La convivenza farucci 3e

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La parola CONVIVENZA significa vita in

comune. È uno stato coniugale di fatto

ma non sancito legalmente.

Si parla di CONVIVENZA quando due

persone vivono insieme more uxorio,

cioè come se fossero marito e moglie,

ma senza essere sposate

Diffusasi inizialmente, come fase di

transizione che si concludeva quasi

sempre con il matrimonio (soprattutto

con l’arrivo del primo figlio), la

convivenza si è progressivamente

trasformata in una scelta alternativa alle

unioni legalizzate, in contrasto con il

matrimonio.

Come vero e proprio modello di vita indipendente , spesso si decide di non legalizzare la propria unione perché non si ritiene giusto che la vita privata e intima di una coppia sia sottoposta al controllo giuridico, o perché si teme che questo controllo comprometta l’autenticità e la spontaneità del rapporto di coppia, fino a soffocare e cancellare l’amore.

La convivenza non è un fenomeno nuovo. In passato, anche se socialmente condannata e considerata moralmente inaccettabile, era l’unica possibilità in diverse circostanze:

Quando un matrimonio finiva, poiché non esisteva il divorzio;

In caso di vedovanza per non perdere la pensione

Per le persone molto povere ( FUITINA )

La fuitina (dialettismo estratto dal siciliano con il significato di "piccola fuga“) , identifica l'allontanamento di una coppia di giovani aspiranti coniugi dai rispettivi nuclei familiari di appartenenza.

Lo scopo era quello di rendere esplicita (o far presumere ) l'avvenuta consumazione di un atto sessuale completo , in modo da porre le famiglie di fronte al "fatto compiuto" inducendole a concedere il consenso per le nozze dei fuggitivi.

Nel sud dell’Italia la “fuitina”, avveniva

spesso con la complicità delle famiglie.

In questo modo erano gIustificate

all’obbligo di immediate nozze

riparatrici, prive dei rituali e costosi

ricevimenti.

La diffusione crescente e la progressiva accettazione da parte della società, non ha tuttavia cancellato le riserve di carattere morale relative alle unioni non legalizzate.

Il fatto stesso che la convivenza da scelta di necessità, praticata cioè in mancanza di alternative sia diventata, quasi sempre, una scelta consapevole fatta per affermare la libertà e l’autonomia individuali, ha in qualche modo insinuato il sospetto che si tratti in realtà di un atto egoistico e di una fuga dalle responsabilità.

Si decide di non legalizzare un’unione

perché non si crede che l’amore possa

durare. Così non si investe in modo

sufficiente nel rapporto di coppia e

basta la minima difficoltà per mandare

tutto a monte, visto che è anche più

facile interrompere una convivenza

rispetto ad un matrimonio.

Un altro aspetto molto influente è il giudizio della gente, che mantiene viva la condanna di queste unioni, a prova del fatto che spesso i pregiudizi sono piu forti della ragione.

I pregiudizi rifiutano di confrontarsi con la realtà delle cose e non accettano ciò che è diverso da noi o dal nostro pensiero. Rappresentano uno dei mali piu grandi della società.

Diverso è il caso delle coppie omosessuali

per le quali non esistono alternative alla

convivenza, non essendo previsto nessun

riconoscimento giuridico per le loro

unioni.

Gli omosessuali rivendicano il diritto al

”matrimonio”, a un’unione cioè che

veda garantiti i diritti legali, come il diritto

a ereditare o alla pensione.

In realtà la richiesta di estendere i diritti

previsti dal matrimonio anche alle

convivenze è un’istanza che i governi si

trovano sempre più spesso a dover

affrontare, con la preoccupazione di

non intaccare l’istituto della famiglia.

In quasi tutte le nazioni europee la

convivenza , comprese le convivenze

omosessuali sono sancite e garantite

legalmente già da parecchio tempo: ha

iniziato l’Olanda, poi la Francia, il Belgio,

la Germania e in ultimo la Spagna.

In particolare il 16 marzo 2000 una risoluzione del Parlamento europeo chiedeva ai Paesi dell’Unione di “porre fine agli ostacoli frapposti al matrimonio di coppie omosessuali, ovvero a un istituto equivalente, garantendo pienamente diritti e vantaggi del matrimonio e consentendo la registrazione delle unioni”.

In Italia il testo di riferimento è l’articolo 29 della Costituzione che al primo comma afferma: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.

Il DPR 223/89 stabilisce come, ai fini anagrafici, per famiglia si intenda anche “la comunità fondata su vincoli affettivi e caratterizzata dal rapporto di convivenza”.

Il sistema normativo italiano dunque, pur negando l’equiparazione giuridica di una convivenza a un matrimonio, non nega alcuni diritti tipici previsti dall’istituzione matrimoniale, quali :

Diritto alla pensione di reversibilità;

Il diritto del mantenimento, in caso di

separazione;

Il diritto di ereditarietà sancita dal

testamento;

L’ottenimento di congedi lavorativi per

assistenza al partner ammalato.

Allo scopo di estendere tali diritti anche

alla convivenza nacquero con una

legge approvata in Francia il 15 aprile

1999 i PACS (Pact Civil de Solidarité),

patto di solidarietà civile, che tante

polemiche suscitano anche oggi in

Italia.

Si tratta di contratti per regolare rapporti di

convivenza etero e omosessuali, fra

persone che possono avere una

relazione sentimentale, ma anche fra

amici o persone che, faticando ad

arrivare alla fine del mese, potrebbero

sostenersi a vicenda.

La Pacs è sempre di più considerata in Francia un periodo di prova in vista del matrimonio, una sorte di “fidanzamento moderno”.

Le coppie unite dal Pacs devono rompere per legge la loro unione civile per potersi sposare. Ora, più di un quarto dei 10.000 Pacs sciolti nei primi sei mesi del 2009 in Francia lo sono stati proprio in seguito ad un matrimonio.

Il Pacs permette in un primo tempo di ’consolidare la percezione della coppia’, prima del grande passo del matrimonio.

Per alcune coppie ha un valore soprattutto sentimentale, per altre è un contratto firmato in tribunale ma in ogni caso, serve sempre a riconoscere l’esistenza di una coppia.

Il giornale raccoglie alcune testimonianze, come quella di Cecile, unita con un Pacs nel 2003 a Thomas, diventato suo marito tre anni dopo: ’stipulare un Pacsè stato come fidanzarsi – racconta – come un pre-contratto. E’ stata una tappa più dolce del matrimonio, un contratto morale. Niente a che vedere con l’aspetto pratico. Era sentimentale, una prova romantica’.

Il Pacs – nato dieci anni fa per le unioni tra

gay – negli ultimi anni ha conquistato in

Francia le coppie eterosessuali: secondo

i dati dell’Istituto nazionale di studi

demografici, dei 144.716 Pacs stipulati

nel 2008, 136.569, ovvero il 94%, sono

firmati infatti da coppie eterosessuali.

La Chiesa Cattolica si oppone alla convivenza perché la considera una minaccia per la famiglia, che è garantita solo dal matrimonio.

Soltanto il matrimonio può consacrare il legame che unisce nell’amore l’uomo e la donna e rende visibile l’unità d’amore che lega Cristo alla sua Chiesa e questo è uno strumento di santificazione per i coniugi.

Secondo il “ Catechismo della Chiesa

Cattolica” la convivenza è una libera

unione che rifiuta una forma giuridica e

pubblica ad un legame che implica

l’intimità sessuale

Dice anche che quest’unione, dove i due

non si impegnano l’uno nei confronti

degli altri ,mostra una completa

mancanza di fiducia.

Si parla anche dei tradimenti e dell’incapacità di alcune persone di avere storie serie e durature: “concubinato, rifiuto del matrimonio come tale, incapacità di legarsi con impegni a lungo termine. Tutte queste situazioni costituiscono un ‘offesa alla dignità del matrimonio, distruggono l’idea stessa della famiglia; indeboliscono il senso della fedeltà”.

Un argomento molto discusso presente

all’interno del Catechismo della religione

cattolica è il sesso prima del matrimonio.

La Chiesa dice: “l’atto sessuale deve

avere posto esclusivamente nel

matrimonio al di fuori di esso costituisce

sempre un peccato grave ed esclude dalla comunione sacramentale.”

E conclude dicendo che “ L’unione

carnale è legittima solo quando tra

l’uomo e la donna si sia instaurata una

comunità di vita definitiva.

L’amore umano non ammette la prova.

Esige un dono totale e definitivo delle persone tra loro”.

INDUISMO

Per l’induismo il matrimonio è sacro e finalizzato alla crescita spirituale degli sposi e alla procreazione.

È l’unico luogo in cui può formarsi la famiglia, che l’induismo ritiene così importante da essere superiore alla vita monastica.

La possibilità della convivenza non è nemmeno presa in considerazione.

Per i buddhisti il matrimonio non è

un’unione sacra, ma un impegno sociale

e personale, che sancisce l’indissolubilità

di sesso e amore.

Qualsiasi attività sessuale al di fuori del

matrimonio, e quindi la convivenza, non

è accettabile.

Per il confucianesimo la famiglia coincide

con il matrimonio, all’interno del quale è

confinata la sessualità, almeno della

donna.

Per l’ebraismo il matrimonio è un segno

d’amore profondo e un dovere religioso.

Il celibato non è visto di buon occhio, la

convivenza assolutamente condannata.

Lavoro di Enza Farucci