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1
LIM L I M I T I
1. Intorni e punti di accumulazione
Tutte le proprietà dei numeri reali sin qui studiate, sono conseguenza del fatto che IR è un campo ordinato
e completo.
Altre proprietà si riferiscono alla circostanza che due numeri reali siano "più o meno vicini". Queste ultime,
legate alla nozione di intorno, si dicono proprietà topologiche della retta reale.
Dato un x0 ∈ IR e un δ ∈ IR +, si chiama intorno di centro x0 e raggio δδδδ e si indica con ℑ(x0 ; δ),
l'intervallo reale aperto di estremi x0 − δ e x0 + δ:
ℑ(x0 ; δ) =def
] x0 − δ , x0 + δ [
Appare subito evidente che ℑ(x0 ; δ) rappresenta l'insieme dei numeri reali che distano da x0 meno di δ.
Dato un insieme A ⊆ IR, un x0 ∈ IR e un δ ∈ IR +, poniamo:
A(x0 ; δ) =def
A ∩ ℑ(x0 ; δ)
Allora A(x0; δ) rappresenta l'insieme dei punti di A che distano da x0 meno di δ.
Ciò premesso, diamo la seguente definizione:
Si dice che x0 è un punto di accumulazione di A, se per ogni δ ∈ IR + l'insieme A(x0; δ) è infinito. Se x0 è un punto di accumulazione di A e appartiene ad A, si dice che x0 è un punto non isolato di A.
In particolare, se esiste un intorno di x0 incluso in A, si dice che x0 è un punto interno ad A. ESEMPIO Sia A = [2,5[.
Ogni x0 interno all'intervallo [2,5[ è ovviamente un punto di accumulazione di A.
Se prendiamo x0 = 2 (estremo inferiore di A), per δ < 3 risulta:
A(2; δ) = [2 , 5[ ∩ ℑ(2 ; δ) = [2 , 2 + δ[ (fig.1)
L'insieme A(2 ; δ) è infinito. Quindi 2 è un punto di accumulazione di A.
Se prendiamo x0 = 5 (estremo superiore di A), per δ < 3 risulta: A(5; δ) = [2 , 5[ ∩ ℑ(5 ; δ) = [5 − δ, 5[ (fig.2)
come facilmente si verifica.
Quindi anche 5 è un punto di accumulazione di A. Generalizzando i risultati dell'esempio, si può provare che, se A è uno qualsiasi degli intervalli [a,b], ]a,b],
[a,b[, ]a,b[, con a < b, tutti i punti interni ad A sono punti di accumulazione di A stesso, e in più sono punti di
accumulazione gli estremi a e b, anche quando a ∉ A o b ∉ A.
ℑ(2 ; δ) ℑ(5 ; δ) (fig.1)
A(2; δ)
2 5 2 − δ 2 + δ 5 5 − δ 5 + δ 2
A(5; δ)
(fig.2)
2
Ovviamente soltanto gli insiemi infiniti possono ammettere punti di accumulazione.
Ora, sappiamo che un insieme infinito A ⊆ IR può essere limitato o non limitato. Nel primo caso, si dimostra
che A ammette sempre almeno un punto di accumulazione (T. di Bolzano - Weierstrass); nel secondo, nulla
si può affermare in generale.
Se si vuole che ogni insieme infinito ammetta punti di accumulazione, si è indotti ad estendere la nozione di
intorno ai simboli +∞ e −∞.
Dato un M ∈ IR
+, si chiama:
• intorno di +∞∞∞∞, l'intervallo ] M, +∞ [,
• intorno di −−−−∞∞∞∞, l'intervallo ] −∞, −M [.
Se A è un insieme non limitato superiormente, +∞ è ora un punto di accumulazione di A. Ad esempio, +∞ è
un punto di accumulazione di IN.
E' interessante notare che l'insieme IN non ammette punti di accumulazione diversi da +∞. Infatti, comunque
si prenda x0 ∈ IR e per ogni δ ∈ IR
+, l'insieme IN(x0; δ) = IN ∩ ℑ(x0; δ) è finito.
11 Determina x0 e δ in ciascuno dei casi che seguono.
(1) ℑ(x0 ; δ) = ]−4, 0[, (2) ℑ(x0 ; δ) = ]2, 5[, (3) ℑ(x0 ; δ) = ]−1, 1/2[, (4) ℑ(x0 ; δ) = ]−1, 3[ .
22 Verifica che l'insieme soluzione della disequazione 2 4 x
13 x >
+
+ è un intorno circolare del punto 0.
33 Verifica che l'insieme soluzione della disequazione 0 8 x x8 x 347 <+++ è un intorno di −∞.
44 Data la funzione x2x
12
x :f−
� , sia A = Dom(f).
Determina A(1/2 ; 3) (insieme dei punti di A che distano da 1/2 meno di 3). Dato un insieme A ⊆ IR, si dice:
• derivato di A, l'insieme �A dei punti di accumulazione di A;
• interno di A, l'insieme �
A dei punti interni di A.
• chiusura di A, l'insieme = A A ∪ �A ;
• frontiera di A, l'insieme �A = A − �
A . ESEMPIO − Sia A = ] −∞, −1[ ∪ ]−1, 2] ∪ {3}. Allora:
��������������������������������������������������A = ] −∞, 2], �
A = ]−∞, −1[ ∪ ]−1, 2[, = A ] −∞, 2] ∪ {3},������A = {−1, 2, 3}. 55 Determina il derivato, l'interno, la chiusura e la frontiera di ciascuno dei seguenti insiemi.
A = ]2, 5[ ∪ {7}, B = [1, 2[ ∪ ]2, +∞[, C = [0, 1] − { 21 }, D = {1, 2, 3}, E = ��IR{1, 2}.
66 Un insieme A ⊆ IR si dice chiuso se A A = , aperto se A =
�
A .
Indica quali degli insiemi A, … , E dell'esercizio 5 sono chiusi e quali aperti. 11 (1) x0 = −2, δ = 2; (2) x0 = 7/2, δ = 3/2; (3) x0 = −1/4, δ = 3/4; (4) x0 = 1, δ = 2.
EP LIM / 1
SOLUZIONE DI ALCUNI ESERCIZI
3
22 S = ℑ(0 ; 5). 33 S = ]−∞, −2[. 44 A(1/2 ; 3) = ] −5/2, 0[ ∪ ]2, 7/2 [ .
55 �A = [2, 5],
�
A = ]2, 5[, = A [2, 5] ∪ {7},���������������A = {2, 5, 7};
�B = [1,+∞[, �
B = ]1, 2[ ∪ ]2, +∞[, = B [1,+∞[,������������������������B = {1, 2};
�������������C = [0, 1],
�
C = ] 0, 21 [ ∪ ]
21 , 1[, C = [0, 1] ,��������������������������C = {0,
21 , 1};
�������������D = ∅, �
D = ∅, = D {1, 2, 3},���������������������D = {1, 2, 3};
�������������E = IR,
�
E = ��IR{1, 2}, = E IR,����������������������������������E = {1, 2}.
66 Soltanto D è chiuso e soltanto E è aperto.
2. Limite finito di una funzione
Data una funzione reale f di dominio A ⊆ IR e assegnato un x0 ∈ IR, può avvenire che f(x), per valori di x pros
simi a x0 ma distinti da x0, differisca assai poco da un certo numero � e che la differenza possa rendersi pic
cola a piacere prendendo x sufficientemente vicino a x0 . Diciamo allora che la funzione f ha limite ���� (o
converge a � ) per x tendente a x0 e scriviamo:
� )x(flim 0xx
=→
.
Chiaramente, affinché il numero reale � esista è necessario che x0 sia un punto di accumulazione di A. Solo
in questo caso, infatti, per qualsiasi ℑ(x0; δ), con δ ∈ IR
+ piccolo a piacere ( in simboli, scriveremo a volte
0 < δ �1 ), l'insieme: A*(x0 ; δ) =
def ( A − {x0} ) ∩ ℑ( x0 ; δ )
(insieme dei punti di A diversi da x0 che distano da x0 meno di δ ) è infinito e quindi esistono punti di A − {x0}
prossimi quanto si vuole a x0.
ESEMPIO
La funzione f(x) = 1x1x 2
−− , di dominio A = IR − {1}, ha limite 2 per x → 1. Per vederlo, abbiamo rac
colto in due tabelle alcuni valori di x prossimi a 1 e le corrispondenti immagini in f.
Queste tabelle suggeriscono che, quanto più a x attribuiamo valori vicini a 1, sia un po’ più piccoli
di 1 (tab. a), sia un po' più grandi (tab. b), tanto più i corrispondenti valori di f(x) si approssimano a 2.
(tab. a) (tab. b)
Prendendo x sufficientemente vicino a 1, lo scarto assoluto di f(x) da 2, cioè f(x) − 2, si può rende
re piccolo a piacere. La discussione precedente, sebbene conduca in maniera soddisfacente alla nozione intuitiva di limite,
contiene alcune espressioni del linguaggio comune cui non è possibile attribuire un significato matematico
preciso. Per evitare qualsiasi ambiguità, adottiamo la definizione seguente.
x 0,60 0,70 0,80 0,90 0,95 0,99 f(x) 1,60 1,70 1,80 1,90 1,95 1,99
x 1,40 1,30 1,20 1,10 1,05 1,01 f(x) 2,40 2,30 2,20 2,10 2,05 2,01
4
Definizione epsilon–delta
Data una funzione reale f di dominio A ⊆ IR, assegnato un x0 ∈ IR e un ε ∈ IR +, diciamo che
f ha limite ���� per x tendente a x0, se a ogni ℑ(�; ε) è possibile associare un ℑ(x0; δε) tale che,
comunque si prenda x ∈ A*(x0; δε), risulti f(x) ∈ ℑ(�; ε).
Osserviamo che l'espressione f(x) ∈ ℑ(�; ε) si può scrive Y (fig.3)
re nella forma f(x) − � < ε.
La fig.3 illustra quanto si è detto. Sull'asse Y è rappresen
tato un ℑ(�; ε); sull'asse X si vede il corrispondente
ℑ(x0; δε). Il simbolo δε sta ad indicare che il raggio δ di
quest'ultimo intorno dipende da ε ; ma è bene tener pre
sente che tale dipendenza varia da funzione a funzione e,
per una stessa funzione, può variare da punto a punto.
La parte di curva interna al rettangolo tratteggiato, è costi
tuita dai punti del grafico di f le cui ascisse appartengono O X
all'insieme A*(x0; δε).
Per tutti i valori di x presi in questo insieme, lo scarto assoluto di f(x) da �, cioè f(x) − �, è minore di ε.
In pratica, per verificare se un dato numero � è o no il limite di una funzione f per x → x0, si determina l'insie
me soluzione S della disequazione f(x) − � < ε, con 0 < ε ��1, e si controlla che S ⊇ A*(x0; δε).
ESEMPI
Data la funzione f(x) = 1x1x2
−− , di dominio A = IR − {1}, si ha:
2 )x(flim 1x
=→
.
Infatti, è 1x 21x
)1x)(1x( 2
1x12x )x(f −=−
−+−=−
−−=− � per ogni x ≠ 1 e ogni 0 < ε ��1. L'insieme−so
luzione della disequazione x − 1 < ε, ovvero del sistema ���
ε−>−ε<−
1x1x
, è S = ] 1−ε, 1+ ε [ − {1}.
Preso δ = ε, è allora S = A(1; δ). Quindi, ovviamente, S ⊇ A(1; δ).
Vogliamo verificare che:
1 xelim 0x
=→
.
Sappiamo che Dom(exp) = IR. Ora, la disequazione ex − 1< ε , per ogni 0 < ε ��1, è equivalente al
sistema ���
ε−>−ε<−
1xe1xe , che ha insieme–soluzione S = ] ln(1−ε) , ln(1+ ε) [.
Preso δ = ln(1+ ε) ( vedi schema ), risulta S ⊇ IR*(0; δ) (l'insieme−soluzione S della disequazione in
clude l'insieme dei numeri reali diversi da zero che distano da zero meno di delta).
� + ε
� − ε
�
x0 − δε x0 + δε x0
1
2
ln(1−ε) ln(1+ε)
0 −δ δ
IR*(0; δ)
5
Teorema di unicità del limite −−−− Il limite di una funzione f per x → x0, se esiste, è unico.
Dim. Sia f una funzione reale di dominio A ⊆ IR e sia x0 un punto di accumulazione di A.
Supponiamo, per assurdo, che f ammetta due limiti distinti, �1 e �2, con �1 < �2, per x → x0.
Per ε < 1/2(�1 − �2), si avrebbe ℑ(�1; ε) ∩ ℑ(�2; ε) = ∅. E' allora impossibile che per ogni
x ∈ A*(x0; δε) risulti, contemporaneamente, f(x) ∈ ℑ(�1; ε) e f(x) ∈ ℑ(�2; ε). �
11 Applicando la definizione di limite finito, verifica le seguenti uguaglianze.
(1) 4 5)2x(x lim 2
1x=++
−→ (2) 5 lim
3x6xx 2
3x−=
+−+
−→ (3) 3 lim
1x1xx2 2
1x=
−−−
→
(4) 2 lim1x
3xx3x2
23
1x−=
−
+−−
→ (5) 0
x1x2 lim
2
1x
=−
→
(6) 2 1x2x lim
0x=
−−
→
(7) 3 )1x2( lim4x
=−→
(8) 4 2x
4x lim4x
=−
−→
(9) 0 )2xln( lim3x
=−→
.
22 Applicando la definizione di limite finito, verifica che le seguenti uguaglianze sono false.
(1) 3 5x
5x4x lim2
5x=
−−−
→ (2) 4 lim 1 x
3 x 2x21x
=−−+
→ (3) 1
4x
2x lim22x
=−
+−→
.
3. Limite infinito
Sia f una funzione reale di dominio A ⊆ IR, sia x0 ∈ IR un punto di accumulazione di A e ]M, +∞[, con M > 0,
un intorno di +∞. Diciamo che f ha limite +∞∞∞∞ (o diverge a +∞ ) per x tendente a x0, e scriviamo:
∞+=→
)x(flim 0xx
(1)
se a ogni intorno ]M, +∞[, è possibile associare un intorno ℑ(x0; δ M) tale che, comunque
si prenda x ∈ A*(x0; δ M), risulti f(x) > M. Se vale la (1), il grafico della funzione f, per valori di x pros
simi a x0 ma distinti da x0, è del tipo rappresentato in fig.4.
Sull'asse Y è rappresentato un intorno di +∞, ] M, +∞ [; sul
l'asse X si vede il corrispondente ℑ(x0; δ M).
Il simbolo δM sta a indicare che il raggio δ di quest'ultimo
dipende da M. La parte di curva interna alla striscia di pia
no tratteggiata, è costituita dai punti del grafico di f le cui
ascisse appartengono a A*(x0; δ M). Per tutti i valori di x pre
si in questo insieme, risulta f(x) > M.
In pratica, per verificare se la (1) è vera, si determina l'in
sieme soluzione S della disequazione f(x) > M, ∀ M > 0, e si controlla che S ⊇ A*(x0; δ M).
x0 − δ M x0
EP LIM / 2
Y
O X
M
x0 + δ M
(fig.4)
6
La nozione di limite −−−−∞∞∞∞ si ottiene sostituendo nella definizione precedente il simbolo +∞ con −∞ e l'intervallo
] M, +∞[ con l'intervallo ] −∞, −M [. Se ∞−=→
)x(flim0xx
, il grafico di f è del tipo che si ottiene ribaltando la
ESEMPI
Data la funzione reale f definita da:
��
��
�
= ,0
,x
1 2 )x(f
risulta ∞+=→
)x(flim 0x
. Infatti, per ogni M > 0, l'insieme-soluzione della disequazione M2x
1 >
è }0{ M1 ,
M1 S −−= �
�
��
. Preso
M1
M=δ , è allora S = IR*(0; δ M).
Vogliamo verificare che:
∞−=→
nx llim 0x
.
Sappiamo che Dom( ln ) = IR
+. Ora, la disequazione ln x < −M, per ogni M > 0, ha insieme–solu
zione S = ] 0, e−M [. Preso δ = e−M
, risulta S = IR
+(0; δ).
4. Limite destro e limite sinistro A volte bisogna distinguere se x tende a x0 per valori maggiori di x0, cioè per i valori di un intervallo del tipo
] x0, x0 + δ ε [, chiamato intorno destro di x0, o per valori minori di x0, cioè per i valori di un intervallo del tipo
] x0 − δ ε, x0 [, chiamato intorno sinistro di x0. Nel primo caso si parla di limite destro, nel secondo di limite
sinistro, indicati rispettivamente con: )x(flim
0xx +→
, )x(flim
0xx −→
.
Osserviamo che il limite destro e sinistro di f in x0 esistono entrambi e coincidono se e solo se esiste il limite
di f per x → x0. In tal caso i tre limiti sono uguali fra loro.
Se i limiti destro, �+, e sinistro, �
−, di f in x0 esistono finiti, allora �+
− �− si dice salto di f in x0; se invece
almeno uno di essi è infinito, x0 si dice un punto d'infinito per f. ESEMPI
La funzione parte intera ha in ogni punto x0 ∈ � un salto uguale a 1.
Infatti, come subito si riconosce dall'esame del grafico della funzione, risulta:
[ ] 0
0
x xlimxx
=
→ + , [ ] 1x xlim
xx0
0
−=
→ −.
Per la funzione tangente, la tangentoide rivela subito che:
∞−=+π→
)xtan(lim
2x
, ∞+=−π→
)xtan(lim
2x
.
2π
è allora un punto d'infinito. Osserviamo che il limite della funzione tan per x → 2π
non esiste,
essendo diversi, in 2π
, i limiti destro e sinistro.
per x ∈ IR − {0}
per x = 0
curva in fig.4 attorno all'asse X.
1
2
1
2
7
11 Applicando la definizione di limite infinito, verifica le seguenti uguaglianze.
(1) ∞+=−→
lim2)1x(
2
1x (2) ∞−=−
→ lim
2x
5x2
0x
(3) ∞−=−+→
x4
1 lim2
2x
( Suggerimento − Per ogni M > 0, imposta il sistema ��
���
>
−<−
2x
Mx4
1 2 , equiva
(4) ∞+=+→
x
1 lim
0x
(5) ∞+=−+→
lim
0x 1e
1x
.
22 Traccia il grafico della funzione x
x x2 )x(f += e "leggi", sul grafico, i limiti laterali:
)x(flim0x +→
, )x(flimx 0−→
5. Limite per x divergente
Sia f una funzione reale di dominio A ⊆ IR. Se A è un insieme non limitato superiormente, +∞ è un punto di
accumulazione di A.
Diciamo che f ha limite ���� per x tendente a +∞∞∞∞ e scriviamo:
� )x(f limx
=+∞→
(1)
se a ogni ℑ(�;ε) è possibile associare un intorno ]Nε,+∞[ tale che, comunque si prenda
x ∈ A ∩ ]Nε,+∞[, risulti f(x) ∈ ℑ(�;ε). Se vale la (1), il grafico della funzione f, per valori grandi
di x, è del tipo rappresentato in fig.5. Sull'asse Y è rappre
sentato un ℑ(�;ε); sull'asse X si vede il corrispondente in
torno di +∞, ]Nε,+∞[. Il simbolo Nε rappresenta un nume
ro reale positivo che dipende da ε.
La parte di curva interna alla striscia di piano ombreggia
ta, è costituita dai punti del grafico di f le cui ascisse ap
partengono all'insieme A ∩ ]Nε,+∞[. Per tutti i valori di x
presi in questo insieme, risulta f(x) ∈ ℑ(�;ε).
In pratica, per verificare se la (1) è vera, si determina
l'insieme soluzione S della disequazione f(x) − �< ε,
con 0 < ε ��1, e si controlla che S ⊇ A ∩ ]Nε,+∞[.
Se poi il dominio A di f è un insieme non limitato inferiormente, sostituendo nella definizione della (1) il simbo
lo +∞ con −∞ e l'intervallo ]Nε,+∞[ con l'intervallo ]−∞,−Nε[, si perviene alla nozione di limite finito per x
tendente a −−−−∞∞∞∞.
Se � )x(f limx
=−∞→
, il grafico di f è del tipo che si ottiene ribaltando la curva in fig.5 attorno all'asse Y.
Y
X O
� + ε
� − ε
�
N ε
EP LIM / 3,4
lente a ���
><+−
2x014MMx
2. Allora … )
(fig.5)
8
ESEMPI
Data la funzione 1x
x2 )x(f−
= , di dominio A = IR − {1}, si ha:
2 lim1x
2x
x=
−+∞→.
Infatti, per ogni 0 < ε ��1, l'insieme−soluzione della disequazione ε<−−
21x
x2 è
S = ]−∞, ε− 21 [ ∪ ] ε+ 21 , +∞ [. Preso N = ε
+ 21 , è allora S ⊇ A ∩ ] N,+∞ [.
Dal grafico della funzione arcotangente, segue subito che:
2 )xtan(arc lim
x
π=+∞→
, 2
)xtan(arc limx
π−=−∞→
.
Le modifiche da apportare alle definizioni precedenti per ottenere:
∞+=+∞→
)x(f limx
, ∞−=+∞→
)x(f limx
, ∞+=−∞→
)x(f limx
, ∞−=−∞→
)x(f limx
,
sono lasciate come esercizio.
11 Applicando la definizione di limite per x divergente, verifica le seguenti uguaglianze:
(1) 1 1x
x lim2
2
x=
−+∞→ (2) 1 lim
x
x1
x=+
+∞→ (3) 0 xe lim
x=−
+∞→
(4) 0 limxln
1
x=
+∞→ (5) ∞+=
−∞→ x ln lim
x (6) ∞+=−
+∞→
xx lim 2
x
2
6. Limite di una successione di numeri reali Le funzioni di dominio IN vengono tradizionalmente chiamate successioni. Si chiama successione di numeri reali ogni funzione f : IN → IR.
Detta n la variabile, per indicare l'immagine di n in f si scrive fn ( leggi: f con n ) anziché f(n).
Il numero reale fn si chiama termine n.esimo o termine generale della successione ed n è l'indice di fn.
La stessa lettera f, iniziale della parola funzione, viene spesso sostituita dalla lettera a (oppure b, c, …).1
Indichiamo allora una successione scrivendo, ad esempio, n � an oppure elencando, secondo i valori cre
scenti dell'indice, i termini che la costituiscono:
a1, a2, … , an, … Nei casi più comuni, una successione di numeri reali è data mediante una formula che descrive le opera
zioni da eseguire su ogni n per ottenere an.
1 La difformità dei simboli usati per le successioni, rispetto a quelli usati per le funzioni in generale, trae la
sua motivazione da considerazioni di carattere storico. Le successioni venivano infatti considerate non
come casi particolari di funzioni, ma come oggetti concettualmente distinti dalle funzioni stesse.
EP LIM / 5
1
2
9
Occorre distinguere tra la successione, che è una particolare funzione, e l'insieme {an / n ∈ IN} ⊆
IR, immagine
della successione, indicato, a volte, con {an}. In particolare, osserviamo che l'immagine può essere un insie
me finito; ad esempio, per la successione costante an = 1 ∀n, l'immagine si riduce all'insieme {1}. ESEMPI 1
La successione n � an definita da an = n1 è chiamata successione armonica.
I suoi primi sette termini 1, 21 ,
31 ,
41 ,
51 ,
61 ,
71 sono rappresentati dal grafico in fig.6.
L'insieme { n
n11 �� �
�� + / n = 1, 2, 3, … } è l'immagine della successione:
( vedi U. D. «Funzioni reali trascendenti», pag.6). Per dare un'idea dell'andamento di en, è suffi
ciente rappresentare i termini della sottosuccessione ottenuta assegnando all'indice n i valori
100, 101, 102, 103, 104 … Questi numeri, tuttavia, hanno ordini di grandezza fra loro molto diver
si e pertanto la loro rappresentazione su X+, nel modo consueto, è praticamente impossibile.
Rimediamo all'inconveniente ponendo 100 a distanza 0 dall'origine O, 101
a distanza 1 da O,
102 a distanza 2, e così via (fig.7). Ciò significa rappresentare la potenza 10n, per ogni n ∈ IN,
nel punto della semiretta X+ che dista n da O. Poiché n = Log10n, la rappresentazione grafica
delle potenze di 10 così ottenuta si dice in scala logaritmica.
Una successione n � an si dice limitata, limitata superiormente o inferiormente, a seconda che l'insieme {an}
sia limitato, limitato superiormente o inferiormente in IR. Gli estremi superiore e inferiore di {an} si dicono
rispettivamente estremo superiore, nNn
asup∈
, ed estremo inferiore, niNn
anf∈
, della successione.
Una successione si dice: crescente, se a1 ≤ a2 ≤ … ≤ an ≤ … ; decrescente, se a1 ≥ a2 ≥ … ≥ an ≥ … ; stretta
mente crescente, se a1 < a2 < … < an < … ; strettamente decrescente, se a1 > a2 > … > an > …
Una successione crescente o decrescente si dice monotòna; una successione str. crescente o str. decrescen
te si dice str. monotòna.
Come si vede, la terminologia è la stessa che abbiamo adottato per le funzioni reali in generale.
Osserviamo che la successione dell'esempio 1 è limitata e str. decrescente; la successione dell'esempio 2,
limitata e str. crescente. Si tratta, dunque, di due successioni limitate e str. monotòne.
Abbiamo già osservato che +∞ è l'unico punto di accumulazione per l'insieme IN, e quindi l'unico limite di
una successione (di numeri reali) n � an che abbia senso considerare è quello per n → +∞.
1
2
Y
X X+ 1 2 3 4 5 6 7
1 −
100 101
102 103
104
e
en =
n
n11 �� �
�� +
Y
0
(fig.6) (fig.7)
10
Diciamo che la successione n ���� an ha limite ���� per n tendente a +∞∞∞∞ e scriviamo:
� a lim nn
=+∞→
se a ogni ℑ(�;ε) è possibile associare un intorno ]Nε,+∞[ tale che, comunque si prenda
n ∈ IN ∩ ]Nε,+∞[, risulti an ∈ ℑ(�;ε). Se il limite di una successione esiste finito, la successione si dice convergente.
Le successioni non convergenti si dicono: divergenti, se hanno limite +∞ o −∞; indeterminate, se non am
mettono limite. ESEMPI 2
Sono convergenti entrambe le successioni n � an e n � en degli esempi 1. Infatti, si ha:
0 n1 lim
n=
+∞→ ,
+∞→nlim
n
n11 �� �
�� + = e.
Il primo di questi due limiti è facile da verificare ( lo lasciamo come esercizio ). Qui è più interes
sante tornare alle figure 6 e 7. Esse, infatti, suggeriscono che: una successione limitata inferior
mente e decrescente converge al suo estremo inferiore; una successione limitata superiormente
e crescente converge al suo estremo superiore. Più in generale, si può dimostrare che una suc
cessione monotòna è convergente se e solo se è limitata.
Questo risultato è noto in letteratura col nome di principio delle successioni monotòne.
Diverge a +∞ la successione n � fn definita da:
f1 = f2 = 1 , fn+1 = fn + fn−1 per n ≥ 2
e chiamata successione dei numeri di Fibonacci. Si tratta, infatti, di una successione crescente
ma non limitata superiormente.
La n � fn è un esempio di successione definita per ricorrenza, cioè fissando delle regole per co
struire tutti i termini della successione stessa a partire da uno o più termini iniziali assegnati. È indeterminata la successione n � cn definita da:
cn = (−1)n.
Infatti, i suoi termini sono alternativamente uguali a −1 e +1 a seconda che n sia dispari o pari.
Di conseguenza, essa non ammette limite.
11 Determina i primi cinque termini di ciascuna delle seguenti successioni e rappresentane il grafico.
(1) Successione n � fn (es. 2.2); (2) n � 1n)1( na +−= ; (3) n � 1n41n2 na
+−= ; (4) n �
1nn na+
= .
22 Applicando la definizione di limite di una successione, verifica i seguenti limiti.
(1) 0 n1 lim
n=
+∞→ (2)
23
1n21n3 lim
n=
+−
+∞→ (3) 3 lim
2n
1n32
2
n=
+
−
+∞→ (4) ∞+=�
� �
�� +
+∞→ n lim
2n1
n.
11 (1) 1, 1, 2, 3, 5; (2) 1,−1, 1, −1, 1; (3) 1/5, 3/9,
5/13, 7/17,
9/21; (4) 1/2, 2/3,
3/4, 4/5,
5/6.
EP LIM / 6
SOLUZIONE DI ALCUNI ESERCIZI
1
2
3
11
APPENDICE NUMERI TRANSFINITI La nozione di successione di numeri reali può essere facilmente generalizzata.
Dato un insieme X qualsiasi, non vuoto, si chiama successione di elementi di X ogni funzione f : IN → X.
Le annotazioni in uso sono le stesse che abbiamo visto nel paragrafo 6. Contare gli elementi di un insieme qualsiasi A, significa definire una funzione bijettiva f : A → B, dove B è un
“insieme campione” (ad esempio: l’insieme delle dita di una mano). Definizione cantoriana di equipotenza 2
Dati due insiemi A e B non vuoti, si dice che A è equipotente a B e si scrive A ∼ B,
se esiste una funzione bijettiva f : A → B. Poniamo, inoltre, A ∼ ∅ ⇔ A = ∅. Preso un n ∈ IN, l'insieme In = {1, 2, … , n}, cioè l'insieme costituito dai primi n numeri naturali, si presta
bene come insieme "campione". Un insieme A si dice finito, se A = ∅ oppure se esiste un n ∈ IN tale che A ∼ In.
Un insieme si dice infinito, se non è finito.
ESEMPI
Gli insiemi A = {v,w,x,y,z}, B = {�, �, �, �, �} e C = {α,β,γ,δ}, sono finiti poiché A ∼ I5, B ∼ I5,
e C ∼ I4. È A ∼ B, mentre A � C (A non è equipotente a C). Conosciamo parecchi esempi di insiemi infiniti. Fra questi, l’insieme IN dei numeri naturali, l’insie me � degli interi relativi, l’insieme � dei numeri razionali, l’insieme IR dei numeri reali, l’insieme
dei numeri reali appartenenti a un intervallo [a, b] con a < b, ecc.
Gli insiemi infiniti hanno proprietà che a prima vista sembrano paradossali. Ad esempio, la funzione
n � n2 di IN nell'insieme dei quadrati perfetti (vedi schema) è bijettiva. Quindi IN è equipotente all'insieme dei
quadrati perfetti che, ovviamente, è un sottoinsieme proprio di IN ( paradosso di Galilei ).
1 2 3 4 5 …
↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓
1 4 9 16 25 …
Diciamo subito, tuttavia, che il fatto che un insieme possa essere equipotente a una sua parte propria, lungi
dall'essere paradossale, costituisce la proprietà caratteristica degli insiemi infiniti. Infatti si può dimostrare
che un insieme è infinito se e solo se è equipotente a un suo sottoinsieme proprio.
Preso, come ambiente, un insieme d'insiemi F, la relazione di equipotenza d'insiemi è una relazione di equi
valenza in F; come tale essa determina una partizione di F in classi (principio di contrazione).
2 "cantoriana" perché formulata da Georg Cantor (1845 – 1918), grande matematico russo, padre della moderna teoria degli insiemi.
1
2
− − − − − −
12
Dato un X ∈ F, la classe di tutti gli insiemi equipotenti a X si chiama cardinalità o
numero cardinale di X e si indica con card X. Poniamo:
card ∅ =def
0, card In =def
n, card IN =def
ℵ0.
Nel caso finito, dunque, il concetto di cardinalità di un insieme si identifica con quello più familiare di numero
degli elementi dell'insieme: se X non contiene alcun elemento, cioè se X = ∅, è X ∼ ∅ e quindi card X = 0;
se X è costituito da n ( ≥ 1) elementi, risulta X ∼ In e quindi card X = n.
Il simbolo ℵ0 ( alef-zero, dove ℵ è la prima lettera dell'alfabeto ebraico), si chiama cardinalità del numera
bile. Ogni X ∼ IN si dice, infatti, un insieme numerabile.
Se X è un insieme numerabile, è sempre possibile disporre i suoi elementi in una successione:
x1, x2, … , xn, …
dove xn è l'elemento che facciamo corrispondere al numero naturale n, per n = 1, 2, 3, …
In un certo senso, l'insieme IN dei numeri naturali è il più piccolo insieme infinito. Infatti, ogni insieme infinito
A include un insieme numerabile X. Per vederlo, prendiamo un x1∈ A. L’insieme A, essendo infinito, possiede
un elemento x2 ≠ x1. Per lo stesso motivo, A conterrà un elemento x3 diverso da x1 e da x2, e così via. Gli ele
menti x1, x2, … , xn, … formano allora un insieme X, incluso in A, equipotente a IN. Dati due insiemi A e B, si dice che la cardinalità di A è minore o uguale alla cardina
lità di B e si scrive card A ≤ card B, se A = ∅ oppure se esiste una funzione iniet
tiva f : A → B.
In particolare, se card A ≤ card B e card A ≠ card B, si dice che la cardinalità di A è minore della cardinalità
di B e si scrive card A < card B.
Se A è un insieme finito non vuoto di cardinalità n, è per definizione A ∼ In ⊆ IN. Esiste allora una funzione
iniettiva f: A → IN, e quindi n ≤ ℵ0. Ma n ≠ ℵ
0. Quindi n < ℵ
0. Ciò dimostra che la cardinalità di un insieme
finito è minore della cardinalità del numerabile.
Vediamo alcuni risultati fondamentali sulla cardinalità.
L’insieme � è numerabile.
Dim. Gli elementi di � si possono disporre nella successione 0, 1,−1, 2,−2, … La tabella:
0 1 −1 2 −2 …
↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓
1 2 3 4 5 …
definisce una funzione bijettiva f : ��→ �. Quindi ��∼ �� �
L’insieme � è numerabile.
Dim. Consideriamo la tabella:
0 1 −1 2 −2 3 −3 …
�
�
�
� �
�−
�
� �
�−
�
� …
�
�
�
� �
�−
�
� �
�− …
�
�
�
� �
�− �
� …
− − − − − −
13
Essa contiene, con ripetizione, tutti (e solo) i numeri razionali (nm si trova nella n.esima riga );
i suoi elementi distinti si possono disporre, seguendo l'ordine delle frecce e senza ripetizione,
nella successione 0, 1, −1,
21 , 2,
21− ,
31 , −2, … , formata dalla totalità dei numeri razionali.
La tabella:
0 1 −1
�
� 2 �
�− �
� −2 …
↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓
1 2 3 4 5 6 7 8 …
definisce una funzione bijettiva f: � → IN. Quindi � ∼ IN. � L’intervallo reale ] 0,1[ non è numerabile.
Dim. Supponiamo, per assurdo, che l’insieme ] 0,1[ sia numerabile. In questa ipotesi, i suoi ele
menti potrebbero disporsi in una successione n � xn, essendo: x1 = 0, a11
a12 a13 a14 a15 …
x2 = 0, a21
a22
a23 a24 a25 …
x3 = 0, a31
a32
a33 a34 a35 …
x4 = 0, a41
a42
a43 a44 a45 … .…………………………………..
con ank ∈ { 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 } per ogni n, k ∈ IN.
Prendiamo ora il numero y = 0, b1 b2 b3 b4 …, dove bn = ��
���
≠
=
1 nna se ,1
1 nna se ,2 , ∀n ∈ IN.
Evidentemente y ∈ ] 0, 1 [ ma non figura nella successione n � xn. Il numero reale y, infatti,
differisce da x1 almeno per la prima cifra decimale, differisce da x2 almeno per la seconda, da x3 almeno per la terza e così via. Quindi l'intervallo ] 0, 1 [ non è numerabile. � L’insieme IR è equipollente all’intervallo ] 0,1[.
Dim. Sia AB la semicirconferenza aperta (cioè senza gli estremi A e B) di raggio
�
� e tangente
alla retta reale nel punto di ascissa �
� (come in figura).
Indicato con M il punto medio del segmento [A,B], definiamo due funzioni f e g:
• f ad ogni x ∈ IR fa corrispondere il punto P ∈ AB allineato con x e M (proiezione centrale);
• g ad ogni P ∈ AB fa corrispondere l'ascissa y della sua proiezione ortogonale su IR.
Chiaramente f e g sono funzioni bijettive: la prima di IR in AB, la seconda di AB nell'intervallo
] 0, 1 [. Risulta così definita la funzione g � f : IR → ] 0, 1[ che, essendo la composta di due fun
zioni bijettive, è a sua volta bijettiva. Quindi IR ∼ ] 0, 1[. �
− − − − − − − − −
IR
A B M
↓
0 1/2 1 x y
f g
P
14
Da IR ∼ ] 0, 1[, segue card IR = card ] 0, 1[. Ma card ] 0, 1[ ≠ ℵ0. Quindi card IR ≠ ℵ
0.
Poniamo card IR =def
ℵ1 (leggi: alef−uno), chiamata cardinalità del continuo.
Se A ∼ IN, cioè se A è un insieme numerabile, allora esiste una funzione iniettiva f: A → IR, perché IR ⊇ IN.
Ne segue ℵ0 ≤ ℵ
1. Ma ℵ
0 ≠ ℵ1. Quindi ℵ
0< ℵ
1: la cardinalità del numerabile è minore della cardinalità
del continuo.
ℵ0 e ℵ
1 prendono il nome di numeri transfiniti. Sviluppando la teoria, si trova che esistono … infiniti numeri
transfiniti. Ma noi ci fermiamo qui.