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PERCORSO PARTECIPATIVO PER L’AGGIORNAMENTO DEI METODI DI DETERMINAZIONE DEL DMV FINALIZZATO A GARANTIRE IL DEFLUSSO ECOLOGICO, A SOSTEGNO DEL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI AMBIENTALI LA SITUAZIONE DEL COMPRENSORIO DEL CONSORZIO DI BONIFICA PIANURA FRIULANA: STATO DI FATTO E PROPOSTE DI INTERVENTO

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PERCORSO PARTECIPATIVO PER L’AGGIORNAMENTO DEI METODI DI

DETERMINAZIONE DEL DMV FINALIZZATO A GARANTIRE IL DEFLUSSO ECOLOGICO, A SOSTEGNO DEL RAGGIUNGIMENTO DEGLI

OBIETTIVI AMBIENTALI

LA SITUAZIONE DEL COMPRENSORIO DEL

CONSORZIO DI BONIFICA PIANURA FRIULANA:

STATO DI FATTO E PROPOSTE DI INTERVENTO

e.morandini
Font monospazio
Allegato alla delibera 564/d/17 dd15.12.17
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SOMMARIO

IL CONSORZIO DI BONIFICA PIANURA FRIULANA E LE DERIVAZIONI DAI CORSI D’ACQUA

PRINCIPALI

LE ATTIVITA’ CONSORTILI: CENNI STORICI

LA PEDOLOGIA DEL TERRITORIO CONSORTILE

L’IDROGRAFIA

GLI UTILIZZI IRRIGUI

GLI UTILIZZI IDROELETTRCI

RETI, IMPIANTI ED INFRASTRUTTURE

I BENEFICI AMBIENTALI

CONFRONTO TRA DEFLUSSO MINIMO VITALE E DEFLUSSO ECOLOGICO: ESEMPI

SIGNIFICATIVI

CONCLUSIONI

PROPOSITI E OBIETTIVI DEL CONSORZIO

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IL CONSORZIO DI BONIFICA PIANURA FRIULANA E LE DERIVAZIONI DAI CORSI D’ACQUA PRINCIPALI

Il Consorzio di bonifica Pianura Friulana, dotato di personalità giuridica pubblica, ai sensi

dell’art. 59 del Regio Decreto 13 Febbraio 1933 n. 215 Nuove norme per la bonifica

integrale, e dell’art.862 del Codice Civile, è un Ente pubblico economico non commerciale,

ai sensi del comma 1, art. 3 della Legge Regionale n. 28 del 29 Ottobre 2002, Norme in

materia di bonifica e di ordinamento dei Consorzi di bonifica, nonché modifiche alle leggi

regionali n. 9/1999, in materia di concessioni regionali per l’utilizzo delle acque, n.

7/2000, in materia di restituzione degli incentivi, n. 28/2001, in materia di deflusso

minimo vitale delle derivazioni d'acqua e n. 16/2002, in materia di gestione del Demanio

Idrico (BUR n.44 dd. 30 Ottobre 2002).

Esso è stato costituito con D.P.G.R. 0204/Pres. dd. 22.10.2014 pubblicato sul BUR n. 45 dd.

05.11.2014, in attuazione dell’art. 2 ter L.R. 28/02, “…al fine di riordinare e semplificare

l’assetto dei Consorzi di bonifica”, subentrando nell’esercizio delle funzioni degli ex

Consorzi di bonifica Bassa Friulana e Ledra Tagliamento, soppressi e fusi, esercitate sui

rispettivi comprensori, ora delimitati da un unico perimetro definito dalla LR stessa.

Ai sensi dell’art.19 della LR. n.28/2002, il Consorzio in quanto tale è dotato di uno Statuto,

approvato con delibera della Giunta regionale n.1341 dd. 15.07.2016 e pubblicato sul BUR

n.33 dd. 17.08.2016.

La LR. n. 28/2002 è in armonia con i contenuti della legislazione dello Stato in tema di

bonifica, basata sul RD. n. 215/1933, il quale fissa la natura e l’ambito del potere

impositivo dei Consorzi di bonifica al fine di provvedere alle spese per l’esercizio, la

custodia e la manutenzione delle opere ad esso affidate in gestione, nonché agli oneri di

funzionamento dell‘Ente. Ai sensi dell'art.4 della L.R. 28/2002 e s.m.i., art. 16 della L.R.

11/2015 e s.m.i. e art. 51 della L.R. 14/2002 e s.m.i. la Regione Autonoma Friuli-Venezia

Giulia delega ai Consorzi la progettazione, esecuzione, esercizio, vigilanza e manutenzione

di opere di difesa dalle acque, opere di approvvigionamento, adduzione e distribuzione

delle acque ad uso irriguo, opere di ricomposizione fondiaria, opere di tutela e di recupero

naturalistico-ambientale del territorio, reti di monitoraggio funzionali alla prevenzione del

rischio idrologico compatibili con i sistemi informatici regionali, strade interpoderali e

vicinali, impianti di produzione di energia elettrica, opere destinate al riutilizzo delle

acque reflue in funzione irrigua, interventi di somma urgenza per prevenire e fronteggiare

le conseguenze di calamità naturali o di eccezionali avversità atmosferiche.

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L’obiettivo principale è quello di tutelare il patrimonio territoriale, socio-economico ed

ambientale ed è per questo motivo che, in sinergia con la Regione, il Consorzio di bonifica

ha da sempre guardato con attenzione alle problematiche legate alla gestione e tutela

delle risorse idriche, ora emergenti con preponderanza anche a causa della mutazione

delle condizioni meteoclimatiche regionali. In allineamento con quanto si sta verificando

su scala globale, infatti, anche nella Regione Friuli Venezia-Giulia si assiste ad un

progressivo aumento delle temperature massime e delle temperature medie primaverili ed

estive, con conseguente prolungarsi di periodi siccitosi intervallati da precipitazioni di

carattere temporalesco, localizzate, brevi ed intense. Gli effetti locali del Global Warming

stanno quindi già interessando il delicato equilibrio tra ambiente e società, per la

salvaguardia del quale il Consorzio si pone in prima linea insieme alle Amministrazioni

locali.

Il recente Piano Regionale di Tutela delle Acque, allo scopo di fare fronte a queste

problematiche, ha fissato azioni e misure di conservazione della risorsa idrica

compatibilmente con i suoi usi attuali e locali. Tra queste misure, la più importante è

sicuramente l’obbligo di osservanza del Deflusso Minimo Vitale, così come definito

nell’allegato 4 – Norme di Attuazione, ex art. 37. Nascendo però dalla collaborazione tra i

diversi soggetti preposti alla salvaguardia della risorsa idrica, tra i quali è compreso il

Consorzio, il PRTA risulta uno strumento strettamente connesso a quelle che sono le

peculiarità del territorio, in grado di rispondere anche ad riscontrate esigenze specifiche

dello stesso. Ne sono un esempio le misure speciali previste per il Fiume Tagliamento a

valle della presa di Ospedaletto al paragrafo 3.2 dell’allegato 3 – Indirizzi di Piano.

Assodato infatti che, a partire dall’estate 2003, si è manifestato in maniera evidente ad

Ospedaletto il problema della convivenza tra il deflusso minimo vitale, la portata di

competenza estiva prelevata ad uso irriguo dal Consorzio e il prelievo idroelettrico a

monte della presa, mette in atto, il PRTA, in deroga a quanto esso stesso prevede per il

calcolo del DMV, specifica come tale coesistenza sia già stata gestita (e continui ad esserlo

fino all’individuazione di una valida soluzione progettuale alternativa) tramite:

1. i rilasci integrativi (effettuati presso la diga dell'Ambiesta);

2. la limitazione della domanda d'acqua nella rete del Consorzio;

3. l'art. 1 bis della L.R. 28/2001 e il conseguente regolamento (approvato con DPR

278/2003) che prevedono la possibilità di derogare al parametro di DMV previsto

nella L.R. 28/2001, riducendone il valore, relativamente agli utilizzi idropotabile ed

irriguo in periodi di deficit idrico.

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Sempre in collaborazione con la Regione, in base a quanto previsto dalla Delibera della

Giunta regionale n.2362 dd.29.12.2016, che fornisce le modalità di quantificazione dei

volumi idrici ad uso irriguo al fine di recepire le indicazioni e gli obblighi previsti dal D.M.

31.07.2015 del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali “Approvazione delle

linee guida per la regolamentazione da parte delle Regioni delle modalità di

quantificazione dei volumi idrici ad uso irriguo” e degli obblighi previsti dall’art. 95 del

D.Lgs. 152/2006 relativamente ai soli usi irrigui, il Consorzio si sta adoperando sia per

completare l’esistente rete di monitoraggio dei volumi prelevati/utilizzati lungo la rete

irrigua consortile, dotandosi di misuratori di portata in corrispondenza dei principali punti

di prelievo/distribuzione/restituzione, sia per condurre sperimentazioni lungo porzioni di

canali a cielo aperto in terra, per verificare e quantificare le perdite e le infiltrazioni in

falda della risorsa idrica derivata dalle grandi derivazioni dell’alta Pianura Friulana.

IL COMPRENSORIO CONSORTILE

Nella Regione Friuli Venezia Giulia - che si estende su un'area di 784.500 ettari - ben

339.420 ettari, pari al 43% dell’intera superficie, sono classificati in comprensorio di

bonifica. Quest'area è distribuita fra tre consorzi: Pianura Friulana, Cellina-Meduna e

Pianura Isontina. L'attuale suddivisione deriva da una serie di fusioni di consorzi

elementari, avvenute tra gli anni '70 e '90 del Secolo scorso, che ne hanno ottimizzato le

dimensioni e l'operatività.

Il Consorzio di Bonifica Cellina-Meduna appartiene al bacino idrografico del Fiume

Livenza, il cui limite orientale coincide con l'asse del fiume Tagliamento; il Consorzio di

Bonifica Pianura Isontina appartiene al bacino idrografico del fiume Isonzo. Sono infatti

questi due fiumi, il Tagliamento ad Ovest e l'Isonzo ad Est, appunto, a delimitare quel

bacino idrografico che viene denominato "Bacino Idrografico della Laguna di Marano e

Grado" che è il naturale corpo recettore di tutti i corsi d'acqua appartenenti a quest'area,

ricompresa nel comprensorio del Consorzio di Bonifica Pianura Friulana.

L’area idrografica dell’Alta, Media e Bassa Pianura Friulana, compresa tra il fiume

Tagliamento ed il sistema idrografico Torre-Isonzo, si sviluppa su un'area di circa 2.000

km²; la parte apicale del territorio è delimitata dalle colline moreniche dalle quali

scendono due torrenti principali, il Cormôr ed il Corno di Codroipo, ubicati rispettivamente

ad est ed ad ovest dell’area idrografica.

I territori dell’Alta e Media Pianura sono costituiti prevalentemente da depositi alluvionali

ghiaiosi di notevole spessore e di elevata permeabilità nelle quali si sviluppa una potente

ed estesa falda freatica. Nella zona è presente un’allargata rete di canali irrigui, realizzati

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tra la fine dell’800 e i primi decenni del secolo scorso, che hanno permesso di sviluppare

un’importante attività agricola in territori privi di corsi d’acqua perenni proprio a causa

della notevolissima permeabilità dei suoli.

I territori della Bassa pianura sono costituiti invece da successioni stratigrafiche di sabbie,

limi ed argille, nelle quali si sviluppa una ricca serie di falde artesiane alimentate dalla

falda freatica dell’Alta Pianura.

Il differente grado di permeabilità esistente tra l’Alta e la Bassa Pianura Friulana dà luogo

nei punti di discontinuità litologica a numerosi fenomeni di risorgiva. La linea di

separazione tra l’Alta e la Bassa pianura è quindi caratterizzata dal punto di vista

idrografico da una fitta serie di risorgenze della falda freatica che danno luogo ad una

ricca ed estesa idrografia che caratterizza l’intera Bassa Pianura Friulana. Tutti i corsi

d’acqua di risorgiva, ad eccezione del fiume Varmo, recapitano le loro acque nella Laguna

di Marano e Grado.

Tutta la Bassa Pianura friulana un tempo era occupata da acque, paludi e boschi planiziali

ed era sostanzialmente priva di centri abitati. L’area, infatti, era minacciata sia

dall’eccedenza di acque che derivavano da monte attraverso i corsi di risorgiva, che

dall’inversione marina dovuta a escursioni di marea e mareggiate che provenivano dalla

Laguna di Marano e Grado. Nei primi decenni del secolo scorso l’area è stata oggetto ad

una vasta opera di bonifica idraulica per dare sviluppo ad un’intensa attività agricola, alla

realizzazione di nuovi insediamenti abitativi e alla localizzazione di insediamenti produttivi

e turistici.

Nella Bassa Pianura Friulana sono quindi presenti una fitta rete di canali di bonifica, che

governano le acque di risorgiva e quelle di origine meteorica. Tutta la linea di costa al

confine con la laguna di Marano e Grado è difesa da arginature che difendono il territorio

dalle ingressioni dovute alle escursioni di marea e alle mareggiate. Il deflusso delle acque

drenate dai canali di bonifica è assicurato da ben 34 impianti idrovori.

Tutta quest'area, pari a circa 2.000 km2 è gestita attualmente dal Consorzio di Bonifica

Pianura Friulana, ente di recente costituzione, nato dall’accorpamento nel 2015 del

cessato Consorzio di Bonifica Ledra-Tagliamento (CBLT) e quello della Bassa Friulana

(CBBF) e coincide, dal punto di vista idro-morfologico, con il "Bacino Idrografico della

Laguna di Marano e Grado", essendo la laguna stessa il naturale corpo recettore di tutti i

corsi d'acqua appartenenti a questa vasta porzione di Regione, compresa tra il fiume

Tagliamento ad ovest e il fiume Isonzo ad est.

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Anche per questo motivo, la fusione tra i due enti ha consentito azioni

organiche sul nuovo comprensorio, sia per la difesa del suolo sia per quanto

riguarda la gestione delle acque e dell'irrigazione.

LE ATTIVITA’ CONSORTILI: CENNI STORICI

Dal punto di vista socio-economico l’area comprensoriale ha conosciuto nel corso del

secondo dopoguerra una intensa crescita, contribuendo a trasformare il volto dell’intera

Regione.

Tuttavia questo sviluppo ha innescato squilibri territoriali e vistose disarmonie tra i

comparti produttivi.

Infatti la crescita ha portato alla diffusione di imprese industriali, commerciali e di servizio

con simultaneo declino dell’impresa agricola, in buona parte imposto dalla fragilità e

vetustà delle infrastrutture. Ciò ha portato il settore agricolo a partecipare in maniera

determinante alle modificazioni generate dai rapidi processi di riqualificazione e

specializzazione dell’agricoltura che hanno interessato altre sfere economiche.

Questi squilibri intersettoriali si sono verificati in un territorio la cui storica vocazione

agricola pareva dovesse mantenere un elevato numero di addetti limitando lo sviluppo di

attività alternative.

Il gradiente degli indicatori demografici facenti parte del comprensorio consortile, in cui

l’agricoltura costituisce di gran lunga l’attività prevalente, in termini di superficie

occupata, forniscono un quadro in cui si delinea una vera perdita di ruolo nell’ambito

socio-economico della ruralità.

Si ritiene che queste siano le ragioni che hanno indotto da sempre le Amministrazioni

sovraintendenti a incentivare, mediante l’ammodernamento delle infrastrutture delle

attività agricole in quanto il peso dell’occupazione del settore è comunque molto più alto

nelle aree irrigate.

I primi tentativi di costruzione di infrastrutture irrigue, sostenute negli ultimi decenni con

intervento finanziario pubblico, risalgono all’epoca della costituzione del Consorzio di

Comuni “Ledra – Tagliamento” avvenuta nel lontano 1876, con il compito di realizzare e

gestire la derivazione d’acqua dei fiumi Ledra e Tagliamento per scopi civici (ora sostituiti

dalle reti acquedottistiche), irrigui ed industriali.

Nell’alta pianura friulana, è stata così realizzata la più ampia rete irrigua regionale a

servizio di oltre 25.000 ha di S.A.U., dei quali risultano ancora serviti con l’antico metodo

a scorrimento circa ha 9.500.

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LA PEDOLOGIA DEL TERRITORIO CONSORTILE

All’interno del comprensorio appartenente al Consorzio di bonifica Pianura Friulana

possono essere individuate almeno sette unità fisiografiche principali, con caratteristiche

pedologiche distinte.

Il Campo di Osoppo - Gemona

La zona di pianura, di forma all’incirca triangolare, che risulta compresa tra l’anfiteatro

morenico del Tagliamento a Sud e Sud - Est, i rilievi costituenti le Prealpi Giulie a E, il

Tagliamento e le Prealpi Carniche a O e NO, prende il nome di campo di Osoppo - Gemona.

Il campo di Osoppo - Gemona presenta morfologia in prevalenza pianeggiante, con una

pendenza media verso SO circa pari a 0.4 %. La quota massima, raggiunta in prossimità di

Ospedaletto, è di 207 m s.l.m., mentre la quota minima (152 m s.l.m.) si ha in prossimità

della confluenza del fiume Ledra nel Tagliamento. La continuità della pianura è interrotta

solamente in prossimità dell’abitato di Osoppo, ove, oltre all’omonimo colle, i rilievi di S.

Rocco e Vergnâl raggiungono quote fino a 100 m superiori a quelle della piana circostante.

La piana occupa una vasta depressione morfologica generata dal ritiro dei ghiacciai

würmiani, nella quale si formò un vasto bacino lacustre, i cui resti sono attualmente

rappresentati dai laghi di Cavazzo e Ragogna. Il bacino nei secoli è stato soggetto a un

progressivo riempimento di materiale alluvionale da nord verso sud, per effetto del quale

si assiste ad una graduale diminuzione della granulometria media dei depositi procedendo

verso il limite meridionale della piana. La presenza di più fonti di alimentazione del

materiale alluvionale ha generato, comunque, una certa interdigitazione dei vari tipi

litologici, che presentano marcate variazioni granulometriche sia in senso orizzontale sia in

senso verticale.

Dal punto di vista litologico tale piana riproduce, in piccolo, le caratteristiche della

pianura friulana, presentando anch’essa una linea delle risorgive che divide sedimenti in

prevalenza ghiaiosi a monte e sedimenti limosi e argillosi a valle.

L’ultima parte del bacino ad essere riempita è stata quella più distante dai punti di

immissione dei corsi d’acqua, cioè quella posta ai piedi dei colli morenici. È per questo

motivo che i limi e le argille sono concentrati lungo una fascia che decorre in senso SO - NE

seguendo l’andamento dei colli su cui sorge Buja, fino in prossimità di Magnano in Riviera.

Ai sedimenti limoso-argillosi si possono associare localmente intercalazioni di torbe,

depositi tipici delle zone di bassura intramorenica, ma presenti anche in corrispondenza

dell’estremità meridionale della piana di Osoppo e nel tratto compreso tra Artegna e Buja.

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Limitate aree con materiali fini si individuano, ancora, in corrispondenza dell’abitato di

Osoppo, ove l’energia della corrente era bassa a causa della protezione operata dal Colle

omonimo.

Le colline moreniche

Tali rilievi rappresentano il più importante complesso morfologico glaciale del territorio

regionale, ed occupano una superficie di circa 250 km2.

Le colline moreniche si presentano sotto forma di tre archi concentrici, disposti in ordine

decrescente, sia in termini di altezza che di ampiezza, verso Nord, con la convessità

rivolta a Sud e separate da articolate depressioni.

La cerchia più esterna è anche la meglio conservata, e si sviluppa da Ragogna a Ovest fino

a Qualso ad Est, attraverso le colline di S. Daniele, Fagagna, Moruzzo, Brazzacco e

Tricesimo. Le altre due cerchie, quella mediana e quella più interna, presentano

andamenti più irregolari, essendo state rimaneggiate dalle ripetute pulsazioni della fronte

glaciale in fase di progressivo ritiro. Non riconducibili all’azione esclusiva dei ghiacci sono

unicamente il Colle di Susans, costituito da conglomerati miocenici, e i più settentrionali

colli di Buja, in prevalente flysch eocenico.

La quota massima di questi dolci rilievi è circa 270 m, e viene raggiunta in prossimità di

Moruzzo.

L’origine delle colline moreniche è riconducibile all’intensa azione di erosione e trasporto

esplicata dalle masse dei ghiacci in particolare durante l’ultima fase glaciale, quella

würmiana.

Dal punto di vista litologico questo settore collinare si presenta estremamente complesso,

dal momento che vede la presenza, a stretto contatto, di depositi dalle caratteristiche

granulometriche molto variabili.

I litotipi che si rinvengono con maggiore frequenza sono i seguenti:

sedimenti ghiaiosi ben graduati, con inclusi clasti grossolani e blocchi, in una matrice

argillosa: rappresentano la facies più tipica con cui si presentano i depositi morenici,

e sono abbondantemente diffusi lungo il margine dell’arco morenico più esterno, in

prossimità del contatto con l’alta pianura;

sedimenti ghiaiosi ben graduati con abbondante legante limo-argilloso, talora

disposto in lenti di vario spessore: si tratta sempre di depositi morenici, presenti

nella parte centrale dell’anfiteatro morenico e disposti secondo fasce allungate

parallelamente allo sviluppo delle cerchie moreniche;

ghiaie ben graduate con scarso fino: costituiscono il deposito dei corsi d’acqua a

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carattere torrentizio che solcano l’anfiteatro morenico per sboccare sulla pianura

alluvionale, ove tali depositi si saldano con gli analoghi materiali dell’Alta Pianura;

sedimenti limoso-argillosi: costituiscono il deposito che si è formato nelle aree più

depresse, sono di origine glacio-lacustre e possono essere sovente accompagnati a

limi torbosi e torbe, che rappresentano la sedimentazione organica di chiusura delle

antiche conche lacustri; si rinvengono nella piana compresa tra Moruzzo e

Colloredo di Monte, a Nord di Cassacco e ad occidente di Tricesimo.

I Colli Orientali

Per Colli orientali si intendono le dolci ondulazioni dei colli di Rosazzo e Rocca Bernarda,

che ricadono nella parte più orientale del comprensorio del Consorzio, tra Cividale del

Friuli e Corno di Rosazzo. Essi costituiscono le ultime propaggini dei rilievi appartenenti

alle Prealpi Giulie, che verso occidente degradano progressivamente fino a raccordarsi con

l’alta pianura friulana. Si tratta di rilievi costituiti da formazioni flyschoidi, del tutto simili

a quelli prealpini immediatamente retrostanti, ai quali possono essere associati sia per

costituzione che per origine.

Essi presentano morfologia dolce e piuttosto articolata, con la presenza, anche, di alcune

culminazioni isolate, quali i colli di Buttrio e Manzano e separate dai restanti rilievi

collinari da una profonda incisione operata dal Fiume Natisone, che un tempo scorreva in

una posizione molto più orientale rispetto a quella attuale. Tale incisione è stata

successivamente riempita dalle alluvioni dello stesso fiume, il cui corso si è

progressivamente spostato verso Ovest, fino ad aggirare i colli di Buttrio e Manzano.

Le quote che caratterizzano i Colli Orientali sono decisamente modeste, nell’ordine dei

200 m s.l.m., e le pendenze dei versanti sono generalmente contenute. L’origine di questi

colli, di età eocenica, si presenta molto più difficilmente schematizzabile rispetto a quella

della pianura o delle colline moreniche di cui prima si è parlato e va fatta risalire al

franamento in un ambiente allora marino di grandi quantità di materiale carbonatico ai

piedi della scarpata continentale. Fasi tettoniche successive, da porre in relazione a

situazioni di spinte instauratesi all’interno della crosta continentale, hanno determinato

l’emersione di questi materiali, successivamente sottoposti all’azione erosiva degli agenti

esogeni, che ne hanno determinato il progressivo smantellamento e rimodellamento

morfologico. Questo settore collinare è costituito da litotipi flyschoidi, che si presentano

sotto forma di alternanze di marne ed arenarie, in strati assai sottili, con intercalazioni

carbonatiche. Ai piedi dei colli si individua una fascia, di larghezza variabile,

caratterizzata da depositi sciolti di origine alluvionale a granulometria grossolana

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contenente una frazione, in percentuale rilevante, di limi ed argille. I sedimenti fini,

provenienti dall’alterazione e successivo dilavamento dei litotipi flyschoidi limitrofi,

possono talora diventare prevalenti sulla frazione ghiaiosa e costituire un orizzonte di

potenza anche significativa sovrastante le alluvioni grossolane.

La natura dei terreni non consente un accumulo di risorse idriche nè un utilizzo efficace

delle acque superficiali a scopo irriguo e le falde, freatiche ed artesiane, si trovano a

profondità tale da non rendere tale riserva fruibile ai fini irrigui. Le condizioni

meteoclimatiche dell’area sono comunque tali da non richiedere un apporto integrativo ai

fini irrigui, essendo tutt’al più necessario un riassetto della sistema idrologico per meglio

gestire l’accumulo e la distribuzione della risorsa idrica presente con la realizzazione di

invasi artificiali e impianti di sollevamento e rilancio.

L’alta pianura friulana

Limitata a Nord dai rilievi prealpini e dell’anfiteatro morenico, la pianura friulana

costituisce la prosecuzione orientale della pianura padano - veneta. Il limite fra alta e

bassa pianura viene convenzionalmente posto lungo la linea delle risorgive, che separa la

parte settentrionale (alta pianura), caratterizzata la litotipi più grossolani, dalla parte

meridionale (bassa pianura), in cui prevalgono i litotipi a granulometria inferiore.

Nell’alta pianura friulana il terreno degrada dolcemente verso il mare dai circa 150 m

s.l.m. che si osservano a Sud dell’anfiteatro morenico, fino ai 20 m di quota nei pressi di

Palmanova. La pendenza va da un minimo del 3 per mille ad un massimo del 1,5 % alla base

delle pendici sud dei rilievi collinari, con una media è nell’ordine dello 5 per mille.

Nell’ambito dell’Alta Pianura Friulana sono nettamente predominanti litotipi ghiaiosi

grossolani, in depositi di origine alluvionale potenti diversi centinaia di metri, talora,

intercalati a livelli argillosi e a bancate conglomeratiche. La granulometria media dei

sedimenti tende a diminuire da nord a sud, passando da ghiaie ben graduate con scarso

fino, tipiche dei terreni dell’alta pianura pedemorenica e della media pianura centro -

orientale, a ghiaie ben graduate con legante limoso e argilloso, proprie dei terreni della

media pianura a settentrione della linea delle risorgive.

La relativa omogeneità litologica che caratterizza l’alta pianura viene interrotta solamente

in prossimità degli ambiti degli alvei fluviali attivi dei fiumi Tagliamento e Torre e dei loro

affluenti, ove si rinvengono sedimenti ghiaiosi ben graduati con sabbia o con abbondante

materiale fino. Tale fenomeno è particolarmente evidente nella zona di Udine e di

Pozzuolo del Friuli, nella piana del Natisone e lungo una fascia ai piedi dei rilievi collinari

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prealpini e dei colli Orientali, ove i materiali ghiaiosi alluvionali sono stati intasati da

abbondanti limi ed argille prodotti dal dilavamento dei rilievi stessi.

Le acque che defluiscono dall’alta pianura friulana raggiungono il complesso alluvionale ai

suoi piedi, suddivisibile in tre aree: la zona superiore asciutta, la zona delle risorgive e

l’area perilagunare.

La Zona Superiore Asciutta

La Zona superiore asciutta, a monte della linea delle risorgive, rappresenta l’ultimo lembo

di alta pianura asciutta, ovvero una zona di transizione in termini di caratteristiche

pedologiche dei suoli; la granulometria media dei sedimenti infatti tende a diminuire da

Nord a Sud, passando da ghiaie ben graduate con scarso fino, tipiche dei terreni dell’alta

pianura pedemorenica e della media pianura centro-orientale, a ghiaie ben graduate con

legante limoso e argilloso, proprie dei terreni della media pianura a settentrione della

linea delle risorgive.

I litotipi predominanti sono ghiaiosi grossolani sotto forma di depositi di origine alluvionale

profondi diverse centinaia di metri, talora intercalati a livelli argillosi e a bancate

conglomeratiche, un substrato ghiaioso ricoperto o misto ad uno strato di materiale terroso

alterato di spessore variabile tra i 30 e i 70 centimetri, connotazione che rende tale zona

“magra” e di scarsa fertilità naturale.

Ciò nonostante, l’elevata permeabilità di questi materiali consente una facile filtrazione

delle acque meteoriche e di quelle dei corsi d’acqua che la attraversano. Queste acque

vanno a costituire una falda freatica indifferenziata, localizzata a profondità

progressivamente decrescenti verso la linea delle risorgive, ove essa affiora per la

diminuita permeabilità dei sedimenti che attraversa

Per questo motivo l’area può beneficiare della presenza di una ricca falda freatica che si

individua già a pochi metri di profondità dal piano campagna, consentendo

l’approvvigionamento idrico mediante pozzi freatici dotati di pompe di emungimento.

Trovandosi a Nord della fascia delle risorgive, i terreni che appartengono a questa zona

non possono usufruire della fitta rete idrica superficiale che si sviluppa più a Sud; la

distribuzione dell’acqua per uso irriguo avviene quindi solo con l’ausilio di canalette

prefabbricate in cemento o di canali in terra o rivestiti in calcestruzzo.

L’elevata permeabilità del suolo, generata dalla granulometria grossolana dei terreni,

impone quindi una generosa dotazione idrica per garantire ai più di 3.000 ettari di questa

zona un’irrigazione sufficiente.

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La fascia delle risorgive

A sud della Zona superiore asciutta la falda freatica sotterranea riaffiora incontrando un

sottosuolo impermeabile che obbliga le sue acque ad uscire sul piano campagna; qui, sotto

uno strato poco profondo di terra fertile, si trova un materiale ghiaioso più o meno

grossolano misto a sabbia e calcare. Terreni costituiti da ghiaie ormai di ridotta

dimensione si alternano sottili alluvionali sabbiose-limose e a lenti di torba formatisi grazie

alla fertilità di questi terreni garantita dall’elevata presenza di acqua. L’area è

attraversata da corsi di risorgenza ormai defluenti in alvei naturali, che raccolgono non

solo le acque sotterranee ma anche quelle che per ruscellamento confluiscono

superficialmente.

L’abbondanza di acqua nella zona delle risorgive è il motivo per cui in quest’area non vi

sono particolari esigenze irrigue, se non quelle di ridistribuire la risorsa idrica in maniera

razionale. Si provvede quindi a prelevare l’acqua, tramite derivazioni opportunamente

realizzate, da rogge di risorgiva e a portarla con sistemi di paratoie e nodi idraulici anche

fino al margine della laguna.

L’acqua per uso irriguo viene prelevata direttamente dalla rete idraulica esistente,

costituita da canali naturali e di bonifica, per mezzo di derivazioni poste a monte di

impianti di sollevamento che permettono la ridistribuzione dell’acqua nelle rete irrigua.

L’attingimento dell’acqua è ovviamente limitato ed oggetto di concessione da parte

dell’ente gestore del corpo idrico, proprio come per i pozzi. All’interno di questa zona si

possono distinguere vari comprensori irrigui, più o meno omogenei a seconda della

struttura di adduzione e distribuzione irrigua utilizzata. L’irrigazione a scorrimento da

canali a cielo aperto e derivazione da canali esistenti avviene in diversi comprensori, quali

ad esempio Torsa irriguo, Cormor-Zellina irriguo e Muzzana irriguo.

Laddove non esistono sistemi di irrigazione strutturata (e tanto meno necessità impellente

del reperimento dell’acqua per uso irriguo) è pratica diffusa l’irrigazione di soccorso:

grazie alla disponibilità di notevoli volumi d’acqua in rete, i consorziati infatti possono

attingerla direttamente dai canali naturali con propri mezzi aziendali, con il rincollo delle

acque attuato mediante interventi dedicati su nodi idraulici. La superficie irrigata a

soccorso nella zona a scolo naturale è di circa 8.000 ettari.

La bassa pianura friulana

La bassa pianura friulana si estende a Sud della zona delle risorgive ed è costituita da

terreni più sciolti, sabbiosi o limosi, che rendono il suolo estremamente impermeabile

consentendo di trattenere a lungo l’acqua in superficie. Tale area si può dividere in una

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zona con quote superiori rispetto al medio mare, a carattere intermedio e più asciutta

della media pianura, ed un’area perilagunare di recente bonifica, quasi tutta situata a

quote inferiori al livello medio del mare. Quest’ultima presentava in passato ampie zone di

impaludamento ove sono state, e sono necessarie, grandi opere di bonifica per il

risanamento, compreso lo scolo artificiale delle acque. Dal punto di vista altimetrico,

inoltre, la bassa pianura friulana presenta un andamento piuttosto uniforme: le variazioni

di quote sono molto contenute e i terreni hanno pendenze minime. Tale situazione rende

queste aree depresse maggiormente esposte all’invasione e alla sommersione da parte

delle acque della laguna e dei fiumi in occasione di eventi meteorologici estremi. Per

questo motivo sono protette per mezzo di sistemi di argini, la cui quota deve essere

monitorata in continuazione per poter valutare l’efficienza delle opere di difesa nei

confronti delle possibili ingressioni delle acque lagunari, specialmente in occasioni di

mareggiate. La presenza di argini a mare e a fiume rende impossibile lo scolo naturale

delle acque dei terreni perilagunari, scolo che è risolto mediante il sollevamento

meccanico operato con impianti idrovori, realizzati negli anni ed attualmente gestiti dal

Consorzio.

Le opere di bonifica messe in atto hanno avuto nel tempo lo scopo di rendere questi

territori adatti allo sviluppo delle attività antropiche permettendone di fatto l’occupazione

e l’uso da parte dei suoi abitanti.

In particolare, fatto fronte alle problematiche idrogeologiche e morfologiche grazie alle

attività di bonifica consortili, l’attività agricola ha avuto ampio sviluppo grazie alle

caratteristiche del terreno, le cui impermeabilità e capacità di trattenere l’acqua risultano

vantaggiose e comportano una richiesta irrigua minore rispetto ad altre zone del

comprensorio. Pratica diffusa è quindi la cosiddetta irrigazione “di soccorso” o “di

sostegno”, condotta con sistemi e modalità aziendali e resa possibile mantenendo livelli

idrometrici elevati nella rete di bonifica con l’arresto delle pompe nei bacini meccanici.

La superficie complessiva interessata da questo sistema irriguo è stimata in circa 17.000

ettari

L’IDROGRAFIA

Il comprensorio del Consorzio di bonifica Pianura Friulana presenta un’idrografia molto

articolata, che si sviluppa in modo assai differenziato nelle diverse unità fisiografiche che

compongono il territorio. Da nord verso sud è possibile distinguere infatti:

il Campo di Osoppo – Gemona, costituito da un’area pianeggiante, caratterizzata

da un punto di vista pedologico e geologico da un’elevata permeabilità della

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fascia settentrionale, pressoché priva di rete idrografica superficiale, e da una

zona meridionale di risorgive, nella quale hanno origine numerosi corsi d’acqua,

affluenti del Tagliamento;

l’anfiteatro morenico del Tagliamento e i Colli Orientali, dove le acque

meteoriche, a causa della scarsa permeabilità dei terreni, scorrono in superficie,

originando torrenti dalle portate molto variabili ed in stretta correlazione con

l’andamento delle precipitazioni;

l’alta pianura friulana, nella quale l’elevata permeabilità dei terreni alluvionali

determina la filtrazione in profondità delle acque meteoriche e delle portate

fluviali, alimentando così una ricca falda freatica;

La zona superiore asciutta, ovvero la parte terminale dell’Alta Pianura Friulana, in

corrispondenza della quale i terreni ghiaiosi e particolarmente permeabili degli

strati sotterranei che la costituiscono e che raccolgono le acque superficiali in

profondità, vanno esaurendosi lasciando spazio ai terreni impermeabili che

caratterizzano la fascia delle risorgive e che obbligano la falda freatica a risalire

dagli strati profondi appena sotto la superficie ghiaiosa;

la zona delle risorgive, i cui suoli di natura mista limo-sabbiosa che si alternano a

ghiaie sottili, permettono alla risorsa idrica di affiorare senza sollevamento da

falde artesiane profonde e di scorrere in superfici in corsi d’acqua naturali;

la bassa pianura friulana, che si estende a margine della laguna di Marano e Grado

con pendenze ridotte ed è attraversata da una fitta rete di canali artificiali, di

bonifica e di irrigazione; la risorsa idrica disponibile è abbondante non solo

grazie ai terreni impermeabili che permettono l’accumulo negli strati

superficiali della componente data dalle precipitazioni, ma anche grazie agli

afflussi derivanti dalla rete idrografica naturale dell’alta pianura friulana che

alimentano le falde da cui derivano le acque di risorgiva a monte della bassa

pianura friulana.

Alla varietà morfologica e geologica del territorio corrisponde una diversità idrografica e

funzionale dei corsi d’acqua, in parte naturali ed in parte artificiali, tra i quali si possono

distinguere:

i corsi d’acqua principali con un significativo bacino montano all’esterno del

comprensorio: il Tagliamento ad ovest, il Torre, il Natisone, il Malina e lo Judrio

a est, tutti appartenenti al bacino dell’Isonzo. Si tratta di fiumi e torrenti

soggetti a piene anche molto intense, per effetto degli elevatissimi apporti

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meteorici sui rilievi; per lunghi periodi dell’anno, tuttavia, la notevole

permeabilità dell’alta pianura induce la completa infiltrazione delle portate e il

prosciugamento anche completo degli alvei;

i torrenti che drenano i colli orientali e l’anfiteatro morenico: a carattere

torrentizio nel primo tratto a forte pendenza, raggiungono poi l’alta pianura e qui

in magra disperdono quasi completamente per infiltrazione le portate in arrivo.

A questo gruppo appartengono il torrente Corno, il torrente Cormôr e i numerosi

affluenti del Malina, del Natisone e dello Judrio;

il sistema di rogge e canali irrigui che distribuiscono l’acqua nell’alta pianura:

tra questi spicca il canale Ledra - Tagliamento con le sue derivazioni; dal

Tagliamento sono alimentate le rogge di Gemona e la Roggia di Carpacco -

Codroipo, mentre dal Torre hanno origine in destra idrografica la Roggia di

Udine e la Roggia di Palma e in sinistra idrografica la Roggia Cividina;

il sistema di fiumi e rogge naturali che solcano la fascia delle risorgive, il fiume

Stella, il torrente Turgnano, Il torrente Corno di San Giorgio di Nogaro e il Torrente

Ausa, il fiume Natissa, Canale Tiel-Zemole e fiume Zellina e il fiume Isonzato;

La fittissima rete di bonifica costituita da canali artificiali, che raccolgono e

convogliano a laguna le acque della area perilagunare, non in grado di scolare

naturalmente.

GLI UTILIZZI IRRIGUI

Nell’ambito del Comprensorio così individuato, il Consorzio provvede:

alla provvista ed adduzione delle acque da destinare ad usi pubblici ed in

particolare alla utilizzazione nel campo agricolo per irrigazione e nel campo

industriale ed igienico;

alla distribuzione irrigua attraverso unità elementari (comizi irrigui) ed impianti di

pluvirrigazione su comprensori più ampi;

alla bonifica idraulica mediante reti di canalizzazione per lo sgrondo delle acque,

sia a scolo naturale che meccanico, ed inoltre al risanamento idraulico-agrario di

corsi d’acqua e campagne circostanti;

alla tutela delle risorse idriche e della difesa del suolo ai sensi del D.Lgs.

152/2006.

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Il Consorzio di bonifica Pianura Friulana si avvale di più sistemi derivatori, di natura e

complessità diversa, come di seguito illustrato.

Il sistema Ledra-Tagliamento

Il sistema deriva le sue acque dal fiume Tagliamento in località Ospedaletto (Gemona),

dal fiume Ledra in località Andreuzza (Buia), e le adduce nel Comprensorio (classificato

di bonifica di II categoria, D.M. del 06.02.1934 n. 1202/5830 Div. IX) mediante una rete

principale dello sviluppo di circa 350 Km.

La costruzione della rete di canali principali, con la derivazione dal fiume Ledra ad

Andreuzza, risale agli anni compresi tra il 1878 e 1881.

Nel 1885 veniva deliberata la costruzione del canale sussidiario per utilizzare oltre le

portate del fiume Ledra, già immesse nel canale principale ad Andreuzza, anche quelle

del fiume Tagliamento.

L’opera di presa su detto fiume, posta inizialmente in corrispondenza della rosta

Savorgnana, veniva nel 1911 spostata più a monte di circa 2500 metri, nella posizione

dell’attuale presa di Ospedaletto.

Pertanto, allo stato attuale, partendo dalla derivazione principale di Ospedaletto e

proseguendo verso valle, le opere si sviluppano nel seguente ordine:

a) il canale cosiddetto “Sussidiario” che adduce le acque da Ospedaletto fino

all’immissione delle stesse nel fiume Ledra;

b) il nodo idraulico di Andreuzza in Comune di Buia dove vengono derivate le acque del

Ledra per le portate di competenza, mentre gli eventuali superi vengono lasciati defluire

nell’asta terminale del Ledra immissario del fiume Tagliamento;

c) il canale “Principale” che va da Andreuzza fino all’immissione nel torrente Corno;

d) il nodo idraulico di S. Mauro dove le acque del Tagliamento e del Ledra, confluite nel

torrente Corno, sono derivate attraverso il canale cosiddetto “Industriale” ed il canale

secondario detto “Giavons”. Gli eventuali superi vengono lasciati defluire nel Corno;

e) il nodo idraulico di Rivotta, dove si ha la definitiva regolazione delle portate di

competenza con scarico di eventuali superi nel torrente Corno;

f) il canale “Principale” che, uscendo dalla zona collinare ed entrando nella pianura,

piega ad Est in direzione della città di Udine e dal quale si dipartono i canali secondari,

con direzione Nord-Sud, che convogliano le acque verso le zone di utilizzazione irrigua.

I canali secondari sono i seguenti:

Canale di Giavons

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Ha origine dal canale principale al nodo idraulico di S. Mauro e si snoda verso Sud nel

territorio dei Comuni di Rive d’Arcano, Coseano, Flaibano e Sedegliano dove dirama nei due

canali di S. Lorenzo e Gradisca, denominato ancora Giavons, in Comune di Codroipo.

Canale di S. Vito

Ha origine dal canale principale in località S. Vito di Fagagna ed nel suo percorso verso Sud

attraverso i territori dei Comuni di S. Vito di Fagagna, Mereto di Tomba, Basiliano dove si

dirama nei due rami del canale di Rivolto e canale di Bertiolo.

Canale di Martignacco

Ha origine dal canale principale in località Udine, ed interessa in territori dei Comuni di

Udine, Campoformido, Pozzuolo del Friuli, Mortegliano, Castions di Strada.

Canale di S. Gottardo

Ha origine dal canale principale in località Rizzi (Udine) ed attraversa il territorio a Nord

della città di Udine ed integra il sistema delle Rogge di Udine e Palma nel percorso

cittadino.

Canale di Castions

Ha origine dal canale principale il località Udine, ed interessa il territorio dei Comuni di

Udine, Campoformido, Pozzuolo del Friuli, Mortegliano, Castions di Strada.

Canale di Trivignano

Si diparte dal canale principale in località Partidor a Udine e interessa i territori dei Comuni

di Udine, Pradamano, Pavia di Udine, Trivignano.

Canale di S. Maria

Si diparte nello stesso punto del canale di Trivignano e si sviluppa lungo i territori dei

Comuni di Udine, Pavia di Udine, S. Maria la Longa, Bicinicco.

La portata totale derivata dal Fiume Tagliamento in periodo estivo direttamente dalla presa

di Ospedaletto è pari a 24,520 mc/s, alla quale si devono aggiungere i contribuiti prelevati

per alimentare:

- la Roggia dei Mulini (1,107 m3/s);

- il comune di Gemona tramite la Roggia dei Mulini (0,800 m3/s);

- i comprensori irrigui Gemona/Osoppo (2,90 m3/s +1,62 m3/s) direttamente nel tratto

a valle della presa.

Sistema di derivazione da rogge artificiali nell’alta pianura friulana

Il sistema delle rogge è costituito dalla roggia di Codroipo e dal sistema Roiale.

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La roggia di Codroipo deriva l’acqua dal fiume Tagliamento in località Aonedis di S. Daniele

si sviluppa lungo la direttrice Nord-Sud del Comprensorio attraverso i territori dei Comuni di

S. Daniele del Friuli, Dignano, Flaibano, Sedegliano, Codroipo.

Il corpo d’acqua derivato, pari a circa 2,4 m3/s è quasi interamente impiegato per il servizio

irriguo.

Il Sistema Roiale deriva l’acqua dalla sponda destra del torrente Torre in località Zompitta di

Reana del Roiale. L’acqua derivata, da oltre otto secoli, è suddivisa per i 2/3 per le rogge di

Udine e Palma e per 1/3 per la roggia Cividina che porta le sue acque in sinistra Torre,

attraverso i territori dei Comuni di Povoletto e Remanzacco, fino allo scarico nel Torrente

Malina.

Le rogge di Udine e Palma, invece, dopo il tratto comune Zompitta - Cortale, si diramano

percorrendo verso Sud i territori dei Comuni di Reana del Roiale, Tavagnacco, Udine,

Campoformido, Pozzuolo del Friuli, Mortegliano, Pavia di Udine, Bicinicco, S. Maria La

Longa, Palmanova.

La roggia di Udine scarica l’acqua fluente nel Torrente Cormôr in località Mortegliano,

mentre la roggia di Palma, scarica l’acqua nel fossato circostante le mura della città di

Palmanova. Il sistema roiale è l’adduzione consortile che più si diversifica nell’utilizzo

dell’acqua, in quanto essa viene utilizzata sia per scopi irrigui che industriali domestici e

paesaggistici.

Il sistema dei pozzi freatici

Nella zona di transizione tra media-alta e bassa pianura friulana l’irrigazione è

gestita tramite prelievi da falda freatica, alimentata in parte dalle precipitazioni e in

parte dalle acque di infiltrazione derivanti dalla rete di corsi d’acqua naturali, dalle reti

dei sistemi irrigui e dalla pratica irrigua stessa.

Trovandosi a Nord della fascia delle risorgive, i terreni che appartengono a questa

zona non possono usufruire della fitta rete idrica superficiale che si sviluppa più a Sud; la

distribuzione dell’acqua per uso irriguo avviene quindi solo con l’ausilio di canalette

prefabbricate in cemento o di canali in terra o rivestiti in calcestruzzo, a cielo aperto, per

l’irrigazione a scorrimento tramite infiltrazione laterale da solchi, o di reti di condotte in

pressioni che consentono la pratica irrigua per aspersione.

Le canalette sono direttamente alimentate da una serie impianti di sollevamento,

dotati di pozzi circolari del diametro interno compreso tra 1,60 e 2,00 metri, profondi da

12 a 40 metri rispetto al piano campagna, per quelli distribuiti lungo la strada

Napoleonica, fino ad un massimo di 70-80 m per quelli che si trovano nell’area in sinistra

Torre. Il pelo libero nel pozzo può trovarsi a profondità variabili da 3 a 12 metri. La

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portata sollevata da un singolo pozzo è dell’ordine di 150-250 l/s, per l’irrigazione di

comizi estesi fino a 120 ettari, con un abbassamento della falda all’esterno del pozzo

dovuto all’emungimento, non superiore a 2 metri.

La rete di condotte in pressione invece è gestita tramite impianti pluvirrigui la cui

realizzazione è stata condotta e spinta negli ultimi anni per attuare un piano di

trasformazione irrigua al fine di ottimizzare e monitorare l’uso della risorsa idrica

disponibile. La distribuzione dell’acqua, sia essa a pelo libero che in pressione, è turnata e

gestita direttamente dal Consorzio. La superficie così irrigata è di circa 13.000 ettari

suddivisi in comizi e dotata di poco più di 100 pozzi per l’attingimento dalla falda.

Il sistema di derivazioni da corsi d’acqua naturali nell’area perilagunare

Nell’ambito della zona a Sud del sistema dei pozzi, a partire dalla fascia delle

risorgive fino a laguna, l’acqua per uso irriguo viene prelevata direttamente dalla rete

idraulica esistente, costituita da canali naturali e di bonifica, per mezzo di derivazioni

poste a monte di impianti di sollevamento che permettono la ridistribuzione dell’acqua

nelle rete irrigua. All’interno di questa zona si possono distinguere vari comprensori irrigui,

più o meno omogenei a seconda della struttura di adduzione e distribuzione irrigua

utilizzata. L’irrigazione a scorrimento con canali a cielo aperto e derivazione da canali

esistenti avviene nei comprensori dei seguenti impianti: Fraida irriguo, Boscat irriguo,

Torsa irriguo, Zellina irriguo e Muzzana irriguo. Nei bacini degli impianti Carlino, Boscat e

Fiumicello pluvirriguo si pratica invece l’irrigazione per aspersione.

Laddove non esistono sistemi di irrigazione strutturata (e tanto meno necessità

impellente del reperimento dell’acqua per uso irriguo) è pratica diffusa l’irrigazione “di

soccorso” da canali di scolo, naturali o di bonifica, o ad uso misto: grazie alla disponibilità

di notevoli volumi d’acqua in rete, i consorziati infatti possono attingerla direttamente dai

canali esistenti con propri mezzi aziendali, con il rincollo delle acque attuato mediante

interventi dedicati su nodi idraulici e, per le zone a scolo meccanico, arrestando il lavoro

delle idrovore.

Tale pratica è consentita solo all’interno di bacini irrigui opportunamente perimetrati e

dotati di debite concessioni che ne regolarizzano i prelievi dalla rete di pertinenza, pur

essendo questi effettuati per irrigazione di soccorso con mezzi aziendali (e non con una

distribuzione strutturata gestita dal Consorzio);. Tra questi i principali sono:

l’area Ausa;

l’area Volpares;

l’area del Varmo a sua volta suddivisa in:

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sottobacino di Rivignano e Varmo, (cosiddetto irriguo del Varmo);

sottobacino di Latisana e Precenicco;

sottobacino del Volton.

l’area Vittoria.

GLI UTILIZZI IDROELETTRICI

Il Consorzio di bonifica Pianura Friulana può contare su diversi impianti di produzione di

energia da fonte rinnovabili realizzati e funzionanti sul territorio, tra i quali vi sono 15

impianti fotovoltaici e 8 idroelettrici (oltre a 2 in avanzata fase di progettazione).

Questi ultimi sono stati realizzati lungo la rete dei sistemi derivatori dell’alta pianura

friulana, Ledra-Tagliamento e Roiale, e sono:

ID Nome Località Indirizzo Tipo

turbina

Portata in turbina (l/s)

Salto utile netto (m)

Potenza nominale

(kW) min max

1 Basiliano Sclaunicco Casali Cjcs Francis 2800 3300 51 1600

2 Pantianicco Mereto di

Tomba Via S. Antonio Francis 300 1600 37 560

3 Mulini sul

Ledra Udine

Via Baldasseria Bassa 65°

Kaplan 2000 3300 3.5 100

4 Pannellia Sedegliano Zona

industriale Pannellia

Kaplan 2000 8000 24 1440

5 Cormor Torreano di Martignacco

Ente Fiera di Udine

Kaplan 2000 8000 5 370

6 Bonzicco Dignano Via Banfi Cross - flow

60 200 12 19

7 Villaorba Basiliano Via XXIV Maggio coclea 2346 1,9 43,7

8 Ex Mulino Bunello

Mereto di Tomba

San Marco coclea 3142 1,5 46,21

9 n Tumbucis Mortegliano In fase di progettazione

10 n Gervasutta Udine In fase di progettazione

Visti gli elevati consumi di energia elettrica dati in primo luogo dagli impianti idrovori

funzionali alla bonifica delle aree depresse presenti nel comprensorio (circa 5 Milioni di

kWh), che lavorano tutto l'anno, e dagli impianti irrigui (circa 16 Milioni di kWh), che

lavorano fondamentalmente nel periodo estivo, la produzione in autonomia di parte

dell'energia necessaria incide positivamente sui costi sostenuti per il funzionamento dei

sistemi.

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Il Consorzio si pone come obiettivo il compensare i consumi di energia per la propria attività

istituzionale attraverso la produzione di energia da fonti rinnovabili che non determinano,

cioè, un consumo di risorse e una distruzione di materie prime.

La produzione di energia elettrica da un punto di vista economico appare quindi conveniente

in quanto l’energia prodotta dalle nuove centrali viene ceduta ad un prezzo di particolare

favore determinato dalla normativa vigente per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Per questo motivo, per gli impianti idroelettrici consortili l’integrazione con l’apparato

derivatorio dell’alta pianura friulana risulta vitale e funzionale al perseguimento delle

economia che l’ente riesce ad ottenere utilizzandone l’energia prodotta.

RETI, IMPIANTI ED INFRASTRUTTURE

Il sistema impiantistico del Consorzio di bonifica descritto nei paragrafi precedenti e

connesso alle derivazioni ad uso irriguo è costituito quindi da un vasto patrimonio di

impianti, reti, mezzi e strumenti, che possono essere sia di proprietà consortile che, per la

stragrande maggioranza in gestione perché di proprietà pubblica; in particolare il

Consorzio si occupa di:

- oltre 25 stazioni di pompaggio di acqua per l'irrigazione da canale;

- n. 15 prese e nodi idraulici;

- una vastissima rete di canali adduttori e di distribuzione (km 4.150);

- una estesa rete di condotte in pressione (km 1.100);

- n. 10 impianti idroelettrici (di cui due in fase di progettazione);

- n. 15 impianti fotovoltaici.

Elevatissimo è il numero di manufatti di regolazione di scolo e di distribuzione irrigua che

si trovano lungo tutta la rete al fine di consentire una gestione consortile ottimale della

rete stessa garantendo un servizio capillare ed efficace.

La superficie totale irrigata con sistemi infrastrutturati in gestione o di proprietà del

Consorzio è di circa 33.400 ha, così suddivisa:

Irrigazione a scorrimento 14.165

Irrigazione a pioggia 19.245

TOT. superficie irrigata 33.400

Inoltre viene effettuato il servizio di irrigazione "di soccorso" su circa 17.600 ha di superficie

in prossimità della rete principale e secondaria di adduzione con canali a pelo libero – DATI

SIGRIA 2016.

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I BENEFICI AMBIENTALI

Il sistema derivatorio descritto e l’uso in atto della risorsa idrica nel territorio consortile

risultano profondamente legati all’equilibrio idraulico ed idrogeologico raggiunto oggigiorno

e questo è dovuto a vari fattori, dalla natura dei suoli alla morfologia dei terreni, dalle

caratteristiche dei corsi d’acqua SUPERFICIALI a quelle del sistema di multifalde profonde,

dalle condizioni meteoclimatiche che contraddistinguono l’area alla tipologia e modalità con

cui si svolgono le attività antropiche (approvvigionamento idropotabile, agricoltura,

produzione di energia idroelettrica, ecc..) collegate all’utilizzo delle acque prelevate dai

corsi d’acqua principali.

Esse infatti, oltre ad essere fonte per l’agricoltura e per la produzione idroelettrica nell’alta

pianura friulana, hanno la funzione di alimentare alcuni acquedotti pubblici e sono parte

integrante del paesaggio friulano essendone elementi consolidati e caratteristici; ne è un

esempio il sistema di rogge derivanti dal Torrente Torre, con i suoi canali, i mulini e

manufatti idraulici risalenti ai primi anni del Novecento, con parchi e giardini realizzati in

corrispondenza dei tratti che attraversano città come Udine e Palmanova; alla stessa

stregua, la risorsa idrica sotterranea risulta fondamentale per la bassa pianura friulana, area

in cui viene utilizzata per l’approvvigionamento idropotabile pubblico e privato, con

centinaia di piccoli pozzi, laddove non vi sia l’acquedotto pubblico, e per l’agricoltura da

falda freatica e/o artesiana, con pozzi che alimentano sia impianti consortili che privati.

La presenza delle risorgive alimentate dalle falde profonde e di sistemi naturali ad esse

connessi, come le torbiere, le olle, i piccoli boschi rappresenta per questa vasta area un

elemento di pregio e di valore per la sua unicità, come risorsa sia ambientale sia socio-

economica.

L’esistenza e il rinnovo della risorsa idrica sotterranea dipendono strettamente dalla

gestione delle acque superficiali a monte della fascia delle risorgive e del materasso

alluvionale, siano esse derivanti direttamente da precipitazioni che da corsi d’acqua

naturali.

Le falde infatti sono alimentate per:

1. infiltrazione diretta delle piogge;

2. infiltrazione delle piogge indiretta, per dispersione in alveo dei corsi d’acqua naturali

o di bonifica che ne raccolgono il contributo;

3. infiltrazione delle acque irrigue, sia diretta attraverso le superfici irrigate sia

indiretta per dispersione lungo la rete di canali di distribuzione non rivestiti.

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La componente di portata di infiltrazione derivante dalle acque irrigue e che alimenta le

falde sotterranee, nel caso delle superfici irrigate varia a seconda della tipologia di

irrigazione praticata e della coltura messa in atto, in funzione del suo fabbisogno idrico.

Le prove sperimentali effettuate nell’ambito del progetto TRUST hanno consentito di

effettuare un primo test per verificare l’effetto di una ricarica artificiale della falda nella

zona del Medio Friuli.

La pratica di “infiltrazione controllata” così come realizzata dall’allora Consorzio di Bonifica

Ledra Tagliamento nell’ambito del progetto TRUST può essere facilmente esportata anche in

altre zone della pianura friulana irrigate a scorrimento con caratteristiche idrogeologiche

nettamente differenti (la profondità della falda può variare da pochi metri nella zona di

Gemona – Osoppo ed a monte della fascia delle risorgive a circa 100 m nella zona a sud delle

colline moreniche) e potendo valutare, a parità di volumi infiltrati per ettaro, l’effetto sulle

falde.

Per il bacino idrografico del Fiume Piave, le cui superfici sono simili per vocazione agricola e

caratteristiche pedomorfologiche a quelle ricadenti nel comprensorio consortile e

appartenenti ai bacini idrografici del Fiume Tagliamento ed del torrente Isonzo, sono stati

redatti studi che hanno messo in luce come l’irrigazione a scorrimento contribuisca in modo

non trascurabile alla ricarica delle falde sotterranee, dimostrando che il 50-60% delle

portate immesse nella rete irrigua torni ad esse per infiltrazione attraverso le superfici

irrigate e gli alvei dei canali stessi.

A carico del Consorzio, altre sperimentazioni atte a verificare le perdite di rete e la

componente di infiltrazione legata all’irrigazione sono state svolte nei primi anni Ottanta

lungo i canali a cielo aperto in terra del sistema Ledra-Tagliamento.

La definizione di tutte le componenti che contribuiscono al bilancio idrico del sistema

derivatorio della pianura friulana è un problema quindi la cui risoluzione è da sempre stato

di grande interesse e lo è ancora. Non a caso, la Regione FVG nella recente Delibera della

giunta Regionale n.2632 dd. 29/12/2016 “Direttive per le modalità di quantificazione dei

volumi idrici ad uso irriguo”, dispone al punto 6. Comma 2. l’individuazione di tronchi di

canali sperimentali, in collaborazione con il Consorzio, al fine di quantificare i volumi

rilasciati in falda. Nella rete appartenente al sistema derivatorio Ledra-Tagliamento è stato

scelto il canale San Lorenzo.

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CONFRONTO TRA DEFLUSSO MINIMO VITALE E DEFLUSSO ECOLOGICO: ESEMPI

SIGNIFICATIVI

Le portate che il Consorzio deriva dai corsi d’acqua principali sono, allo stato attuale,

regolate da decreti e disciplinari di concessione che ne impongono valori massimi che

dipendono sia dall’uso previsto per la risorsa richiesta (irriguo, idroelettrico,

idropotabile…) sia dal deflusso minimo vitale legato all’ecosistema che i corsi d’acqua

stessi costituiscono e generano attorno ad essi.

In particolare, per quanto riguarda il DMV, la normativa regionale stabilisce che, in

funzione di quelle che sono le caratteristiche idromorfologiche del bacino imbrifero e del

tratto di corso d’acqua a monte della sezione di presa, della modalità di uso delle portate

derivate e della presenza di habitat naturali peculiari e aree di pregio paesaggistico

all’interno del sistema in esame, le opere di presa e la gestione della risorsa idrica

derivata devono essere tali da garantire sempre nel corpo idrico da cui si attinge una

portata in grado di conservare una condizione ottimale dell’ecosistema interessato.

In questo modo è possibile ottimizzare la gestione della risorsa idrica, facendo fronte sia

alle esigenze di compatibilità ecologica che di uso antropico.

L’autorità distrettuale preposta alla redazione e all’aggiornamento del Piano di gestione

delle Acque per il distretto idrografico delle Alpi Orientali affianca alla definizione del DMV

quella del DE, inteso come valore minimo di portata di rilascio a valle dei punti di presa su

corsi d’acqua superficiali necessario affinché le condizioni del corpo idrico interessato dal

prelievo siano tali da assicurare il raggiungimento degli obiettivi ambientali definiti ai sensi

della DQA.

A titolo esemplificativo, di seguito si studiano DMV e DE applicabili alle prese di

Ospedaletto sul fiume Tagliamento e di Zompitta dal torrente Torre.

DEFLUSSO MINIMO VITALE

Il Piano Regionale per la Tutela delle Acque (PRTA), il cui progetto è stato approvato dalla

Regione con D.P.Reg. n. 013/Pres dd. 19/01/2015, descrive le modalità di calcolo del

Deflusso Minimo Vitale (di seguito DMV) al cap. 3.1 dell’all.3 INDIRIZZI DI PIANO e all’art.

37 dell’all.4 NORME DI ATTUAZIONE.

Di seguito si riportano la formula e i parametri da utilizzare per la stima di questo valore di

portata.

DMV = K x P x T x M x Qmedia

dove:

K = livello di protezione che varia a seconda della categoria di corso d'acqua

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TIPOLOGIA DI CORSO D’ACQUA K

Rii montani 0,1

Tratti montani 0,1

Tratto montano originato da sorgente 0,1

Tratti di fondovalle 0,3

Tratti di pianura 0,7

Tratti di risorgiva 0,7

Tratti di ricarica 0,3

Tratti temporanei 0

T = coefficiente temporale che varia a seconda della durata del prelievo

DURATA DEL PRELIEVO T

più di 90 giorni/anno 1

meno di 90 giorni/anno 0,8

P = parametro che tiene conto delle esigenze naturalistiche e di fruizione turistico–sociale:

- è pari a 1,5, qualora la sottrazione di portata incida negativamente su di un corpo

idrico ad elevata protezione;

- è pari a 1, in tutti gli altri casi.

M = coefficiente di modulazione stagionale: è pari a 1

Qmedia = portata media annua alla sezione interessata dall’opera di captazione.

Qmedia =(q x A) + qP

A : area del bacino idrografico sotteso dall’opera di presa;

q : portata specifica [l/s km2] riportata nella cartografia di cui all’all. 5.3 della Norme di

attuazione;

qP : apporto puntiforme [l/s] così come riportato nella medesima cartografia di cui sopra.

PRESA DI OSPEDALETTO:

Il tratto del fiume Tagliamento a valle della presa di Ospedaletto è stato classificato

come fortemente modificato ai sensi dell’articolo 77, comma 5, del decreto legislativo

152/2006.

Con l’adozione definitiva del progetto di Piano regionale di tutela delle acque e delle

relative Norme in regime di salvaguardia, avvenuta con deliberazione della Giunta della

Regione Friuli Venezia Giulia 15 novembre 2012, n. 2000, però sono stati identificati alcuni

casi di deroga, per limitati e definiti periodi di tempo, al DMV come sopra definito per far

fronte a situazioni di crisi idrica di cui al proprio decreto 7 agosto 2003, n. 0278/Pres..

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Gli articoli 38 e 42 delle Norme di Attuazione del progetto di Piano, individuati quali

misure di salvaguardia dall’articolo 2 della deliberazione della Giunta regionale n.

2000/2012, disciplinano quindi non solo il Deflusso Minimo Vitale ma anche i casi di deroga,

tra i quali ricade anche la presa di Ospedaletto.

Facendo riferimento all’articolo 8 del disciplinare di concessione, il deflusso minimo

vitale che il Consorzio di Bonifica Pianura Friulana deve garantire alla sezione di

Ospedaletto è pari a 8 m3/s.

A scopo puramente “accademico”, si è proceduto al calcolo del DMV utilizzando la formula

prevista dal PRTA, tralasciando quelle che sono le succitate deroghe in essere per la presa

di Ospedaletto. Si assumono pertanto ipoteticamente come parametri di riferimento i

seguenti valori:

K = 0,3 - essendo il tratto del fiume Tagliamento a monte della presa classificato in

parte come “tratto di fondo valle” e in parte come “tratto di ricarica”;

T = 1 – corrispondente a prelievi che si effettuano per più di 90 giorni/anno per uso

promiscuo di irrigazione e di forza motrice della risorsa idrica;

P = 1 – il tratto di corso d’acqua sotteso dalla presa interagisce con il SIC “Dolomiti

Friulane” (IT3310001) che risulta in ottime condizioni di conservazione;

M = 1;

Qmedia = 93,40 m3/s – media pesata delle portate specifiche corrispondenti alle porzioni

di bacini idraulici contribuenti alla portata del tratto a monte della presa sommata agli

apporti puntuali;

DMV = 0,3 x 1 x 1 x 1 x 93,40 = 28,02 m3/s

Se si considera che la portata media naturale ad Ospedaletto, a meno delle perdite in

subalveo, è pari a 95,6 m3/s - valore calcolato in base a criteri di regionalizzazione della

piovosità nello studio idraulico condotto dal Consorzio in risposta alla Relazione regionale

sulla Domanda di rinnovo di concessione, si può comprendere come la portata richiesta

risulti compatibile con la portata disponibile, pur adottando il valore di DMV proposto dal

progetto di PRTA – se si considera invece la porta media annua, calcolata come media

delle portate medie mensili presso la stazione idrometrica di Pioverno (dati dal Servizio

Idrografico della Regione FVG per il periodo 2003-2007), e risultante pari a 41,1 m3/s, si

comprende la necessità di adottare un valore di DMV ridotto.

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PRESA DI ZOMPITTA:

Il tratto del Torrente Torre a valle della traversa di Zompitta è stato classificato come

fortemente modificato ai sensi dell’articolo 77, comma 5, del decreto legislativo

152/2006. Il deflusso minimo vitale che il Consorzio di Bonifica Pianura Friulana deve

garantire presso la traversa di Zompitta è pari a 0,66 m3/s.

Per il calcolo del DMV si assumono per i parametri corrispondenti i seguenti valori:

K = 0,3 - essendo il tratto del torrente Torre a monte della presa classificato in parte

come “tratto di fondo valle” e in parte come “tratto di ricarica”;

T = 1 – corrispondente a prelievi che si effettuano per più di 90 giorni/anno in ragione

della presenza delle centraline idroelettriche lungo la rete del sistema irriguo;

P = 1 – il tratto di corso d’acqua sotteso dalla presa non interagisce con alcun sito di

pregio naturale e/o paesaggistico;

M = 1;

Qmedia = 10,484 m3/s – media pesata delle portate specifiche corrispondenti alle porzioni

di bacini idraulici contribuenti alla portata del tratto a monte della presa sommata agli

apporti puntuali;

DMV = 0,3 x 1 x 1 x 1 x 10,84 = 3,52 m3/s

DEFLUSSO ECOLOGICO

Sulla base di quanto illustrato durante gli incontri atti a presentare il nuovo metodo

distrettuale di riferimento per il calcolo del Deflusso Ecologico (di seguito DE), il calcolo

per il DE proposto è riassunto dalla formula di seguito riportata:

DE = K x P x M x Qmedia

dove:

K = “fattore di protezione”, funzione della tipologia del corso d’acqua e della superficie

del bacino sotteso dalla sezione di prelievo;

P = “fattore di tutela naturalistico”;

M = “fattore di modulazione temporale” dato da prodotto di M1 x M2 – dove M1 è la

componente che descrive il naturale andamento idrologico sulla base della modulazione

mensile dalla portata media annua, mentre M2 permette di tenere in considerazione le

esigenze di tutela dell’ittiofauna;

Qmedia = portata media annua alla sezione interessata dall’opera di captazione, definita

come da PRTA.

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PRESA DI OSPEDALETTO:

Nelle more di una definizione più dettagliata delle modalità di calcolo/individuazione dei

valori da adottare per i singoli parametri, compito in parte demandata alla Regione stessa

(come ad esempio per la stima del fattore M2 che preliminarmente è posto pari a 1), e

assumendo sempre i valori massimi corrispondenti a possibili situazioni di criticità, sono

stati utilizzati per i parametri corrispondenti i seguenti valori:

K = 0,3 - essendo il tratto del fiume Tagliamento a monte della presa classificato in

parte come “tratto di fondo valle” e in parte come “tratto di ricarica” (il valore 0,3 è

indicato come valore limite per “…tratti di ricarica di falda e/o di alimentazione degli

acquiferi o potenzialmente destinati all’approvvigionamento idropotabile”);

P = 1,5 – il tratto di corso d’acqua sotteso dalla presa interagisce con il SIC “Dolomiti

Friulane” (IT3310001) che risulta in ottime condizioni di conservazione;

M = M1 ( x M2 )= 1,4 ( x 1 ) – si assume il valore di M1 massimo per tenere in

considerazione la natura torrentizia e l’andamento variabile e non modellabile in modo

preciso, dei tratti a monte della presa (si noti che le portate del fiume Tagliamento

sono strettamente legate alla presenza degli impianti idroelettrici che insistono su vasta

parte del bacino sotteso e che recapitano le portate di scarico nel lago di Cavazzo);

Qmedia = 93,40 m3/s – media pesata delle portate specifiche corrispondenti alle porzioni

di bacini idraulici contribuenti alla portata del tratto a monte della presa sommata agli

apporti puntuali;

DE = 0,3 x 1,5 x 1,4 x 93,40 = 58,842 m3/s

pari ad oltre 7 volte l’attuale DMV.

PRESA DI ZOMPITTA:

Come nel caso precedente, nelle more di una definizione più dettagliata delle modalità di

calcolo/individuazione dei valori da adottare per i singoli parametri e assumendo sempre i

valori massimi corrispondenti a possibili situazioni di criticità, sono stati utilizzati per i

parametri corrispondenti i seguenti valori:

K = 0,3 - essendo il tratto del fiume Tagliamento a monte della presa classificato in

parte come “tratto di fondo valle” e in parte come “tratto di ricarica” (il valore 0,3 è

indicato come valore limite per “…tratti di ricarica di falda e/o di alimentazione degli

acquiferi o potenzialmente destinati all’approvvigionamento idropotabile”);

P = 1 – non essendo interessata alcuna area tutelata dal corpo idrico in esame;

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M = M1 ( x M2 )= 1,4 ( x 1 ) – si assume il valore di M1 massimo per tenere in

considerazione la natura torrentizia e l’andamento variabile e non modellabile in modo

preciso, dei tratti a monte della presa;

Qmedia = 10,84 m3/s – media pesata delle portate specifiche corrispondenti alle porzioni

di bacini idraulici contribuenti alla portata del tratto a monte della presa sommata agli

apporti puntuali;

DE = 0,3 x 1 x 1,4 x 10,84 = 4,55 m3/s

pari ad oltre 7 volte l’attuale DMV.

CONCLUSIONI

Sulla base di quanto sommariamente esposto, sono emerse alcune considerazioni sui

risultati a cui conduce l’applicazione della nuova metodologia distrettuale di riferimento

per il calcolo del DE.

Innanzitutto, adottando i valori di DE ricavati dal calcolo proposto, la portata derivabile ad

uso irriguo dalle principali prese che alimentano la pianura friulana si riduce

sensibilmente, mettendo in discussione la possibilità di garantire il fabbisogno idrico

necessario allo sviluppo delle colture in atto nel territorio consortile.

In alcune situazioni, la riduzione della portata derivabile è tale da risultare di impossibile

applicazione. Per la presa di Ospedaletto, ad esempio, nonostante la già concessa deroga

all’applicazione del metodo di calcolo di DMV che ha fissato il valore della portata di

rilascio da garantire a valle dell’opera di presa pari a 8 m3/s, negli ultimi 14 si sono

verificati ben 7 stagioni estive critiche, che hanno portato il Consorzio a chiedere

un’ulteriore riduzione del DMV a causa del deficit idrico verificatosi. La condizione di

pre-allarme è stata comunicata in altre tre annate e solo nel 2014 e nel 2016 le

condizioni meteoclimatiche invernali ed estive sono stati tali da non dover ricorrere a

deroghe agli 8 m3/s previsti da concessione.

Le perdite economiche che si possono verificare nel settore agricolo a causa di una

mancata o non sufficiente irrigazione sono considerevoli e possono essere sia di natura

pecuniaria (mancanti introiti per mancata produzione), che di natura patrimoniale in senso

stretto, potendo riguardare direttamente le colture in essere, con degrado della fonte

primaria di produzione, ovvero delle piante. Le conseguenze quindi non si ripercuotono

solo sui singoli produttori e sui loro guadagni, ma anche su tutto il settore e tessuto

produttivo e tra gli addetti alla produzione agricola e indotto.

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Per quanto riguarda il settore della produzione di energia idroelettrica connesso alla

possibilità di far uso delle acque superficiali derivabili dai principali corsi d’acqua, la

riduzione delle portate defluenti porta di fatto anche all’inattuabilità di un efficiente e

vantaggioso uso della stessa risorsa.

La mancata/ridotta produzione di energia infatti comporta una perdita economica sia per i

singoli proprietari di impianti privati sia per la collettività che deve farsi carico delle spese

consortili legate al consumo elettrico degli impianti pubblici, spese che in buona parte,

allo stato attuale, sono coperto proprio dagli introiti legati alla produzione di energia

idroelettrica. Non quantificabile ma non di minor importanza è il danno ecologico legato

alla riduzione di produzione di energia da una fonte rinnovabile quale quella idroelettrica.

Anche dal punto di vista paesaggistico e sociale, la riduzione delle acque che defluiscono

lungo la rete irrigua consortile che solca l’alta pianura friulana, costituita da rogge

artificiali che oggi fanno parte a tutti gli effetti del territorio, o nei corsi d’acqua naturali

di risorgiva che sono alimentati dalle falde profonde, a loro volta in parte ricaricate

proprio dalle grandi derivazioni, porta con sé un impatto negativo non trascurabile per

città come Udine, Palmanova, San Giorgio di Nogaro o Rivignano che fanno dell’acqua un

elemento intimamente legato al loro aspetto.

PROPOSITI E OBIETTIVI DEL CONSORZIO

Nel confermare la volontà di dare massima collaborazione allo scopo di contemperare le

esigenze ambientali con quelle socio – economiche connesse all’utilizzo dell’acqua dai

corpi idrici, si formulano le seguenti osservazioni:

• Si chiede di dare avvio a specifiche sperimentazioni in sito, secondo le linee guida

approvate con Decreto n° E/28/152 della Regione Friuli Venezia Giulia – Direzione

Centrale Ambiente ed Energia), al fine di determinare l’effettiva portata da rilasciare

al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti dal PRTA, in collaborazione

con gli enti territoriali competenti e tutti i portatori di interesse, in quanto

l’applicazione delle formule proposte avrebbe ripercussioni notevoli (non solo socio-

economiche) ma anche ambientali su vastissime aree del comprensorio consortile.

• Si rende necessario proseguire e completare le opere di trasformazione irrigua degli

impianti a scorrimento, dando priorità a quelli alimentati con derivazioni dai corsi

d’acqua.

• E’ del tutto evidente come le situazioni di deficit idrico, più o meno prolungate, siano

sempre più frequenti e pertanto si rende necessario risolvere la problematica

dell’approvvigionamento del sistema derivatorio Ledra Tagliamento (che non garantisce

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solo il servizio irriguo infrastrutturato su una superficie di oltre 15.000 ettari e

l’irrigazione di soccorso una superficie similare, ma assolve anche un importante ruolo

ambientale interagendo direttamente con aree di elevato pregio naturalistico quali SIC,

ZPS, ecc.) mediante la realizzazione del collegamento tra lo scarico del lago di Cavazzo

ed il Canale Principale (opera prevista anche nel progetto di Piano Regionale di Tutela

delle Acque adottato con DGR n. 2000 dd. 15.11.2012 al capitolo 3.2 MISURE SPECIFICHE

PER IL FIUME TAGLIAMENTO A VALLE DI OSPEDALETTO). Inoltre si ricorda che l’attuale

sistema derivatorio consente di produrre circa 90 milioni di kWh di energia “pulita” da

fonte rinnovabile all’anno tramite una potenza installata di circa 15 MW. Si rappresenta,

inoltre, che l’insieme delle utenze della derivazione del Consorzio, nel rispetto delle

priorità previste dall’art. 167 del decreto legislativo 152/2006, riguarda un sistema

socio-economico particolarmente complesso e diversificato le cui valenze rivestono

comunque carattere di pubblico interesse e che in caso di asciutta dei canali della rete

consortile si genererebbero dei crolli generalizzati con irrimediabile compromissione

dell’esercizio irriguo e dei problemi igienico-sanitari nei centri abitati con particolare

rilievo nella città di Udine.

• Il Consorzio di Bonifica Pianura Friulana propone la realizzazione di una condotta di

collegamento tra il lago di Cavazzo e il sistema derivatorio Ledra - Tagliamento che

ovvierebbe a tutte le problematiche sopra indicate e permetterebbe di ottimizzare i

sistemi idroelettrici con quelli irrigui compatibilmente ai rilasci da effettuare per

assicurare il deflusso minimo vitale, una volta definito, dalle captazioni degli impianti

idroelettrici, dal lago di Cavazzo e dalla presa di Ospedaletto. La condotta in progetto

avrà indicativamente le seguenti caratteristiche:

- condotta armata delle dimensioni interne di circa 6,00 m x 2,00 m

- portata massima derivabile 10 m3/s

- lunghezza: 5.000 m totali di cui 1.200 m in sub-alveo del fiume Tagliamento

- opere di derivazione dal Torrente Leale e di consegna al Canale Sussidiario con

tracciato completamente in aderenza a quello dell’autostrada esistente.

Si ricorda che l’allegato 3 “Indirizzi di piano” del progetto di Piano regionale di tutela

delle acque adottato con deliberazione della Giunta regionale 15 novembre 2012, n.

2000 propone la realizzazione della condotta di collegamento tra lo scarico del lago di

Cavazzo e il sistema derivatorio Ledra Tagliamento “che consentirebbe di risolvere le

difficoltà che annualmente si verificano ad Ospedaletto garantendo da un lato il

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fabbisogno del Consorzio e migliorando, dall'altro, gli ecosistemi acquatici del fiume

Tagliamento a valle di Ospedaletto che ogni estate vengono messi a dura prova”.

Con provvedimento della Deputazione Amministrativa del cessato Consorzio di Bonifica

Ledra Tagliamento n° 150/d/15 dd. 28.07.2015 è già stato approvato il progetto

preliminare relativo alla “Costruzione di una condotta di collegamento tra lo scarico del

lago di Cavazzo e il sistema derivatorio Ledra-Tagliamento per il recupero parziale della

portata di scarico della centrale di Somplago” redatto in data 08.07.2015 dall’Ufficio

Tecnico consortile a firma dell’ing. Massimo Canali, per l’importo di € 43.300.000,00.

Si chiede pertanto di inserire la condotta di cui sopra tra le opere in progetto finalizzate

alla migliore gestione delle acque superficiali del bacino idrografico del Tagliamento.