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Fondata da Carlo PAIS ISNN 1724-7640 ORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI GINNASTICA MEDICA MEDICINA FISICA - SCIENZE MOTORIE E RIABILITATIVE Volume LVII - Fasc. 1/2 - Anno 2009 Spedizione in a.p. - Filiale di Brindisi Direttore: Alvaro CORIGLIANO Via Vittorio Emanuele, 86 50134 FIRENZE Comitato di redazione: Biagio AMATO, Manlio BITOCCHI Mario CANEPA, Salvatore CASERTA Tommaso CESAREO, Gabriella CHIONNA Giuseppe MASSARA, Luigi MOLFETTA Giovanni Battista ODONE Giovanni RAINERO, Donato TODARO Vittorio VALERIO Direttore responsabile: Vittorio VALERIO E-mail: [email protected] Segreteria di Redazione: Angelo RINI - Gabriella CHIONNA Via Osanna, 69 - tel. 0831.528469 72100 BRINDISI Segreteria Amministrativa: Via Newton, 150 41100 MODENA Autorizzazione Tribunale di Brindisi n. 7/1987 Studio grafico: Schena Editore - Fasano Viale Nunzio Schena, 177 72015 Fasano (BR) Tel./Fax 080.4426690 [email protected] [email protected] [email protected]

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Fondata da Carlo PAIS

ISNN 1724-7640

ORGANO UFFICIALE DELLASOCIETÀ ITALIANA DI GINNASTICA MEDICAMEDICINA FISICA - SCIENZE MOTORIE E RIABILITATIVE

Volume LVII - Fasc. 1/2 - Anno 2009Spedizione in a.p. - Filiale di Brindisi

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CANALE S. T., MANUGIANA H., Irriducibile traumatic disloca-tion of the hip., J. Bone and Joint Surg., 61/A, 7-14, 1979.

E per le monografie:

PUTTI V., Anatomia della lussazione congenita dell’anca,Cappelli, Bologna 1935.

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5Manlio Bitocchi - Claudio Cerasani

La colonna: allenamento e riabilitazione

7Giovanni Battista Odone

Disabilità e acqua

11Giuseppina Bernardelli - Guido Leali

Quale riabilitazione dopo intervento di stabilizzazione vertebrale

20VERBALE N. 10

Consiglio Direttivo Nazionale SIGM (5-4-2009)

21Paolo Raimondi - Vinicio Prosperini

Le aspettative e le possibilità professionalidel Laureato in Scienze Motorie

26VERBALE N. 11

Consiglio Direttivo Nazionale SIGM (14-5-2009)

27Vittorio Valerio

Su un metodo personale di misurazione dell’angolo di scoliosi

31Relazione Bilancio SIGM 2008/2009

32Bilancio consuntivo SIGM dal 01/03/2008 al 31/03/2009

SOMMARIO

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La finalità del nostro lavoro è incentrare l’attenzio-ne degli operatori sanitari e di chiunque si occupi del-la motilità inerente alla colonna vertebrale, partendoda un punto di vista diverso da quello generalmenteconsiderato, con l’intento di una valutazione funzio-nale efficace e di una corretta prevenzione. Siamopartiti da un’analisi pertinente eminentemente l’ambi-to agonistico-sportivo; soffermeremo l’attenzione,dunque, su osservazioni e valutazioni della colonna insoggetti sportivi, agonisti e non.

Ostacolo non indifferente al nostro esame risultalo stabilire, in assenza di sintomi, un corretto inter-vento. Va determinata, pertanto, un’azione che sia disupporto e di prevenzione, prima che la colonna sfo-ci in patologia. Tale iter diagnostico-funzionale lo ab-biamo suddiviso in due fasi.

1. In prima istanza , ci siamo soffermati sulla filo-genesi e le conseguenti metamorfosi che la colonna hasubito nel corso del tempo, il passaggio da stazionesemibipede e bipede, e il conseguente vantaggio fun-zionale di liberazione degli arti superiori dalla deambu-lazione, è stato “resettato” in maniera evolutiva in par-ticolare nel tratto dorso-lombare, con adattamentostrutturale e gravitazionale in senso verticale e non piùobliquo traslato in avanti. Il suddetto aspetto ha arre-cato alla zona del baricentro corporeo un avvicinamen-to verso la linea di proiezione al suolo del sacro. At-tualmente, dunque, la colonna svolge due ruoli pecu-

liari nella fisiologia: perno anatomo-funzionale, in quan-to gran parte della motilità degli arti viene trasmessa sudi essa, e ammortizzatore globale per ciò che riguardala forza gravitazionale e non. Il tutto si esplica in un in-sieme di combinazioni correlate e sinergiche di verte-bre, dischi e apparato muscolo-legamentoso.

2. In seconda istanza , entriamo nel vivo dell’ar-gomento, e focalizziamo l’attenzione sulle correlazio-ni fra allenamento e riabilitazione, vertendo l’analisisulla considerazione di due termini: movimento e con-dizionamento. Per delucidare in maniera esauriente ilconcetto sopracitato, diciamo che il movimento nel-l’allenamento è la base dell’attività stessa che con-sente di avere, per mezzo sempre di esso, un condi-zionamento, ossia la capacità esecutoria che mira al-l’adattamento e all’allontanamento della soglia dellafatica da parte dell’atleta. La medesima terminologia– movimento e condizionamento – si ripropone in am-bito riabilitativo, variando altresì la tempistica e le in-tensità esecutorie. In questa fase della nostra analisisi è materializzato un quesito cardine: cosa differen-zia il movimento e il condizionamento nell’allenamen-to e nella riabilitazione? In precedenza siamo partitida tempistiche e intensità diverse, ma dovremmo inparticolare porre l’attenzione sulla gestione di movi-menti eterogenei. A questo punto, è opportuno speci-ficare una puntualizzazione circa l’individuazione deltermine movimento; questo, la gestualità della perso-na e dell’atleta, oscilla tra atti motori blandi e pro-gressivamente più accentuati, a seconda del compito,del timing del movimento, delle energie impiegate e

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Manlio Bitocchi - Claudio Cerasani

LA COLONNA: ALLENAMENTO E RIABILITAZIONE

La nostra esperienza si concentra sul ruolo che la colonna riveste nell’al-lenamento e nella riabilitazione in ogni pratica sportiva.

Abbiamo iniziato a considerare il ruolo che la colonna ricopre come fulcro,pivot, del movimento umano.

Siamo in seguito passati a considerare la “Zona Franca”, ossia gli ambiti dicompetenza tra allenamento e riabilitazione, le peculiarità dei professionisticoinvolti (allenatori, fisioterapisti), i carichi di lavoro per gli atleti.

L’obiettivo della nostra esperienza è dare un linguaggio comune a profes-sionisti con competenze diverse.

Our experience is concentrated on the roll of the spine in the training andrehabilitation during every sport-practice.

We started to considering the spine such as pivot for the human move-ment.

Than we examinated the “Free-Land”, the zone of competence throughtraining and rehabilitation, the characteristics of the professionists (trainers,phisioterapists), the loads of job for the atletes.

The object of our experience is giving a common language to professioni-sts with differents competences.

RIASSUNTO

SUMMARY

– Relazione tenuta al Congresso Nazionale SIGMFirenze, 14-16 maggio 2009.

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degli obiettivi a cui avvicinarsi. Metronomo di questadinamica è la pericolosità e l’eventualità della patolo-gia e dell’infortunio; ruolo preminente lo assume, dun-que, la percentuale di rischio di entrare nella dinami-ca sopramenzionata.

3. Nella terza istanza , iniziamo con il considerare ilmovimento e il condizionamento in ambito agonistico onel caso di un soggetto – non atleta – ma fisiologica-mente “sano”. In questa fase gli atti motori procedonoda percentuali di rischio infortunistico minimo, e asso-ciate a gestualità dolci, per giungere a pericolosità diinfortunio maggiori, accompagnate perlopiù da motilitàcospicue. Nell’ambito dell’allenamento, quindi, schemimotori e funzionalità sono integri, e sopraggiunge unloro sovraccarico. Nella sfera riabilitativa vanno inveceevidenziate diverse componenti: è presente un infortu-nio, una impossibilità di movimento e una assenza difunzionalità. La dinamica riabilitativa, di conseguenza,si focalizza su tre linee di intervento:– rimettere in una condizione di abilità;– ripristinare il movimento;– ripristinare la funzionalità.

Il primo punto, rimettere in condizioni di abilità, sievince in una ritrovata capacità del soggetto circa unafisiologia ecologica, dove per questa si intende unamotilità efficace e conveniente per l’assistito e per lesue necessità. Il secondo punto, ripristinare il movi-mento, è inerente all’architettura del gesto e dell’attomotorio, alla consequenzialità delle strutture conside-rate e attivate.

Il terzo e ultimo aspetto, ripristinare la funzionalità,è volto all’impatto nel contesto dove il soggetto agiscee rimanda al vantaggio che una fisiologia del movi-mento arreca all’individuo.

Nell’ultimo ambito considerato, quello riabilitativo,in ottica di condizionamento osserviamo che schemie funzionalità non sono integri, non vengono sovrac-caricati, bensì ci si muove per un loro recupero. Dal-la nostra analisi sta emergendo, sintetizzando, chel’allenamento e la riabilitazione del punto di vista pret-tamente della colonna, altro non sono che una gra-dualità progressiva discendente o ascendente di in-terventi e di carichi di lavoro, con un target variabile aseconda dell’oscillazione momentanea del soggetto,che può protendere a volte sia verso la patologia cheverso un agonismo estremo.

Parafrasando in una metafora, allenamento e ria-bilitazione sono due facce della stessa medaglia.

4. Nella quarta istanza , iniziamo a mettere periscritto, sul campo quindi, i concetti fin qui elaborati: ilgrafico a torta da noi illustrato, evidenzia il collega-mento tra allenamento e riabilitazione, rappresentatodal recupero funzionale. Quest’ultimo è la fase di col-legamento, la zona di oscillazione delle performan-ces, nella quale il soggetto viene traslato dall’otticapatologica/riabilitativa a quella agonistica. In questoambito risiede il nocciolo funzionale-gestionale delmanagement operativo, ossia: allo stato attuale vi è

una asincronia organizzativa per ciò che riguarda lecompetenze circa le linee di intervento sul soggetto.A questo punto, vanno rifocalizzati gli assiomi, i cardi-ni teorici degli interventi in toto; è di vitale importanzarispettare e non violentare la funzionalità della colon-na sintetizzata nelle parole di mobilità ed elasticità. Inconseguenza di ciò, va considerata la colonna in am-bito globale, essendo forte il rischio di settorializza-zione e di sezionamenti degli interventi. È doverosoritornare nel recinto della prevenzione, che anche inambito agonistico va intesa come la capacità deglioperatori di prevenire la patologia che non dà sintomi.Torniamo, quindi, ad esaminare la terminologia del-l’intensità, ossia la gradazione dell’intensità del movi-mento, inteso come una scala che va dalla gestualitàdella ginnastica in generale, passando per l’allena-mento e proseguendo verso l’agonismo, altro aspettoche necessita di ulteriore puntualizzazione è il rischio,correlato in maniera esponenziale all’intensità. Tor-niamo, quindi, all’ambito gestionale inerente all’atleta,intorno al quale ruotano tre fattori concatenati e stret-tamente legati alla collaborazione delle varie figureprofessionali: medico, tecnico e fisioterapista interagi-scono in base alle proprie competenze e alla tempi-stica circa i loro interventi. Fondamentale diventa iltrait-d’union basato sul linguaggio che deve esserecomune, ossia focalizzato su tre aspetti: tempi diazione, recupero delle varie componenti, carichi dasomministrare. Il messaggio che traspare dalla nostraanalisi converge nell’imbuto etico che sfocia nell’o-biettivo del benessere dell’atleta; solo così, con lacrescita consapevole dell’atleta agonista e della pro-pria evoluzione anche attraverso l’infortunio, potràcontare su un insieme di professionisti del movimen-to e dell’atto sportivo, manager delle proprie presta-zioni, le cui aspettative e valutazioni collimeranno conle finalità comuni dei tecnici e degli operatori sanitari,giungendo ad incasellare il tutto nella dicotomia dipercorsi di vita e competenze diverse, ma finalizzati aun obiettivo comune.

BIBLIOGRAFIA

ANDREWS, HARRELSON, WILK, Riabilitazione nella Traumatologia del-lo Sport, Editore Verduci, Roma 1998.

VALOBRA G. M., Medicina Fisica e Riabilitazione, Editore UTET, To-rino 2005.

Claudio Cerasani - Manlio Bitocchi

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Premesse e obiettivi

L’obiettivo del presente intervento è definire criterie linee guida dell’attività motoria adattata in acqua,considerando tutti i possibili indirizzi di intervento e lecaratteristiche peculiari delle attività motorie in acqua.

Se gli enti privati erogatori di servizi sanitari allapersona, nonché le strutture sportive che hanno stret-to legami di collaborazione con le figure professiona-li della medicina specialistica, fondano i loro interven-ti sul concetto di disabilità proposto dalla O.M.S.1, es-

se dovranno necessariamente considerare la disa-bilità non già come lo svantaggio dell’individuo,quanto semmai come la conseguenza del deficitspecifico.

Ciò porterà ad un approccio nei servizi alla per-sona volto a valorizzare e potenziare le abilità resi-due.

Le nuove indicazioni poi vedono l’handicap come«…la condizione di svantaggio conseguente a unamenomazione o a una disabilità che in un certo sog-getto limita o impedisce l’adempimento del ruolo nor-male per tale soggetto in relazione all’età, al sesso eai fattori socioculturali». Ciò ci fa prendere coscienzadella natura specifica dell’handicap, che risulta cosìrelativo al compito.

Dunque per il soggetto che reca una disabilità lamenomazione risulta essere «...qualsiasi perdita oanormalità a carico di una struttura o di una funzione

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Giovanni Battista Odone*

DISABILITÀ E ACQUA* Laureato in Scienze Motorie

Le funzioni dell’esercizio in acqua a scopo terapeutico o di mantenimento neicasi di disabilità, permanenti o temporanee, risiedono in vari obiettivi di inter-vento: Recupero della funzionalità dell’apparato locomotore in toto, Recupero al-le funzioni della vita di relazione e alla socialità, Recupero delle funzioni igieni-che di cura della persona e di autosufficienza, Prevenzione delle patologie dasovraccarico o degenerative, Ritardo dell’insorgere della sindrome da ipocinesi.

Il movimento in acqua provoca alcune condizioni facilitanti il recupero mo-torio, come ad esempio la strutturazione di nuovi vincoli coordinativi, la modi-ficazione delle fisiologiche reazioni di equilibrio per il rallentamento della velo-cità di movimento e caduta, facilitazioni delle reazioni di equilibrio e posturali,la possibilità di modulare i gesti motori in velocità e resistenza, modulando diconseguenza il carico, la riduzione del controllo visivo sulla regolazione deimovimenti, la riduzione della spasticità e modulazione del tono muscolare edin generale un potenziamento muscolare graduale.

I principi che regolano l’intervento riabilitativo e rieducativo specifico, in ca-so di menomazione, sono secondo gli Autori quelli di complementarietà, glo-balità, adattamento, specificità, prevenzione, simmetria del movimento, perso-nalizzazione dell’intervento, interdisciplinarietà dell’intervento.

The functions of exercise in water with therapeutic or maintenance aim incase of disability, permanent or temporary, stay in different intervention goals:recovery of the locomotive system functionality, recovery of relationship andsocial life, recovery of hygienic function of personal care and self-sufficiency,prevention of pathology because of overload or degenerative ones, delay ofsyndrome onset because of ipochinesis.

Movement in water causes facilitate conditions for motor recovery, forexample the structuring of new coordinative binds, the modification of physio-logical reactions of balance because of slowing down of movement and fallspeed, the facilitation of balance and postural reaction, the possibility of mo-dulate movement in speed and resistance, modulating the load consequently,the decrease of visual control with regard to movement control, the decreaseof spasticity and modulation of muscular tone and in general a gradual mu-scular development. The principles that regulate rehabilitative and reeducativeintervention, in case of disablement, in Author’s opinion, are complementaryand global action, adaptation, specificity, prevention, movement symmetry,personalization of intervention, interdisciplinary action of intervention.

RIASSUNTO

SUMMARY

– Relazione tenuta al Congresso Regionale SIGM Emilia Romagna - S. Felice sul Panaro (MO) 8/2/2009

1 “International Classification of Impairments, Disabilities andHandicaps” (ICIDH), sviluppato sotto gli auspici dell’OrganizzazioneMondiale per la Sanità, 1980. «...qualsiasi limitazione o perdita (con-seguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nelmodo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano».

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psicologica, fisiologica o anatomica»2. In ragione ditale definizione, anche l’intervento di attività motoriaadattata in acqua richiederà un approccio globale al-la specifica forma di disabilità, affrontata sia sotto l’a-spetto fisiologico e anatomico che sotto quello psico-logico e relazionale.

I dati che l’ISTAT restituisce sulla popolazione condisabilità nel 2005, rendono in valori assoluti un qua-dro della Regione Emilia-Romagna che impone ap-procci integrati e una buona quantità di proposte, nonsolo in ambito socio-assistenziale, sanitario e riabili-tativo, ma anche in campo aggregativo, motorio esportivo3.

L’attività in acqua volta ai soggetti disabili può dun-que assumere diversi indirizzi:

• Riabilitazione e Rieducazione in acqua;

• Psicomotricità in acqua;

• Attività motoria adattata;

• Didattica del nuoto;• Attività agonistica di nuoto e delle discipline da es-

so derivate.

Se invece intendiamo classificare l’attività adattatain acqua in base alla specializzazione medica cui fa ri-ferimento, riconosciamo le seguenti aree di intervento:

• Traumatologia;

• Neurologia;

• Ortopedia;

• Geriatria.

In questi casi, avendo come obiettivo generale ilrecupero delle funzionalità dell’apparato locomotore,gli obiettivi specifici dell’attività adattata in acqua ri-sultano essere:• Recupero della funzionalità dell’apparato locomoto-

re in toto;

• Recupero alle funzioni della vita di relazione e allasocialità;

• Recupero delle funzioni igieniche di cura della per-sona e di autosufficienza;

• Prevenzione delle patologie da sovraccarico o de-generative;

• Ritardo dell’insorgere della sindrome da ipocinesi.

Il movimento in acqua nei soggetti portatori di di-sabilità specifiche, oltre a rispondere alle regole det-tate dai principi fisici dell’elemento fluido, provoca al-cune condizioni:

• Nuovi vincoli coordinativi (la spinta idrostatica co-stringe l’individuo a riprogrammare gli schemi mo-torii);

• Modificazione delle fisiologiche reazioni di equilibrioper il rallentamento della velocità di movimento ecaduta (la viscosità dell’acqua produce un effettofrenante nei movimenti di traslocazione e deambu-lazione);

• Facilitazioni delle reazioni di equilibrio e posturali;• Possibilità di modulare i gesti motori in velocità e

resistenza, modulando di conseguenza il carico sul-le articolazioni fulcro del movimento distrettuale;

• Riduzione del controllo visivo sulla regolazione deimovimenti (la rifrazione dell’acqua costringe l’indivi-duo ad attivare gli analizzatori cinestesici, coadiu-vati in misura minore dall’analizzatore visivo);

• Riduzione della spasticità e modulazione del tonomuscolare, dimostrata da più autori già dalla tem-peratura di 32 °C;

• Potenziamento muscolare graduale, modulandovelocità di movimento e superficie di resistenza;

• Incoraggiamento all’attività motoria, per tutti i fattorifacilitanti e rassicuranti, nonché per le sensazioni dipiacere provocate dalla spinta di galleggiamento edalla temperatura dell’acqua nei soggetti corretta-mente ambientati.

Come identificato da Broglio e Colucci, e da altriautori, l’attività motoria adattata in acqua rispetta al-cuni principi base che ne definiscono le peculiarità:

– ComplementarietàLa riabilitazione in acqua va considerata parte di

un programma riabilitativo ed è quindi complementa-re a tutte le altre metodiche indicate dallo specialista.

Ciò significa che solitamente un paziente non vie-ne trattato esclusivamente in acqua per raggiungerela guarigione o comunque una condizione di migliora-mento del suo stato patologico; diciamo che l’obietti-vo primario è quello di fornire una discreta autonomiaal paziente stesso prima di esporsi al carico gravita-zionale.

– GlobalitàL’esercizio in acqua garantisce al paziente un’e-

sperienza di tipo globale che coinvolge la sfera intel-lettiva, psicologica, sensoriale e motoria. Ciò è dovu-to al fatto che in acqua egli scopre una modalità sen-soriale e una motricità diverse da quelle a cui è abi-tuato sulla terra. La sensazione è quella di essere av-volti, si percepisce il proprio corpo in modo diverso,ascoltandolo e rilassandosi si può vivere un’esperien-za veramente piacevole e benefica.

– AdattamentoL’intervento riabilitativo in acqua ricerca attraverso

un percorso di adattamento alla situazione di immer-

Giovanni Battista Odone

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2 “International Classification of Impairments, Disabilities andHandicaps” (ICIDH), sviluppato sotto gli auspici dell’Organizzazio-ne Mondiale per la Sanità, 1980. «...qualsiasi limitazione o perdita(conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’atti-vità nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essereumano».

3 “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari” (ISTAT 2004-05), Sistema Informativo del Ministero dell’Istruzione, dell’Univer-sità e della Ricerca (MIUR 2005-06), Database del Ministero dell’I-struzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR-CINECA 2005).

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sione i presupposti per migliorare le condizioni neuro-motorie necessarie all’autonomia del paziente nellaquotidianità. Non è necessario saper nuotare, e non ècerto ciò che ci si prefigge come obiettivo della riabi-litazione in acqua. Nei protocolli riabilitativi in acqua siutilizzano svariate posture, cercando di mantenere aproprio agio il paziente anche durante gli esercizi piùimpegnativi.

– SpecificitàIn acqua le reazioni di un corpo sono decisamen-

te diverse che in palestra o nel lettino del terapista. Siproporranno quindi esercizi che tengano conto dellecaratteristiche fisiche della materia liquida, interes-santi da sfruttare per gli obiettivi da raggiungere.

– TempestivitàL’utilizzo dell’acqua a scopo terapeutico permette

al paziente di anticipare l’inizio della riabilitazione po-st-operatoria o post-traumatica. Si riducono così itempi totali di recupero.

– PrevenzioneGrazie allo scarico articolare determinato dalla di-

minuzione degli effetti della gravità, si riducono sensi-bilmente gli inconvenienti tipici della fase iniziale del-la terapia a terra (microtraumi, infiammazioni, versa-menti articolari, dolori spesso cause di ritardi del re-cupero funzionale). Inoltre il recupero dell’articolaritàviene nettamente accelerato per effetto del rilassa-mento muscolare diffuso e l’assenza o la netta dimi-nuzione del dolore intraarticolare, evitando così l’in-sorgenza del meccanismo di “blocco articolare” di au-todifesa tipico in presenza di carico gravitazionale.

– Simmetria del movimentoL’acqua permette di poter lavorare in sicurezza

sulle strutture lesionate e contemporaneamente man-tenere attive anche quelle sane, migliorando così laconsapevolezza del proprio corpo, mantenendo l’e-quilibrio muscolare e posturale.

Al prezioso contributo tassonomico degli Autori cisentiamo di aggiungere due principi che rendono l’in-tervento di attività motoria adattata in acqua non solodifferente dagli altri come approccio, ma anche di ungrado superiore di difficoltà nella sua applicazione.

– Personalizzazione dell’interventoL’intervento sull’individuo con disabilità necessita,

sia esso di attività motoria adattata, sia esso a scoporiabilitativo, di un progetto personalizzato, che valuti,analizzi e consideri in ogni sua fase le caratteristicheindividuali del soggetto, in termini di eziologia della di-sabilità, di anamnesi, di condizione socio-relazionale,di capacità psichiche e cognitive. In sintesi, propriocome in fase riabilitativa, anche nella fase rieducativae di mantenimento dei prerequisiti funzionali residui oacquisiti, l’operatore dovrà personalizzare l’intervento

nei confronti dell’individuo, monitorando costante-mente l’efficacia del programma ipotizzato, per strut-turare eventuali percorsi di correzione o recupero.

– Interdisciplinarietà dell’interventoProprio in ragione della personalizzazione dell’in-

tervento, esso deve poggiare le sue basi su una va-lutazione diagnostica e tecnica rispettosa delle pro-fessionalità: l’attività adattata dunque non può pre-scindere dall’intervento, in fase iniziale e nelle suc-cessive fasi di controllo e verifica, dello specialista inMedicina. I soggetti con disabilità, per la particolaritàdella loro condizione psico-fisica, richiedono spessointerventi di tipo riabilitativo per fasi più o meno pro-lungate di accentuazione della condizione patologica.In questi casi si richiede necessariamente l’interventodi specialisti nella riabilitazione.

Il quadro così descritto delinea dunque l’ipotesi,ad oggi l’esigenza, di uno staff costituito da figure pro-fessionali che si integrano in stretta collaborazione ecomunicazione tra loro.

Sulla scorta dei criteri appena descritti, in partico-lare per l’interdisciplinarietà e la personalizzazionedell’intervento, le organizzazioni che si occupano diattività in acqua con soggetti disabili, qualunque tipo-logia di intervento propongano, dovranno attenersi aprocedure di intervento programmate e standardizza-te; riportiamo di seguito la nostra proposta di pro-grammazione dell’intervento:

1. Definire le capacità motorie dell’individuo attraver-so un colloquio individuale, l’utilizzo di schede de-scrittive e l’osservazione diretta. Le diagnosi dellospecialista e le indicazioni di trattamento costitui-scono la base da cui trarre le informazioni neces-sarie per il piano di trattamento.

2. Determinare i conseguenti bisogni individuali perl’area psico-pedagogica e relazionale, funzionale eorganica.

3. Definire gli obiettivi tecnici all’interno degli obiettivigenerali (programmatici) da sviluppare in formagraduale tramite il raggiungimento successivo disottoobiettivi propedeutici.

4. Definire le attività (sequenze di esercitazioni).

5. Proporre le attività e i relativi adattamenti, sulla ba-se delle risposte motorie e comportamentali dell’in-dividuo.

6. Strutturare le verifiche periodiche, monitorandolesu documentazione cartacea che attesti il pro-gramma di lavoro svolto.

7. Analizzare i risultati della verifica in un confrontoaperto con lo specialista di riferimento.

8. Ridefinire il progetto sulla base delle valutazioni in-termedie.

Operare secondo questo tipo di programmazioneporta alla conoscenza dettagliata non solo del quadro

Disabilità e acqua

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di disabilità, ma anche dell’individuo, mettendo dun-que concretamente la persona al centro del tratta-mento.

In questo modo sarà possibile prefigurare le pos-sibili risposte motorie individuali, sempre diverse e

modificabili. Si consideri ad esempio che gli squilibridi galleggiamento cui è soggetto il solido umano va-riano sostanzialmente in funzione del piano di asim-metria generato dalla menomazione, come sintetizza-to in tabella:

Giovanni Battista Odone

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Piano di asimmetria Asse di rotazione Menomazione

Piano trasverso Asse trasversale Paraplegia

Piano sagittale Asse longitudinale Emiplegia, amputazione di un arto, patologieasimmetriche

Piano con incidenza ≠ 0 Asse diagonale Molte anomalie congenite e alcune paralisi infantili

Tabella I - Piani di asimmetria e assi di rotazione in funzione delle differenti menomazioni

Come già enunciato, l’attività motoria in acqua consoggetti disabili può avere anche la finalità di didatti-ca delle tecniche di nuotata. In tal caso l’operatorepotrà proporre svariate esercitazioni, alla base dellequali sarà necessario portare il soggetto ad uno statodi rilassamento imprescindibile nell’elemento fluidocon esercitazioni di ambientamento (posture, immer-sioni, galleggiamenti, esercizi respiratori), arrivandosolo successivamente a proporre:• Nuotate adattate in posizione supina;• Nuotate adattate in posizione prona con respirazio-

ne frontale o laterale;• Nuotate adattate in posizione prona con ausili re-

spiratori;• Nuotate con avanzamento per propulsione arti infe-

riori;• Nuotate con avanzamento per propulsione arti infe-

riori con l’ausilio di galleggianti.

Conclusioni

L’attività in acqua con soggetti disabili richiededunque, come si evince da quanto esposto, un impe-

gno serio e concreto dell’organizzazione erogatricedel servizio verso l’interdisciplinarietà e la personaliz-zazione dell’intervento, sulla base di procedure stan-dardizzate. La proposta dei programmi di trattamento,poi, necessita della capacità da parte dell’operatore dimodificare il piano di intervento sulla base delle ri-sposte dell’individuo.

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Introduzione

L’instabilità vertebrale è stata studiata da molti au-tori, anche se a questo termine nel tempo è stato attri-buito un significato sempre diverso: il dolore lombare èstato spesso associato ad instabilità (Barr, 1950), il ter-mine instabilità correlato a movimenti non regolari deldisco intervertebrale (1) o causata da un eccessivomovimento fra due o più corpi vertebrali; a problemati-che legate alla degenerazione discale, con o senza er-niazione del nucleo polposo (Harmon, 1962) o comeuna caratteristica di quel segmento che mostra movi-menti anormali in qualità o in quantità (Depuis, 1985).

Altri autori (Pope e Panjabi, 1962) hanno sostenu-

to che l’instabilità è un’entità meccanica e che una co-lonna instabile non possiede uno stato di equilibrio ot-timale; è un significativo decremento delle capacitàche hanno i sistemi che stabilizzano la colonna nelmantenere nei limiti fisiologici la “neutral zone” che sidistingue dalla “elastic zone”.

La stabilità della “neutral zone” è mantenuta prin-cipalmente dai muscoli profondi adiacenti ai centri dirotazione, che sono in grado di controllare le singoleunità vertebrali; quella della “elastic zone” da elemen-ti passivi quali la capsula articolare e i legamenti chesi mettono in tensione. Abbiamo quindi due sottosi-stemi che interagiscono e gestiscono il meccanismodi stabilizzazione: il primo entra in azione alla fine del-

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Giuseppina Bernardelli* - Guido Leali**

QUALE RIABILITAZIONE DOPO INTERVENTO DI STABILIZZAZIONE VERTEBRALE

* Ricercatore - Università degli Studi di Milano Facoltà di Medicina e Chirurgia

Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria - A.O. San Paolo

** Corso di Laurea in Fisioterapia Università degli Studi di Milano

Molti modelli riabilitativi e molti autori si sono occupati del trattamento ria-bilitativo dell’instabilità vertebrale, ma nessuna metodica ha proposto pro-grammi specifici o linee guida da seguire nello specifico patologico sia in casodi trattamento conservativo che dopo un intervento chirurgico di stabilizzazio-ne rigida, elastica o dinamica. Una revisione della letteratura ha permesso ditrovare similitudini e differenze confrontando diversi programmi riabilitativi pro-posti ai pazienti che hanno subito un’intervento di stabilizzazione vertebrale.Indipendentemente dal tipo di intervento, le metodiche proposte ai pazienti peril recupero funzionale sono state le medesime proposte per il trattamento con-servativo. Si differenziano i tempi per la proposta di esercizi e le modalità diapprendimento. Molti studi hanno evidenziato la necessità e la validità di unprogetto di auto-trattamento e di educazione posturale ed ergonomica, cosìcome risulta valida la proposta di un gruppo per confrontare il proprio vissutopatologico.

Parole chiave : Riabilitazione dopo stabilizzazione vertebrale.

A lot of rehabilitative models and many authors have been interested in therehabilitative vertebral treatment but anyone method has proposed specificprograms or guidelines to follow in this specific pathology, both in case of con-servative treatment, or after surgical intervention (rigid fusion, elastic or dyna-mic one). A review of literature allowed to find similitudes and differences com-paring different rehabilitative programs suggested to patients who were ope-rated of vertebral stabilization. Apart from the kind of surgical approach, themethodologies proposed to the patients for the functional rehabilitate havebeen the some suggestion for the conservative treatment. The exercises pro-posed are different in time and in learning ways between methodologies. A lotof studies have underlined the need and the validity of self-managementproject, postural and ergonomic education; as it result valid the propose of agroup to compare the clinical picture.

Key words : Lumbar instability and stabilization, lumbar surgical stabiliza-tion, lumbar rehabilitation and exercise, lumbar surgical rehabilitation.

RIASSUNTO

SUMMARY

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l’arco di movimento, mentre il secondo già nella zonaneutra, dove l’altro non è in grado di agire.

Dalla letteratura appare quindi chiaro il concettoche i movimenti abnormi della colonna sono spessoassociati a dolore in sede lombare, ma non ne sonol’unica causa scatenante.

Gli autori hanno inoltre distinto chiaramente i ter-mini instabilità e ipermobilità: per ipermobilità si inten-de un range di movimento più ampio ma sempre fi-siologico e spesso asintomatico e non necessaria-mente correlato ad instabilità; per instabilità una di-sfunzione che causa dolore anche durante il normalerange di movimento. Non esiste quindi una correla-zione tra instabilità e ipermobilità, anche se possonoessere contemporaneamente presenti. Anche un pro-blema di attivazione dei pattern motori muscolari puòessere causa di instabilità (2).

Eventi traumatici o degenerativi possono creare ipresupposti che sono alla base dell’instabilità dellacolonna sottoposta ad una serie di stress in ogni si-tuazione, sia statica che dinamica. Tali eventi posso-no essere rilevanti anche in termini di costi economi-ci per la società: ci si riferisce in particolare alle gior-nate di assenza dal lavoro per malattia come il mal dischiena e i costi di lunghi periodi di trattamento fisio-terapico.

Esperimenti di laboratorio, simulando traumi incompressione della colonna lombare, hanno preso inconsiderazione lo spostamento della “neutral zone” ela variazione del “range of motion” sia dopo un impat-to singolo, che a seguito di impatti consecutivi. I datirilevati sono stati confrontati con quelli prima dell’e-sperimento ed evidenziate le differenze: in entrambi icasi si ha un aumento dei valori dopo il trauma ri-spetto a quelli precedentemente misurati (3).

Sono stati descritti numerosi test e procedure dia-gnostiche per diagnosticare l’instabilità vertebrale, mala loro validità rimane controversa a causa dell’as-senza di precisi standard di validità e non esiste inol-tre un consenso univoco su quali siano i test più affi-dabili per quantificare il grado di instabilità (4).

L’intervento fisioterapico non è in grado di agiresul sistema che stabilizza passivamente la colonna,ma si pone l’obiettivo di migliorare il sistema di stabi-lizzazione attivo e il controllo neuromotorio.

Cenni sul trattamento chirurgico

In relazione al problema clinico causa dell’instabi-lità, possono essere effettuati diversi tipi di interventichirurgici; l’indicazione dipende dalle cause e dal gra-do di instabilità.

Le patologie per cui è indicata la fusione sono sta-bilizzazione, riallineamento e decompressione deglielementi neurali. Anche per la scoliosi e la spondiloli-stesi degenerative può essere indicato questo tipo ditrattamento chirurgico.

La stabilizzazione rigida consiste nella fissazionedelle vertebre interessate dall’instabilità ad altre ver-tebre stabili posizionate sia superiormente che infe-riormente. È stato il primo metodo utilizzato ed haavuto da subito un enorme successo. Questa metodi-ca, secondo recenti studi, presenta alcune problema-tiche come la distribuzione del carico sui dischi inter-vertebrali: studi clinici a distanza hanno infatti dimo-strato la presenza di un fenomeno degenerativo al disopra e al di sotto delle aree giunzionali.

Le più recenti ricerche per superare questo pro-blema hanno messo a punto strumenti elastici cherealizzano la no-fusion.

Il DIAM (Device for Intervertebral Assisted Motion)è uno spaziatore in silicone che può essere inseritocon risparmio del legamento interspinoso in modo dafunzionare da “tension-band”; mantiene la rigidità delcompartimento posteriore dell’unità funzionale e trovaindicazione quando si voglia mantenere la dimensio-ne del canale radicolare. È indicato per un numeronotevole di problemi (5), con un’alta percentuale deisuccessi (6).

Il Wallis è un supporto meccanico di fissazionenon rigido costituito di peek (polyetheretherketone),caratterizzato da un modulo elastico vicino a quellodell’osso. Viene impiantato con il sacrificio del lega-mento sovra e interspinoso. Poiché le cellule che so-no presenti all’interno del disco producono matriceextracellulare, ha indicazione solo se ci sono deter-minate condizioni di pressione al di fuori delle qualiinizia l’apoptosi.

Il Dynesys è formato da viti coniche transpedun-colari, da uno spaziatore in sulene e da una corda ditensionamento in polietilene. Permette di intervenireprecocemente sulla cascata degenerativa restituendola fisiologica rigidità e stabilità all’unità funzionale spi-nale, preservando al tempo stesso la naturale mobi-lità del segmento spinale. È indicato solo per alcunigradi di instabilità. Alcuni studi (7) hanno messo inevidenza un miglioramento del dolore alla colonna eagli arti inferiori nel 70% dei casi, nel 13% un peggio-ramento dei dolori agli arti e nel 3% un peggioramen-to di quelli alla colonna.

Il Colorado spinal system è un sistema di stabi-lizzazione usato nelle spondilolisi messo a punto dauna équipe di Lione (Roussouly, Chopin e Berck).Dopo un’analisi computerizzata del rachide del pa-ziente viene sagomata la barra che successivamenteverrà posizionata sul rachide. Questa verrà poi fissa-ta ai metameri interessati tramite viti peduncolari eclip. La differenza in questo tipo di tecnica rispetto adaltre è che, dopo il posizionamento della barra sullacolonna, un sistema di ganci e viti, appositamenteideato, permette di richiamare la colonna vicino allabarra e di ridurre l’anteposizione senza rotazioni esforzi, ma in modo assolutamente progressivo. Latecnica prevede anche l’innesto di trapianti ossei.Questo tipo di fissazione permette di mantenere la

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mobilità del segmento fissato, anche se riduce i mo-vimenti lungo tutti gli assi (8).

La protesi discale lombare totale Prodisc-L (9) èindicata per l’artroplastica spinale in pazienti conscheletro maturo affetti da discopatia degenerativa(DDD) ad uno dei livelli compresi tra L3-S1. Gli studi(10) che ne hanno valutato l’efficacia hanno dimostra-to che in nessun caso vi sono state complicazioni ri-levanti sul piano clinico, nel 97,7% dei casi il ROM delsegmento interessato era sovrapponibile a quello del-lo stesso soggetto sano.

Quale riabilitazione dopo l’intervento chirurgico di stabilizzazione vertebrale?

I modelli riabilitativi che mirano al rinforzo e al re-clutamento di pattern motori per migliorare la stabilitàvertebrale, si basano su differenti teorie e propongo-no esercizi come lo stretching, differenti tipi di contra-zione e posture. Tutte queste metodiche, però, fannoriferimento a diversi studi di biomeccanica che hannoesaminato il lavoro eseguito dalla muscolatura toraci-ca o toraco-lombare durante gli esercizi di stabilizza-zione vertebrale.

Da alcuni studi (11-12) emerge l’importanza diesercizi mirati ai muscoli multifido e trasverso dell’ad-dome per migliorare la stabilità della colonna: il mu-scolo multifido nei soggetti con back pain ha una se-zione diminuita e viene attivato in ritardo durante imovimenti; studi elettromiografici hanno evidenziatoche il muscolo trasverso dell’addome è il primo mu-scolo che si attiva quando viene compressa la colon-na ed è l’unico muscolo che mantiene un’attività co-stante durante tutti i movimenti. Secondo queste teo-rie, il trattamento fisioterapico deve esaltare la reatti-vità e il reclutamento di questi muscoli, oltre cherinforzarli; il tutto con esercizi di difficoltà gradual-mente crescente.

Un altro aspetto fondamentale è quello relativo al-l’igiene posturale, come sottolineato da numerosescuole di pensiero come la back school e la teoriaproposta da McKenzie.

Dopo un intervento chirurgico di stabilizzazionedel rachide, lo scopo del trattamento fisioterapico èquello di ridurre al minimo la disabilità, riportare il piùprecocemente possibile il paziente alla vita di tutti igiorni, anche mediante un programma di educazioneposturale ed ergonomica e di prevenzione pianificatoin relazione all’entità del problema e all’intervento chi-rurgico eseguito.

Dall’analisi della letteratura appare subito eviden-te una certa confusione riguardo alle tecniche e allemetodiche di trattamento. Infatti tra i vari autori nonviene proposto come preponderante un modello riabi-litativo o una precisa metodica.

Ostelo et al., nel 2003, hanno pubblicato un lavo-ro in cui concludono che, pur essendoci un’evidenza

clinica che dimostra l’efficacia del trattamento riabili-tativo dopo un intervento di stabilizzazione vertebralelombare, non è altrettanto chiaro quali siano le carat-teristiche del protocollo. Non esiste infatti una meto-dica riabilitativa che si sia dimostrata migliore e più ef-ficace delle altre; gli autori mostrano diversi modi diprocedere: sebbene qualcuno all’inizio risulti più effi-cace di altri, le valutazioni nel lungo periodo tendonoad allineare i risultati ottenuti. I modelli riabilitativi piùcomunemente proposti sono la back school e il con-cetto Maitland. Nella back school l’esercizio terapeu-tico riveste solo parte del trattamento, e sebbene que-sta scuola non preveda un programma specifico per ipazienti operati di stabilizzazione vertebrale, molti fi-sioterapisti propongono tale metodica anche in que-sto specifico patologico con risultati incoraggianti.

Secondo il concetto Maitland, il dolore è il puntocentrale del trattamento: la partecipazione attiva delpaziente riguarda infatti la descrizione di come si mo-difica il dolore durante il trattamento, indirizzando co-sì il fisioterapista ad eseguire le manovre più corrette.Una volta completata la valutazione del quadro clini-co-funzionale, vengono proposti esercizi mirati ai mu-scoli stabilizzatori della colonna.

In linea generale possiamo affermare che il riabili-tatore deve avere un quadro completo della storia cli-nica del paziente, al fine di proporre un programmariabilitativo mirato alle esigenze del singolo.

Dopo l’applicazione dello stabilizzatore dinamicoDynesys, il paziente è in grado di alzarsi sin dai primigiorni. Sarà comunque necessaria una fascia di con-tenimento lombare o un corsetto nel primo periodopost-operatorio. L’intervento riabilitativo è program-mato in tre periodi, ognuno con obiettivi diversi, mag-giori e graduali sollecitazioni a carico della colonna(13). Nel primo periodo, che può durare circa quindi-ci giorni, il paziente viene istruito su come eseguirecorrettamente tutti i movimenti, si lavora principal-mente sulla percezione e propriocezione della colon-na, in modo da preparare tutti i meccanismi di stabi-lizzazione lombare ai futuri esercizi e al graduale ab-bandono della fascia di contenzione. Gli esercizi piùutili in questa fase per riattivare la muscolatura addo-minale sono quelli respiratori. Gli obiettivi vengonoraggiunti nel momento in cui il paziente è in grado dieseguire in buona parte i movimenti fisiologici in mo-do corretto, senza un eccessivo dolore e senza pau-ra. Nei primi giorni può essere utile camminare conun ausilio: è necessario spiegare al paziente comemuoversi e fare le scale correttamente senza causa-re problemi alla colonna. I primi esercizi vengono ese-guiti preferibilmente a letto, in modo che il pazienteriesca a concentrarsi meglio sull’esercizio e sull’obiet-tivo terapeutico.

Per riallenare la muscolatura spinale le prime ri-chieste sono quelle di mantenere una determinataposizione; successivamente si propongono esercizidi auto-estensione della muscolatura posteriore che

Quale riabilitazione dopo intervento di stabilizzazione vertebrale

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dovrebbero essere eseguiti prima seduti su una se-dia, poi su appoggi più instabili (es. pallone Bobath),in modo da rieducare contemporaneamente la com-ponente propriocettiva del movimento. Possono es-sere eseguiti sia con che senza fasce di contenzionelombare. Gli esercizi raffigurati in figura 1 vengonosvolti alla fine del primo periodo, dopo che il pazienteha dimostrato di essere in grado di attivare in modocorretto sia la muscolatura lombare che tutti i mecca-nismi che controllano l’equilibrio. Viene richiesto alpaziente di mantenere una determinata posizione pri-ma su una sedia, successivamente su un pallone tipoBobath. Questi esercizi richiedono da parte del pa-ziente un controllo, oltre che della muscolatura dellacolonna, anche di tutte le componenti che regolanol’equilibrio. Nella figura 1a la paziente sta eseguendoun esercizio di mantenimento della posizione, mentrenella figura 1b la paziente sta eseguendo un eserci-zio di autoestensione della colonna.

Fig. 1

Quando il paziente ha raggiunto gli obiettivi prefis-sati per il primo periodo si passa ad eseguire movi-menti più complessi in piscina con sedute di un’ora algiorno per due settimane. Gli esercizi eseguiti nel se-condo periodo sono più complessi: non viene più ri-chiesto al paziente di mantenere una posizione, mavengono eseguiti movimenti attivi su tutti i piani di mo-vimento. Si eseguono esercizi di bilanciamento e diantero-retro versione del bacino, esercizi con arti su-periori e inferiori. L’esercizio in figura 2 consiste nelmuovere il bacino mantenendo sotto le cosce una ta-voletta; la difficoltà sta nel fatto che, se il movimentonon è fatto in modo più che controllato, la tavolettatende a spostarsi dalla sua posizione per tornare agalla. È un esercizio che richiede molta coordinazio-ne e un controllo fine del movimento. La paziente de-ve infatti tenere il tronco fermo e contemporanea-mente portare le gambe sott’acqua, tenendo il peso digomma, che altrimenti tenderebbe a galleggiare, tra ipiedi.

Fig. 2

La terza parte del programma riabilitativo inizia al-l’incirca dopo un mese dall’intervento. L’obiettivo èquello di riportare il paziente alla quotidianità: egli, al-la fine del trattamento, dovrà essere in grado di ese-guire tutti i movimenti, anche quelli più complessi nelmodo corretto, e sapere quali movimenti non deve fa-re per non sovraccaricare la colonna. Compito del fi-sioterapista è inoltre quello di educare il paziente acontinuare a svolgere una corretta attività per mante-nere in movimento la colonna anche con la ginnasti-ca o il Tai-Chi.

Gli esercizi che di seguito vengono proposti sonoesercizi di stretching, di rinforzo e di equilibrio che im-pegnano molto la colonna e devono essere eseguitiquando il paziente ha imparato ad eseguire corretta-mente tutti gli altri. Nella figura 3 sono rappresentatidue esercizi per il rinforzo della muscolatura addomi-nale: nella 3a viene chiesto al paziente di tenere gliarti inferiori piegati e di sollevare le spalle dal lettino;nella 3b di sollevare gli arti inferiori dal lettino, senzasollevare la parte lombare e tenendo il tronco ben ap-poggiato.

Fig. 3

L’esercizio in figura 4 è contemporaneamente unesercizio di stretching e un esercizio di rinforzo mu-scolare. Nelle immagini sono rappresentate da sini-stra a destra la posizione di partenza e quella di arri-vo. Quando chiediamo al paziente di spostare le gi-nocchia proponiamo un esercizio attivo; la paziente

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1a 1b

3a 3b

2a 2b

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inoltre deve tenere ferma la palla; nel momento in cuila paziente tiene le ginocchia ferme, con una di esseappoggiata al pavimento, sta facendo un esercizio distretching.

Fig. 4

L’esercizio in figura 5 è un movimento di flessionelaterale della colonna. Vengono rappresentate la par-tenza e l’arrivo. È un esercizio attivo, lavora su tuttala muscolatura della colonna e su quella del tronco.Serve inoltre per imparare a sentire i movimenti delrachide, cercando di capire se lo si esegue ugual-mente su entrambi i lati e per recuperare la mobilitàdella colonna vertebrale.

Fig. 5

Il programma di trattamento dopo intervento chi-rurgico per spondilolistesi con sistema Colorado iniziadal primo giorno post-operatorio e si conclude circadopo tre mesi. È suddiviso in tre fasi, con l’intento dirieducare il paziente e di riportarlo alla vita di tutti igiorni il più precocemente possibile. La prima fase èquella post-operatoria, compresa dal 1° al 5° giorno:il paziente è mantenuto a letto, possibilmente supinocon un cuscino sotto le ginocchia per diminuire il ca-rico sulla colonna con corsetto tipo C35. Deve essere

evitata la posizione prona. Nella seconda fase il pa-ziente viene invitato ad alzarsi e rieducato a deambu-lare per brevi tratti. I primi esercizi sono di chinesite-rapia respiratoria e permettono di attivare in modo di-verso, a seconda del tipo di esercizio, la muscolaturaaddominale e toracica. Vengono successivamentefatti eseguire esercizi in contrazione isometrica dellamuscolatura degli arti superiori e inferiori, per mante-nere il più possibile attivi tutti i gruppi muscolari, sen-za sollecitare la zona trattata chirurgicamente. I cari-chi di lavoro sono crescenti, anche attraverso un ri-condizionamento aerobico, in modo tale da ripristina-re più velocemente un recupero della stifness. Con ilmiglioramento del quadro clinico si propongono movi-menti più completi con gli arti, ed esercizi di deambu-lazione per rendere il paziente il più possibile autono-mo. Alla fine di questa fase il C35 viene sostituito conun bustino semirigido antilordosi confezionato su mi-sura. Nella terza fase, detta di intensificazione poichégli esercizi che vengono inseriti nel trattamento sonoquelli allenanti la muscolatura tonica antigravitaria, silavora sulla correzione e l’allineamento posturale di-namico, per lo sviluppo di reazioni di equilibrio edeseguendo esercizi di stretching per la muscolaturadegli arti inferiori e del tronco. Tutti questi esercizivengono eseguiti con il corsetto semirigido, quasi tut-ti in ortostatismo, come ad esempio esercizi di fles-sione, estensione, inclinazione laterale e rotazionedel rachide. Soprattutto negli esercizi di flessione la-terale e rotazione è importante portare l’attenzionedel paziente sulla simmetricità dell’esercizio, anchemediante biofeed back visivo.

Vengono inoltre proposti esercizi di spostamentodi carico, di equilibrio, in modo da stimolare la colon-na nelle situazioni più diverse. Al termine di questa fa-se il paziente dovrà eseguire tutti questi esercizi a ca-sa in autonomia, almeno una volta al giorno. Il proto-collo proposto è stato studiato da Selletti et al. (14).Hanno fatto parte dello studio soggetti operati perspondilolistesi. I pazienti sono stati selezionati tenen-do conto dei seguenti criteri: dolore incompatibile conil trattamento conservativo; segni clinici di sofferenzaradicolare; corrispondenza tra obiettività clinica edesami strumentali. Prima dell’intervento, i soggetti so-no stati valutati con la Oswestry Low Back DisabilityScale (OBPDS) e la VAS.

I punteggi medi a 3 mesi si sono così modificati:VAS: prima 60/100; dopo 10/100; scala OBPDS: pri-ma 54/100, dopo 16/100.

L’esame elettromiografico ha dimostrato inoltre unnetto miglioramento della sofferenza radicolare in tut-ti i soggetti. Solo in un caso, un soggetto ha manife-stato una intolleranza ai mezzi di fissaggio; in tutti glialtri non ci sono state complicanze. Tutti i soggetti so-no ritornati alle normali attività dopo tre mesi dall’in-tervento.

Altri studi sono stati condotti per verificare la vali-dità di altre metodiche e procedure cliniche.

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Finn B. Christensen et al. nel 2003 hanno pubbli-cato i risultati di uno studio nel quale hanno messo aconfronto tre metodiche riabilitative. Lo studio com-prendeva 90 pazienti (60 femmine e 30 maschi conuna età compresa tra 24 e 60 anni, con diagnosi dispondilolistesi e con sintomatologia clinica da almeno2 anni). Il 63% aveva subito un intervento di fusioneposterolaterale, altri di fusione tangenziale. Di questi,21 soggetti avevano subito un intervento precedentedi decompressione del canale midollare per scivola-mento di una vertebra. I soggetti sono stati suddivisiin 3 gruppi randomizzati: Video group, Café group eTraining group. Ai pazienti appartenenti al Videogroup è stato consegnato un video in cui erano illu-strati esercizi da eseguire al domicilio. È stato chiestoloro di impararli dopo che avevano assistito ad una di-mostrazione pratica da parte di un fisioterapista. Laproposta terapeutica prevedeva esercizi di stretchinge rinforzo della muscolatura della colonna, dell’addo-me e degli arti inferiori. Lo scopo era l’autonomia delpaziente, in modo tale che imparasse nel tempo a ge-stire correttamente gli esercizi. Il paziente per i tremesi successivi all’intervento non doveva fare sportcon contatto fisico, né jogging e training con macchi-ne. Dopo questa sessione di apprendimento il pa-ziente doveva gestirsi autonomamente il trattamentoa casa.

I pazienti appartenenti al Café group, oltre ad es-sere stati sottoposti ad un training simile a quello pro-posto al gruppo precedente, facevano parte di ungruppo di incontro organizzato tra persone che ave-vano subito lo stesso intervento chirurgico, con loscopo di confrontare le diverse esperienze in presen-za di un fisioterapista. La cadenza di questi incontriera di 3 volte la settimana per 8 settimane, e la dura-ta della seduta era di circa 90 minuti.

I pazienti del Training group sono stati seguiti per8 settimane da un fisioterapista, con sedute 2 volte lasettimana della durata di 90 minuti e con un precisoprogramma terapeutico: il warm-up, che comprende-va una parte di esercizi di riscaldamento della duratadi 15 minuti con lo scopo di prevenire danni all’appa-rato locomotore (esercizi ritmici per le grandi articola-zioni e le maggiori masse muscolari, esercizi per ilcammino con coordinazione degli arti superiori e infe-riori), il condition training, durante il quale si esegui-vano esercizi di rinforzo, e il dynamic muscolar endu-rance training, con esercizi focalizzati maggiormentesulla muscolatura della colonna, della parete addomi-nale e degli arti inferiori. Sono state proposte 7-10 ri-petizioni seguite da brevi pause. Le serie di esercizisono state variate in relazione alle capacità del pa-ziente. La difficoltà e l’intensità delle sedute sono sta-te modulate di volta in volta per renderle sempreadatte al paziente. Alla fine di ogni seduta sono statiproposti esercizi di stretching per prevenire o mini-mizzare il dolore e mantenere l’elasticità muscolare. Isoggetti dei 3 gruppi sono stati valutati con la “low

back pain rating scale” e indagati con il questionarioper valutare l’influenza che il dolore aveva sulla vita ditutti i giorni (es. bagnare le piante, sedersi a tavola,allacciarsi le scarpe, guidare, camminare, fare la spe-sa, influenza sulla vita sociale etc.). Entrambi i que-stionari sono stati somministrati in 4 tempi: T1 (primadell’intervento); T2-T3-T4 (dopo 6-12-24 mesi). Dallostudio, sono emersi i seguenti risultati: a 6 mesi dal-l’intervento tutti i pazienti dichiaravano una riduzionedel dolore alla colonna e agli arti inferiori, senza diffe-renze statisticamente rilevanti tra i tre gruppi; a 2 an-ni i soggetti del Video group e del Café group lamen-tavano un minor dolore agli arti inferiori rispetto aisoggetti del Training group. Nessuna differenza stati-sticamente rilevante, invece, per quanto riguarda ildolore alla colonna. I soggetti del Café group hannolamentato un dolore leggermente inferiore rispetto aquello riferito dagli altri gruppi. A 3 mesi dall’interven-to non sono apparse differenze significative nelle atti-vità quotidiane, se non nel caso della voce “capacitàdi fare le scale”, in cui il Training group ha dato i ri-sultati migliori.

Alla valutazione a 2 anni i risultati migliori si sonoottenuti nei soggetti appartenuti al Café group. L’ana-lisi dei dati ha dimostrato infatti che i soggetti che ave-vano fatto parte di questo gruppo erano in grado dicompiere meglio attività come portare una borsa dicinque chili, sollevarsi da una sedia, camminare eguidare abilmente. A 3 mesi dall’intervento il 74% deisoggetti del Video group, il 93% dei soggetti del Cafégroup e l’89% dei soggetti del Training group integra-vano le sedute prescritte con ulteriori esercizi a casa.A 2 anni dall’intervento il 74% dei soggetti dichiaravadi eseguire regolarmente ogni settimana gli esercizi acasa. Di questi il 36% apparteneva al Video group, il25% dei soggetti degli altri due gruppi dichiarava dieseguire gli esercizi almeno due volte a settimana. Gliautori (15) hanno stimato anche i costi di ognuno deisoggetti nel corso dei 2 anni dopo l’intervento. Sonostate prese in considerazione numerose voci diretta-mente correlate con il tipo di intervento.

Dai dati rilevati, i soggetti appartenenti al Videogroup, pur essendo quelli che dal punto di vista riabi-litativo non avrebbero dovuto essere un costo per ilsistema sanitario, sono quelli che hanno fatto mag-gior ricorso a cure mediche di vario tipo nei mesi su-bito seguenti all’intervento. Risulta quindi evidentecome questi soggetti siano stati quelli che hanno avu-to un costo pro capite maggiore rispetto agli altri ap-partenenti ai due gruppi. I risultati ottenuti con questostudio indicano chiaramente che i principi cardine delCafé group sono l’alta efficienza e i bassi costi, e han-no dimostrato come l’esercizio fisico, associato alconfronto tra persone con la stessa problematica,possa risultare determinante per migliorare il quadroclinico anche con un problema di questo tipo.

In un altro studio (RCT, randomized controlledtrial), gli autori hanno messo a confronto tre program-

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mi riabilitativi per soggetti operati di decompressionechirurgica della colonna vertebrale lombare per insta-bilità di uno o più segmenti vertebrali. Lo scopo diquesto studio è stato quello di valutare se la fisiotera-pia aveva un’efficacia determinante sulla qualità deirisultati e sul ritorno alla vita di tutti i giorni (16). I sog-getti oggetto dello studio sono stati 159 (100 uomini e59 donne), così suddivisi: programma di auto-tratta-mento, di fisioterapia con esercizi di stabilizzazione;di fisioterapia con tecniche miste. Non sono stateescluse fasce di età, i gruppi sono stati costituiti omo-genei per età (i soggetti sono stati pre-selezionati: etàinferiore o maggiore a 60 anni). I soggetti apparte-nenti al primo gruppo hanno seguito un programma diautotrattamento per dodici settimane: a questi sog-getti è stato richiesto di mantenersi il più attivi possi-bile durante la giornata, con esercizi e con l’attività fi-sica preferita, da annotare in un diario quotidiano; nonsono stati assegnati precisi esercizi da svolgere. I sog-getti appartenenti al secondo gruppo sono stati sotto-posti a un programma di fisioterapia con esercizi distabilizzazione della colonna: le sedute, della durata di30 minuti, venivano ripetute 2 volte la settimana per 12settimane, sotto la supervisione di un fisioterapista. Ilpaziente è stato guidato durante l’esecuzione di spe-cifici esercizi di contrazione isometrica della muscola-tura della colonna secondo la tecnica descritta da Ri-chardson e Jull. Lo scopo degli esercizi proposti è sta-to quello di migliorare i pattern di attivazione della mu-scolatura profonda del tronco, del trasverso dell’addo-me, dell’obliquo interno e del multifido. Una migliorecoordinazione di tutti questi muscoli è stata ottenutainserendoli in azioni sempre più complesse, che ri-chiedevano l’attivazione globale della muscolatura.Successivamente i movimenti richiesti con questi spe-cifici esercizi sono stati inseriti in azioni compiute nel-la vita di tutti i giorni, soprattutto in tutte le azioni cheprovocavano paura e dolore nel paziente.

I soggetti appartenenti al terzo gruppo hanno se-guito un programma terapeutico basato su tecnichemiste con la supervisione di un fisioterapista: le sedu-te, della durata di 30 minuti, ripetute 2 volte la setti-mana per 12 settimane, erano programmate sce-gliendo di applicare di volta in volta la metodica che ilFisioterapista giudicava più appropriata per il pazien-te, senza nessun tentativo di standardizzazione. Allafine di ogni seduta il fisioterapista annotava su unacartella tutto ciò che l’aveva caratterizzata, come letecniche proposte, se il trattamento era stato attivo opassivo e come il soggetto aveva partecipato alla se-duta. Tutti i soggetti oggetto dello studio dovevanocompilare un diario giornaliero per annotare gli eser-cizi eseguiti e se avevano svolto attività sportiva (bici-cletta, nuoto, camminate) o attività fisiche generiche(giardinaggio o lavori domestici). Prima e dopo l’inter-vento e dopo il periodo di riabilitazione i soggetti so-no stati valutati ed è stata certificata la variazione delROM della colonna lombare e delle anche sul piano

sagittale, il cammino su tapis roulant e la capacità delpaziente di attivare la muscolatura profonda del tron-co (17-18-19). I questionari sono stati somministratiprima dell’intervento e a 2-5-12-24 mesi; quelli com-pilati solo parzialmente sono stati esclusi dalla valu-tazione. I risultati dello studio sono stati che il RMDQ(questionario nel quale al paziente è richiesto di se-gnare le voci che descrivono lo stato del suo dolorelombare nel momento in cui lo compila, scegliendo trale ventiquattro voci proposte quelle che rappresenta-no meglio la sua situazione) ha evidenziato una si-gnificativa riduzione dei punteggi ottenuti in tutti e trei gruppi, senza differenze. La maggior diminuzione èstata riscontrata tra la prima e la seconda valutazio-ne. Dopo la seconda valutazione, le variazioni nonsono state significative. La frequenza e l’intensità deldolore e la necessità di ricorrere a rimedi farmacolo-gici si sono significativamente ridotte dopo l’interven-to, con un decremento che è sovrapponibile (20).

Anche per quanto riguarda le problematiche di ti-po psicologico legate al mal di schiena c’è stata unasignificativa riduzione sovrapponibile per i tre gruppi.Da questo studio emerge che la fisioterapia, se con-frontata con un programma di auto-trattamento, nonoffre migliori benefici in termini di dolore e disabilità.Emerge inoltre che la richiesta di mantenersi attivi(primo gruppo) senza uno specifico trattamento conla supervisione di un fisioterapista, non ha ottenuto ri-sultati funzionali peggiori rispetto al trattamento conspecifiche metodiche.

Discussione

Dall’analisi dei lavori presenti in letteratura emer-ge come e quanto ci sia ancora molta incertezza cir-ca il tipo di riabilitazione o di metodica da proporre do-po un intervento di stabilizzazione vertebrale lomba-re, e il lungo periodo necessario (circa due anni) percondurre uno studio con risultati statisticamente e si-gnificativamente rilevanti non ha facilitato la pubblica-zione di lavori in cui si possano confrontare diversetecniche riabilitative per valutarne l’efficacia.

Dal punto di vista chirurgico negli ultimi anni sonostati condotti numerosi studi; l’utilizzo di nuovi mate-riali e di tecniche chirurgiche ha infatti permesso dicreare impianti sempre più stabili, che permettono alrachide di acquisire una biomeccanica sempre più si-mile a quella fisiologica. Tuttavia, nonostante nonemerga dalla letteratura un trattamento migliore ri-spetto ad altri in questo specifico patologico, è possi-bile riferirsi a comuni concetti e linee guida per piùmetodi di trattamento, indipendentemente dal fattoche il paziente abbia subito un intervento di stabiliz-zazione rigida piuttosto che elastica. Infatti, sia nel ca-so del programma riabilitativo dopo intervento di sta-bilizzazione elastica tramite metodo tipo Dynesys chedopo stabilizzazione rigida con sistema Colorado, i

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protocolli riabilitativi proposti sono stati suddivisi in treperiodi di crescente intensità. A differenza del sistemaDynesys, che prevede sin dal primo giorno post-ope-ratorio una proposta di esercizi, il sistema Coloradoprevede alcuni giorni di immobilità, ai quali farà se-guito il trattamento riabilitativo. Tuttavia i principi gui-da degli esercizi proposti per il ripristino della mobilitàdel segmento operato sono pressoché sovrapponibi-li. I primi esercizi post-operatori sono semplici, nonsottopongono il rachide a stress elevati, con l’obietti-vo di preparare la muscolatura della colonna e ren-derla tonica per affrontare successivi compiti più com-plessi. Entrambi i protocolli propongono esercizi re-spiratori per la loro importanza nel reclutare la mu-scolatura della gabbia toracica, dell’addome e in par-te della colonna, con un ruolo fondamentale nella sta-bilizzazione del rachide durante i movimenti compiutinella vita di tutti i giorni. In entrambi i protocolli ven-gono proposti esercizi propriocettivi e di stabilizzazio-ne che, senza richiedere un movimento attivo ma so-lo una contrazione muscolare, permettono di prepa-rare la muscolatura spinale a esercizi più complessi instazione eretta. La differenza significativa è che i pa-zienti operati con sistema Colorado devono utilizzareun corsetto. Il periodo finale di riabilitazione, che ini-zia dopo circa un mese nel caso della stabilizzazioneelastica e dopo circa 45 giorni nel caso della stabiliz-zazione rigida, ha come obiettivo il ritorno alla quoti-dianità e viene perseguito in entrambi i protocolli me-diante una intensificazione del programma proposto,con esercizi in ortostatismo e di stretching in partico-lare per la muscolatura della catena posteriore. I pa-zienti sono invitati ad eseguire a casa gli esercizi conuna certa regolarità.

Pur trattandosi di tecniche chirurgiche diverse, perdifferenti quadri clinici, i programmi di riabilitazioneper i pazienti operati con stabilizzazione dinamica tra-mite Dynesys e stabilizzazione rigida tramite sistemaColorado hanno molti punti in comune e il risultatofunzionale valutato nel lungo termine è molto soddi-sfacente: nella quasi totalità dei casi i pazienti hannoripreso una vita attiva e i problemi alla schiena nonhanno influenzato le loro attività. I pazienti devono tut-tavia mantenere un’igiene posturale simile a quelliche hanno problemi di mal di schiena.

Altri dati importanti emergono dal confronto deglistudi randomizzati condotti sulle varie metodiche ria-bilitative. Anche in questo caso, dalla letteratura nonsiamo in grado di evidenziare risultati funzionali e cli-nici migliori raggiunti a favore di un tipo di trattamen-to o di metodica proposta. Indipendentemente dal ti-po di intervento, si evidenzia che gli esercizi effettiva-mente proposti dai fisioterapisti di tutti e due gli studinon sono stati molto differenti. Prendendo in conside-razione gli esercizi proposti al “Training group” del pri-mo studio, e analizzando gli esercizi che sono statiproposti agli altri due gruppi del secondo studio “fisio-terapia con esercizi di stabilizzazione” e “fisioterapia

usando tecniche miste”, appaiono numerose similitu-dini per quanto riguarda i trattamenti. Confrontandoulteriormente gli esercizi proposti ai pazienti, possia-mo affermare che anche il dynamic muscolar endu-rance training prevede esercizi di stabilizzazione chenon differiscono in modo sostanziale da quelli propo-sti da altri studi. Tutti questi esercizi, infatti, basano laloro efficacia su studi elettromiografici sulla muscola-tura del tronco, e le ricerche più recenti hanno evi-denziato l’importanza dei muscoli multifido e trasver-so dell’addome come stabilizzatori.

L’unica differenza sussiste con il gruppo non sot-toposto a fisioterapia. Nel primo caso, il Video group,è risultato dal punto di vista dell’outcome a 24 mesi inlinea con gli altri gruppi, ma dal punto di vista dei co-sti quello con un costo pro capite più alto a causa ditutte le visite mediche di vario tipo a cui hanno fatto ri-corso i pazienti, alle medicazioni e in alcuni casi an-che a sedute fisioterapiche a cui si sono sottopostisempre per problemi legati all’intervento. Tutti questifattori hanno fatto si che il Café group risultasse quel-lo che aveva dato risultati maggiori con un dispendioeconomico minore.

Nell’altro studio invece, il self management eraquello che aveva dato risultati migliori: la semplice ri-chiesta di tenersi attivi e alcune proibizioni (es. sportcon contatto fisico) erano bastate per permettere a tut-ti i pazienti appartenenti al gruppo di risultare al con-trollo finale in linea con i risultati ottenuti dai soggettiappartenenti ai gruppi che avevano fatto regolarmen-te fisioterapia. Riguardo a questo studio non ci sonoperò dettagli circa i costi pro capite di ogni paziente,quindi da questo punto di vista non è possibile fareuna valutazione sull’effettiva efficacia. Per quanto ri-guarda il dolore e lo svolgimento delle attività quoti-diane si può notare che i tempi di recupero, pur va-riando a seconda dell’intervento, non mostravano si-gnificative differenze tra i pazienti, a parte i rari casi incui si sono verificate delle complicanze. Da questo da-to si deduce che l’intervento riveste grande influenzasul tempo del recupero funzionale: la stabilizzazioneelastica prevede un più precoce ritorno alle attività ri-spetto alla stabilizzazione rigida; nel lungo termine itempi differiscono solo di qualche settimana. Comeperò emerge dallo studio di Christensen et al., i pa-zienti che hanno fatto parte del Training group sonotornati più velocemente a fare le scale, sebbene suc-cessivamente le loro capacità al controllo a 24 mesisiano risultate pari a quelle degli altri due gruppi. Inol-tre l’incontro tra persone sottoposte ad uno stesso in-tervento con la supervisione di un fisioterapista puòessere determinante per confrontarsi. Ciò permetteanche di ridurre i costi pro capite e il ricorso da partedei pazienti a visite mediche di vario tipo.

I punti a favore dell’una e dell’altra metodica di trat-tamento ci permettono di affermare che la soluzionemigliore sarebbe quella di inserire il back Café nellesedute del Training group, il che dovrebbe permettere

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un più rapido ritorno allo svolgimento delle normali at-tività quotidiane e nello stesso tempo ridurre i costi.

Conclusioni

In conclusione, da quanto emerso in questo nostrostudio, possiamo affermare che, pur non essendociun protocollo riabilitativo standard, o linee guida conindicazioni, strategie ed esercizi per la riabilitazionedei pazienti operati di stabilizzazione vertebrale, dallaletteratura possono essere identificati modelli riabili-tativi che guidano il fisioterapista nella pratica clinicain questo specifico patologico. Il tipo di interventoeseguito è sicuramente efficace sulla componentedolore da instabilità biomeccanica. Dopo un interven-to di stabilizzazione sia elastica che rigida il fisiotera-pista dovrà rispettare i tempi di carico previsti e indi-cati dall’équipe medica che ha effettuato l’interventoper non sovraccaricare le strutture anatomiche e ri-spettare i tempi di guarigione. I primi esercizi propostisaranno semplici, senza stress eccessivi per il rachi-de, spesso proposti da supini o a letto; successiva-mente, dopo la diminuzione del dolore chirurgico econ il consenso dei sanitari, si potranno proporreesercizi gradualmente sempre più complessi, fino aquelli in ortostatismo. Gli esercizi proposti nell’ultimafase sono di stabilizzazione, come quelli che vengo-no insegnati ai pazienti sottoposti a trattamento con-servativo per problemi di instabilità minori.

Tra tutte le scuole che hanno proposto esercizi distabilizzazione vertebrale per il trattamento conserva-tivo dell’instabilità, nessuna prevede specifici proto-colli di riabilitazione per i pazienti successivamenteoperati. Infatti dall’analisi della letteratura, inoltre, ap-pare evidente che le proposte terapeutiche dei fisio-terapisti per i pazienti con instabilità non chirurgica,ma trattata in modo conservativo, comprendano eser-cizi simili a quelli previsti dopo trattamento chirurgico.Tra tutte le metodiche proposte, nessuna si è rivelatamigliore rispetto ad altre; emerge però che proporresedute di fisioterapia guidate rispetto all’autotratta-mento porti migliori benefici nel primo mese post-ope-ratorio, con un precoce recupero delle capacità nelleADL e soprattutto nel fare le scale rispetto al lungotermine. È emerso inoltre che il confronto tipo backCafé tra pazienti che hanno subito lo stesso interven-to sia un elemento importante per il recupero e per lariduzione del costo pro capite di ogni soggetto per ilsistema sanitario.

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La seduta si apre alle ore 10.30.Presiede Corigliano, presenti i consiglieri Bitocchi, Costan-

zo, Esposito, Massara, Rainero, Sabbattini, Valerio; il revisoreChionna.

Si legge e si approva a maggioranza il verbale della sedu-ta precedente, con astensione di Valerio assente il 7/2/09. Sene dispone la pubblicazione.

CONGRESSO NAZIONALE FIRENZE SIGM 2009Corigliano comunica gli ulteriori dettagli sulla organizza-

zione del Congresso: le sedute scientifiche saranno organizza-te con un discussore che limiterà l’interattività della discussio-ne con il pubblico garantendo che le domande – presentatescritte – siano brevi e attinenti. La Società organizzatrice AIMsi occuperà della verifica di apprendimento per il sistema ECM.La sistemazione logistica del Consiglio Nazionale avverrà qua-si esclusivamente su un unico albergo. Corigliano si soffermasul programma sociale nella città di Firenze e sulla cena socia-le che si svolgerà in un sito storico-artistico.

Si conferma che le elezioni interne per il nuovo ConsiglioNazionale avranno luogo la domenica mattina, ultimo giorno diCongresso. Mentre rimane da decidere il giorno e l’ora della se-duta del Consiglio dimissionario.

Valerio conferma la disponibilità immediata a stampare sul-la rivista societaria gli abstract del Congresso, in modo da or-ganizzare un numero speciale da mettere in cartella.

Il Presidente dice di aver già predisposto il volume degliabstract che sarà distribuito in cartella, mentre gli articoli peresteso verranno pubblicati in seguito sulla rivista della Società.

Si riautorizza la copia in bronzo del “medaglione” che ilProf. Del Torto fece coniare per il Presidente della Società di al-lora (Prof. Valerio), autorizzando n. 20 copie per poter offrire unricordo analogo ai past presidenti e tenerne di scorta per il fu-turo.

RINNOVO CD NAZIONALE BIENNIO 2010-201 1 E PRO-SPETTIVE FUTURE

Corigliano illustra le prospettive del programma per il pros-simo biennio qualora il suo mandato dovesse proseguire. Pro-pone di non disporre automaticamente la ricandidatura deiConsiglieri e di prevedere per il futuro un Consiglio più snelloed efficiente, che vede la presenza del Past Presidente, delCoordinatore della commissione ECM, del Responsabile dellaRivista e composto da 3 Consiglieri eletti, rappresentanti dellecategorie, più altri 4 Consiglieri, scelti 2 dal Presidente a nomi-na diretta e 2 dai Consiglieri eletti. Il tutto tra professionisti chepossano dare un contributo utilitaristico e di professionalità edesperienza alla S.I.G.M.

Rainero rammenta che tali cambiamenti statutari dovreb-bero essere disposti da un’Assemblea straordinaria dei Soci.

Corigliano ribadisce la sua volontà di legare la sua presi-denza ad un “cambiamento” organizzativo della Società e quin-di a due anni di intenso lavoro da parte del Consiglio Direttivo.

Valerio concorda con Corigliano sulla necessità che il Pre-sidente debba poter contare su una sua “squadra”, ma ritieneche la soluzione possa essere ricercata all’interno del Consigliostatutariamente eletto.

Corigliano propone inoltre la possibilità di raggruppare leattività regionali in tre aree – Nord, Centro e Sud – per andareincontro alle difficoltà organizzative di alcune regioni e per ga-rantire una diffusione omogenea dell’attività scientifica societa-ria. Rammenta la necessità di sospendere le pratiche di rim-

borso ai Responsabili regionali sulla base della percentuale delnumero soci, ritenendo che eventualmente in futuro si dovreb-be considerare il rimborso solo delle spese realmente docu-mentabili, entro gli ambiti a suo tempo previsti.

BILANCIOSi dispone che il bilancio venga inviato in e-mail a tutto il

Consiglio.

LETTERA DEL PROF. PIVETTAI Consiglieri tutti apprezzano la lettera aperta del Prof. Pi-

vetta, concordando con l’analisi storica, e riconoscono che,spesso, spinte economiche e utilitaristiche nel panorama riabi-litativo hanno la meglio sulla razionalità e sulla tradizione cultu-rale.

VARIE ED EVENTUALIRainero richiede la cancellazione degli indirizzi e recapiti

telefonici dal sito SIGM.Valerio presenta due articoli giunti direttamente in redazio-

ne e come tali da autorizzare alla stampa da parte del CD qua-le comitato scientifico editoriale.

Il CD non autorizza alla stampa il primo degli articoli, chesembra troppo personalistico. Per l’altro si rileva che esso sipone come ripetizione di tematiche professionali già affrontateda uno dei Consiglieri e quindi eventualmente potrà esserestampato dopo quello del Vice Presidente Massara.

Valerio sollecita tutti i Consiglieri ad attivarsi sia con pub-blicazioni personali sia nel garantire la raccolta “locale” degli ar-ticoli dei lavori presentati nei convegni regionali.

Rainero ribadisce che per quanto lo riguarda non ritieneutile tornare su tematiche già esaustivamente trattate, e chepurtroppo, non essendo la rivista indicizzata, difficilmente i la-vori di una certa rilevanza scientifica saranno mai pubblicati inSIGM.

Chionna concorda in parte con Rainero in merito alla qua-lità dei lavori pubblicati sulla rivista. Essi, pur non seguendo iparametri e le regole dell’EBM, che specie in riabilitazione pon-gono seri problemi “etici” di applicazione, sono però uno spac-cato valido delle pratiche e del “sapere” nelle scienze del movi-mento e della riabilitazione, e pertanto sempre utili all’aggior-namento e al confronto.

Massara dice che non dovrebbe gravare sull’autore il costodella pubblicazione e che si ha interesse che non solo i soci maanche autorità scientifiche possano esprimersi sulla nostra rivi-sta, e che si potrebbero ipotizzare meno contributi scientifici madi maggiore spessore.

Il Direttore Responsabile Valerio chiarisce che – come dacontratto editoriale – la pubblicazione è gratuita e l’autore si im-pegna ad acquistare i suoi “estratti” (n. 50) ad un costo (da 8,00a 16,00 Euro per pagina) che non supera i 70,00 , quindi mol-to lontano dai comuni costi di pubblicazione. Inoltre fino ad ora,pur augurandoci che l’autore sia socio effettivo della nostra So-cietà, si è sempre pubblicato tutto ciò che i comitati scientificidei congressi autorizzavano, in quanto argomenti validi e ac-cettati anche come relazione scientifica congressuale.

La seduta si chiude alle ore 13.30.

La redigente Il PresidenteDott.ssa GABRIELLA CHIONNA Dott. ALVARO CORIGLIANO

VERBALE N. 10

CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE SIGM5 aprile 2009 - Sala riunioni Hotel Atlantico - Roma

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Breve sintesi storica

Quando ancora in Italia non esisteva alcuna figuraprofessionale che si interessava di movimento e dimotricità (sotto ogni punto di vista) c’erano solo i “vec-chi” ginnasti della Farnesina (anni ’50) e in seguito (fi-no agli anni ’70) i diplomati ISEF (attuali Laureati inScienze Motorie) che curavano tutti i tipi di traumi e dihandicap (tutte le pubblicazioni dell’epoca sono unaconcreta testimonianza). Dopo gli anni ’70, la figuradel Terapista della Riabilitazione dapprima tedesco,poi dei paesi dell’est, infine italiano, ha preso in cari-co (giustamente) la parte riabilitativa riferita alla mo-tricità, non ultima la figura del Laureato in Fisioterapia(che diversamente dai primi terapisti della riabilitazio-ne, invece di essere munito di un diploma triennale,ha una laurea triennale).

Però, ad onor del vero, è bene ricordare che di-plomati in Educazione Fisica, dal Comisso al Ciam-maroni, al Mariotto, al Motta, al Pivetta, al Muzzarelli,al Negrini (tanto per tracciare una linea temporale),sono quelli che hanno “inventato” la riabilitazione, larieducazione, la ginnastica utilitaristica, la ginnasticacorrettiva, la ginnastica respiratoria, la ginnastica pre-ventiva, la ginnastica medica, la ginnastica psicomo-toria, il paramorfismo, il paradismorfismo, la postura,la scoliosi, la lombalgia, ecc., coadiuvati dalla culturadegli studiosi medici del movimento quali Delitala,Descovich, De Toni, Graziadei, Putti, Sorrentino, Ta-tafiore, Virno, Cavelli, Sibilla, Valerio, ecc. (1).

Dalla “ginnastica” alla “educazione motoria”quale aspettativa del Laureato in Scienze Motorie

Per evitare inutili critiche e equivoche interpreta-zioni da parte del lettore ed evitare che la professio-nalità del Laureato in Scienze Motorie venga confusacon il Laureato in Fisioterapia e viceversa, mi premesottolineare tre punti:

A) Il D.M. 14 settembre 1994, n. 741, art. 1, I com-ma, afferma che il fisioterapista «svolge in via auto-noma o in collaborazione con altre figure sanitarie gliinterventi di prevenzione...», senza definire se la pre-venzione è riferita a soggetti affetti da problematichedella motricità o problematiche del motorio della per-sona, per cui questa mancanza di chiarimento gene-ra una linea di confine dove il Laureato in Fisioterapiae il Laureato in Scienze Motorie possono operare am-bedue, considerando che anche quest’ultimo operanella prevenzione.

B) Il Laureato in Fisioterapia è l’operatore sanita-rio, in possesso della laurea abilitante, che svolge invia autonoma o in collaborazione con altre figure sa-nitarie gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazio-ne nelle aree della motricità, delle funzioni corticalisuperiori e di quelle viscerali conseguenti a eventi pa-tologici, a varia eziologia, congenita o acquisita. Il fi-sioterapista svolge la propria attività a favore di tuttele persone senza limiti di età.

C) Anche il Laureato in Scienze Motorie ha una

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Paolo Raimondi* - Vinicio Prosperini**

LE ASPETTATIVE E LE POSSIBILITÀ PROFESSIONALI DEL LAUREATO IN SCIENZE MOTORIE

* Facoltà di Scienze Motorie - Università degli Studi L’Aquila

** Dipartimento di Ingegneria Meccanica Energetica e Gestionale Facoltà di Scienze Motorie - Università degli Studi L’Aquila

Questo lavoro divulgativo è introdotto con un breve “excursus” storico cheillustra le competenze del Laureato in Scienze Motorie e individua le aree piùrappresentative d’intervento nell’ambito dell’età evolutiva e adulta, tralascian-do le aree formative e sportive (troppo ampie da specificare) che, nonostantedi sua esclusiva ed inequivocabile competenza (il termine “competenza” evo-ca una duplice accezione: la prima legata al concetto di pertinenza, la secon-da legata al concetto di conoscenza), sono spesso appannaggio di fisioterapi-sti e atleti con passato sportivo o, peggio, di soggetti che dopo il lavoro d’uffi-cio si improvvisano chinesiologi ma anche fisioterapisti. Nell’area motoria pre-ventiva e compensativa si indicano alcuni campi operativi e la tipologia delleattività motorie specifiche del Laureato in Scienze Motorie in riferimento all’e-ducazione, alla prevenzione e al recupero comportamentale fisico di attività fi-siologiche dell’apparato locomotore. Nell’area della disabilità evidenzia il lavo-ro motorio utile per il mantenimento delle caratteristiche funzionali acquisite at-traverso l’intervento sanitario e parasanitario.

RIASSUNTO

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laurea abilitante alla professione e svolge in via auto-noma o in collaborazione con figure sanitarie o nonsanitarie gli interventi di prevenzione, cura1 e riabilita-zione2 nelle aree del motorio della persona, che nonhanno pertanto origine corticale superiore. Cura e ria-bilitazione indirizzate a persone aventi problemi chescaturiscono dalla inefficiente funzione dell’apparatolocomotore generato da ipodinamicità motoria, dalloscarso controllo energo-motorio, meccanico-motorio,educativo-motorio, posturo-motorio, ergo-motorio,coordinativo-motorio, psico-motorio, cognitivo-moto-rio, sportivo-motorio. Il Laureato in Scienze Motorieelabora in forma autonoma o in équipe multidiscipli-nare il trattamento3 rieducativo volto al raggiungimen-to del più alto grado di salute della persona e praticaattività motoria terapeutica per migliorare le scarsefunzioni dell’apparato locomotore, utilizzando tutte leterapie motorie e sportive di cui egli dispone e tutte leattrezzature ginnastiche, anche le più complesse(che non siano classificate mediche dalla commissio-ne MDD).

A tutti i giovani Laureati in Scienze Motorie chespesso si chiedono quali sono i loro “campi d’azione”nella loro missione di “dottori”, non posso che dire:“sono infiniti”; sono in ogni ambito dove la persona siesprime con il movimento; sono ovunque e in ogni in-dividuo normodotato o disabile in cui il movimento de-ve essere curato e migliorato nella sua espressioneigienica, utilitaristica, sociale, profilattica, ricreativa,preventiva, sportiva, abilitativa, funzionale, ergonomi-ca, coordinativa, energetica, posturale, comporta-mentale, formativa, di performance ecc.

Siamo nel 2009: il diplomato ISEF è divenuto unlaureato e la “ginnastica” è divenuta una scienza cheil Laureato in Scienze Motorie ha il compito di espri-mere in tutte le possibili forme. La “ginnastica” ora èEducazione Motoria, Attività Motoria Preventiva, Atti-vità Motoria Rieducativa, Attività Motoria per il Recu-pero della Performance, Attività Motoria Compensati-va, Attività Motoria Adattata, Attività Motoria Sportiva,Attività motoria post-sanitaria, ecc., per rispondere al-le esigenze di tutti gli esseri umani normali o para-normali.

Tutte queste attività sono rivolte ad almeno cinque

categorie in età di crescita, senza tener conto dellacategoria adulta e della terza età e delle innumerevo-li attività di fitness e sportive, che ci porterebbero nel-la discussione in un infinito elenco di attività in cui ilLaureato in Scienze Motorie è il protagonista.

Limitandomi solo alle attività orientate all’età evo-lutiva, di cui il Laureato in Scienze Motorie è una fi-gura fondamentale, evidenzio in forma arbitraria (mafacendo riferimento alla normativa vigente e ai piani distudio) gli indirizzi più peculiari del Laureato in Scien-ze Motorie e le possibili attività (2) professionali lega-te al suo titolo di studio.

Indirizzo educativo per soggetti normodotati inetà evolutiva

• Attività motorie rivolte al miglioramento dell’appren-dimento motorio

• Attività motorie rivolte al rinforzo degli schemi mo-tori e delle posture di base

• Attività motoria mirata alla crescita dei processi psi-chici e motori

• Attività motoria, giochi e giochi pre-sportivi per lacrescita della personalità e della socialità.

L’indirizzo educativo mira a sviluppare modelli psi-co-biologici, psico-motori e relazionali utili ai bisognidella persona.

Indirizzo preventivo per soggetti normodotati inetà evolutiva

• Attività motorie volte al miglioramento del controlloantiparamorfico e posturale

• Attività motorie volte al miglioramento del controlloenergo-motorio

• Attività motorie volte al miglioramento del controlloe dell’organizzazione spazio-temporo-motoria.

L’indirizzo preventivo mira a valorizzare le compe-tenze cognitive e motorie utili a trasformare e utilizza-re i movimenti in rapporto alle necessità attuali.

Indirizzo compensativo per soggetti normodotatiin età evolutiva

• Attività motorie volte al riequilibrio, al miglioramen-to, alla correzione e/o al ripristino delle funzionimeccanico-motorie e posturo-motorie nei soggettiaffetti da alterazioni muscolo-scheletriche e morfo-funzionali dell’apparato locomotore sui vari piani dimovimento.

L’indirizzo compensativo si prefigge di migliorarele funzioni strategico-tattico-motorie riconducibili a di-sequilibri delle strutture muscolo-scheletriche.

Indirizzo adattato per soggetti normodotati in etàevolutiva

• Attività motorie specifiche e individualizzate

Paolo Raimondi - Vinicio Prosperini

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1 Il termine riabilitazione è un termine che l’OrganizzazioneMondiale della Sanità usa per indicare un insieme di interventi pro-fessionali mirati allo sviluppo della persona, al suo più alto poten-ziale sotto il profilo psicologico, sociale, occupazionale ed educati-vo in relazione al deficit fisiologico o anatomico e all’ambiente. Iltermine riabilitazione non è esclusivo, ma significa rendere abile,rendere efficiente, ed è usato in tutti i campi: riab. carceraria, riab.sociale, riab. motoria, riab. medica, riab. psicologica, ecc.

2 Il termine trattamento non è esclusivo ma indica l’applicazio-ne di metodi o procedimenti variamente determinabili, allo scopo diconseguire particolari effetti, non obbligatoriamente ai fini medico-sanitari. Es.: tratt. solare; tratt. estetico; tratt. riabilitativo; tratt. mo-torio; tratt. disinfettante; ecc.

3 Il termine cura può essere riferito alla pratica di qualsiasi atti-vità. Es: cura estetica; cura solare; cura spirituale; cura motoria; cu-ra riabilitativa.

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in soggetti affetti da disorganizzazione del controlloneuro-motorio, da disarmonie morfo-funzionali e rela-tive turbe stato-cinetiche che investono ogni aspettodella organizzazione motoria e locomotoria volte almiglioramento degli adattamenti e accomodamentifunzionali dell’apparato muscolo-scheletrico.

Questo indirizzo adattato si propone di ripristinarela disfunzione muscolo-scheletrica (segmentaria e/oplurisegmentaria) della persona che per una causanon imputabile a disfunzioni della motricità ha ridottola performance dell’apparato locomotore.

Indirizzo adattato per soggetti ipodotati in etàevolutiva

Attività motorie specifiche e individualizzate voltealla riorganizzazione delle:• modificazioni cognitive-motorie• limitazioni articolari• limitazioni della forza muscolare• limitazioni dell’efficienza delle funzioni respiratorie• limitazioni delle funzioni dell’equilibrio• modificazioni degli aspetti relazionali• modificazioni del movimento e degli schemi funzio-

nali.

Le disarmonie stato-cinetiche, il para-dismorfismo, le rachialgie nel contesto motorio quale aspettativa del Laureato in Scienze Motorie

Fin dagli anni Cinquanta, molti sono stati gli esper-ti di educazione fisica che hanno definito e classifica-to le disarmonie motorie stato-cinetiche come il confi-ne motorio fra la normalità e l’inizio della anormalitàortopedico-locomotoria. In effetti, una disarmonia sta-to-cinetica è l’espressione morfologica del motoriodella persona che, pur non sconfinando nell’area pa-tologica, ha tutti i presupposti per creare una disar-monia del gesto, o una disarmonia nell’apparato lo-comotore, o una disarmonia nell’ambito posturale, ouna disarmonia nell’ambito dell’equilibro cinesiologi-co, ecc.

Le forme disarmoniche possono raggrupparsi inrapporto ai settori che investono e possono sorgere:nel campo prettamente meccanico del movimentocon espressioni morfofunzionali che investono il so-ma e l’apparato locomotorio; nel campo dell’ergono-mia imputabile a qualche handicap dei meccanismibiochimici e metabolici che determinano le capacità direndimento aerobico e/o anaerobico di un individuo;nel campo omeostatico della motricità a causa di undisarmonico equilibrio neuro-vegetativo; nel camponeuro e psicomotorio.

Due ipotesi.

1) Consideriamo un soggetto che presenta una capa-

cità inferiore allo standard medio nel sostenere unosforzo fisico per un disordine dei meccanismi adat-tivi organici che ne stanno alla base. Un caso simi-le potrà essere annoverato fra le disarmonie a pre-valente genesi omeostatica e di primo acchito lacompromissione motoria che ne deriva potrà sem-brare di carattere esclusivamente cinetico. In realtàsarà invece l’espressione motoria nel suo interoaspetto stato-dinamico ad essere alterata. (Riflet-tiamo un attimo sulle alterazioni posturo-cineticheche sarà costretto ad adottare questo soggetto neltentativo di prolungare le prestazioni oltre le suecapacità!).

2) Consideriamo una situazione abnorme a prevalen-te genesi bio-meccanica, quale può essere quellacostituita da uno dei fatidici paramorfismi. Qui, aduna prima analisi, potrebbe apparire deficitario so-prattutto il momento statico, cioè la postura. In ef-fetti, invece, sono ambedue i momenti dell’attoesecutivo a mostrare le loro carenze e disarmoniefunzionali. (Basti pensare alle compensazioni po-sturo-cinetiche che necessariamente deve compie-re, ad esempio, chi presenta una rigidità scapolo-omerale o dorsale nelle attività ginnastiche o nelfare determinati sport).

Nell’ambito del paradismorfismo, cioè in quello do-ve prevale una alterazione del fisico, il contesto edu-cativo non si pone come cura riabilitativa per influiresull’andamento della forma morbosa ma come untrattamento educativo per agire sui rapporti che lega-no il paradismorfismo al contesto motorio nei suoi in-numerevoli aspetti.

Un esempio.«Una prima frequente lacuna che caratterizza le

disponibilità motorie del paradismorfico può esserecostituita, ad es., dalla mancata acquisizione di ge-sti presportivi o sportivi; ma assai spesso può esse-re compromessa la capacità di eseguire corretta-mente comuni movimenti come il correre, il saltare,l’afferrare, ecc. o il camminare stesso, specie sequeste capacità devono essere espletate in situazio-ni meno usuali delle solite. Ciò può accadere perchéal paradismorfico sono venute a mancare quelle pro-poste educative a difficoltà crescente che favorisco-no l’affinamento, il perfezionamento e l’evoluzione diquesti pattern elementari, nonché la loro integrazio-ne in prassie più complesse e di più sofisticata ese-cuzione».

Questa lacunosa azione educativa determina unasituazione di carente sviluppo delle potenzialità moto-rie della persona, con un conseguente stato di gran-de limitazione del suo patrimonio cinetico.

Vediamo allora i motivi per i quali la persona para-dismorfica giunge a tale situazione. Per Cavelli il mo-tivo predominante è rappresentato da «un rilevantesquilibrio nella valutazione e nell’applicazione del mo-mento cinesiologico educativo e di quello terapeutico

Le aspettative e le possibilità professionali del Laureato in Scienze Motorie

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(rieducativo e riabilitativo). E aggiungiamo che, taloragiustificatamente, ma più spesso solo per abitudineormai inveterata, è il momento terapeutico che vienetenuto nella massima considerazione e che, in effetti,viene privilegiato, a tutto discapito del momento edu-cativo, la cui valutazione ed applicazione è talvoltaaprioristicamente ignorata o, tutt’al più, genericamen-te e distrattamente effettuata. È superfluo dire che visono numerosi e concreti fattori che condizionanol’applicazione dei due momenti, primo fra i quali le ca-ratteristiche nosologiche del difetto; ma pur nel mas-simo rispetto di tali fattori e degli spazi che questi con-cedono ai vari tipi di intervento, vorremmo qui stabili-re un principio di base nel trattamento del paradi-smorfico; principio secondo il quale i due momenti ci-nesiologici devono trovare il massimo equilibrio con-sentito», allo stesso modo in cui debbono trovarlo lefigure professionali (3).

A tal punto, il massimo equilibrio consentito si rag-giunge solo nell’integrazione del momento educativoe del momento riabilitativo, in maniera tale che la per-sona non vivrà la sua realtà motoria nella dimensionestrettamente terapeutica, spesso riduttiva, ma potràpartecipare, per quanto concesso, anche alle occa-sioni educative e sociali dei suoi simili.

Per quanto concerne il ruolo dei singoli professio-nisti chinesiologi (4) che si occupano della cura dellapersona paradismorfica, il trinomio medico, fisiotera-pista, educatore fisico, risulta fondamentale, e siamocerti di non sbagliare se affermiamo che la mancanzadi uno degli elementi del trinomio può pregiudicare oquanto meno non realizzare pienamente il consegui-mento di un risultato positivo.

Ma quale mansione spetta alle tre figure profes-sionali?

Il medico è il coordinatore della condotta terapeu-tica da seguire e il consulente della condotta educati-va; il fisioterapista è l’esecutore che realizza le indi-cazioni del medico e delle applicazioni che mirano al-la riabilitazione del difetto paziente; l’educatore è il re-sponsabile del motorio della persona e, pur subordi-nato al momento terapeutico, applica tutti i contenutimotori educativi per avviare il paradismorfico a tuttequelle opportunità “ginnastiche” o “ginnastiche sporti-ve” necessarie alla persona normale.

Educazione motoria adatta e prevenzione, finalizzata a soggetti disabiliquale aspettativa del Laureato in Scienze Motorie

Non voglio dissertare sul concetto di disabilità e milimito a ricordare che l’ICIDH (International Classifica-tion of Impairments, Disabilities and Handicaps) defi-nisce il disabile come una persona portatrice di disa-bilità, e la disabilità è definita «qualsiasi limitazione operdita… delle capacità di compiere un’attività nel

modo o nell’ampiezza considerati normali», per cuieducazione e prevenzione in questi soggetti è legitti-ma.

Per quanto sopra, appare chiaro che il Laureato inScienze Motorie può operare nell’ambito della pre-venzione e dell’educazione in soggetti portatori di li-mitazioni funzionali (nel caso specifico nell’ambito delmotorio) che impediscono di compiere normale atti-vità.

Ciò è rafforzato proprio dalla parola “riabilitazione”,della quale l’O.M.S. specifica il significato, senza equi-voci, qualificando la riabilitazione come «insieme di in-terventi professionali mirati allo sviluppo della perso-na, al suo più alto potenziale sotto il profilo psicologi-co, sociale, occupazionale ed educativo in relazione aldeficit fisiologico o anatomico e all’ambiente».

Se l’educativo fa parte del complesso “riabilitazio-ne” e il Laureato in Scienze Motorie opera nell’ambi-to educativo-motorio del disabile, anch’esso operanell’ambito della riabilitazione (intesa come processoglobale per migliorare le funzioni) e non abusa dellaprofessione di altra categoria. Ne abuserebbe se fa-cesse riabilitazione strumentale, riabilitazione dellamotricità patologica, consentita solo al fisioterapista,invece che prevenzione o educazione o sport nel-l’ambito del motorio adattato al disabile.

Per quanto sopra e per quanto precedentementeposto in evidenza, non è lecito contestare al Laurea-to in Scienze Motorie l’uso delle parole riabilitare, cor-reggere, curare, trattare, rieducare, perché “cura”,“trattamento”, ecc., sono parole che non hanno un“copyright” ma hanno un più ampio significato sia nelcontesto della “riabilitazione” sia nel contesto delle at-tività educative che relazionali. Infatti, lo shampoo“cura” la caduta dei capelli, le erbe medicinali “tratta-no” la cattiva digestione, le solette posturali “rieduca-no” la funzione del piede, le sedute di sociologia “ria-bilitano” il delinquente, senza considerare la consue-tudine d’uso di tali sostantivi utilizzati per indicare ilmaterasso antiartrosi, il cuscino per curare la cervi-calgia, gli zoccoli ortopedici, ecc. Se la terminologiafosse di esclusiva opera di specifiche figure profes-sionali, allora si dovrebbero contestare le scarpe or-topediche, i cuscini antiartrosi, lo shampoo curativo!Non è così, perché il Laureato in Scienze Motorie ria-bilita il corpo all’uso più ergonomico con cui affronta-re la vita di relazione, corregge un atteggiamentoscorretto, cura la performance della persona! Per es-sere più chiari, la terminologia può essere usata inogni campo nel rispetto dell’oggetto di cui si parla, percui, nulla osta se il Laureato in Scienze Motorie curail motorio della persona, o applica trattamenti per ria-bilitare una scarsa performance motoria nell’ambito diun gesto o un comportamento motorio o sportivo ouna qualunque finalità, senza invadere il campo del -la motricità, perché la terminologia non è esclusivadi una qualsivoglia categoria.

Per quanto concerne il concetto di normodotato e

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disabile (alterazione della motricità?) propongo l’uti-lizzazione di un esempio.

La persona normodotata che ha mal di schiena(es. lombalgia) a causa della sedentarietà o della cat-tiva postura lavorativa, o perché non “usa” corretta-mente il suo corpo, ecc. (oppure ha un dolore mu-scolare, o una limitazione scapolo-omerale, o un do-lore dovuto a pregresso trauma distorsivo, o un cam-biamento nell’espressione motoria dovuto all’età, oun disallineamento dell’assetto corporeo, o una limi-tazione nella destrezza, ecc.), è da considerarsi unapersona normodotata o una persona con problemiche coinvolgono la motricità?

Se la persona è considerata normodotata, perchéil Laureato in Scienze Motorie non può effettuare unadeguato trattamento preventivo, educativo, funzio-nale, curativo (cura il motorio della persona) per mi-gliorare il motorio o per prevenire ulteriori limitazionidelle capacità motorie che generano il mal di schie-na? (o altro).

Forse la persona che ha gli “acciacchi” di cui so-pra è da considerarsi un soggetto affetto da problemidella motricità?

Se è considerato tale, perché il Laureato in Scien-ze Motorie non può effettuare anche un trattamentoeducativo-motorio adattato e preventivo per migliora-re la limitazione della vita di relazione che scaturisceda queste disabilità, visto che nell’area del disabile ilLaureato in Scienze Motorie può fare prevenzione ededucazione motoria adattata?

Conclusioni

Il Laureato in Scienze Motorie (per l’area della pre-venzione e dell’educazione motoria adattata, finaliz-zata a soggetti di diversa età e a soggetti disabili) hafacoltà di operare nell’ambito dell’emergenza motoriadelle capacità umane con strategie educativo-motorierivolte agli aspetti qualitativi del movimento, alle abi-lità motorie relazionali e a quelle sportive, alla coordi-nazione motoria, alla prevenzione motoria, alla scar-sa coordinazione, alle espressioni relazionali, ai dise-quilibri stato-cinetici, alla dinamica motoria nel suocomplesso, ecc., applicando attività motoria normale,o attività motoria adattata in rapporto allo stato di nor-

malità o disabilità della persona (perché questa è l’a-rea del motorio).

Le tematiche presentate, anche se rientrano in ununico contesto quale l’attività motoria, aprono moltiorizzonti, esclusivi a nessuno, perché multidisciplina-ri e perché molte problematiche neuro-motorie nonsono state ancora definite. Pertanto, il Laureato inScienze Motorie ha il diritto di mettere in atto tutte lesue conoscenze per migliorare ogni capacità del mo-torio della persona che risulta deficitaria, sommini-strando alla persona attività motoria, anche con at-trezzature e/o apparecchiature strumentali che nonsiano classificate mediche o fisioterapiche (5). Misembrano pertanto allarmistiche le grida di scandalodi alcune categorie sanitarie quando un Laureato inScienze Motorie cura un soggetto che ha un atteg-giamento scoliotico o un mal di schiena, o permette ilmiglior recupero di un arto operato dopo il trattamen-to medico e fisioterapico.

È bene ricordare a tutti che il Laureato in ScienzeMotorie è un buon conoscitore di biomeccanica e fi-siologia muscolare, ed ha un piano di studi che pre-vede il sapere di tutto ciò che concerne la problema-tica dell’apparato locomotore. Non è esperto in neu-rologia né in motricità. Per questo c’è il fisioterapista.

Bibliografia

1. RAIMONDI P., MASSARA G., Metodologia e presupposti delnostro insegnamento negli Istituti Superiori di EducazioneFisica di L’Aquila e Roma. Presente e futuro, “La Ginna-stica Medica, Medicina Fisica e Riabilitazione”, 1992; 4-5-6: 67-72.

2. RAIMONDI P., PROSPERINI V., FALZANO P., Riscopriamo i prin-cipi fondamentali dell’Educazione Fisica e le competenzein cui il Laureato in Scienze Motorie è il protagonista, “Chi-nesiologia”, 2003; 3: 18-23.

3. RAIMONDI P., BIZZARRI F., PROSPERINI V., COSTANZO G., Esi-genza di una revisione teorico-metodologica delle attivitàmotorie preventive, correttive, rieducative, “La GinnasticaMedica, Medicina Fisica e Riabilitazione”, 2001; 5-6: 23-26 (Premio Pais quale miglior lavoro dell’anno 2001).

4. BERTOLLO M., PASQUALOTTO G., MERLO R., Fondamenti sto-rico-epistemologici delle scienze del movimento umano edella professione di chinesiologo, “Professione Chinesio-logo”, Ed. UNC, Cuneo 2005.

5. RAIMONDI P., PROSPERINI V., FALZANO P., Riscopriamo i prin-cipi fondamentali dell’attività motoria e le competenze incui il Laureato in Scienze Motorie è il protagonista.

Le aspettative e le possibilità professionali del Laureato in Scienze Motorie

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La seduta si apre alle ore 19,30.

Presiede il dott. Corigliano; presenti i Consiglieri Valerio,Rini, Esposito, Lilli, Rainero, Sabattini, Bizzarri, Bartolozzi eBitocchi; il Tesoriere Volpe.

1. LETTURA E APPROVAZIONE DEL VERBALE DELLASEDUTA DEL C.D. DEL 05/04/2009.

VARIE ED EVENTUALI

Prima di passare alla discussione dei punti all’O.d.G., Sa-battini comunica di voler rinunciare al rimborso relativo alFondo Regionale per Attività Statutarie - anno 2008 di € 85,00, che pertanto verrà ricontabilizzato come entrata nelprossimo bilancio.

Rini consegna il Bilancio del Convegno Regionale Pugliadel 28/03/2009 svoltosi a Brindisi. Il Presidente ne dà lettura.

Valerio evidenzia l’impegno e il merito di Rini comeesempio di lavoro per la SIGM.

2. BILANCIO 2008-2009Corigliano legge il Bilancio economico redatto dalla Te-

soriera Paola Volpe.Rini dice che per abbattere i costi della Rivista servono gli

sponsor.Corigliano ritiene che si potrebbe ridurne i numeri in

uscita. Inoltre, fa riferimento al Sito Internet che, per come sipresenta, avrebbe un costo eccessivo.

Bizzarri comunica che attualmente il sito è bloccato per-ché il suo responsabile è impegnato nella Protezione Civiledell’Abruzzo per l’aiuto ai terremotati. Ricorda che a suo tem-po il CD approvò quella proposta dopo averne visionate altre.

Rini aggiunge che i consiglieri dovrebbero partecipare amantenere attivo il sito.

Bizzarri conviene che avere un sito (con relative spese)e non utilizzarlo a pieno secondo le regole sia uno spreco.

Il CD approva il Bilancio 2008-2009 all’unanimità.

3. RINNOVO CARICHE SOCIALI SIGMBartolozzi porge le sue scuse personali per la vicenda

del Convegno Regionale Toscana. Si dice dispiaciuto e pron-to ad assumersi le sue responsabilità.

Corigliano apprezza le parole di Bartolozzi, ma della co-sa se ne occuperanno i Probiviri.

Rini dice che il riconoscimento degli errori e la dissocia-zione dal gruppo degli organizzatori di quell’evento formativosia molto rilevante.

Corigliano passa alle proposte di rinnovamento nellaSIGM.

Dice di aver provato imbarazzo nelle interviste, rilasciatein occasione del Congresso Nazionale, quando ha dovutousare il termine obsoleto di “ginnastica medica”. Se dovesseessere rieletto presidente, penserebbe di fare un CD più snel-lo e più decisionale, dopo aver chiaramente discusso la cosain assemblea.

Valerio chiede di sapere gli argomenti da discutere in as-semblea e, rispetto al nome SIGM, quali siano le proposte.

Corigliano preannuncia che con la sua eventuale riele-zione ci sarà un aggiornamento radicale.

Rini condivide la linea del cambiamento.Valerio chiede specificatamente se il nome “ginnastica

medica” sarà abolito.Bizzarri suggerisce di mantenere il marchio storico, ma

aggiornato, per definire di cosa la Società si occupa scientifi-camente e riappropriarsi di una situazione che sta sfuggendodi mano.

Valerio evidenzia di non aver ricevuto una risposta chia-ra dal Presidente.

Bizzarri porta all’attenzione i limiti della Rivista, per cuil’indicizzazione non si è mai realizzata. Se la rivista fosse in-dicizzata sarebbe uno stimolo per chi volesse pubblicare.

Valerio ricorda che dell’indicizzazione si occupò a suotempo Bizzarri, purtroppo senza successo. Afferma che mol-to spesso non ci sono lavori da pubblicare, ma che comun-que viene regolarmente pubblicata.

Rini propone che il prossimo CD prenda come impegnola presentazione all’assemblea di un programma di massimasu come realizzare l’indicizzazione della rivista.

Rainero , riflettendo sulla scarsa affezione dei soci a rima-nere iscritti, dice che i “veri soci” sono pochi e coincidono piùo meno con i componenti del CD. Tutti gli altri vanno conside-rati dei sostenitori che consentono di mandare avanti la so-cietà, ed è così per tutte le società. Ripropone l’idea di fare il“congresso itinerante” dove ognuno porta il suo argomento ingiro per le varie regioni allo scopo di fare un po’ di iscritti.

Valerio ritiene l’analisi di Rainero molto lucida e la condi-vide in pieno.

Corigliano propone una lista per la costituzione del pros-simo CD:

Presidente: CoriglianoMedici: Valerio, Rainero, Caserta, MolfettaFisioterapisti: Chionna, Bitocchi, Amato, TodaroLaureati scienze motorie - ISEF: Massara, Cesareo, Odone,

CanepaRevisori dei conti: Costanzo, Rini, Perrotta.

4. SOCI ONORARICorigliano propone la nomina a Socio Onorario del prof.

Giuseppe Massara. Il CD approva.

5. PREMIO PAIS Corigliano comunica che per quest’anno il premio è so-

speso.

La seduta si conclude alle ore 21,30.

La Redigente Il PresidenteDott.ssa PAOLA VOLPE Dott. ALVARO CORIGLIANO

VERBALE N. 11

CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE SIGM14 maggio 2009 - Istituto “Gabrielli” - Firenze

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Notoriamente i sistemi più utilizzati per la misura-zione degli angoli di scoliosi sono quello di Risser-Fergusson e quello di Cobb , mentre per le rotazionii metodi sono numerosi (Perdriolle, Raimondi, Dre-rup, Benson et alii, Metha, Nash, Maguelone, ecc.).

Il Risser-Fergusson calcola l’angolo formato dal-l’intersezione di due rette passanti rispettivamente l’u-na (t) per il centro del corpo della vertebra terminalesuperiore e il centro della vertebra apicale della sco-liosi, l’altra (r) per il centro del corpo della vertebra ter-minale inferiore e il centro della vertebra apicale.L’angolo formato dall’incrocio delle due rette corri-sponde all’angolo di scoliosi (Fig. 1).

Il metodo Cobb parte da un principio diverso eutilizza ugualmente le due vertebre terminali dellascoliosi. Dopo aver tracciato due tangenti rispettiva-mente al margine superiore della vertebra terminalesuperiore (p) e al margine inferiore della vertebra ter-minale inferiore (q), e quindi convergenti dal lato del-la concavità della curva scoliotica, misura l’angolo (α)formato dall’intersezione di due rette perpendicolarialle rette precedentemente tracciate (v e z) che corri-sponde all’angolo della scoliosi (Fig. 2).

L’angolo calcolato con il metodo di Risser-Fergus-son e quello con il metodo Cobb non sono esatta-mente uguali, infatti l’uno misura l’angolo formato dal-l’intersezione di rette passanti per il centro di corpivertebrali, l’altro invece misura l’angolo formato dal-

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Vittorio Valerio*

SU UN METODO PERSONALE DI MISURAZIONE DELL’ANGOLO DI SCOLIOSI

*Primario Emerito di OrtopediaOspedale “Di Summa” - Brindisi

L’A. espone una propria metodica di misurazione dell’angolo di scoliosi,derivata da quella di Cobb e razionalizzata con calcoli geometrici adeguati.

Ne dimostra la grande facilità di calcolo e la contemporanea estrema pre-cisione.

Conclude auspicando che – data la sua semplicità – il metodo faccia par-te del bagaglio degli ortopedici che si occupano di scoliosi.

The Author expounds his own method for measuring the angle of scoliosis,which is derived from Cobb’s method and rationalised with adequate geome-tric calculations. It is thus very easy to calculate and at the same time extre-mely precise. The hope is that, seeing how simple this method is, it may beused by orthopaedics concerned with scoliosis.

RIASSUNTO

SUMMARY

Fig. 1 Fig. 2

pr

θ

αv

z

q

Fig. 3– Relazione tenuta al 51° Congresso Nazionale SIGMRosa Marina di Ostuni, 14-16 giugno 2007.

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l’intersezione di rette tangenti al margine dei corpivertebrali. Saranno uguali solo nel caso in cui le rettepassanti per il centro dei corpi vertebrali siano per-pendicolari alle rette tangenti i corpi vertebrali o, in al-ternativa, che la perpendicolare alle tangenti di Cobbsiano parallele alle rette di Risser-Fergusson (Fig. 3).

L’angolo di scoliosi misurato secondo Cobb trovala sua spiegazione nel principio geometrico secondocui l’angolo formato da due rette è uguale all’angoloformato dalle due perpendicolari alle rette stesse. Equesto che denominiamo angolo α è uguale all’ango-lo formato dalla due tangenti i corpi vertebrali, chechiameremo δ (Fig. 4).

Quale la dimostrazione

Prendendo in considerazione il quadrilatero A B CD ottenuto intersecando ad angolo retto le rette tan-genti i corpi vertebrali p, q, con v e z (Fig. 4), si indi-cano con α l’angolo secondo Cobb, con δ l’angolo for-mato dall’intersezione delle due rette tangenti i corpivertebrali, con γ gli angoli retti formati dalle perpendi-colari alle due rette tangenti i corpi vertebrali e con βl’angolo supplementare di α:

quindi β =180°-α.

Consideriamo ora il quadrilatero ABCD: sapendoche la somma degli angoli interni di un quadrilatero èdi 360°:

β + δ + γ +γ = 360°,e si ricava che

δ = 360°- β - γ - γδ = 360°- (180° – α) – 90° – 90°δ = 360° - 90° - 90°- (180° - α)

dunque δ = α

che era quanto volevasi dimostrare.

Da quanto sopra, appare dunque chiara la neces-sità che le due perpendicolari alle rette tangenti i cor-pi vertebrali siano effettivamente perpendicolari , ecioè a 90° rispetto alle tangenti. Altrimenti il calcolodell’angolo δδ sarà falsato.

* * *

La metodica da noi proposta e che impieghiamoda oltre 20 anni parte dal metodo di Cobb, ma – a no-stro parere – lo semplifica non poco, proprio per i mo-tivi sopraesposti.

Consideriamo la Figura 5. Tracciate le due rettetangenti l’una il piatto superiore della vertebra termi-nale superiore (p) e l’altra il piatto inferiore della ver-tebra terminale inferiore (q) della curva scoliotica, co-me nel metodo di Cobb, tracciamo una retta (a) – nonnecessariamente verticale, cosa del tutto ininfluente –che le intersechi entrambe. Questa retta, intersecan-do le due tangenti (p e q), darà luogo ad un triangoloAEF i cui angoli interni sono δ, ε e λ.

Notoriamente la somma degli angoli interni di untriangolo è sempre di 180°,

quindi δ + ε + λ = 180°

ne riviene che δ = 180° – ε – λ

Gli angoli ε e λ hanno peraltro come opposti al ver-tice – ovviamente rispettivamente uguali – ε’ e λ’.

Quindi: ε = ε’λ = λ’

Questi ultimi ε’ e λ’ sono ancora più facilmente mi-surabili con un goniometro:

Pertanto il valore di δ risulterà dalla sottrazione da180° di questi due altri. E cioè:

δ = 180 – (ε’ + λ’).

Vittorio Valerio

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Fig. 4

Fig. 5

ε’

ε

δ

λ’

λ

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Quali dunque i vantaggi del metodo?

1) Eliminare la costruzione delle perpendicolari alletangenti (cosa che comporta molta attenzione, piùtempo e maggiore possibilità di errore).

2) Non avere bisogno di precisione nel tracciare la li-nea verticale (a) – in carenza di lastre quadrettate– in quanto, essendo 180° la somma degli angoliinterni di un triangolo, la somma degli angoli ε e λsarà comunque sempre uguale a 180° meno δ (Fi-gura 5):

ε + λ = 180° - δ

quindi 180° - ε - λ = δ.

Ancora più semplicemente, l’angolo δ può esserecalcolato come segue. Consideriamo gli angoli ρ e σnella figura (Figura 6): essi sono il complemento a 90°(cioè la differenza a 90°) rispettivamente degli angoliε’ e λ’:

ρ = 90° - ε’

σ = 90° - λ’

Si può dimostrare che la somma di ρ e σ è proprioδ, infatti, considerando la formula precedente e:

ρ + σ = (90° - ε’) + (90° - λ’)ρ + σ = 90° - ε’ + 90° - λ’ρ + σ = 180° - ε’ – λ’

e quindi ρ + σ = δ

che era quanto volevasi dimostrare.

Quindi, sia che si voglia misurare gli angoli ε’ e λ’e detrarli da 180°, sia che invece si voglia sommaregli angoli ρ e σ, il risultato è sempre lo stesso: l’ango-lo δ.

Così facendo si può direttamente leggere il gonio-metro per differenza (a 90°) e sommando le due dif-ferenze conoscere i gradi dell’angolo δ.

Riguardando infatti le Rx (Fig. 7), noi possiamo:

– calcolare i due angoli ε’ e λ’ e quindi, sapendo chegli opposti al vertice sono uguali, calcolare la diffe-renza per 180°.

– calcolare direttamente sui due angoli ε’ e λ’ la dif-ferenza di ciascuno a 90° e quindi sommando ledue differenze conoscere l’angolo δ.

Ne consegue una grande facilità di calcolo, con ot-tima precisione, utilizzando semplicemente una riga eun goniometro!

Conclusioni

Ho voluto portare alla vostra attenzione questamia metodica personale che – ripeto – utilizzo da ol-tre un ventennio e che, per la sua semplicità e preci-sione, potrà tornare utile a tutti noi e permetterci unavalutazione rapida dell’angolo di scoliosi. Tra l’altro èabbisognevole soltanto di una riga e di un gonio -metro e quindi… alla portata di tutti.

L’ingegnere che mi ha aiutato, il prof. FrancescoMollica dell’Università di Ferrara – che ringrazio perla preziosa collaborazione –, ha anche lui rilevato lasemplicità del metodo che però – giustamente – ave-va bisogno di una “valutazione tecnica” che lui mi hafornito e che ci ha permesso di confermare quantoavevamo da tempo ideato e utilizzato forse un po’empiricamente.

Ci auguriamo perciò che anche questa metodi -ca entri nel bagaglio diagnostico degli Ortopedicie che possa agevolare il nostro lavoro, rammen -tandosi di chiamare col giusto nome le cose: “An -golo di scoliosi” e non “Angolo di Cobb”, comespesso viene denominato.

Su un metodo personale di misurazione dell’angolo di scoliosi

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Fig. 6

ε’ρ

σλ’

δ

Fig. 7

180° - 75° - 72° = 33° 15° + 18° = 33°

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Il bilancio 2008/09 va dal 01/03/2008 al31/03/2009. In questo periodo la SIGM ha potutocontare sulle seguenti entrate: € 13.285,00 deri-vanti dalle quote associative; € 594,00 da n° 8abbonamenti per la rivista; € 46,17 di interessic/c postale al 31/12/2008; € 3.475,00 di quoteassociative a tutt’oggi prive di riscontro sul c/cpostale e € 98,05 dall’acquisto di n° arretrati del-la rivista. Infine, la SIGM - Sez. Pugliese ha de-voluto la somma di € 1.000,00 rivenienti dall’in-casso del Congresso Nazionale 2007 ed € 290,00 dal Convegno Regionale 2009 (ancorada incassare).

In entrata, quindi, vi è un totale di € 18.788,22.

Durante l’anno sono state sostenute una seriedi spese documentate per un totale di uscite pari a€ 14.477,63.

Nel dettaglio, si riscontra il pagamento a Sche-na Editore di € 2.456,28 per la stampa rivista n° 5-6/2007, di € 1.667,50 per la stampa rivista n° 1-2/2008, di € 2.326,80 per la stampa rivista n° 3/2008 e di € 2.347,41 per la stampa rivista n° 4/2008 e € 2.000,00 (da pagare) per la stamparivista n° 6/2008. In totale per la stampa della rivi-sta sono stati spesi € 10.797,99.

Le spese relative alle tasse per la rivista (Tas-sa Ordine Giornalisti della Puglia e Quota asso-ciativa IBC) hanno fatto totalizzare un’uscita di € 190,00.

Gli oneri relativi alla tenuta dei c/c bancario epostale sono rispettivamente di € 378,68 (al31/03/2009 ) e € 169,34 (al 31/01/2009), derivan-ti dal costo delle operazioni effettuate nel corsodell’anno.

Per le spese postali (spedizioni) sono usciti € 273,62 e per la cancelleria € 28,00.

L’affitto della sala per le riunioni del ConsiglioDirettivo è costato € 600,00.

Per il lavoro di segreteria esterna svolto presso

la sede di Brindisi è stata versata la somma di € 600,00 per il 1°-2°-3° quadrimestre 2008.

Per la gestione del Sito Internet, svolta dal sig.Gubiotti, è stato corrisposto il compenso di € 1.440,00 (relativo al periodo 2008-2009).

Inoltre, nel corso del periodo 2008/2009 sonostati pagati tutti i debiti che figuravano nel bilancioprecedente.

La differenza tra le entrate e le uscite ha fattoregistrare un attivo di € 4.310,59.

Passando alla situazione patrimoniale si osser-va che la SIGM può contare sui seguenti conti fi-nanziari: € 4.223,14 del c/c postale al 31/01/2009,€ 14.582,34 del c/c bancario al 31/03/2009, € 2.512,72 in contanti.

Come crediti risultano € 3.475,00 di entrate suc/c postale dal 01/02/2009 al 31/03/2009 (prive diriscontro cartaceo) e il contributo proveniente dal-la SIGM Puglia relativo al Convegno Regionale2009 di € 290,00.

Complessivamente il totale delle attività è di € 25.083,20.

Al 31/03/2009, si registrano come debiti € 2.000,00 verso Schena Editore per la stampa ri-vista n° 6/2008.

Complessivamente il totale delle passività è di€ 2.000,00.

In conclusione, considerando il Fondo Riservaal 29/02/2008 di € 18.772,61, tutti i movimenti inentrata e in uscita, le attività e le passività, laSIGM al 31/03/2009 dispone di un Fondo Riservadi € 23.083,20 con un attivo di € 4.310,59 rispet-to all’annata precedente.

Il Tesoriere Il Presidente

Dott.ssa P. VOLPE Dott. A. CORIGLIANO

RELAZIONE BILANCIO SIGM 2008/2009

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ENTRATE

Quote associative registrate € 13.285,00

Abbonamenti rivista € 594,00

Interessi attivi c/c postale € 46,17

Quote associative(a tutt’oggi prive di riscontro su c/c postale) € 3,475,00

Acquisto n° arretrati rivista € 98,05

Contributo da SIGM Puglia(per Congresso Nazionale 2007) € 1.000,00

Contributo da SIGM Puglia(per Congresso Regionale 2009) € 290,00

TOTALE ENTRATE AL 31/03/2009 € 18.788,22

USCITE

Schena Editore:

Stampa n° 5-6/2007 € 2.456,28

Stampa n° 1-2/2008 € 1.667,50

Stampa n° 3/2008 € 2.326,80

Stampa n° 4/2008 € 2.347,41

Stampa n° 5/2008 (da pagare) € 2.000,00

Tasse varie per Rivista € 190,00

Oneri c/c bancario anno 2007/08 (al 31/03/2009) € 378,68

Oneri c/c postale anno 2007/08 (al 31/03/2009) € 169,34

Spese postali € 273,62

Cancelleria € 28,00

Fitti passivi € 600,00

Compenso extra Addetto esterno Segr. Naz. - BR (1°-2°-3° quadr. 2008) € 600,00

Gestione Sito Internet (anno 2008-2009) € 1.440,00

Fondi Regionali per Attività Statutarie anno 2007 (da pagare) € 1.130,00

Contributo Congresso Nazionale 2007 € 1.500,00

Contributo Congresso Nazionale 2008 € 1.500,00

TOTALE USCITE AL 31/03/2009 € 14.477,63

ATTIVO AL 31/03/2009 € 4.310,59

RIEPILOGO BILANCIO CONSUNTIVO 2008/09

FONDO RISERVA AL 29/02/2008 € 18.772,61

ATTIVO AL 31/03/2009 € 4.310,59

FONDO RISERVA AL 31/03/2009 € 23.083,20

SOCIETÀ ITALIANA GINNASTICA MEDICAMEDICINA FISICA, SCIENZE MOTORIE E RIABILITATIVE

BILANCIO CONSUNTIVO SIGMDAL 01/03/2008 AL 31/03/2009

CONTO ECONOMICO