rimessa la decisione ultima).Ulteriore aspetto delicato la delega alle autorità nazionali con possibile  frammentazione interpetativa.La sentenza- va ribadito -segnala un profondo disallineamento tra reg. 1169/2011 (più a tutela del consumatore) e reg. 1334/2008 (a favore della grande industria): regolamento, quest’ultimo, che consentiva appunto di nascondere nella stessa categoria gli aromi naturali quali estratti naturali o invece aromi natural-identici (quindi di derivazione chimica), senza che ciò fosse apprezzabile al consumatore. 

Ci si attendono chiarimenti da parte delle istituzioni preposte, al fine di consentire una corretta vendita e informazione ai consumatori ma anche la certezza del diritto ai produttori alimentari. In tal senso, sembra auspicabile una correzione del reg. 1334/2008, al fine di renderlo compatibile con i doveri di informazione ai consumatori quale aspetto di tutela prioritaria. Un'idea di buon senso sarebbe ovviamente quella di inquadrare la sentenza della Corte di Giustizia con la normative 1169- in particolare circa l'ingrediente caratterizzante- (Articolo 22 Indicazione quantitativa degli ingredienti) con obbligo di indicare in percentuale l'aroma naturale, risolvendo possibili ambiguità.

Fonte: :sicurezzaalimentare.it

Cibi bruciacchiati? Attenzione alla salute

L’EFSA a seguito di un lungo periodo di studio dei dati scientifici disponibili è arrivata alla conclusione che l’Acrilammide (ACR) è potenzialmente cancerogena e genotossica ed anche neurotossica. Anche se il tema è stato da noi affrontato nel passato in questo blog (La frittura del cibo: certezze ed incertezze) si ritiene utile precisare alcuni aspetti. L’ACR è una sostanza naturale che si forma durante i processi di cottura ad alta temperatura principalmente per la reazione tra aminoacidi e zuccheri; è quindi la sua presenza in molti alimenti (prodotti da forno,  alimenti tostati e soprattutto nei fritti) è praticamente inevitabile.La conseguenza quindi, anche se inconsapevolmente, è che tutti noi abbiamo assunto e ne assumiamo quantità più o meno rilevanti in funzione delle nostre abitudini alimentari.Se si trattasse di una sostanza di sintesi chimica da aggiungere intenzionalmente agli alimenti, magari sotto forma di additivo, l’EFSA probabilmente non avrebbe espresso un parere favorevole e ne avrebbe sconsigliato l’impiego.Considerando però l’inevitabilità della presenza negli alimenti la stessa EFSA ha raccomandato di ridurne l’assunzione lasciando ai cittadini la scelta su come comportarsi.Qualche consiglio pratico.Molto si può fare nella cucina domestica.Una delle principali fonti di ACR è rappresentata dalla frittura. Come già descritto nel blog a cui si rimanda esistono diverse possibilità ed in particolare nella scelta del grasso da utilizzare, la temperatura, le modalità ed il tempo di cottura.Nelle cotture “a secco”, come nel forno esiste sempre la possibilità di formazione di ACR è il consiglio più semplice per limitarne la produzione è di evitare eccessivi “imbrunimenti” segno di combustione.Nella scelta dei ristoranti , pizzerie, rosticcerie bisogna essere molto attenti. Gli esercenti hanno l’obbligo di seguire dei disciplinari di lavorazione (come ad esempio cambiare con frequenza l’olio di frittura), ma la certezza che questo avvenga non è facile da controllare. La principali armi a disposizione dei

consumatori sono l’olfatto e la vista. Se le pietanze sono fortemente aromatiche, appaiono fortemente colorate o “puzzano” di bruciato, bisogna diffidare  dal mangiarle ed avere il coraggio di rifiutarle.Nella nostra alimentazione quotidiana molti sono i cibi già pronti (biscotti, merendine, patatine fritte, ecc.) di origine artigianale ed industriale. Anche in questi casi esiste il rischio della formazione di ACR. Per evitarlo o eliminarlo le aziende alimentare sono obbligate dei disciplinari di produzione molto rigorosi  che prevedono precisi tempi di cottura e l’applicazione di tecniche anche innovative che effettivamente conferiscono una ottima sicurezza dei prodotti. Le stesse aziende sono obbligate a controllare costantemente i loro prodotti. Inoltre gli organi di controllo ufficiali fanno a loro volte delle verifiche.Conclusioni.Il problema dell’ACR esiste e la sua soluzione dipende anche molto dai nostri comportamenti. Dobbiamo essere coscienti che la presenza di maggiori quantità di ACR nel cibo ne migliora le qualità organolettiche, ma dobbiamo sapere che non sempre il gusto va d’accordo con la sicurezza di quello che mangiamo. Tra le mura di casa possiamo quindi decidere come comportarci.Un problema è la ristorazione collettiva dove tutto dipende dai cuochi che magari cercheranno di conferire sapori ed odori particolari al cibo ed in questo l’ACR arriva in loro aiuto, ma bisogna fare attenzione agli eccessi e noi come consumatori dobbiamo essere pronti a rifiutare piatti troppo “coloriti ed appetitosi”.Infine i prodotti già confezionati e pronti per essere mangiati che gli artigiani e l’industria alimentare ci propongono. Essi hanno delle precise responsabilità e non possono immettere in commercio alimenti non sicuri. Il cittadino può segnalare i suoi eventuali sospetti alle Autorità Pubbliche di controllo che faranno i necessari accertamenti; di questo le aziende alimentari ne sono coscienti e fanno del tutto per evitare problemi.In ogni caso il consumatore è sempre arbitro della sua salute e dovrebbe essere consapevole che la sicurezza degli alimenti dipende anche dalla sua capacità di gestirla in modo adeguato. Questo vale soprattutto nel caso dell’ACR che può essere la conseguenza di comportamenti errati in cucina da parte di noi stessi. (Dal blog di Agostino Macrì)

Fonte: :sicurezzaalimentare.it