LA POLEMICA di Chellah in Marocco; Touba Islam · opo Inchiesta su Gesù arriva in libreria...

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AGORÀIDEE AGORÀIDEE 5DOMENICA31 AGOSTO 2008

DOMENICA31 AGOSTO 20084

opo Inchiesta su Gesù arriva in libreriaInchiesta sul Cristianesimo (Mondadori, pp.276, euro 18,50), il secondo libro che ilgiornalista Corrado Augias dedica all’aurora

del cristianesimo, dal I al IV secolo, il fèrvido arco disecoli durante il quale la nuova religione elaborò lapropria teologia, il linguaggio, l’organizzazione el’assetto istituzionale. Il modello è sempre quellodell’intervista a un autorevole studioso, il taglio èdivulgativo e volutamente spoglio di apparati criticie note bibliografiche. Nella stentorea introduzioneintitolata «Che cosa Gesù non ha detto», la posizionedi Augias – che si professa non credente – è ribaditachiara come un cristallo di rocca: l’autore ci presentaGesù come un predicatore antisistema alla JesusChrist Superstar ed espone una visione su Chiesa epapato non lontana da quella di Giuseppe Garibaldi.Vi si legge che il cristianesimo è un indebitofraintendimento del giudaismo prodotto dapersonalità estrose come Paolo di Tarso; che Gesùnon aveva nessuna intenzione di fondare unareligione, che la resurrezione è un mito, e viatoccando i classici punti degli intellettuali illuminé.Anche nei cappelli introduttivi ai singoli capitoli laverve anticristiana di Augias, incline a considerare lastoria cristiana come un fatto essenzialmentepolitico, riprende fiato non temendo di riproporreimmagini teologicamente errate come quella di Maria«collocata al vertice delladivinità» o dei santi cheformerebbero un«pantheon» assimilabileai semidei pagani, einsiste nel paragone –francamenteincomprensibile – fra iterroristi suicidi e imartiri confessori. Conqueste premesse sipoteva temere una replicadella prima Inchiestameritatamente criticatacome un cedimento allostile à la Elaine Pagels.Ma non è proprio così, anche perché il professorRemo Cacitti, docente di Letteratura cristiana anticae di Storia del cristianesimo antico pressol’Università degli Studi di Milano, che firma a quattromani con Augias, riesce a replicare ai molti luoghicomuni che Augias gli porge per correggerli,rimodularli e contestarli, spiegando con semplicitàdove lo spazio lo consente oppure aprendo alcomplesso gioco di «scatole cinesi» della storiareligiosa.Da storico, formatosi in particolare alla scuolatedesca, egli difende l’autonomia della storiascientificamente fondata rispetto alla letturacredente dell’esegesi canonica, e ciò consente adAugias di ottenere sponda alle sue incalzantidomande. Sempre da storico, Cacitti ammette che latomba vuota di Gesù e la predicazione che ne risultaresta un mistero («Il Cristo non è morto, èpresente… Da qui a ipotizzare qualsiasi altrofenomeno c’è un passaggio che, storicamente, non èpossibile ricostruire»). Perché, se non può esistereproblema che sia comprensibile al di fuori dellasituazione storica, è anche vero che nessun problemaè riconducibile totalmente ad essa. E dunque, se lacomunità dei discepoli condivise una fedemessianica, ciò che accadde attorno alla tomba vuota(e prima, nell’intero operato di Gesù) non si facogliere dalle categorie della storia scientifica; lapotente dinamica che s’innescò dall’evento dellaresurrezione quale compimento delle profezie,creduto in modo incontestabile e inesplicabilesecondo le normali categorie umane (e storiche),implicano una rottura della norma, anche per lemodalità originalissime con cui si sviluppò. Il dialogo fra i due finisce per smussare lesemplificazioni tanto spesso diffuse sulla figura diGesù, il cristianesimo e la sua origine, la formazione

del canone, le prime comunità. Cacitti formula le suerisposte estraendo dalla memoria letture di primamano. Cito, ad esempio, la rievocazione del luogo incui avvenne il Concilio di Nicea: una sala adorna dimosaici d’oro, con una fila di triclini al centro, chefece pensare ad uno dei padri conciliari, il semiciecoPafnuzio, di essere arrivato in paradiso. O i vivaciritratti di personalità come san Paolo, sant’Ambrogioe Origene. Le risposte inoltre rivelano gli stratinascosti di questioni apparentemente semplici,aprendo alle prospettive multiple che sono una faseobbligata della ricerca della verità. Perché ciò chenon è storicamente dimostrabile non sempre è«storicamente non accaduto». Lo studioso, inoltre,deplora le semplificazioni tendenziose riguardo allaformazione del canone: «Attenzione a noninterpretare come correzioni o, peggio, manipolazioniquelle che in realtà rappresentano le differentiinquadrature teologiche entro cui i diversi libri delNuovo Testamento presentano Gesù». Le divergenzefra i libri del canone «non sono facili da comunicarea un più vasto pubblico, uso a lasciarsi incantare dafavole strabilianti di manoscritti celati, testi epurati,congiure del silenzio, esoterismi». Che l’Inchiesta, poi, intenda contribuire a fare arginealla grande operazione messa in atto da BenedettoXVI con la pubblicazione di un’opera di cui è apparsala prima sezione (Gesù di Nazareth) è evidente sia

nelle parole di Cacittiche in quelle di Augias.Rivendicando il suoruolo di storico, e nondi teologo, lo studiosoripropone, nei principi,e pur con cautele, ladivaricazione fra il Gesùdella storia e il Cristodella fede, proprio ladivaricazione che il Papaha inteso colmare. Lostudioso, del resto,giudica quella del Papauna «restaurazione» cheminaccerebbe

l’autonomia della ricerca storica, invadendola diteologia. Qui si tocca un nodo dolente. Eppure, ilPapa sostiene che «il metodo storico – proprio perl’intrinseca natura della teologia e della fede – è erimane una dimensione irrinunciabile del lavoroesegetico». Critica storica e ortodossia teologicadevono riverberare la stessa umiltà considerando chel’oggetto dello studio – Gesù, il cristianesimo comesviluppo nel tempo della Pasqua di Gesù – non sonoargomenti che si fanno esaurire dalla "scienza". Atale proposito, nel commentare la prima Inchiesta diAugias, su questo giornale, padre RanieroCantalamessa invitava ad «abbandonare l’illusioneche, nello scrivere su Gesù, i credenti abbiano unaprecomprensione e i non credenti siano invece esentida ogni pregiudizio». Agli occhi dei "laici" taleprecomprensione condizionerebbe il giudizio,ottundendo le facoltà di discriminazione e l’accessopieno del credente agli strumenti della ricercastorica. Cantalamessa aggiungeva che staccando Gesùdagli effetti che ha prodotto – Chiesa e comunitàcredente – si viola il principio ermeneutico dellastoria degli effetti, dal momento che «attraverso laChiesa… Gesù ha cambiato il mondo. Senza quello"sbaglio chiamato cristianesimo", come lo definiscequalcuno, non saremmo qui a parlare di lui», e Gesùsarebbe rimasto un oscuro rabbi di Galilea.A libro chiuso, resta l’impressione che le originicristiane siano una polifonia che comprende non«tanti cristianesimi» in lotta scomposta – comeinsinua a più riprese il giornalista Augias –, maun’unità nascosta in fuga verso l’unità provvidenzialedella Chiesa, comunità di fede che precede, in ognisenso, gli stessi Vangeli. Forse non era questal’intenzione di Corrado Augias, e non tutti sarannod’accordo ma – si perdoni la battuta – il diavolo fabene le pentole, non i coperchi.

D

In Iraq Kerbala e Najaf, capitalidegli sciiti; il piccolo santuariodi Chellah in Marocco; Toubain Senegal, centro del muridismo...

A Shiraz le moschee hanno cupolerivestite all’interno da specchi;si esce senza voltarsi dicendo, in persiano: «Re della luce!»

imam che si fanno interpreti del Corano. Kerbalaè il luogo santo per eccellenza dello sciismo,luogo che ogni anno è meta di un lungopellegrinaggio, e riferimento costante dei ritiche si celebrano in tutto il mondo sciita, daBeirut a Isfahan, riti in cui la comunità tende auna specie di trasfigurazione rivivendoquell’esperienza. Esperienza che rappresentòuna «fitna» ma che contribuì a definire unanuova dimensione dell’islam, quella dimensionedella sacralità dello spazio e della terra,talmente intensa che ogni musulmano sciitaquando prega appoggia la fronte su una piastrad’argilla rossa che proviene dalla pianura diKerbala, dove si compì il dramma della passionedi Hussein: quel dramma viene rappresentatonel teatro sacro chiamato «tayzé». E come nonricordare la sacralità dello spazio dell’islam

sciita nelle città di Isfahan, di Qomo di Shiraz, dove in ogni moscheache ricorda un imam la volta internaviene completamente ricoperta dapiccoli specchi che riflettono la lucedorata e dove nel silenzio sacrale diquei luoghi i fedeli, nel prenderecongedo dal santo, escono senzavoltargli le spalle e recitando a vocealta, in persiano, «Re della luce!».Questa sacralità si ripete in moltialtri itinerari, talvolta famosi, altrevolte noti a pochi. A me piacericordare una piccola città santavicino a Rabat, in Marocco: Chellah,luogo molto intimo, come ripiegatosul mondo, luogo silenzioso maimportante perché la leggenda narrache il pellegrinaggio a Chellahequivale al pellegrinaggio alla Mecca.E non potrei non citare la mia cittànatale con la sua moschea: Tlemcen,patria di Sidi Boumediene, uno deipiù grandi santi e mistici algerini,che stranamente ci conduceGerusalemme. A Gerusalemme c’èuna cosa che pochi conoscono: nonlontano dalla cupola d’oro dellamoschea di Omar, esistono un muroe una porta che portano il nome diSidi Boumediene, che all’epocadell’intitolazione era considerato ilsanto dei santi. Guardando a est della

porta, lo sguardo si estende fino alla moscheaottagonale che custodisce probabilmente illuogo del viaggio dei viaggi per i musulmani, ilviaggio chiamato "viaggio celeste" – «mi’raj» –del profeta da Medina a Gerusalemme,considerata la terza città santa dell’islam. Maesistono molti altri luoghi della sacralitàdell’islam, nel sud-est asiatico come neiBalcani, in Turchia, da Istanbul a Konya, nelMaghreb, nell’Africa subsahariana, in Asiacentrale; attraverso lo sviluppo e l’estensionedelle confraternite mistiche («turuq») moltiluoghi sono divenuti città sante, come Toubain Senegal, capitale del muridismo. Un po’ovunque nel Dar-al-islam, dal Cairo ai confinidell’Afghanistan, l’esperienza del sacro si èespressa in luoghi in cui uomini e santi hannosegnato il loro rapporto con l’eternità.

È arduo tracciare una geografiadel sacro musulmano, perchéessa risulta estesa dai confinidel Sahara fino al Mar di Cina,

passando per i molti Paesiin cui il credo di Maometto s’èespresso in mille forme, a volteattraverso fratture, battaglie,

eventi trasformati in ricordocollettivo e che assumono valorereligioso in quantocommemorano un’età inaugurale

credenti. È difficile tracciare una geografia dellasacralità nell’islam, perché essa è estesa quantol’islam stesso, dai confini del Sahara fino allerive del Mar della Cina, passando attraversoinnumerevoli Paesi, in cui l’islam si è espressoin mille forme, talvolta attraverso conflitti efratture («fitna»), eventi storici che si sonotrasformati in memoria collettiva, e cheassumono un valore sacrale in quanto anch’essicommemorano un momento, un’età inaugurale.Come non ricordare per gli sciiti – grandefamiglia dell’islam accanto a quella dei sunniti –il luogo santo che si trova in Irak, Paese chelentamente sembra uscire dal martirio: lapianura di Kerbala, dove in una battagliasanguinosa morì Hussein, figlio di Alì, cuginodel profeta; e, ancora in Irak, non lontano daKerbala, la città santa di Najaf, che custodiscegran parte della spiritualità sciita, della suafilosofia, delle sue dottrine, e dove per secoli sisono formate generazioni di «mujtahid», gli

Il giornalista ripropone la consueta visione su Gesù e sulla Chiesa, però lo storico Cacitti riesce a replicare ai molti luoghi comuni, smussandole semplificazioni e chiarendo come non sempre è «storicamente non accaduto» ciò chenon è storicamente dimostrabile. Una nota dolente sul libro del Papa

di Mario Iannaccone

Augias ci riprova,ma stavolta l’«Inchiesta»gli scoppia in mano

LA POLEMICA

Il luogo per eccellenza della sacralità, il percorso quasiobbligato perché sigillatonei pilastri del Coranoè il pellegrinaggio alla Mecca,che porta a una sorta ditrasfigurazione. Nell’istante in cuicompie un rito a Medina, il fedelerivive la memoria dei luoghie un’altra dimensione investeil suo corpo per trasformarlo in una specie di santo: egli accede a un nuovo status, diventa "hajj"

di Khaled Fouad Allam

l viaggio, il pellegrinaggio nei luoghi enegli spazi sacri accomuna moltereligioni, definendo in modo diretto oindiretto la fragilità intrinseca all’essereumano, lo smarrimento di fronteall’eternità e il timore della perdita,dell’oblio. È ciò che avviene nei momentidifficili dell’umanità; ma anchenell’esperienza individuale quando,

interrogandosi su se stesso, ogni uomo simisura con la paura della perdita. È allorache si avverte la necessità del viaggio: noncome attraversamento della geografia fisicadel mondo, non come ricerca della bellezzadel divino; ma come misura di sé, quel séche sente il bisogno dell’ascolto. Anche seabbiamo bisogno della bellezza per entrarein quei luoghi, luoghi in cui storia edeternità si coniugano, riducendo laminaccia dell’oblio a una parentesi dellanostra dimensione individuale e collettiva.Ma esistono mille forme di itinerario che cipermettono di staccarci dall’oblio,dall’erranza dell’anima, e che possono

cambiare radicalmente la nostra esistenza;anche se quel viaggio non si misura con lospazio, esso ci porta dove l’eternità si èfatta parola, dove si è rivelata sotto unadelle sue infinite forme. Quel viaggio imusulmani lo compiono una volta all’anno,nel ventisettesimo giorno del mese sacro diramadan; in quella notte – che nellanovantasettesima sura del Corano èchiamata «laylat al-qadr» (la notte deldestino), notte che vale mille notti,secondo la narrazione dell’islam – sicommemora la discesa del Libro, il Corano.È la notte più intensa di quel mese, perchéin essa il fedele chiudendo gli occhinell’angolo di qualunque moschea o luogosacro, si appresta a compiere quel viaggio,a trasmigrare attraverso la sonorità delleparole del Corano, scardinando spazio etempo, al momento inaugurale, verso quellaluce che si è aperta per i musulmani; perciòessa è chiamata la notte del destino, lanotte che vale mille notti, quella che non èmisurabile, non è perimetrabile in untempo né in uno spazio definito. Si trattadel viaggio in un non-luogo, perché è illuogo dei luoghi che abbraccia l’interomondo esistente, come quella notte cheestese la sua eternità per la nuovareligione, non lontano dalla Mecca, nellagrotta di Hira. Questa dimensione spazialee meta-temporale ha avuto una traduzionenell’arte islamica, nonostante le riserveaniconiche della dottrina giuridica

Idell’islam. Sono numerose le miniaturemusulmane, di matrice ottomana opersiana, che rappresentano l’angeloGabriele che dona su un vassoio la cittàsanta di Medina al profeta Mohammed. Ladimensione spaziale nell’islam tende arisolvere la tensione, insita nell’uomo, frastoria ed eternità. Ma esiste il luogo pereccellenza della sacralità, il percorso quasiobbligato perché sigillato nei pilastridell’islam: il pellegrinaggio alla Mecca, edunque anche a Medina. Pellegrinaggio cheè sì obbligatorio, ma suscettibile di deroga,perché non tutti – per malattia, difficoltàeconomiche e molti altri motivi – possonocompierlo. Perciò il diritto musulmanoconcede che un pellegrino possa compiereil pellegrinaggio alla Mecca per un’altrapersona. Nell’islam, la Mecca con Medina èil luogo della rivelazione e della formazionedella fede, il luogo del compimento dellaprofezia di Mohammed; perciò ilpellegrinaggio porta a una sorta ditrasfigurazione del fedele che nell’istante incui compie un rito a Mecca o a Medina

rivive la storia e la memoria deiluoghi. La dimensione della sacralitàinveste totalmente il suo corpo e lasua mente per trasformarlo in unaspecie di santo: una volta compiutoil pellegrinaggio egli accede a unnuovo status, diventa «hajj». Per laUmma, la comunità dei credentidell’islam, il pellegrinaggio realizzala tensione fra logica dell’eternità elogica della storia. Giungendo allaMecca il fedele si toglie tutte le vestiper indossare il lenzuolo bianco (ilsudario) come tutti gli altri:quest’atto sembra voler restituireall’uomo l’identità primordiale, la suafondamentale uguaglianza con glialtri uomini, con i fedeli dell’islam,ma sembra anche riportare l’uomo ase stesso. Il pellegrinaggio allaMecca e a Medina prevede unacomplessa serie di riti, di cui moltistudiosi hanno descritto lecaratteristiche; ad esempio M.Mahmoudi, un antropologomarocchino che insegna a Princeton,ha pubblicato il resoconto di un suoviaggio-studio alla Mecca, tradottoanche in Italia. Nel pellegrinaggioalla Mecca c’è un rito particolare cheha sempre attirato la mia attenzione,la purificazione attraverso l’acqua delpozzo di Zemzem. Il fedele, prima dipartire dai luoghi santi, usa riempireuna bottiglia dell’acqua sacra diquella sorgente, perché la tradizionefuneraria islamica vuole che l’ultimolavaggio del defunto si compia sepossibile con essa; è uso regalarneuna piccola quantità ad amici oparenti che non hanno potuto recarsiin pellegrinaggio: ne basta poca peraiutare il defunto a purificarsi. Percapire la tensione che anima i fedeliin quei luoghi basta osservare chemolti pellegrini cercano di recarvisiin età molto avanzata, anche damalati, semplicemente perché è lorodesiderio rendere l’ultimo respiroladdove è nata la comunità dei

i conclude oggi il mio anno dicollaborazione con «Avvenire», un’esperienza stimolante per via dellalibertà di pensiero costantemente

concessa e per l’opportunità di dialogare conuna parte fra le più vive del Belpaese, quellacattolica. Rimangono forse alcuni piccoli semidestinati a vita ulteriore in quel campo talvoltabizzarro dell’estetica, del gusto e dellamilitanza sottile che l’arte comporta. Malatempora currunt. Non c’è dubbio. Il ministroattuale dei Beni Culturali s’interrogaonestamente circa la crisi apparente o evidentedell’arte contemporanea, si chiede se il bellopossa ancora esistere e svolgere una funzionedi formazione. Del bello sappiamo ormai poco esiamo confusi. È certa invece l’esistenza delbrutto, dalle periferie delle nostre città alpaesaggio duramente ferito durante il secolodal quale siamo appena scappati. Del bruttoabbiamo avuto una certezza con la squallidastoriella pubblicitaria inventata per lanciare ilMuseion di Bolzano. La rana crocefissa èinnegabilmente blasfema e offende una partedel Paese per tradizione legata alla culturacristiana e a quella forse più intimamenteancorata alla sua radice alpina, quellagermanizzante del Tirolo. Ma permette la ranadi capire il gelido cinismo d’un mondocommerciale che ha come unica volontà lapromozione a scopo di crescita dei prezzi percarpire la buona fede dei gonzi convintid’essere così meno di provincia. E va quindibene che l’artista morto dieci anni fa abbiavissuto una breve esistenza etilica tentandouna tarda parodia dell’impegno civile di JosephBeuys. Va quindi bene la reazione vivace dellapopolazione locale, anche seinconsapevolmente ha finito per fareaumentare il prezzo del manufatto, la rana

appunto, che potrete trovare in colore diversoe con un paio d’uova in più sul sito dellagalleria newyorchese Luhring Augustine, prontaad un’altra vendita. Il tutto orchestrato daalcuni commercianti milanesi concessionariperiferici delle botteghe della Grande Mela egestito da una direttrice ginevrina dismessa daun museo catalano, la quale parla pocol’italiano e per niente il tedesco obbligatorioda quelle parti ma s’intende sicuramente delcirco internazionale della contemporaneità, deiprezzi e degli interessi legati ad ogni operaesposta a tal punto da non consentire difotografarla. Suggerirei ai cittadini offesi unadenuncia alla Corte dei Conti per uso deldanaro del contribuente a scopo di lucroprivato. Ben diverso il caso dell’artista ladinoLois Anvidalfarei, credente profondo e legato aquelle montagne assieme a sua moglie RobertaDapunt che ha appena pubblicato da Einaudiuna delle più commoventi raccolte di poesiache mi sia trovato a leggere, con versi come«credo nelle anime sante, nella loroindipendenza conquistata sui sensi di unapreghiera, credo nel lamento d’un uomo inagonia, inaccessibile silenzio degli ultimiistanti in una vita, credo nel lavaggio del suocorpo fermo, nel suo vestito a festa enell’incrocio delle mani, testimoni di unbattesimo confidato». Sono andato a trovarliquest’estate, una famiglia normale e per questoesemplare. Ho visto le sculture in una baita,nudi straziati plasmati dal marito come lapoesia della moglie. Forse ingenui loro adavere pensato che quel pathos forte potesseapparire nelle strade d’una cittadina senzagenerare reazioni. Ma non c’entra con la rana.Grande è la confusione sotto i cieli… A talpunto che il mio amico Jean Blanchaert èquasi stato arrestato nel book-shop delMeeting di Rimini dove era andato a tenereuna conferenza sul prozio musicista Nino Rotaperché la signora Adriana Borghi lo avevatrovato in possesso d’un libro senza scontrino.Cosa finita in nulla perché il libro sulloscultore Franz Stähler già suo era e nelbookshop non era mai stato in vendita. I librisi possono comperare ma non portare a spasso.L’arte si può comperare ma non portare aspasso. Continueremo a riflettere.

S

IL BRUTTOESISTE.E PURTROPPOSI VENDEBENISSIMO

LA «MOSCHEA BLU» DI ISTANBUL (TURCHIA)

GERUSALEMME, MUSULMANI IN PREGHIERA DAVANTI ALLA MOSCHEA DI AL AQSA

La mappa dei luoghi della fedeIslam«CENA IN EMMAUS» DEL MANIERISTA PONTORMO, CONSERVATA NELLA GALLERIA DEGLI UFFIZI A FIRENZE.

UN’IMPRESSIONANTE FOLLA DI FEDELI GREMISCE LA SPIANATA DELLA KAABA ALLA MECCA (ARABIA SAUDITA)

L’ARTISTA TEDESCO JOSEPH BEUYS