Post on 23-Feb-2019
IMMANUEL KANT (1724 - 1804): Sintesi dei principali concetti della sua gnoseologia
(Critica della Ragione Pura - 1781; 1787)
IL RAPPORTO STORICO DI CERTEZZA E VERITA’:
o La filosofia moderna – il nuovo problema della soggettività
Filosofia antica e precartesiana
Identità immediata di certezza e di verità:
o Certezza: le determinazioni soggettive, umane, mentali,
ovvero lo stato del pensare, della coscienza (noi possiamo
essere certi di cose vere e di cose false: 3+2=5 e la chimera).
o Verità: tutte le determinazioni oggettive, cioè lo stato delle
cose, indipendentemente da me che le penso
o Il pensiero ha certezza, ossia conosce la realtà così come essa
è in sé stessa.
o La realtà esiste indipendentemente dal pensiero
o Il mondo in cui viviamo è esterno alla nostra mente
o La realtà, indipendente dalla nostra mente, è direttamente
accessibile ai nostri pensieri
Descartes:
Opposizione di certezza e di verità:
o La realtà, in quanto pensata, non è la realtà che esiste in sé
stessa indipendentemente dal pensiero. In quanto REALTA’
PENSATA essa è contenuto di pensiero, l’intero universo è
realtà pensata, è IDEA (fino a Hume, che pure considera l’idea
in un’accezione più ristretta rispetto alle percezioni della
mente).
o Per la filosofia moderna non si può quindi sostenere
IMMEDIATAMENTE che la certezza del pensiero coincida
con la verità della realtà. Nasce dunque il problema di stabilire
che cosa corrisponda nella realtà esterna alla nostra
conoscenza.
o Il Razionalismo, ricorrendo alla dimostrazione di un principio
razionale assoluto (Dio) che certifica la corrispondenza esatta
tra ordine dei miei pensieri e ordine della realtà, ricompone
l’opposizione tra certezza e verità.
o Hume: critica al principio di causalità come unico principio
atto a stabilire una realtà esistente fuori della mente o al di là
dell’esperienza. H. non vuole sostenere che l’esperienza
coincida con la totalità dell’essere. Per Hume la verità consiste
nei contenuti della mente (la certezza) e basta (ecco perché per
H. la verità tutta coincide con quello che per Descartes era
solo il primo passo, l’indubbio contenuto del mio pensiero).
Per H. i contenuti della mente non sono regolati da alcuna
legge necessaria, ma da una dolce forza, da tendenze,
causalità, somiglianza, contiguità che esistono solo di fatto, e
che non sono necessarie. Di conseguenza, non solo la
metafisica, ma pure la conoscenza razionale della natura
(fisica di Newton) è priva di valore universale e necessario. Se
la matematica conserva questo valore è solo perché le sue
proposizioni non si riferiscono all’esperienza, ma si limitano a
esplicare nel predicato ciò che è implicito nella nozione del
soggetto.
Kant:
Opposizione estrema di certezza e di verità:
o Le cose in sé stesse, esterne, indipendenti dalla conoscenza
umana, NON POSSONO ESSERE CONOSCIUTE, nel modo
più perentorio. C’è opposizione assoluta tra certezza e verità.
Se anche fosse possibile costruire uno strumento conoscitivo
più perfetto, per passare dall’ordine delle rappresentazioni
all’ordine delle cose in sé stesse (per Descartes: passare dalle
idee, dal contenuto oggettivo, all’ordine dell’essere formale),
anche questo caso sarebbe sempre un conoscere e il suo
contenuto sarebbe qualcosa di conosciuto, sarebbe a sua volta
rappresentazione, non le cose fuori del conoscere. Noi
conosciamo le cose solo sotto forma di rappresentazione.
o la realtà conoscibile è solo rappresentazione o fenomeno
o La realtà in sé è inaccessibile alla mente umana.
o Abbattimento delle metafisiche tradizionali.
Idealismo tedesco (Fichte, Schelling, Hegel):
Identità mediata (perché passa attraverso la negazione della cosa in
sé, concetto limite – per Kant, il limite della sensibilità – impossibile
poiché contraddittorio) di certezza e verità.
o Tolto il limite noumenico della cosa in sé, il pensiero è
infinito, totalità dell’essere.
o La realtà non è più esterna e indipendente, ma si identifica
nell’infinità del pensiero.
o Il pensiero è la totalità dell’essere.
o Rinnovato ritorno alla metafisica.
KANT: LA FILOSOFIA CRITICA
o Criticismo Vs. Dogmatismo:
Che cos’è il dogmatismo: è la pretesa che il contenuto conosciuto dall’uomo
possa essere l’insieme delle cose in sé stesse. È la pretesa contraddittoria di
poter uscir dal conoscere mediante il conoscere stesso, come pensare di
scavalcare la propria ombra. Dogmatico sarà dunque il razionalismo. Circolo
vizioso sarà tentare di ottenere garanzia dell’accordo tra certezza e verità
attraverso previa dimostrazione dell’esistenza di Dio. Perché anche Dio è una
nostra rappresentazione! E non posso conoscerlo come cosa in sé, cioè
indipendentemente dalla conoscenza che ne ho.
Che cos’è il criticismo: Il criticismo di Kant indica la consapevolezza dei
limiti della ragione umana.
o Fenomeno e noumeno:
La metafisica sarà dogmatica poiché pretende proprio di andare oltre i limiti,
di conoscere le cose in sé, le strutture ultime del reale, Dio. La metafisica,
dunque, per Kant non può essere chiamata scienza. La verità per Kant ,
assolutamente necessaria, è la verità del fenomeno. Fenomeno come ciò che
appare a noi, che si apre, si rivolge verso di noi, e non sta chiuso in se stesso
come cosa in sé.
Al fenomeno deve corrispondere una cosa in sé. Kant non dice che la cosa in
sé non esiste, sostiene semplicemente che non la possiamo conoscere.
Fenomeno è il contenuto del nostro conoscere e quindi non è niente in sé
stesso, niente al di fuori del mondo delle nostre rappresentazioni. Ma si
riferisce a qualcosa che fenomeno non è, si riferisce alla cosa in sé, a ciò che
Kant chiama noumeno (significa “pensato”, ma ha valore negativo, è la cosa
in sé in quanto pensata). Cosa in sé, cioè indipendente dalla nostra sensibilità,
e limite della nostra sensibilità.
La sua rappresentazione (il fenomeno) è sensibile ed è a noi disponibile. Il
fenomeno è l’apparenza che implica l’esistenza della cosa in sé di cui è
apparenza.
Di conseguenza, Kant rafforza la tesi di Hume, riguardo all’impossibilità di
considerare la metafisica una scienza.
o Scienza in Kant
La scienza in Kant per svilupparsi non deve uscire dal soggetto. È all’interno
del soggetto stesso. Al suo interno possiamo trovare cioè una struttura di
conoscenze universali e necessarie molto diverse dalle conoscenze con cui la
metafisica pretende di conoscere le cose in sé stesse.
Kant si richiama a un principio ben noto della storia del pensiero filosofico:
la semplice esperienza ci dice ciò che è, ma non ci dice che è
necessariamente così e non altrimenti. Per questo non dà all’uomo una
conoscenza universale. Dunque la conoscenza universale e necessaria non
può derivare dall’esperienza, cioè a posteriori. Ciò che è universale e
necessario deve essere a priori, deve precedere l’esperienza, esserne
indipendente. Tutto questo già lo troviamo in Leibniz e Hume. Ma è a questo
punto che Kant rivoluziona tutto.
o La rivoluzione copernicana di Kant
Kant pensa questo: se fosse il soggetto a regolarsi sulle cose, avremmo solo
conoscenze a posteriori; non esisterebbe allora sapere universale e necessario,
cioè a priori. Infatti, tutto ciò che è necessario è a priori. Dunque l’esistenza
di un sapere necessario non potrà derivare dagli oggetti, ma dal soggetto.
Non dovrà essere la conoscenza umana a regolarsi sulla natura degli oggetti,
ma viceversa gli oggetti a regolarsi sulla natura della conoscenza umana. È la
rivoluzione copernicana.
Prima di Kant si sosteneva che l’uomo dovesse adeguare la sua conoscenza
alla realtà. Con Kant c’è questa inversione, l’unica ad assicurare la necessità
della conoscenza a priori.
La grande conseguenza è che il conoscere a priori diventa la legge che
permette agli oggetti dell’esperienza di concretizzarsi. La conoscenza a priori
è la produzione dell’ordinamento fondamentale degli oggetti dell’esperienza,
ossia produzione della loro forma. Ogni possibile oggetto di conoscenza deve
sottostare a questo ordinamento, o leggi a priori dell’esperienza, prodotte
dalla conoscenza umana. Questo riguarda la matematica e la fisica. È la
struttura fondamentale della ragione sul cui fondamento poggia il sapere
fisico-matematico. La natura non è la cosa in sé, ma è l’oggetto
dell’esperienza che si realizza conformemente alle leggi della conoscenza che
sono a priori nel soggetto. Dunque la fisica è scienza universale e necessaria
proprio perché non è scienza delle cose in sé, ma dei fenomeni, cioè
dell’esperienza che è regolata dal soggetto.
Le leggi che regolano il mondo sono prodotte dallo spirito umano. La
conoscenza a priori è coscienza che l’uomo ha della propria produzione delle
leggi del mondo.
o Sensibilità e intelletto
Abbiamo visto che lo spirito umano produce le leggi degli oggetti empirici.
Gli oggetti non sono prodotti dalla conoscenza, ma sottostanno alle sue leggi,
ci sono DATI, ossia sono ricevuti dall’esterno.
Lo spirito umano è dunque capacità di ricevere dall’esterno gli oggetti che ci
sono dati.
Dunque lo spirito è ricettività, sensibilità, e in quanto recettivo è passivo
Lo spirito umano considerato invece come produttore di leggi a priori degli
oggetti dell’esperienza, è attivo, è intelletto, attività, spontaneità, creatività
Nella sensibilità l’oggetto è INTUITO
Nell’intelletto l’oggetto è PENSATO.
Chiameremo conoscenza a priori, universale e necessaria, la sintesi tra
intelletto e sensibilità. L’intelletto è produttore di leggi solo se gli oggetti
dell’esperienza gli sono dati. E gli oggetti sono dati solo conformemente alle
leggi a priori prodotte dall’intelletto.
Ora però si tratta di GIUSTIFICARE IL FONDAMENTO di questa
conoscenza a priori, che Hume aveva negato. Kant si assume questo compito
nella sua opera più complessa, la Critica della ragione pura
o KANT: LA CRITICA DELLA RAGIONE PURA
La Critica della Ragione pura è un’analisi critica dei fondamenti del sapere
Il sapere, ai tempi di Kant, si articolava in scienza e metafisica.
Kant mette sotto critica queste due forme del sapere. Criticare significa
giudicare, verificare le loro possibilità di esistere come scienze, i fondamenti
su cui poggiano, valutare la loro legittimità, tracciare i limiti della loro
validità.
La fisica era in grande progresso, grazie agli studi di Galilei e di Newton
La metafisica, invece, con la sua pretesa di andare oltre l’esperienza,
arrancava e non sembrava potersi presentare come scienza
Entrambe, scienza e metafisica, erano state scosse nelle loro fondamenta,
dalle analisi di Hume (di cui abbiamo detto)
Kant è invece convinto della validità di scienza della fisica newtoniana. Si
tratta però di giustificare questa convinzione. Ecco uno dei motivi per cui
scrive la Critica della ragione pura.
LE QUATTRO DOMANDE FONDAMENTALI che si pone dunque Kant:
Com’è possibile la matematica pura?
Com’è possibile la fisica pura?
Com’è possibile la metafisica in quanto disposizione naturale?
Com’è possibile la metafisica come scienza?
o Per le prime due domande si tratta semplicemente di chiarire
le condizioni che rendono possibili la matematica e la fisica,
giustificare cioè una situazione di fatto
o Per le altre due, invece, si tratta di scoprire SE esistono o
meno queste condizioni.
I giudizi sintetici a priori
Kant: ogni conoscenza comincia con l’esperienza, ma da ciò non
consegue che essa derivi interamente dall’esperienza
Si tratta di comprendere su che cosa si fonda quella particolare
conoscenza universale e necessaria, detta scienza.
La scienza si fonda su alcuni principi fondamentali, assoluti,
necessari, detti giudizi sintetici a priori:
o Es.: Tutto ciò che accade ha una causa; Tutti i fenomeni
cadono nel tempo e stanno necessariamente tra loro in
rapporti di tempo etc. sono tutti giudizi sintetici a priori:
Giudizio: poiché consistono nell’aggiungere a un
soggetto un predicato
Sintetico: poiché il predicato aggiunto dice qualcosa di
nuovo rispetto a quanto è contenuto nella nozione di
soggetto
A priori: perché sono indipendenti dall’esperienza,
dunque universali e necessari (se non lo fossero
sarebbero a posteriori, cioè derivati dall’esperienza, ma
in tal caso perderebbero il loro carattere necessario)
o Che cosa sono invece i giudizi analitici a priori?
Es: I corpi sono estesi è un giudizio analitico a priori
Giudizio: poiché consistono nell’aggiungere a un
soggetto un predicato
Analitico: poiché il predicato aggiunto NON dice
qualcosa di nuovo rispetto a quanto è contenuto nella
nozione di soggetto (il concetto di “estensione” è già
incluso nella nozione di “corpo”)
A priori: perché sono indipendenti dall’esperienza,
dunque universali e necessari
In quanto “analitici”, non dicono nulla di nuovo e
dunque sono infecondi
o Che cosa sono invece i giudizi sintetici a posteriori?
Es. I corpi sono pesanti; il miele è dolce etc. sono
giudizi sintetici a posteriori
Giudizio: poiché consistono nell’aggiungere a un
soggetto un predicato
Sintetico: poiché il predicato aggiunto dice qualcosa di
nuovo rispetto a quanto è contenuto nella nozione di
soggetto
A posteriori: perché derivano dall’esperienza, dunque
NON sono universali e necessari, ma particolari e non
necessari
o Il torto del Razionalismo (es. Descartes), per Kant, è dovuto
alla pretesa di fondare la scienza solo su giudizi analitici a
priori.
o Il torto dell’Empirismo (es. Locke), per Kant, è dovuto alla
pretesa di fondare la scienza solo sull’esperienza, ovvero sui
giudizi sintetici a posteriori
o Il Criticismo di Kant sostiene invece che la scienza, pur
derivando dall’esperienza, poggi anche su principi a priori
La scienza è dunque feconda in duplice senso
Per il contenuto: lo deriva infatti
dall’esperienza
Per la forma: propria dei giudizi sintetici a
priori
Si potrà allora sostenere che:
Scienza = esperienza + principi sintetici a priori
Le forme a priori
Sulla rivoluzione copernicana di Kant ci siamo già espressi in
precedenza. Vediamo ora di connetterla a seguito dell’esposizione dei
giudizi sintetici a priori.
Per Kant la conoscenza è sintesi di materia e di forma:
o Materia: la molteplicità caotica delle impressioni sensibili
o Forma: l’insieme delle modalità attraverso le quali la mente
umana ordina tale materia che le deriva dalla sensibilità
Per Kant esistono nella mente del soggetto delle forme innate, comuni
a tutte le menti.
o In quanto “innate”, esse non derivano dall’esperienza, e
dunque sono a priori
o In quanto “comuni”, esse mi garantiscono che le modalità di
ordinamento della materia sensibile sono universali
(appartengono a tutti)
Quali sono queste forme a priori? Sono diverse a seconda delle
diverse facoltà dell’uomo: Sensibilità, Intelletto, Ragione
o Sensibilità: facoltà attraverso la quale intuiamo gli oggetti
sensibili in virtù di specifiche forme a priori.
o Intelletto: facoltà attraverso la quale pensiamo gli oggetti
sensibili in virtù di specifiche forme a priori.
o Ragione: facoltà attraverso la quale, procedendo oltre
l’esperienza, cerchiamo di comprendere la realtà globalmente
intesa attraverso specifiche forme a priori.
o Le forme a priori della Sensibilità sono:
Spazio e Tempo
o Le forme a priori dell’Intelletto sono:
Le 12 categorie:
Quantità:
o unità, pluralità, totalità
Qualità:
o realtà, negazione, limitazione
Relazione:
o dell’inerenza/sussistenza,
causalità/dipendenza,
comunanza/azione reciproca
Modalità:
o possibilità/impossibilità,
esistenza/inesistenza,
necessità/contingenza
o Le forme a priori della Ragione sono:
Le tre idee trascendentali:
Anima, Mondo, Dio
In virtù dell’esistenza di forme a priori, come dicevamo, è possibile
ribaltare i rapporti tra soggetto conoscente e oggetto del conoscere: è
la realtà che si plasma e si modella sulle mie forme innate del
conoscere, le quali, essendo a priori, universali e necessarie,
consentono a Kant di salvare il carattere analogamente universale e
necessario della scienza empirica.
Kant è un filosofo molto ordinato, dunque anche l’articolazione
interna delle Critica della ragione pura segue le partizioni che
abbiamo appena sopra analizzato:
o Critica della Ragione pura:
Dottrina degli elementi (studia le forme a priori):
Estetica trascendentale (studia la sensibilità e le
sue specifiche forme a priori: Spazio e Tempo)
Logica trascendentale (studia il pensiero
discorsivo), che si divide in:
o analitica (studia l’intelletto e le 12
categorie)
o dialettica (studia la ragione e le 3 idee
trascendentali)
Dottrina del metodo (chiarisce l’uso o il metodo degli
elementi)
o Ricordate le domande fondamentali che si poneva Kant? Ecco
ora alcune risposte:
La Matematica si fonda sulle forme a priori della
Sensibilità
La Fisica si fonda sulle forme a priori dell’Intelletto
La Metafisica si fonda sulle forme a priori della
Ragione
Il significato di trascendentale in Kant
Kant intende la nozione di “trascendentale” secondo un’accezione
diversa da quella della tradizione scolastica medievale.
Per gli scolastici, il termine “trascendentale” designava quelle
proprietà universali (Uno, Bene, Vero etc.) che tutte le cose hanno in
comune, e che per generalità trascendono (appunto) le categorie
aristoteliche.
Kant connette il termine “trascendentale” con quello di forma a priori,
che non esprime proprietà ontologiche della realtà in sé, bensì le
condizioni gnoseologiche che rendono possibile la conoscenza della
realtà fenomenica.
“Trascendentale” in Kant significa dunque non “oltre l’esperienza” ,
ma qualcosa che la precede e la rende possibile.
Trascendentale è lo studio delle facoltà e delle loro forme a priori:
estetica trascendentale, logica trascendentale etc.
Kant allestisce un tribunale, presso il quale la Ragione è sia imputata
che giudice. Critica significa infatti: esame critico generale della
validità e dei limiti che la ragione umana possiede in virtù dei suoi
elementi puri a priori”.
La Critica è dunque un’analisi delle autentiche possibilità conoscitive
dell’uomo.
Estetica trascendentale
Spazio e Tempo, forme a priori della facoltà umana della sensibilità
La sensibilità è facoltà recettiva, perché il soggetto non crea gli
oggetti sensibili, ma gli sono dati, li accoglie per intuizione
Tuttavia, la sensibilità non è solo recettiva, ma anche attiva, poiché
organizza il materiale delle sensazioni (=le intuizioni empiriche)
attraverso forme a priori (=le intuizioni pure di spazio e di tempo)
Spazio:
o Forma del senso esterno (cioè che sta a fondamento di tutte le
intuizioni esterne e del disporsi delle cose l’una accanto
all’altra)
Tempo:
o Forma del senso interno (cioè che sta a fondamento di tutte le
intuizioni interne, e del disporsi delle cose l’una dopo l’altra,
cioè secondo un ordine di successione)
o Poiché attraverso il senso interno ci giungono i dati del senso
esterno, il tempo si configura come forma del senso esterno
esso stesso.
Spazio e tempo non sono derivabili dall’esperienza, bensì sono ciò
che la rendono possibile. Essi sono i quadri mentali entro cui
connettiamo i dati fenomenici.
LA FONDAZIONE KANTIANA DELLA MATEMATICA
o Kant vede nella geometria e nell’aritmetica delle scienze
sintetiche a priori per eccellenza. Sintetiche perché ampliano
le nostre conoscenze oltre ciò che ci è già noto. 7+5=12 è
proposizione sintetica perché 12 è aggiunto attraverso
un’operazione mentale del sommare, dunque non è risultato
che si può derivare analiticamente.
o Matematica e geometria sono poi a priori perché valide
indipendentemente dall’esperienza
o Queste due scienze poggiano sulle intuizioni pure di spazio e
di tempo. La geometria è scienza che dimostra sinteticamente
a priori le proprietà delle figure mediante intuizione pura di
spazio. Analogamente l’aritmetica è la scienza che determina
sinteticamente a priori la proprietà delle serie numeriche,
basandosi sull’intuizione pura di tempo e di successione.
o Matematica e aritmetica valgono anche per la realtà. Non la
realtà in sé, tale per cui Galilei, sulla base dei suoi presupposti
realistici, poteva affermare che Dio ha creato il mondo con
caratteri matematici. Kant, infatti, dichiarando la realtà in sé
inconoscibile, non poteva argomentare in questo modo. Per
Kant, le matematiche possono essere proficuamente
applicabili agli oggetti empirici perché sono oggetti
fenomenici. L’esperienza fenomenica, infatti, essendo intuita
grazie a spazio e a tempo (cardini della matematica stessa),
possiede già di per sé una configurazione geomterica e
aritmetica.
Logica trascendentale
o La seconda parte della Dottrina degli elementi è detta Logica
trascendentale, che si suddivide a sua volta in Analitica
trascendentale e Dialettica trascendentale.
o La logica trascendentale si occupa dell’origine, l’estensione e
la validità delle conoscenze a priori dell’Intelletto e della
Ragione.
o Sensibilità e intelletto sono indispensabili alla conoscenza
poiché Senza sensibilità, nessun oggetto ci verrebbe dato e
senza intelletto nessun oggetto sarebbe pensato. I pensieri
senza contenuto sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono
cieche.
o Che cosa sono i concetti? La risposta è nell’Analitica dei
concetti (prima parte dell’Analitica trascendentale).
o Le categorie:
Se le intuizioni sono affezioni (qualcosa di passivo), i
concetti sono funzioni, cioè operazioni attive che
consistono nell’ordinare, unificare diverse
rappresentazioni sotto una rappresentazione comune.
Per esempio “corpo” è un concetto che unifica sotto di
sé altre rappresentazioni, come quella di metallo, per
esempio.
I concetti possono essere empirici, cioè ricavati
dall’esperienza, oppure puri, cioè contenuti a priori
nell’intelletto.
I concetti puri dell’intelletto sono le categorie.
Esse sono le supreme funzioni unificatrici
dell’intelletto.
Poiché ciascun concetto è “il predicato di un
giudizio possibile” (per es. ogni metallo è un
corpo [predicato]), le categorie sono i
predicati primi, cioè grandi caselle in cui
rientrano tutti i predicati possibili.
Le categorie kantiane si distinguono dalle
categorie aristoteliche, perché queste ultime
hanno un valore ontologico e gnoseologico
insieme (leges entis et mentis). Le categorie
kantiane hanno invece un valore puramente
gnoseologico-trascendentale, poiché
rappresentano solo i modi di funzionamento
dell’intelletto (semplici leges mentis), valevoli
solo per il fenomeno, non per la cosa in sé.
Kant elabora le sue dodici categorie partendo
dall’assunto che pensare è giudicare, e
giudicare significa attribuire un predicato a
un soggetto. Conseguentemente, ci saranno
tante categorie (predicati primi) quante sono le
modalità di giudizio (le diverse modalità di
attribuzione di un predicato a un soggetto).
Kant produce allora una tavola dei giudizi cui
fa corrispondere una tavola delle categorie
secondo i 4 fondamentali raggruppamenti con
cui opera la logica: quantità, qualità, relazione,
modalità.
Quantità:
o Unità
o Pluralità
o Totalità
Qualità:
o Realtà
o Negazione
o Limitazione
Relazione:
o Dell’inerenza e sussistenza (sostanza e
accidente)
o Della causalità e dipendenza (causa ed
effetto)
o Della comunanza (azione reciproca tra
agente e paziente)
Modalità:
o Possibilità-impossibilità
o Esistenza-inesistenza
o Necessità-contingenza
Queste categorie entrano in azione in tutti i
giudizi o in tutte le proposizioni in cui si
concretizza il nostro pensiero. Per esempio,
quando parliamo, parliamo sempre di una cosa
(unità), di più cose (pluralità) o di una totalità
di cose (totalità) che possono essere reali o no
(categorie di qualità), che hanno proprietà
sostanziali o accidentali, che le une sono
causate da altre, o che le une agiscono su altre
che patiscono (categorie di relazione), oppure
che una cosa è possibile o impossibile, esiste o
non esiste, è necessaria o contingente
(categorie di modalità).
La deduzione trascendentale
Formulata la tavola delle categorie, Kant deve
impegnarsi nella giustificazione della sua
validità.
Per “deduzione”, infatti, Kant non intende
l’inferenza logica, ma la dimostrazione della
legittimità di diritto di una pretesa di fatto.
È un fatto che le categorie sono utilizzate come
operazioni di giudizio, però bisogna
giustificarne l’uso legittimo e verificare i limiti
entro cui possono essere usate. In poche parole
occorre determinare il diritto della ragione a
utilizzarle (così come il semplice fatto che io
possegga un oggetto non prova ancora che
quell’oggetto mi appartenga di diritto. Kant,
analogamente, vuole provare che le categorie
che di fatto usiamo siano utilizzabili anche di
diritto, entro certi limiti dunque).
Si tratta di rendere evidenti le ragioni per cui
un oggetto intuito nello spazio e nel tempo sia
pensabile attraverso le categorie dell’intelletto.
Pensare significa unificare la molteplicità delle
intuizioni. L’atto dell’unificazione indica
un’operazione attiva e sintetica dell’intelletto.
Kant distingue poi l’unificazione (il processo
attraverso cui si attua la sintesi del molteplice)
dall’unità stessa (il principio in forza del quale
si realizza tale unificazione). Come chiama
questa unità? La definisce “Io penso”. Da non
confondere con un io singolare ed empirico,
l’Io penso è l’identica struttura mentale
comune a tutti gli uomini, la suprema unità
fondatrice della conoscenza. Esso esprime
un’autocoscienza, di modo tale che le
rappresentazioni che elaboro si configurano
come mie. L’io penso accompagna tutte le
mie rappresentazioni.
L’attività dell’Io penso si attua tramite giudizi
(i modi concreti con cui il molteplice è
pensato). I giudizi si basano sulle categorie
(diverse maniere di agore dell’io penso, cioè le
12 funzioni unificatrici in cui si concretizza la
sua attività sintetica). Di conseguenza, per
Kant, gli oggetti non possono essere pensati
senza essere anche categorizzati.
Riducendo all’osso:
o Poiché tutti i pensieri presuppongono
l’Io penso,
o poiché l’Io penso pensa tramite
categorie
o allora tutti gli oggetti pensati
presuppongono le categorie.
Il che equivale a sostenere che la natura
(fenomenica) obbedisce necessariamente alle
forme (a priori) del nostro intelletto.
L’Io penso è dunque il principio supremo della
conoscenza umana, ciò cui deve sottostare ogni
realtà per poter entrare nel campo
dell’esperienza e diventare un oggetto-per-noi.
Nello stesso tempo esso garantisce l’oggettività
del sapere, poiché esso funziona in tutti gli
uomini allo stesso modo. Se così non fosse,
non si potrebbero esprimere giudizi necessari,
ma solo contingenti e soggettivi.
L’Io penso non crea gli oggetti della
conoscenza, ma si limita a ordinare la realtà
fenomenica che gli preesiste al di fuori come
fenomeno. L’Io penso ha allora solo un
carattere formale e finito.
Lo schematismo trascendentale
È spiegato nell’Analitica dei principi.
Lo schematismo trascendentale spiega come
l’intelletto, concretamente, condiziona la realtà
fenomenica attraverso le categorie.
Come fa l’intelletto a condizionare le intuizioni
e dunque gli oggetti sensibili?
Kant si pone la questione poiché sensibilità e
intelletto sono due facoltà diverse che per
interagire abbisognano di una mediazione.
La risposta di Kant: l’intelletto, non potendo
agire direttamente sugli oggetti della
sensibilità, opera indirettamente su di essi
attraverso il tempo.
Il tempo è infatti il medium universale
attraverso cui tutti gli oggetti sono percepiti.
Se il tempo condiziona gli oggetti, l’intelletto –
condizionando il tempo – condiziona pure gli
oggetti. Tutto ciò avviene attraverso quella
facoltà nota come immaginazione produttiva.
Essa produce a priori una serie di schemi
temporali corrispondenti a ciascuna categoria.
Gli schemi sono allora regole attraverso cui
l’intelletto condiziona il tempo conformemente
ai propri concetti a priori.
In questo modo, il materiale sensibile viene
pre-ordinato e pre-figurato (rispetto alle
categorie) nella forma del tempo. Gli schemi
trascendentali sono le categorie calate nel
tempo.
o A proposito della categorie di relazione,
lo schema della categoria di sostanza è
la permanenza nel tempo, al variare dei
suoi accidenti; lo schema della causa-
effetto è la successione irreversibile nel
tempo; lo schema di categoria di azione
reciproca è la simultaneità nel tempo.
o Per le categorie di modalità, lo schema
della categoria di possibilità è
l’esistenza in un tempo qualsiasi; lo
schema della categoria di realtà è
l’esistenza in un determinato tempo; lo
schema della categoria di necessità è
l’esistenza in ogni tempo. E così via.
I principi dell’intelletto puro e l’Io legislatore della
Natura
Kant ha chiarito perché gli oggetti, pur non
essendo creati dalla mente, si costituiscono
nell’esperienza in sintonia con il nostro modo
di pensarli.
Nella sezione dedicata ai principi dell’intelletto
puro, Kant mostra le regole di applicazione
delle categorie agli oggetti.
Sono le leggi supreme dell’esperienza e le
proposizioni fondamentali del sapere
scientifico.
o Assiomi dell’intuizione:
Corrispondono alle categorie
della quantità, e affermano a
priori che tutti i fenomeni intuiti
costituiscono quantità estensive.
o Anticipazioni della percezione: Corrispondono alle categorie
della qualità, e sostengono che
ogni fenomeno intuito ha una
quantità intensiva (es. luce e
calore), cioè un grado.
o Analogie dell’esperienza: Corrispondono alle categorie
della relazione, e affermano a
priori che l’esperienza si
costituisce in una trama
necessaria di rapporti, basata
sulle categorie di sostanza,
causa e azione reciproca.
o Postulati del pensiero empirico in
generale: Corrispondono alle categorie
della modalità, stabilendo ciò
che è possibile, reale o
necessario in rapporto alle
condizioni formali, materiali e
universali dell’esperienza.
Questa teoria dei quattro principi coincide con
quella dell’Io legislatore della Natura. Per
Natura intendiamo la conformità alle leggi dei
fenomeni, cioè conformità all’ordine necessario
e universale (natura in senso formale) che sta
alla base di tutti i fenomeni (natura in senso
materiale). Tale ordine non deriva
dall’esperienza, ma dall’Io penso e dalle sue
forme a priori.
Io penso e categorie rivelano solo la natura in
generale (la loro regolarità nello spazio e nel
tempo). Le leggi particolari, in cui si esprime
questa regolarità, non sono deducibili dalle
categorie, ma dall’esperienza. L’esperienza è
dunque fondamentale per la scienza, assieme
alle leggi a priori, di cui i principi
dell’intelletto puro costituiscono i pilastri
fondamentali della fisica.
In sintesi, la filosofia di Kant, la sua
gnoseologia, costituisce l’epistemologia della
scienza galileiano-newtoniana, la
giustificazione filosofica dei principi
fondamentali della scienza per metterli al riparo
dallo scetticismo di Hume. Per Hume
l’esperienza potrebbe sempre smentire le verità
della scienza. Per Kant no, dal momento che
l’esperienza è condizionata dalle categorie
dell’intelletto e dall’Io penso, e dunque i
principi della scienza non possono essere
smentiti. In sintesi, l’ordine oggettivo della
natura coincide con le condizioni formali del
soggetto, unico e ultimo garante di una
conoscenza salda, universale e necessaria.
o Dialettica trascendentale
Dopo l’Estetica e l’Analitica, Kant porta a termine il
suo programma, dimostrando come sia possibile il
sapere scientifico.
Nella Dialettica, Kant intende risolvere il problema
relativo alla possibilità della metafisica di costituirsi
come scienza. Kant risponde negativamente, la
metafisica non è scienza. Infatti Kant intende
“dialettica” come “logica della parvenza”, come l’arte
sofistica di dare alle proprie illusioni l’aspetto della
verità.
Conseguentemente, con la Dialettica trascendentale,
Kant intende l’analisi e lo smascheramento dei
ragionamenti fallaci della metafisica.
D’altra parte, sempre Kant riconosce che la metafisica
rappresenta “un’esigenza naturale e inevitabile della
mente umana”. Esigenza di cui la filosofia critica
intende indagare la genesi.
LA GENESI DELLA METAFISICA
o La metafisica è un parto della ragione,
la quale in partenza non è che
l’intelletto stesso, il quale – essendo la
facoltà logica di unificare i dati sensibili
tramite categorie – è portato
irresistibilmente a voler pensare anche
senza i dati dell’esperienza: un po’
come una colomba, ebbra del volo, che
pensasse di potere volare senza
l’impedimento dell’aria, non rendendosi
conto che l’aria – pur essendo una
resistenza o un limite al suo volo – è
anche la condizione immanente che
rende possibile il volo (infatti senz’aria
precipiterebbe al suolo).
o Kant sostiene che l’uomo è portato
naturalmente a voler trascendere e
superare i limiti della propria ragione.
Vuole cioè conoscere oltre i dati
dell’esperienza fenomenica. La nostra
ragione, inappagata dal fenomeno (la
realtà condizionata e relativa), vuole
sempre procedere oltre, verso il regno
dell’assoluto e dell’incondizionato.
Cerca cioè la spiegazione del Tutto. Il
che non è altro che fare metafisica.
o Tale spiegazione fa leva su tre idee
trascendentali, con le quali la ragione
pretende di unificare totalmente la
realtà:
L’Anima, come idea della
totalità assoluta dei fenomeni
interni.
Il Mondo, come idea della
totalità assoluta dei fenomeni
esterni.
Dio, come idea della totalità di
tutte le totalità, fondamento di
tutto ciò che esiste.
o L’errore della metafisica consiste nel
trasformare queste tre esigenze mentali
di unificazione dell’esperienza in
altrettante realtà.
o La metafisica cioè dimentica che noi
non abbiamo mai a che fare con la cosa
in sé, ma sempre e solo con la realtà
non oltrepassabile del fenomeno.
o Il pensiero, per Kant, fallisce
inevitabilmente quando intende
procedere oltre gli orizzonti
dell’esperienza.
o Per dimostrare l’infondatezza della
metafisica, Kant prende in esame le tre
pretese “scienze” che da sempre ne
costituiscono l’ossatura:
Psicologia razionale
Cosmologia razionale
Teologia razionale
LA CRITICA DELLA PSICOLOGIA RAZIONALE E
DELLA COSMOLOGIA RAZIONALE
La psicologia razionale non è una scienza per
Kant, poiché è fondata su un paralogismo
(=ragionamento errato), che consiste
nell’applicare la categoria di sostanza all’Io
penso, trasformandolo in una realtà permanente
che si è soliti chiamare anima, alla quale poi
attribuiamo tutta una serie di valori positivi:
“immateriale”, “incorruttibile”, “personale”,
“spirituale”, “immortale”.
In realtà l’Io penso non è un oggetto empirico,
ma soltanto un’unità formale e per di più
sconosciuta, cui non possiamo applicare alcuna
categoria.
L’errore della psicologia razionale (metafisica)
consiste nell’assegnare una serie di
determinazioni positive a quella X funzionale e
ignota che è l’Io penso (il quale è solo la
condizione formale suprema del costituirsi
dell’esperienza).
Anche la cosmologia razionale non è scienza,
poiché pretende di fare uso della nozione di
mondo (inteso come totalità assoluta dei
fenomeni cosmici) per unificare totalmente i
fenomeni esterni. Ciò è illegittimo per Kant, il
quale ritiene che la totalità dell’esperienza non
sia mai un’esperienza. L’esperienza è infatti
sempre del relativo, mai dell’assoluto: l’idea
totale di mondo cade fuori dal dominio
dell’esperienza possibile.
Secondo Kant i metafisici, quando pretendono
di fare un discorso sul mondo come Tutto,
finiscono inevitabilmente in reticolati logici
detti antinomie. Cioè veri e propri conflitti
della ragione con se stessa, che si concretizzano
in coppie di affermazioni opposte, dove l’una
(tesi) afferma, mentre l’altra (antitesi) nega.
Tuttavia non è possibile affermare quale delle
due sia fondata, poiché mancano i dati
dell’esperienza.
Quattro sono le antinomie fondamentali per
Kant, di cui le prime due sono dette
matematiche, mentre le restanti sono dette
dinamiche:
o I antinomia:
Tesi: il mondo ha un suo inizio
nel tempo e, rispetto allo spazio,
è limitato
Antitesi: il mondo non ha inizio
né limiti, ma è infinito tanto
rispetto al tempo quanto rispetto
allo spazio.
o II antinomia:
Tesi: Nel mondo, ogni sostanza
composta è formata da parti
semplici, e ovunque nel mono
non vi sono che cose semplici o
composte.
Antitesi: Nel mondo, nessuna
cosa composta consta di parti
semplici, e in nessuna parte del
mondo esiste qualcosa di
semplice.
o III antinomia:
Tesi: il concetto di causa non
esclude la libertà, esistono anche
cause non determinanti.
Antitesi: non c’è alcuna libertà,
tutto nel mondo accade
necessariamente in base a leggi
di natura universali e
incontrovertibili.
o IV antinomia:
Tesi: nella serie dei
concatenamenti di causa ed
effetto esiste sempre un essere
assolutamente necessario.
Antitesi: Non esiste alcun essere
assolutamente necessario,
poiché tutti gli enti sono
contingenti.
Kant nota poi che le tesi sono proprie del
razionalismo e della metafisica, mentre le
antitesi sono tipiche dell’empirismo e della
scienza.
Kant puntualizza pure che, per quanto riguarda
la III e la IV antinomia, libertà e Dio
potrebbero valere nell’ambito della cosa in sé
(nel cui regno sconosciuto potrebbe esserci
spazio per Dio e la libertà: un aspetto
fondamentale per intendere il pensiero morale
di Kant).
LA CRITICA ALLE PROVE DELL’ESISTENZA DI
DIO
Anche la teologia razionale, che si occupa del
problema di Dio, è priva di valore conoscitivo.
Dio rappresenta l’ideale della ragione pura,
cioè il modello supremo e personificato di ogni
realtà e perfezione: l’ens realissimum, increato
e creatore di ogni cosa.
Dio è però un ideale che nulla ci può dire a
riguardo della sua reale effettiva realtà.
Come sappiamo, la tradizione filosofica ha
elaborato tutta una serie di prove dell’esistenza
di Dio che Kant raggruppa in tre classi: prova
ontologica, prova cosmologica, prova fisico-
teologica.
A proposito della prova ontologica (elaborata
da Anselmo d’Aosta, e poi accolta da un
razionalista come Descartes), essa non è una
prova effettiva, poiché pretende
illegittimamente di ricavare l’esistenza di Dio
dal suo concetto (essenza) di essere perfetto
(cui non può mancare nulla per definizione,
nemmeno dell’attributo dell’esistenza).
Kant, distinguendo tra piano mentale e piano
reale, sostiene che non si può saltare dal piano
della possibilità logica a quello della realtà
ontologica, poiché l’esistenza è qualcosa che
possiamo constatare solo per via empirica:
l’esistenza non è cioè un predicato1.
Perciò la prova ontologica o è impossibile
(quando vuole derivare da un’idea una realtà) o
è contraddittoria (se nell’idea di “ente
massimo” assume già, sottobanco, l’esistenza
che intende dimostrare. È una specie di
argomento circolare).
Prova cosmologica: è il fulcro delle cinque vie
tomistiche e poggia sulla distinzione tra
contingente/possibile e necessario. Essa dice
che se qualcosa esiste, deve anche esistere un
ente assolutamente necessario. Dal momento
che qualcosa esiste, allora esiste anche un ente
necessario.
1 Kant critica la prova ontologica dell’esistenza di Dio nella Dialettica trascendentale facendo il famoso esempio dei
“cento talleri” pensati e reali (il tallero è un tipo di moneta). La prova ontologica pretende illegittimamente, secondo
Kant, di poter passare dalla semplice idea o concetto di qualcosa alla sua esistenza reale, prescindendo dal dato di
esperienza. Kant dice che tra 100 talleri pensati e 100 talleri reali non c’è differenza di proprietà; la loro differenza
risiede nel loro diverso modo d’essere: nel caso dei 100 talleri pensati, l’esistenza è solo possibile. Nel caso dei 100
talleri reali, l’esistenza è reale ed è attestata dall’esperienza sensibile.
L’errore in tal caso per Kant consiste in un uso
illegittimo del principio di causa, poiché esso
– partendo dall’esperienza della catena degli
enti contingenti – pretende di elevarsi oltre
l’esperienza per attingere a un primo anello che
è causa prima (cioè necessario). In realtà il
principio di causalità serve solo a connettere i
fenomeni tra loro, e non ci permette di
connettere i fenomeni a qualcosa di trans-
fenomenico.
La prova fisico-teologica: fa leva sull’ordine,
la finalità e la bellezza del mondo per innalzarsi
a una Intelligenza ordinatrice suprema,
identificata con un Dio creatore, perfetto e
infinito. Per Kant, questa è l’idea più antica,
chiara e adatta alla mentalità comune: come
dire, se esiste un orologio (il mondo) allora
deve esistere anche un orologiaio (Dio).
Anche questa prova è minata al suo interno da
una serie di forzature logiche e dall’utilizzo
surrettizio della prova ontologica.
Innanzi tutto, l’ordine che verifichiamo in
natura potrebbe essere esso stesso una
conseguenza della natura stessa e delle sue
leggi immanenti. Se attribuiamo l’ordine della
natura a un Dio trascendente, supremo
architetto e suprema intelligenza, risaliamo dai
fenomeni empirici a una causa prima e
necessaria (e così ricadiamo nella prova
cosmologica, già confutata), la quale non
potrebbe essere altro che un ente perfetto
(ricaduta nella prova ontologica).
Inoltre, la prova fisico-teologica pretende di
stabilire, sulla base dell’ordine cosmico e della
perfezione presente in natura, una causa
proporzionata a questa perfezione che stimiamo
in natura. Così facendo però non ci si accorge
che gli attributi concessi alla natura (per
esempio: “saggiamente conformata”,
“mirabile” etc.) sono attributi indeterminati e
vaghi, relativi a noi esseri finiti e imperfetti, il
che non ci autorizza di inferire un essere invece
infinito e perfetto. Detto altrimenti: noi
sperimentiamo che in natura vi sono diversi
gradi di ordine e di perfezione, ma sempre in
relazione ai nostri umani parametri mentali. E
in ogni caso tali gradi di ordine non sono esenti
a loro volta da relative imperfezioni. Insomma,
ci muoviamo sempre dentro il dominio del
relativo, non possiamo dunque passare da ciò
che è relativo a ciò che è assoluto.
Con questo, Kant non è un ateo, ma un
agnostico, ritenendo che l’esistenza o
l’inesistenza di Dio siano entrambe
indimostrabili razionalmente.
LA FUNZIONE REGOLATIVA DELLE IDEE
o Le idee trascendentali della Ragione pura non hanno dunque
una validità costitutiva, ma solo regolativa, poiché indirizzano
la ricerca intellettuale verso un’unità totale come meta ambita
e sprone sempre valido perché l’uomo continui a ricercare la
verità, non appagandosi dei risultati ottenuti.
o Le idee di anima, mondo e Dio sono regole che spingono la
ragione a dare nel suo legittimo campo d’indagine,
l’esperienza, il massimo di estensione e il massimo di unità
sistematica.
o Le idee, cessando di valere dogmaticamente, valgono
criticamente come condizioni che impegnano l’uomo nella
ricerca naturale.
IL NUOVO CONCETTO DI METAFISICA IN KANT
o La metafisica, come disposizione naturale della ragione, è
reale, ma per sé sola è anche dialettica e ingannatrice. Essa
non è cioè scienza.
o Alla vecchia metafisica dogmatica, Kant contrappone una
metafisica critica, come scienza dei concetti puri:
Una metafisica cioè della natura (che studia i principi a
priori della conoscenza della natura)
Una metafisica dei costumi (che studia i principi a
priori della condotta morale).