L LE IMPRESE GIGANTI i loro passaggi evolutivi slides Lezione 06.05.2010 (ma tenuta il giorno 7)

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LE IMPRESE GIGANTILE IMPRESE GIGANTIi loro passaggi evolutivii loro passaggi evolutivi

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FUSIONIed

ACQUISIZIONI

concetto di fusione

concetto di acquisizione

la ratio di tali processi di crescita

il successo di fusioni/acquisizioni

tali processi ebbero successo quando le società interessate centralizzarono il comando sui singoli impianti acquisiti, ed integrarono funzioni “altre” (ad es. quelle commerciali, finanziarie ecc.)

…e quando ricorsero (per conseguire economie di scala) ad un sempre più sostenuto utilizzo di energia e di calore, nonché alle tecniche di lavorazione a ciclo continuo o per grandi partite, e – soprattutto - a forti innovazioni organizzative

il successo delle fusioni si concentrò dapprima nella produzione di beni confezionati semideperibili (zucchero, biscotti, dolciumi, whisky e prodotti distillati in genere), in quella di macchinari di largo uso (ma complessi) utilizzati dai calzaturifici o dalle industrie tipografiche, nella raffinazione del petrolio, nelle industrie della gomma e degli esplosivi, in numerosi settori chimici, e in parte nel vetro e nella carta, che avevano introdotto tecniche di produzione continua.

Le nuove imprese “consolidate” (vale a dire a comando centralizzato) nonché

“integrate”, giunsero ben presto a dominare i rispettivi settori seguendo l’esempio della Singer nella internazionalizzazione delle loro attività.

Le grandi imprese create dai processi di fusione, e poi di integrazione, ebbero successo anche nella siderurgia, nella metallurgia, e nella lavorazione dei minerali non ferrosi, tutti settori ad alta intensità di capitale, i cui prodotti non erano destinati al consumatore finale, bensì ad utilizzatori industriali.

Anche in queste imprese, la rilevanza quantitativa della produzione imponeva una attenta programmazione e un sofisticato coordinamento del flusso delle materie prime agli stabilimenti, e della produzione sino agli utilizzatori delle “materie seconde” o dei semilavorati o dei c.d. beni intermedi.

La differenza fra questa seconda categoria di imprese, ed i produttori di articoli destinati al consumatore finale, consisteva essenzialmente nella diversa consistenza degli apparati di commercializzazione, che erano ovviamente più contenuti per le imprese indirizzate ad aziende utilizzatrici di “materie seconde” o di semilavorati.

quando l’insuccessodi fusioni/acquisizioni

non poche volte, tuttavia, le fusioni e le acquisizioni fallirono i loro obiettivi, tanto che spesso le nuove società che così si erano formate finirono per sciogliersi

quali i motivi?

il fatto è che le concentrazioni si rivelarono un fallimento (o conseguirono risultati modesti) nei settori in cui l’integrazione delle funzioni commerciali non risultò vantaggiosa, o fu impossibile per le limitate dimensioni che le imprese fusesi raggiungevano sul mercato.

Ciò riguardò i settori i cui processi produttivi continuarono (per vincoli tecnologici, all’epoca non superabili) ad essere caratterizzati da un’alta intensità di lavoro rispetto al capitale investito, e in cui l’uso di quantità crescenti di energia meccanica non accelerava il processo produttivo, ma solamente determinava un aumento proporzionale delle quantità prodotte a condizione che, contemporaneamente, crescessero in misura analoga i macchinari impiegati e il numero di addetti.

Fu questo il caso del tessile, dell’abbigliamento, dei cappelli, delle calzature, della lavorazione del cuoio, della produzione di carrozze, mobilio, piastrelle e rivestimenti edili in genere,

di sigari, delle maggior parte di beni alimentari, dell’editoria e della stampa, ecc. Insomma, di settori i cui prodotti non avevano necessità per la vendita di servizi specifici che solo il produttore avrebbe potuto assicurare.

In tali settori, frazionatissimi e composti di imprese per la maggior parte di limitate dimensioni, il fatto di fondere insieme più unità di produzione non determinava effettivi vantaggi sul piano della concorrenza, quali una riduzione dei costi (e quindi dei prezzi di vendita), o una più elevata capacità di soddisfare le esigenze della clientela.

I PASSAGGI EVOLUTIVIdelle imprese che diventano “giganti”

IMPRESA CENTRALIZZATA (1890-1910):

è la forma indispensabile dopo la crescita dall’esterno (fusioni edacquisizioni) per razionalizzare l’apparato produttivo-distributivo

IMPRESA DIVISIONALIZZATA (dal 1910 in poi):

- esigenza imposta dalla diversifica zione (divisioni per prodotto, ma anche…)

- la centralità del Dipartimento di R&S (ricerca e sviluppo)

IMPRESA CONGLOMERATA (1960-1970):

- l’impresa cresce mediante acquisizione

di imprese di media taglia, ad elevata profittevolità

- nessun processo di ristrutturazione

- logica prevalentemente finanziaria

Una metodologia unisce le tre tipologie,via via sempre più complessa

USO DEI GRANDI AGGREGATI STATISTICI

- a fini previsionali

- analisi a breve, medio, lungo periodo

CONCENTRAZIONI PRODUTTIVEe

tutela della concorrenza

l’intervento della legislazione federale: lo Sherman Act (1890)

tale provvedimento, che inibiva l’uso distorto del Trust, impose lo scioglimento di quelli che nascondevano forme di controllo della concorrenza: fu il caso dello Standard Oil Trust guidato da J.D. Rockefeller.

Come è noto, l’approdo al Trust come strumento di controllo/limitazione della concorrenza di fronte alla caduta dei prezzi ed alle guerre commerciali, fu la conseguenza della inefficacia sia dei “cartelli” sia degli scambi azionari tra imprese intenzionate a spartirsi in modo oligopolistico il mercato.

La messa fuori legge del Trust, non fermò tuttavia la corsa alle concentrazioni produttive, che ricorse allo strumento delle Holdings company.

la New Jersey Holding Co.

dapprima, i Consigli di amministrazione di quasi tutte le Holdings che sorsero secondo la legislazione del New Jersey, si limitarono alla fissazione dei prezzi e dei quantitativi che le imprese consociate dovevano produrre.

presto si capì che era una strada perdente: e che l’unico modo di stare profittevolmente sul mercato era quello di centralizzare le decisioni e integrare/razionalizzare i distinti impianti produttivi.

questa acquisizione concettuale segnò la svolta nei processi di concentrazione. Per cui sia le Holdings nate dalla trasformazione dei Trusts o dei cartelli, sia quelle – e furono molte – che sorsero per acquistare (o “scalare”) imprese concorrenti, si posero l’obiettivo di costruire organizzazioni in grado di esprimere un comando centralizzato di produzione e distribuzione.

lo scopo ultimo? giungere ad un mercato meno anarchico, e quindi meno esposto alle fluttuazioni congiunturali.

Nonostante lo Sherman Act, ed altri provvedimenti legislativi minori tesi ad impedire situazioni dominanti (o sempli- cemente oligopoliste) sul mercato, l’ultimo decennio del secolo fu perciò caratterizzato da una vera e propria ondata di fusioni e/o di concentrazioni tra imprese.

Tra il 1890 e il 1898 le operazioni di fusione e/o concentrazione furono complessivamente 108, mentre nel solo 1899 se ne verificarono ben 105.

In tale processo, un peso non secondario giocarono i fattori tecnici/tecnologici ed i fattori commerciali: furono essi a determinare in ultima istanza la dimensione ottimale delle imprese, e la struttura dei settori industriali.

Come fu il vincolo tecnologico (e cioè la complessità del processo produttivo, ed il rapporto capitale/addetto) a condizionare positivamente o negativamente il successo delle fusioni che via via si verificarono.

CONSEGUENZEdei processi di concentrazione tra imprese

gli elevati costi

il frazionamento della proprietà azionaria quali le cause?

l’impresa manageriale e la separazione tra proprietà e controllo

quale potere ai “managers”?

la mano visibile del mercato…