Motivi aggiunti 08 bonifica area ip

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ECC.MO TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

DELLA LIGURIA

Motivi aggiunti

Ai sensi dell’art. 1 della Legge 21 luglio 2000, n.205

nel Ricorso R.G.R. n. 787/2005

proposto da

Comitato “La Salamandra” per la protezione dell’ambiente a La Spezia, con sede a La Spezia, V.le

San Bartolomeo n. 103, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, Sig. Davide

Rapallini, rappresentato e difeso, unitamente e disgiuntamente, dall’Avv. Francesca Beconcini e

dall’Avv. Giancarlo Moizo, domiciliato in Genova nello studio di Via Rivale 2/6, presso la persona

dell’Avv. Giancarlo Moizo, in forza di delega posta in atti,

contro

- Comune della Spezia, in persona del Sindaco in carica

- Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta Regionale

- Provincia della Spezia, in persona del Presidente della Giunta Provinciale

- Agenzia Regionale Protezione Ambiente Ligure, A.R.P.A.L.in persona del legale

rappresentante pro tempore

- Azienda Sanitaria Locale, in persona del legale rappresentante pro tempore

e nei confronti di

- Ente Nazionale Idrocarburi, E.N.I., in persona del legale rappresentante pro tempore

- Grifil s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore

- Sviluppo Immobiliare s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore

- Foster Wheeler Italiana s.p.a., in persona del legale rappresentate pro tempore

per l’annullamento previa sospensione

- Determinazione Dirigenziale n. 9 del 6 febbraio 2008

avente ad oggetto

Approvazione con modifiche e prescrizioni del programma operativo per la prosecuzione della

bonifica nel subdistretto 3 Area ex IP

e per l’annullamento previa sospensione

di ogni atto preparatorio, presupposto, inerente, conseguente e/o comunque connesso, cognito e

non, nessuno escluso, ed in particolare:

- degli atti della Conferenza dei Servizi del 6 febbraio 2008, degli atti della Conferenza dei

Servizi in sede istruttoria del 1°febbraio 2008, aventi ad oggetto l’esame del programma

operativo di cantiere per lavori nel subdistretto 3

- della Deliberazione della Giunta Regionale n. 50 del 25/1/2007 avente ad oggetto “Procedura

di VIA Regionale: Impianti temporanei trattamento rifiuti bonifica area ex IP alla Spezia”

- delle Determinazioni Dirigenziali n. 53 del 5/11/2005, n.2 del 12/1/2006, n. 17 del 3/4/06, n.

20 del 28/4/2006, n.30 del 6/7/2006, n.22 del 31 /7/2007 conosciute in data 17/1/2008

e per l’annullamento

di ogni atto preparatorio, presupposto, inerente, conseguente e/o comunque connesso, cognito e

non, nessuno escluso.

PREMESSE IN FATTO

In vista dell’udienza di trattazione del 7 febbraio 2008, il Comune della Spezia depositava in

giudizio una serie di Determinazioni dirigenziali aventi ad oggetto l’approvazione di varianti

non sostanziali al progetto di bonifica approvato nel 2005 (organizzazione dei lavori in cantiere,

prescrizioni per la bonifica bellica, modalità di scarico in fognatura, presa d’atto

dell’integrazione della caratterizzazione del subdistretto 3 e della presentazione di un nuovo

Piano d’Area etc.-doc. da XXVI a XXXI-. In buona sostanza dette varianti hanno dato qualche

contenuto esecutivo ai progetti di bonifica approvati nel 2002 e nel 2005 la cui inadeguatezza

dipende non solo da una parziale rappresentazione del Modello concettuale del sito e dalle

conseguenti ed errate scelte operative, ma anche dall’eccessiva indeterminatezza della disciplina

di cantiere, esecutiva, che dovrebbe essere esattamente precisata nel Progetto definitivo. Queste

lacune si sono concretamente tradotte in attività di cantiere assolutamente improprie per un sito

di bonifica, come accertato dal Dr. Busà, rapporto di visita luglio 2007 – doc.V-, e dalla Dr.ssa

Tunesi –doc.XXI-). Il Comune della Spezia depositava altresì documenti in cui si dava atto

della favorevole conclusione della procedura di VIA relativa agli impianti di soil washing ed

Enisolvex previsti nel progetto 2005 e si annunciava la formale approvazione della stessa da

parte della Giunta Regionale per la fine di gennaio 2008. In data 25/1/07 la VIA era approvata

in merito ai suddetti impianti (XXXII). La procedura era stata avviata a seguito di segnalazione

da parte degli Uffici della Commissione Europea, come leggiamo in premessa alla D.G.R., cui

si era in precedenza rivolto con denuncia-reclamo il comitato ricorrente (doc.III). Nelle

premesse si legge ancora un altro riconoscimento dell’assoluta fondatezza del ricorso

introduttivo “ Le attività di bonifica svolte hanno consentito di riscontrare effettive differenze

rispetto a quanto atteso sulla base della caratterizzazione a suo tempo svolta, in termini sia di

maggiori concentrazioni d’inquinanti sia di maggiori quantità di materiale da sottoporre a

trattamento”.

Successivamente le Amministrazioni, dando seguito al Protocollo d’Intesa del 20/12/2007

concluso tra il Comune della Spezia e l’Immoliare Helios Spa (doc. XXIV), tenevano le

Conferenze dei Servizi 1° febbraio 2008 e 6 febbraio 2008 (doc. XXXIII e XXXIV) ed infine il

Comune con la Delibera Dirigenziale n.9 del 6 febbraio 2008 approvava con modifiche e

prescrizioni il programma operativo per la prosecuzione della bonifica nel subdistretto 3, area

ex IP (doc. XXXV). La necessità di redigere varianti al progetto di bonifica era stata finalmente

percepita dal Comune di La Spezia a seguito delle innumerevoli proteste dei cittadini, dei

presidi popolari, dei ricorsi a varie magistrature ed ad autorità politiche, degli esiti delle perizie

stilate, durante la primavera-estate 2007, dal Dr Busà, consulente del Comitato La Salamandra,

dall’Ing. Boeri, dal Dr Plescia e dalla Dr.ssa Tunesi, consulenti del Comune - documenti tutti

richiamati nelle memorie del 25/1/2008 – Nel richiamato Protocollo d’Intesa 20/12/2007 Helios

spa s’impegnava a depositare un programma operativo per la prosecuzione della bonifica del

subdistretto 3 ed, entro marzo, un nuovo progetto di bonifica per il resto del sito.

Purtroppo la pausa di riflessione non è servita ad assicurare un programma operativo in grado di

garantire il rispetto di diritti fondamentali della persona durante la prosecuzione degli scavi

finalizzati allo smaltimento off site dei terreni del subdistretto 3, così come nelle fasi di

movimentazione del materiale in cantiere e di trattamento dello stesso mediante le tecniche di

landfarming (il trattamento di soil washing non è attualmente eseguito, non essendo ancora stato

riparato l’impianto, danneggiato da un incendio nel 2006. Detto trattamento, seguito

dall’estrazione con solvente –Enisovex- dovrebbe essere nuovamente previsto nel redigendo

progetto di bonifica). L’ultima ed ennesima sospensione degli scavi, nel novembre 2007, che

pareva finalmente preludere ad un serio ripensamento sulle modalità di bonifica si è risolta,

come al solito, in una mero intervallo per calmare gli animi dei cittadini. Da due anni ordinanze

sindacali e sospensioni volontarie, alternate a periodi di attività di cantiere, stanno cadenzando

la “bonifica” dell’area. Non è stata adottata nessuna modifica sostanziale del progetto come, per

es., il ricorso a tecniche in situ, ossia senza movimentazione di terreno, ovvero, in alternativa,

l’utilizzo di capannoni in depressione per lo scavo, lo stoccaggio e per l’eventuale trattamento di

landfarming del terreno più inquinato. Tutte le consulenze rese dai periti del Comune e del

comitato ricorrente sono rimaste disattese. Moltissimi cittadini sono di nuovo, dal 18 febbraio,

esposti alle emissioni odorigene che non danno tregua né di giorno né di notte. La

Determinazione Dirigenziale n. 9 del 6/2/08 prescrive l’utilizzo delle solite misure di

mitigazione: generose, ma poco efficaci per l’ampiezza degli scavi, aspersioni di acqua e

sostanze odorigene mediante i fog cannon e la tecnica Biotys durante lo scavo dei materiali

destinati allo smaltimento off site per i quantitativi previsti nel programma operativo (totali

2850 mc nelle 3 settimane) (punto a)

Il Comune e la Provincia della Spezia hanno richiesto alla società proprietaria dell’area, Helios

spa, di mettere in opera capannoni in depressione (Verbale Conferenza dei Servizi 1°febbraio

2008) per il trattamento di landfarming. A fronte del rifiuto opposto dalla società proprietaria

per ragioni economiche, nella comunicazione del 4/2/08 il Direttore dei lavori riferisce un costo

pari a 1.000.000 di euro (doc. allegato alla Conferenza dei servizi del 6/2/08), il Comune ha

autorizzato una limitata attività di landfarming, 300 mc, entro il capannone VLF3B ed ha posto

il divieto di stoccare altro terreno entro il detto capannone (punto b), l’amministrazione ha

disposto un sistema di controllo degli odori a cura di Arpal (punto d) e si è riservata di valutare

la possibilità della prosecuzione per tutti i volumi previsti nel programma, pari a 3180 mc, con il

sistema del landfarming (punto e). Il Comune e la Provincia hanno altresì formulato pareri (di

cui si dà atto nella D.G.R. sulla procedura di VIA) con i quali si indicava l’opportunità di

impiegare una maggior attenzione nella soluzione del problema degli odori. Tuttavia, come

sopra accennato, le richieste rivolte in via bonaria alla società hanno dato risultati modesti,

mentre la Regione non ha fissato alcuna prescrizione benché sollecitata in tal senso. Il Comune

potrebbe escutere la fideiussione a garanzia dei lavori di bonifica, ma l’Ente è in un momento di

grande incertezza per la pendenza del ricorso per risarcimento danni presentato da Helios

nell’autunno u.s. e di cui si è detto nelle memorie 25/1/2008.

Il comitato ricorrente teme che il terreno contaminato del subdistretto 3 sia ben superiore alle

11.330 mc indicati nel programma operativo e che, essendo il sito adiacente al centro città, la

bonifica dello stesso, ancora all’inizio, continui ad essere gestita con pressappochismo e

noncuranza per l’estrema sensibilità del recettore ambientale “aria”.

Avverso le suddette Deliberazioni, siccome illegittime, ingiuste, dannose e pregiudizievoli per

la salute, l’ambiente, l’ecosistema, così come avverso tutti gli atti preparatori, inerenti,

conseguenti e/o connessi, i ricorrenti si rivolgono all’Ecc.mo Tribunale per ottenere il

riparatorio annullamento, richiamando le censure esposte nel Ricorso R.G.R. n.787/2005 e

proponendo, anche ai sensi dell’art.1 della Legge 22 luglio 2000, n.205, i seguenti

MOTIVI AGGIUNTI

1) Illegittimità propria e derivata dall’illegittimità degli at ti impugnati con ricorso R.G.R.

n. 787/2005.

I vizi che inficiano gli atti impugnati con ricorso 5.06.2005, R.G.R. n.787/2005, si estendono

anche in via propria e/o derivata sugli atti in epigrafe indicati, che sono pertanto afflitti di

inerente illegittimità.

2) Violazione dell’art. 32 e 2 Cost., in relazione alla violazione e falsa applicazione degli

artt. 23, 24, 27, 30 del DL.vo n.152 del 3 aprile 2006, degli artt. 1 e 2, dell’Allegato 2 della

L.R. 38/1998, degli artt. 3, 4, 5 della Direttiva 85/337 CE, degli artt. 5, 6, 11 della D.G.R. n.

1415/99, degli artt. 4 e 5 del D.P.C.M. 27 dicembre 1988. Eccesso di potere per difetto di

istruttoria e di motivazione, per illogicità manifesta, per contraddittorietà intrinseca.

Violazione del principio di precauzione. Sviamento di potere.

Nel giudizio di compatibilità ambientale impugnato non sono stati valutati gli impatti, sia

singoli che cumulati, provocati dallo scavo e dalla movimentazione del terreno (funzionali allo

smaltimento off site ed ai trattamenti on site), nonché dal trattamento di landfarming.

La Circolare del Ministero dell’Ambiente 7 ottobre 1996 (che ha stabilito l’applicazione

della VIA alle terze corsie autostradali) ha svolto una riflessione anche generale sull’oggetto

della VIA. Secondo il Ministero dell’Ambiente se scopo della VIA è quello di verificare

l'impatto complessivo del progetto sull'ambiente anche in ordine ai livelli di qualità finale (art.

6.1 lettera f Dpcm 377/1988, ora art. 30 del D.L.vo n.152/2006), oggetto della VIA deve essere

il progetto dell’intera opera o la globalità degli interventi sull’opera già realizzata. Tutto ciò,

sempre secondo il Ministero dell’Ambiente, risponde alla logica intrinseca della valutazione

di impatto ambientale, atteso che questa deve prendere in considerazione, oltre ad

elementi di incidenza propri di ogni singolo segmento dell'opera, anche le interazioni degli

impatti indotte dall'opera complessiva sul sistema ambientale, che non possono essere

apprezzate nella loro completezza se non con riguardo anche agli interventi che, ancorché

al momento non ne sia prospettata la realizzazione, siano poi posti in essere (o sia

inevitabile che vengano posti in essere) per garantire la piena funzionalità dell'opera

stessa. L'eventuale pronuncia sulla compatibilità ambientale emessa su singoli progetti può

rivelarsi non esaustiva di tutti gli elementi istruttori richiesti, venendosi, ad esempio, a

modificare, per effetto della prospettazione di un intervento complementare, l'originaria

previsione di impatto ambientale. Né può considerarsi preclusivo di tale doverosa rivalutazione

l'art. 7, secondo comma, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988,

ai sensi del quale "il giudizio di compatibilità è reso con atto definitivo," giacché tale

indicazione deve, in ossequio al principio generale della presupposizione vigente nel nostro

ordinamento, necessariamente correlarsi alla completezza della progettazione portata alla

valutazione. Diversamente, verrebbe inammissibilmente a trasferirsi in capo ai soggetti redattori

dei progetti il potere di determinare i limiti della procedura di V.I.A., attraverso la

sottoposizione ad essa di porzioni di opera e l'acquisizione, su iniziative parziali e, perciò stesso,

non suscettibili di apprezzamento circa i "livelli di qualità finale", di una pronuncia di

compatibilità ambientale asseritamente non modificabile, con conseguente espropriazione delle

competenze istituzionali del Ministero e sostanziale elusione delle finalità perseguite dalla

legge.

Nel nostro caso, evidentemente lo scavo è la movimentazione del terreno sono fasi indispensabili

alla realizzazione degli approvati progetti di bonifica e sono, a meno di voler negare evidenze e

circostanze che si ripetono quotidianamente, l’origine di non marginali problemi sanitari e

ambientali.

La Corte di Giustizia CEE ha ripetutamente ribadito il concetto:”La direttiva n.85/337/CEE

trova applicazione con riferimento a tutte le domande di autorizzazione di progetti di opera

pubblica o privata, presentati alle competenti autorità nazionali dopo il termine di trasposizione

della direttiva anche se all’epoca la direttiva non era stata ancora effettivamente trasposta

nell’ordinamento; gli articoli, 2,3 e 8 della direttiva 85/337 impongono l’obbligo chiaro e

preciso alle autorità nazionali di effettuare la valutazione di impatto ambientale dei progetti di

opera pubblica o privata rilevanti per l’ambiente”(11 agosto 1995). Secondo la Corte

Costituzionale (17 luglio 1998, n.273), il D.P.R. 12 aprile 1996, che completa l’attuazione della

direttiva 85/337, non si configura come norma di dettaglio e vincolante nei particolari

procedurali; le regioni e le province autonome sono tenute ad attuare gli obbiettivi del decreto

nel rispetto delle previsioni degli Statuti e delle relative norme di attuazione, il che significa:

“proteggere la salute e migliorare la qualità della vita umana, al fine di contribuire con un

miglior ambiente alla qualità della vita..”(art.2 del D.P.R. 12/4/96, ora art. 24 del D.L.vo

n.152/2006)

La Corte di Giustizia, nella causa C-435/97 - World Wildlife Fund (WWF) e.a / Autonome

Provinz Bozen e.a, in relazione al progetto di ristrutturazione dell'aeroporto di Bolzano -- San

Giacomo- ha stabilito che uno stato membro non può sottrarre al campo di applicazione della

direttiva comunitaria concernente la valutazione d’impatto ambientale di determinati progetti

pubblici o privati un progetto suscettibile di avere un notevole impatto ambientale. Spetta al

giudice nazionale verificare se le autorità competenti abbiano correttamente valutato, in

conformità alla direttiva, l'importanza dell'impatto ambientale del progetto.

Secondo le autorità locali, la direttiva non era applicabile al progetto in questione. Il giudice

nazionale adito (Verwaltungsgericht, Autonome Sektion für die Provinz Bozen) riteneva che tale

progetto, per la sua natura, le sue dimensioni nonché, probabilmente, per la sua ubicazione in

una conca valliva, nelle immediate vicinanze di un insediamento industriale e residenziale,

avrebbe potuto avere un notevole impatto ambientale. Il tribunale nazionale, nutrendo dubbi

sull'interpretazione della direttiva comunitaria in questione, decideva di sospendere il

procedimento e di proporre alla Corte di giustizia alcune questioni pregiudiziali, in particolare:

- Esclusione a priori e globale di talune classi di progetti:

Il giudice nazionale ha rilevato che, poiché per i progetti relativi ad aeroporti non è fissata soglia

limite alcuna, la legge n. 27/92 della Provincia autonoma di Bolzano non sottoponeva ad una

valutazione d'impatto ambientale gli ampliamenti e le ristrutturazioni di aeroporti con pista

d'atterraggio lunga meno di 2.100 metri. Il Verwaltungsgericht chiedeva se la direttiva

comunitaria conferisse ad uno Stato membro il potere di dispensare a priori e globalmente dalla

procedura di valutazione d'impatto ambientale determinate classi di progetti, ivi comprese le loro

modifiche anche quando hanno un notevole impatto ambientale. La Corte ha ricordato che la

direttiva conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalità per specificare taluni

tipi di progetti da sottoporre a valutazione d'impatto o per fissare criteri e/o soglie limite

da adottare. Tuttavia, detto margine trova il suo limite nell'obbligo di sottoporre ad una

valutazione d'impatto i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante,

segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione.

Bisogna precisare altresì che il trattamento di landfarming deve essere ricompresso nell’Allegato

2, lett. u) -e v)- della L.R. 38/98, in particolare la lettera u) come modificata dalla DCR 19/2004

recita : “Impianti di smaltimento e di recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui

all’Allegato B..del D.L.vo 5 febbraio 1997, n.22”, ossia l’ipotesi D9 : “Trattamento fisico-

chimico non specificato altrove nell’allegato che dia origine a composti o a miscugli eliminati

secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12 (ad. Evaporazione, essiccazione,

calcinazione ecc.)” (vedi allegato II punto D9 della Direttiva 2006/12 CE che ha sostituito senza

modifiche la DIR 91/156).

C. Stato, sez. IV, 07-05-2004, n. 2874:

“Ai fini della delibazione dell’eventuale sottoposizione di un progetto, in ragione delle sue

dimensioni, alla verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale, ai sensi del

combinato disposto dell’art. 1, 6º comma, e della lett. a), par. 8, dell’all. B al d.p.r. 12 aprile

1996, i singoli interventi, funzionalmente inseriti in un unico progetto, devono essere

considerati unitariamente (nella specie, il progetto riguardava la realizzazione di un campo da

golf)”.

C. Stato, sez. VI, 18-06-2004, n. 4163:

“Per valutare se occorra o meno la valutazione d’impatto ambientale, è necessario avere

riguardo non solo alle dimensioni del progettato ampliamento di opera già esistente, bensì alle

dimensioni dell’opera finale, risultante dalla somma di quella esistente con quella nuova,

perché è l’opera finale nel suo complesso che, incidendo sull’ambiente, deve essere sottoposta a

valutazione, in quanto i relativi progetti, così intesi, sono da comprendere fra quelli elencati

nell’allegato A, lett. h), d.p.r. 12 aprile 1996”.

Le delibere impugnate sono ulteriormente illegittime in relazione alla violazione delle norme

tecniche sulla VIA, di cui alla DGR n.1415/99, relative alla redazione dello Studio d’Impatto

Ambientale ed al D.P.C.M. 27 dicembre 1988.

In palese contraddizione con le finalità stesse della VIA e dello SIA e con le necessarie cautele e

precauzioni, non sono stati svolti indispensabili studi e approfondimenti scientifici e tecnici, in

particolare: “ La stima finale degli impatti deve porre a confronto le alternative progettuali e/o

il progetto proposto con l’alternativa zero, riunendo in un quadro sinottico gli elementi di

valutazione relativi agli effetti positivi e negativi delle opzioni di trasformazione sui

comparti/sistemi ambientali. La valutazione complessiva, che deve derivare dall’esame dei vari

aspetti considerati, dovrebbe consentire di individuare l’alternativa migliore e di evidenziare

gli impatti residui della soluzione prescelta. La fase finale dello studio d’impatto è dedicata ad

individuare ed illustrare le misure di mitigazioni essenziali al fine della riduzione degli impatti

residui messi in evidenza nello stesso e/o gli interventi di compensazione dei peggioramenti

indotti” (punto 7, art.5 della DGR 1415/99). “La valutazione della compatibilità ambientale di

un’opera avviene considerando i seguenti aspetti: utilizzo reale ed efficace delle migliori

tecnologie, anche per il riuso dei materiali; mantenimento delle eventuali nuove pressioni entro

i limiti di capacità di carico ambientale dei vari sistemi impattati; reversibilità delle

trasformazioni e degli impatti; assenza di un peggioramento significativo non mitigabile”

(punto 9)..

“La stima degli impatti sui vari comparti ambientali deve essere fatta anche con riferimento

alla fase di cantierizzazione di un’opera, considerando le conseguenze delle azioni funzionali

alla realizzazione della stessa, quali movimentazioni di materiali e traffico indotto,

produzione di polveri e rumori, sbancamenti, alterazioni del drenaggio superficiale e

subsuperficiale, smaltimento e/o recupero rifiuti etc. Devono inoltre essere esplicitate le varie

fasi della cantierizzazione, le figure professionali responsabili e la durata prevista” (Art.6

della DGR1415/99). Evidentemente l’assunto di Helios spa: “la fase di scavo e di trasporto in

discarica non è soggetta per legge a S.I.A.”, di cui al Protocollo d’Intesa 20/12/2007 versato in

atti, appartiene al mondo della fantasia. L’art. 11 elenca i contenuti dello SIA per i vari

comparti ambientali; per il comparto Aria, per es., “si devono individuare tutti gli inquinanti

emessi”. Come già anticipato nelle memorie del 25 gennaio 2008, manca ancora la speciazione

degli idrocarburi che provocano i malesseri e le molestie odorigene, non solo, le sostanze

immesse in atmosfera differiscono parzialmente da una zona all’altra del sito in ragione delle

passate, diverse lavorazioni o per l’interramento dei rifiuti. In questi giorni gli abitanti dei

quartieri del levante cittadino percepiscono folate di zolfo, insieme agli abituali odori

d’idrocarburi e derivati forse perché gli scavi stanno interessando un punto del subdistretto 3

che ospita le vasche di raccolta dei residui della desolforazione. Insomma, si sono volute

ignorare la reale incidenza dei progetti di bonifica sul territorio e sull’uso dello stesso e la

correlata necessità di esaminare ed opportunamente descrivere alternative (art.5, punto 6 DGR

1415/99 e artt. 4 e 5 del DPCM 27/12/1988) che, indicate dalle relazioni dei Dr. Tunesi,

Plescia, Busà, rientrano tra le migliori tecnologie disponibili a costi sostenibili; il capannone in

depressione è invero normalmente utilizzato in Europa, per cui non vale certo a motivare la

scelta progettuale contestata quanto riportato in sede di conclusioni dal CTVIA nel parere

141/221, allegato al giudizio di VIA, che esclude il confinamento dinamico delle aree più

inquinate per l’incapacità delle maestranze a gestire un capannone mobile “ non è verosimile il

contenimento ad es. con strutture mobili delle aree di scavo, a causa delle difficoltà che

potrebbero crearsi per le maestranze…”, così come è irragionevole ritenere economicamente

insostenibile la spesa di 1/2 milioni di euro per il confinamento dinamico mediante capannoni in

depressione. Sul problema odori, il parere del CTVIA 141/221 è inoltre fermo a posizioni già

superate anche dall’ISS/Arpal che hanno escluso i mercaptani dalle cause delle emissioni

odorigene ( doc. XVI –memoria 25/1/08), ovvero sostiene fatti smentiti anche dalla stessa

ordinanza sindacale di sospensione dei lavori del 27/7/07.

Anche il trattamento con Enisolvex, (la rimozione con solventi degli idrocarburi dalla frazione

fangosa derivante dal precedente lavaggio con acqua dei terreni - soil washing -), che

presuppone l’installazione di un vero e proprio impianto chimico, non ha ricevuto adeguato

studio ed approfondimento tecnico in ordine alla possibile produzione d’impatti sull’ambiente

ed alle conseguenti misure di mitigazione.

Quanto alla violazione del principio di precauzione, si richiamano le argomentazioni svolte

nella memoria 25/1/2008 (pag. 18 e ss).

3) Violazione degli art. 23 e 32 del D.L.vo del 3 aprile 2006. Eccesso di potere per difetto

d’istruttoria. Sviamento.

In via subordinata, il comitato ricorrente lamenta la violazione dell’art. 23 del D.L.vo del 3

aprile 2006, T.U. la cui operatività è decorsa dal 31.7.2007, come previsto dal decreto-legge 12

maggio 2006, n. 173, convertito con legge 12 luglio 2006, n. 228, nonché dal decreto-legge n.

300 del 2006 convertito nella legge 26 febbraio 2007 n 17 .

L’art. 23 del dlgs 152/2006 ( testo in vigore al momento dell’approvazione dei provvedimenti

ivi impugnati) , nel contemplare tra i casi d’esclusione dalla VIA i progetti relativi ad opere di

carattere temporaneo (che non determinano effetti sull’ambiente ex art. 2, c.5 della L.R. 38/98),

ivi comprese quelle necessarie esclusivamente ai fini dell’esecuzione di interventi di bonifica

autorizzati (comma IV, lett. c) precisa al seguente comma V, “Si applica la procedura di

verifica di cui all’art. 32. Nel corso di tale procedura di verifica, l’autorità competente

comunica alla Commissione europea, prima del rilascio dell’eventuale esenzione, i motivi che

giustificano tale esenzione ai sensi dell’art. 2, comma III, lett. c della Direttiva 85/337/CEE”.

Ai sensi dello stesso comma III , gli stati membri possono esentare dall’applicazione della

Direttiva solo progetti specifici, in casi eccezionali. L’articolo in esame recepisce l’indirizzo

dettato dalla Corte di Giustizia “ Uno Stato membro eccederebbe dal margine di valutazione

discrezionale di cui dispone per stabilire quali progetti non possono avere notevoli incidenze

sull’ambiente qualora escludesse in pratica qualsiasi studio per qualsiasi categoria di

progetti, salvo se una valutazione globale consenta di stabilire che una determinata categoria

di progetti non è suscettibile di avere incidenze notevoli sull’ambiente”. Corte di Giustizia con

sentenza 24/10/1996 (causa C-72/95) - Corte di Giustizia 16/9/1999 (causa C435/97 su

domanda di decisione pregiudiziale del T.A.R Bolzano).

“ Una scelta, che esclude in modo generale la presa in considerazione di criteri e/o soglie

relativi alla dimensione e alla natura dei progetti eccede il margine di discrezionalità di cui

dispongono gli Stati membri ai sensi degli artt. 2, n. 1, e 4, n. 2, della direttiva 97/11 “(Corte di

Giustizia 1376/2002 causa C-474/99 ).

4) Violazione degli artt. 2 e 32 Cost.

Nel corso di questi due anni si è radicata un’interpretazione dell’illecità delle emissioni

assolutamente forviante. Dai documenti prodotti ex adverso e dalla condotta sia delle

Amministrazioni che della proprietà dell’area pare che le emissioni debbano essere considerate

illecite solo se causano un rischio concreto di sviluppare tumori, un rischio, desumiamo “non

accettabile”.

Ferme restando le censure già mosse alle tecniche e modalità di monitoraggio dell’aria (doc.

VI) e quindi alle conclusioni raggiunte in tal modo dall’ISS/Arpal per quanto riguarda possibili

effetti cancerogeni, è utile evidenziare che la Dr.ssa Loredana Musmeci, rappresentante

dell’Istituto Superiore della Sanità, audita dalla Commissione speciale bonifiche del Comune

della Spezia in data 10 dicembre 2007, non ha escluso il nesso causale tra le manifestazioni

patogene nella popolazione: cefalee, vomito, difficoltà respiratorie, manifestazioni cutanee e le

“molestie odorigene”. La Dr.ssa Musmeci, in più occasioni, ha sottolineato che anziani,

ammalati, bambini hanno una suscettibilità individuale maggiore. Il Dr Parodi, per l’AUSL,

ebbe a precisare ancora nel 2004 che il mal di testa era causato dalla contrazione delle meningi

per effetto degli idrocarburi. Qualunque sia l’importanza lesiva delle emissioni odorigene è

fuor di dubbio che la distinzione tra emissione lecita ed illecita vada individuata nel criterio

della “stretta tollerabilità”. La Corte di Cassazione, Penale Sez. III, con sentenza del

17/01/2008 n. 2475 ha deciso: “In tema di emissioni inquinanti nell'atmosfera, il consolidato

orientamento giurisprudenziale che esclude la violazione dell’art. 674 cod. pen. in presenza di

emissioni provenienti da impianti autorizzati e nel rispetto dei valori limite fissati dalla

normativa speciale trova applicazione solo nei casi in cui esistono precisi limiti tabellari fissati

dalla legge; diversamente, il reato contenuto nell’art. 674 cod. pen., è configurabile nel caso di

“molestie olfattive”, dal momento che non esiste una normativa statale che prevede

disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori (non essendo applicabile la disciplina

in materia di inquinamento atmosferico dettata dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), con

conseguente necessità di individuare il parametro di legalità nel criterio della “stretta

tollerabilità”, ritenendosi riduttivo ed inadeguato il riferimento a quello della “normale

tollerabilità” fissato dall’art. 844 cod. civ. in quanto inidoneo ad approntare una protezione

adeguata all’ambiente ed alla salute umana, attesa la sua portata individualistica e non

collettiva”. (Fattispecie: esalazioni maleodoranti atte a molestare le persone, in quanto

nauseanti e puzzolenti provocate da un impianto industriale di confezionamento di "trippa"

alimentare e di lavorazione degli scarti animali. Presidente E. Lupo, Relatore A. Fiale). Nel

nostro caso non esistono valori limiti tabellari per le sostanze non ubiquitarie, cioè quelle

provenienti dalla biodegradazione del petrolio e delle benzine.

Si riportano le difese in cui è stato articolato il fumus boni juris nel ricorso ex art. 700 cpc

“L’attività che si denuncia e che si intende inibire è, ictu oculi, per un verso, contra ius e, per

un altro verso, non iure.

L’attività di bonifica ed altri interventi di movimentazione del terreno effettuati senza una

congrua copertura, o comunque in sicurezza, sono contra ius poiché hanno già dimostrato di

essere lesivi di diritti fondamentali dell’uomo: del diritto alla salute, in quanto hanno

cagionato pregiudizi alla salute dei cittadini e specificamente dei ricorrenti, come documentato

da certificati medici; del diritto al libero svolgimento della personalità, poiché ha costretto i

ricorrenti a non aprire le finestre di casa per intere giornate e nottate, senza peraltro riuscire

veramente a difendersi dalle immissioni odorigene, e li ha condizionati in tutte le loro attività

esistenziali nel tentativo di sottrarsi alle immissioni intollerabili; della libertà personale e del

diritto all’abitazione, poiché i ricorrenti sono stati costretti a tenersi il più possibile lontani da

casa e, chi ha potuto, si è visto indotto ad acquistare un nuovo immobile di residenza; del

diritto all’ambiente salubre, poiché ha costretto i ricorrenti a vivere in un ambiente certamente

insalubre ed a convivere con l’angoscia che le immissioni respirate oggi, di sostanze

notoriamente cancerogene, si dimostrino domani ben altrimenti dannose;

l’attività è palesemente contra ius per le seguenti ragioni: qualunque autorizzazione

amministrativa ad una bonifica è, per l’illecito penale, ma lo stesso vale per l’illecito civile,

causa di giustificazione per eventuali illeciti ambientali, ma mai per illeciti lesivi nei confronti

della persona, che non deve essere danneggiata nel suo diritto alla salute e nei suoi altri diritti

fondamentali (è quanto si inferisce dall’art. 257, comma 4, del D. lgs. 3 aprile 2006, n. 152);

qualunque attività di bonifica nonché di movimentazione del terreno deve svolgersi nel rispetto

dei principi costituzionali, dei principi comunitari e di quelli recepiti dalla normativa

ambientale. Il riferimento, in particolare, è al recente Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 (artt. 178 e

301) nella parte in cui richiamano la prioritaria tutela della salute e degli altri diritti

fondamentali dell’uomo, nell’attività di gestione dei rifiuti e nell’attività di bonifica, nonché

il rispetto dei principi di prevenzione e di precauzione.

Del resto, o si ha la certezza che i rifiuti che contaminano l’area non siano pericolosi, ma ciò

contrasterebbe con i malesseri sofferti dai cittadini, con la normativa di settore e con i

certificati di trasporto in discarica del terreno in cui sono classificati come rifiuti speciali

pericolosi (doc. 18) e non pericolosi, oppure anche solo il dubbio sulla loro pericolosità deve

inibire ogni attività a cielo aperto o che comporti immissioni nell’area; l’attività di bonifica o

finanche il prelevamento di materiale a fini di studio violano lo stesso provvedimento (doc.19 –

Determinazione Dirigenziale n.17 del 20 aprile 2005) che autorizza la bonifica in quanto

questo prevede testualmente, in sede di prescrizioni, che: “relativamente alla modifica

progettuale sono imposte le sotto elencate prescrizioni: […] dovranno esser previsti e messi in

opera opportuni sistemi di contenimento delle sostanze volatili provenienti dal terreno in

trattamento” “dovranno essere fornite e messe in atto procedure che consentano in caso di

sviluppo di odori di intervenire eliminando il problema”.

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 242, c. 8, e dell’Allegato 3 (Criteri generali per

la selezione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza,

nonché per l’individuazione delle migliori tecniche d’intervento a costi sopportabili) del

DL.vo n. 152 del 3 aprile 2006, ovvero violazione e falsa applicazione dell’art. 10 e

dell’Allegato 4 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471. Eccesso di potere per difetto di istruttoria

e di motivazione Sviamento. Si richiama la censura formulata al punto 6 del ricorso introduttivo da intendersi qui

integralmente trascritta anche avverso gli atti odiernamente impugnati.

“Il decreto 152/2006, nella Parte quarta “Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica

dei siti inquinati”, agli articoli dal 177 al 266 e relativi allegati (in particolare Allegati al Titolo

V – Bonifica dei siti inquinati), ha disciplinato la materia relativa alla gestione dei rifiuti e alla

bonifica dei siti inquinati, sostituendo il D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 come norma quadro di

riferimento.

Va soggiunto che l’art. 264, lettera i) del decreto n. 152 del 2006 ha disposto l’abrogazione del

D. Lgs. n. 22/1997, ma non anche del D.M. n. 471/1999 ed ha previsto che “al fine di

assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente

normativa a quella prevista dalla parte IV del presente Decreto, i provvedimenti attuativi del D.

Lgs. 05.02.1997 n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei

corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte IV del presente Decreto”.

Di conseguenza bisogna distinguere tra le norme sulle bonifiche dei siti inquinati

immediatamente sostituite dal nuovo decreto legislativo e quelle che continuano ancora ad

applicarsi, fino all’emanazione dei nuovi decreti attuativi.

Questa conclusione è avvalorata dal fatto che le norme transitorie del D. Lgs. n. 152 del 2006

(tra cui l’art. 265) fanno espressamente salvi i decreti attuativi emanati in base all’abrogato

D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 fino all'emanazione dei corrispondenti nuovi decreti “ (Tar Friuli

Venezia Giulia 90/2008).

Orbene, determinerà il Collegio se al provvedimento impugnato “ Approvazione con modifiche

e prescrizioni del programma operativo per la prosecuzione della bonifica nel subdistretto 3

Area ex Ip” si applichi la nuova disciplina in quanto il procedimento è stato posto in essere

successivamente alla entrata in vigore del D. Lgs. n. 152 del 2006 ed è stato altresì preceduto

da una nuova integrazione della caratterizzazione (Determinazione Dirigenziale n. 22 del 31

luglio 2007, doc. prodotto) ovvero continui ad applicarsi la disciplina di cui al D.M. 471/99.

Nella sostanza il problema non muta trattandosi comunque di violazione di Direttiva

comunitaria recepita nel nostro ordinamento; infatti ex c.8 dell’art. 242 del decreto 152/2006

“1 criteri per la selezione e l'esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino

ambientale, di messa in sicurezza operativa o permanente, nonché per l'individuazione

delle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili (B.A.T.N.E.E.C. - Best

Available Technology Not Entailing Excessive Costs) ai sensi delle normative

comunitarie sono riportati nell'Allegato 3 alla parte quarta del presente decreto”. La

scelta comporta un bilanciamento degli interessi in presenza di numerose variabili, quali

per esempio:

- il livello di protezione dell’ambiente che sarebbe desiderabile conseguire

- l’esistenza o meno di tecniche affidabili in grado di conseguire e di mantenere nel tempo detti

livelli di protezione

- l’entità dei costi di progettazione, di realizzazione, gestione monitoraggio etc. da sostenere

nelle varie fasi dell’intervento. La formulazione più evoluta cui deve ispirarsi tale

bilanciamento degli interessi è data dalla definizione di “migliori tecniche disponibili”

contenuta nella Direttiva 96/61 CE..” Ex Allegato 4, punto II.3 del D.M. 471/99 il progetto

preliminare deve illustrare nel dettaglio “..a)le possibilità di disinquinamento presentate dalle

diverse tecniche e metodologie di bonifica, analizzandone specificamente la validità per le

caratteristiche ambientali, geologiche e idrogeologiche, ambientali e chimico-fisiche proprie

del sito in esame..La rassegna delle tecniche di bonifica/messa in sicurezza deve essere

corredata da una analisi dei costi degli interventi, comprensiva dei costi delle misure di

sicurezza e dei controlli da adottare durante gli interventi di bonifica, che permetta di valutare

la fattibilità economica dei diversi interventi..”

Le relazioni tecniche della Dr.ssa Tunesi (doc. XXI) e del Dr Plescia (XXII e XXXVI),

consulenti del Comune, contengono chiari e precisi suggerimenti sulle “migliore tecnologie

disponibili a costi sostenibili” ma sono state completamente ignorate dalla società proponente.

Lettera morta sono sempre rimaste altresì le prescrizioni delle Amministrazioni affinché

fossero evitate emissioni moleste, ultimo il parere n.1290 del 29/1/2008 dell’ AUSL (allegato

alla conferenza dei servizi del 1°/2/08) in cui si raccomanda l’adozione delle migliori tecniche

per prevenire il manifestarsi dei fenomeni odorigeni.

Nella sentenza n. 90 del 28/1/2008 il TAR Friuli Venezia Giulia ha precisato:

“E’ significativo che il D. Lgs. n. 152/06 rimarchi, sotto il versante delle tecniche di intervento,

la importanza del principio comunitario della sostenibilità dei costi: principio che, in buona

sostanza, è correlato a quello di proporzionalità.

Va soggiunto che alla stregua di un altro principio, cioè del principio di precauzione, che trova

origine nei procedimenti comunitari posti a tutela dell’ambiente, è consentito

all’amministrazione procedente adottare i provvedimenti necessari laddove essa paventi il

rischio di una lesione ad un interesse tutelato anche in mancanza di un rischio concreto: è

evidente che questo secondo principio deve armonizzarsi, sul versante della concreta

applicazione, con il primo, cioè con il principio di proporzionalità; non potendo chiaramente

prefigurarsi la prevalenza del primo sul secondo, ma dovendosi ricercare un loro equilibrato

bilanciamento in relazione agli interessi pubblici e privati in giuoco”.

“..Corollario delle considerazioni testè svolte è – tra l’altro - che tutte le decisioni adottate

dalle competenti autorità in materia ambientale, e, segnatamente (per quello che qui rileva) in

materia di bonifica, devono essere assistite – in relazione, per l’appunto, alla pluralità ed alla

rilevanza degli interessi in giuoco - da un apparato motivazionale particolarmente rigoroso,

che tenga conto di una attività istruttoria parimente ineccepibile”.

E’ fuor di dubbio che nella fattispecie la composizione degli interessi in giuoco è stata stravolta

sin dall’inizio con il rilascio delle concessioni edilizie su un’area fortemente inquinata. E’ stata

sovvertita la gerarchia delle fonti ed il rango dei diritti correlati per cui il massimo sacrificio è

stato imposto ai cittadini in modo non solo sproporzionato ma addirittura antitetico rispetto al

pubblico interesse alla realizzazione della bonifica.

5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 242, in relazione alla violazione e falsa

applicazione dell’Allegato 1 (Criteri generali per l’analisi rischio sanitario ambientale

sito-specifica e dell’Allegato 2 (Criteri generali per la caratterizzazione dei siti inquinati),

dell’Allegato 3 del DL.vo 152/2006, ovvero violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 5,

6, 10 dell’Allegato 2 e dell’Allegato 4 del D.M. 471/99

Si richiamano le censure sub. 4 e 5 del ricorso introduttivo in ordine alle violazioni di cui al

D.M. 471/99.

In sintesi, anche secondo il decreto 152/06, si ritiene che i progetti di bonifica impugnati

abbiano violato i principi che organizzano la redazione dei primi livelli di approfondimento

tecnico dei progetti di bonifica che necessariamente riguardano l’intero sito ..”Le indagini

avranno l’obbiettivo di: ..definire il grado e l’estensione volumetrica; delimitare il volume

delle aree di interramento dei rifiuti; individuare le possibili via di migrazione e di dispersione

degli inquinanti dalle fonti verso i potenziali ricettori; ricostruire le caratteristiche geologiche

ed idrolgeologiche dell’area al fine di sviluppare il modello concettuale definitivo del sito;

ottenere i parametri necessari a condurre nel dettaglio l’analisi di rischio sito-specifica;

individuare i possibili ricettori. Il modello concettuale definitivo del sito include “ ..i percorsi

di migrazione dalle sorgenti di contaminazione ai bersagli individuati nello scenario attuale

(siti in esercizio), o nello scenario futuro (in caso di riqualificazione dell’area)”.

La caratterizzazione è stata integrata solo per il subdistretto 3 (Delibera dirigenziale n.22 del

31/7/07) ed in maniera incompleta anche per detto subdistretto. “..D’altra parte manca

completamente la conoscenza specifica delle opere murarie e delle infrastrutture esistenti nel

sottosuolo, che, a detta della società che sta effettuando le opere di bonifica “è troppo

complesso” per essere analizzato con le prospezioni geofisiche. Riteniamo invece…siano non

solo utili ma indispensabili..( Dr. Plescia, doc. XXII, ottobre 2007, pag. 45). Poiché è noto che

il terreno inquinato sia circa raddoppiato in corso d’opera nel subdistretto 3, ci si domanda

come possano essere definiti qualità, quantità, vie di migrazione degli inquinanti, bersagli etc.,

quando anche il subdistretto 4, per esempio, risulta essere molto inquinato ma i cui dati di

caratterizzazione sono incompleti. Ancora si richiama la relazione della Dr.ssa Tunesi che ha

ribadito la necessità di rivedere il Modello concettuale del sito, di coordinare gli interventi su

tutti i subdistretti, di sospendere scavi e trasporto in discarica. Invero lo stato delle conoscenze

è tale che ancora non può essere definito il livello di bonifica ottenibile, cioè con o senza

misure di sicurezza e limitazioni all’utilizzo dell’area o se, addirittura, si debba procedere con

interventi di messa in sicurezza permanente (art.4,5,6 del D.M. 471/99) (art. 242, c.7). Secondo

la normativa citata la definizione degli obbiettivi di bonifica deve essere effettuata nella fase di

caratterizzazione/progetto preliminare, non cero improvvisata in corso d’esecuzione dei

progetti definitivi la cui frammentazione, non cronologica, ma logica e metodologica viola la

normativa tecnica delle bonifiche.

La sezione per la V.I.A. del Comitato Tecnico Regionale per il Territorio, nella seduta del

15/1/08 ha richiamato l’obbligo di ricondurre ai vigenti limiti di tipo residenziale la bonifica

del 19% della superficie utile che potrà essere indifferentemente attribuita al momento della

formazione dello SUA ad ognuno dei tre gruppi funzionali individuati. Nella Determinazione

Dirigenziale n.20 del 28/4/2006 si formula parere favorevole alla classificazione in base alla

col. A della tab. 1 all. 1 del DM 471/99 (col.A dell’all.5, parte 4 del decreto 152/06) della

porzione di terreno caratterizzata dalla presenza del torrente Cappelletto, nella Determinazione

Dirigenziale n.22 del 31/7/2007 quanto all’aggiornamento del piano d’area “..si prescrive che,

ove gli interventi di bonifica risultino conformi o più cautelativi, essi siano immediatamente

attuabili mentre ove gli stessi siano meno cautelativi, rispetto al nuovo piano, se ne deve

attendere la definitiva approvazione”. Evidentemente la corretta redazione dei primi livelli di

approfondimento tecnico del progetto di bonifica del sito avrebbe consentito di coordinare

meglio gli obbiettivi di bonifica con gli strumenti di pianificazione territoriale.

ISTANZA ISTRUTTORIA

Si chiede che sia ordinato alle Amministrazioni intimate il deposito in giudizio di tutti gli atti

inerenti le Deliberazioni impugnate e gli inerenti elaborati tecnici e progettuali.

ISTANZA DI SOSPENSIONE

La prosecuzione dei lavori di bonifica con procedimenti e modalità inadeguate al sito dell’area

ex IP è destinata a provocare con certezza gli stessi danni e disagi di cui si è ampiamente detto

e documentato, con l’ulteriore rischio di dover verificare a posteriori, con esami

epidemiologici, che i danni provocati dalle emissioni odorigene sono più gravi delle

sintomatologie ad oggi sofferte.

Pur ritenendo assorbente la necessità di tutelare immediatamente diritti di rango costituzionale,

si fa altresì presente, per la fondatezza del ricorso e nello stesso interesse del Comune di La

Spezia, che è altresì economicamente opportuno non esporre l’Amministrazione a domande di

risarcimento danni proposte dai cittadini lesi.

P.Q.M.

Si chiede l’annullamento degli atti impugnati, in epigrafe indicati, previa sospensione

dell’esecuzione, con la vittoria delle spese, competenze ed onorari del giudizio.

Ai sensi dell’art. 9, 5°c., della L. 23/12/99 n. 488 e successive modificazioni, si dichiara che i

presenti motivi aggiunti non modificano il valore della controversia di cui al Ricorso R.G.R.

787/2005.

La Spezia, 5 marzo 2008

RELAZIONE DI NOTIFICA

L’anno 2008, addì…….del mese di Marzo, richiesto dal Comitato “La Salamandra” per la

protezione dell’ambiente a La Spezia, in persona del Presidente e legale rappresentate pro tempore

Sig. Davide Rapallini, e per essa dall’Avv. Giancarlo Moizo, io sottoscritto Ufficiale Giudiziario

addetto all’Ufficio Unico Notifiche presso la Corte di Appello di Genova ho notificato il suesteso

atto di motivi aggiunti al Comune della Spezia, in persona del Sindaco in carica, alla Regione

Liguria, in persona del Presidente della Giunta Regionale, alla Provincia della Spezia, in persona

del Presidente della Giunta Provinciale, all’Agenzia Regionale Protezione Ambiente Ligure,

A.R.P.A.L. in persona del legale rappresentante pro tempore, all’Azienda Sanitaria Locale, in

persona del legale rappresentante pro tempore, all’Ente Nazionale Idrocarburi, E.N.I., in persona

del legale rappresentante pro tempore, alla Grifil s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, a Sviluppo Immobiliare s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, a Foster

Wheeler Italiana s.p.a., in persona del legale rappresentate pro tempore,

quanto al Comune della Spezia, in persona del Sindaco in carica, nel domicilio eletto presso la

Segreteria del T.A.R. Liguria, Avv. Tommaso Acordon, in Genova, Via dei Mille, 9 ivi

consegnandone copia conforme all’originale a mani di

quanto alla Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica, nel Palazzo

della Regione in Genova, Via Fieschi n.15, ivi consegnandone copia conforme all’originale a mani

di

quanto alla Provincia della Spezia, in persona del presidente della Giunta Provinciale, al domicilio

eletto presso la Segreteria del T.A.R. Liguria, Avv. Piero Barbieri, in Genova, Via dei Mille, 9, ivi

rimettendone copia conforme all’originale a mani di

quanto all’Agenzia Regionale Protezione Ambiente Ligure, A.R.P.A.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, al domicilio eletto in giudizio presso lo Studio Legale Pizzorni, in

Genova, Via XX Settembre, 14/31 ivi consegnandone copia conforme all’originale a mani di

quanto all’Azienda Sanitaria Locale n.5, in persona del legale rappresentante pro tempore, presso la

sua sede in La Spezia, Via XXIV Maggio, 139, ivi rimettendone copia conforme all’originale a

mezzo del Servizio Postale, ai sensi di legge. CAP 19124

quanto all’Ente Nazionale Idrocarburi, E.N.I. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, al domicilio eletto presso lo studio del Prof. Lorenzo Acquarone, in Genova, Via Corsica

21/18-20 ivi rimettendone copia conforme all’originale a mani di

quanto a Sviluppo Immobiliare s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, al domicilio

eletto in giudizio presso lo studio dell’Avv. Alessandro Ghibellini, in Genova, Via R. Ceccardi 1/15

ivi rimettendone copia conforme all’originale a mani di

quanto a Grifil s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, al domicilio eletto in

giudizio, presso la Segreteria del T.A.R. Liguria, Avv.ti Gian Maria e Gian Paolo Menzani, in

Genova, Via dei Mille, 9, ivi rimettendone copia conforme all’originale a mani di

Quanto a Foster Wheeler Italiana spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, presso la

sua sede in Corsico (MI), Via Sebastiano Caboto, 1, ivi rimettendone copia conforme all’originale a

mezzo del Servizio Postale, ai sensi di legge. CAP 20094

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